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1 INDICE PREMESSA... 1 L INIZIALE ANALISI SWOT E LA SUA RIDISCUSSIONE A METÀ PERCORSO... 2 La filiera lattiero-casearia... 7 La filiera carni La filiera vitivinicola La filiera olivicola La filiera ortofrutticola La filiera florovivaistica La filiera cerealicola L economia rurale Lo stato dell ambiente AGRICONSULTING pag. i

2 PREMESSA Nel presente documento, elaborato dal Valutatore indipendente Agriconsulting S.p.A., dando seguito alla nota della Commissione n del luglio 2004, sono fornite integrazioni al Rapporto di Valutazione Intermedia del Piano di Sviluppo Rurale della Regione Lazio, consegnato alla Amministrazione committente nel dicembre A seguito dell analisi del Rapporto di valutazione intermedia, i servizi della Commissione sollecitano il valutatore a prendere atto delle osservazioni emerse in vista di un aggiornamento della valutazione intermedia nel Gli ambiti che necessitano di un ulteriore approfondimento in fase di valutazione intermedia riguardano l analisi SWOT iniziale e la sua ridiscussione a metà percorso. Per l aggiornamento degli indicatori strutturali e dell economia regionale sono state utilizzate le più recenti informazioni statistiche, in larga parte pubblicate nel La presente integrazione al Rapporto di valutazione intermedia (Allegato 1) fornisce un esame della validità attuale dell iniziale analisi SWOT, attraverso: - l aggiornamento degli indicatori strutturali e di performance del sistema agroalimentare e dei principali settori interessati dal PSR, nonché una sintesi delle implicazioni connesse alle recenti modifiche al sistema di concessione degli aiuti diretti, introdotte con il Regolamento (CE) n. 1782/2003; l aggiornamento evidenzia il generale acuirsi di alcuni elementi di debolezza del settore, quali l elevata polverizzazione e la bassa capacità di incremento di valore aggiunto, ma anche gli effetti dei processi di ristrutturazione aziendale che al momento consentono di mantenere adeguati livelli di produttività dei fattori terra e lavoro; - per ogni settore interessato dal PSR, in base all evoluzione delle caratteristiche strutturali ed economiche dei comparti interessati, vengono evidenziati gli scostamenti dall iniziale analisi SWOT richiamati gli interventi finanziati con il piano e fornita una prima previsione (qualitativa) degli effetti attesi. Tali effetti verranno approfonditi in fase di aggiornamento della valutazione intermedia nel Si prende atto delle osservazioni inerenti l individuazione dei livelli obiettivo, per gli indicatori contenuti nel questionario valutativo comune, e i quesiti valutativi a carattere orizzontale. Tali aspetti saranno trattati nell aggiornamento del rapporto di valutazione intermedia, nel In particolare, per quanto concerne i quesiti trasversali sarà possibile fornire alcune prime risposte degli effetti complessivi del Piano utilizzando sia le informazioni provenienti dalle indagini dirette realizzate dal Valutatore, sia dati secondari ricavabili da fonti statistiche e dal sistema regionale di monitoraggio del Piano. AGRICONSULTING pag. 1

3 L INIZIALE ANALISI SWOT E LA SUA RIDISCUSSIONE A METÀ PERCORSO Tra i compiti della Valutazione intermedia vi è stato quello di verificare se l analisi iniziale del contesto regionale di intervento, svolta nella fase di elaborazione del Piano, mantenga la sua validità alla luce dei successivi mutamenti che possono condizionare la coerenza degli obiettivi e l adeguatezza della strategia del Piano. Considerando le tendenze più recenti che emergono dall aggiornamento del contesto di intervento, gli obiettivi previsti dal PSR mantengono la loro validità evidenziando la necessità di razionalizzare e rendere più competitivi i sistemi agricoli ed agroindustriali del Lazio, indirizzandoli sempre più verso prodotti di qualità, di salvaguardare e valorizzare le condizioni ambientali, naturali e paesaggistiche dei territori agricoli e forestali e di offrire possibilità di reddito e di lavoro diversificati, nonché il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi alle zone rurali. In particolare, il quadro che emerge ha evidenziato: l indebolimento strutturale dell agricoltura laziale, già in atto fin dagli anni settanta, determinato dalla riduzione della superficie agricola, del lavoro erogato nelle aziende agricole e del numero di aziende agricole; nell ultimo decennio, tale riduzione interessa soprattutto le classi dimensionali intermedie, determinando un aumento dell incidenza del numero di aziende agricole con meno di un ettaro di SAU (che raggiunge il 57% circa nel 2000); tuttavia, per quanto riguarda il comparto zootecnico, i cambiamenti strutturali avvenuti negli anni novanta hanno determinato un aumento delle dimensioni medie degli allevamenti, in particolare di bovini e ovini, accompagnato da un accentuato tasso di mortalità aziendale che colpisce soprattutto le aziende con allevamenti di minori dimensioni; inoltre, anche gli accenni di minore rigidità del mercato fondiario, espressa dalla crescita del numero di aziende con terreni in affitto e della relativa superficie che queste utilizzano, appaiono in controtendenza con l andamento generale di accentuazione dei fenomeni di polverizzazione. La tabella 1 che segue aggiorna all anno 2000, dove possibile, gli indicatori strutturali e di performance, illustrati nel documento di Piano. Rispetto alle caratteristiche strutturali del settore agricolo, si conferma l elevata presenza di micro-aziende (meno di 5 ha) che rappresentano nel Lazio l 88% delle aziende agricole contro il 70% circa del Centro nord, mentre il peso dei conduttori anziani della regione sul totale è pari al 36% circa, incidenza anche se di poco inferiore a quella rilevata sia a livello nazionale (38% circa) che nel Centro nord (39%) e nel Mezzogiorno (38%). L incidenza dei consumi intermedi sulla produzione vendibile regionale, indicativa del grado di intensità delle tecniche produttive utilizzate, si mantiene su valori intermedi (pari al 31% circa) compresi tra quelli del Mezzogiorno (27%) e del Centro nord (37% circa); nella regione risulta invece relativamente bassa l incidenza degli investimenti realizzati in agricoltura rispetto al valore aggiunto settoriale (pari al 25% circa, contro il 38% del Centro nord e il 28% del Mezzogiorno) dato che mostra una minore capacità di ammodernamento strutturale dell agricoltura laziale. Oltre agli aspetti sopra ricordati, quali indici del processo di ristrutturazione in atto nel settore agricolo, si osserva il minore peso dell occupazione agricola rispetto al totale: nel Lazio, nel 2000, le unità lavorative in agricoltura rappresentano appena il 3,2% del totale, contro il 5% indicato per il 1996, fenomeno accompagnato, da un lato, dal minore impiego di SAU per azienda (3,4 ettari contro i 4,4 ettari del 1996) e, dall altro, dal considerevole incremento di SAU per unità di lavoro in agricoltura (10,3 ettari nel 2000 e 5,7 ettari nel 1996). Questi processi di ristrutturazione sono probabilmente alla base del generale incremento dei valori medi dei rapporti tra valore aggiunto e livelli di impiego dei fattori produttivi terra e lavoro in agricoltura; in particolare, rispetto al 1996, nel 2000 cresce sia il valore aggiunto per ettaro di SAU che, soprattutto, il valore aggiunto per unità lavorativa (rispettivamente del +8% e +61%). AGRICONSULTING pag. 2

4 L incidenza dell industria alimentare, delle bevande e del tabacco nel sistema economico del Lazio, in termini di valore aggiunto, registrata nel 2000 rispetto al valore aggiunto totale dell industria regionale, è del 6,3% e contribuisce per il 5,5% alla formazione del valore aggiunto nazionale del comparto. L industria alimentare del Lazio mostra una modesta capacità di effettuare investimenti che, nel 2000, incidono sul valore aggiunto prodotto per il 21,2%, rispetto al dato nazionale del 26,1%. Tuttavia, le imprese alimentari laziali, pur se di limitata importanza nel sistema economico regionale, evidenziano una buona tenuta nella capacità di produrre valore aggiunto per unità lavorativa che, nel 2000, è di euro, rispetto ai circa euro/ul registrati a livello nazionale. Tale risultato è probabilmente determinato dalla corrispondenza tra contrazione del valore aggiunto e dimensione, in termini di n. di addetti, delle imprese alimentari della regione. La dimensione limitata è confermata anche dalla tipologia di impresa, nel Lazio prevalgono nettamente le ditte individuali e le società di persone, mentre le cooperative, che rappresentano appena il 3% delle imprese alimentari, interessano in particolare il settore oleicolo (35%) e delle bevande (21%). Secondo i dati rilevati con l ultimo Censimento dell industria e dei servizi (2001) le imprese alimentari del Lazio operano prevalentemente (77%) nella fabbricazione di altri prodotti alimentari, dove è preponderante la presenza di piccole imprese individuali e/o familiari nei settori della panetteria e delle paste alimentari; gli altri comparti produttivi interessati sono l oleicolo (7%), delle carni (4%), il lattiero-caseario (3%), la lavorazione delle granaglie e dei prodotti amidacei (3%), la lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi (2%) e il vinicolo (2%). Rispetto al 1991, nell ultimo decennio si registra un incremento sia delle imprese (+11%) che degli addetti (+2%) operanti nel settore delle industrie alimentari e delle bevande, a cui si contrappone una diminuzione del numero degli addetti per impresa (-8%); da tale andamento generale si discosta in particolare il comparto della lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi, dove si registra un incremento sia del numero di imprese (+22%) che di addetti per impresa (+9%), mentre per l olio d oliva al decremento del numero di imprese (- 9%) corrisponde un aumento degli addetti per impresa (+18%). Nel decennio considerato, il numero delle cooperative è rimasto pressoché invariato (da 111, nel 1991, a 108, nel 2001) e sono concentrate nella fabbricazione di oli (35%) e nell industria delle bevande (21%). Infine, rispetto alla localizzazione, le imprese si concentrano prevalentemente nella provincia di Roma, fatta eccezione per i comparti della lavorazione delle granaglie (il 49% fanno riferimento alla provincia di Frosinone), della lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi (48% nella provincia di Latina) e della fabbricazione di prodotti per l alimentazione animale (33% in provincia di Rieti). Il commercio estero regionale dei prodotti agroalimentari presenta un saldo normalizzato fortemente negativo; il deficit (secondo in Italia dopo quello della Lombardia per importanza) è dovuto per il 70% circa al commercio dei prodotti alimentari. Negli ultimi anni (2001/2002) gli scambi con l estero mostrano un evoluzione positiva delle esportazioni di prodotti trasformati, mentre aumentano le importazioni di prodotti agricoli. AGRICONSULTING pag. 3

5 Tab. 1 - Il sistema agroalimentare (anno 2000) Indicatori strutturali Lazio Italia Centro Nord Mezzogiorno Consumi alimentari/ PIL 9,7% 10,3% 9,1% 14,3% Consumi alimentari/ Consumi totali 16,1% 16,9% 15,4% 20,7% VA industria alimentare/ VA sistema agroalimentare 40,9% 42,3% 47,7% 31,5% VA agricoltura/ VA totale 1,7% 2,9% 2,3% 4,7% UL agricoltura/ UL totali 3,2% 5,7% 4,0% 10,3% VA industria alimentare/ VA industria 6,3% 7,3% 6,6% 10,2% VA agricoltura regione (circoscrizione)/ VA agricoltura Italia 5,8% 100,0% 60,5% 39,5% VA industria alimentare regione (circoscrizione)/ VA industria alimentare Italia 5,5% 100,0% 75,2% 24,8% SAU/ SAT 67,7% 67,4% 63,4% 74,0% SAU/ azienda (Ha) 3,4 5,1 6,5 3,6 Dimensione media allevamenti bovini (n. capi/ azienda) 22,0 35,2 41,9 21,7 Dimensione media allevamenti ovini (n. capi/ azienda) 48,8 70,2 50,0 83,0 Dimensione media allevamenti suini (n. capi/ azienda) 4,7 44,1 95,3 6,7 Aziende agricole con conduttore di età > 65 anni (% sul totale) 36,1% 38,4% 39,0% 38,0% Aziende agricole < 5 Ha (% sul totale) 88,0% 77,7% 70,2% 83,4% Superficie delle aziende agricole < 5 Ha (% sul totale) 21,7% 14,5% 10,9% 19,6% SAU per UL agricoltura (Ha) 10,3 9,8 10,7 8,9 Superficie irrigabile/ SAU 20,7% 29,4% 37,2% 19,8% SAU pianura/ SAU totale 19,3% 31,9% 40,4% 21,5% PV regione (circoscrizione)/ PV Italia 5,6% 100,0% 63,8% 36,2% PV viticoltura/ PV totale 8,7% 8,3% 7,8% 9,2% PV olivicoltura/ PV totale (anni 1999/2000) 5,1% 5,5% 1,3% 12,7% PV frutticoltura/ PV totale 7,5% 6,3% 6,7% 5,6% PV allevamenti/ PV totale 28,1% 32,8% 40,4% 19,4% VA agricoltura per ettaro di SAU (Euro) 2.391, , , ,85 VA agricoltura per UL (Euro) , , , ,71 VA industria alimentare per UL (Euro) , , , ,39 Investimenti fissi lordi agricoltura/ VA agricoltura 25,3% 34,5% 38,4% 28,5% Investimenti fissi lordi agricoltura/ Investimenti fissi lordi totali 2,1% 4,5% 4,0% 5,7% Investimenti fissi lordi industria alimentare/ VA industria alimentare 21,2% 26,1% 24,6% 30,3% Finanziamenti oltre il breve termine in agricoltura/ Totale Italia 4,6% 100,0% 78,8% 21,2% Consumi intermedi agricoltura/ PV 30,9% 33,3% 36,7% 27,2% Esportazioni agricoltura regione (circoscrizione)/ Totale Italia 3,4% 100,0% 67,2% 32,8% Esportazioni industria alimentare regione (circoscrizione)/ Totale Italia 2,3% 100,0% 82,3% 17,7% Importazioni agricoltura regione (circoscrizione)/ Totale Italia 5,5% 100,0% 83,7% 16,3% Importazioni industria alimentare regione (circoscrizione)/ Totale Italia 6,6% 100,0% 88,1% 11,9% Saldo normalizzato bilancia agroalimentare -57,9% -21,1% -25,6% 1,3% Spesa per l'attività di ricerca e sperimentazione in agricoltura delle Regioni e degli Istituti sperimentali/ Totale Italia 2,3% 100,0% 83,2% 16,8% Fonte: Istat (V Censimento generale agricoltura; Valore aggiunto dell agricoltura; Conti regionali); Inea (Annuario dell agricoltura italiana; Il commercio con l estero dei prodotti agroalimentari) AGRICONSULTING pag. 4

6 L aggiornamento dei dati di contesto, oltre a confermare i punti di forza e di debolezza, le opportunità e minacce inizialmente individuate con l analisi SWOT inclusa nel PSR e di seguito riportata, evidenzia per il settore agricolo, da un lato, l acuirsi di alcuni elementi di debolezza, quali l elevata polverizzazione aziendale e la bassa capacità di incremento del valore aggiunto, e, dall altro, il mantenimento dei livelli di produttività dei fattori terra e lavoro, misurata attraverso gli indici valore aggiunto per ettaro di SAU e valore aggiunto per unità di lavoro agricolo, quale probabile risultato dei processi di ristrutturazione/ ridimensionamento del settore; a valle del settore primario, l industria alimentare laziale si caratterizza per le dimensioni limitate (in media 6,7 addetti/impresa; 7,7 il dato nazionale e 8,6 quello del Centro nord), la scarsa capacità di investimento, le difficoltà di sviluppo del sistema cooperativo e, più in generale, di organizzazione dell offerta e di collocazione della produzione sui mercati extra-regionali. PUNTI DI FORZA presenza di un nucleo forte di aziende agricole professionali ad alta redditività; presenza di un alto numero di aziende medio piccole suscettibili di sviluppo differenziato nel reddito; presenza di svariate produzioni laziali, soprattutto trasformate, con buona validità sui mercati internazionali; coincidenza per alcune produzioni tra specializzazione produttiva agricola e agro industriale. OPPORTUNITÀ diversificazione delle fonti di reddito nelle aziende agricole; plurifunzionalità delle aziende agricole; possibilità di valorizzazione di alcuni prodotti tipici laziali; aumento del potere contrattuale delle piccole imprese di trasformazione attraverso l introduzione di sistemi di qualità; possibilità di uno sviluppo agro industriale basato su filiere territoriali. PUNTI DI DEBOLEZZA forte presenza di aziende di piccolissime dimensioni; forte presenza di aziende condotte da anziani; bassa incidenza degli investimenti realizzati in agricoltura rispetto al VA settoriale; carente gestione dell offerta da parte delle associazioni di produttori; basso potere contrattuale e scarsa autonomia di molte piccole imprese di trasformazione in conto terzi e senza marchio. MINACCE rischio di perdita del vantaggio competitivo acquisito in alcuni comparti in assenza di un tempestivo adeguamento al sistema di qualità previsto dalla normativa europea sulla certificazione; la riduzione della protezione del mercato UE dalle importazioni e riduzione dei sussidi alle esportazioni determina rischi di peggioramento della bilancia commerciale; la riduzione del sostegno per alcune produzioni mediterranee derivante dalla PAC può rappresentare un ostacolo alla crescita della competitività del settore. Alle valutazioni sopra ricordate si aggiungono i potenziali impatti sugli ordinamenti colturali, sui redditi delle aziende e sul mercato fondiario derivanti dalle recenti modifiche al sistema di concessione degli aiuti diretti della PAC. Le disposizioni ministeriali per l attuazione della riforma della politica agricola comune (DM , n. 1787) prevedono l applicazione a livello nazionale, dal 1 gennaio 2005, del regime di pagamento unico secondo le modalità previste dagli articoli da 33 a 57 e 62 del regolamento CE 1782/2003. Preoccupazioni in merito all impatto dell applicazione della riforma della PAC sono emerse nel corso degli incontri Mipaf-Regioni dove, sulla base di studi e proiezioni effettuati ai diversi livelli (nazionale, regionali), con il disaccoppiamento totale degli aiuti diretti si prevede, da un lato, un incremento di efficienza e flessibilità delle imprese rispetto agli andamenti di mercato, e quindi un maggiore potere negoziale degli agricoltori nelle contrattazioni di filiera, e, dall altro, rischi di riduzione delle produzioni (COP, carni bovine, ovine e caprine), di perdita della capacità di approvvigionamento da parte dell industria alimentare e di disattivazione delle attività cerealicole o zootecniche. Queste ultime in particolare nelle aree marginali e tra gli allevatori anziani, con un accelerazione delle tendenze in atto di riduzione delle mandrie e delle greggi e di perdita del patrimonio genetico. AGRICONSULTING pag. 5

7 In particolare, nel Lazio, in base ai risultati di analisi( 1 ) condotte su aziende agricole (OTE seminativi) localizzate nell area collinare della provincia di Viterbo, si stima che il disaccoppiamento totale potrebbe determinare: - una modifica degli ordinamenti produttivi con una riduzione significativa delle colture COP, in particolare del grano duro, il drastico aumento delle superfici foraggere e la comparsa di un limitato ammontare di superfici non coltivate ; - sotto l ipotesi di costanza dei prezzi, una riduzione degli aiuti diretti percepiti che tuttavia viene ampiamente recuperata dall aumento dei redditi al netto degli aiuti in modo da determinare un limitato ma positivo incremento dei redditi lordi aziendali ; - infine, sul mercato fondiario, l estrema eterogeneità delle situazioni, dalla terra senza diritti a quelle con diritti, suggerisce che le transazioni tra aziende, nonché la gestione della riserva nazionale, potrebbe risultare alquanto complicata determinando una estrema segmentazione del mercato e, quindi, elevati costi di transazione. Rispetto a tali dinamiche, appare ancora più significativa l azione svolta dal PSR di miglioramento delle condizioni di allevamento, di valorizzazione qualitativa delle produzioni e di diversificazione delle attività economiche, in particolare nelle zone rurali interne della regione. Il PSR interviene su diverse filiere della produzione, tra cui quella lattiero-casearia, delle carni, la filiera vitivinicola, olivicola e dell ortofrutta sono le principali. Nell ultimo decennio l evoluzione del valore della produzione agricola rivela performance regionali di segno negativo in molti comparti. In particolare, i cereali e le produzioni foraggere evidenziano una pesante contrazione la quale ha inciso notevolmente sull andamento complessivo a causa dell importanza di questi comparti in termini di quota della PLV complessiva regionale. Andamento negativo, anche se meno pronunciato, si segnala anche per gli ortaggi, i quali incidono particolarmente sulla performance aggregata in quanto da soli concorrono per circa un quinto alla formazione del valore della produzione agricola regionale. Anche i vini mostrano un andamento decisamente debole con un valore dell indice pari ad 87. Diverso è il caso delle produzioni zootecniche che, come si è visto, attraversano un profondo processo di riorganizzazione che se da un lato determina la chiusura di molti allevamenti, dall altro rappresenta un occasione di modernizzazione e consolidamento per le aziende sopravvissute. La tenuta di tali produzioni nel corso degli anni novanta è testimoniata dai tassi di crescita ampiamente positivi, comparabili a quelli registrati a livello nazionale. A questo proposito si segnala l andamento delle carni (+22%) che, grazie al peso consistente del comparto (17% della PLV regionale) contribuisce non poco ad arginare la contrazione della PLV a prezzi costanti dovuta agli andamenti negativi dei comparti prima analizzati. Evoluzione del valore della produzione agricola a prezzi costanti 1995 (1990=100) Produzione agricola Lazio Italia Lazio Italia 2000 (1990=100) quota % al 2000 Coltivazioni agricole ,6 61,6 Erbacee ,1 35,1 - Cereali ,9 14,0 - Patate e ortaggi ,5 13,3 - Coltivazioni Industriali ,5 3,5 - Fiori e piante da vaso ,1 4,2 - Coltivazioni foraggere ,5 4,6 ( 1 ) Simone Severini, Università della Tuscia (Viterbo). Il disaccoppiamento degli aiuti diretti della PAC: alcune valutazioni in merito all accordo di Giugno (2003). AGRICONSULTING pag. 6

8 (segue) Evoluzione del valore della produzione agricola a prezzi costanti 1995 (1990=100) Produzione agricola Lazio Italia Lazio Italia 2000 (1990=100) quota % al 2000 Legnose ,0 21,9 - Prodotti vitivinicoli ,3 6,8 - Prodotti dell'olivicoltura ,8 4,9 - Frutta ,9 8,5 - Altre legnose ,9 1,6 Allevamenti ,1 33,5 Prodotti zootecnici alimentari ,1 33,5 - Carni ,8 21,5 - Latte ,0 10,0 - Uova ,3 2,0 - Miele ,0 0,0 Prodotti zootecnici non alimentari ,1 0,0 Servizi annessi ,3 4,9 Totale produzione dell agricoltura ,0 100,0 Fonte Istat La filiera lattiero-casearia La filiera lattiero-casearia riveste una certa importanza nel panorama regionale per il peso assunto dal valore delle produzioni di latte sul valore totale della produzione agricola regionale (11,5% circa nel periodo ). In particolare il Lazio si distingue per le produzioni di latte ovino e di capra, che complessivamente costituiscono il 10% circa della produzione nazionale, e, dopo la Campania, per la presenza di allevamenti di bufali. Alla data del V Censimento generale dell agricoltura (Istat 2000) nella regione sono allevati capi bovini, in aziende (in media 22 capi/azienda); le aziende con vacche da latte sono e contano vacche da latte (in media 22 per allevamento). Nella regione Lazio si conta quindi il 4,4% circa degli allevamenti e delle vacche da latte presenti sul territorio nazionale. Le vacche da latte sono concentrate soprattutto nelle province di Roma e Latina, in particolare gli allevamenti romani presentano dimensioni medie relativamente elevate. La provincia di Frosinone mostra invece una maggiore polverizzazione degli allevamenti di bovini da latte, di minore consistenza (in media 9 vacche da latte per allevamento). Rispetto agli allevamenti di bufali, nel Lazio è presente il 29% di quelli rilevati sul territorio nazionale dall ultimo Censimento generale dell agricoltura. L allevamento di bufali risulta caratteristico delle province di Frosinone e, soprattutto, di quella di Latina, sia per il numero di capi che vi sono allevati (60% circa del totale regionale) che per la dimensione relativamente elevata degli allevamenti. AGRICONSULTING pag. 7

9 Lazio Allevamenti bovini Aziende con allevamenti bovini di cui Aziende con vacche da latte Vacche da latte Vacche da latte/ azienda (a) n. % (b) n. % (c) n. % (c/b) n. Frosinone ,92% ,89% ,19% 9 Latina ,71% ,68% ,28% 25 Rieti ,10% 301 8,55% ,05% 23 Roma ,49% ,64% ,21% 45 Viterbo 954 8,77% 255 7,24% ,27% 34 Totale ,00% ,00% ,00% 22 Aziende con di cui Aziende con Bufale/ Bufale Lazio - Allevamenti bufalini allevamenti bufalini bufale azienda (a) n. % (b) n. % (c) n. % (c/b) n. Frosinone ,95% ,88% ,52% 23 Latina ,34% ,89% ,73% 54 Rieti 5 0,77% 5 0,85% 485 2,24% 97 Roma 15 2,32% 10 1,70% 389 1,79% 39 Viterbo 4 0,62% 4 0,68% 155 0,71% 39 Totale ,00% ,00% ,00% 37 Fonte: Istat V Censimento generale dell agricoltura Rispetto al dato nazionale, nella regione Lazio si concentra il 13% circa delle aziende con allevamenti ovini e il 9,6% delle pecore. Le aziende con allevamenti ovini sono diffuse soprattutto nella provincia di Frosinone mentre a Viterbo, dove ricade il maggior numero di pecore, gli allevamenti presentano dimensioni medie più elevate. L allevamento specializzato da latte caratterizza le province di Roma e Viterbo dove si concentrano rispettivamente il 25% e il 53% delle pecore da latte presenti nella regione, e dove gli allevamenti raggiungono dimensioni medie superiori alle 200 pecore da latte/ azienda specializzata. Infine, l allevamento di capre interessa nella regione oltre aziende localizzate prevalentemente nella provincia di Frosinone. Nelle restanti province gli allevamenti sono di dimensioni superiori alla media, da capre/ azienda, nelle province di Viterbo e Latina, a 16 capre/ azienda, nelle province di Roma e Rieti. Aziende con di cui Aziende con Pecore/ Pecore Lazio - Allevamenti ovini allevamenti ovini pecore azienda (a) n. % (b) n. % (c) n. % (c/b) n. Frosinone ,75% ,43% ,96% 11 Latina 464 3,56% 428 3,61% ,50% 62 Rieti ,78% ,93% ,14% 41 Roma ,97% ,41% ,89% 99 Viterbo ,94% ,61% ,51% 178 Totale ,00% ,00% ,00% 49 Aziende con di cui Aziende con Capre/ Capre Lazio - Allevamenti caprini allevamenti caprini capre azienda (a) n. % (b) n. % (c) n. % (c/b) n. Frosinone ,65% ,77% ,50% 7 Latina ,81% ,06% ,10% 24 Rieti 333 9,67% 251 9,83% ,81% 16 Roma ,68% ,45% ,41% 16 Viterbo 213 6,19% 176 6,89% ,18% 23 Totale ,00% ,00% ,00% 12 Fonte: Istat V Censimento generale dell agricoltura AGRICONSULTING pag. 8

10 Nel 2001, l industria lattiero-casearia interessa in totale 126 imprese, di cui il 6% circa cooperative. La produzione di derivati del latte avviene in 107 imprese che impiegano addetti, rispetto al dato rilevato nel 1991 all aumento del numero di imprese si contrappone una diminuzione del numero di addetti per impresa. Lazio Imprese e addetti nell industria lattiero-casearia Var. % N. imprese % - di cui produzione dei derivati del latte % N. addetti % - di cui produzione dei derivati del latte % N. addetti/ impresa % - di cui produzione dei derivati del latte % Fonte: Istat 8 Censimento dell'industria e dei servizi Nel periodo , le produzioni di latte vaccino e bufalino hanno contribuito per il 9% circa al valore della produzione regionale dell agricoltura ai prezzi di base costanti 1995 (in media pari a circa milioni di Euro/anno). La produzione regionale di latte vaccino e bufalino, media annua per il periodo , si colloca intorno a 5,5 milioni di ettolitri (5% circa dei quantitativi di latte vaccino e bufalino prodotti in media ogni anno in Italia nel periodo ). Il valore medio annuo della produzione regionale calcolata a prezzi costanti 1995 si colloca intorno a 195 milioni di Euro (5% circa del valore della produzione nazionale media annua ). I volumi e il valore della produzione di latte di vacca e di bufala a prezzi costanti (1995) nel Lazio sono cresciuti nel periodo (+6,6%) mentre modesti incrementi si sono registrati a livello nazionale (+0,74%). Il peso del valore della produzione rispetto al dato nazionale è del 5% circa e risulta tendenzialmente un aumento nel periodo considerato. Di contro si è assistito ad una notevole riduzione dei volumi e del valore a prezzi costanti 1995 della produzione di latte di pecora e di capra a livello regionale, attestato mediamente nel periodo intorno ai 46 milioni di euro, con una perdita rispetto alla media del 21%. Risulta in diminuzione anche il peso del valore della produzione regionale rispetto al dato complessivo nazionale (-2,5% circa). Comunque, nel , il 10% circa del valore della produzione italiana di latte ovicaprino proviene dalla regione Lazio confermando la relativa importanza che riveste il comparto ovicaprino regionale. Produzione Media Media Var. % Contributo anni Contributo anni Latte di vacca e di bufala Quantità in 000 hl Lazio ,60% 4,93% 5,22% Italia ,74% 100,00% 100,00% Valori in 000 di Euro a prezzi costanti 1995 Lazio ,60% 4,98% 5,27% Italia ,74% 100,00% 100,00% Latte di pecora e capra Quantità in 000 hl Lazio ,00% 13,07% 10,48% Italia ,41% 100,00% 100,00% Valori in 000 di Euro a prezzi costanti 1995 Lazio ,00% 13,07% 10,47% Italia ,39% 100,00% 100,00% Fonte: Elaborazioni su dati Istat AGRICONSULTING pag. 9

11 A livello regionale l andamento dell import-export di latte e dei suoi derivati presenta un saldo commerciale negativo sia in volume che in valore in tutto l arco temporale considerato ( ). Le importazioni, in valore, sono diminuite del 12,6% mentre le esportazioni hanno fatto registrare un incremento del 39% a fronte di una crescita in volume del 15% circa. Quindi, nonostante l evidente rialzo dei prezzi all esportazione, la risposta del mercato appare positiva per il generale apprezzamento dei prodotti lattiero-caseari regionali all estero; ciò in particolare per il comparto dei formaggi duri, che all interno della bilancia commerciale del settore presentano una tendenza alla crescita delle esportazioni, sia in volume che in valore. Lazio - Commercio estero regionale Tendenza (*) Var % del latte e dei suoi derivati Volume (Tons) Esportazioni 6.721, , ,17 14,80% + Importazioni , , ,45-39,08% - Saldo (Esportazioni Importazioni) , , ,28-41,70% + Valore (000 euro) Esportazioni , , ,39 39,44% + Importazioni , , ,97-12,58% - Saldo (Esportazioni Importazioni) , , ,58-23,04% + (*) dati provvisori Fonte: Elaborazioni Ismea su dati Istat L analisi conferma in generale i punti di forza e di debolezza evidenziati nel documento di Piano e di seguito riportati. In particolare, se in alcune province è confermata la rilevanza dell allevamento bufalino (Frosinone e Latina) e ovino da latte (Roma e Viterbo), si evidenziano le piccole dimensioni medie degli allevamenti localizzati in provincia di Frosinone. Il Lazio presenta in generale una buona partecipazione alla produzione nazionale del comparto, anche se negli ultimi anni risulta in calo il contributo regionale di latte ovicaprino quale conseguenza del ridimensionamento del comparto avvenuto nell ultimo decennio. Il saldo del commercio estero regionale di latte e dei suoi derivati è in crescita in conseguenza del notevole aumento delle esportazioni (soprattutto in valore) rispetto alle importazioni che si presentano in diminuzione (soprattutto in volume). PUNTI DI FORZA forte rilevanza del patrimonio bufalino e di quello ovino laziali nel contesto nazionale; tendenza verso un aumento delle dimensioni degli allevamenti bovini e ovini in alcune province; elevata partecipazione del Lazio alla produzione industriale di latte nazionale; riconoscimento di due DOP (pecorino romano e mozzarella di bufala campana); esistenza di numerose produzioni suscettibili di valorizzazione tramite l ottenimento del DOP o dell IGP; vicinanza geografica con le aree campane di specializzazione produttiva della mozzarella di bufala campana e con le aree a forte vocazione turistica. OPPORTUNITÀ ampliamento dei mercati di sbocco delle mozzarella di bufala campana; mancanza di un regime di quote latte nel comparto bufalino. PUNTI DI DEBOLEZZA polverizzazione degli allevamenti; dotazioni tecniche degli allevamenti ovicaprini insufficiente; scarsissima presenza di centri di raccolta del latte; ridotta dimensione delle imprese casearie; scarso peso delle cooperative di trasformazione; presenza di un elevato numero di AP nel comparto bovino di dimensione ridotta in termini di produzione commercializzata; scarsa presenza della grande distribuzione nella commercializzazione dei prodotti lattiero-caseari; proliferazione di prodotti con marchi di piccole industrie; bilancia lattiero-casearia fortemente deficitaria. MINACCE incapacità di rispondere alla necessità di adeguamento alle norme igienico-sanitarie degli allevamenti ovicaprini; riduzione del consumo di latte e formaggi nel Lazio; riduzione delle restituzioni alle esportazioni del pecorino romano. AGRICONSULTING pag. 10

12 Rispetto alle domande finanziate nel primo periodo di attuazione del Piano ( ), le aziende con OTE specializzato nell allevamento di erbivori investono prevalentemente nell acquisto di macchine e attrezzature (51%) ma anche nel miglioramento di stalle e ricoveri per animali (21%). Ciò evidentemente per rispondere alla necessità di adeguamento e ristrutturazione degli allevamenti che, in particolare, riguarda le province di Frosinone e Rieti dove, rispettivamente, si concentra il 38% e il 39% degli interventi realizzati dalle aziende specializzate nell allevamento di erbivori. Gli investimenti nell industria lattiero-casearia (che fino al 2003 hanno interessato 18 imprese) riguardano soprattutto il miglioramento e la razionalizzazione degli impianti di lavorazione e trasformazione (76%) di raccolta e stoccaggio (12%). Ciò in una fase di evidente ristrutturazione del comparto che, se da un lato vede aumentare la specializzazione produttiva di alcune aree della regione soprattutto in relazione ai consumi interni di prodotti di qualità, dall altro, appare positivamente indirizzato verso il posizionamento sui mercati esteri delle produzioni regionali di formaggi duri (pecorini) e freschi (mozzarelle). La filiera carni Alla data del V Censimento generale dell agricoltura (Istat 2000) nella regione Lazio: - le aziende con vacche non da latte sono e contano vacche (in media 13 vacche per allevamento, dato simile a quello nazionale); l allevamento è diffuso soprattutto nella provincia di Rieti dove però le dimensioni medie sono inferiori alle 10 vacche per azienda, nelle province di Roma e Viterbo gli allevamenti presentano le consistenze medie più elevate (rispettivamente 22 e 27 vacche per azienda); - le aziende con allevamenti ovini assommano a con una consistenza pari in totale a capi ovini di cui pecore (le pecore non da latte sono , in aziende), la consistenza media degli allevamenti regionali (15 pecore non da latte per azienda) è inferiore al dato nazionale (26 pecore non da latte per azienda); l allevamento è diffuso nella provincia di Frosinone (in cui è localizzato quasi il 60% degli allevamenti con pecore non da latte, in media di bassa consistenza), negli allevamenti delle province di Rieti, Roma e Viterbo, di dimensioni medie maggiori, viene rispettivamente allevato il 23% circa delle pecore non da latte della regione; le aziende con caprini sono con capi in totale; - sono allevati capi suini distribuiti in aziende (pari a 5 capi/azienda contro i 44 capi per azienda registrati a livello nazionale); la distribuzione dei capi per tipologia indica l orientamento degli allevamenti regionali alla produzione del suino da ingrasso (che interessa il 97% circa delle aziende regionali con suini, contro il 93% di quelle nazionali); l allevamento risulta diffuso in tutta la regione, in particolare nella provincia di Frosinone, dove gli allevamenti presentano dimensioni medie estremamente ridotte (3 capi/ azienda), consistenze simili sono presenti anche nella provincia di Rieti, mentre, a Latina le aziende con allevamenti di suini (3,5% del totale regionale) presentano le dimensioni medie maggiori (20 capi/azienda); - infine, le aziende con allevamenti avicoli sono , di cui con allevamenti di polli da carne. Analizzando i dati sulla produzione regionale di carne bovina, suina e di pollame si evidenzia che: - la produzione regionale di carne bovina, media annua per il periodo , si colloca intorno a quintali (4,4% dei quantitativi di carne bovina prodotti in media ogni anno in Italia nel periodo ). Il valore medio annuo della produzione regionale calcolata a prezzi costanti 1995 si colloca intorno a 186 milioni di Euro. Il Lazio contribuisce quindi alla formazione del valore della produzione nazionale di carne bovina per il 5,1% (media della produzione ai prezzi di base degli anni ); rispetto al periodo , negli anni la produzione regionale di carne bovina ha subito un decremento sia in volume che in valore (-5,9%), mentre a livello nazionale le quantità prodotte si mantengono su livelli sostanzialmente simili ai precedenti; AGRICONSULTING pag. 11

13 - la produzione regionale di carne suina, media annua per il periodo , si colloca intorno a quintali di peso vivo (2% dei quantitativi di carne suina in peso vivo prodotti in media ogni anno in Italia nel periodo ); il valore medio annuo della produzione regionale calcolata a prezzi costanti 1995 si colloca intorno a 51 milioni di Euro, il Lazio contribuisce quindi alla formazione del valore della produzione nazionale di carne suina per il 2% (media della produzione ai prezzi di base degli anni ); rispetto al periodo , negli anni la produzione regionale di carne suina ha subito un incremento (+12,3%) superiore a quello complessivo nazionale (+7,1%), quindi, il valore delle carni suine ha avuto un incremento di oltre 12 punti percentuali, di gran lunga superiore all incremento fatto registrare a livello nazionale (+6,9%); - la produzione regionale di pollame, media annua per il periodo , si colloca intorno a quintali (2% dei quantitativi prodotti in media ogni anno in Italia nel periodo ); il valore medio annuo della produzione regionale calcolata a prezzi costanti 1995 si colloca intorno a 52 milioni di Euro, il Lazio contribuisce quindi alla formazione del valore della produzione nazionale di pollame per il 3% (media della produzione ai prezzi di base degli anni ); rispetto al periodo , negli anni la produzione regionale di pollame, così come quella nazionale, non ha subito variazioni di rilievo sia in volume che in valore. Produzione Media Media Var. % Contributo regionale al anni Contributo anni Carne bovina Peso vivo quantità in 000 q.li Lazio ,88% 4,74% 4,44% Italia ,48% 100,00% 100,00% Valori in 000 di Euro a prezzi costanti 1995 Lazio ,88% 5,44% 5,11% Italia ,29% 100,00% 100,00% Carne suina Peso vivo quantità in 000 q.li Lazio ,35% 1,91% 2,00% Italia ,12% 100,00% 100,00% Valori in 000 di Euro a prezzi costanti 1995 Lazio ,35% 1,99% 2,09% Italia ,88% 100,00% 100,00% Pollame Quantità in 000 q.li Lazio ,88% 2,00% 2,00% Italia ,72% 100,00% 100,00% Valori in 000 di Euro a prezzi costanti 1995 Lazio ,88% 2,95% 2,94% Italia ,71% 100,00% 100,00% Fonte: Elaborazioni su dati Istat Le statistiche relative alle consistenze ed alle macellazioni regionali per le diverse tipologie di allevamento nell anno 2000 mettono in evidenza quanto segue: - nel Lazio si trova il 2% del patrimonio bovino da macello presente sul territorio nazionale; il rapporto tra capi da allevamento e capi da macello (10 capi da allevamento per ogni capo da macello) è più elevato del dato nazionale (4 capi) e indica il prevalere nella regione della zootecnia bovina non da ingrasso; tra i capi bovini abbattuti nella regione, prevalgono i vitelloni sui manzi e sui vitelli a indicare una produzione orientata verso i soggetti con i maggiori rendimenti in carne; AGRICONSULTING pag. 12

14 - nella regione è allevato l 1% dei capi suini allevati in Italia, il peso dei suini all ingrasso sul totale dei capi allevati è del 76,8% (53% a livello nazionale); la produzione regionale è orientata ai suini grassi che costituiscono il 96% dei capi suini abbattuti nella regione (l 87% a livello nazionale) e rappresentano il 5% dei capi abbattuti in Italia; - rispetto al dato rilevato a livello nazionale, nella regione viene allevato il 9% dei capi ovicaprini totali, il 7% degli agnelli e agnelloni da macello e il 5% dei capretti da macello; nel Lazio viene macellato il 15% circa degli agnelli abbattuti in Italia e la produzione di abbacchi rientra tra quelle tipiche della regione. Macellazioni per categoria di animali nell anno 2000 Specie e categoria Lazio (n. capi abbattuti) Italia (n. capi abbattuti) Incidenza dei capi abbattuti nel Lazio sul totale Italia Bovini Vitelli (< 1 anno) ,96% Vitelloni e manze (1-2 anni) ,91% Vacche e manzi (> 2 anni) ,08% Suini Lattonzoli e magroni ,48% Grassi (oltre 100 kg) ,03% Ovini Agnelli ,91% Pecore ,08% Capre Capretti ,50% Capre ,24% Fonte Elaborazioni su dati Istat Nel 2001, la lavorazione delle carni e dei prodotti a base di carne interessa 144 imprese regionali (in calo del 5% rispetto al 1991) che occupano addetti (in media 18 addetti per impresa). Tra le forme giuridiche prevalgono le società di capitali (41%) mentre le cooperative rappresentano appena il 6%. Analizzando i dati relativi al commercio estero regionale delle carni si evince che le importazioni di volatili e conigli hanno fatto registrare un incremento mentre quelle di carni bovine/bufaline, suine e ovicaprine sono in calo. In particolare, dal 1998 al 2002, le importazioni in volume di volatili e conigli sono quasi triplicate (+289%) a fronte di una diminuzione del loro valore unitario (per tonnellata) del 40%. Le importazioni in valore di carni bovine/bufaline sono diminuite del 36%, mentre quelle di carni ovicaprine e suine sono diminuite rispettivamente del 32% (in valore 19%) e del 19% (in valore del 4%); il valore unitario (per tonnellata) di queste due ultime tipologie di carne è incrementato del 19-20%. Lazio Commercio estero regionale: importazioni di carni Var % Bovine/Bufaline (000 di euro) , ,64-36% Bovine/Bufaline (tons) 5.085, ,64 45% Suine (000 di euro) 7.139, ,02-4% Suine (tons) 6.949, ,11-19% Ovicaprine (euro) , ,11-19% Ovicaprine (tons) , ,82-32% Volatili e conigli (000 di euro) 346,45 806,52 133% Volatili e conigli (tons) 213,99 832,96 289% AGRICONSULTING pag. 13

15 L analisi conferma e in parte rafforza i punti di forza e di debolezza evidenziati nel documento di Piano e di seguito riportati. In particolare, si evidenziano le ridotte dimensioni medie degli allevamenti regionali di suini e ovini, mentre quelle degli allevamenti bovini non da latte sono simili al dato nazionale. La tendenza all aumento delle dimensioni medie interessa in generale tutte le diverse di allevamento, d altra parte, si evidenzia anche l estrema polverizzazione degli allevamenti localizzati in provincia di Frosinone e, in parte, per quanto riguarda i suini, di Rieti. PUNTI DI FORZA tendenza verso un aumento delle dimensioni medie degli allevamenti soprattutto avicunicoli; presenza di produzioni tipiche di salumi suscettibili di valorizzazione tramite il riconoscimento di un marchio DOP o IGP; presenza della razza maremmana e dell abbacchio romano suscettibili di valorizzazione tramite il riconoscimento dell IGP. OPPORTUNITÀ presenza di un grande bacino di domanda rappresentato dal capoluogo della regione. PUNTI DI DEBOLEZZA ridotta partecipazione alla formazione della PLV carni nazionale; dimensione media degli allevamenti bovini, bufalini, ovini inferiore alla media nazionale; basso grado di specializzazione degli allevamenti; prevalenza di imprese di produzione, lavorazione e conservazione di carne e prodotti a base di carne di piccole dimensioni in termini di addetti; debolezza del tessuto cooperativo; scarsa capacità di realizzare forme di integrazione verticale tra i vari segmenti della filiera; forte ricorso ad intermediari per gli scambi tra la fase agricola e quella della trasformazione; scarsa uniformità di obiettivi tra i diversi attori della filiera. MINACCE tendenza alla riduzione del consumo regionale di carne. Rispetto alle domande finanziate nel primo periodo di attuazione del Piano ( ), gli investimenti aziendali sono finalizzati prevalentemente all adeguamento e ristrutturazione degli allevamenti attraverso l acquisto di macchine e attrezzature e il miglioramento di stalle e ricoveri per animali. Al 2003, gli investimenti nell industria alimentare hanno interessato 18 imprese di lavorazione di carni e di prodotti a base di carni, finalizzati, quasi esclusivamente, al miglioramento e alla razionalizzazione degli impianti di lavorazione e trasformazione. La filiera vitivinicola Nel Lazio, alla data del V Censimento generale dell agricoltura (2000) i vigneti per la produzione di uva da vino interessano aziende (32% delle aziende regionali) e Ha (4% della SAU regionale). L elevato grado di polverizzazione della viticoltura regionale è confermato dalle modeste dimensioni medie dei vigneti regionali (0,42 Ha/ azienda) rispetto al dato medio nazionale (0,88 Ha/ azienda). La produzione di uve per vini Doc e Docg interessa il 30% della superficie regionale complessivamente investita a vigneto (34,6% il dato nazionale); la provincia di Roma, dove peraltro ricade più di un terzo della superficie regionale a vigneti, si caratterizza rispetto alle altre per l elevata incidenza dei vigneti destinati alla produzione di vini di qualità (Doc e Docg). AGRICONSULTING pag. 14

16 Lazio - Aziende con vigneti per uva da vino Aziende Vigneti Vigneti/ azienda Incidenza dei vigneti per vini Doc e Docg n. % Ha % Ha % Frosinone ,56% 5.175,08 17,86% 0,20 1,91% Latina ,95% 6.224,92 21,49% 0,91 34,00% Rieti ,66% 1.673,97 5,78% 0,28 5,62% Roma ,25% ,07 37,92% 0,61 50,39% Viterbo ,57% 4.910,73 16,95% 0,41 17,23% Totale Lazio ,00% ,77 100,00% 0,42 30,00% Fonte Istat (V Censimento generale dell agricoltura) Nel periodo , i prodotti vitivinicoli incidono sul totale del valore della produzione agricola regionale per il 5,9% (6,5% il dato registrato a livello nazionale). Rispetto al dato , nel periodo il valore della produzione vitivinicola regionale ha subito un decremento (-10,45%) simile a quello registrato in Italia nel suo complesso. Pertanto, il contributo la produzione del comparto risulta sostanzialmente invariato, in conseguenza del generale ridimensionamento dei quantitativi di uve prodotte. Prodotti vitivinicoli Valori in 000 di Euro a Media Media Var. % prezzi costanti 1995 Contributo anni Contributo anni Lazio ,45% 4,65% 4,65% Italia ,40% 100,00% 100,00% Fonte Istat (Produzione, consumi intermedi e valore aggiunto dell agricoltura) Rispetto al dato rilevato dal Censimento del 1991, anche le imprese dell industria interessate alla produzione di vini risultano nel 2001 in diminuzione con una conseguente e marcata riduzione degli addetti. Lazio - Fabbricazione di vino di uve Var.% Imprese ,75% Addetti ,91% Addetti/Impresa ,26% Fonte Istat (VII Censimento dell industria e dei servizi) Nel periodo la produzione media regionale di vini Doc-Docg è stata di 631 mila ettolitri con un leggero incremento (+1,45%) rispetto ai volumi medi , inferiore a quello registrato in Italia nel suo complesso (+4%). Nello stesso periodo si registra un aumento dei quantitativi di altri vini (+11,65%) a rafforzare il modesto livello qualitativo delle produzioni vinicole regionali. In conseguenza di ciò, mentre a livello nazionale si assiste ad un generale spostamento del comparto verso le produzioni vinicole di qualità e ad una contrazione dei quantitativi totali di vini prodotti, nella regione Lazio si rileva un incremento delle produzioni totali (+9,65%) determinato soprattutto dalla maggiore incidenza dei quantitativi di vini non Doc-Docg prodotti. AGRICONSULTING pag. 15

17 Lazio - Produzione di vino, dati in migliaia di ettolitri Lazio (a) Italia (b) (a)/(b) Vini Doc-Docg media ,60% media ,46% Variazione % 1,45% 4,02% Altri vini media ,75% media ,58% Variazione % 11,65% -2,36% Totale vini media ,72% media ,34% Variazione % 9,65% -1,08% Fonte Comitato tutela vini, Unioncamere e Federdoc Le statistiche regionali sul commercio estero di vino evidenziano un incremento del 65,71% del saldo positivo della bilancia commerciale in valore e del 36% circa in volume. Il miglioramento è dovuto in particolare all incremento delle esportazioni fatto registrare nel periodo considerato (+42%) accompagnato da un incremento dei prezzi unitari dei prodotti regionali sui mercati esteri (+13%) che fa presupporre un miglioramento qualitativo dell offerta all estero rispetto al passato. Di contro, si assiste ad una diminuzione del valore delle importazioni (-32%) determinata sia dalla contrazione dei quantitativi importati (-14%) che, soprattutto, dal decremento del loro valore unitario (-21%). Commercio estero regionale di vino Valore (migliaia di euro) Var Quantità (ettolitri) Var Importazioni 8.350, ,70-31,92% , ,31-13,87% Esportazioni , ,51 42,25% , ,70 25,81% Saldo , ,81 65,71% , ,39 35,97% Fonte Istat L analisi rafforza i punti di forza e di debolezza evidenziati nel documento di Piano, di seguito riportati, soprattutto per quanto riguarda da un lato il rafforzamento delle produzioni vinicole regionali di qualità sui mercati esteri e dall altro l estrema polverizzazione dei vigneti e la modesta qualità di buona parte della produzione vinicola regionale. A seguito degli interventi di miglioramento e razionalizzazione degli impianti vinicoli finanziati dal PSR nel primo periodo di programmazione ( ), che riguardano complessivamente 29 imprese del comparto, si attende soprattutto un accelerazione del processo di riorientamento qualitativo sostenuto dalla politica comunitaria. PUNTI DI FORZA esistenza di produzioni Doc/Docg che hanno visibilità a livello internazionale esistenza di numerosi vitigni antiche autoctoni alto grado di integrazione delle imprese di trasformazione con il settore agricolo saldo positivo della bilancia vitivinicola OPPORTUNITÀ miglioramento qualitativo della produzione viticola sostenuto dalla nuova OCM vino PUNTI DI DEBOLEZZA dimensione media della superficie vitata estremamente ridotta diffusa presenza di vitigni in declino frazionamento dell offerta di uva bassa qualità di una parte consistente della produzione viticola laziale scarso potere contrattuale degli imprenditori viticoli proliferazione di imprenditori improvvisati scarsamente formati mancanza di un catasto viticolo ridotta dimensione media delle cantine sociali in termini di numero di soci sovradimensionamento degli impianti cooperativi scarso sviluppo delle fasi successive alla trasformazione arretratezza del sistema distributivo RISCHI possibilità che non tutte le realtà produttive riescano ad adeguarsi ai dettati della nuova OCM vino AGRICONSULTING pag. 16

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