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2 «L Errore in Medicina» Centro Cattolico di Bioetica dell Arcidiocesi di Torino Con il patrocinio di: Facoltà di Medicina Università degli Studi di Torino Centro Cattolico di Bioetica - Torino Associazione Bioetica & Persona A.M.C.I. A.C.O.S. Edizioni Camilliane Responsabile dell evento: Enrico Larghero Segreteria Scientifica: Enrico Larghero Segreteria Organizzativa: Maria Grazia Sinibaldi Trascrizione testi, revisione, redazione a cura di Andrea Biscàro 2

3 PROGRAMMA PRIMA SESSIONE 5, Saluto delle Autorità Don Mario Rossino Direttore Cento Cattolico di Bioetica 7, Introduzione Prof. Giorgio Palestro Preside Facoltà di Medicina Torino 11, Errore in Medicina: lo stato dell arte Dottor Enrico Larghero Medico, Coordinatore Scientifico Centro Cattolico di Bioetica 19, L evento avverso: le criticità, le risposte Dottor Pier Paolo Donadio Primario Anestesia e Rianimazione Ospedale Molinette Torino SECONDA SESSIONE 27, Risk Management e Clinical Governance Dottor Ugo Marchisio Primario Medicina d Urgenza Ospedale Maria Vittoria Torino 37, Riflessioni bioetiche Don Giuseppe Zeppegno Teologo morale perfezionato in Bioetica 41, L errore, la medicina e la legge Prof. Paolo Girolami Medico legale, consulente dell ospedale Molinette, docente presso l Università di Torino. 44, Conclusioni Dottor Fabrizio Fracchia Presidente AMCI Torino 47, Bibliografia essenziale Moderatrice Dott.ssa Laura Musso Primario Anestesia e Rianimazione Ospedale Molinette Torino 3

4 Prima SESSIONE 4

5 SALUTO DELLE autorità Don Mario Rossino Benvenuti nell Aula Magna del Politecnico per questo incontro su «L errore in medicina». Un simile Convegno dimostra indubbia sensibilità da parte degli organizzatori, dei relatori e dei partecipanti nel cogliere i problemi di più scottante attualità, come è appunto l errore in medicina, unitamente al coraggio nell affrontare una così delicata tematica. Per questa ragione rivolgo un caloroso grazie a voi tutti. L errore in medicina esiste. L errore in medicina fa male. L errore in medicina tende ad essere enfatizzato. L errore in medicina esiste perché la scienza medica, come tutte le scienze sperimentali, è soggetta al principio di falsificabilità. La prova contraria è costantemente dietro l angolo: essa pone in scacco ciò che fino a un dato momento era considerata verità scientifica. L errore in medicina esiste anche perché vi sono i medici, esseri umani, seppur competenti e volenterosi, ma non esenti dall errore, dal momento che «errare humanum est» per svariati motivi, non esclusi quelli dovuti a negligenza ed ignoranza. L errore in medicina abbiamo detto, fa male: a chi lo subisce, che può rimetterci la salute per sempre, o addirittura la vita; fa male a chi lo commette, così come danneggia il Sistema Sanitario, la società tutta. L errore in medicina, come tutti sappiamo, tende ad essere enfatizzato: dalle vittime, lacerate dal dolore e dalla rabbia, talvolta a ragione; dai media, non di rado mossi da un gusto scandalistico che non fa ad essi onore. Ovviamente, questa enfatizzazione mediatica contagia l opinione pubblica che reagisce con visceralità. E ancora: ritengo che, paradossalmente, all enfatizzazione dell errore possa talora contribuire la medicina stessa nella misura in cui, sotto il profilo scientifico, dà per acquisiti determinati traguardi che non lo sono ancora, così come dà per verità incontrovertibili teorie che, alla prova dei fatti, si rivelano problematiche, suscitando una risentita reazione di delusione in chi vi aveva riposto fiducia. Esponenti della stessa classe medica possono, loro malgrado, contribuire ad enfatizzare l errore in medicina nella misura in cui abboccano al culto della personalità attraverso una frequentazione imprudente del mondo massmediatico, lasciandosi circondare da un alone di infallibilità e onnipotenza che i fatti vanno a ridimensionare se non a smentire. Dunque, l errore in medicina esiste, fa male, tende ad essere enfatizzato. Il mio augurio è che in questa intensa mattinata ci si possa costruttivamente confrontare con la complessa e variegata realtà dell errore in medicina al fine di poterlo evitare nonché prevenire per quanto umanamente possibile facendo in modo che, nella misura in cui si verifica, sia il più riparabile possibile e da tutti gestito come opportunità di crescita umana, scientifica e professionale. Buon lavoro! 5

6 MODERATRICE Dott.ssa Laura Musso Buongiorno a tutti. Sono uno dei Primari di Anestesia dell ospedale Molinette, chiamata a moderare questo Convegno. L ampia affluenza di pubblico dimostra l interesse che ruota attorno alla tematica, com è giusto che sia. Recentemente, alcuni errori in campo sanitario sono stati ampiamente segnalati dalla stampa e dalla televisione. Non desidero entrare nel merito, tantomeno dare un giudizio senza avere tutti gli elementi del caso. Sicuramente l errore umano è un dato di fatto. Esiste. Ma, come ha già sottolineato don Rossino, l errore umano può essere amplificato da un organizzazione che non è, non dico perfetta, ma che non si avvicina neppure a quelli che sono degli standard raggiungibili con determinati percorsi che noi sanitari chiamiamo «protocolli». Sia ben chiaro: l errore umano è ineliminabile. Dipende dalla singola persona ed essa, in determinati momenti, può, indipendentemente dalle sue capacità e dalla sua dedizione al lavoro, avere dei momenti di défaillance. Tuttavia, se alle spalle della persona esiste una organizzazione, questa fa sì che l errore non avvenga o sia comunque fermato prima che degeneri causando danni importanti. Di questo parleremo nel corso della mattinata. Aggiungo inoltre che è importante che le persone partecipino, in qualsiasi campo della vita politica, sociale, scientifica di un Paese. La partecipazione è fondamentale. Non possiamo consentire alle situazioni di passarci sopra la testa o, peggio ancora, di accadere senza che noi, cittadini di questo Stato, vi partecipiamo. La partecipazione è un impegno morale e civile. Anche in questo caso specifico, che non esula da quello che è l impegno del cittadino: partecipare. Cedo la parola al professor Giorgio Palestro per la sua «Introduzione». 6

7 INTRODUZIONE Prof. Giorgio Palestro Un cordiale saluto ai presenti ed un ringraziamento sentito agli organizzatori, in particolare all amico dottor Larghero, che ha voluto nuovamente invitarmi a portare il saluto della Facoltà di Medicina e Chirurgia che ho ancora l onore di guidare per il breve periodo che mi avvicina alla scadenza del mio mandato. Associo quindi il saluto dell Ateneo ed il mio personale. Lo si è già detto: l errore in medicina, così come l errore in generale, è una delle componenti irrinunciabili dell esistenza. Recentemente la cronaca ha riportato all attenzione dell opinione pubblica tutta una serie di e- pisodi nazionali che confermano, al di là delle grandi opere che l uomo può realizzare in tutti i campi, incluso quello sanitario, l esistenza di questa trappola inalienabile che è l errore. Fra gli aspetti della natura umana più radicati nell esperienza esistenziale troviamo due componenti: il dolore e l errore. L uomo è esposto al dolore dalla sua naturale fragilità ed è esposto all errore dalla sua naturale fallibilità. Ma nell uomo è radicato anche il senso critico e la capacità di giudizio, cioè quelle facoltà che gli consentono di vedere e comprendere l errore e dunque di porvi rimedio. L errore è conseguenza dell azione. L azione però non va intesa unicamente in senso dinamico, ma anche come esplorazione del pensiero. Il pensiero che osa esplorare, cercare di capire, azzardare ipotesi e quindi rischiare l errore. E anche laddove l errore appare inevitabile, non è assolutamente conveniente, né consigliabile, astenersi dall azione: questo condurrebbe alla paralisi della conoscenza, che non può che basarsi sulla continua ricerca, sulla continua esplorazione, sulla comprensione ed anche sulla correzione degli errori che via via, inevitabilmente, si commettono durante il percorso. Quindi, la naturalità dell errore da un lato dev essere bilanciata, in modo simmetrico, dalla naturalità della capacità di riconoscere l errore stesso. In sostanza, se ricercare significa aprire lo spirito all ipotesi di conquista della verità, la stessa apertura e libertà di spirito va riposta nell ammissione di dovere rinunciare a quell ipotesi se essa si rivela errata. Come sostiene il filosofo e scienziato Gaston Bachelard: «L errore è una delle fasi della dialettica che bisogna necessariamente attraversare perché dà origine a indagini più precise ed è l elemento motore della conoscenza». La consapevolezza di agire sempre sotto la minaccia dell errore deve imporre, in ogni azione, prudenza e cautela, proprio per cercare di non commettere errori per carenza di attenzione, per impropria prevalutazione, per colposa disinvoltura, che potrebbero generare perdita evitabile di risorse e di energie. Ad esempio, facendo riferimento agli aspetti organizzativi e tecnologici che condizionano molte attività della vita quotidiana, ci ricorda Vincenzo Crupi, epistemologo e filosofo della scienza, citando lo statistico William Deming, che: «Se dovessimo tollerare di convivere con un livello di efficienza del 99,9% avremmo due atterraggi a rischio al giorno nel solo areoporto O Hare di Chicago, e ogni ora ci sarebbero recapiti postali falliti e assegni bancari prelevati dal conto sbagliato». Questo per dire che, in sostanza, approssimazione ed errore sono sempre meno tollerati in questa nostra società sempre più complessa, resa tale proprio da un accumulo progressivo e rapido delle conoscenze. 7

8 Nel caso delle applicazioni alla medicina, la tolleranza dell errore intesa come evento connesso a un corredo di fatti, condizioni operative, comportamenti individuali assume aspetti molto particolari. «Ma che cos è un errore in medicina? si chiede Alessandro Pagnini, docente di storia della filosofia dell Università di Firenze Sappiamo, intuitivamente, che lo scambio di etichette su provette di sangue [ ] è un errore. Ma di chi? Esiste soltanto una responsabilità personale o anche una responsabilità dell istituzione? Si tratta di un errore individuale o di sistema?». Affermano Pierdaniele Giaretta, professore di logica e filosofia della scienza all Università di Verona, e Giovanni Federspil, professore di Medicina Interna all Università di Padova: «In medicina, come in qualunque altra attività umana, accade che si sbagli. Ma lo sbaglio medico è sempre stato caratterizzato da una gravità, da una responsabilità, da una irrimediabilità, quali forse non si possono riscontrare in nessuna altra attività dell uomo [ ] L errore può riguardare la conoscenza e/o l azione». In sintesi, quale tipologia dell errore si può immaginare? L errore cognitivo. Esso presenta due aspetti fondamentali: l errore della conoscenza, dovuto a insufficiente formazione e dunque a una conoscenza non allineata con le conoscenze più attuali, cioè quelle che fanno «testo» al momento, sulla base delle informazioni disponibili, diffuse e note. l errore di natura squisitamente epistemologica, come già accennava don Rossino: l idea del sapere scientifico come possesso definitivo della verità non corrisponde alla dinamica della realtà conoscitiva, in cui il ricercatore non può che sforzarsi di tendere al miglioramento della conoscenza della verità, ben sapendo di non poterla raggiungere mai. «Questa ammissione come affermano Giaretta e Federspil non vuol significare che il nostro sapere sia arbitrario o, peggio, del tutto inconsistente; essa vuole soltanto riconoscere che noi possediamo una conoscenza che ha un certo grado di affidabilità e che ci sforziamo di renderla sempre più affidabile, senza peraltro sperare di poter un giorno trasformare l affidabilità in certezza della verità». Infatti, nel concetto di «errore» bisogna distinguere l azione e i comportamenti dovuti al grado di conoscenza, che sappiamo mutare nel tempo così come è mutata la nosologia della tubercolosi prima degli interventi di Pasteur e di Koch, da azioni e comportamenti inappropriati o omissivi che si attuano per ignoranza personale o carenza organizzativa. In altri termini, se non si può negare che ciò che appare verità oggi può essere corretto o smentito domani, tuttavia, l agire in conseguenza delle verità possedute oggi sulla base di criteri diagnostici consolidati e che la comunità scientifica ritiene necessari per il riconoscimento di una certa malattia, e dei risultati attesi dalle applicazioni terapeutiche riconosciute come le più idonee, secondo i criteri codificati dalle linee guida stabilite dalla «Evidence-Based Medicine» (JAMA, 1992, «The Journal of the American Medical Association») 1 non può essere considerato «arbitrario e inconsistente», ma soltanto ragionevole. Errori di competenza procedurale e di raccolta dati. Secondo Giaretta e Federspil, oltre agli errori cognitivi, in cui rientrano «gli errori che riguardano l aspetto logico-metodologico dell attività clinica e che rientrano fra gli errori di competenza e che possono consistere in difetti di conoscenza o in credenze erroneamente ritenute verità scientifiche ac

9 certate e accettate», esistono altre due categorie di errori: «quelli che riguardano la realizzazione di procedure logicamente e metodologicamente corrette», definibili come errori di esecuzione nonché gli errori relativi alla raccolta dei dati: «nella raccolta dei dati si può sbagliare in vari sensi: non registrando o non cercando un fenomeno rilevante per la diagnosi del malato o fraintendendo il valore informativo di un dato». E veniamo alla responsabilità dell errore. L «errore medico» si può definire come omissione di intervento oppure l attuazione di un intervento i- nappropriato a cui consegue un evento avverso di significativo rilievo clinico. Si tratta ovviamente di e- venti avversi evitabili. Gli studi sull errore in medicina sono prevalentemente concentrati sugli eventi avversi conseguenti a trattamenti terapeutici in quanto inappropriati o omissivi. Gli errori diagnostici, che sono più difficili da evidenziare e pertanto i dati sono più scarsi portano a eventi avversi in modo indiretto, in quanto determinano interventi terapeutici errati oppure omissivi o tardivi. Tradizionalmente l errore medico viene considerato una colpa individuale ed è soggetto a biasimo. Negli ultimi anni, le valutazioni della casistica, lo spostamento del giudizio dal comportamento singolo a quello più complessivamente organizzativo, hanno contribuito a modificare questa concezione. Infatti, l errore medico viene oggi considerato non più soltanto come un problema sostanzialmente legato a incompetenza o negligenza del singolo, ma come l evento conclusivo di una catena di fattori, nella quale colui che lo ha effettivamente commesso è soltanto l anello finale e neppure necessariamente il maggior responsabile. Questa concezione, oltre a migliorare l obiettività di giudizio nei confronti di colui che sembrerebbe apparire come l esecutore e dunque il responsabile dell errore, favorisce un approccio più razionale alle strategie di prevenzione dell errore che, alla stessa stregua dei fattori che lo hanno determinato, devono essere pluridirezionali. Per quanto concerne il contesto ospedaliero, appare ormai bene evidente il coinvolgimento dell intero sistema di gestione dell ospedale. Come afferma Michele Loiudice «Quality manager» dell Azienda Regionale Emergenza in Sanità di Roma «l ospedale diventa, quindi, una rete di rapporti in cui tutti influiscono direttamente o indirettamente sulla qualità delle prestazioni e quindi sulla salute e sulla sicurezza dei pazienti. In questo modo è possibile risalire alle cause, alla radice dell errore, non cercando il colpevole, ma dando garanzie per la prevenzione». Infine, molta cura dev essere posta ai rapporti di comunicazione e informazione da parte del medico e in generale degli operatori sanitari, mirante a stabilire quel grado di conoscenza da parte del paziente che gli consenta di valutare in modo responsabile le proposte operative mediche o chirurgiche così da permettere allo staff sanitario di applicarle attraverso il suo consapevole e responsabile consenso. La cura di questi rapporti diventa tanto più importante nel caso della sperimentazione clinica. Infatti, l avanzamento delle conoscenze, ma in particolare delle applicazioni in medicina dipende, oltrechè dalla ricerca scientifica e tecnologica biomedica, in larga misura dalla sperimentazione clinica. Si tratta di mettere alla prova dell esperienza una nuova ipotesi, cui fare seguire il trasferimento applicativo in campo terapeutico. Ma se come affermano Maddalena Rabitti, ordinario di Diritto privato all Università di Napoli, e Mario Ricciardi, ricercatore dell Università di Milano «l attività clinica non è semplicemente l applicazione di conoscenze teoretiche [ ] in tale prospettiva appare evidente che la dimensione sperimentale è ineliminabile dalla pratica medica anche se ciò può dar luogo a un conflitto interiore nel medico, lacerato 9

10 tra le priorità del clinico e quelle del ricercatore [ ] in questo senso, la sperimentazione si trova in un area di penombra in cui mancano alcuni dei riferimenti consolidati su cui si basa il giudizio sulla responsabilità del professionista e allora potrebbero sorgere problemi di giustificazione morale o a cui si potrebbero applicare regole giuridiche». Per queste ragioni il «consenso informato» deve raggiungere livelli di ulteriore, maggiore profondità e dettaglio da parte del medico, così da permettere al paziente di valutare se accettare o no, in vista di un beneficio maggiore, un potenziale ulteriore rischio nel trattamento che il medico intende attuare fuori dal protocollo accettato, purchè con l autorizzazione del Comitato Etico. Attualmente, in Italia non è in alcun modo disciplinata la questione della correttezza etico-giuridica relativa alla sperimentazione clinica e chirurgica, in particolare per i profili penali. E dunque si deve fare riferimento alla disciplina generale del codice penale che riguarda la tutela della vita, dell integrità fisica e della libertà morale. Si fa sostanzialmente riferimento al «Codice di Deontologia Medica» approvato nel 2006 dalla FNOMCeO, «Federazione Nazionale Ordini Medici, Chirurghi e Odontoiatri» 2 che, a proposito della «ricerca biomedica e sperimentazione sull uomo», stabilisce che «la sperimentazione può essere inserita in trattamenti diagnostici e/o terapeutici, solo in quanto sia razionalmente e scientificamente suscettibile di utilità diagnostica o terapeutica per i cittadini interessati». In sostanza, si rende necessario, nel «consenso informato», che venga formulata una esplicita autorizzazione da parte del paziente all uso, da parte del medico, di prodotti, di procedure o di tecniche di intervento che esulino dagli schemi ordinari. Vi ringrazio e vi auguro buon lavoro. Moderatrice: Ringrazio il prof. Palestro, il quale ci ha fornito numerosi spunti di riflessione, in particolare sul «consenso informato», costantemente all ordine del giorno, al centro di svariati dibattiti. Il prossimo relatore sarà il dottor Enrico Larghero, Dirigente medico di Anestesia e Rianimazione dell Ospedale Molinette. Collabora con me e ormai da diversi anni nutre particolare interesse per tutte quelle tematiche strettamente connesse a quelli che sono i cardini della bioetica. Il suo intervento reca il titolo: «Errore in medicina: lo stato dell arte». 2 (codice deontologico e altri documenti). 10

11 ERRORE IN MEDICINA: LO STATO DELL ARTE Dottor Enrico Larghero Buongiorno a tutti. Ringrazio i professori Rossino e Palestro per aver già in parte introdotto alcuni temi che tratterò nel corso della mia relazione. Essa si pone quale ponte tra le premesse sinora ascoltate e quanto ascolteremo nelle relazioni a venire. La prima riflessione è che tutte le categorie professionali sbagliano, ma non tutte le categorie professionali ammettono l errore. Se volessi esordire con una battuta populista e demagogica, potrei affermare che a cominciare da molti dei nostri politici i quali raramente ammettono gli sbagli sino ad arrivare ad altre categorie professionali, tutto sommato il fatto che in Sanità si parli di errori significa che ci troviamo di fronte ad un sistema tutt altro che perfetto, ma sicuramente perfettibile che cerca, attraverso un approccio corretto all errore, di migliorarsi. Perché un errore in Sanità desta tanto sgomento e preoccupazione? Perché va a ledere il bene primario per eccellenza, cioè la salute. È evidente: un errore in Sanità ha una risonanza mediatica ed un clamore che altri errori, in altre discipline, non hanno. Dunque, come porsi nei confronti dell errore? È necessario porsi in un modo equilibrato ossia evitare atteggiamenti eccessivi da qualsiasi angolazione lo si analizzi. Ritengo sia utile presentare alcuni dati per quanto riguarda il panorama italiano. In Italia abbiamo 8 milioni di ricoveri l anno. Di questi: casi circa (4%) sono imputabili a danni per errori medici ed eventi avversi; i decessi variano da a (non tutti i decessi sono necessariamente imputabili ad un errore); dall errore nasce il problema del risarcimento: 260 milioni di Euro per il prolungamento delle degenze; conseguentemente, ogni anno vi sono circa cause pendenti. Un numero significativo e per certi versi impressionante. È evidente che non possiamo trattare l errore come faceva il duca di Wellington, il quale diceva: «Non ci sono errori, non ci sono stati errori, non ci saranno errori». In sostanza, «memento negare semper». Parimenti, non possiamo neppure considerare l errore con il pessimismo che emerge da un «Dizionario di Medicina Interna» della metà del XIX secolo, secondo il quale l errore è ritenuto qualcosa di impossibile da eradicare: «Le teste dell idra dell errore rinascono e moltiplicansi a norma che si recidono». Entrambi gli atteggiamenti sono tutt altro che positivi e propositivi. Domandiamoci qual è l ulteriore ragione per cui l errore in Sanità desta tanta preoccupazione. Sicuramente perché il contesto nel quale viviamo è profondamente condizionato dalla nostra cultura ed essa, come è già stato richiamato nelle relazioni precedenti, è una cultura nella quale la medicina è sempre meno arte e sempre più scienza. E se è più scienza, l errore non può appartenervi, poiché determinate scienze si ritengono «scienze esatte». A tal proposito desidero citare un opera dal titolo emblematico: «La 11

12 medicina impossibile Le utopie e gli errori della medicina moderna» (Baldini & Castoldi, Milano, 2000) di Daniel Callahan, bioeticista. Al di là degli errori in medicina, sicuramente il contesto nel quale noi operatori sanitari lavoriamo è un contesto che non ci favorisce, perché le attese che si hanno nei nostri confronti sono piuttosto alte. E ancora: la non accettazione del limite, della finitudine, dell orizzonte della morte sono tutti aspetti che non predispongono un buon rapporto tra il medico e il paziente, tra l infermiere e il paziente. Il passaggio dalla medicina dei bisogni intesi come bisogni primari alla medicina dei desideri, ha ribaltato completamente il rapporto tra operatore sanitario e paziente, perché la medicina dei desideri ad esempio la chirurgia estetica è una medicina che pretende la garanzia del risultato. Questo ribalta completamente il rapporto tra il medico e il paziente, ingenera delle attese laddove si ritiene che, pagando una certa cifra, si possa ottenere ciò che si vuole. Tutti noi che lavoriamo in Sanità sappiamo che questo è impossibile. Molte cause, al di là dell errore, avvengono proprio per delle attese eccessive a cui la realtà non è in grado di offrire una risposta soddisfacente. Certamente anche i mass media non facilitano il tutto. Dai media la Sanità viene percepita nelle due accezioni estreme: una Sanità di spettacolarizzazione la trapiantologia è uno di questi ambiti oppure una Sanità da demonizzare. In questo caso si parla di malasanità, di errore medico. È già stato ricordato quanto in questi giorni si sia parlato di malasanità. Ma all estero la situazione non è certo migliore. Una recente indagine realizzata negli USA tra l opinione pubblica ha fatto emergere quanto segue: il 34% dei cittadini intervistati sostiene di aver subito conseguenze in ambito familiare da un errore medico; il 21% sostiene che tali conseguenze sono state particolarmente gravi (morte o disabilità permanente). Permettetemi di sintetizzare affermando che l erba del vicino non è certamente più verde. Dunque, come definire l errore? Lo ha già fatto il prof. Palestro nella sua «Introduzione». L errore è il fallimento nella pianificazione e/o nell esecuzione di una sequenza di azioni che determina il mancato raggiungimento, non attribuibile al «caso», dell obiettivo desiderato. L errore ha ovviamente delle classificazioni: errore di osservazione e di registrazione dei fenomeni; errore nell argomentazione diagnostica; errori nel procedimento terapeutico; È evidente come ogni momento dell iter possa essere in qualche modo costellato da errori. Altra definizione, questa volta anglosassone. L errore è inteso come: «skill based» (deviazioni dal controllo dell attenzione); «rule based» (deviazioni da regole conosciute); «knowledge based» o «mistakes» (difetti di conoscenza o sbagli). «L errore già lo affermava H. Weimer nel 1920 si basa sull ignoranza di certi fatti essenziali per l esatto riconoscimento, mentre lo sbaglio risulta dalla difettosa attività delle tre funzioni (attenzione, memoria e pensiero) che presiedono al compimento di ogni lavoro». 12

13 Per dovere di completezza d informazione sottolineo che non tutti sono d accordo nel distinguere l errore dallo sbaglio. Alcuni lo ritengono un sofismo. Parlando di errore si parla anche di rischio clinico, ossia la possibilità che un paziente subisca un danno o un disagio involontario, imputabile alle cure sanitarie, il quale causa un peggioramento delle condizioni di salute se non la morte. Se intendiamo attribuire al nostro ragionare un taglio medico-legale, il pensiero corre al «consenso informato». Il paziente deve essere edotto dei rischi a cui va incontro poiché fa ormai parte del principio di autonomia del paziente ed è ritenuto parte integrante ed obbligatoria di un percorso di cura. Per fortuna, non tutti gli errori hanno delle ripercussioni. Tanti errori non determinano un danno. Tuttavia i dati parlano chiaro: i danni sono una realtà. Quali sono gli episodi di rischio? Sempre secondo gli anglosassoni, vi sono: «Adverse Events» (gli eventi avversi); «No harm events» (es.: assunzione di un antibiotico ad un paziente potenzialmente allergico, senza che si verifichi l allergia); «Near misses» (i «quasi errori»: quei piccoli errori che non causano danni alla salute dei malati). Queste classificazioni dimostrano come l ambiente sanitario si sia fatto carico del fenomeno «errore» già da tempo. Naturalmente, la medicina, nella sua storia, non si è sempre interrogata sugli errori che ha commesso. Ha iniziato a farlo da qualche anno. Cito due lavori significativi: Il primo è australiano: «The Quality in Australian Healthcare Study», Sono stati indagati pazienti in 8 ospedali, riscontrando il 18,6% di eventi avversi, ripartiti come segue: 13,7%: disabilità permanente; 4,9%: morte del paziente; 50,3%: trattamento chirurgico; 13,6%: errori diagnostici; 12%: errori terapeutici; 51%: eventi avversi evitabili. Questi dati vengono confermati da un lavoro statunitense dell «Institute of Medicine» pubblicato nel Un lavoro importante, che è ritenuto un caposaldo dell errore in medicina, dal titolo significativo: «To Err is Human», il quale prende in analisi due lavori: Stato di New York (primi anni 90), 100 pazienti ricoverati: 3,7% di eventi avversi; 13,6% di decessi. Proiezione USA: decessi imputabili a questi eventi avversi, il 58% evitabile con a- nalisi preventiva della situazione. Stato del Colorado e dello Utah (1992), 100 pazienti ricoverati (in entrambi gli Stati): 2,9% di e- venti avversi; 6,6% di decessi. Proiezione USA: su 33,6 milioni di ricoveri l anno, decessi per eventi avversi, il 53% evitabile con analisi preventiva della situazione. 13

14 Nel primo lavoro si riscontrano decessi, nel secondo Unendo i due dati si ha il range all interno del quale ci muoviamo in questo genere di considerazioni. Risulta evidente il fatto che questi due lavori sono sensibilmente discordanti fra loro in quanto vi è una differenza di circa morti presunte. Ebbene, la tipologia del lavoro non permette di andare più a fondo e di fornire dati più soddisfacenti. Come nel primo, anche nel secondo studio notiamo una percentuale che si aggira intorno al 50% (58% e 53%), evitabile con una buona prevenzione. Riflettiamo dunque sui dati appena esposti grazie al rapporto «To Err is Human»: «Il rapporto supera una concezione dell errore umano centrata sulla ricerca della responsabilità individuale e derivante da fattori quali negligenza, superficialità dell operatore, inosservanza di regole o protocolli, dimenticanze o disattenzioni, demotivazioni, fino all incompetenza professionale». Da un lato abbiamo il responsabile dell evento e dall altro il sistema nel quale il medico, l infermiere, il biologo e tutti gli operatori sanitari agiscono. L imputato non è soltanto chi sbaglia, ma anche il sistema all interno del quale si muove. Questa differente visione interpreta l errore non solo come problema dell individuo, ma come problema di un intero sistema. Anche in Italia si è lavorato in questo senso. Nel 2002 è stato realizzato il primo «Atlante della Sanità Italiana», dal quale emerge il dato di morti evitabili l anno; nel 2006 il primo forum sul «Risk Management» e la «medical malpractice». Dunque, anche noi italiani ci uniformiamo a quanto avviene nel resto del mondo. Parlare di errori significa parlare di costi. Negli USA la spesa globale annua imputabile ad errore è di 37 miliardi di dollari. L Occidente ha dei dati altrettanto significativi. Su ospedali con circa 300 posti letto si riscontrano i seguenti costi: da 1 a 3 milioni di dollari l anno per degenze prolungate o complicanze dovute a «malpractice». Sono state individuate alcune cause di errore e «malpractice»: aumento carichi di lavoro e stress; emergenze e urgenze; utilizzo di personale non esperto; inadeguata dotazione organica di personale; errori di comunicazione; errori strutturali; mancanza o non adeguata consultazione di protocolli e linee guida. Due errori su tre sono imputati ad una cattiva comunicazione. Talvolta ci soffermiamo su aspetti complessi e invece una cattiva comunicazione tra gli operatori sanitari oppure tra gli operatori e i pazienti conduce all errore. Altri dati relativi alle cause di errore: il 32% è ritenuto imputabile a inefficienza o distrazione; il 23% è legato all assistenza; 14

15 il 17% alle apparecchiature e agli strumenti; il 21% ai trattamenti e alle terapie; dal 3% al 5% alle cartelle cliniche. Naturalmente il rischio è anche proporzionato al luogo nel quale si lavora. Abbiamo quindi una mappa del rischio in ospedale: 32%: in sala operatoria; 28%: nei reparti di degenza; 22%: nei dipartimenti d urgenza; 18%: in ambulatorio; 2%: altro. Condivido con voi una riflessione: al tavolo del Convegno sono presenti tre anestesisti. Preparando il mio intervento mi è capitata fra le mani un opera voluminosa dal titolo «Come evitare errori in anestesia». 3 In effetti, l ampiezza dello studio è giustificata dal fatto che gli anestesisti sono presenti in varie realtà, come la sala operatoria e i reparti d urgenza. Riferendoci all errore in medicina quando esso arreca un danno ci riferiamo anche e conseguentemente alla responsabilità disciplinare. Un errore comporta: sanzioni disciplinari; procedimenti disciplinari; sospensioni cautelari. Ciò implica una responsabilità civile, etico-deontologica, professionale. Ce ne parlerà il prof. Paolo Girolami nella seconda Sessione del Convegno. Qualora emerga un danno e qualora si identifichi la persona che ha commesso l errore, il problema non sta unicamente nel porre in evidenza l errore, chi l ha compiuto e il danno arrecato, ma anche nel domandarsi se la Giustizia, quando segue il suo corso, porta ad un effettivo miglioramento del Sistema Sanitario. I dati confermano che purtroppo non è così. Anche il prof. Girolami non è di questo avviso. Egli scrive nel suo libro «L errore, la medicina e la legge»: «Se da una parte può essere giusto colpevolizzare e punire chi lo merita, ma solo chi lo merita, dall altra ridurre l accertamento della responsabilità alla sola dimensione punitiva o risarcitoria, rinunciando a quella autenticamente comprensiva del fatto, significa privare tale processo conoscitivo delle grandi potenzialità di cui è portatore sul fronte della prevenzione del danno trattamentale e quindi sul fronte della tutela della salute individuale e collettiva». Ovviamente gli aspetti assicurativi fanno parte di questo ambito. Di questo avviso è anche un altro autore, Bugiolacchi, Docente dell Università telematica TELMA, che nel 2009 ha scritto: «Non vi è dubbio come il binomio responsabilità civile-assicurazione in genere, ma ancor più sul versante del rischio sanitario, sia in grado di operare solo a valle, quando cioè l evento avverso si è ormai 3 AA.VV., Come evitare errori in anestesia, Verduci Editore, Roma

16 verificato: esso può cioè funzionare in un ottica agevolativa del risarcimento, ma non in quella della prevenzione e riduzione del rischio». Sono brevi richiami la materia è estremamente complessa ma utili per comprendere come, connesso al rischio, vi sia tutta una serie di questioni e problematiche. Ovviamente non possiamo non accennare alla prevenzione. Essa ha il dovere di procedere in entrambe le direzioni: formare l operatore sanitario e prestare attenzione all organizzazione. Pertanto, la gestione del rischio pone in evidenza come vi siano delle condizioni latenti, favorenti, scatenanti, ma talvolta anche degli insufficienti meccanismi di controllo. Per questa ragione la prevenzione ha creato le linee guida, le procedure, i protocolli, l «evidence based medicine», il «Risk Management», di cui ci parlerà successivamente il dottor Marchisio. Alcuni ritengono che l informatizzazione possa essere una delle strade percorribili per ridurre l errore, per ridurre il danno. Una breve riflessione: non possiamo colpevolizzare l operatore sanitario ad oltranza, ma non possiamo neanche pensare che queste vie siano le uniche vie percorribili. Perché quando parliamo di «evidence based medicine», come possiamo, in modo definitivo, sicuro, parlare di evidenze? Possiamo ricondurre, ridurre la medicina a delle evidenze o possiamo invece attraverso queste opere di prevenzione deresponsabilizzare poi l individuo che lavora nelle strutture, il quale dirà «Tanto ho applicato il protocollo»? Il «Corriere della Sera» del 17 settembre titolava: «I medici annullano il cesareo. E il bambino muore». Risposta dell ospedale, sempre secondo il «Corriere»: «Rispettata la procedura». Cosa significa? Niente. Perché «rispettata la procedura», legata alla notizia, cosa può voler dire? «Che abbiamo fatto di tutto per farlo morire o per non farlo morire»? È evidente che un approccio di questo genere non aiuta a risolvere il problema. Invece è importante, oltre a quanto abbiamo accennato sulla prevenzione in entrambe le direzioni operatore e sistema, il discorso relativo all «incident reporting», cioè alla non-punizione. Un operatore sanitario che sbaglia, e che riconosce il suo sbaglio, è già una persona in qualche modo in crisi. E laddove gli si dà la possibilità di comunicare il suo errore senza avere delle ricadute, ciò sicuramente consentirà di far emergere gli errori senza che questi siano obbligatoriamente causa di danno ed eventualmente causa di altre ricadute e ripercussioni. Ovviamente sono stati individuati degli eventi-sentinella. Quali sono? Li conosciamo tutti: procedure chirurgiche eseguite su parti anatomiche sbagliate o su altri pazienti; ritenzione di materiali; danni da anestesia spinale; ipossia cerebrale su paziente in ventilazione assistita; morte per errata terapia/scambio di pazienti; embolia gassosa: morte/danni; reazioni emolitiche da incompatibilità trasfusione; morte in travaglio di parto; dimissione del neonato/errata famiglia; 16

17 suicidio del paziente ospedalizzato. Gli eventi-sentinella sono stati concepiti al fine di evidenziare ciò che nel sistema non funziona, a prescindere dal singolo. Mi approssimo alla conclusione con una riflessione di tipo bioetico. Lo ha già sottolineato il prof. Rossino: tutti possono commettere degli errori. Le specialità chirurgiche sono le più esposte. La probabilità di errore medico è direttamente proporzionale alla complessità organizzativa della struttura, alla durata della degenza, all età del paziente. Non è che un tempo la medicina non commettesse errori. Semplicemente gli errori non emergevano. Oggi il contesto è tale per cui gli errori emergono in misura sempre maggiore. Purtroppo, mi permetto di aggiungere, anche quando errori non sono. Gli scoop mediatici, è già stato detto, non aiutano, creano una notizia laddove il problema non esiste. Naturalmente non sempre è così. Quindi è bene che i problemi emergano, se questo serve a rendere perfettibile un sistema. Alla fine del XIX secolo Byron Bramwell scriveva su «Lancet»: «Non si tratta tanto di distinguere chi commette errori da chi non li commette, ma chi commette più errori ed errori più clamorosi da chi ne commette di meno». L errore è importante, deve emergere. Può essere un modo per migliorare il sistema. Karl Popper, uno dei più importanti filosofi del XX secolo, riteneva l errore qualcosa di importante e fondamentale. Scrive Popper: «Tutta la conoscenza scientifica è ipotetica e congettuale; quello che possiamo chiamare il metodo della scienza consiste nell imparare sistematicamente dai nostri errori, in primo luogo osando commetterli e, in secondo luogo, andando sistematicamente alla ricerca degli errori che abbiamo commesso». Includo nella «conoscenza scientifica congettuale» anche quella medica. Quello che possiamo chiamare il «metodo della scienza» consiste proprio in quello che Popper chiama «trail and error», cioè il percorso nell errore. I nostri percorsi sono talvolta lastricati di errori, ma è attraverso di essi che i nostri percorsi migliorano. Lo stesso avviene in ambito medico. Quindi, l errore ci appartiene, dobbiamo gestirlo nel tentativo di risolverlo. Un altro filosofo, peraltro anche medico, Karl Jaspers, evidenzia ciò che, a livello di opinione pubblica, accennavo all inizio del mio intervento. Una delle ragioni per cui l errore in medicina è causa di tanta preoccupazione e sgomento sta in un medicina ipertecnologica nella quale la prestazione dovrebbe garantire sempre il risultato, e quando ciò non avviene si ingenera un senso di smarrimento, sia nell operatore che nel malato. Scrive Jaspers ne «Il medico nell età della tecnica»: «É strano che, in contrasto con le straordinarie capacità operative della medicina moderna, sia emersa non di rado una sensazione di fallimento. Le scoperte delle scienze naturali e della medicina hanno portato ad una competenza senza precedenti ma è come se per la massa delle persone ammalate sia divenuto, per ognuna di esse, più difficile trovare il medico giusto. Verrebbe da pensare che, proprio mentre la tecnica va continuamente migliorando le proprie capacità, i buoni medici si siano fatti rari». Cito un testo, che suggerisco, di un medico indiano che lavora in America, Atul Gawande, il quale ha scritto la seguente opera: «Con cura diario di un medico deciso a fare meglio» (Einaudi, 2008), all interno della quale un intero capitolo è dedicato all errore in medicina. 17

18 Ritengo sia importante evidenziare due aspetti, che riguardano noi tutti: in ognuno di noi dev essere costantemente presente la consapevolezza dell errore; questo però non deve ingenerare la paura di sbagliare, la quale ingenera a sua volta un clima di grande sfiducia e preoccupazione che non ci permette di lavorare serenamente, rischiando quindi di caricare il malato di esami eccessivi, proprio per via della cosiddetta «medicina difensivistica», la quale non porta alla soluzione dei problemi. Alcuni bioeticisti parlano a tal riguardo del rapporto tra medici paurosi e pazienti, definendolo la «sindrome di Ulisse». Ulisse torna dai suoi viaggi ancor più malato di quand era partito. Non dobbiamo fare questo errore coi nostri malati, i quali arrivano da noi in condizioni precarie di salute. Non dobbiamo per paura di sbagliare, per paura di ritorsioni e ripercussioni medico-legali sottoporli ad un eccessivo carico di esami diagnostici e di terapie Chiuderei quindi con una nota di speranza, perché di fronte a tanti problemi, di fronte agli sbagli potenziali ed effettivi, l atteggiamento dell operatore sanitario potrebbe anche essere quello della rinuncia. Lavorare senza serenità e con la paura di sbagliare può essere fonte di grande disagio, così come di «burn out». Un contemporaneo di Ippocrate Tucidide, nato intorno al 460 a.c., condottiero, storico greco, autore de «Guerra del Peloponneso» scrive: «I più coraggiosi sono indubbiamente coloro che sono consapevoli di ciò che li aspetta, gloria o pericolo che sia, e ciò nonostante osano andarvi incontro». Se non accettiamo l errore significa che non accettiamo di svolgere il nostro lavoro, tenendo conto del fatto che quella che è la ragione principale della nostra professione oggi si usa definire «alleanza terapeutica» deve potersi realizzare anche in un contesto che talvolta ci induce all errore, anche quando le condizioni nelle quali lavoriamo non ci consentono di operare con serenità. Immaginando un viale costellato spero più di successi che di insuccessi, vi conduco idealmente nel cuore della Facoltà Teologica, cuore pulsante del nostro Master. 4 Vi ringrazio per l attenzione. Moderatrice: Grazie dottor Larghero. I dati che ci ha fornito e sui quali riflettere possono apparire, ad una frettolosa a- nalisi, deprimenti, ma sono altresì importanti al fine di individuare quelle problematicità che, tutti insieme, dobbiamo cercare di risolvere. Cedo la parola al dottor Pier Paolo Donadio, anch egli Primario di Anestesia e Rianimazione dell Ospedale Molinette, docente presso la Scuola di Specializzazione di Anestesia e Rianimazione di Torino, vicepresidente del Comitato Regionale dei trapianti della Regione Piemonte e del Consiglio Direttivo dell AIRT, Associazione Interregionale Trapianti. 5 Già esperto del Consiglio Superiore di Sanità

19 L EVENTO AVVERSO: LE CRITICITà, LE RISPOSTE Dottor Pier Paolo Donadio Buongiorno a tutti. Ringrazio gli organizzatori per questo invito e inizio facendo mie le considerazioni del tutto condivisibili sviluppate in a- pertura dai professori Rossino e Palestro. Assieme al dottor Larghero abbiamo pensato di presentarvi una succinta antologia di episodi avvenuti in un sistema particolare che è quello della rete dei trapianti. Questo per alcune ragioni: perché la rete nasce in tempi relativamente recenti (Legge 91/99); è perciò temporalmente vicina all introduzione del «Risk Management» in Sanità; è una rete nazionale e tra i suoi compiti ha quello di uniformare le procedure per consentire l «organ sharing», lo scambio di organi. È quindi necessario operare tutti nello stesso modo: pensiamo allo scambio di organi più clamoroso, ossia dividere un fegato in due parti; una viene trapiantata in un Centro, l altra in un altro. È chiaro che se il tutto non si fa seguendo determinate linee guida, non si potranno ottenere i risultati sperati; è una rete estesa ma relativamente piccola, quindi è facile diffondere tutta una serie di conoscenze; inoltre, è una rete inserita all interno di una rete europea. I trapianti: sono complessi, multidisciplinari e multicentrici; vengono eseguiti seguendo linee guida e criteri discussi e condivisi; esistono grazie alla donazione; pertanto vi è una necessità di trasparenza ed «Accountability», ossia la possibilità di dare conto di quanto si è fatto. Attualmente è solo la rete dei trapianti che dà evidenza a tutti i propri risultati. Non credo sia possibile sapere quante appendicectomie sono state eseguite l anno scorso e come sono andate. Se invece visitate il sito del «Centro Nazionale Trapianti» 6, siete in grado di sapere all unità quanti donatori ci sono e quanti trapianti sono stati eseguiti; suscitano una considerazione: un sistema che abbia una propensione e una necessità di trasparenza e di «Accountability» è anche più disponibile a recepire le indicazioni del «Risk Management». E ancora: si è parlato di conflittualità. Chiaramente, quando si parla di errore, immediatamente si pensa alla causa, al giudizio, alla lite. I pazienti che attendono un trapianto o che sono stati trapiantati: sono riuniti in associazioni, ma con queste associazioni il rapporto è positivo; vengono riconosciuti come «stakeholders» (portatori di interesse) dal sistema, degli attori del processo; non si pongono né vengono percepiti come «controparte» da noi e anch essi non percepiscono il sistema come «controparte»;

20 danno un ulteriore stimolo alla trasparenza e alla «Accountability» del sistema. Aggiungo che riconoscere gli errori è più facile quando si è ben considerati. La medicina, come è già stato evidenziato, fa notizia o in termini di miracolismo o di scandalismo. Una notizia normale non è notizia. Pertanto, o si parla di malasanità anche quando non si è in presenza di malasanità oppure si parla di grandi progressi, di miracoli, anche quando miracoli non sono. La fortuna del sistema trapianti è che recentemente ha ancora prodotto dei risultati ben considerati. Pertanto, è nuovamente in grado, non perché più bravo, di riconoscere, pubblicare ed evidenziare i propri errori. Inoltre è un sistema che ha delle linee guida da cui discendono dei protocolli operativi locali. L Italia è la nazione leader in Europa per quel che riguarda le linee guida sulla sicurezza. Sta per uscire una direttiva europea sulla sicurezza nel trapianto che è tratta quasi interamente dalle linee guida italiane. Chiediamoci: come sono nate queste linee guida? Come è nato il primo nucleo di prevenzione dell errore? È nato proprio da un errore, avvenuto nei primi anni 90. Protagonista di questo errore una donatrice cadavere con un melanoma considerato guarito da oltre 10 anni. In tempo successivo alla morte si riscontra che ha delle metastasi. Nel frattempo sono stati trapiantati i reni. I pazienti vengono informati sul rischio più o meno conosciuto in quel periodo e, a posteriori, possiamo affermare che non sono stati ben consigliati in quanto scelgono di non tornare in dialisi e di tenersi il rene: muoiono entrambi entro due anni. Naturalmente vi furono delle sequele giudiziarie importanti. Quale fu l azione correttiva? Da quell episodio iniziò l elaborazione delle linee guida nazionali di sicurezza del donatore, nelle quali il melanoma assieme ai linfomi, alle leucemie e ai tumori della mammella è inserito tra i tumori che, anche se clinicamente guariti da oltre 10 anni, non consentono di utilizzare il donatore. In sostanza, la rete dei trapianti rappresenta un buon modello non perché non commette errori, ma perché è trasparente nel darne conto ed accurata nel cercare di prevenirli. Naturalmente esistono le criticità, le quali sono di due tipologie: «eventi avversi»; «near misses» («quasi errori»), che nel lavoro sanitario hanno un importanza notevole, sono la chiave del successo. Agli «eventi avversi» si risponde in primo luogo con azioni dirette a contenere e riparare, per quanto possibile, il danno. Contemporaneamente è la prassi di fronte ad un evento avverso da errore si segnala l accaduto alla «competent authority» che, nel caso specifico, è la struttura del «Risk Management». Le risposte successive, che sono quelle determinanti per la gestione dell errore a livello organizzativo, affinché quell errore non si ripeta, consistono nel fatto che: si avvia da parte dei responsabili clinici e del «Risk Management» un processo di analisi dell evento alla ricerca delle cause che lo hanno determinato; tale processo termina con l adozione di azioni correttive idonee a prevenire il ripetersi di eventi simili. Per quale ragione sono molto importanti i cosiddetti «quasi errori»? Porto un esempio: «Ieri ho tirato su una fiala che pensavo fosse di atropina. Un attimo prima di iniettarla mi sono accorto che era di adrenalina. Che fortuna che ho avuto!» Questa era la mentalità di vent anni fa. 20

21 «Ieri ho tirato su una fiala di adrenalina confondendola con una di atropina, perché i due farmaci sono prodotti dalla stessa casa farmaceutica e per questo le loro confezioni si somigliano molto, e per di più le scatole sono riposte l una accanto all altra». Questo l atteggiamento odierno: scrivo al «Risk Management», e se voglio posso anche non firmare il mio rapporto. Non ho effettivamente causato un danno, me ne sono accorto in tempo. È quindi una denuncia anonima, riservata, confidenziale, nella quale metto a disposizione questa informazione e attraverso di essa potrà nascere un azione correttiva adeguata. Il «quasi errore» non ha rilevanza emotiva, in quanto non è accaduto nulla, non vi è quindi la ricerca del colpevole. Pertanto è più facile mantenere l anonimato ed incoraggiare il «reporting». Nell ospedale nessuno vorrà sapere chi ha quasi scambiato l adrenalina con l atropina, cosa che invece si vorrebbe sapere se l errore fosse stato realmente commesso. Nel «quasi errore» non è così. A breve vi esporrò invece una serie di errori che hanno migliorato il sistema, ma nei quali qualcuno ha pagato. Nel «quasi errore» la lezione è gratuita perché non è successo niente. E inoltre, quanto più sono i «quasi errori», tanto più migliorano il sistema di «reporting». I «quasi errori» costituiscono un barometro di rischi più elevati, perché se tutte le segnalazioni di «quasi errore» giungono sempre dallo stesso gruppo, probabilmente potrò intervenire in senso preventivo prima che si verificano problemi maggiori. Dunque, segnalare, segnalare anonimamente. Sulla scorta dei dati del «reporting» il «Risk Management» valuta e studia, quando lo ritiene necessario, le azioni correttive opportune da adottare. Ed ora accediamo alla galleria degli errori che è anche una galleria degli orrori Trasmissione di HIV a 3 pazienti trapiantati con organi (due reni e il fegato) di donatore HIV positivo non riconosciuto. La causa è stata l errata trascrizione manuale del referto di laboratorio: una copiatura pedissequa manuale, invece di «positivo» viene scritto «negativo». Il provvedimento è immediato: denuncia dell evento, informazione dei pazienti e loro sorveglianza clinica, sospensione dell operatore. Sottolineo l informazione dei pazienti: dal punto di vista del mantenimento di una conflittualità a dei livelli accettabili è fondamentale. Se si commette un errore, il primo che lo deve venire a sapere è il paziente stesso. Qualunque sia la sua reazione, se gliel abbiamo detto sarà meno conflittuale rispetto al fatto che lo venga a sapere in altro modo. Da questo terribile errore scaturiscono le azioni correttive: è stata inserita la doppia firma obbligatoria nei referti virologici e microbiologici nel caso di donatore di organi; è stato effettuato un audit nazionale di tutti i laboratori che eseguono i test sui donatori di organi in tutto il Paese per verificare che non ci fossero trascrizioni manuali e che, se proprio dovevano esserci, fossero a doppia firma. Si è verificato inoltre che ci fossero dei sistemi automatici: l importanza dell informatizzazione, la quale richiama l attenzione sui test positivi. Proseguiamo nella nostra galleria degli errori/orrori 21

22 In un ospedale che, tra l altro, lavora molto bene, nello stesso giorno si ottengono tre donazioni di cornee da cadavere, uno dei quali donerà anche la cute. Il prelievo delle cornee avviene in obitorio. Il prelievo di cute invece ha bisogno di sterilità e si fa in sala operatoria. Fatti i prelievi di cornee, all ora stabilita, la mattina successiva al decesso, viene richiesto il trasporto in sala operatoria della salma del donatore di cute. Dalla sala operatoria si chiama l obitorio: «Ci portate la salma del signore che è morto questa notte nel reparto tale e che ha già donato le cornee?», senza specificare «del signor Rossi», ma, obiettivamente, quanti mai saranno i morti in quell obitorio, quel giorno? Sei, sette, dieci, se è un grande ospedale? Quanti, tra questi, saranno stati donatori di cornee? Uno Quanti di questi dovranno mai donare la cute? Insomma, sembrava sufficiente: è morto nel tal reparto, è maschio, ha già donato le cornee, deve donare la cute. Ebbene, due dei tre donatori di cornee erano morti nello stesso reparto e gli inservienti portano il primo che corrisponde a quei requisiti: maschio, morto nel tal reparto, ha donato le cornee. Era quello sbagliato. In sala operatoria si esegue il prelievo di cute e al termine della procedura si guarda il braccialetto identificativo del morto, si confronta con la documentazione cartacea e si scopre che non si tratta della salma del signor A, ma della salma del signor B. Il signor B, deceduto per tumore, poteva donare, e aveva donato, le cornee, ma non poteva donare la cute perché era deceduto per tumore. Quindi, se questo errore non fosse stato scoperto, oltre a prendere la cute alla persona sbagliata, si sarebbe trapiantata della cute che avrebbe potuto trasmettere una neoplasia. Per chi non lo sa, la cute è un tessuto salvavita nella cura degli ustionati. Con la cute si ricoprono le ustioni dei grandi ustionati al fine di evitare che disperdano proteine all esterno. Per questo è un autentico presidio salvavita. Vengono adottati provvedimenti immediati: la cute prelevata viene scartata perché il donatore è neoplastico; si esegue il prelievo dal donatore giusto; si informano i congiunti del donatore sbagliato, i quali si dimostrano assolutamente comprensivi e si dolgono unicamente dell impossibilità di utilizzo della cute stessa. Una simile vicenda merita d essere analizzata in quanto paradigmatica. In definitiva, cos è accaduto? La documentazione del signore che doveva donare la cute, successivamente al prelievo delle cornee, era stata correttamente inviata in Direzione sanitaria, ed è giunta in sala operatoria dopo il cadavere, a prelievo iniziato. La definizione «il cadavere del paziente che ha donato le cornee deceduto nel tal reparto» è apparsa ampiamente sufficiente ad identificarlo. Dirò di più: chi avesse preteso di sapere il nome del defunto per trasportare la salma o per metterla sul letto operatorio, non sarebbe stato ben giudicato, se non biasimato. Insomma, se qualcuno avesse interrotto questo processo perché voleva l identificazione certa, molto probabilmente sarebbe stato giudicato come uno che mette i bastoni tra le ruote. Invece, la presenza in obitorio, del tutto eccezionale, di tre salme di donatori di cornee due dei quali deceduti nello stesso reparto ha reso ambigua la dizione «cadavere del tal reparto che ha già donato le cornee». 22

23 James Reason, professore del dipartimento di psicologia dell Università di Manchester, ha paragonato l errore nelle organizzazioni al formaggio svizzero, quello coi buchi. Ogni sistema di difesa non è mai perfetto, possiede sempre un buco una falla, è concepito per prevenire uno o più fattori, ma non tutte le eventualità dell universo-mondo. L evento avverso si verifica quando, per puro caso, i buchi del formaggio si trovano esattamente allineati. E allora un imprevisto si trasforma in un incidente, non perché non vi sia il controllo, ma perché i controlli eseguiti a livelli diversi si allineano in modo casuale creando un unico tragitto rettilineo in cui l evento eccezionale passa senza incontrare ostacoli, cioè trovando tutto buco e niente formaggio. Quali sono stati i buchi nel formaggio, in questo caso? L identificazione dei pazienti in sala operatoria richiede l interrogazione del paziente ed il controllo della documentazione clinica che lo accompagna. In questo caso il «paziente» era un cadavere che non si può interrogare e la documentazione seguiva un altro percorso. Inoltre, le Direzioni sanitarie hanno l incubo delle documentazioni cliniche smarrite. Per questa ragione esiste la disposizione che, non appena terminato il prelievo di cornee, la parte di cartella che ha seguito il cadavere in obitorio venga riconsegnata in Direzione. In questo modo si previene lo smarrimento della cartella. In obitorio l obiettivo è mettere la salma di «Mario Rossi» dentro la bara dove c è scritto «Mario Rossi». L identificazione dei cadaveri avviene attraverso un braccialetto messo al momento del decesso (in reparto) mentre la documentazione rimane in reparto e da lì transita in Direzione sanitaria. Le salme che devono essere sottoposte ad autopsia fanno un altro percorso, ma a parte questo caso l obitorio segna la fine del processo e non vi è altra necessità che quella di sapere il nome della salma per metterla nella bara giusta. L obitorio non si occupa della documentazione. Riconosce il cadavere attraverso il braccialetto. Infine, quando arrivano i chirurghi prelevatori, essi danno per scontato che il cadavere sia quello giusto. La preoccupazione dei prelevatori derivante da altri episodi che hanno permesso di mettere a punto gli odierni controlli è quella di verificare che vi sia il consenso: non sia mai che si stia effettuando un prelievo di tessuto o di organo a qualcuno a cui non lo si potrebbe fare! A cadavere preparato, gli operatori richiedono di visionare la cartella, nel frattempo arrivata, ma il loro scopo è unicamente quello di verificare la presenza del consenso al prelievo, non l identificazione della salma data per scontata. Pertanto, per gli operatori era tutto a posto. Le azioni correttive adottate: il tutto viene segnalato al «Risk Management» e al «C.N.T.» e si scopre che nessun ospedale in Italia ha una procedura di identificazione certa per casi analoghi. Questo è stato un caso pilota; di conseguenza si porta tutta la rete a conoscenza dell evento; attualmente si sta lavorando per elaborare una procedura ad hoc che tenga conto della diversità degli ospedali fra loro elaborare una procedura non è affatto semplice perché gli obitori sono in luoghi diversi a seconda degli ospedali, perché ognuno ha la sua propria prassi di gestione e smal- 23

24 timento dei cadaveri per evitare che possano ancora accadere fatti di questo genere con i donatori multi-tessuto. Altra storia: dov è finito il rene? Siamo in presenza di un trapianto di fegato e rene sullo stesso paziente. Al tempo opportuno viene aperto il frigo portatile del tipo di quelli da campeggio che contiene il fegato. L organo da trapiantare è chiuso in tre sacchetti: il primo sacchetto contiene l organo con una soluzione sterile particolare; esso viene chiuso e posto all interno di un secondo sacchetto con dell altro liquido; il secondo sacchetto a sua volta va in un terzo contenente un po di ghiaccio; il tutto viene messo nel frigo portatile pieno di ghiaccio tritato. Si apre il frigo, si immergono le mani nel ghiaccio trito e si prende il sacchetto con dentro il fegato, che viene consegnato ai chirurghi. Dopo qualche ora, impiantato il fegato, arrivano i trapiantatori di rene, i quali preparano il paziente per la loro parte di intervento. Dopodiché, chiedono il rene, ma quando è ora di consegnare loro il rene, il rene non si trova più! Come in altri duemila trapianti accaduti prima di questo, gli inservienti, dopo aver dato ai chirurghi il fegato, hanno svuotato il frigorifero da campeggio col ghiaccio trito nel contenitore dei rifiuti biologici, perché questo prevede la prassi. Peccato che dentro questa massa di ghiaccio c era un altro sacchettino che conteneva il rene. Grazie al ghiaccio e al fatto che l organo è protetto da un triplo involucro, il sacchetto viene recuperato senza danni, ancora freddo ed il rene trapiantato. Azioni correttive: viene deciso che ogni singolo organo viaggi in un contenitore separato, anche in caso di trapianto combinato o di doppio trapianto di rene; nel caso si ricevano organi da altra Regione che non adotta questa metodologia, una persona preposta applicherà sui contenitori degli avvisi evidenti che segnalino la presenza di più organi all interno del frigo. Ultima storia della nostra galleria: c è in programma un trapianto di rene da donatore vivente su un ragazzino al quale la nonna dona l organo. È la prima volta che avviene un simile salto generazionale una nonna che dona un organo al nipote è differente rispetto a una donazione della mamma al figlio e probabilmente la notizia, se verrà data, andrà a finire nello scaffale dei miracoli: tutti sono contenti! Un ora prima di prelevare il rene alla donna, una nefrologa che non sarà mai lodata abbastanza si accorge che i gruppi sanguigni dei due non sono compatibili! Come è potuto accadere? Il nipote era seguito dal «Centro A». Il «Centro A», preso atto della disponibilità della nonna, la invia al «Centro B» perché è l unico autorizzato alla valutazione dei donatori viventi (per questioni legate al possibile commercio di organi, ecc.). Il «Centro B» esegue la procedura di valutazione, compreso il gruppo, dando per scontato che se il «Centro A» ha mandato la nonna di gruppo tale, è perché sarà compatibile col gruppo del nipote. Il «Centro B» ritiene la nonna idonea e la procedura viene messa in moto. Le due documentazioni seguono quindi percorsi separati. Nel caso di donatore cadavere il ricevente viene selezionato dal computer sulla base della compatibilità: abbiamo un ricevente, si inseriscono i suoi dati ed il computer estrae dalla lista d attesa il soggetto che è 24

25 più compatibile, colui che attende da più tempo, ecc. Sono previsti tutta una serie di criteri di allocazione i quali vengono applicati in automatico grazie ad un software. Anche il Centro che tratta un donatore vivente ha un software donatore dove vengono inseriti tutti i dati, ed è il software stesso che prevede dei controlli. Ma non erano previsti controlli incrociati nel diagramma di flusso di quel caso particolare e mai presentatosi prima, ossia nel caso che il donatore vivente fosse seguito in un Centro e il futuro ricevente fosse in un altro Centro. Il Centro trapianti che seguiva il ragazzino non aveva l autorizzazione per il trapianto da donatore vivente, ha continuato a seguire il proprio paziente ed ha appoggiato il potenziale donatore (risultato poi non compatibile) presso un altro Centro: ecco com è potuto accadere. Azioni correttive: si è creato un software ad hoc per questa evenienza; si è dato incarico a due sanitari diversi un anestesista e un nefrologo di ricontrollare per l ultima volta i gruppi di tutti i trapianti, non solo di donatore vivente. Ulteriore step aggiuntivo: prima di iniziare il trapianto si devono ancora verificare i gruppi, anche se sono già stati ripetutamente controllati da computer e da altre persone. Pensiamo alle conseguenze di un simile errore, se concretizzato: ci saremmo trovati di fronte a una donna che avrebbe vissuto senza un rene, gettato fra i rifiuti biologici. Oppure, eventualità ancor peggiore della prima, nessuno se ne accorgeva, il rene veniva trapiantato e procurava un rigetto acuto. Veniva quindi tolto al ragazzino e poi scoppiava lo scandalo. Esistono anche i falsi errori: una donna trapiantata di fegato a Modena, con un donatore di Napoli, sviluppa un tumore dopo il trapianto. Non essendo un errore, posso dire dov è accaduto. Quando scopre di avere il tumore sostiene d essere malata a causa del trapianto: il tumore sicuramente ce l aveva il donatore. Il caso finisce all attenzione dei media. Poi a qualcuno viene un idea, grandiosa: si verifica il DNA delle cellule del tumore e si scopre che sono cellule femminili! Il donatore era un maschio e quindi l errore, almeno in questo caso, era inesistente. In un organizzazione complessa l esempio delle fette di formaggio evidenzia egregiamente questa complessità gli errori sono inevitabili. Una gestione corretta dell errore porta a mettere in atto opportune misure in grado di impedirne la ripetizione. Tutto quello che noi possiamo fare è evitare di ripetere errori analoghi, essendo assolutamente consapevoli che non potremo impedire errori nuovi. Grazie per la vostra attenzione. 25

26 SECONDA SESSIONE 26

27 RISK MANAGEMENT E CLINICAL GOVERNANCE Dottor Ugo Marchisio Ringrazio gli organizzatori del Convegno per l invito e voi tutti per la numerosa presenza. I termini che costituiscono il titolo del mio intervento «Risk Management» (RM) e «Clinical Governance» (CG) fanno parte di quei neologismi anglosassoni che hanno sempre più invaso la terminologia ed il modo di esprimersi nell ambito del management medico, rischiando persino d essere inflazionati, quasi che ci trovassimo di fronte a paroline magiche adatte ad ogni situazione. Questo porta al fraintendimento e alla perdita del significato autentico dei termini stessi, sia per quanto riguarda noi operatori che per il cittadino. Cercherò, attraverso il mio intervento, di coinvolgervi in una ricerca meditativa che non vuol essere tecnica, bensì intende riscoprire tali concetti nella giusta collocazione culturale e nella loro dimensione etica cioè di comportamento. Il nostro percorso sarà articolato come segue: che cosa vogliamo dalla «Clinical Governance»? Quali aspettative nutrono i professionisti ed i manager della salute e quali nuovi ruoli si prospettano per loro? il «Risk Management» come elemento portante della «Clinical Governance»: è una sua parte e trova senso al suo interno; cercando un significato: l impegno per la Qualità, che in fondo è ciò che caratterizza la «Clinical Governance» e quindi anche il «Risk Management», deve essere orientato alla centralità della persona. Per persona intendo il malato, gli operatori, i managers, i cittadini in genere; la necessità di una nuova cultura per i cittadini, per i professionisti e per i managers; conclusioni: i classici messaggi da portare a casa; bibliografia essenziale sul tema. Iniziamo dunque chiedendoci che cosa vogliamo dalla «CG». «CG» e «Clinical Risk Management» («CRM») sono nati e cresciuti assieme, in modo inscindibile. Dopo alcuni studi pilota e alcune interessanti attenzioni, seppur isolate nel mondo della medicina, negli anni 90 nel Regno Unito fiorisce un attenzione importante e strutturata, anche dal punto di vista politico, sul «CRM», in quanto proprio in quegli anni si era data enfasi sui media inglesi ad alcuni casi di malasanità. I mass media avevano cominciato ad interessarsi circa l impatto dell errore medico nella pratica quotidiana, scoprendone le dimensioni e l importanza. Conseguentemente, nel 97 il governo laburista introdusse il concetto di «CG» nonché una serie di normative sulla «CG», come disse Blair stesso, «per sviluppare un approccio integrato che miri a minimizzare il rischio e allo stesso tempo a migliorare la Qualità». Ridurre il rischio e migliorare la Qualità: binomio inscindibile, uno dei punti cardine del messaggio che cercherò di trasmettervi. Si elimina il rischio e l errore migliorando la Qualità. Anche le opportunità tecniche l attenzione specifica a controllare il rischio sono un tassello nella promozione della Qualità. In tal modo si ha una visione positiva e non difensiva del rischio e delle azioni da intraprendere. Le radici di tutto ciò erano però già state tracciate in precedenza, soprattutto a livello di promozione della Qualità. 27

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