DIFFERENZE INDIVIDUALI NEGLI EFFETTI DI CONTESTO: IL COGNITIVE REFLECTION TEST

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1 Laurea specialistica in Marketing e Comunicazione Prova finale di Laurea DIFFERENZE INDIVIDUALI NEGLI EFFETTI DI CONTESTO: IL COGNITIVE REFLECTION TEST Relatore Ch.mo Prof. Massimo Warglien Correlatore Ch.mo Prof. Marco Vedovato Secondo Correlatore Ch.ma Prof.ssa Elisa Cavezzali Laureanda Laila Groppi Matricola Anno Accademico 2009/2010

2 INTRODUZIONE Gli individui effettuano quotidianamente delle scelte. Che si tratti di scelte ponderate e complesse, come l'acquisto di un'abitazione, oppure di scelte banali e ripetitive, come l'acquisto del pane, ciascun individuo instaura ed elabora un processo decisionale. Quando si deve prendere una decisione si deve considerare ed integrare un'elevatissima quantità di informazioni che permetta di generare delle alternative di scelta. Le opzioni così selezionate consentiranno di pervenire alla scelta dell'alternativa più consona. Pertanto il processo decisionale consiste nell'elaborazione delle informazioni per giungere ad un giudizio definitivo dopo aver valutato una serie di possibili alternative. Spesso le scelte frequenti ed automatiche comportano la messa in atto di procedure già sperimentate, senza un'analisi approfondita della situazione e delle alternative. Queste soluzioni vengono applicate in situazioni note, in situazioni in cui il decisore ha un tempo limitato per effettuare una scelta o in situazioni in cui non si riesce ad uscire dall'indecisione. In tutti questi casi, il decisore preferisce accontentarsi di soluzioni subottimali, piuttosto che acquisire e valutare nuove informazioni per elaborare una soluzione migliore. I primi studi sulle decisioni risalgono agli anni '50. Lo scopo principale di queste ricerche era fornire una descrizione accurata di come un decisore si comporti di fronte ad un problema di scelta. Per molto tempo, il modello teorico, che ha cercato di spiegare il comportamento decisionale, si è basato su una prospettiva normativa. Tale teoria, rifacendosi all'elaborazione di teorie assiomatiche, cercava di fornire una norma di condotta razionale. Le strategie studiate dovevano costituire una descrizione di come il "decisore ideale" si sarebbe dovuto comportare per effettuare una scelta. Questi assunti sono alla base della Teoria dell'utilità Attesa (Von Neumann e Morgenstern, 1947). I presupposti di tale teoria hanno mosso svariate critiche e originato numerosi approcci alternativi a carattere descrittivo, che dimostrano l'incoerenza delle strutture di preferenza dei soggetti con il criterio dell'utilità attesa. Dagli anni '70, quindi, si è cominciato a valutare se, e in quali condizioni, le preferenze espresse dagli individui violano la teoria normativa, cercando anche di elaborare ipotesi 7

3 e modelli psicologici a cui attribuire tali violazioni (Kahneman e Tversky 1979; Lichtenstein e Slovic 1971; Tversky 1969). Nel capitolo 1 sono stati trattati singolarmente gli approcci alternativi alla Teoria dell'utilità Attesa. Partendo dal fenomeno del rovesciamento delle preferenze dimostrato da Lichtenstein e Slovic prima (1971) e confermato da Grether e Plott poi (1979), si passa a descrivere i processi euristici attivati dagli individui nelle scelte in condizione di incertezza che causano biases, ovvero distorsioni cognitive (Tversky e Kahneman, 1974). Questi studi hanno evidenziato come le preferenze non siano radicate e stabili, ma siano influenzate dal modo in cui vengono descritte le opzioni (framing), dal metodo in cui avviene l'elicitazione delle preferenze (task) e dal set di alternative prese in considerazione (context). Sempre nel primo capitolo, una descrizione più approfondita di questi aspetti porterà ad affermare come un approccio costruttivo nelle preferenze, stia prendendo sempre più piede (Bettman 1979; Bettman e Park 1980; Payne, Bettman e Johnson 1992; Slovic 1995; Tversky, Sattah e Slovic 1988). L'elaborato proseguirà poi analizzando un fattore specifico in grado di provocare inversioni nelle preferenze: l'effetto di contesto. Il capitolo 2 è volto a spiegare nel dettaglio il funzionamento degli effetti di contesto e le alternative del set di scelta in grado di causarli. Tali alternative, che vengono definite decoy (alternative esca), sono quelle opzioni inserite nel set unicamente per favorire la scelta di un'altra opzione, chiamata alternativa target. Le alternative esca considerate sono le compromise decoys (Simonson 1989), le inferior decoys (Huber e Puto 1983) e le phantom decoys (Pratkanis e Farquhar 1992) e l'alternativa dominata asimmetricamente (Huber, Payne e Puto 1982). Ciò che appare interessante è capire se questi effetti di contesto producono inversione nelle preferenze in modo diverso da individuo a individuo e se, questa differenza, può essere dovuta alle abilità cognitive degli individui stessi. Per tale ragione, nel capitolo 3, viene descritto accuratamente il Cognitive Reflection Test (CRT), un test capace di cogliere i riflessi cognitivi degli individui ideato da Shane Frederick nel Il test è in grado di misurare la capacità dei soggetti di respingere risposte euristiche errate, che giungono impulsivamente alla mente, e sostituirle con risposte corrette, fornite attivando processi correttivi attraverso meccanismi di ragionamento analitici. 8

4 Infine, nell'esperimento proposto nel capitolo 4 si svilupperanno i seguenti punti di analisi: l'esistenza di effetti di contesto, la differenza dei risultati del CRT dei soggetti intervistati, se esistono differenze individuali nell'inversione delle preferenze e se i soggetti con diverse abilità cognitive reagiscono diversamente agli effetti prodotti dal cambiamento del contesto di scelta (a seguito dell'introduzione di un'alternativa esca - decoy). 9

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6 1. PREFERENZE 1.1 Introduzione Solo dalla metà degli anni '50 del '900 i processi decisionali e di ragionamento sono divenuti oggetto di analisi da parte della psicologia secondo una prospettiva integrata con l'economia. Sono stati indagati, in particolare, elementi di congiunzione inattesi tra comportamento economico e meccanismi cognitivi, nonché tra processi di scelta, emozioni e motivazioni. Dagli studi effettuati sinora è emerso come gli individui, di fronte a scelte economiche, adottino atteggiamenti e strategie di ragionamento assai più complesse del semplice calcolo utilitaristico. La branca dell'economia che si occupa delle deviazioni del comportamento dalle ipotesi standard dei modelli economici, è nota come economia comportamentale. Questo nuovo ramo dell'economia ha lanciato una sfida di ampia portata, cercando di integrare nei modelli economici quegli aspetti del comportamento umano (spesso sottolineati dagli psicologi) che violano le ipotesi tradizionali di base. Il dubbio sulla validità assoluta di un punto di vista solo economico nelle decisioni, nasce dall'assunzione di equivalenza della teoria descrittiva e normativa sulle decisioni: l'evidenza empirica di alcuni esperimenti, tesi a confutare la validità della teoria descrittiva, ha dimostrato che molte proprietà basilari sulle preferenze e la Teoria dell'utilità Attesa sono sistematicamente violate. Secondo la Teoria dell'utilità Attesa i decisori: conoscono l'intero set di alternative che hanno a disposizione per compiere la scelta; assegnano alle conseguenze delle alternative del set un valore della funzione di utilità predefinita; scelgono infine l'opzione che massimizza tale utilità. Tuttavia, è ben noto che la natura limitata della razionalità umana invalida il modello di scelta razionale sotto più aspetti. Gli individui non possiedono le abilità necessarie per risolvere i complessi problemi di ottimizzazione che la teoria richiede. Essi si limitano, invece, ad applicare soluzioni soddisfacenti (spesso routinarie) piuttosto che algoritmi di ottimizzazione. Essi inoltre costruiscono le loro preferenze al momento della scelta, attraverso un complesso e circolare processo di 11

7 interazione tra obiettivi, guadagni, ambiente in cui si verifica la scelta, elementi contestualizzanti, rappresentazioni mentali e regole decisionali proprie. I principali modelli normativi sulla teoria delle scelte includono il principio di indipendenza dalle alternative irrilevanti (la scelta tra due alternative non deve dipendere da altre alternative) e il principio di transitività delle preferenze (se l'alternativa A è preferita all'alternativa B, e l'alternativa B è preferita alla C, allora A è preferita a C). L'evidenza empirica dimostra che entrambi gli assunti non sono plausibili a livello descrittivo. Anche l'assioma di completezza (se A è indifferente a B allora anche B è indifferente ad A) sembra escludere la possibilità che i decisori siano incapaci di fare confronti tra le opzioni. Nel corso degli anni, pertanto, l'attenzione dei ricercatori si è sempre più trasferita dai modelli normativi (la decisione che meglio ci permette di raggiungere gli obiettivi prefissati è quella a cui è associata la massima utilità) a quelli descrittivi e predittivi (la decisione è il risultato di un confronto tra le ragioni a favore e le ragioni contro le varie alternative di scelta) 1. Tversky e Kahneman, ad esempio, con la loro Prospect Theory (1979) 2 sembrano fare un lavoro migliore nella descrizione delle scelte in condizione di incertezza rispetto alla funzione di utilità Von Neumann-Morgenstern. La Prospect Theory è la prima proposta organica di una teoria alternativa a quella dell'utilità. Partendo dai principi base della teoria normativa 3, essa tiene conto di altri aspetti fondamentali che tentano di spiegare le deviazioni del comportamento umano dagli assiomi che guidano la teoria classica. Un prospetto corrisponde alla prospettiva che il soggetto si rappresenta in termini di guadagno o perdita per ogni alternativa possibile offerta da una scelta. Il processo di scelta viene così distinto in due fasi: una in cui le azioni, i risultati e le contingenze vengono sottoposti ad un'analisi preliminare e una seconda in cui verranno valutati. Da questo momento in poi sempre maggiore interesse 1 Si veda Von Neumann e Morgenstern (1949) per i modelli normativi, e Kahneman e Tversky (1979) per quelli descrittivi. 2 Tversky e Kahneman parlano per la prima volta di Prospect Theory nel 1979, come alternativa descrittiva alla Teoria dell'utilità Attesa. I due psicologi israeliani redassero la teoria a seguito di numerosi esperimenti cognitivi opportunamente documentati (1979, 1981). 3 Continuano a sostenere l'idea che i soggetti decidono come se moltiplicassero la desiderabilità di un certo esito per la probabilità che questo si verifichi: quanto più è probabile un certo esito, tanto più decisiva è la sua desiderabilità. 12

8 e dedizione sono stati impiegati per fare emergere il fondamento psicologico dei processi di scelta dell'agente economico. Quindi, qualsiasi approccio venga considerato in cui emerge la sistematica discrepanza tra la teoria normativa standard e l'evidenza empirica, implica il ritorno a una visione più psicologica della teoria stessa. Nel paragrafo successivo verrà messa in luce la Teoria dell'utilità, per dare una visione più chiara del punto di partenza della seguente ricerca, passando poi ad analizzare le reazioni e gli studi che l'hanno succeduta. 1.2 Diversi approcci nelle preferenze e nelle scelte Razionalità nelle preferenze Nelle scienze economiche, le preferenze sono implicitamente alla base di molte teorie. Tradizionalmente, gli economisti assumono che gli individui siano dei decisori razionali, ovvero che essi possano determinare l'insieme di scelta (le azioni possibili), identificare una relazione che lega le azioni alle conseguenze, identificare un ordine di preferenza delle conseguenze possibili, selezionare l'azione che comporti la conseguenza migliore nella propria scala di preferenza. I contesti in cui gli individui possono prendere le loro decisioni sono tre 4 : se la scelta viene effettuata in condizioni di certezza, ad ogni azione è associata una ed una sola conseguenza (nell'ambito del processo di scelta razionale questo problema diventa banale); se la scelta viene effettuata in condizioni di incertezza, ad ogni azione sono associate più conseguenze, in base ad una distribuzione di probabilità data; se si tratta di scelte in condizione di interazione strategica, ad ogni azione sono associate più conseguenze, che dipendono da scelte effettuate da altri soggetti razionali. Ai fini della trattazione, le scelte in condizioni di incertezza richiedono una specifica riflessione. Anzitutto l'incertezza è esogena, in quanto dipende dalla presenza di più di uno stato di natura, quindi il decisore dispone di un'informazione parziale circa lo 4 Per approfondire si veda il lavoro di Bruno Chiandotto del 2006 sulla Teoria statistica delle Decisioni. 13

9 scenario che potrebbe presentarsi. Se la probabilità assegnata ad ogni conseguenza è di tipo oggettivo, allora si ricade nella sfera delle scelte in condizione di rischio, mentre se tale probabilità è soggettivamente assegnata si ricade nella sfera delle scelte in condizione di incertezza. Il caso in cui il decisore si trova ad operare in condizioni di estrema incertezza è molto più problematico. In questi casi il decisore non è in grado o non vuole assegnare una distribuzione di probabilità agli stati di natura (Chiandotto 2006). Per quest'ultimo caso, che si incontra frequentemente in pratica, sono stati suggeriti alcuni criteri di decisione per la risoluzione del problema di scelta, si riportano qui di seguito quelli più importanti. Identifichiamo con A={a 1,a 2,...,a i,...,a m } l'insieme delle decisioni (azioni) alternative possibili, con Θ={θ 1,θ 2,...,θ j,...,θ n } l'insieme dei possibili stati di natura e con Y={y 11,y 12,...,y ij,...,y mn } l'insieme delle possibili conseguenze, dove le conseguenze y ij sono funzione dell'azione a i e dello stato θ j : Criterio del max-min o criterio di Wald scegliere l'azione a* che corrisponde al massimo del minimo importo monetario a*= max min y ij. i j Criterio proprio del pessimista estremo il quale è convinto che, qualunque azione egli scelga, si realizzerà sempre quello stato di natura che gli permetterà il conseguimento del beneficio minimo. Quindi egli si premunirà contro la natura cercando di ottenere il massimo tra i benefici minimi che essa è disposta a concedere; Criterio del max-max all'opposto del pessimista estremo c'è l'estremo ottimista, ed è colui il quale ritiene che qualunque sia l'azione prescelta, la natura sarà tanto benigna nei suoi confronti da concedere il beneficio massimo. La scelta ottimale risulta dalla relazione a*= max max y ij ; i j Criterio di Hurwicz considerando l'espressione a*= max { min y ij 1 max y ij } i j j per α compreso tra zero e uno, si deriva un criterio intermedio tra i due sopra esposti. α assume quindi il senso di indice di 14

10 pessimismo ; infatti, per α=1 si ottiene il criterio del max-min, per α=0 si ottiene il criterio del max-max; Criterio di Savage o del min-max rimpianto con questo criterio si procede al calcolo di un nuovo valore r ij, ottenuto con la seguente formula: r ij = max i y ij y ij, scegliendo poi l'azione a* per la quale il massimo rimpianto assume il valore minimo a*= min max r ij. Attraverso questo criterio i j l'operatore cerca di minimizzare i danni di una decisione errata; Criterio di Laplace o criterio della ragione insufficiente l'azione migliore a* è quella che massimizza la seguente somma: max i n y ij. In base a questo j=1 criterio si attribuisce implicitamente a tutti gli stati di natura θ j uguale probabilità. Ciò viene fatto quando non si hanno motivi sufficienti per ritenere che la distribuzione delle probabilità sia diversa da quella uniforme. Nel caso in cui si sia in grado di fare una valutazione della probabilità dei vari stati di natura, si dovrà procedere esplicitamente a tale valutazione (generalmente soggettiva) delle probabilità, attraverso procedure adeguate. Supponendo ora che il decisore abbia accettato una certa definizione di razionalità che gli abbia consentito di assegnare alle conseguenze i valori v ij, dove i=1,...,m rappresenta l'indice della scelta a i e j=1,...,n rappresenta l'indice dello scenario ϑ j allora: - v ij rappresenta la conseguenza della scelta a i dato il verificarsi dello stato ϑ j ; - u ij rappresenta l'utilità di v ij ; - P(ϑ j ) è la probabilità che si verifichi lo scenario ϑ j. Quindi si può affermare che: n l'utilità attesa di a k è P ϑ j u kj j=1 la regola dell'utilità attesa dice di scegliere a k tale che n j=1 n P ϑ j u kj =max i=1 n { P ϑ j u kj } j=1 15

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