Studio ARIC: elevazione del punto J e rischio di morte associata a sesso e razza
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- Fausto Rizzo
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1 Studio ARIC: elevazione del punto J e rischio di morte associata a sesso e razza L'associazione tra la morte per aritmia e ripolarizzazione precoce è stata descritta con un modello di elettrocardiogramma caratterizzato da un innalzamento del tratto di giunzione QRS-ST (punto-j). Poco si sa di questa relazione in popolazioni non-bianche. Questo studio esamina la relazione tra elevazione del punto J (JPE) e morte cardiaca improvvisa (SCD) e se questo rapporto è diverso per razza o sesso. Un totale di soggetti di mezza età sono stati arruolati in uno studio prospettico basato sulla popolazione, detto Atherosclerosis Risk in Communities (ARIC). L'end point primario era SCD, verificatasi al basale ( ) a dicembre 2002, e gli end point secondari sono stati eventi coronarici fatali e non fatali e di mortalità per qualsiasi causa, che si sono verificati fino a dicembre L elevazione del punto J è stata definita come ampiezza di J-point 0,1 mv. L analisi è stata condotta su sottogruppi prestabiliti per sesso e razza. Un elevazione di punto J era presente in1866 (12,3%) soggetti. Dopo aggiustamento per caratteristiche demografiche, cliniche, stile di vita, e le variabili di laboratorio, JPE non era significativamente correlata alla SCD nel campione complessivo [adjusted hazard ratio (HR), 1,23, intervallo di confidenza 95% (CI), 0,87-1,75]. Tuttavia, correlazioni significative erano presenti tra razza e JPE (P = 0,006) e tra sesso e JPE (P = 0,020). L elevazione del punto J era significativamente predittiva di morte cardiaca improvvisa nei bianchi (HR aggiustato = 2.03; 95% CI, 1,28-3,21) e nelle femmine (HR aggiustato = 2,54, 95% CI, 1,34-4,82). I risultati suggerivano che la JPE sia associata ad un aumentato rischio di morte cardiaca improvvisa nei bianchi e nelle femmine, ma non in neri o maschi. (European Heart Journal Volume32, Issue24Pp ) ASPIRINA nelle donne Non è noto se l assunzione di aspirina 100 mg a giorni alterni per la prevenzione primaria degli eventi vascolari nelle donne sia mediata da un effetto di trattamento in base alle caratteristiche del singolo paziente. Dati dal trial randomizzato controllato dal Women Health Study sono stati utilizzati per prevedere gli effetti del trattamento per le donne in termini di riduzione del rischio assoluto di eventi cardiovascolari maggiori (infarto miocardico, ictus o morte cardiovascolare). Le previsioni si sono basate su punteggi di rischio esistenti, cioè Framingham (FRS) e Reynolds (RRS) e su un modello di previsione di nuova concezione. E stato confrontato il beneficio netto di diverse strategie di trattamento con aspirina: (i) nessuno paziente sottoposto a trattamento, (ii) il trattamento di tutti i pazienti, (iii) il trattamento secondo le linee guida attuali (cioè il trattamento selettivo delle donne >65 anni di età o che hanno >10% FRS), e (iv) la previsione basata sul trattamento (cioè il trattamento selettivo dei pazienti il cui effetto del trattamento previsto supera una soglia decisionale determinata). La riduzione prevista in 10 anni di rischio assoluto di eventi cardiovascolari maggiori è <1% nel 97,8% dei soggetti in studio, in base a FRS, nel 97,0% in base a RRS e nel 90,0% in base al recente modello. Tra le strategie di trattamento considerato, solo il trattamento utilizzando il nuovo modello ed il trattamento selettivo delle donne >65 anni di età hanno dato vantaggi netti rispetto a trattare nessun paziente. (European Heart Journal Volume 32, Issue 23 Pp ) Test di aggregazione piastrinica? Meglio la PCR. L'obiettivo di questo studio è stato di cercare di indagare l'utilità clinica dei test di funzionalità piastrinica e della proteina C-reattiva (CRP) nei pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica percutanea (PCI). In effetti, i dati a lungo termine del valore dei test di aggregazione piastrinica (in
2 partricolare riguardo al clopidogrel) ed in particolare il loro impatto prognostico non sono tuttora conclusivi. La PCR invece è stata associata ad un maggior numero di eventi aterotrombotici post- PCI. Sono stati valutati pazienti che hanno ricevuto stent medicati (DES) e sottoposti a test di aggregazione piastrinica ripetuti mediante VerifyNow P2Y12 (Accumetrics, San Diego, California). La proteina C-reattiva al basale è stata disponibile in pazienti. L'end point primario era un composito di mortalità per ogni causa, infarto del miocardio, trombosi dello stent e ictus. Durante il follow-up (mediana, 2.2 anni), l'end point primario non è differito nei pazienti con test di aggregometria che mostrava un'alta aggregazione piastrinica rispetto a coloro in cui tale parametro era stato efficacemente contrastato dalla terapia con clopidogrel (2,8% vs 2,4% a 2 anni; hazard ratio [HR]: 1,33, 95% CI: 0,88-2,01, p = 0,18). Al contrario, i pazienti con elevati livelli di PCR erano a rischio significativamente più alto per l'endpoint primario, rispetto a quelli con livelli di PCR nei limiti (5,6% vs 1,7% a 2 anni; HR: 2,81, IC 95%:, 1,83-4,31; p <0,001). Il test VerifyNow è risultato di nessuna utilità incrementale per classificare rischio a lungo termine. (J Am Coll Cardiol, 2011; 58: ) Studio ALPHEE: ennesimo fallimento di nuovi antiaritmici. Studio presentato all'ultimo AHA. Il Celivarone è un nuovo agente antiaritmico sviluppato per il trattamento delle aritmie ventricolari. Questo studio ha valutato l'efficacia e la sicurezza di celivarone nella prevenzione degli interventi e la mortalità in pazienti con defibrillatore impiantabile (ICD). In questo studio randomizzato il celivarone (50, 100 o 300 mg/die) è stato valutato rispetto a placebo in doppio cieco, controllato con placebo, a gruppi paralleli di studio. L'amiodarone (200 mg/die dopo dose di carico di 600 mg/die per 10 giorni) è stato utilizzato come un calibratore. Sono stati randomizzati un totale di 486 pazienti con frazione di eiezione ventricolare sinistra 40% e almeno 1 intervento dell'icd per tachicardia ventricolare o fibrillazione ventricolare nel mese precedente o impianto di ICD nel mese precedente per documentati tachicardia ventricolare / fibrillazione ventricolare. La durata mediana del trattamento è stata di 9 mesi. La proporzione di pazienti con un intervento appropriato dell'icd o morte improvvisa è stata di 61,5% nel gruppo placebo, 67,0%, 58,8% e 54,9% nel celivarone 50 -, e 300-mg rispettivamente e 45,3% nel gruppo amiodarone. Hazard ratio versus placebo per l'end point primario variava da 0,860 per celivarone 300 mg a 1,199 per celivarone 50 mg. Nessuno dei paragoni rispetto al placebo erano statisticamente significativi. Celivarone tuttavia ha mostrato un accettabile profilo di sicurezza. Pertanto il celivarone non è stato efficace per la prevenzione di interventi ICD o morte improvvisa. (Circulation 2011; 124: ) Tolvaptan, anche in monoterapia, è efficace in pazienti con HF e sovraccarico di volume. Nei pazienti con HF (insufficienza cardiaca) e segni di sovraccarico di volume, la monoterapia con TLV (tolvaptan) senza concomitante terapia con diuretici dell ansa determina una significativa riduzione del peso corporeo rispetto al placebo, senza cambiamenti sfavorevoli negli elettroliti sierici, in soggetti che seguivano una dieta povera di sodio e che assumevano una terapia basale comprendente ACE-i (ACE-inibitori) e BB (β-bloccanti). E noto che in pazienti con HF possono essere presenti aumentati livelli di vasopressina e che questo possa contribuire alla fisiopatologia dello scompenso attraverso effetti sul recettore V2 della vasopressina. In considerazione del fatto che la terapia con diuretici possa confondere le valutazioni degli antagonisti del recettore della vasopressina (ARV), i ricercatori si sono proposti di confrontare l efficacia della sola terapia con
3 TLV sia rispetto alla sola terapia con diuretici dell ansa (FURO), sia rispetto alla terapia combinata (TLV + FURO), sia rispetto a PLC (placebo). Nello studio sono stati inclusi pazienti con HF (NYHA Classe II-III), disfunzione sistolica (frazione di eiezione 0,40) e segni di congestione (per esempio, edema, rantoli). Al momento dell arruolamento (tempo 0) i pazienti hanno dovuto sospendere qualunque terapia diuretica e hanno dovuto iniziare una dieta povera di sodio (2 g/die). Dopo 2 giorno di wash out, 83 pazienti sono stati randomizzati a ricevere PLC (n=21), venti a monoterapia con TLV 30 mg, ventidue a monoterapia con furosemide 80 mg (FURO) e venti a terapia combinata TLV 30 mg e FURO 80 mg per 7 giorni. I pazienti all inizio erano in terapia standard di base e senza restrizioni di liquidi. Dai dati dello studio è emerso che all 8 giorno una diminuzione del peso corporeo di -1,37 ± 1,61, -0,54 ± 1,59 e -1,13 ± 1,49 kg rispetto al basale era stata osservata per TLV, FURO e TLV + FURO, rispettivamente e sempre all 8 giorno il gruppo PLC ha mostrato un aumento del peso corporeo di 0,72 ± 2,42 kg rispetto al basale (p=0,0006 per TLV versus PLC). Inoltre, un aumento del volume di urine rispetto al basale è risultato maggiore con TLV da solo (2.646 ± ml/24 ore) che con FURO (894 ± 853 ml/24 ore, P<0.001) o con PLC (423 ± 786 ml/24 ore, P<0.001), ed è stato invece simile nel gruppo in terapia combinata TLV + FURO (2.585 ± ml/24 ore). Anche se un aumento del sodio sierico entro il normale range è stato osservato in pazienti trattati con TLV (p<0,02 rispetto al placebo, p<0,01 vs furo), nessuna modifica di potassio sierico, di altri valori di laboratorio e di pressione sanguigna è stata osservata. La terapia con TLV è stata ben tollerata. (Journal of Cardiac Failure, Volume 17, Issue 12, Pages , December 2011) Clopidogrel "as soon as possible" nello STEMI Il pre-trattamento con clopidogrel as soon as possible (il più presto possibile), prima dell'arrivo in ospedale in pazienti con STEMI candidati a PCI (angioplastica coronarica) primaria, è associato ad una riduzione della mortalità intraospedaliera. Queste sono le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori che in questo lavoro hanno voluto verificare se una dose di carico di clopidogrel prima dell'arrivo in ospedale potesse migliorare gli outcome in pazienti con STEMI candidati a PCI primaria. A tal proposito dal Gennaio 2005 al Dicembre 2009 sono stati inclusi in un registro multicentrico pazienti con STEMI che dovevano essere sottoposti a PCI primaria. Dei pazienti arruolati (gruppo 1) sono stati sottoposti a pre-trattamento con dose di carico di clopidogrel prima dell arrivo in ospedale e (gruppo 2) sono stati sottoposti a terapia periprocedurale con clopidogrel. Ad un analisi univariata, il trattamento pre-ospedaliero con una dose di carico di clopidogrel era associata con una riduzione della mortalità ospedaliera dopo PCI primaria (3.4 vs. 6.1%, P<0.01) rispetto alla terapia periprocedurale. Inoltre, ad un analisi multivariata, il pretrattamento con clopidogrel si confermava come un predittore indipendente di mortalità intraospedaliera (odds ratio = 0.60, 95% confidence interval ; P=0.048). (Eur Heart J, (23): ) Sartani e Ace-inibitori nella stenosi dell'arteria renale L'impiego di Ace-inibitori o sartani nei pazienti con stenosi aterosclerotica dell'arteria renale (e conseguente attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone) è sicuro ed efficace a lungo termine, indipendentemente da qualsiasi altro parametro. Lo ha verificato uno studio - realizzato da un team del dipartimento di Medicina e trapianto renale della Guy's and St Thomas' Nhs foundation di Londra (UK) guidato da Sofia Sofroniadou - in cui 36 pazienti con stenosi renale definita angiograficamente, e gestita tramite rivascolarizzazione o solo con trattamento medico, sono stati
4 valutati prospetticamente per definire la tollerabilità, sicurezza e outcome di sartani e Ace-inibitori. Il follow-up è stato mediamente di 88,9 mesi. Si è rilevata una riduzione statisticamente significativa della pressione arteriosa sistolica e diastolica nel tempo, mentre i valori relativi al tasso di filtrazione glomerulare (egfr) si sono mantenuti stabili. Il tempo medio trascorso dalla diagnosi o dall'intervento fino allo stadio terminale della malattia renale per l'intera coorte di 36 pazienti è stato di 165 mesi. La sopravvivenza globale media è risultata di 135,36 mesi, con 14 decessi (38,8%) avvenuti durante il periodo osservazionale. La terapia con sartani o Ace-inbitori è stata interrotta in modo temporaneo in soli 4 soggetti. (Int Urol Nephrol, 2011 Nov 30) Nt-proBnp: il più affidabile marker di scompenso cardiaco L'Nt-proBnp (frammento terminale del peptide natriuretico di tipo pro-b), rispetto al peptide natriuretico atriale (Anp) e al frammento N-terminale del peptide natriuretico pro-atriale (NtproAnp), risulta il marcatore cardiaco più affidabile ai fini predittivi di morte e insufficienza cardiaca nella popolazione generale senza scompenso manifesto. Il dato è frutto di 9 anni di rilievi effettuati alla divisione di Malattie cardiovascolari della Mayo Clinic di Rochester (Usa) da Paul M. McKie e collaboratori. È stata inizialmente individuata una coorte di individui senza segni attuali o pregressi di scompenso cardiaco o di insufficienza renale. I partecipanti, sottoposti a ecocardiografia e a misurazione della concentrazione plasmatica di Anp, Nt-proAnp e Nt-proBnp, sono stati poi seguiti considerando quali endpoint morte, scompenso cardiaco, infarto miocardico e accidenti cerebrovascolari. Dopo aggiustamento per i fattori di rischio convenzionali, Nt-proAnp ha dimostrato di possedere un significativo valore predittivo per il decesso ma non per lo scompenso cardiaco, l'infarto miocardico o l'accidente cerebrovascolare. La capacità predittiva di Nt-proAnp per la mortalità si è peraltro attenuata dopo l'apporto di correzioni per anomalie strutturali e funzionali cardiache. Anp non ha invece evidenziato alcuna valenza predittiva. Al contrario, NtproBnp si è dimostrato efficace nel predire exitus, insufficienza cardiaca e infarto miocardico dopo aggiustamento per fattori di rischio convenzionali, mantenendo significatività per morte e scompenso cardiaco anche dopo aggiustamento per anomalie strutturali e funzionali del cuore. (Mayo Clin Proc, 2011; 86(12): ) I dati del programma di monitoraggio AIFA su aliskiren Finalmente pubblicati e disponibili i dati del programma di monitoraggio AIFA su aliskiren, inibitore diretto della renina, sottoposto, fin dal lancio in Italia, a questo programma di controllo delle prescrizioni e di monitoraggio degli effetti in una popolazione definita di pazienti ipertesi. I soggetti che potevano accedere all'utilizzo di aliskiren, infatti, erano ipertesi ad alto rischio cardiovascolare che non avevano raggiunto il controllo pressorio con almeno 2 antipertensivi di classi differenti (independentemente dal dosaggio). Solo In questo caso i pazienti potevano accedere al trattamento aggiuntivo (add-on) con aliskiren mg/die ed essere registrati nel data base elettronico nazionale dell'aifa per poter monitorare gli effetti aggiuntivi del farmaco.tra Marzo 2009 e Febbraio 2010 aliskiren è stato prescritto da Specialisti a pazienti di cui il 47,6% donne, di età media 68,0 +/- 11,1 anni, con BMI /- 4.9 kg/m2 e con evidenza di danno d'organo o comorbilità. All'entrata nello studio osservazionale e ad 1 mese di follow up (n=8.197; 70,6%) i livelli di pressione arteriosa erano / e / mmhg per la sistolica e /- 9.6 e /- 8.5 mmhg per la diastolica, mostrando già da subito un notevole effetto antipertensivo di aliskiren. A 6 mesi di osservazione (n=4.907; 42.3%), i livelli di sistolica e diastolica avevano raggiunto / e /- 8.0 mmhg rispettivamente mostrando una progressione dell'effetto antipertensivo. Durante i 6 mesi di osservazione, sono stati riportati solo 33
5 effetti collaterali correlati al farmaco. L'osservazione ha anche rilevato una concomitante e consistente riduzione nell'uso degli altri antipertensivi associati ad aliskiren, il che avvalora ancora di più l'effetto antipertensivo del farmaco. In conclusione, rimandandovi all'articolo originale sul Journal of Hypertension on line, gli autori dicono di essere cauti nell'interpretazione dei dati ma è indubbio il fatto che aliskiren abbia fornito una solida prova di consistente efficacia sia sulla sistolica che sulla diastolica in una popolazione di pazienti ad alto rischio CV, con comorbilità e con pressione arteriosa non controllata da almeno due classi di farmaci. Inoltre, in questa prova "real life", aliskiren ha fatto registrare una incidenza di eventi avversi veramente bassissima. (Journal of Hypertension 12 December 2011) Fibrillazione ed allenamento: effetti benefici dell esercizio fisico in pazienti con fibrillazione atriale I benefici dell esercizio fisico nella cardiopatia ischemica e nello scompenso cardiaco congestizio sono ormai comprovati. Tuttavia, l'effetto benefico dell attività fisica sulla fibrillazione atriale (FA) è finora sconosciuto. Allo scopo di valutare gli effetti dell esercizio fisico in pazienti con FA, il Dott. Osbak ed i suoi colleghi hanno condotto un trial clinico in cui sono stati arruolati 49 pazienti con fibrillazione atriale permanente (età [media ± DS] 70,2 ± 7,8 anni; maschio-femmina ratio 0,75; indice di massa corporea [media ± DS] 29,7 ± 4,3 kg/m2). Tali pazienti sono stati randomizzati in 2 gruppi: uno sottoposto a 12 settimane di allenamento aerobico ed un altro usato come gruppo controllo, non in esercizio. Nelle analisi sono stati valutati e misurati i seguenti parametri: tolleranza all esercizio, 6-minute walk test (6MWT), la gittata cardiaca (misurata a riposo e durante test ergometrico), la qualità della vita (valutata utilizzando il questionario MLHF-Q), il peptide natriuretico atriale N-terminale e il pro-b-peptide natriuretico ( misurati prima e dopo il periodo di allenamento). Nel gruppo di pazienti sottoposti ad allenamento aerobico è emerso un miglioramento nella tolleranza all esercizio e al 6MWT (P<0.001), con riscontro di una differenza statisticamente significativa tra pazienti allenati ed il gruppo di controllo (P=0.002). La frequenza cardiaca a riposo si è ridotta nei pazienti sottoposti ad esercizio (94,8 ± 22,4-86,3 ± 22,5 battiti/min, p=0.049), mentre è rimasta invariata nei controlli. La gittata cardiaca ed i valori dei peptidi natriuretici sono rimasti invariati dai valori basali a quelli misurati alla fine del periodo di studio. Il MLHF-Q punteggio migliore nel gruppo attivo (21,1 ± 18,0 vs 15,4 ± 17.5, P=0.03). Dai dati così ottenuti possiamo concludere che un periodo di 3 mesi di allenamento aerobico conferisca, in misura significativa, una maggiore tolleranza all esercizio ed al 6MWT, con una corrispondente riduzione della frequenza cardiaca a riposo nei pazienti con fibrillazione atriale permanente. Un altro dato positivo emerso da questo studio è stato il miglioramento significativo nella qualità di vita nei pazienti con FA sottoposti ad esercizio fisico rispetto al gruppo di controllo. (j.ahj )
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