Edizioni L Informatore Agrario
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- Romano Costantino Blasi
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1 Edizioni L Informatore Agrario Tutti i diritti riservati, a norma della Legge sul Diritto d Autore e le sue successive modificazioni. Ogni utilizzo di quest opera per usi diversi da quello personale e privato è tassativamente vietato. Edizioni L Informatore Agrario S.r.l. non potrà comunque essere ritenuta responsabile per eventuali malfunzionamenti e/o danni di qualsiasi natura connessi all uso dell opera.
2 RISULTATI DEL PROGETTO BIOLAT: LATTE E QUALITÀ Utili strumenti per valutare la qualità del latte di A.M. Caroli, O. Bulgari, G. Finazzi, C. Gigliotti Il latte è un alimento completo dal punto di vista composizionale, ricco di sostanze nutrizionali in grado di conferire ai prodotti lattiero-caseari peculiari caratteristiche qualitative e funzionali. È risaputo che la composizione del latte e le sue proprietà nutritive possono variare a causa di fattori fisiologici, genetici e manageriali. Si tratta di una variabilità che andrebbe attentamente considerata nella definizione di «qualità», perché può influenzare notevolmente le caratteristiche tecnologiche e nutrizionali del latte e dei suoi derivati. Conoscere l attività delle proteine del latte nel caso, ad esempio, di pastorizzazione dà un informazione ulteriore sulla sua qualità. Ciò è utile all allevatore per chiarire se la propria produzione è più adatta alla trasformazione casearia o al consumo diretto Soggetti e scopo della ricerca Attualmente il pagamento del latte a qualità si basa su requisiti di legge e non tiene conto degli aspetti qualitativi più fini che il prezioso alimento può offrire. In tale contesto si è collocato il progetto di ricerca «Studio di biomarcatori per qualificare il latte destinato a consumo diretto o trasformazione» (Biolat), condotto dall Università di Brescia e dall Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell Emilia-Romagna in collaborazione con la Centrale del latte di Brescia e le Cooperative dei produttori della provincia di Brescia. Il progetto Biolat si è anche avvalso del contributo scientifico di altri istituti di ricerca della Regione Lombardia (Ibba- Cnr di Milano-Lodi, Dipartimento Vsa dell Università di Milano, Stazione sperimentale per le industrie degli oli e dei grassi di Milano). Lo scopo del progetto era quello di identificare indicatori biologici (biomarcatori) particolarmente utili per valutare in modo più accurato la qualità del latte. La ricerca si è focalizzata sul sistema lattoproteico e sulla qualità microbiologica. Si tratta di aspetti molto importanti, la cui variabilità andrebbe adeguatamente sfruttata per qualificare il latte, differenziando il prodotto in base alla sua provenienza e alla sua destinazione d uso. Le proteine del latte Prima di descrivere, in sintesi, i risultati del progetto, vale la pena soffermarsi su un tema apparentemente un po ostico ma, di fatto, semplice e affascinante se compreso nei suoi elementi essenziali: le proteine del latte e le loro variazioni. Tra le componenti del latte, il sistema lattoproteico è di grande rilievo sia per quanto riguarda l attitudine alla trasformazione casearia sia dal punto di vista dell idoneità del latte ai diversi tipi di trattamenti termici. Sono sei le proteine più abbondanti nel latte e da sole rappresentano più del 95% del contenuto in proteina. Si tratta delle quattro caseine (alfa S1 -caseina, alfa S2 -caseina, beta-caseina, kappa-caseina) e delle due principali sieroproteine (beta-lattoglobulina e alfalattoalbumina). Dal punto di vista genetico, queste sei proteine sono soggette a numerose variazioni, causate da cambiamenti (mutazioni) a livello di DNA che danno origine a modificazioni nella sequenza di aminoacidi di cui è formata ciascuna proteina. Ad esempio, sono molto diffuse, tra le razze bovine, due forme proteiche della kappa-caseina simili tra loro: la variante A e la variante B. Le due varianti differiscono solo per due dei 169 aminoacidi che formano la kappa-caseina bovina. Della variante B è nota da molto tempo la migliore attitudine alla caseificazione. Tra le sieroproteine minori, di notevole importanza sono gli enzimi, a causa delle complesse interazioni con il sistema biochimico e fisico del latte. In particolare, le proteasi e le lipasi sono gli enzimi responsabili rispettiva- 24 supplemento a L Informatore Agrario 46/2011
3 Come sono state impostate le prove Il progetto Biolat ha inteso studiare la qualità microbiologica e il sistema lattoproteico del latte, mediante la valutazione sia della variabilità delle lattoproteine sia dell attività totale delle proteasi. Nel corso di un intero anno è stata effettuata una minuziosa mappatura biochimica e igienica del latte conferito alla Centrale di Brescia dalle aziende della provincia, evidenziandone la soddisfacente qualità microbiologica e mettendo in luce caratteristiche biologiche peculiari, che meritano di essere conosciute e potenziate per ottenere un prodotto sempre più rispondente alle esigenze del consumatore. Entrando più nel dettaglio della sperimentazione condotta e dei risultati ottenuti, sono stati raccolti oltre 500 campioni di latte di massa di razza Frisona Italiana. I campioni sono stati prelevati a partire da giugno 2009 a luglio 2010 in 38 aziende afferenti a Cooperativa produttori latte del Comune di Brescia, Cooperativa produttori latte Brescia Nord e Latte Brescia società cooperativa agricola, le quali conferiscono il prodotto alla Centrale del latte di Brescia. Il latte era classificato in due tipologie: alta qualità o convenzionale. Dal punto di vista merceologico, il latte alta qualità deve presentare requisiti più restrittivi sul tenore minimo di materia grassa e proteica oltre che in tema di sicurezza intesa come presenza di germi e cellule somatiche. Queste sono, infatti, le caratteristiche richieste per il latte alta qualità: tenore di materia grassa non inferiore a 3,5%; tenore di materia proteica non inferiore a 32 g/l; tenore in germi a +30 C non superiore a /mL; tenore in cellule somatiche non superiore a /mL. Sono stati analizzati sia campioni di latte aziendali, sia campioni di latte provenienti dalle medesime aziende e prelevati in diverse fasi della filiera di pastorizzazione. È stato condotto un monitoraggio microbiologico dei campioni prelevati. Mediante l utilizzo di metodiche di analisi biotecnologiche è stata effettuata la ricerca di Listeria spp., Salmonella spp., Campylobacter termotolleranti, Escherichia coli verotossici. In caso di esito positivo si è proceduto alla ricerca del microorganismo tramite metodo colturale. mente della degradazione delle proteine (proteolisi) e della degradazione dei lipidi (lipolisi). Questi enzimi hanno ripercussioni considerevoli sulla qualità tecnologica del latte. Il sistema lattoproteico è dinamico: infatti le proteine del latte subiscono l azione proteolitica (cioè vengono degradate) da parte delle proteasi che le tagliano in modo selettivo formando «peptidi» (frammenti di varia lunghezza di catene di aminoacidi) con effetti a volte favorevoli sui prodotti caseari, come ad esempio lo sviluppo di particolari sapori o i Tra le componenti del latte sono le proteine ad avere un ruolo chiave nei processi di trasformazione casearia GLOSSARIO Biomarcatore: un indicatore biologico idoneo a identificare alcune caratteristiche di un particolare stato biologico. Enzima: una molecola (generalmente una proteina) in grado di catalizzare una reazione biochimica in un organismo vivente, convertendo uno o più substrati in uno o più prodotti specifici. Latte di massa: insieme di latte prodotto da più animali. Metodo colorimetrico: metodo di analisi usato per quantificare l intensità del colore di una soluzione, correlata alla concentrazione della sostanza in esame nella soluzione stessa. Peptide: sequenza di aminoacidi contenuta in una proteina; i peptidi del latte derivano dalle lattoproteine a seguito di idrolisi enzimatica. cambiamenti della consistenza nel corso della maturazione del formaggio. D altra parte, una degradazione incontrollata o indesiderata delle proteine può avere effetti negativi sulla qualità del latte riducendo la shelf life, ovvero la vita di scaffale del prodotto. Le proteasi possono essere presenti naturalmente nel latte, come la plasmina, oppure possono avere origine microbica, sviluppandosi, in particolare, da batteri «psicrotrofi». Si tratta di batteri che resistono al freddo e che possono, quindi, moltiplicarsi anche alle temperature di refrigerazione del latte. Le proteine del latte sono note per il loro elevato valore nutritivo. Nel corso APPROFONDIMENTO Il progetto Biolat Per maggiori informazioni riguardo ai risultati del progetto, si rimanda al sito lombardia.it e seguire il percorso dei seguenti link: Argomenti, Ricerca e sperimentazione, Ricerche finanziate, Comparto produzioni animali latte e formaggio, 1254 progetto Biolat, e al Quaderno delle ricerca «Latte e qualità: consumo diretto o trasformazione» che sarà disponibile a breve sul sito della Regione Lombardia o presso l Università di Brescia. 46/2011 supplemento a L Informatore Agrario 25
4 APPROFONDIMENTO Variabilità delle principali lattoproteine FIGURA A - Isoelettrofocalizzazione (IEF) di 5 campioni individuali di latte Alfa S1 -CN B Beta-CN A 2 Beta-LG A 2 Beta-CN A 1 Beta-LG B Alfa s1 - CN Bovina Beta- Beta- Kappa- CN LG CN 1 BB A 2 A 2 AA AA 2 BB A 1 A 2 BB AB 3 BB A 1 A 1 AB AA Kappa-CN A 4 BB A 1 A 1 AB BB Kappa-CN B BB A 1 A 2 AB AA Bovina n. CN = caseina; LG = lattoglobulina. Le varianti genetiche sono indicate con simboli di diversi colori. I genotipi delle 5 bovine per 4 delle principali lattoproteine sono indicati nella tabella. La variabilità delle sei principali lattoproteine è stata valutata mediante la tecnica dell isoelettrofocalizzazione (IEF) e la successiva quantificazione dei tracciati ottenuti mediante analisi d immagine. Si tratta di un metodo d analisi poco costoso che potrebbe, affiancato alle metodiche convenzionali, dare utili indicazioni a un sistema di pagamento del latte a qualità basato sulla destinazione finale del latte: trasformazione o consumo. Il metodo può essere inoltre utilmente impiegato per valutare, sui campioni di latte individuale, la capacità genetica dell animale di produrre varianti genetiche delle lattoproteine più adatte per la destinazione d uso del latte. La figura A mostra alcuni tracciati IEF ottenuti analizzando il latte individuale di cinque bovine. Presso l Università di Brescia è disponibile un servizio che permette di conoscere la qualità genetica delle lattoproteine mediante la tecnica IEF. Sono sufficienti pochi microlitri di latte della bovina di cui si desiderano conoscere le caratteristiche genetiche: ad esempio, una piccola aliquota del campione di latte prelevato in allevamento per i controlli funzionali. Il conservante utilizzato dai controllori delle Apa per il prelievo non solo non interferisce con le caratteristiche analitiche del metodo, ma impedisce la degradazione delle proteine permettendone un più accurato riconoscimento. La ricerca ha messo in luce interessanti relazioni tra l attività proteasica e la variazione delle caseine e della beta-lattoglobulina. All aumentare delle proteasi diminuisce la beta-caseina e aumentano le caseine gamma, frazioni di degradazione della beta-caseina a opera della plasmina, che è la principale proteasi presente naturalmente nel latte. La scarsa attività delle proteasi di origine microbica trova riscontro nell analisi IEF e nella buona qualità igienica del latte. Un altro dato interessante, evidenziato tramite IEF e successiva quantificazione dei tracciati, è la maggior percentuale di kappa-caseina nel latte alta qualità rispetto al latte convenzionale. Mediante test Kappa è stata, inoltre, dosata la quantità di kappa-caseina B. Si tratta di un test commercializzato per il dosaggio di questa variante genetica lattoproteica che, come già riferito, è particolarmente idonea alla caseificazione del latte. L associazione tra quantità di kappa-caseina B e latte alta qualità è risultata opposta. Questo fatto va tenuto presente se si considera che la stessa variante è associata anche a caratteristiche desiderabili per il latte destinato al consumo diretto, come una maggiore percentuale di proteina e di caseina nel latte. Il contenuto in kappa-caseina B può essere, quindi, un biomarcatore utile anche per la valutazione qualitativa del latte destinato al consumo diretto. degli anni è stato, inoltre, dimostrato che le caseine e le sieroproteine sono implicate in diverse attività biologiche con possibili effetti di tipo nutraceutico sull individuo che le ingerisce. Le lattoproteine rappresentano, infatti, una fonte preziosa di «peptidi bioattivi», peptidi, cioè, che determinano sull organismo un effetto ulteriore rispetto a quello nutrizionale. Esistono peptidi a effetto antipertensivo, peptidi trasportatori di minerali, modulatori dell immunità, e così via. I peptidi bioattivi sono, si può dire, «nascosti» nelle proteine contenute dentro il latte, e si liberano per azione di enzimi proteolitici, come le proteasi che agiscono durante la digestione del latte stesso da parte dell individuo che lo consuma. Pastorizzazione ed effetti sulle proteine del latte Il quadro microbiologico emerso dalle analisi sugli oltre 500 campioni di latte di massa di razza Frisona ha messo in luce una situazione igienico-sanitaria soddisfacente degli allevamenti: il latte risulta nella norma per quanto riguarda la presenza dei principali patogeni. È importante sottolineare l efficacia del trattamento di pastorizzazione: tutti i campioni sottoposti al trattamento termico non hanno evidenziato alcuna positività per questi patogeni. Sull intera campionatura è stata valutata l attività proteasica totale tramite un metodo colorimetrico di facile applicazione. La pastorizzazione, come atteso, abbassa l attività proteasica in modo altamente significativo, dal momento che gli enzimi sono, generalmente, molecole sensibili al calore. E l attività proteasica è risultata superiore nel latte alta qualità rispetto a quello convenzionale. Questo fatto evidenzia come il latte classificato alta qualità in base ai requisiti di legge possa presentare aspetti meno favorevoli se vengono considerati altri indicatori di qualità. Si tratta di un risultato che potrebbe, peraltro, essere imputabile al contenuto proteico più elevato nel latte alta qualità, con conseguente aumento dell attività idrolitica a carico delle lattoproteine. 26 supplemento a L Informatore Agrario 46/2011
5 GRAFICO 1 - Distribuzione di frequenza dell attività proteasica nei campioni di latte analizzati Osservazioni (n.) ,6 4,8 6,0 7,2 8,4 9,6 10,8 12,0 13,2 14,4 15,6 16,8 Attività proteasica (mu/ml) Latte alta qualità In tutti i casi, i campioni di latte alta qualità con proteasi inferiori alla soglia di 10 mu/ml (unità biologiche per millilitro) sono l 82% del campione (grafico 1), a indicare un ampio margine di miglioramento del carattere. L importanza di conoscere l attività proteasica In conclusione, il presente studio ha dimostrato che l attività proteasica rappresenta un utile indicatore dell effetto del trattamento termico del latte. La maggiore attività proteasica nel latte alta qualità va considerata una caratteristica non favorevole per gli effetti indesiderati della proteolisi sul latte destinato Latte convenzionale L attività proteasica con valori compresi tra 3,6 e 9,6 mu/ml è molto più frequente nel latte convenzionale che nel latte alta qualità. Le proteine del latte sono una fonte preziosa di peptidi con funzioni nutraceutiche al consumo diretto. Si evidenzia nuovamente come i parametri sui quali viene effettuato il pagamento del latte a qualità siano dei requisiti fondamentali di qualità del prodotto e che dovrebbero essere affiancati da un pannello di biomarcatori idonei a caratterizzare aspetti qualitativi più fini dal punto di vista sia tecnologico sia nutrizionale. Caratteristiche che qualificano il latte A corollario del progetto Biolat, si sono prese in considerazione altre caratteristiche biochimiche del latte di interesse per una qualificazione ulteriore del prodotto. È stato innanzitutto messo a punto un test colorimetrico per la valutazione dell attività lipasica totale del latte. Il test si è rilevato ripetibile e facilmente applicabile al latte di massa: potrebbe essere utilizzato nella valutazione della qualità del latte bovino per promuovere sistemi di pagamento volti a migliorare a tutto campo la qualità del latte prodotto in Lombardia e sul territorio nazionale. Di particolare interesse è risultata, inoltre, la valutazione dell attività lipasica e proteasica nello studio della shelf life del latte UHT. Sono state, infine, indagate altre componenti del latte, che rivestono particolare interesse dal punto di vista della sua qualità nutrizionale (acidi grassi) e organolettica (composti carbonilici volatili). I metodi di quantificazione sono stati sviluppati mediante cromatografia liquida a elevata prestazione (HPLC). Prospettive future La mappatura del latte delle aziende del territorio bresciano ha messo in evidenza una grande variabilità dei biomarcatori utilizzati. La caratterizzazione del latte può permettere all allevatore e al trasformatore di identificare quale latte sia più idoneo alla trasformazione casearia e quale al consumo diretto. Con questa sperimentazione sono state gettate le basi per una valutazione della qualità del latte puntuale e più vicina alla realtà del territorio, nell ottica di fornire ad allevatori e tecnici del settore lattiero-caseario parametri più funzionali alle esigenze di produzione. Questo al fine di collegare maggiormente gli schemi di pagamento del latte alla qualità oggettiva del prodotto. I risultati sono stati ottenuti in aziende della provincia di Brescia, leader per la produzione di latte in Lombardia, ma possono fornire utili indicazioni e costituire le basi per una qualificazione più particolareggiata del latte anche a livello regionale e nazionale. Anna Maria Caroli, Omar Bulgari Carmen Gigliotti Dipartimento di scienze biomediche e biotecnologie Università di Brescia Guido Finazzi Istituto zooprofi lattico sperimentale della Lombardia e dell Emilia-Romagna Brescia Per commenti all articolo, chiarimenti o suggerimenti scrivi a: redazione@informatoreagrario.it 46/2011 supplemento a L Informatore Agrario 27
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