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1 L infermiere...lucano ORGANO DI STAMPA DEL COLLEGIO DEGLI INFERMIERI PROFESSIONALI - ASSISTENTI SANITARI - VIGILATRICI D INFANZIA DELLA PROVINCIA DI POTENZA ANNO XX - n. 1/ 2012 Periodico quadrimestrale Spedizione in A.P. 70% - Filiale di Potenza

2 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 1 IL RUOLO DEL DIRIGENTE INFERMIERE NELLA SODDISFAZIONE ED INSODDISFAZIONE DEL PERSONALE SANITARIO RISPETTO AL CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO Autori: Dott. Vito Milione (Dirigente Infermiere Azienda Ospedaliera S. Carlo Potenza) INTRODUZIONE La soddisfazione del personale nei luoghi di lavoro è divenuta una componente della ricerca di grande rilievo che ha interessato anche l ambito lavorativo in sanità. Spesso la ricerca si è indirizzata esclusivamente nel settore industriale, mentre appaiono ugualmente importanti quelle delle istituzioni sanitarie, ospedali e pubblico impiego. La regionalizzazione e l aziendalizzazione ha dato luogo a numerosi effetti in merito all organizzazione e alla divisione del lavoro sia ospedaliero che territoriale, ma anche al coinvolgimento degli attori alla qualità del servizio. In questo contesto, il ruolo del management, inteso come una corretta e razionale gestione delle risorse, in funzione di obiettivi prestabiliti, diventa fondamentale ai fini della competitività e dell esistenza stessa dell azienda. LA MOTIVAZIONE Il tema della motivazione al lavoro si è sviluppato a partire dalle preoccupazioni sulla soddisfazione dell uomo. Questo approccio vede i bisogni come ostacolo alla soddisfazione nel lavoro meglio il lavoro dal punto di vista dei bisogni che deve soddisfare. La soddisfazione può essere considerata come il risultato della gratificazione presente di un bisogno sorto in precedenza. L insoddisfazione è il risultato di un bisogno interiore del senso di appartenenza degli infermieri, per fornire identità sia personale sia professionale, ma ancora non completamente soddisfatto. La costruzione di valori condivisi richiede però ascolto e coinvolgimento emotivo delle persone; richiede, più delle strumentazioni hard (con tutto il loro rigore e l ossessione della precisione), uno sforzo per cooperare oltre quello che dicono le procedure, la disponibilità a farsi carico dei problemi oltre ciò che è iscritto nelle linee gerarchiche e negli specialismi funzionali. La cosiddetta cultura dell adempimento non risiede solamente in un applicazione delle procedure svincolata dai risultati, nell incapacità di farsi carico della propria missione di aspettare, in modo passivo, indicazioni e prescrizioni, ma piuttosto definire autonomamente i propri obiettivi professionali ed operativi come contributo alla promozione di salute pubblica. Soddisfazione e insoddisfazione rappresentano i poli opposti dello stesso continuum e per la maggior parte delle persone tutti i bisogni sono contemporaneamente soddisfatti secondo percentuali decrescenti di soddisfazione man mano che si sale nella gerarchia di prepotenza dei bisogni. I bisogni insoddisfatti motivano la persona e quelli soddisfatti non svolgono più la funzione motivante ma danno soddisfazione. Gli infermieri lavorano di fatto, in realtà ancora connotate da meccanismi gerarchici tipicamente medicalizzati dove è presente poco spazio all espressione del singolo professionista, nuocendo il proprio benessere psicologico, sociale e fisico. I professionisti infermieri, erogando prestazioni professionali correlate ad elevati carichi lavorativi, hanno quindi il diritto di essere collocati in contesti organizzativi che pongano l enfasi sulla necessità di condividere gli obiettivi senza che poi, questa affermazione di principio, sia seguita da atti concreti e di circostanza, che prevarichino l attenzione nei loro confronti e esaltino ancora una volta, altre figure professionali. Tale situazione di scollamento organizzativo e motivazionale, se presente, genera il fenomeno denominato disagio organizzativo intendendo con questo termine qualsiasi dinamica, di natura Il ruolo del dirigente infermiere nella soddisfazione ed insoddisfazione del personale sanitario rispetto al cambiamento organizzativo

3 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 2 personale, sociale o istituzionale, che impedisca in modo rilevante il raggiungimento degli obiettivi organizzativi e del benessere dell operatore. Sul piano opposto del disagio organizzativo si colloca invece il benessere organizzativo, inteso come la capacità dell organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori; si tratta di un costrutto multidimensionale, basato su diversi fattori in grado di determinarlo e/o influenzarlo, sia a livello individuale che di gruppo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, ha ormai da tempo iniziato a stimolare le strutture che erogano servizi essenziali, ad essere luoghi in cui l individuo lavori con slancio, entusiasmo e con la singolarità del proprio contributo. La stessa attenzione ed esigenza è sentita con forza tra gli infermieri che chiedono di poter contare e di poter decidere nell ambito delle proprie responsabilità. La storia degli interventi finalizzati alla promozione della salute e del benessere psicofisico in ambito organizzativo, inizia intorno agli anni 40 con i programmi di counselling per i dipendenti, attivati da Elton Mayo negli stabilimenti della Western Electric di Hawthorne a Chicago, e costruiti sull idea che per migliorarne le condizioni di vita intra-organizzativa si dovesse prestare maggiore attenzione alle componenti emotive dell attività lavorativa. Nei decenni successivi, anni 60 e 70, l attenzione per le variabili di contesto, aumenta in progressione con lo sviluppo delle teorie organizzative e si comincia a ragionare in un ottica sistemica. E in questo periodo che gli interventi finalizzati a migliorare la relazione individuo/contesto si inseriscono principalmente nell area della ricerca sullo stress lavorativo. I disturbi di tipo psicologico e fisiologico che sono correlati a livelli elevati di stress, sono oggi uno dei principali problemi sociali e sanitari; gli esperti in materia ritengono che il 50-80% di tutte le malattie manifestate dai lavoratori, sia strettamente collegato allo stress. Stress occupazionale è il termine generale, per indicare nel suo complesso, l esperienza emozionale negativa percepita dalla persona sul luogo di lavoro come conseguenza della difficoltà a far fronte a richieste interne o esterne valutate come gravose per la persona stessa. Ogni stimolo ambientale richiede una risposta adattiva da parte dell individuo e quindi può essere una fonte di stress (stressor); il potere stressante di ogni stimolo è determinato dalla valutazione cognitiva che ogni singolo individuo dà della situazione stessa e delle competenze che egli sente di possedere per affrontarla. La valutazione cognitiva determina lo strain, ossia l impatto negativo (che si esprime con disagio psicologico e/o malattia) che la situazione potenzialmente stressante ha sull individuo. Magnavita (1990) e Taylor (1999) hanno classificato le principali fonti di stress occupazionale: Fattori intrinseci al lavoro: pericoli fisici, chimici e biologici, sovraccarico o sottocarico di lavoro, ritmo eccessivo, monotonia; Fattori legati al ruolo nell organizzazione: responsabilità per le persone, conflitto di ruolo ed ambiguità LO STRESS ED I FATTORI CHE DETERMINANO STRESS di ruolo, partecipazione alle decisioni e mancanza di controllo sul proprio lavoro; Fattori inerenti i rapporti con gli altri ed il clima organizzativo: relazioni personali insoddisfacenti, problemi di rapporti con colleghi, superiori e subordinati; Fattore carriera: percezione di uno sviluppo di carriera inadeguato, mancanza di sicurezza del posto di lavoro; Fattori di interfaccia tra vita privata/vita lavorativa: A queste tipologie di rischio possono legarsi risposte disfunzionali più tipicamente individuali come sentimenti negativi, depressione, ipertensione, malattie cardiovascolari, oppure problemi che si ripercuotono sull organizzazione identificabili con l insoddisfazione lavorativa, l elevato turnover e il marcato assenteismo fino all intenzione di voler abbandonare il lavoro. La perdita di risorse umane è imputabile anche all assenza di leadership, ad eccessivi carichi di lavoro mal gestiti, ambiguità di ruolo, conflitti, scarsa e cattiva comunicazione. In ambito sanitario il problema dello stress occupazionale è particolarmente Il ruolo del dirigente infermiere nella soddisfazione ed insoddisfazione del personale sanitario rispetto al cambiamento organizzativo

4 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 3 evidente, in parte per le caratteristiche insite nelle professioni di aiuto, a contatto con la sofferenza e la malattia, in parte a causa di ritmi e organizzazione del lavoro. Inoltre sono descritti specifici fattori fonte di stress per il personale infermieristico quali la mancanza di chiarezza rispetto al ruolo, la difficoltà nella programmazione dei turni e del gruppo di lavoro, lo scarso coinvolgimento nei processi decisionali, basso status sociale e scarso supporto. Nei contesti lavorativi, oltre allo stress, ci sono altre condizioni che determinano una riduzione delle condizioni di benessere, sia a livello individuale che a livello organizzativo. Una prima condizione è riferibile alla presenza di elevati livelli di burnout. In relazione alle professioni di aiuto, il burnout è inteso come una forma di stress occupazionale che si esprime principalmente con: Esaurimento emotivo: si riferisce alla perdita d'energia e alla sensazione di aver esaurito le proprie risorse emozionali, cosicché la persona si sente svuotata e annullata dal proprio lavoro e cerca di evitare il coinvolgimento con altre persone per distaccarsi psicologicamente dalla situazione. Depersonalizzazione: indica un atteggiamento di ostilità che coinvolge primariamente la relazione professionale d aiuto, vissuta con fastidio, freddezza, cinismo. Di conseguenza, l operatore tenta di sottrarsi al coinvolgimento, limitando la quantità e qualità dei propri interventi professionali, al punto da rispondere evasivamente alle richieste d aiuto e sottovalutare, o negare, i problemi del paziente. Ridotta realizzazione personale: si riferisce ad un sentimento di fallimento professionale per la percezione della propria inadeguatezza al lavoro, sottesa dalla consapevolezza del disinteresse e dell intolleranza verso la sofferenza degli altri, con il conseguente senso di colpa per le modalità impersonali e disumanizzate che hanno ormai sostituito l efficacia e la competenza nel trattare i pazienti. Altri indici di malessere sono rappresentati da: bassi livelli di motivazione e soddisfazione del personale, scarso impegno organizzativo e scarsa efficacia organizzativa che sembrano legate al grado di partecipazione e di coinvolgimento dei lavoratori, non solo relativamente alle proprie attività e alle proprie funzioni, ma anche alle politiche decisionali e di progettazione futura. Lawler (1986) ha constatato che dai diversi livelli di coinvolgimento dei lavoratori può derivare sia la loro soddisfazione sia l efficacia dell organizzazione; in accordo con il modello di Karasek (1990) e Theorell (1993) quest ultima risulterebbe profondamente legata al grado di responsabilità assunta dalla persona per il lavoro svolto e di partecipazione nei processi decisionali organizzativi. Maccoby (1988), esplorando modelli di gestione efficace in piccole e grandi compagnie, ha messo in evidenza che sempre più persone si sentono lavoratori con determinate capacità cognitive, requisiti ritenuti ora più importanti di quelli fisici, e con una motivazione legata, tra le altre cose, alla significatività del lavoro all impegno e alla partecipazione, al desiderio di lasciare un impronta, un segno sul futuro dell organizzazione dove lavorano.. L impegno organizzativo, che si riferisce all attaccamento, all identificazione e al coinvolgimento del personale con l organizzazione, è positivamente correlato con la performance e la soddisfazione lavorativa, e negativamente correlato con il turnover. Le condizioni di scarsa salute organizzativa conducono, inoltre, a fenomeni quali diminuzione della produttività, assenteismo, carenza di fiducia, aumento di reclami e lamentele dei clienti. TATTICHE PER COME ACCRESCERE LA SODDISFAZIONE DEL PERSONALE Il processo di aziendalizzazione della sanità, cominciato in Italia a partire dagli anni 90 (con i decreti legislativi 502/92 e 517/93 e sue modifiche), ha inevitabilmente rivoluzionato il sistema gestionale e organizzativo delle strutture sanitarie pubbliche. Nelle Aziende l organizzazione e la gestione risultano sempre più determinanti nella creazione Il ruolo del dirigente infermiere nella soddisfazione ed insoddisfazione del personale sanitario rispetto al cambiamento organizzativo

5 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 4 del vantaggio competitivo in quanto la loro dotazione tecnica può essere simile, le risorse economiche e strutturali uguali ma l organizzazione e la gestione, invece, essendo più difficilmente imitabili, determinano la caratteristica di base, ovvero la loro unicità. In questo contesto, il ruolo del management, inteso come una corretta e razionale gestione delle risorse, in funzione di obiettivi prestabiliti, diventa fondamentale ai fini della competitività e dell esistenza stessa dell azienda. Le innovazioni introdotte dai due decreti, hanno avviato un processo di ripensamento della filosofia di gestione, che ha portato all introduzione di logiche e strumenti a supporto delle nuove esigenze informative e decisionali. Questo importante cambiamento, mette in evidenza dei principi di riferimento completamente opposti all organizzazione precedente: Principio di autonomia gestionale: autonomia in termini di conduzione e gestione nel rispetto della vision e mission Aziendale, restituendo al contesto sanitario la sua fondamentale funzione in termini di programmazione, di indirizzo e di controllo dei servizi; Principio di economicità: non più una gestione burocratica, attenta solo alla formalità degli atti, ma una gestione organizzata ed indirizzata agli obiettivi e ai risultati (allocazione e utilizzazione delle risorse per stimolare la competitività e quindi l efficienza delle strutture aziendalizzate); Principio della responsabilità: intesa come controllo/verifica dei risultati e misurazione della soddisfazione degli utenti, cui viene riconosciuto un ruolo di partecipazione e di responsabilità nei confronti del sistema stesso. L obiettivo è quello di introdurre nel sistema sanitario, meccanismi concorrenziali dove la competitività sia finalizzata al miglioramento della performance del servizio erogato in termini di: Efficacia: capacità dell Azienda o di una sua Unità Operativa di raggiungere gli obiettivi prefissati; Efficienza: intesa come il rapporto fra risorse impiegate e prestazioni erogate ed implica un più razionale impiego delle risorse umane e materiali assegnate per raggiungere al meglio l obiettivo prefissato; Qualità delle prestazioni: che deve assicurare una metodologia di controllo, di quali-e di quantità, delle attività assistenziali tale da garantire l intesa contro meccanismi insiti nell adozione di un finanziamento basato sul numero delle prestazioni; Appropriatezza: intesa come grado di realizzazione del servizio, coerente con le necessità del cliente/paziente e in accordo con la miglior pratica clinica. In questi ultimissimi anni, come già avvenuto in altri paesi europei, si è cominciato ad orientarsi non più alla valorizzazione delle prestazioni e al loro controllo basato unicamente sui dati economici, ma si è rivolta l attenzione al paziente/cliente/utente, al ruolo benefico delle prestazioni nei suoi confronti, al risparmio inteso non più come minori spese, ma come minori sprechi. La risposta al cambiamento non può derivare solo da una nuova legislazione: occorrono anche e soprattutto, prassi manageriali e politiche diverse, più concentrate sugli obiettivi di efficienza, di riqualificazione della spesa e di ricerca di servizi qualitativi. La professione infermieristica contribuisce alla implementazione della cultura manageriale creando e sviluppando contenuti specifici che la rendono la disciplina infermieristica ben identificata, in grado di adottare strategie e strumenti per il governo del cambiamento, rispondendo in modo puntuale i bisogni dei cittadini e utilizzando al meglio le risorse disponibili. E necessario sviluppare dei percorsi di cambiamento tenendo conto della mission Aziendale e delle proprie esigenze, con l obiettivo di raggiungere risultati che siano visibili e duraturi. Ogni Azienda Sanitaria deve quindi porre l obiettivi volti allo sviluppo delle conoscenze necessarie dei propri coordinatori e dirigenti infermieri per migliorare la comprensione dei fenomeni di cambiamento e sperimentare nuovi modelli organizzativi e strumenti operativo al fine Il ruolo del dirigente infermiere nella soddisfazione ed insoddisfazione del personale sanitario rispetto al cambiamento organizzativo

6 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 5 di ottimizzare le performance delle abilità infermieristiche e della qualità dei servizi. L Infermiere Dirigente che svolge attività manageriali si deve chiedere in che modo gli infermieri percepiscono quanto da lui pianificato, organizzato, diretto, controllato e valutato. IL Dirigente infermieristico non deve ignorare le condizioni lavorative degli infermieri attraverso la sola convinzione propria del far bene sottovalutando suggerimenti. I consigli e le percezioni provenienti da coloro che sono in prima linea ogni giorno devono essere punti di forza per correggere ciò che non va e motivare il personale per un cambiamento utile al professionista, alla organizzazione ed ai cittadini. E importante ed opportuno condividere l idea di creare un progetto che nasca dalla constatazione di rafforzare il rapporto tra i soggetti che realizzano attività di management e i soggetti che nella propria realtà operativa dovrebbero utilizzarne i risultati, iniziando dall analisi organizzativa e di sperimentare una metodologia di indagine che consenta di valutare alcune dimensioni critiche presenti nell organizzazione. Il risultato in sanità sono i servizi erogati, dove nell erogazione del prodotto-servizio, l assistenza infermieristica e la partecipazione del cittadino diventa preponderante, così come la collaborazione Dirigenti - Infermieri e il grado di positività operativa di tale collaborazione, diventa l elemento chiave del successo dell intero sistema che eroga cure infermieristiche. In questo la Dirigenza Infermieristica, che si pone ai vertici di una Azienda sanitaria non più in line ma in staff con essa, partecipando direttamente al goverment management ai vari livelli dell organizzazione, gioca un ruolo essenziale in grado di dare un impronta determinante alla creazione di tali condizioni. Si tratta infatti di favorire lo sviluppo di una cultura manageriale tra gli infermieri, che non risponda solo alle normali regole organizzative, ma che contenga la specificità della funzione infermieristica come valore sociale in sé perché tendente alla soddisfazione di un bisogno irrinunciabile: la salute. Proprio per questo l Infermiere Dirigente assume responsabilità diretta per le attività professionali cui è preposto e formula mozioni operative per l organizzazione del lavoro nell ambito delle proprie attività, essendo titolare di una struttura di indirizzo, organizzazione e coordinamento del personale infermieristico e ausiliario. Deve indurre a far diffondere la cultura infermieristica manageriale ad ogni livello organizzativo (U.O.C., U.O.S., U.O.D., U.O. distrettuale, domiciliare, etc.) ed assicurare l impiego ottimale del personale stesso, per fornire un assistenza individualizzata e di qualità a tutti gli utenti/clienti, nel rispetto delle norme etiche e deontologiche. Il mutamento dello scenario, avviati negli anni 90, ha prodotto la necessità di individuare modelli assistenziali che non possono trovare nell assistenza ospedaliera il cardine del proprio assetto organizzativo. Il profondo cambiamento dell approccio all assistenza sanitaria ha imposte logiche gestionali e organizzative del lavoro di tipo innovativo, generando una revisione degli assetti e rispetto dei criteri di economicità. La razionalizzazione dei servizi sanitari ha prodotto nuovi traguardi di efficienza economica, ma è diventata più intensa, qualche volta più stressante e i carichi di lavoro sono cresciuti: in CONCLUSIONI particolare il lavoro degli Infermieri, combinato con una distribuzione territoriale squilibrata, presenta un evidente impoverimento dell organico, principalmente dovuto al personale mai sostituito in seguito a pensionamenti o trasferimenti in altre sedi. La nuova sfida, nell organizzazione dei servizi sanitari, è quindi rappresentata dalla qualità di vita degli operatori all interno degli ambienti di lavoro e non solo. La salute organizzativa, il benessere e la qualità della vita negli ambienti di lavoro, sono temi di sempre maggiore interesse e centralità. Bibliografia La dirigenza infermieristica Manuale per la formazione dell infermiere dirigente e del caposala Calamandrei C., Orlandi C., edit., McGraw.Hill, Milano Il ruolo del dirigente infermiere nella soddisfazione ed insoddisfazione del personale sanitario rispetto al cambiamento organizzativo

7 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 6 Moderni principi nella formazione infermieristica Chiesa I. Vetere C., edit., Rosini, Firenze, 1990 Servizio sociale e welfare per lo sviluppo in Basilicata Finizio M., edit., anci Basilicata, Potenza, 2002 Storia e filosofia dell assistenza infermieristica Manzoni E., edit., Massona, Milano 1997 La sindrome di burn-out. Il prezzo degli aiuti agli altri Maslach C.,Assisi, edit., Cittadella, 1992 L operatore socio- sanitario, Manuale di formazione M. Vanzetta, F. Vallicella, edit. Mc Graw-Hill, Milano, 2002 Il servizio sanitario nazionale Pasquini Peruzzi D., edit., Novene, Napoli, 1978, 1789 Il management infermieristico, organizzare e gestire i servizi infermieristici negli anni 2000 Pontello G., Milano, Masson, 1998 L operatore socio-sanitario, Manuale per la formazione Vanzetta M., Vallicella F.,edit.Mc Graw-Hill Servizio sociale e welfare per lo sviluppo in Basilicata, Orientamenti e strumenti per operatori sociali e amministratori pubblici Finizio M., edit., ANCI Basilicata, Potenza, 2002 Il rapporto di lavoro Vallicella F., edit., Mc Graw-Hill, Milano, 2001 ~~~~ RIFLESSIONI E CONFRONTO DEI CODICI DEONTOLOGICI: ITALIANO, INGLESE E CANADESE. Autore: Dott. Vito Milione (Dirigente Infermiere Azienda Ospedaliera S. Carlo Potenza) Il Codice non è un decalogo, ma un documento vivo che può essere di aiuto agli infermieri nel fronteggiare le sfide che incontrano nella pratica quotidiana. Nello stesso anno in cui gli infermieri italiani lavorano alla revisione del Codice anche gli infermieri di altri Paesi riscrivono il loro; nel 2008 ne emanano uno nuovo sia gli inglesi che i canadesi. Nel codice inglese del 2008 si evidenzia subito un aspetto che lo accomuna a quello italiano attuale, vale a dire l intento di semplificare le norme mantenendo solo ciò che è essenziale. Affinché il Codice rispecchiasse quanto più possibile le aspettative degli infermieri inglesi, sono stati costituiti dei gruppi di lavoro e inseriti in rete dei questionari relativi alla comprensibilità e all appropriatezza del lessico usato integrando anche la collaborazione di associazioni di pazienti invitati a fornire le loro opinioni. Nel mondo anglosassone sono nati e maturati concetti come l empowerment del paziente e la governance che alludono a una concezione più democratica e responsabile dei rapporti cittadiniistituzioni. Iinfatti, nel Codice si afferma che (l Infermiere) non deve discriminare in alcun modo le persone affidate alle sue cure senza che si avverta la necessità di precisarne ulteriormente le Riflessioni e Confronto dei Codici Deontologici: Italiano, inglese e canadese.

8 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 7 motivazioni come avviene nel Codice inglese del 2004; tuttavia, anche il Codice del 2008 non perde le caratteristiche di pragmatismo e concretezza caratteristiche della deontologia infermieristica anglosassone. In apertura i codici canadese ed inglese dichiarano, elencandoli semplicemente, quei valori sui quali i professionisti concordano e nei quali tutti si possono riconoscere e, uno per uno, essi sono poi declinati in norme di comportamento etico e conforme alla deontologia. Il rispetto della dignità dell individuo è un valore che accomuna tutti e tre i codici assieme alla tutela della salute e del benessere. Una novità singolare del Codice canadese del 2008 è la riscoperta della compassione come valore. Essa rappresenta un sentimento profondamente umano che nasce dalla consapevolezza che la sofferenza e il dolore sono esperienze che accomunano tutti gli uomini. Nel Glossario allegato al Codice, gli infermieri canadesi definiscono compassionevole l infermiere capace di comunicare con le parole e con il linguaggio del corpo la speranza e l intenzione di alleviare la sofferenza di un altra persona ; aggiungono poi che la compassione deve coesistere con la competenza. Essa diventa pertanto sinonimo di prossimità, sollecitudine, premura verso l altro e può essere considerata anche come espressione di solidarietà e comprensione. Un tema che gli infermieri italiani non includono nel loro Codice, a differenza di quelli inglesi e canadesi, è quello della sessualità e delle implicazioni che esso può avere nella professione infermieristica. Inglesi e canadesi affermano esplicitamente che una persona non può essere discriminata né per il suo sesso né per l orientamento sessuale; ma, consapevoli di quanto la dimensione fisica della cura non escluda la possibilità di un coinvolgimento più profondo nella relazione infermiere-persona assistita, precisano che gli infermieri non abusano della relazione per trarne vantaggi personali o finanziari e non stabiliscono relazioni personali (romantiche, sessuali o altro) con le persone di cui si prendono cura. E il Codice inglese afferma: (l infermiere) deve stabilire e mantenere ben distinti sempre in modo chiaro i confini sessuali con le persone affidate alle sue cure, i loro familiari e coloro che se ne prendono cura. Emerge in tutti i Codici la responsabilità dell infermiere in relazione all aggiornamento e alla necessità di fornire cure validate dalle conoscenze scientifiche. La multiculturalità è una condizione oramai comune a molti paesi dell occidente e la dimensione culturale dell assistenza trova spazio nei tre codici, seppur con accenti ed espressioni diverse che possono variare dalla difficoltà pratica di comunicare fino alla intima sensibilità dell individuo necessariamente influenzata dal retroterra culturale ed ideologico. Un altro tema cruciale sviluppato nei codici infermieristici è l obiezione di coscienza che se correttamente vissuta amplia gli spazi di libertà dell uomo altrimenti li restringe portando fino alla strumentalizzazione della stessa per interessi personali dell operatore o battaglie ideologiche da lui condotte. Si può dire che gli articoli sull obiezione di coscienza rivelano il retroterra culturale e il contesto sociale nel quale i codici infermieristici nascono. Quello del 2009 è il primo Codice italiano nel quale, a fronte della tutela del diritto a obiettare dell infermiere, si tiene anche conto della necessità di garantire i diritti dell assistito. Il ricorso alla clausola di coscienza, cui fa riferimento il Codice italiano, dovrebbe essere un evento eccezionale e che i diritti dell assistito dovrebbero essere prioritari rispetto al diritto dell infermiere di obiettare in quanto quest ultimo non può non adoperarsi affinché l assistito non trovi una risposta adeguata ai suoi bisogni. Viene mantenuto l obbligo ad obiettare a fronte di interventi che vanno contro i principi etici della professione. Un valore riconoscibile nel codice italiano, e che negli altri codici non trova espressione, è il rispetto della vita. Quest ultimo prende posizione contro l eutanasia, anche se non menzionata; essa, in Italia, non è regolamentata da una legge, pertanto la partecipazione di un infermiere a interventi eutanasici sarebbe sanzionabile non Riflessioni e Confronto dei Codici Deontologici: Italiano, inglese e canadese.

9 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 8 solo per inosservanza del Codice deontologico, ma anche perseguibile per legge. deve verificare che il risultato risponda agli standard previsti. Il fenomeno della morte, condizionato dalla medicalizzazione della fase terminale della vita, ha indotto mutamenti culturali tali da richiedere agli operatori sanitari di farsi carico di situazioni in cui in passato giocavano un ruolo di primo piano la famiglia e le comunità di appartenenza del malato. Oggi circa l 80% delle persone muore in una istituzione sanitaria; ciò significa che l assistenza alla persona in questa fase terminale è uscita dall alveo familiare e richiede competenze e sensibilità nell accompagnare il paziente ed assistere i familiari nell elaborazione del lutto. Le responsabilità dell infermiere è sancita dagli art. 35 e 39 del Codice italiano in cui si sottolineano l importanza della palliazione, del confronto ambientale, fisico, psicologico e relazionale e spirituale del termine della vita e il valore del sostegno dei parenti in lutto. Per concludere si può ricordare che tale ambito è analizzato dai codici inglese e canadese a dimostrazione di quanto la sensibilità nei confronti della morte sia profondamente mutata nelle società occidentali. Negli ultimi anni in Italia, è al centro della riflessione infermieristica il rapporto con le figure di supporto, che con competenze diverse a seconda delle ragioni si affiancano quotidianamente nel fornire assistenza ai pazienti.su un punto si è concordi e cioè che la responsabilità di tutto il processo assistenziale rimane in capo all infermiere anche per i compiti che possono essere svolti da un operatore di supporto. Gli infermieri inglesi, consapevoli di quanto sia cruciale la questione della responsabilità nel rapporto con altri professionisti, hanno ritenuto utile richiamarla in tre articoli nei quali si dichiara che l infermiere deve accertarsi che la persona cui ha assegnato un compito sia in grado di portarlo a termine, Bibliografia Il codice deontologico dell ostetrica. Riflessioni e confronto. Rudriguez D., McGraw, Milano, Documenti di deontologia ed etica medica. Spinanti S., Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo, La sperimentazione dei farmaci. Comitato nazionale per la bioetica I codici sono documenti in continua evoluzione strettamente legati ai contesti sociali e alla storia professionale. Essi sono stati certamente uno degli strumenti attraverso cui si è realizzato il processo di professionalizzazione degli infermieri, infatti l adozione di un codice costituisce uno dei criteri distintivi di un corpo professionale; inoltre, essi assolvono a una funzione di coesione del gruppo e di rafforzamento dell identità professionale e, non ultima, di strumento di meditazione di potenziali conflitti tra i professionisti stessi, con l assistito e con le istituzioni. Il patto infermiere-cittadino, posto in apertura già al Codice italiano del 1999, individua la partecipazione dei pazienti come fondamentalmente per migliorare la relazione e la comunicazione e rendere i contenuti del Codice più rispondenti ai bisogni della persona assistita. L ascolto del paziente potrebbe contribuire ad aprire un dialogo che non può essere proficuo per la professione e la società civile. Infine, per fare del Codice qualcosa di vivo che realmente incide sulla pratica quotidiana, esso dovrebbe diventare un riferimento costante per i professionisti, uno strumento di lavoro su cui si discute, si dibatte, si riflette a iniziare dal percorso formativo- per confrontarsi su problemi etici, per analizzare casi complessi da un punto di vista etico e per trovare, là dove possibile, anche delle risposte. A fianco della competenza tecnica occorrerebbe coltivare anche quella relazionale ed etica che può trovare nel Codice un valido supporto. Solo in questo modo esso potrà contribuire alla crescita professionale del professionista e alla sua partecipazione attiva alla vita professionale. Riflessioni e Confronto dei Codici Deontologici: Italiano, inglese e canadese.

10 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 9 Autori: LA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO Dott. Vito Milione (Dirigente Infermiere Azienda Ospedaliera S. Carlo Potenza) Dott.ssa Maria Carmela Mazzilli (infermiera Dipartimento Chirurgico Degenze di Latisana -UD) I continui cambiamenti avvenuti nel panorama sanitario nazionale hanno portato gli operatori del settore a dover affrontare nuove problematiche, che necessitano di soluzioni sempre nuove e differenti e gli infermieri e gli altri componenti dell equipe sanitaria devono confrontarsi con le aspettative dei cittadini, sempre più esigenti ed informati, e con gli obiettivi aziendali, trovandosi a gestire materiali e tecnologie che assicurino un alto livello di qualità dell assistenza. L evoluzione e le modifiche dei ruoli e delle professionalità hanno dato molta autonomia, ma è noto che non c è autonomia senza responsabilità! L azienda ospedaliera è diventata un organizzazione particolare e complessa, con carattere di unicità perché è allo stesso tempo impresa e servizio ed i pazienti/clienti chiedono, oggi, un rapporto sempre più personalizzato di elevata qualità e umanità: le strutture sanitarie pubbliche sono presidi di tutela della salute del cittadino, che è un diritto primario sancito dall art. 32 della Costituzione. Il responsabile dell assistenza generale infermieristica è l infermiere, così come previsto dal D.M. 739/94, dal Codice Deontologico e dall Ordinamento Didattico Universitario, ed ha l obbligo di fondare il suo operato su conoscenze validate ed aggiornate, così da garantire cure appropriate ed efficaci, promuovendo e attivando la ricerca infermieristica e curandone la diffusione dei risultati. Un aspetto importante per affrontare al meglio il processo assistenziale è quello della gestione del rischio clinico, ossia l acquisizione di un sistema di linee guida, protocolli, procedure e prassi organizzative e cliniche, adottate dall azienda ospedaliera, per ridurre la probabilità che si verifichino eventi ed azioni potenzialmente in grado di produrre effetti negativi sullo stato di salute di un paziente, oggi chiamato assistito. Le posizioni dirigenziali della professione infermieristica devono, quindi, promuovere la cultura di imparare dall errore senza che la rivelazione dello stesso comporti note disciplinari gravi, anche perché errare è umano ed a volte basta un attimo affinché un azione corretta diventi un errore. Il rischio deve essere individuato, in quanto da ciò dipende l efficacia di tutta la strategia di gestione del rischio, classificando i danni in eventi naturali, incendi, scoppi, black-out ed eventi umani in dolo o colpa, anche perché le leggi 42/99 e 251/2000 hanno eliminato la parola ausiliarie nella definizione delle professioni sanitarie e l infermiere può essere chiamato a rispondere in prima persona del suo operato: non ha più un mansionario cui fare riferimento, non è un ausiliario del medico, entrambe le figure hanno competenze diverse e sono civilmente e penalmente responsabili. L Infermiere è chiamato a provvedere ai bisogni della persona assistita ed ai potenziali rischi durante l assistenza, scegliendo e decidendo le azioni migliori per favorire il benessere e l autonomia della persona: agisce mettendo in atto interventi di comprovata efficacia con abilità tecnica e valuta i risultati, l esito definitivo ed il risultato di un azione. E, dunque, sempre più presente il tema del rischio clinico, che si pone come argomento di rilevante severità che interessa vari settori della sanità ed ha un forte impatto sociale, di conseguenza è indispensabile conoscere ed analizzare questo aspetto dell assistenza sanitaria, che si colloca nel tema più generale della qualità e della valutazione dell out-come. Nell ambito delle attività avviate dal Ministero della salute in tema di qualità dei servizi sanitari è stata istituita, presso la Direzione generale della Programmazione Sanitaria dei livelli essenziali di assistenza e dei principi etici di sistema, la Commissione Tecnica sul rischio clinico (DM 5 marzo 2003), avente come finalità lo studio della prevalenza e delle cause del rischio clinico, la La Gestione del Cambiamento Organizzativo

11 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 10 formulazione di indicazioni generali e l individuazione di tecniche per la riduzione e gestione del problema. L insieme di varie azioni complesse messe in atto per migliorare la qualità delle prestazioni sanitarie e garantire la sicurezza del paziente, sicurezza basata sull apprendere dall errore rappresenta il Risk Management in sanità. I concetti di controllo di qualità e di continuo miglioramento della qualità implicano un continuo ciclo di monitoraggio, studio ed adozione di nuovi standard che vengono successivamente verificati allo scopo di migliorare continuamente il valore (qualità/costi) delle prestazioni che essi forniscono. I parametri di qualità più importanti da considerare sono la prestazione migliore possibile e il risultato: l assistito è il protagonista principale dell intero processo! Un attività di Risk Management efficace si esplica attraverso: identificazione, conoscenza ed analisi del rischio/errore; implementazione e sostegno attivo delle soluzioni proposte; individuazione e correzione delle cause; monitoraggio delle misure preventive messe in atto. La ricerca del colpevole non è né produttivo e né giusto, addirittura offre un incentivo a nascondere! Ciò perché i processi sanitari sono: imprevedibili e non standardizzabili; correlati a caratteristiche soggettive dell assis-tito; influenzati da una molteplicità di fattori sia esterni che interni all azienda. Dunque un miglioramento continuo si deve compiere attraverso cicli di pianificazione e controllo dei risultati nonché della valutazione della qualità che si impernia su: l accesso alle cure mediche da parte di tutta la popolazione; la qualità tecnica delle cure; i costi; la soddisfazione del paziente; la misurazione dello stato funzionale del paziente ed altre misure di outcome; la verifica che il risultato delle prestazioni sia conforme agli standard ed agli obiettivi prefissati, ed infine il miglioramento ulteriore delle prestazioni. Anche perché i processi sanitari hanno delle specifiche caratteristiche: alta intensità di capitali e complessità organizzativa; alta intensità tecnologica e differenziazione del prodotto/servizio erogato; altissima componete manuale dell attività; stretta interrelazione paziente-operatore. Un interessante applicazione del concetto di miglioramento della qualità è dato dal modello adottato dalla Joint Commission on Accreditation of Organizations (JCAHO) denominato la bussola del valore. Secondo tale modello il valore di ogni processo di assistenza può essere rappresentato lungo quattro assi: la condizione clinica, lo stato funzionale, la soddisfazione e la spesa ed il successo degli sforzi, di migliorare la qualità delle prestazioni, si basa fortemente sull utilizzazione di dati collezionati correttamente e presentati su dei formati utili. Dunque la necessità di un Governo Clinico (OMS 1983) attraverso cui i sistemi sanitari si rendono responsabili: del miglioramento continuo della qualità e dei loro servizi; della salvaguardia degli alti standard sanitari; di porre i professionisti in grado di garantire i migliori esiti qualitativi possibili delle loro attività mediante: - responsabilizzazione degli operatori; - monitoraggio delle prestazioni; - trasparenza della qualità dell assistenza. Tutto ciò si ottiene producendo una cultura aziendale orientata: al miglioramento continuo; ad una maggiore responsabilizzazione; all analisi del grado di rischio. La Gestione del Cambiamento Organizzativo

12 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 11 Il rischio sanitario maggiore si esplica nei seguenti ambiti: con i farmaci; con il contatto di fluidi biologici; con le manovre chirurgiche. Due sono le categorie principali a cui è associato il rischio clinico: ADVERS EVENTS: eventi avversi o incidenti; NEAR NISSES: quasi evento. E necessario, quindi, eseguire un identificazione ed un analisi mediante: chek-list; incident reporting; dati amministrativi ed informativi; revisione delle cartelle cliniche; Root Cause Analysis: studio dei fattori casuali di un evento avverso; Fmeca: analisi critica dei metodi di errore e dei loro effetti; Hazop: individuazione dei pericoli esistenti in un determinato processo lavorativo, mediante lavoro di gruppo e descrizione dei possibili scostamenti nell esecuzione dei singoli compiti lavorativi, rispetto allo svolgimento corretto. E necessario un cambiamento e per attuarlo bisogna: attivare dei meccanismi di autoformazione; introdurre dei sistemi premianti; migliorare la comunicazione; migliorare l ottimizzazione del lavoro; rilancio del lavoro di squadra; aumentare la motivazione; incentivare i comportamenti virtuosi. In tutto questo l infermiere deve diventare un leader del processo assistenziale! BIBLIOGRAFIA Storia e filosofia dell assistenza infermieristica Manzoni E.,edit., Massona, Milano La dirigenza infermieristica Manuale per la formazione dell infermiere dirigente e del caposala Calamandrei C., Orlandi C., edit., McGraw.Hill, Milano Moderni principi nella formazione infermieristica Chiesa I. Vetere C.,, edit., Rosini, Firenze, La sindrome di burn-out. Il prezzo degli aiuti agli altri Maslach C., Assisi, edit., Cittadella, 1992 L operatore socio- sanitario, Manuale di formazione M. Vanzetta, F. Vallicella,edit. Mc Graw-Hill, Milano, Il management infermieristico, organizzare e gestire i servizi infermieristici negli anni 2000 Pontello G., Milano, Masson, La Gestione del Cambiamento Organizzativo

13 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 12 LA LEADERSHIP INFERMIERISTICA NELLA LIBERA PROFESSIONE Autori: Dott. Vito Milione (Dirigente Infermiere Azienda Ospedaliera S. Carlo Potenza) Lo studio Associato è uno "strumento" che consente di svolgere l'esercizio in forma associata, e quindi in comune con più professionisti, i quali devono essere iscritti all'albo Professionale. Lo studio ha inoltre per oggetto la gestione o l'acquisizione di mezzi necessari per lo svolgimento delle attività professionali degli associati al fine di contenere i costi dei servizi e di ripartire tra i Soci le varie spese. I Soci dovranno poi estendere la compagine sociale dello Studio ad altri soci competenti in modo da creare nuove specializzazioni all'interno dello Studio stesso. I Soci esercitano la loro professione nell'interesse dello Studio, conferendovi la propria opera. L'associazione ha per oggetto l'esercizio in forma associata ed il Coordinamento delle professioni degli associati. Allo studio associato non è consentito l'esercizio di attività commerciali od imprenditoriali né investimenti in beni mobili o non strettamente utilizzabili nell'attività professionale o comunque finalizzati allo svolgimento di attività compatibili con gli ordinamenti professionali di appartenenza dei singoli soci. L'associazione ha altresì per l'oggetto, in via sussidiaria, l'acquisizione e la gestione dei mezzi necessari od utili per lo svolgimento dell'attività professionale dei soci, al fine di contenere i costi dei beni e servizi comuni e di ripartire tra i soci le spese relative alla loro professione. Lo studio associato rappresenta lo strumento organizzativo più naturale attraverso il quale un gruppo più o meno numeroso di professionisti, si associa per conseguire quelle sinergie che il lavoro di gruppo notoriamente consente. Le motivazioni possono essere molteplici: La crescente domanda dei professionisti da parte del mercato. La tendenza di curare il paziente sempre più a domicilio per poter svolgere le attività assistenziali il più possibile ai ritmi ed alle abitudini delle persone, compatibilmente con le esigenze di una collettività. LO STUDIO INFERMIERISTICO ASSOCIATO. L'insoddisfazione professionale da parte di infermieri che all'interno di strutture ospedaliere si trovano ad esercitare la professione in modo inadeguato L'attività infermieristica diventa sempre più gratificante sia dal punto di vista professionale che dal punto di vista economico. Salvaguardia dell'individualità di ogni associato. Vantaggi in ordine di adempimenti fiscali e amministrativi Garanzia di continuità per gli impegni assunti Fattori importanti per indirizzare un infermiere verso la libera professione che può essere svolta sia individualmente sia come associazione di professionisti. La costituzione di uno studio associato può avvenire con una scrittura privata con firma autenticata oppure con un atto pubblico. L atto deve poi essere comunicato agli ordini professionali competenti rispetto ai professionisti associati. Una volta costituito lo studio associato, occorre aprire la partita Iva presso l Agenzia delle Entrate competente per territorio o rivolgersi ad un intermediario abilitato che provvederà ad aprire la partita Iva telematicamente. Dal punto di vista fiscale, il reddito prodotto dallo studio associato non è classificabile come reddito di impresa, visto che l organizzazione professionale è costituita per lo svolgimento dell attività intellettuale di due o più professionisti. Si tratta sempre di reddito di lavoro autonomo. Come già detto, tutti gli associati che partecipano allo studio associato, devono infatti, essere professionisti regolarmente iscritti al proprio ordine. Il rapporto professionale fra il professionista ed il cliente rimane individuale, e formalmente viene regolarizzato mediante contratto o una semplice lettera di incarico, che definisce esattamente la tipologia della prestazione richiesta dal cliente allo studio, ed i diritti e doveri di ciascuna parte.

14 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 13 L esecuzione della prestazione avviene con l impiego di persone legate allo studio (soci partner o collaboratori). Le entrate ed i compensi dell attività professionale sono percepite dall associazione e le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti degli associati, se non risultano determinate diversamente dall atto costitutivo. Per quanto attiene al trattamento fiscale, gli studi professionali determinano autonomamente il proprio reddito ma non sono direttamente soggetti ad imposte dirette. Il reddito prodotto dallo studio associato è tassato ai fini Irpef in capo ai singoli soci. Sullo L'attività infermieristica di uno studio associato è fondata principalmente sulla condivisione della mission da parte di tutto il gruppo professionale associato. L'organizzazione di uno studio è costituita esclusivamente da risorse umane che orientano le proprie scelte lavorative e il modus operandi in relazione all'obiettivo finale. Un obiettivo comune tra gli appartenenti allo studio è costruito sul rapporto cliente/professionista nei vari contesti lavorativi, mediante l'esclusività di un servizio infermieristico dedicato. Idee e comportamenti degli associati devono essere condivisi e andare in un'unica direzione. Deve esistere quindi una figura trainante, carismatica, capace di coinvolgere il gruppo e di motivarlo. In infermieristica il concetto di leadership è da sempre affrontato nei corsi e nei convegni e riveste particolare interesse nelle aziende sanitarie pubbliche. Si ritiene doveroso comprendere questa tematica anche nel contesto libero professionale, perché uno studio è costituito da un gruppo di persone: è fondamentale la presenza di alcuni soggetti (leader) nel coinvolgere e motivare altre persone affinché orientino le proprie scelte professionali e le proprie competenze all'interno del gruppo stesso, senza costrizione, per il conseguimento di un risultato comune (leadership partecipativa) (Calamandrei e Pennini, 2000). Questo requisito - il "saper coinvolgere e motivare" altre persone - risulta essere essenziale e vincente per il mantenimento di uno studio associato: il leader, che il più delle volte viene LA LEADERSHIP INFERMIERISTICA. studio associato grava l Irap (imposta regionale sulle attività produttive). Anche per gli studi associati, si applicano gli studi di settore. Gli studi di settore sono uno strumento di accertamento che sulla base di alcuni dati (contabili ed extracontabili), con un metodo informatizzato e statistico, mirano a calcolare i ricavi presuntivi per ogni singola attività di impresa o professionale. Per quanto attiene al trattamento previdenziale, i singoli associati devono iscriversi alla Cassa di Previdenza del proprio ordine professionale di appartenenza; l ENPAPI per i professionista infermieri. identificato nel "creatore" dello studio, deve avere una capacità di leadership, intesa come "processo attraverso il quale un individuo o un gruppo sono guidati in una data direzione, verso determinati comportamenti, utilizzando metodi non coercitivi, cioè senza impostazioni di autorità" (Kotter, 1998). Un esempio pratico L'idea comune di portare la professionalità dell'infermiere all'interno di una casa di riposo in cui l'assistenza infermieristica oggi è spesso delegata al personale di supporto, in difformità al profilo professionale, agli operatori di supporto, deve essere condivisa da tutti gli associati e di conseguenza il gruppo deve essere motivato e positivamente adoperato per indurre un cambiamento. La motivazione del gruppo, soprattutto sul piano professionale, ovvero l'essere professionisti, è e deve essere la spinta fondamentale per promuovere dei comportamenti finalizzati al conseguimento del risultato definito dal progetto iniziale dello stesso studio mission. La "ricerca" di mezzi migliori e di comportamenti sempre più coerenti con l'obiettivo, la passione per il proprio lavoro, l'impegno costante e la volontà di raggiungere quel risultato positivo in queste strutture possono indurre negli associati un coinvolgimento emotivo non indifferente, con un profondo rafforzamento del senso di appartenenza. Questo modo di agire e di essere deve altresì alimentare la nostra volontà e consapevolezza di essere professionisti importanti non solo

15 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 14 all'interno di un gruppo associato ma all interno del Servizio Sanitario Nazionale. Il Leader infermieristico all interno di uno studio associato deve possedere le seguenti caratteristiche: Consapevolezza che la crescita professionale di ogni singolo associato è più importante della crescita strutturale dello studio. Saper valorizzare le risorse umane all interno dell associazione e coinvolgere nell attività. Incentivare un clima d fiducia nell ambito dell associazione perché stimola il senso di sicurezza e di affidamento. Migliorare la propria motivazione e dei collaboratori (enporwement organizzativo) per il raggiungi mento di un obiettivo. Assegnare potere e responsabilità ai collaboratori che hanno idee costruttive, entusiasmo e voglia di fare (impostazione meritocratica). Saper riconoscere il cambiamento in continua evoluzione nel mercato dei servizi sanitari e interpretarlo come impulso positivo alla crescita professionale propria e dei collaboratori. Mettersi sempre in discussione. È evidente che l'azione fondamentale di "unire un gruppo" di infermieri libero professionisti associati è essenziale per la funzionalità dello studio stesso. Si ritiene che la motivazione professionale sia l'elemento essenziale per far funzionare una qualsiasi struttura e, in questo contesto, uno studio associato. Per due semplici motivi: la scelta di cambiare modo di lavorare passando dal lavoro dipendente a quello libero professionale. Una motivazione che può essere conseguente a vari fattori (economici, professionali, personali). L infermiere è quindi motivato a svolgere la libera professione; l'interesse di partecipare pienamente nell'ambito di un gruppo di colleghi e la voglia di mettersi in discussione. Questo secondo aspetto si accompagna frequentemente alla curiosità dell'infermiere verso altri ambiti professionali, oltre il confine ospedaliero, da sempre identificato come unico luogo di lavoro per questa categoria lavorativa. L infermiere può assumere internamente un ruolo importante per l'attività dello studio. Questo inevitabilmente porta a una maggiore autostima e alla consapevolezza di essere importanti all'interno del gruppo di appartenenza. II leader deve orientare la propria capacità puntando al concetto della motivazione professionale dei propri collaboratori attraverso varie azioni, quali: aiutare a far comprendere ai propri collaboratori il ruolo decisivo e strategico che lo studio ha in un determinato contesto socio-sanitario e territoriale, la relazione tra studio e territorio (cliente) e tra studio e professione infermieristica; consentire ai collaboratori di conoscere in maniera chiara e trasparente tutte le dinamiche organizzative/economiche all'interno dello studio; definire in maniera condivisibile e non autoritaria i compiti, condividendo le decisioni significative con i collaboratori per la pianificazione di un'attività; identificare nello studio i collaboratori motivati e propositivi per promuovere miglioramenti organizzativi interni e progetti infermieristici dinamici; saper gestire i conflitti interni. Il Conflitto interno non è un fattore estraneo tra persone che si uniscono, che si mettono insieme sulla base di una scelta personale, accettandone le regole e condividendone i valori. In uno studio associato, che è una struttura dinamica in costante evoluzione, possono accadere eventi e situazioni che possono "alimentare" dissensi tra i collaboratori professionisti. La nascita di conflitti tra i collaboratori può innescare irrimediabilmente una serie di fattori a cascata che si ripercuotono negativamente sull'immagine stessa della struttura, fino anche ad arrivare allo scioglimento dell'associazione stessa, oltre ad avere delle conseguenze negative sul cliente, anche di rilevanza contrattuale.

16 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 15 I conflitti possono essere di varia natura: organizzativi (nell'ambito del rapporto tra associato e organizzazione dello studio) relazionali tra i collaboratori. Entrambi, se non affrontati alla radice, tendono a trasformarsi in disagi "cronici" che portano alla negazione del senso di appartenenza del collaboratore allo studio e successivamente alla sua irrimediabile esclusione dalla compagine associativa. È evidente che all'interno di un'organizzazione piccola i fattori organizzativi e relazionali sono in stretta interdipendenza. Intervenire quando il disagio si è già instaurato il più delle volte non porta a un risultato positivo e alla risoluzione del problema. Nello studio la miglior arma di difesa nei confronti dei conflitti è la prevenzione. Quindi una dote fondamentale del leader e quella di sapere leggere il problema a priori e saper adottare misure preventive affinchè non insorgano disagi tra professionisti. Il leader deve avere capacità di applicare possibili azioni correttive da adottare per "promuovere" il dialogo professionale, il confronto costruttivo e il sentirsi parte della squadra. Fondamentale è anche il coinvolgimento del gruppo in incontri e riunioni al fine di creare una squadra vincente. Infine, il leader deve saper mediare proponendo azioni risolutive, perché il più delle volte un'impostazione autoritaria non porta ad alcun risultato. La dimensione organizzativa di uno studio è un fattore determinante e condizionante a questo riguardo. Più lo studio ha un'organizzazione ampia, maggiore è l'impegno da parte del leader per favorire comportamenti efficaci. L adozione con un "funzionigramma" diventa allora un elemento essenziale: più persone competenti all'interno del gruppo fanno da supervisori e da campanello d'allarme nell'analisi preventiva dei conflitti. Bibliografia La dirigenza infermieristica Manuale per la formazione dell infermiere dirigente e del caposala Calamandrei C., Orlandi C., edit., McGraw.Hill, Milano Aspetti giuridici della professione infermieristica, elementi di legislazione sanitaria Benci L., edit., McGraw.Hill, Milano ~~~~ LA GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO Autori: Dott. Vito Milione (Dirigente Infermiere Azienda Ospedaliera S. Carlo Potenza) Le Aziende Sanitarie sono organizzazioni intese maggiore delle prestazioni sanitarie, ha fatto sì come sistemi complessi, sono infatti presenti una che si presentasse anche un aumento del" rischio molteplicità di figure professionali, un insieme di clinico" (è riferito all'assistito ed è connesso ad contesti lavoro, assai differenti tra loro, basti un atto sanitario), del" rischio sanitario" (è pensare per esempio all'area clinica rispetto riferito all'assistito ed è connesso all organizzazione) e del" rischio puro clinico" (è riferito 011' all'area amministrativa, o al territorio rispetto all'ospedale o ancora ad un ambulatorio medico operatore sanitario ed è connesso alla sua attività rispetto ad una terapia intensiva o una sala professionale). operatoria. Quando parliamo di rischio in campo sanitario In riferimento alla teoria dei sistemi si definisce s'intende lo possibilità che un paziente subisca un sistema complesso, un insieme in cui gli elementi "danno o disagio involontario, imputabile, alle subiscono continue modifiche singolarmente cure sanitarie, che causa un prolungamento del prevedibili, ma di cui non è possibile, o è molto periodo di degenza, un peggioramento delle difficile, prevederne uno stato futuro. condizioni di salute o la morte". L'aumento della complessità delle aziende a cui Quindi quando si parla di rischio si fa riferimento ha corrisposto una numerosità e complessità alla probabilità che si verifichi un evento avverso.

17 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 16 L'errore può causare un evento avverso, cioè un evento indesiderabile che comporta un danno al paziente non dovuto alle sue condizioni cliniche, ma correlato al processo assistenziale. L'evento avverso è, quindi, per sua natura, indesiderabile, non intenzionale, dannoso per il paziente; l'evento avverso derivato da errore è definito "prevenibile". Pertanto lo prevenzione dei rischi connessi alle attività sanitarie (tutte le possibili prestazioni erogate nei vari servizi e reparti aziendali) riveste particolare importanza per: il valore della salute e della vita dell'essere umano (con focus sull'assistito!; lo tutela degli operatori sanitari (con focus sugli operatori); lo riduzione dei costi sanitari ed assicurativi (con focus suil'azienda). Ai fini della identificazione delle misure di prevenzione da attuare, grande importanza riveste non solo l'analisi degli eventi avversi, ma anche quella dei quasi eventi o near miss. Nella guida ISO/IEC 73: 2001 il "Risk Management" viene identificato come "l'insieme delle attività coordinate per gestire un' organizzazione con riferimento ai rischi; tipicamente include lo valutazione, il trattamento, l'accettazione e lo comunicazione del rischio, inteso come combinazione della probabilità che un evento-danno accada e delle conseguenze relative a fronte di un pericolo. La gestione del rischio sottende una attività preliminare di identificazione e valutazione dei rischi: in particolare rischi introdotti da luoghi di lavoro (locale impianti, microclima), da dispositivi (attrezzature, macchine, etc), da sostanze (chimiche e biologiche) e dal paziente (movimentazione manuale paziente, rischio biologico)e rischi connessi all'organizzazione (ergonomia postazione di lavoro, lavoro notturno, lavoratrici madri, stress). Quando si esegue un' attività vengono coinvolti diversi fattori: luogo di lavoro, sostanze, dispositivi e persone. Pertanto il rischio è correlato alla pericolosità di ciascuno di essi ed alla loro interazione. Ovvero l'unione dei vari elementi che concorrono allo svolgimento di una attività sono i pericoli potenziali dell'attività stessa. Per esempio volendo identificare per poi valutare quelli che sono i rischi per un operatore infermieristico di sala operatoria dovremmo considerare: rischio biologico (interazione con materiale biologico, sangue, urine del paziente), chimico, (utilizzo formalina per prelievi istologici, farmaci anestetici), movimentazione manuale del paziente, radiazioni ionizzanti e non, ovvero radiazioni ottiche artificiali, laser, rischio elettrico per utilizzo di apparecchiature elettromedicali, rischi organizzativi, lavoro notturno, stress, ecc. La fase successiva all'identificazione dei rischi è quella della valutazione al fine di portare il rischio ad una condizione di accettabilità, in quanto trattandosi di attività sanitaria essa è intrinsecamente rischiosa, pertanto è impossibile eliminare lo fonte di pericolo. James Reason propone di analizzare l'errore attraverso il modello del formaggio svizzero: Questo modello descrive le organizzazioni come una serie di fette di formaggio svizzero che scivolano l'una sull'altra. I buchi nelle fette di formaggio sono costituiti dalle folle nelle barriere difensive. L'errore si compie per lo coincidenza delle falle presenti sia a livello delle singole professionalità, sia a livello organizzativo. Nell'organizzazione sono presenti "errori latenti" e cioè:

18 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 17 errori legati alle tecnologie (es. errori di progettazione, mancata manutenzione, insufficiente addestramento all'uso, etc); errori gestionali leso non corretta distribuzione dei carichi di lavoro, una pressione temporale eccessiva, ecc.); errori o meglio carenze di leadership (es. non chiarezza sui compiti, sugli obietti vi e sulle responsabilità, la mancata motivazione del personale, etc.). Sono poi presenti gli "errori attivi" e cioè quelli umani. Tali errori sono di vario tipo e si basano su tre tipi fondamentali di azioni correlate a meccanismi cognitivi: azioni skill based si riferiscono a compiti svolti in modo automatico in virtù della ripetitività del compito stesso; comportano scarso coinvolgimento cognitivo e possono comportare errori di tipo slips (azione diversa dall'intenzione) e lapsus (fallimento della memoria); azioni "rule based": si basano su regole seguite o su precedenti esperienze. Intervengono quando non è utilizzabile il processo skill based e richiedono un maggior impegno cognitivo. Possono comportare errori di tipo rule based mistakes (errore nella pianificazione dell'azione conseguente a giudizio sbagliato; azioni "knowledge based": conseguenti a ragionamento, inferenza, giudizio e/o valutazione; richiedono pertanto elevato impegno cognitivo e possono comportare errori di tipo knowledge based mistakes (per mancanza di conoscenze o scorretta applicazione delle stesse). La pratica o esperienza può modificare il tipo d'errore nel quale può incorrere l'operatore. La conoscenza di tali fenomeni assume grande significato dato che offre indicazioni chiare per prevenire gli errori stessi attivando "un sistemo di difese" Il primo passo da compiere nella gestione del rischio è la valutazione dei rischi esistenti o potenziali nelle nostre organizzazioni. Pertanto è necessario effettuare una mappatura di questi. A tal fine sono utilizzati diversi strumenti che andremo ad esplicitare di seguito. STRUMENTI UTILIZZATI PER LA MAPPATURA DEI RISCHI MAPPATURA ED ANALISI DEI RISCHI. Con questo termine si intendono tutte le attività tese a identificare i "rischi clinici" ed i "rischi sanitari". La mappatura è svolta attraverso una metodologia precisa finalizzata allo studio dei rischi identificati, delle cause e degli eventi avversi e che prevede: l'identificazione del percorso dell'assistito a partire dall'ingresso nell'unità operativa fino alla sua uscita l'identificazione dei processi assistenziali principali a cui viene sottoposto, l'identificazione di tutti i momenti/eventi presenti nei processi assistenziali, che possono presentare per lui un rischio clinico e/o un rischio sanitario. La metodologia ricorre a due tipologie di analisi: un'analisi di tipo reattivo ed una d i tipo proattivo. 1. L'analisi reattiva prevede uno studio a posteriori degli errori o degli eventi avversi ed è mirata ad individuare le cause che hanno permesso il loro verificarsi. L'analisi di un incidente va condotta, quindi, a ritroso rispetto alla sequenza temporale che lo ha generato, individuando i fattori di rischio e le cause profonde, organizzative che lo hanno generato. 2. L'analisi proattiva mira all'individuazione ed eliminazione dei punti di criticità del sistema prima che l'incidente si verifichi ed è basata sull'analisi dei processi che costituiscono l'attività e ne individua i punti critici con l'obiettivo di progettare sistemi sicuri (Reason, ). MODALITÀ DI ANALISI REATTIVA Gli strumenti/approcci usati dall analisi reattiva Incident Reporting maggiormente utilizzati sono:

19 L infermiere Lucano ANNO XX n. 1/2012 pag 18 Utilizzo dei dati amministrativi e informativi Gli indizzi Le Review Root Causes Analysis (RCA) Tratteremo solo del primo: l Incident Reporting è la raccolta volontaria di schede anonime per la segnalazione di eventi avversi, errori e near misses (ossia incidenti potenziali, che non si sono verificati per mera casualità). Attraverso le schede di segnalazione degli errori e dei possibili errori si possono raccogliere una serie di informazioni fondamentali per tracciare il percorso che ha permesso il verificarsi dell'evento avverso. Le informazioni richieste per ogni evento riguardano: Il luogo d'accadimento (sala operatoria, pronto soccorso, ambulatorio, ecc.). Le persone coinvolte (pazienti, medici, infermieri). Chi ha individuato l'evento (medico, infermiere, paziente). La tipologia della prestazione fornita. La gravità dell'evento (grave se causa lo morte, medio se comporta invalidità permanente, lieve se provoca al paziente solo disturbi temporanei e limitati). Si raccolgono, inoltre, le informazioni sulla percezione delle cause da parte di chi li segnala (fattori umani, organizzativi, tecnologici). Per poter effettuare una valutazione globale del fenomeno è necessario definire sistemi di report standard. Le segnalazioni sono valutate da esperti che sono in grado, poi, di diffondere le raccomandazioni per il cambiamento nei sistemi, nei processi e nei prodotti. In Italia, l Incident Reporting ha un impatto ancora limitato infatti solo una minoranza di eventi avversi viene segnalata mediante report. Questo perchè ancora non si è capito che aderire ad un sistema non vuol dire colpevolizzare nessuno ma utilizzare il sistema è e deve essere importate per attenzionare e valutare quali gli interventi utili e correttivi per evitare altri errori. Grande rilevanza può avere le figura del Dirigente Infermiere e dei coordinatori infermieri di CONCLUSIONI UU.OO. nella politica della sicurezza in ambito sanitario ospedaliero, territoriale e domiciliare. Questo passa attraverso la diffusione della cultura del rischio clinico, attraverso momenti formativi e di incontri volti alla sensibilizzazione del personale infermieristico nel prevenire gli eventi avversi operando con prudenza, elaborando, condividendo e facendo rispettando gli standard di qualità delle attività assistenziali erogate. Bibliografia Rischio clinico e sicurezza del paziente S. Nuti, R. Tartaglia, F. Niccoli, edit. Il Mulino Gestione del Rischio Clinico Franco Angeli, Perrella G., Leggeri R. Gestione del rischio clinico. Dalla consapevolezza alla sicurezza M. Fiorani, G. Forgeschi. Direzione - Redazione - Amministrazione: Via S.Remo, 88 # Potenza # Tel. E fax 0971/ Direttore Responsabile: D.A.I. VITO MILIONE Comitato di redazione: Milione Vito, Silvano Giuseppe, Pagliuca Giuseppina, Di Lascio Vincenzo, Salandra Giulia, Grasso Enza, Bruno Carmelina, Gilio Isabella, Galasso Pierangelo, Telesca Luigi, Prisco Pietro, Labriola Francesco, Brienza Rosa, Forte Raffaele, Fraudatario Mario, Summa Donato, Vigorito Immacolata, Martinelli Nicola, Corona Graziella Autorizzazione Tribunale di Potenza n.199 del

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