Gender diversity e corporate governance dopo la legge Golfo-Mosca

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1 a cura di simona cuomo e adele mapelli Gender diversity e corporate governance dopo la legge Golfo-Mosca Il focus si è spostato dal perché non ci sono donne nei CdA al come portare le donne giuste nei CdA: occorre lavorare affinché le aziende italiane cerchino nel consigliere di amministrazione competenze, qualità ed esperienza e affinché le donne eccellenti e preparate si rendano più visibili e raggiungibili. L iniziativa Ready-for-board Women ha cercato di lavorare su entrambi i fronti, mantenendo alto il focus sui temi del merito, che deve essere la chiave di lettura di questa incredibile opportunità. Simona Cuomo simona.cuomo@sdabocconi.it Adele Mapelli adele.mapelli@sdabocconi.it π Premessa 28 giugno 2011: a due anni dalla presentazione della prima proposta di legge a firma Lella Golfo è giunto al punto d arrivo l iter del DDL sull introduzione delle quote di genere nella composizione dei consigli di amministrazione e dei collegi sindacali delle società quotate e pubbliche. Il testo di legge, modificato al Senato rispetto a quello approvato nel dicembre scorso alla Camera, prevede che, al primo rinnovo dopo dodici mesi dall entrata in vigore della legge, un quinto dei posti dei board e dei collegi sindacali sia riservato al genere meno rappresentato. Al secondo e al terzo rinnovo, invece, si sale a una quota pari a un terzo dei membri dei CdA. La sanzione per le società quotate inadempienti sarà un richiamo della Consob con tempo quattro mesi per adeguarsi. Al termine del periodo, qualora la società non avesse provveduto, è previsto un secondo richiamo della Consob e una multa pecuniaria che arriva fino a un milione di euro per i CdA. Se la quota non sarà rispettata dopo altri tre mesi il board o il collegio sindacale decadrà. L entrata in vigore della legge avverrà a dodici mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, quindi la prossima tornata di assemblee della primavera 2012 non è interessata dalla novità normativa, ma sarà già un occasione per le aziende per andare verso il cambiamento che porterà alla fine dei nove anni, termine della legge, ad avere settecento donne in più nei board rispetto ai numeri attuali e duecento donne nei collegi sindacali. π Ma era proprio necessaria una legge? Difficile rispondere alla domanda. Sicuramente tutti, donne comprese, avrebbero preferito non ricorrere a un intervento legislativo per ottenere una partecipazione paritaria ai vertici delle società; ma, nonostante il tema sia diventato di grande attualità, con un fiorire di convegni, dibattiti, iniziative, la situazione sembra evolversi molto lentamente. Si è quindi reso necessario un provvedimento di rottura per scardinare una situazione consolidata e poco incline al cambiamento, un azione positiva, probabilmente temporanea, che impone alle aziende di garantire una democrazia paritaria: non si tratta di riservare spazi immeritati, ma di aprire il mercato a una competizione meno distorta (Casarico, Profeta 2010). 41

2 Rispetto al 2009 l analisi mostra una situazione non molto difforme: sono diminuite le società senza alcuna donna tra i componenti degli organi sociali (dal 37,7% al 29,9%), insieme a quelle che presentano tra il 10 e il 20% di donne sul totale dei componenti della società (dal 21,7% al 18,6%); viceversa, sono aumentate quelle che presentano meno del 10% di donne e tra il 20 e il 40% (dal 31,7% al 38,3%); solo una rimane la società con più del 40% di componenti femminili. Un analisi ancora più in dettaglio è stata condotta osservando la presenza femminile all interno prima degli organi di gestione (consigli di amministrazione, coneconomia & management Se guardiamo ai dati relativi alla governance, al management aziendale e alla loro evoluzione storica, emerge che i cambiamenti avvenuti sono stati molto lenti e non hanno portato a un equilibrio nella rappresentanza di genere nelle posizioni di decision maker. La forza lavoro è sempre più caratterizzata da donne, ma la loro ascesa ai vertici aziendali è ancora difficile. Un dato per tutti: su componenti degli organi sociali (CdA, consigli di sorveglianza, consigli di gestione e collegi sindacali) delle società quotate in Borsa Italia nel 2011, le donne sono 317, vale a dire il 7,4%, percentuale in linea con il trend degli ultimi due anni. figura 1 componenti degli organi sociali delle società quotate al 1 gennaio 2011, per genere TOTALE COMPONENTI ORGANI SOCIALI: a. Organi di gestione b. Organi di controllo c. Direzione generale Nel 2009: Nel 2010: Oggi: UOMINI: Nel 2009: (93,1%) Nel 2010: (92,4%) Oggi: (92,6%) DONNE: Nel 2009: 307 (6,9%) Nel 2010: 332 (7,6%) Oggi: 317 (7,4%) tabella 1 presenza di donne negli organi sociali delle società quotate al 1 gennaio 2011 Presenza femminile N. società 2009 N. società oggi % società 2009 % società oggi Nessuna donna ,9 < del 10% di donne ,7 38,3 10%-20% di donne ,7 18,6 20%-30% di donne ,1 10,6 30%-40% di donne ,2 > del 40% di donne 1 1 0,4 0,4 TOTALE ,0 100,0 fonte: dati consob, rielaborati dall osservatorio diversity management della sda bocconi 42

3 1. EPWN è un associazione internazionale fondata nel 1996 con l obiettivo di promuovere la crescita professionale delle donne lungo tutte le fasi della carriera, promuovere percorsi professionali innovativi, incoraggiare le aziende a riconoscere la necessità di approcci al management differenti, aumentare la visibilità delle donne nell ambito economico. tabella 2 presenza di donne nei cda, cdg e cds delle società quotate al 1 gennaio 2011 Presenza femminile N. società oggi % società oggi Nessuna donna % 1 donna 98 36% 2 donne 35 13% 3 o più donne 6 2% TOTALE % fonte: dati consob, rielaborati dall osservatorio diversity management della sda bocconi tabella 3 presenza di donne nei collegi sindacali delle società quotate al 1 gennaio 2011 Presenza femminile N. società oggi % società oggi Nessuna donna % 1 donna 81 31% 2 donne 24 9% 3 o più donne 3 1% TOTALE % fonte: dati consob, rielaborati dall osservatorio diversity management della sda bocconi sigli di gestione e consigli di sorveglianza) e poi all interno dei collegi sindacali. Su 274, 135 sono le società in cui non è presente neanche una donna nei CdA, CdG e Quote di genere al 30% nei CdA entro il 2015: il guanto di sfida è stato lanciato dal commissario europeo alla Giustizia V. Reding CdS; ancora più marcata è l assenza delle donne nei collegi sindacali: ben 154, su un totale di 263 aziende, sono quelli tutti al maschile. π Cosa accade nel resto d Europa? Il rapporto biennale Board Women Monitor (2010), stilato dall European Professional Women s Network (EPWN) 1 in collaborazione con la società di head hunting Russell Reynolds Associates, prende in esame le 334 maggiori società in Europa e mostra come la percentuale di donne nei CdA delle società europee sia passata dall 8,5% del 2006 al 9,7% del 2008 e all 11,7% nel Ma l Unione Europea chiede il 30% di quote di genere nei consigli di amministrazione entro il 2015: il guanto di sfida è stato lanciato dal commissario europeo alla Giustizia Viviane Reding, che ha proposto alle società quotate e a partecipazione pubblica di impegnarsi ad aumentare la presenza femminile nei CdA del 30% entro il 2015 e del 40% entro il

4 In Norvegia le quote di genere sono già legge dal 2006 e due anni dopo l obiettivo del 40% era già stato raggiunto. Nel 2007 è stata la volta della Spagna, che ha fissato il target del 40% per il 2015, mentre in gennaio il parlamento francese, con il supporto anche della Confindustria locale, ha votato a favore della nuova norma che obbliga le società quotate a raggiungere dal 12% attuale il 20% entro il 2014 e il 40% entro inizio In Finlandia la svolta è arrivata il 1 gennaio 2010, quando è entrato in vigore il nuovo codice di corporate governance che prevede almeno una donna in ogni CdA, mentre le aziende statali hanno avuto l obbligo della rappresentanza al 40% nel triennio In Germania le società del Dax30 hanno l obiettivo di raggiungere entro il 2013 il 30%, stessa soglia cui dovrebbero arrivare volontariamente tutte le società tedesche quotate entro il 2018 per evitare un imposizione per legge. In UK il consulente del governo Lord Davies of Abersoch ha suggerito che le società del FTSE100 arrivino al 25% di presenze femminili nei board entro il Esperienze quindi molto diverse caratterizzano oggi i paesi europei, tutte però caratterizzate da un unico obiettivo: incrementare la presenza femminile nei luoghi di potere. La legge Golfo-Mosca, dunque, riporta il paese al passo con quanto sta avvenendo nel resto d Europa. π Perché ci sono poche donne nei board? Un tema che viene affrontato in molte recenti ricerche che si occupano di determinare quali variabili influenzano l efficacia di un board è l analisi della presenza (o, meglio, assenza) di consiglieri donne (Farrell, Hersch 2005). Differenti sono le motivazioni portate dagli studi: una di queste è da rintracciare nel fenomeno dell interlocking, vale a dire nel rapporto che lega due aziende quando un amministratore fa parte del consiglio di amministrazione di entrambe. Drago, Polo e Santella (2007) mostrano come nel periodo la grande maggioranza delle società italiane quotate sia stata collegata in un unica rete attraverso una piccola minoranza di amministratori. Un gruppo figura 2 la presenza femminile nei board in dieci paesi europei 50% 44,2% 45% 40% 37,9% 35% 30% 25% 20% 15% 10% 5% 0% Norvegia 26,9% 28,2% Svezia ,5% 13,5% Regno Unito fonte: european pwn board women monitor 2008, ,6% 11,9% 6,6% 11% 6% 10,2% 8,8% 6,6% 7,8% 8,5% Francia Spagna Grecia Svizzera Germania Italia Portogallo 2,1% 3,9% 0,8% 3,4% 44

5 molto stabile nel tempo e con componenti spesso appartenenti alle stesse famiglie. Sembra dunque esistere un gruppo ristretto di Lord che ricoprono le cariche di presidente o amministratore delegato, che tendono a ricoprire tale categoria a La grande maggioranza delle società italiane quotate è collegata in un unica rete attraverso una piccola minoranza di amministratori vita e ad a essere sostituiti dai propri figli. La presenza di un old boy network (Leighton, Thain 1993) è quindi una delle caratteristiche che genera all interno del consiglio un meccanismo di cooptazione e di dipendenza dei consiglieri dallo stesso network. A questo si aggiunge che i processi di selezione dei board avvengono in modo del tutto informale senza regole codificate, e senza soprattutto far riferimento ai sistemi di competenze necessarie a garantire un buon livello di funzionamento del board in funzione delle strategie dell impresa, del mercato di riferimento, del ciclo di vita dell impresa e del mercato medesimo. Il consiglio di amministrazione, per tutte queste motivazioni, mostra una struttura assimilabile a un club, in cui si entra solo se si appartiene a una stretta cerchia di Lord, di old boy network appunto. È chiaro quindi che le azioni di chi abita il club esprimano la sommatoria delle relazioni del gruppo, che evidentemente non intravede un vantaggio a estendere l accesso a un ampio ventaglio di persone, tra cui le donne. Una recente ricerca (Burke, Mattis 2000) sottolinea che CEO e Board Chairman sono fondamentali per la nomina di donne, ma di pari importanza è il network di contatti informali. L importanza del network che genera cooptazione è condizione necessaria per accedere ai board; ma nel network si entra solo se si è in quel sistema di relazioni, e quindi si innesta un circolo vizioso di protezione reciproca di una cerchia ristretta. Ulteriori ragioni sono state individuate per spiegare l esiguità del numero di consigliere donne (Burke 1994): la difficoltà nel trovare donne qualificate e una certa riluttanza nello scegliere le donne senza un antecedente esperienza nei board. La prima motivazione è riconducibile alla struttura del mercato del lavoro, dove permane nelle posizioni di top management una bassa presenza femminile (11%): e, dal momento che il ruolo di Director sia executive (o interno alla società) sia non executive (o esterno) è uno dei requisiti fondamentali per essere nominati CEO e/o per accedere ai board, questa strada sembra più difficilmente praticabile per le donne. Il tema della qualificazione, invece, non è riconducibile a evidenze empiriche concrete né esistono studi che sottolineino quali sono gli aspetti per definire cosa si intende per qualificazione quando si fa riferimento a un board member. Quindi si tratta, nell opinione di chi scrive, di un condizionamento legato agli stereotipi che nascono da un sistema di interazioni ristretto, così come si configura attualmente il board. π Perché aumentare la presenza femminile nei board? La questione gender equality non è solo etica e morale: la diversity genera valore così come è stato dimostrato dagli studi che correlano la presenza femminile sul mercato del lavoro e il PIL (Ferrera 2007; 45

6 Casarico, Profeta 2010), gli studi che correlano la diversità nella forza lavoro e i risultati dell impresa (Osservatorio sul Diversity Management 2010) e gli studi che correlano la presenza femminile nel CdA e la performance dell impresa (Smith et al. 2005; Catalyst 2007; Adams, Ferreira 2008; Campbell et al. 2008; McKinsey & Company 2010). Gli elementi più spesso evidenziati come rilevanti nel determinare il legame tra presenza femminile nei CdA e performance dell impresa sono riconducibili ad aree di eccellenza dello stile di direzione femminile: l attenzione alle persone, la gestione delle relazioni con gli interlocutori sia interni sia esterni, la prevenzione e la gestione dei conflitti, la condivisione delle decisioni, la minor propensione al rischio (McKinsey & Company 2008). Queste considerazioni si inseriscono nel filone di ipotesi che giustificano, al di là del genere, una correlazione positiva tra performance e composizione eterogenea (genere, età e formazione degli amministratori) del CdA. Un CdA eterogeneo prende in considerazione un maggior numero di prospettive nell affrontare una decisione, anche se la tendenza a considerare più punti di vista in fase decisionale potrebbe portare a un eccessivo rallentamento del processo di scelta, o ad un eccessiva conflittualità. L eterogeneità sembra essere associata a un aumento della creatività e dell innovazione del board, aspetti che possono influenzare positivamente l immagine dell impresa e rappresentare uno stimolo alla competizione positiva tra i lavoratori all interno dell azienda. L eterogeneità testimonia nei fatti la possibilità di raggiungere i vertici aziendali indipendentemente dal genere o da altre caratteristiche personali. I dati mostrano che consigli eterogenei assicurerebbero infine un maggiore confronto, nonché l introduzione e il coinvolgimento di attitudini e di sensibilità diverse, che possono portare all attenzione del CdA questioni che altrimenti non sarebbero dibattute. Sempre in tale prospettiva, i recenti dati sui fallimenti confermano come di fronte Di fronte alla crisi, le aziende con una presenza di donne nel CdA hanno resistito meglio di quelle in cui il board era completamente maschile alla crisi, che ha generato una netta impennata delle insolvenze, le aziende con una presenza di donne nel CdA abbiano resistito meglio di quelle in cui il board era completamente maschile (Cerved Group 2010). π La legge c è. Cosa fare ora? Il progetto Ready-for-board Women (a cura di Monica Pesce, presidente di PWA Milan) Quando, nel 2008, abbiamo cominciato a progettare l iniziativa Ready-for-board Women in collaborazione con l Osservatorio Diversity Management della SDA Bocconi l idea di una legge sulle quote di genere era quanto di più irraggiungibile e remoto si potesse immaginare. Il progetto nasce con l obiettivo di scardinare una delle più radicate convinzioni che giustificano la mancanza di donne nei consigli di amministrazione: non ci sono abbastanza donne qualificate per entrare in un consiglio. Lo scopo pertanto è scovare le tante donne eccellenti ma poco visibili che potrebbero contribuire e apportare valore ai nostri consigli di amministrazione. 46

7 Essendo tutto il progetto costruito attorno ai concetti di merito ed eccellenza, abbiamo coinvolto i principali executive searcher operanti sul mercato italiano (Eric Salmon & Partners, Heidrick & Struggles, Key2 - people and Korn Ferry International per la prima edizione e Spencer Stuart e Key2people per la seconda) e insieme a loro abbiamo definito il profilo ideale (e gender neutral) del consigliere di amministrazione, che è stato quindi utilizzato per lo screening delle candidature. I profili sono stati raccolti attraverso i database degli executive searcher, le segnalazioni di molti vicini alla nostra iniziativa, il contributo di importanti associazioni quali AIFI, Bocconi Alumni Association, Federmanager, Manageritalia e Valore D e le tante autocandidature. La prima edizione, presentata nel 2009, ha proposto 72 profili di donne eccellenti e qualificate; la seconda edizione ci ha consentito di incrementare il numero a 165 e oggi cominciamo a lavorare per la realizzazione della terza edizione, prevista per i primi mesi del Oggi la legge è stata approvata, le aziende italiane e le donne si trovano di fronte a un bivio: da un lato la strada tradizionale delle relazioni e delle lobby, in cui a prevalere sono logiche di mantenimento del controllo e la ricerca del consigliere comodo e accomodante, dall altro la strada più complicata della ricerca del profilo giusto, che richiede investimento di tempo e risorse. L iniziativa Ready-for-board Women in questo contesto si mette al servizio delle aziende, dando visibilità alle molte donne eccellenti che potrebbero efficacemente entrare a far parte di un board. Ovviamente una lista non è risolutiva e sicuramente il coinvolgimento all interno di un consiglio è fondato non solo sulla qualità del profilo e delle esperienze ma anche sulla conoscenza diretta e personale del candidato, tuttavia rappresenta uno strumento che quantomeno permette alle aziende di identificare le potenziali candidate da contattare e incontrare. A questo aggiungiamo gli eventi che con regolarità vengono organizzati in collaborazione con l Osservatorio Diversity Management della SDA Bocconi e che offrono la possibilità di incontrare queste donne eccellenti. Oggi il focus si è spostato dal perché (non ci sono donne nei CdA) al come portare le donne giuste nei CdA: occorre dunque lavorare affinché le aziende italiane cerchino nel consigliere di amministrazione competenze, qualità ed esperienza e affinché le donne eccellenti e preparate si rendano più visibili e raggiungibili. La nostra iniziativa ha cercato di lavorare su entrambi i fronti, mantenendo alto il focus sui temi del merito, che a nostro avviso deve essere la chiave di lettura di questa incredibile opportunità rappresentata dalla legge sulle quote di genere. π 47

8 π Riferimenti bibliografici Adams R.B., Ferreira D. (2008), Women in the Boardroom and Their Impact on Governance and Performance, Working Paper Series (7), CEI - Centre for Economic Institutions. Burke R.J., Mattis M. (2000), Women on Corporate Boards of Directors: Where Do We Go from Here?, in Women on Corporate Boards: International Challenges and Opportunities, Kluwer, Dordrecht, pp Burke R.J. (1994), Women on Corporate Boards of Directors: Views of Canadian Chief Executive Officers, Women in Management Review, vol. 9, n. 5, pp Cerved Group (2010), Le donne al vertice delle imprese. I rapporti Cerved sulle imprese italiane. D Ascenzo M. (2011), Fatti più in là, Il Sole 24 Ore, Milano. Farrell K.A., Hersch P.L. (2005), Additions to Corporate Boards: The Effect of Gender, Journal of Corporate Finance, vol. 11, pp Ferrera M. (2008), Il fattore D: perché il lavoro delle donne farà crescere l Italia, Mondadori, Milano. Leighton D., Thain D. (1993), Selecting New Directors, Business Quarterly, 57, pp Campbell K., Mínguez-Vera A. (2008), Gender Diversity in the Boardroom and Firm Financial Performance, Journal of Business Ethics, 83 (3), pp Casarico A., Profeta P. (2010), Donne in attesa, Egea, Milano. Catalyst (2008), Catalyst Census of Women Board Directors of the Fortune 500, Catalyst, New York. Catalyst, The Bottom Line (2007), Corporate Performance and Women s Representation on Boards. McKinsey & Company (2008), Woman Matter: Female Leadership, A Competitive Edge for the Future, in Women Matter, secondo rapporto annuale. McKinsey & Company (2010), Woman at the Top of Corporations: Making It Happen, in Women Matter, quarto rapporto annuale. Smith N., Smith V., Verner M. (2005), Do Women in Top Management Affect Firm Performance? A Panel Study of 2500 Danish Firms, Discussion paper, Centre for Industrial Economics, Department of Economics, University of Copenhagen. 48

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