Il Rating Etico: un analisi Empirica del Modello Standard Ethics

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1 Sustainability in Governance & Policy Il Rating Etico: un analisi Empirica del Modello Standard Ethics Di Filippo Tomasi e Angeloantonio Russo 1 Published by Standard Ethics, Research Office. 4 th Floor, Standard Ethics Virtual Building. in London, 1 st November Filippo Tomasi, Dottore in Amministrazione, Finanza Aziendale e Controllo, Università Bocconi Angeloantonio Russo, Professore Associato di Economia e Gestione delle Imprese, Università Bocconi e LUM Jean Monnet 1

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3 ABSTRACT Negli ultimi anni, il concetto di responsabilità sociale d'impresa ha subito un notevole sviluppo, passando da un esclusivo appannaggio accademico a una continua diffusione anche tra manager e investitori. La finanza etica e l'investimento socialmente responsabile ne sono due squisite derivazioni, che superano i criteri puramente economici per la selezione degli investimenti, facendo attenzione anche alle politiche ambientali, sociali e di governance delle imprese. In quest ottica, prende sempre più consistenza l importanza del rating etico: una vera e propria evoluzione tecnica del mondo della finanza che misura il livello qualitativo di una azienda emittente sulla base di indicatori non finanziari alternativi. Il presupposto principale alla base della nascita e dell affermazione di questo fenomeno è rintracciabile nella crescente domanda, da parte del mondo della finanza, di prodotti sostenibili che non derivino da una semplice autoproclamazione dell emittente, bensì da una certificazione indipendente, con tutti i vantaggi ma anche le critiche del caso. Entrando nel vivo delle metodologie di rating etico, l elaborato mette a fuoco un caso concreto: quello dell agenzia Standard Ethics, che assegna annualmente un giudizio di sostenibilità alle imprese che compongono l indice italiano MIB e che si contraddistingue per alcune peculiarità che la rendono unica in Italia e in Europa. Vengono, infine, condotte due analisi empiriche, analizzando da un alto le performance del mercato borsistico e dall altro concentrandosi su alcune misure contabili delle aziende soggette a una valutazione etica da parte di Standard Ethics. Lo scopo è verificare se il rating etico sia uno strumento in grado di individuare imprese che, oltre a una buona performance dal punto di vista sociale, hanno ottenuto, nel lungo periodo, anche una buona performance dal punto di vista economico. 3

4 INDICE 1. LA RESPONSABILITA SOCIALE NELLA FINANZA Il dibattito tra l economia classica e l economia responsabile La finanza etica e l investimento socialmente responsabile Le critiche alla finanza etica e all investimento socialmente responsabile 8 2. IL RATING ETICO La crisi dei sistemi di rating tradizionali Il rating etico come strumento di supporto e promozione all investimento socialmente responsabile Una nuova opportunità di mercato: la nascita del rating etico Le modalità operative del rating etico Il problema dell attendibilità e della confrontabilità dei principi etici L agenzia di rating Standard Ethics Le particolarità di Standard Ethics Standard Ethics e il panorama della finanza e del rating etico; intervista a Jacopo Schettini Gherardini L approccio di Standard Ethics supera le critiche alla finanza e al rating etico? PERFORMANCE SOSTENIBILI E PERFORMANCE ECONOMICHE: UN ANALISI EMPIRICA L analisi effettuata Il campione Il metodo Risultati L andamento dei prezzi di borsa L andamento delle misure contabili DISCUSSIONE CONCLUSIONI 34 Appendice 1. Le Aziende del Campione 37 Appendice 2. La divisione del campione in gruppi 38 Bibliografia 38 4

5 1. LA RESPONSABILITA SOCIALE NELLA FINANZA 1.1 Il dibattito tra l economia classica e l economia responsabile Prima degli anni Sessanta, i temi della responsabilità sociale d impresa e dell approccio multistakeholder non erano ancora trattati dagli studi economici dell epoca, ma erano confinati all interno di una dimensione esclusivamente imprenditoriale, soprattutto in ragione della presenza di una ristretta cerchia di uomini d affari precursori 2. Questi soggetti, tuttavia, si limitavano ad adottare dei comportamenti dettati dall etica personale nella conduzione dei loro business, senza portare all affermazione di un modo di fare impresa alternativo a quello classico, orientato alla costante ricerca della massimizzazione del profitto. Bisogna attendere gli anni Ottanta, quando Robert Edward Freeman pubblica la Teoria degli Stakeholder (Freeman, 1984), a tutt oggi considerata la prima importante interpretazione al concetto di responsabilità sociale, destinata però a essere subito messa in discussione da visioni alternative e ben più consolidate circa il fine ultimo aziendale. Al concetto di corporate social responsibility (CSR) che deriva dal contributo di Freeman si contrappongono, infatti, le teorie di derivazione neoclassica, come la Teoria degli Shareholder, elaborata da Milton Friedman. Secondo l economista statunitense, l impresa ha un unica responsabilità verso la società: quella di utilizzare le risorse dedicandosi ad attività volte ad aumentare i propri profitti rimanendo però all interno delle regole del gioco, competendo apertamente e liberamente evitando l inganno e la frode (Friedman, 1970). La Teoria degli Stakeholder non è stata criticata esclusivamente da ambienti ostili al concetto di CSR. In tale contesto, emerge il contributo del l economista Jacopo Schettini Gherardini, direttore esecutivo dell agenzia di rating Standard Ethics, il quale osserva che il modello proposto da Freeman corre il rischio di generare un etica diversa all interno di ogni singola azienda, in accordo al suo particolare gruppo di stakeholder. La responsabilità sociale d impresa sarebbe, quindi, il risultato di un insieme frammentato di etiche di comodo o d immagine, rinunciando così ad applicare un modello sociale e condiviso, cioè un insieme di linee guida generalmente accettate (Schettini Gavazzoli - ora Schettini Gherardini, 2002). L autore individua all interno di alcuni principi elaborati dalle maggiori organizzazioni internazionali come l Unione Europea, l ONU, l OCSE e l ILO, un framework rigido ma necessario per fissare dei concetti universalmente riconosciuti, evitando così che l etica aziendale diventi un semplice accessorio su misura. Questa posizione è stata recentemente condivisa proprio dall Unione Europea, che nella pubblicazione dell ottobre 2011: A renewed EU strategy for Corporate Social Responsibility, raccomanda che per le società impegnate in un formale approccio alla CSR, specialmente le aziende di maggiore dimensione, le guidance obbligatorie sono fornite dalle linee guida e dai principi internazionali, in particolare le aggiornate OCSE Guideline for Multinational Enterprise, i dieci principi del Global Compact delle Nazioni Unite, la ISO Guidance Standard on social responsibility, la 2 Anche se, negli anni Trenta e Quaranta, grandi multinazionali come la General Electric e la Johnson&Johnson avevano già preso consapevolezza dell esistenza, all interno della dimensione aziendale, di portatori d interesse diversi dagli azionisti. 5

6 tripartita Dichiarazione di Principi sulle Imprese Multinazionali e le Politiche Sociali, e la Guiding Principles on Business and Human Rights delle Nazioni Unite. Con il passare del tempo, il confronto tra le diverse scuole di pensiero si è evoluto, abbandonando una sfera esclusivamente teorica e accademica, per calarsi concretamente anche all interno delle differenti discipline, tra cui l economia e gestione delle imprese (gestione classica dell impresa vs gestione integrata della responsabilità sociale d impresa), la corporate governance (concezione ristretta vs concezione allargata) e la finanza (finanza tradizionale vs finanza etica). Tabella 1: Le principali differenze tra finanza tradizionale e finanza etica Circoscrivendo questo vasto dibattito all interno dell ambito finanziario, sono facilmente riscontrabili i tratti distintivi delle due visioni contrapposte, che nella tabella 1 vengono volutamente estremizzate, tra finanza tradizionale e finanza etica. Da un lato vi è la finanza tradizionale, che guarda a criteri puramente economici per la scelta dell allocazione delle risorse. Figlie di questo approccio sono le misure classiche di valutazione degli investimenti, come il tasso di rendimento e le metodologie di rating che giudicano l affidabilità degli emittenti sulla base della rischiosità del loro stock di debito. Con il tempo si è però sviluppata anche una visione differente, che amplia i criteri passati in rassegna dagli investitori e si avvale di un nuovo strumento, il rating etico, come certificazione indipendente dell attendibilità, non più solo economica, delle imprese. 1.2 La finanza etica e l investimento socialmente responsabile Il presupposto originario della finanza, etica o non etica che sia, dovrebbe essere quello di fungere da intermediario tra risorse disponibili ed economia reale. Questa finalità, soprattutto negli ultimi anni, è andata però lentamente scomparendo, mentre si assiste sempre più a un appiattimento sul breve periodo di chi fa finanza e a una spersonalizzazione dei rapporti finanziari (Cardinal Scola, 2011). Il termine speculazione sta, dunque, prepotentemente diventando il protagonista assoluto della recente attualità finanziaria 3. Tuttavia, parallelamente a questo trend, si sta diffondendo una nuova cultura che mira all investimento con caratteristiche etiche, dove l investitore mira non solo alla speculazione, ma punta su attività che rispondano a certi requisiti di responsabilità sociale e 3 L enciclopedia Treccani definisce, per estensione, il termine speculazione come una: attività intesa a conseguire un profitto economico personale (...), condotta senza scrupoli e senza rispetto degli interessi altrui. 6

7 ambientale (AFE Associazione Finanza Etica). Si tratta di un fenomeno che in Italia prende il nome di finanza etica e si caratterizza per un uso moralmente ineccepibile del denaro, che viene indirizzato verso organizzazioni che si distinguono per una particolare attenzione verso l ambiente e la sfera sociale. In questo caso, gli investitori non cercano soltanto un rendimento economico del proprio investimento, che possa essere misurato in termini esclusivamente quantitativi, ma desiderano anche contribuire a finanziare delle iniziative meritevoli dal punto di vista della sostenibilità di lungo periodo. Dal concetto di finanza etica si deduce innanzi tutto che gli investitori non desiderano soltanto sapere quanto rendono i propri capitali, ma anche come questi vengono impiegati. In secondo luogo, l orizzonte temporale diventa un elemento importante: l obiettivo dei risparmiatori non è la ricerca di un guadagno di breve periodo (c.d. shortermismo) ma, riprendendo quanto detto sopra, la finanza etica può a pieno merito ricoprire quel ruolo di intermediario tra le risorse disponibili e lo sviluppo dell economia, basato anche su indicatori qualitativi di benessere e di felicità 4. Questa nuova attenzione alle variabili extrafinanziarie si giustifica tenendo conto che un buon tasso di interesse, pagato però con danni ambientali o sociali, ha in realtà un prezzo molto alto poiché questi danni prima o poi si ritorceranno contro di noi 5. Tornando alla dicotomia di partenza, l obiettivo di un buon investimento finanziario non deve quindi essere solo il profitto per l investitore (shareholder value), ma quello di tutti i soggetti interessati all attività finanziaria (stakeholder value). In una sua accezione ristretta, la finanza etica viene fatta coincidere con il concetto di investimento socialmente responsabile 6, ovvero la selezione e successiva gestione di asset finanziari tradizionali (fondi di investimento, fondi pensione, ecc.), condizionata da criteri di natura sociale, ambientale e di corporate governance. Si tratta di uno dei primi esempi di segmentazione della domanda e personalizzazione dell offerta nel settore finanziario, poiché i principi dell investitore o del gestore costituiscono il mercato di riferimento per la costruzione e lo sviluppo del prodotto (Perrini e Tencati, 2008). Questa categoria ricomprende, infatti, diversi tipi di prodotti tradizionali che, oltre a non trascurare gli obiettivi reddituali di un risparmiatore, valutano l impatto sociale e ambientale che gli investimenti hanno sulla comunità. Tra gli strumenti di finanza tradizionale a cui possono essere applicati anche criteri etici si ricordano i fondi d investimento e le SICAV, le gestioni patrimoniali mobiliari e in fondi, i fondi di fondi, i fondi pensione, le assicurazioni, gli ETF. Vi sono anche altre due caratteristiche che distinguono un investimento tradizionale da un investimento socialmente responsabile, che devono essere tenute adeguatamente in considerazione per capire bene la differenza tra i due modi di fare finanza: 1) L orizzonte temporale: per valutare i rendimenti degli strumenti finanziari socialmente responsabili è naturale assumere un ottica di lungo periodo, principalmente per due ragioni: 4 Il concetto di felicità in economia è stato fortemente sostenuto dall economista indiano Amartya Sen. Egli ritiene che al valore della ricchezza, la quale rimane sempre un elemento base del mercato, debba essere aggiunta anche la felicità, che è un concetto diverso dal benessere: una persona è più ricca di un'altra quando è più felice ed ha ottenuto una migliore qualità della vita. 5 Questa giustificazione è compresa nella definizione di finanza etica che il CReSV Bocconi e Borsa Italiana hanno fornito, nell ambito di una collaborazione per analizzare la relazione tra finanza sostenibile e mercati borsistici. 6 Il medesimo concetto è racchiuso anche nelle espressioni Socially Responsible Investing (SRI) negli Stati Uniti, Ethical Investment nel Regno Unito o Triple Bottom Line Investing nei Paesi Bassi. 7

8 o il medio-lungo periodo rappresenta la dimensione temporale più coerente con il concetto di sviluppo sostenibile, che è alla base della finanza etica; o nel breve periodo l investimento socialmente responsabile è necessariamente più costoso di quello normale in quanto, oltre a un analisi finanziaria tradizionale, viene condotta un analisi ulteriore su criteri aggiuntivi (fattore costo). 2) Il rapporto rischio/rendimento: vi sono alcuni fattori che caratterizzano l investimento responsabile e che impattano in modo differente su questa relazione: o la diversificazione di portafoglio dovrebbe essere meno efficace, poiché selezionare le imprese in base a criteri sociali, ambientali e di governance aggiuntivi restringe l universo delle attività investibili e non permette quindi di distribuire il rischio in maniera ottimale (fattore rischio); o selezionare attentamente soltanto le imprese socialmente responsabili, valutandole quindi su un maggior numero di informazioni (fattore informazione), porta a investire su aziende che gestiscono meglio i rischi operativi ed i rapporti con tutti gli stakeholder (fattore reputazione) e sono quindi in grado di anticipare successivi problemi (legali, finanziari, d immagine, ecc.) che possono intaccare la capacità dell azienda di generare valore (fattore anticipazione). E chiaro che, con riguardo alla seconda caratteristica, la controversia sull investimento socialmente responsabile ruota soprattutto attorno al fatto che prevalga il fattore di mitigazione del rischio operativo, piuttosto che quello sulla riduzione della componente eliminabile del rischio di portafoglio. 1.3 Le critiche alla finanza etica e all investimento socialmente responsabile Diverse obiezioni vengono mosse alla finanza etica: alcune di natura pregiudiziale, altre di stampo accademico, altre ancora semplicemente basate sull osservazione di fatti concreti. Alle critiche pregiudiziali, che ritengono semplicemente inconciliabile il connubio tra finanza ed etica, non ammettendo la possibilità che si possano effettuare investimenti finanziari guardando a valori diversi da quelli del rischio e del rendimento, la risposta più evidente è data dalla crescita del fenomeno in mercati evoluti come quello americano e quello europeo. Alle critiche teoriche sui maggiori costi e sulla peggiore diversificazione del rischio degli investimenti socialmente responsabili si è già data una parziale risposta, lasciando comunque aperto il dibattito circa la superiore performance degli strumenti finanziari etici rispetto agli strumenti tradizionali. Vi sono però alcune evidenze, nei comportamenti degli operatori attivi negli investimenti responsabili, che lasciano aperto più di un dubbio sull evoluzione che sta prendendo questo fenomeno da un punto di vista qualitativo. Ci si chiede se la finanza etica non abbia perso alcuni di quei presupposti che la caratterizzavano in origine, finendo per rimanere vittima di meccanismi troppo complicati che, in assenza di regole chiare, precise e soprattutto condivise, possano portare a decisioni di investimento in contrasto con un criterio difficilmente quantificabile, ma estremamente semplice: il comune buon senso. 8

9 I casi più eclatanti in favore di questa tesi sono stati segnalati dall associazione ambientalista francese Les Amis de la Terre, secondo cui nel 2009 la maggior parte dei fondi etici francesi (71 su 89) ha detenuto nei propri portafogli almeno una azienda le cui pratiche ambientali o sociali sono state giudicate disastrose dall associazione stessa 7. Secondo il rapporto pubblicato, le cause di queste gravi incongruenze sono duplici: i metodi di indagine dei soggetti chiamati a condurre le analisi di sostenibilità vengono considerati discutibili e parziali, spesso basati su autocertificazioni non verificate e fornite dalle stesse imprese; viene poi chiamata in causa l assenza di una regolamentazione chiara dei fondi etici, che porta a una minore trasparenza, impedendo così ai risparmiatori di scegliere gli investimenti in base agli effetti concreti che il loro denaro può produrre. Anche negli Stati Uniti non mancano critiche ogniqualvolta gli indici di sostenibilità effettuano una revisione delle aziende che li compongono. E il caso di Total, a lungo presente nei Dow Jones Sustainability Indexes (DJSI), ma che intrattiene da molti anni a questa parte delle operazioni commerciali strategiche, aspramente condannate, con il regime militare della Birmania 8. Vi è poi il singolare esempio di BP, repentinamente rimossa dai DJSI dopo il disastro nel Golfo del Messico nell aprile 2010, lasciando libero, all interno dell indice, un posto che è stato occupato poche settimane dopo dalla Halliburton, considerata corresponsabile dell incidente, al pari di Nalco, anch essa regolarmente presente nei panieri etici del Dow Jones 9. Anche in questo caso le accuse più comuni rivolte agli indici di sostenibilità lamentano un assenza di trasparenza sui motivi che portano all esclusione o all inclusione delle società dall universo investibile, un opacità ingiustificata che può minare seriamente la credibilità di questi strumenti e limitarne una più ampia diffusione tra gli investitori. Dunque, quella stessa disclosure informativa che la responsabilità sociale d impresa e la finanza etica hanno a lungo invocato per valutare meglio le politiche aziendali, verrebbe ora ingiustificatamente osteggiata proprio dai soggetti deputati a segnalare al mercato le imprese più sostenibili. Per evitare di parlare di finanza selettiva più che di finanza etica, bisognerebbe quindi ricordare le condizioni alla base della nascita di questo fenomeno: si pensi al boicottaggio alla guerra del Vietnam o la lotta all apartheid, quando non servivano complicati algoritmi per orientare le scelte di investimento, ma bastavano delle posizioni morali condivise, unendo le forze di tanti piccoli risparmiatori per contare di più, con lo scopo di avviare un dibattito e dare luogo a un cambiamento sociale. Bisogna chiedersi se i casi sopra richiamati sono un segnale che la finanza etica stia percorrendo ancora questa strada, oppure stia soltanto perdendo un occasione unica per diventare protagonista, in un momento in cui le regole della finanza tradizionale sono messe fortemente in discussione. Fin qui è emersa una carenza di principi guida, che dimostra come spesso il concetto di etica nella finanza, se applicato in maniera sbagliata e poco trasparente, possa portare a risultati in palese contraddizione con i suoi più basilari ideali. Inoltre, si segnala una superficialità diffusa nel procedimento con cui i fondi e gli indici etici collezionano le informazioni sulle quali basano la loro valutazione, nonché una inspiegabile ostilità nei confronti di una adeguata trasparenza sui loro metodi di giudizio

10 Di seguito si presenta una modalità differente rispetto a quella della costruzione di indici, composti esclusivamente da imprese giudicate tutte allo stesso modo socialmente responsabili il rating etico, che permette di superare il dualismo promosso/bocciato, per osservare la sostenibilità delle aziende su una scala sfumata di più livelli. 2. IL RATING ETICO 2.1 La crisi dei sistemi di rating tradizionali Fino a venerdì 18 luglio 2008, il giudizio assegnato alla Lehman Brothers dalle principali società di rating non destava particolari preoccupazioni. Tre agenzie diverse, con tre team di analisti differenti, applicando ciascuna la propria metodologia, valutavano la quinta banca di investimento più grande degli Stati Uniti con un rating di A2 (Moody s) e A (Standard & Poor s e Fitch), ovvero tutte e tre erano concordi ad associarle il medesimo, remoto, rischio di insolvenza 10. All apertura dei mercati, lunedì 15 settembre 2008, ovvero due mesi più tardi, Lehman Brothers era praticamente già fallita, riversando sull economia globale una perdita di oltre 630 miliardi di dollari, un numero da far impallidire i precedenti default di Enron nel 2001 (perdita attorno ai 63 miliardi) e di Worldcom nel 2002 (perdita attorno ai 104 miliardi). Sono casi come questo che hanno fatto emergere una sostanziale incapacità predittiva delle tre agenzie di rating più grandi del mondo (le c.d. tre sorelle, Standard & Poor s, Moody s e Fitch), che assieme detengono una quota di mercato tra il 90 e il 95% nell industria dell emissione di rating sul merito di credito (Russo, 2011). Tali errori hanno sicuramente contribuito a portare l economia mondiale nello stato di difficoltà in cui si trova; mai come ora, l operato e la credibilità di queste agenzie, circa i loro giudizi su stati e aziende, vengono messi in discussione, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti. A essere presi di mira sono in particolare i modelli adottati per l assegnazione dei rating, che si basano su dati storici forniti dalle stesse aziende e sono quindi autoreferenziali e scarsamente predittivi, ma anche i conflitti di interesse potenziali tra valutatore e valutato, dove spesso il primo è anche consulente finanziario del secondo. Bisogna inoltre tenere in considerazione l eccessivo peso politico ed economico che tali agenzie hanno nel mercato, poiché sui loro giudizi si basano le decisioni di investimento della grande maggioranza di operatori istituzionali e retail, che comprano i titoli di Stati e imprese in base ai rating che vengono da queste attribuiti. Infine, la critica più interessante parte dal presupposto che i modelli matematici e statistici utilizzati non siano più adeguati a fornire una corretta rappresentazione della realtà dei mercati, in continua evoluzione e caratterizzata da un significativo aumento delle variabili in gioco, che non sono più soltanto di carattere economico e finanziario, ma anche legate ai sistemi sociali, culturali e religiosi, che diventano sempre più determinanti nei comportamenti e nelle decisioni (Pezzani, 2011). 10 Moody s A1: debito di buona qualità, ma soggetto a un (basso) rischio futuro; S&P e Fitch A: solida capacità di ripagare il debito, che potrebbe essere influenzata da circostanze avverse. 10

11 L osservazione di queste dinamiche può, dunque, essere interpretata come un segnale circa la necessità di affiancare alle misure più tradizionali, utilizzate dai modelli di rating sul merito creditizio, anche indicatori alternativi non finanziari, andando a investigare le politiche ambientali, sociali e di corporate governance portate avanti dalle imprese. Si avrebbe così una visione più articolata e completa, valutando l operato delle aziende sulla base di molte più informazioni e potendo, quindi, cogliere quelle variabili che non rientrano nelle analisi effettuate normalmente, ma che assumono un peso crescente nel condizionare il comportamento delle imprese. Si tratta di fattori che possono anche non avere un immediato impatto in termini economici o monetari, ma sono importanti indicatori della capacità dell azienda di gestire il proprio ambiente competitivo e di far fronte a possibili rischi futuri. Ovviamente, anche questo tipo di misure devono essere valutate da operatori qualificati, con metodologie chiare e trasparenti, evitando conflitti di interessi e analizzando i comportamenti concreti e non semplicemente le intenzioni dichiarate. Dopotutto anche Enron, prima della bancarotta, aveva uno dei migliori codici etici di tutta Wall Street. 2.2 Il rating etico come strumento di supporto e promozione all investimento socialmente responsabile Una nuova opportunità di mercato: la nascita del rating etico Sono sempre più numerose le imprese che reputano i temi legati alla sostenibilità come degli efficaci strumenti strategici per differenziarsi dai concorrenti e guadagnare un vantaggio competitivo duraturo, perfezionando la gestione dei rischi, governando al meglio il rapporto con i portatori di interessi e guadagnando l accesso a un nuovo settore della finanza, dedicato a supportare esclusivamente le aziende socialmente responsabili. Tuttavia, spesso è molto complicato risalire alle informazioni adeguate per valutare gli sforzi etici delle imprese, poiché il mercato si scontra sia con l esigenza di segretezza interna alle aziende, sia con l oggettiva difficoltà di ottenere misure chiare e significative sotto l aspetto ambientale, ma soprattutto sociale. Dal lato della domanda, diviene necessario il coinvolgimento di attori indipendenti, atti a giudicare l effettivo comportamento sostenibile delle società in maniera imparziale, segnalando agli investitori quelle più virtuose e meritevoli di catalizzare le risorse di finanza etica precedentemente descritte. Di conseguenza, dal lato dell offerta è nata una particolare categoria di soggetti, che mutuano dalle metodologie di rating tradizionali i principi operativi e i presupposti della forma di valutazione, ma sono ispirati ai principi di responsabilità sociale e ambientale rintracciabili nel concetto di sviluppo sostenibile (Perrini e Tencati, 2008). Applicando un rating definito etico alle imprese, ovvero una metodologia di valutazione che le classifica sulla base di criteri ambientali, sociali e di corporate governance (c.d. ESG Environmental, Social and Governance), questi soggetti trasmettono un valore fortemente reputazionale, che sempre più partecipanti al mercato ricercano, per orientare le loro scelte di investimento. L incontro tra domanda e offerta ha così dato vita a una misura credibile, sintetica, ma allo stesso tempo idonea a rappresentare la capacità di un impresa di avere buoni rapporti con i dipendenti e le organizzazioni sindacali, di essere responsabile nei confronti dell ambiente, di adottare una struttura di corporate governance moderna, di rispettare la concorrenza e i diritti umani. 11

12 2.2.2 Le modalità operative del rating etico La metodologia del rating etico si basa sulle attività di screening, volte a indagare il mercato al fine di valutare le imprese sulla base di criteri prestabiliti, che possono essere di tipo negativo e di tipo positivo, sia qualitativi che quantitativi. Tale approccio si divide in due fasi, a incominciare dalla definizione dei criteri negativi di screening, che escludono automaticamente da una qualsiasi valutazione sul proprio livello di eticità quelle imprese che operano in contrasto con i principi degli investitori. Applicando un vero e proprio filtro, vengono eliminate a prescindere quelle aziende che realizzano una certa percentuale dei loro profitti da business tipicamente considerati non etici, come la produzione di armi, il gioco d azzardo, la pornografia, la produzione di alcolici o di tabacco. Lo screening negativo viene, dunque, adottato a livello di settore più che a livello di singola impresa e ha il vantaggio di essere facilmente applicabile e immediatamente comprensibile. Tuttavia, anche nella scelta dei criteri di mera esclusione, si sottolinea l importanza di definire i principi di responsabilità sociale da prendere come riferimento per individuare quali business scartare poiché, per esempio, occorre stabilire quale sia il limite etico-non etico dell utilizzo dell energia nucleare, piuttosto che della ricerca biomedica sulle cellule staminali. Alcune agenzie potrebbero, in altri termini, decidere di non assegnare un giudizio alle imprese che si occupano di queste attività, mentre altre potrebbero al contrario procedere con l attribuzione di un rating. La caratteristica principale del rating etico è l aggiunta dei criteri positivi di screening, che si innestano subito dopo la scrematura effettuata dai criteri negativi, per evitare di mettere le imprese che superano il primo step sullo stesso piano, premiandole invece in base all intensità del loro comportamento socialmente responsabile. In questa fase, la definizione dei principi di riferimento già richiamata diventa essenziale e più stringente, poiché la valutazione si basa proprio sulla corrispondenza tra la situazione reale in cui si trova l azienda rispetto a una situazione auspicata, ovvero quella in cui tutti i principi, definiti dall agenzia o dagli investitori, sono pienamente rispettati. In questo tipo di approccio l assenza di un livello sufficiente in un parametro non è automaticamente causa di esclusione per un impresa, ma può essere compensata con livelli migliori in altri aspetti. Inoltre, il peso dato a ciascun parametro varia proprio in base al principio di etica desunto dalla singola agenzia o dai singoli fruitori del rating: di conseguenza, per alcuni valutatori potrà essere più importante che un impresa gestisca al meglio l ambiente, mentre per altri che intrattenga un buon rapporto con i dipendenti. Naturalmente, anche il settore di appartenenza dell impresa può influire sulla definizione degli indicatori e dei pesi da scegliere per una sua corretta analisi. I criteri positivi di screening sono, quindi, in grado di raffinare l approccio degli indici etici, per i quali esistono soltanto le imprese escluse e quelle incluse nei loro panieri. Diventa possibile rappresentare la situazione di un mercato o di un settore con una scala di valutazione più articolata, che parte da un livello di massima eticità, per arrivare a evitare il giudizio sulle imprese che si discostano eccessivamente dai valori di riferimento. La figura 1 rappresenta un esempio sull applicazione del processo di rating etico appena descritto. Si tenga presente che sia i pesi assegnati a ciascuna variabile, sia le variabili stesse, possono cambiare 12

13 a seconda dell agenzia che emette il giudizio. Nell esempio non si fa riferimento alla metodologia usata da alcuna agenzia in particolare, così come i risultati sono a puro scopo illustrativo. Figura 1: un esempio della metodologia applicata per assegnare un rating etico Il problema dell attendibilità e della confrontabilità dei principi etici Al contrario del rating tradizionale, caratterizzato dall oligopolio di tre grandi operatori che adottano metodologie riconosciute a livello mondiale, il rating etico è emesso da un numero molto più ampio di agenzie, senza che nessuna di queste riesca singolarmente a imporre la propria influenza. Attualmente, tra Stati Uniti ed Europa, le società di rating etico più note sono circa una ventina, tra cui si ricordano Axia, E-Capital Partners, EIRIS, KLD, SAM, Standard Ethics e Vigeo. Ne consegue che un investitore possa ritrovarsi spiazzato dai numerosi giudizi sulla responsabilità sociale presenti sul mercato, poiché non sono rari i casi in cui diverse agenzie giungano a diversi risultati. Ad esempio, i rating etici attribuiti al settore bancario italiano tra la fine del 2005 e il 2006, da tre agenzie differenti, mettono in luce risultati discordanti (tabella 2), evidenziando anche casi estremi come quello di Banca Fideuram, il cui profilo di sostenibilità è giudicato tra i migliori da Axia, nella media da SAM e tra i peggiori da Standard Ethics (fino a maggio 2012 Agenzia Europea di Investimenti Standard Ethics). Tabella 2: confronto tra i rating etici attribuiti da tre agenzie differenti 11 Fonte: Elaborazione su dati Axia, SAM e Standard Ethics 11 Scala Axia: A+++/B; Scala SAM: *****/*; Scala AEI: EEE/E- (SOSPESO se l azienda si discosta eccessivamente dai principi etici dell agenzia). Per quanto riguarda Axia e SAM non è stato possibile trovare dei dati pubblici più aggiornati. 13

14 Lo stesso fenomeno è ovviamente riscontrabile anche all interno delle singole componenti che fanno parte di una valutazione etica complessiva, come ad esempio la corporate governance (tabella 3). Questa distorsione è spiegata dal fatto che ciascuna società di rating mutua il proprio concetto di etica da diversi principi particolari che, come si è visto, danno più o meno peso alle variabili in gioco. I grandi investitori (fondi, indici) sono in grado di modellare questi principi a proprio uso e consumo, indicando il peso da attribuire alle variabili analizzate, secondo la propria visione personale della realtà economica. In questo caso le agenzie di rating etico agiscono più come dei consulenti, adattandosi a ricercare le aziende presenti sul mercato in base ai criteri segnalati dal cliente. Gli investitori privati invece si trovano spesso costretti a dover assumere come proprio il concetto di etica così come definito dalla società di rating che consultano. Tabella 3: confronto tra i rating sulla corporate governance attribuiti da due agenzie differenti Fonte: Elaborazione su dati Axia e Standard Ethics Un possibile punto debole del fenomeno è, dunque, rappresentato dalla mancanza di linee guida comuni, che impediscono la confrontabilità e la validità universale dei giudizi espressi. In queste condizioni, si pensi anche alle azioni di cherry picking delle grandi aziende, che potrebbero scegliere di dare evidenza soltanto ai rating più favorevoli nei loro confronti, insabbiando le valutazioni meno accomodanti di altre agenzie. D altra parte, bisogna però sottolineare che l eterogeneità dei modelli di rating etico esistenti rappresenti sicuramente un bene per far progredire il dibattito attorno a un concetto ancora relativamente poco sviluppato. Inoltre, i variegati principi da cui derivano le valutazioni delle agenzie sono necessariamente influenzati anche da una matrice geografica, poiché il modo di interpretare le politiche di CSR differisce non solo tra Europa e Stati Uniti, ma anche all interno dell Europa stessa 12. Tuttavia, proprio perché i numeri dell investimento socialmente responsabile stanno diventando negli anni sempre più importanti, sembra arrivato il momento di definire un quadro comune di regole da applicare anche ai rating etici, per evitare casi di incoerenza come quelli analizzati nelle critiche alla finanza etica. 2.3 L agenzia di rating Standard Ethics Standard Ethics (di seguito SE o Standard Ethics) è un'agenzia di rating di sostenibilità indipendente, con sede a Londra, che analizza e valuta società, enti pubblici e organizzazioni sulla sostenibilità, 12 CSR means something, but not always the same thing, to everybody D. Votaw,

15 responsabilità sociale, di governance e ambientale. Nata nel 2003 da uno spin off della holding di partecipazioni di diritto italiano AEI S.p.A., attiva dal 2001 nel Socially Responsible Investing (SRI), Standard Ethics raccoglie l eredità di questa precedente esperienza, terminata due anni dopo la sua fondazione, con un nuovo orientamento dedicato al rating e non più ai fondi etici. Da maggio 2012 l attività dell agenzia si sposta da Bruxelles a Londra, nell ambito di un processo di crescita e riorganizzazione interna che la vede assumere un ruolo di riferimento sempre maggiore tra le istituzioni Europee dedite alla diffusione e valutazione della corporate social responsibility. Vi sono diverse peculiarità, presentate nei successivi paragrafi, che rendono Standard Ethics un caso interessante, con un approccio al rating etico completamente diverso dalla maggior parte delle agenzie di sostenibilità presenti in Italia e in Europa Le particolarità di Standard Ethics Almeno quattro importanti caratteristiche fanno di SE un modello interessante da analizzare, poiché sostanzialmente diverso dagli altri esempi di agenzie di rating etico che operano nel panorama europeo: 1) I principi guida per le valutazioni dell agenzia: Standard Ethics rinuncia a definire una propria idea di etica, sostenibilità e responsabilità sociale, individuando alcuni enti sovraordinati che, per la loro autorità, sono ritenuti gli unici a poter indicare questo tipo di concetti. Sempre più spesso, coloro i quali cercano un impiego socialmente responsabile per i propri capitali si trovano a investire secondo i principi fortemente soggettivi dei fondi o degli indici a cui si rivolgono. A questo proposito si ricorda come il mondo dell etica e della responsabilità sociale non sia caratterizzato da una definizione univoca, ma da uno svariato numero di interpretazioni che permettono differenti strade applicative. Sono dunque le opinioni dei singoli promotori di strumenti finanziari etici, o dei loro consulenti, a guidare i criteri di inclusione/esclusione degli investimenti, e queste opinioni possono anche essere molto diverse tra loro. Il rischio, radicato all origine nella Teoria degli Stakeholder, è quello di arrivare a definire tante etiche di comodo differenti, che possono portare a individuare investimenti quantomeno discutibili sotto il profilo della sostenibilità. Standard Ethics si basa sul presupposto che i criteri di valutazione dell etica altrui (e propria) siano provenienti da fonte terza e non contaminati da propri pregiudizi morali o ideologici. [...] Conseguentemente, l eticità di un emittente non proverrebbe dalla sua disponibilità a sposare il modello proposto dall agenzia stessa, bensì da un comportamento valutato in base a dei criteri standard e riconoscibili, provenienti da una fonte terza, che sia (ovviamente) autorevole vettore di valori universali e non portatrice di interessi morali in una qualche misura di parte che la stessa agenzia, o altra società, potrebbe in qualche modo avere. Dunque, la primaria definizione dell etica da seguire negli affari dell a proviene dalle Nazioni Unite (ONU), a cui per completezza in materia di diritti dei lavoratori, sviluppo economico e diritto alla concorrenza, si aggiungono rispettivamente l Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), l Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo (OCSE) e l Unione Europea (UE), quindi in materie settoriali e specifiche, si innestano di volta in volta e a completamento, 15

16 le giurisprudenze nazionali e le indicazioni degli organi di controllo e authority dei singoli paesi (Schettini Gherardini, 2010). Ecco delineata la principale differenza tra il mondo della finanza etica più tradizionalista e l approccio di Standard Ethics: solitamente i sottoscrittori investono direttamente nei concetti morali e di responsabilità sociale che provengono dalle impostazioni date dalla proprietà, dal C.d.A., dai comitati interni, o dalle società di rating di sostenibilità dei fondi o degli indici etici. Chi si rivolge a SE impiega, invece, il proprio denaro unicamente in funzione delle linee guida dettate dalle grandi organizzazioni internazionali. 2) Il pieno rispetto del requisito di indipendenza: è prassi comune che le agenzie di rating, sia tradizionali che di sostenibilità, forniscano anche dei servizi di consulenza alle aziende che poi sono oggetto della loro stessa valutazione. Questa consuetudine pone un problema già citato in precedenza: quello dell indipendenza di tali agenzie, che per natura si dovrebbero collocare in una posizione intermedia tra investitori e imprese, per colmare quell asimmetria informativa che è causa principale dell inefficienza del mercato. Standard Ethics garantisce questa indipendenza evitando di fornire consulenze alle aziende sotto rating nei tre anni successivi all emissione; vice versa non emette rating a imprese a cui ha fornito consulenze nei tre anni precedenti. Questo per evitare un male sempre più diffuso nell universo dei rating, ovvero quello di valutare imprese che mettono in atto politiche consigliate proprio dalle stesse società giudicanti. 3) L emissione di rating di sostenibilità a livello statale: con l adesione al Global Compact delle Nazioni Unite nel 2002, Standard Ethics effettua e finanzia autonomamente una costante emissione di rating non sollecitati agli Stati aderenti all OCSE (dal 2004 anche ad Argentina, Brasile, Bulgaria, Cina, Egitto, India, Romania, Russia e Sud Africa), per misurare il livello di compliance raggiunto dai maggiori paesi nel mondo. Questa attività si basa sulla convinzione che i titoli di Stato si comportino come delle azioni governative : sottoscrivendo quelli di un certo paese si finanzia direttamente la sua struttura, così come comprando le azioni di una società privata si finanzia indirettamente (attraverso le imposte che l azienda versa all erario) lo Stato di residenza. Dunque, anche in questo caso è necessario stabilire se la struttura statale (ma non le questioni di tipo politico, che l agenzia non è legittimata a valutare) è conforme con i principi stabiliti dalle grandi organizzazioni internazionali. 4) L assenza di valutazioni pregiudiziali sugli emittenti: solitamente i giudizi sulla sostenibilità delle imprese vengono espressi attraverso la costruzione di un indice, secondo criteri di inclusione/esclusione: esso contiene soltanto titoli selezionati ex ante, che vengono reputati sufficientemente etici da essere inseriti nel paniere. Standard Ethics nel 2003 ha abbandonato questo approccio, per abbracciare l utilizzo del rating come strumento di valutazione articolato e sfumato, in grado di proporzionare l investimento rispetto alla qualità dell emittente, partendo da un livello minimo pari a zero (sospensione), fino ad arrivare, tramite diversi livelli successivi, a un giudizio di massima eticità. E così stata superata la dicotomia pregiudiziale promosso/bocciato, per arrivare a definire delle soglie di investimento massimo consentite all agenzia e alle sue controllate, legate ai rating etici degli emittenti. 16

17 2.3.2 Standard Ethics e il panorama della finanza e del rating etico; intervista a Jacopo Schettini Gherardini Dopo aver delineato le singolarità che distinguono Standard Ethics, si presenta ora un intervista al suo direttore, Jacopo Schettini Gherardini, attraverso la quale si ripercorre il processo utilizzato dall agenzia per assegnare i propri giudizi di sostenibilità e si riflette sull evoluzione del ruolo della finanza e del rating etico. Che tipo di approccio utilizzate per assegnare un giudizio alle imprese quotate? C è una differenza sostanziale tra il lavoro di Standard Ethics e altri operatori che si occupano di emettere rating di sostenibilità. Standard Ethics opera come una agenzia di rating tradizionale, mentre le altre strutture agiscono più come consulenti. Il committente è diverso: nel nostro caso è un azienda che vuole ottenere una valutazione senza pregiudizi, mentre nel caso di altri soggetti è una banca, un fondo o un indice, che chiedono un analisi circa un universo investibile, ad esempio uno studio sulla situazione etica del MIB 40, spesso in base a criteri predeterminati dal committente stesso. Altra grossa distinzione è che nel nostro caso conduciamo un lavoro di valutazione quasi esclusivamente basato sulla documentazione pubblica. E una scelta dettata sia dalla necessità di avere un riscontro oggettivo e indipendente su quella che altrimenti resterebbe soltanto un autocertificazione dell azienda, sia perché la trasparenza viene considerata di per sé un elemento determinante nel nostro rating. Si presuppone che le aziende debbano fornire regolarmente tutte le informazioni necessarie agli azionisti e agli altri stakeholder per valutare il proprio operato e dunque un omissione di documentazione viene valutata negativamente nei nostri giudizi. Figura 2: il processo di rating di Standard Ethics. Fonte: sito web Standard Ethics Come funziona il vostro processo di rating agli enti economici? Si tratta di un processo che si compone di tre fasi (figura 2). La prima, detta fase di istruttoria, dura circa due settimane. Dopo una nostra pianificazione interna del lavoro da svolgere, in questa fase raccogliamo le informazioni dalle fonti pubbliche, mentre lo step successivo, ovvero l eventuale momento di ulteriore indagine, è condotto solo laddove crediamo che una mancanza di dati non sia dolosa, ma frutto di scarsa organizzazione, oppure derivi dal fatto che l azienda ha dato meno 17

18 importanza nel produrre una documentazione che è invece fondamentale per la nostra analisi di sostenibilità. Inoltre, non vengono elaborati dei questionari, al contrario di altre agenzie che si occupano di CSR, ma il contatto con il management aziendale è sempre molto diretto. Vi è poi una fase di pre-valutazione di una settimana, in cui iniziamo a verificare la corrispondenza delle politiche aziendali con gli standard internazionali che guidano il nostro concetto di responsabilità sociale. In questa fase interagiamo con l azienda, poiché non abbiamo nessun problema a indicare la piega che sta prendendo la nostra valutazione. Spesso le imprese sono in grado di recepire la nostra comunicazione in corso d opera anche molto velocemente, e questo può essere utile per applicare dei correttivi. Infine, vi è la fase di emissione in cui, in circa una settimana, si conduce la valutazione vera e propria, si assegna e si pubblica il rating. Nel caso delle aziende appartenenti al MIB 40 il rating è non sollecitato e quindi pubblico, in virtù della nostra adesione al Global Compat delle Nazioni Unite, mentre nel caso delle aziende del segmento Star è diverso, poiché l azienda stessa è la richiedente e quindi spetta a lei darne o meno pubblicità. In che cosa differisce questo processo quando si tratta di fare soltanto una revisione di un rating già assegnato precedentemente? Il processo è ovviamente più breve e procede con colloqui diretti con il management, nei quali viene chiesto se sono state implementate delle novità nei vari ambiti di osservazione, rispetto alla situazione già valutata. Generalmente le revisioni vengono fatte con scadenze ben precise, cerchiamo cioè di non intervenire in corso d opera e di non fare delle revisioni improvvise, con conseguenze che potrebbero muovere l andamento del titolo, anche se mi rendo conto che nel nostro caso probabilmente la cosa è abbastanza ininfluente. Cerchiamo cioè di usare quell accortezza che solitamente non usano le agenzie di rating tradizionali. Ovviamente alcune volte non possiamo fare a meno di rilevare delle notizie pubbliche con una portata che non può essere ignorata. Se capita ciò interveniamo e modifichiamo il rating anche in corso d opera. In questi dieci anni di esperienza ci sono state delle innovazioni di processo sostanziali nella vostra metodologia di rating? Sicuramente, per quanto riguarda l approccio al nostro processo di rating, c è stato nel corso degli anni un affinamento, con un maggiore dettaglio anche nelle domande che ci facciamo. Abbiamo inoltre scoperto delle abilità nelle aziende a celare o a gestire in maniera accomodante le informazioni, e quindi siamo diventati più avvezzi a far emergere eventuali discrepanze. Per quanto riguarda la struttura metodologica, è fortunatamente rimasta intonsa poiché si è dimostrata estremamente azzeccata. Questa struttura parte dalla definizione di tre grandi pilastri: la capacità dell azienda di rispettare i propri concorrenti, la capacità della proprietà di gestire adeguatamente l azienda e la capacità dell azienda di gestirsi. All interno di ciascun pilastro troviamo poi delle aree di indagine a cui sono collegati indicatori specifici (figura 3). 18

19 Figura 3: i tre pilastri su cui si basa la valutazione di Standard Ethics. Fonte: pubblicazioni Standard Ethics Per esempio, aver guardato la struttura della proprietà, tralasciata dalla maggior parte delle agenzie di rating, ci ha aperto veramente un mondo di informazioni utili, ed è già stata di per sé un innovazione. Cito l esempio dei patti di sindacato: dobbiamo tenere presente quanto influiscano nella guida aziendale queste decisioni, prese all interno di una stanza che ha poco a che fare con la realtà dell impresa. E una cosa che tutti quanti in Borsa sanno, ma che negli algoritmi di calcolo dei rating non si trova quasi mai e può tranquillamente pesare anche il 20% sul nostro giudizio finale. Bisogna rendersi conto che le aziende con ampi patti di sindacato, che entrano addirittura nella nomina degli amministratori, sono da considerarsi nientedimeno che commissariate. Di conseguenza peggiora la governance aziendale, con una riduzione significativa dell indipendenza del C.d.A. e una attenzione spasmodica riservata soltanto agli azionisti di maggioranza, tralasciando gli altri stakeholder. E risultato vincente anche guardare alla concorrenza, tenendo conto che da quando è stato diffuso in Europa il moderno concetto di CSR, con il Libro Verde della Commissione Europea del 2001, la concorrenza è stata considerata un elemento di secondaria importanza, mentre per noi è sempre stata fondamentale. Con il tempo però la Commissione ha recepito tale importanza, e per l Europa la CSR è diventata un elemento per migliorare la concorrenza delle imprese. Noi ribaltiamo questa logica, ritenendo che se un azienda ostacola la concorrenza, a nostro avviso fa poca CSR. Il caso di Allianz è stato ai tempi interessante, poiché l azienda aveva una bassa valutazione da parte nostra, nonostante si prodigasse nelle comuni pratiche di responsabilità sociale. Negli incontri con il management tentavamo di spiegare, senza grandi successi, che la loro struttura di gruppo con forti cointeressenze non poteva comunque essere ignorata, in quanto ostacolo alla piena apertura dei mercati, come ci dicono le disposizioni internazionali in materia. I vostri rating sono utilizzati solo dalle strutture del vostro gruppo, oppure sono guardati anche da altri operatori di mercato? I rating sono guardati da diversi operatori, tra cui anche fondi di investimento tradizionali. Certo non siamo importanti come altre agenzie, però siamo comunque popolari, perché il nostro metodo è molto 19

20 ben comprensibile. Quando per esempio si valuta una azienda dal punto di vista dell efficienza di governance secondo le indicazioni dell OCSE, un analista sa bene di cosa si parla e si sente più in confidenza con il nostro giudizio finale. Dal 2002 Standard Ethics non ha mai assegnato a nessuna azienda MIB 40 una tripla E, ovvero un livello ottimale di sostenibilità. Inoltre, nel vostro ultimo rapporto non solo continua a mancare un "primo della classe", ma sembra sparito anche un "second best". Dunque a oggi le aziende che si comportano meglio, non vanno oltre la medaglia di bronzo. Quali sono le lacune più comunemente riscontrate che impediscono un più alto livello di rating? Questo trend la preoccupa, può essere il segno che non si stanno dopotutto facendo grossi passi in avanti dal punto di vista della responsabilità sociale d impresa negli ultimi anni in Italia? Il problema è la mancata adozione dei punti fermi internazionali per impostare le politiche di CSR. Con la recente crisi, l'autoreferenzialità è cresciuta, e con essa si è abbassata la qualità degli interventi di lungo periodo da parte delle aziende. Punti fermi, come la strategia 2020 europea o le regole di governance proposte dall'ocse, non sono neppure lontanamente considerati dai documenti sulla sostenibilità che vengono prodotti dalle imprese. Per esempio, qualche tempo fa ci chiamò Unipol per avere ragguagli. Facemmo notare che in oltre 200 pagine di documenti sulla loro CSR non si trovava mai, dico mai, una delle seguenti parole: UE, ONU od OCSE. Purtroppo, anche negli ultimi anni, la maggior parte delle imprese fanno responsabilità sociale di basso profilo, con interventi comodi alle loro possibilità immediate e con un occhio al tornaconto d'immagine. Ad esempio, la proposta di devolvere una piccola somma ai terremotati, se un cliente avesse aperto un nuovo conto corrente, fatta da una banca italiana, descrive il punto più basso e più cinico della "CSR" che si vede in giro in questo periodo. Passando a parlare di contesto, cosa sta facendo la Commissione Europea per incentivare il rating etico, aldilà delle raccomandazioni contenute nel Libro Verde del 2001? A dir la verità la Commissione non sta facendo molto, ma dal nostro punto di vista abbiamo ottenuto già una piccola vittoria con l ultima comunicazione dell UE in materia di CSR, che inserisce un benchmark istituzionale e scalza un po la Teoria degli Stakeholder e l autoreferenzialità aziendale nei temi della sostenibilità 13. Ora stiamo conducendo un azione di lobby perché si portino avanti due iniziative, la prima più immediata, mentre la seconda con necessità di un cambiamento strutturale. Innanzitutto chiediamo che le agenzie che emettono rating di sostenibilità non siano anche consulenti. Vigeo per esempio emette rating, ma lo fa su committenza e non si capisce che algoritmo utilizzi o che benchmark rispetti. Inoltre, chiediamo a livello europeo una agenzia di rating di dimensioni adeguate, che sia annoverabile tra le agenzie di rating di merito creditizio, ma che inserisca nel suo algoritmo di valutazione anche una parte sulla sostenibilità. Questa ci sembra la soluzione definitiva: anziché proseguire su due binari separati e distanti, sarebbe necessaria una maggiore integrazione tra chi fa rating economico e chi fa 13 Si fa riferimento alla già citata comunicazione dell ottobre 2011 A renewed EU strategy for Corporate Social Responsibility. 20

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