La produzione snella. ing. consuelo rodriguez

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1 La produzione snella

2 Il termine produzione snella (lean production) è stato ideato nel 1992 dai ricercatori del MIT Womack e Jones, nel loro best-seller La Macchina che ha cambiato il mondo, in cui illustrano il sistema di produzione che ha permesso all azienda giapponese Toyota di ottenere risultati nettamente superiori a tutti i concorrenti nel mondo. Negli anni il modello della lean production è stato affinato, assumendo anche altre denominazioni, quali lean organization, lean manufacturing, lean service, lean office, lean enterprise e persino lean thinking (pensiero snello), a indicarne la natura di filosofia industriale che ispira sostanzialmente tutti i metodi e le tecniche.

3 La produzione snella La produzione snella (lean production) è un insieme di principi, metodi e tecniche per la gestione dei processi operativi, che mira ad aumentare il volume percepito dal cliente finale e ridurre sistematicamente gli sprechi. Questo è possibile solo con il coinvolgimento di persone motivate al miglioramento continuo.

4 L obiettivo della Produzione Snella è fare sempre di più con sempre di meno : meno tempo meno spazio meno sforzo meno macchine meno materiali

5 Cenni storici: le tappe fondamentali della lean production

6 WCM -World Class Manufactoring Ispirandosi in modo originale ai principi, ai metodi e alle tecniche della lean production, il metodo World Class Manufacturing (WCM), sviluppato negli Stati Uniti negli anni 90, viene introdotto in Italia dal gruppo FIAT (oggi FCA) attorno al 2005 e attualmente rappresenta uno dei migliori standard di produzione a livello mondiale, applicato con successo da tutti gli stabilimenti del Gruppo Fiat. Così come il Lean, si tratta di un modello integrato che riguarda l organizzazione della fabbrica nel suo complesso: dalla gestione degli aspetti ambientali e di sicurezza sul lavoro, alla manutenzione, fino alla logistica con particolare attenzione all eliminazione degli sprechi. Il WCM si applica a tutti gli ambiti della produzione con l obiettivo di ottimizzare i risultati attraverso il miglioramento continuo dei processi e della qualità del prodotto, il controllo e la progressiva riduzione dei costi di produzione, la flessibilità di risposta alle esigenze del mercato e il coinvolgimento e la motivazione delle persone. ing. consuelorodriguez

7 Organizzazione del WCM Il sistema ruota attorno a dieci pilastri tecnici e a dieci pilastri manageriali. Un audit esterno valuta il grado di applicazione dello standard raggiunto dallo stabilimento e stabilisce così un punteggio che si traduce in quattro tipi di certificazione: Bronzo Argento Oro World class

8 Pilastri tecnici Il WCM viene raffigurato come un tempio retto da 10 pilastri tecnici (pilar)

9 Pilastri tecnici SA Safety - Sicurezza del Posto di lavoro CD Cost Deployment - Fonti di perdita economica FI Focus Improvement - Miglioramento Focalizzato di uno specifico problema AM + WO Autonomous Maintenance - Workplace Organization PM Professional Maintenence - Manutenzione professionale QC Quality Control - Controllo Qualitativo L&CS Logistic / Customer Services EEM + EPM Early Equipment Management, Early Product Management - Strategia di acquisizione dei mezzi di lavoro / processi ENV Enviroment - Ambiente e sfruttamento servomezzi energetici PD People Development - Sviluppo delle competenze del personale

10 Pilastri manageriali I10 pillar manageriali che debbono operare in modo che il sistema/stabilimento sia adeguato a sostenere le attività dei pillar tecnici OPL One Point Lesson SOP Standard Operating Procedure SMP Standard Manutentive Procedure 4M MAN/METHOD/MATERIAL/MACHINE metodo di scomposizione del problema per identificare le aree sensibili 5W 5 WHY porsi domande sul perché di un fenomeno 5W+1H WHAT/WHERE/WHEN/WHICH/WHO/HOW posizionare il fenomeno nell ambito di questi item 3M valutazione oggettiva del posto di lavoro KAIZEN progetti specifici di miglioramento KPI Key Performance Indicators Indicatori oggettivi dei risultati KAI Indicatori delle attività (vedi Kaizen)

11 PRINCIPI DEL PENSIERO SNELLO (LEAN THINKING)

12 Il lean oltre che un metodo da applicare è innanzitutto una forma mentis cioè un modo di pensare che ispira il metodo stesso.

13 I 5 principi del Lean thinking Il Lean si fonda su 5 principi: 1. Valore (Value): ciò che il cliente è disposto a pagare; tutto il resto è spreco 2. Mappatura (Mapping): Per eliminare gli sprechi occorre mappare il flusso del valore ossia delineare le attività in cui si articola il processo operativo distinguendo tra quelle a valore aggiunto e quelle non a valore aggiunto 3. Flusso (Flow): Il processo di creazione del lavoro è visto come un flusso che deve scorrere in modo continuo 4. Produzione tirata (Pull): Soddisfare il cliente significa produrre solo quello che vuole, solo quando lo vuole e solo quanto ne vuole. La produzione è tirata dal cliente e non spinta dal produttore 5. Perfezione (Perfection): La perfezione è il punto di riferimento cui si deve tendere attraverso il miglioramento continuo. Corrisponde alla completa eliminazione degli sprechi

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15 Gli sprechi (MUDA) E spreco tutto ciò che consuma risorse, in termini di costo e tempo, senza creare valore per il cliente. Gli sprechi sono classificati in 7 tipologie (seven Wastes) tra cui la più grave è la sovrapproduzione in quanto è all origine degli altri tipi di sprechi.

16 Metodi per eliminare gli sprechi

17 Le 3 MU: Muda Muri - Mura I Muda sono solo uno dei tre elementi negativi che il lean combatte nei processi, ovvero le cosidette 3 MU : Muda: spreco, perdita Muri : cosa irragionevole, innaturale Mura: irregolarità, instabilità

18 Obiettivo zero Gli obiettivi fondamentali della produzione snella sono rappresentati nella così detta casa del lean Alla base due concetti fondamentali: 1. Standardizzazione (Standard Work) che fa ampio uso della Gestione Visiva (Visual Management) 2. Miglioramento Continuo (Kaizen) che fa leva su specifiche tecniche di Problem Solving. I 4 pilastri sono: Just In Time Jit Zero scorte Autonomazione Jidoka Zero difetti Manutenzione produttiva Organizzazione del posto di lavoro Total Productive Maintenance TPM Workplace Organization WO Zero fermi Zero Inefficienze Questi singoli obiettivi, che concorrono ad ottenere Zero Sprechi (muda), si trasformano in Valore percepito dal Cliente, in termini di qualità, di costo e di tempo.

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20 1. LOGISTICA:ZERO SCORTE JUST IN TIME

21 Logistica: zero scorte (Just in time) Metodo logistico-produttivo il cui obiettivo è quello di produrre e consegnare al cliente: Solo cosa richiesto Solo quando richiesto Solo quanto richiesto

22 Insieme all autonomazione (contrazione di autonomia e automazione - concetto che prese vita intorno al 1980, con lo sviluppo della lean production, fu introdotto per primo dalla fabbrica automobilistica giapponese Toyota), il JIT è il pilastro principale della lean production, in quanto conferisce rapidità e flessibilità al sistema logistico-produttivo e risulta nella progressiva riduzione di tutti i tipi di sprechi. In particolare, con il Just-In-Time si ottengono notevoli riduzioni di: tempo di attraversamento (lead time), impiegato per produrre e consegnare il prodotto al cliente, grazie alla riduzione dello spreco da attesa spazio di stabilimento, necessario per contenere il flusso di produzione e le relative scorte, grazie alla riduzione degli sprechi da sovrapproduzione, scorta inutile e trasporto.

23 Le regole del JIT Non produrre se il cliente non lo richiede Livellare la domanda Collegare tutti i processi alla domanda del cliente con semplici strumenti visivi (kanban)

24 Elemento operativi di un JIT - Flusso continuo (continuous flow) - Produzione snella tirata dal cliente (pull system) - Livellamento della produzione (heijunka)

25 Mappatura del flusso (Value Stream Mapping VSM) La mappatura del flusso del valore consiste nella rappresentazione grafica di tutti i passaggi dei flussi di materiali e informazioni che portano un determinato prodotto dall ordine al la consegna. Questo strumento permette di individuare in modo immediato e visivo gli sprechi, quindi le opportunità di miglioramento. Il metodo prevede di tracciare prima la mappa dello stato attuale (as is), per poi proporre dei cambiamenti da inserire nella mappa dello stato futuro (to be).

26 Flusso continuo (continuous flow) La produzione di massa tradizionale prevede che il materiale venga lavorato a grandi lotti. Questo sistema prevede a interporre tra le diverse fasi di lavorazione dei magazzini intermedi in cui i semilavorati stazionano, formando come una coda (batch and queue) La produzione snella o a flusso continuo prevede la riduzione progressiva della dimensione dei lotti tendendo idealmente a 1 lotto = 1 pezzo (one piece flow). In tal modo la produzione fluisce in modo continuo senza interruzioni, attese e magazzini di semilavorati.

27 Batch-and-queue production One piece flow

28 Sistema pull Il sistema pull è un metodo per controllare il flusso di materiali basato sul reintegro sistematico solo di ciò che effettivamente viene consumato. La produzione è tirata (pull) dal cliente in quanto ogni fase di lavorazione avviene solo se richiesto dalla fase di lavorazione a valle. I processi di produzione sono livellati in quanto vi è una distribuzione costante di carichi di lavoro tra stazioni successive. Il principale obiettivo del sistema pull è di evitare la sovrapproduzione in quanto tale approccio vincola a produrre solo se necessario

29 La movimentazione e la produzione di materiali o componenti tra fasi di lavorazione successive è autorizzata dal Kanban (cartellino) nel quale verranno riportate informazioni visuali che indicano: cosa,quando e quanto produrre. Il Kanban permette il flusso continuo dell approvvigionamento costituendo lo strumento principale di realizzazione del JIT

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31 Livellamento della produzione (heijunka) L irregolarità (mura) della produzione e il carico eccessivo (muri) costituiscono, insieme agli sprechi (muda) uno dei tre elementi negativi dei processi (le tre Mu) che il lean punta ad eliminare. Al fine di rendere più regolare l attività di una linea produttiva è necessario: Regolarizzare la domanda del cliente (qualora possibile) attraverso il livellamento delle consegne (level selling) Regolarizzare la produzione attraverso il livellamento della stessa (heijunka) ottenuto con la produzione frequente di piccoli lotti di ogni prodotto alternati con piccoli lotti di altri prodotti. In tal modo sarà più facile Adattarsi rapidamente alla variazione della domanda Ridurre i carichi eccessivi

32 Il livellamento è il fondamento indispensabile per la corretta applicazione del metodo JET

33 2.QUALITA : ZERO DIFETTI AUTONOMAZIONE (JIDOKA)

34 L autonomazione /jidoka) L autonomazione (jidoka), descritta anche come automazione intelligente o automazione a misura d uomo, è un metodo preventivo di gestione della qualità, in cui operatori e macchine si auto-attivano per identificare le anomalie dei processi, comprenderne le cause ed eliminarle prontamente.

35 L efficacia dell autonomazione deriva dalla capacità di individuare gli errori Prima che si trasformino in difetti sul prodotto, di arrestare il processo se necessario, e di rendere le cause dei problemi visibili appena questi si verificano, facilitandone così l eliminazione.

36 Nella lean production l autonomazione ha un importanza nettamente superiore all automazione, in quanto solo l eliminazione sistematica delle anomalie può permettere il flusso continuo tirato dal cliente proprio del Just-In-Time, oltre a rendere possibili forti aumenti di produttività con le lavorazioni multi-macchina e multi-processo.

37 L autonomazione si pone l obiettivo di ottenere zero difetti, quindi qualità al 100%, in quanto nessun cliente è disponibile a tollerare un prodotto difettoso. Essa va così al di là del tradizionale approccio statistico alla qualità, che si limita a ridurre i difetti entro una percentuale accettabile, ma non punta a eliminarli del tutto. In una produzione industriale, accettare una difettosità dello 0,1% (uno per mille) equivale ad accettare un atterraggio pericoloso al giorno in un aeroporto internazionale.

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39 Sistemi a prova di errore (poka-yoke) Il principale strumento dell autonomazione è il poka-yoke, che in giapponese significa a prova di errore. I poka-yoke (P-Y) sono dispositivi, meccanismi o semplici accorgimenti atti ad evitare che gli errori si trasformino in difetti. Senza saperlo, la nostra vita quotidiana è disseminata di poka-yoke.

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41 I poka-yoke si basano su una logica di prevenzione dei difetti e di gestione della qualità alla fonte. Essi sono più efficaci quando consentono un controllo assoluto, forniscono un riscontro immediato, sono semplici, robusti, affidabili ed economici, e quando non richiedono particolare attenzione da parte dell operatore. È preferibile che tali soluzioni siano ideate già in fase di sviluppo del prodotto e del processo.

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43 Principali metodi di rilevamento delle anomalie con relativi esempi di Soluzioni poka-yoke

44 Esempi di poka-yoke in ambito manifatturiero.

45 3. MACCHINE: ZERO FERMI MANUTENZIONE PRODUTTIVA (TOTAL PRODUCTIVE MAINTENANCA TPM)

46 Total Productive Maintenance(TPM) Il Total Productive Maintenance(TPM) è un programma di miglioramento continuo che riguarda l impiego efficace ed efficiente delle macchine e degli impianti. Con questo nuovo approccio la responsabilità della manutenzione degli impianti è estesa a più livelli,spettando quindi non solo ai manutentori ma anche, anzi soprattutto, agli operatori diretti. Essi sono coinvolti nella manutenzione, in progetti di miglioramento e in riparazioni semplici, tutte attività che diventano parte della loro routine. Per esempio gli operatori si occupano quotidianamente di lubrificare, pulire e controllare le macchine che utilizzano. Il TPM si basa sul coinvolgimento totale delle persone e sulla prevenzione come principale strumento di eliminazione delle perdite.

47 Sono tre le tipologie di perdite che minano l efficienza degli impianti: 1) perdite per fermi guasti attrezzaggi e regolazioni 2) perdite per microfermate e velocità funzionamento a vuoto e microfermate riduzione di velocità 3) perdite per difetti difetti e riparazioni resa all avviamento.

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49 La manutenzione autonoma La manutenzione autonoma è l attività attraverso cui gli operatori, oltre a utilizzare le macchine, si occupano anche di monitorarne lo stato, ripararne le anomalie e ripristinarne le condizioni iniziali. Gli operatori, che meglio di tutti conoscono la funzione e la struttura delle macchine, acquisiscono così le competenze utili a scoprire le anomalie e imparano a compiere attività di manutenzione e facili riparazioni.

50 I sette passi della manutenzione autonoma

51 Manutenzione programmata La manutenzione programmata mira a ridurre i guasti attraverso interventi di prevenzione che, in questo caso, richiedono la competenza specializzata dei manutentori. In particolare occorre prevenire il deterioramento dei componenti, prolungarne la vita utile e regolarizzarne la manutenzione. Per dare visibilità a questo sistema, si imposta un piano di manutenzione che definisce le azioni periodiche necessarie, specificando per ognuna diversi aspetti: i componenti e le parti della macchina su cui intervenire, i contenuti e le modalità di intervento (metodi, attrezzi, parametri, ecc), l operatore responsabile, la frequenza.

52 Set-up rapido Il principio del set-up rapido, noto anche con gli acronimi SMED (Single Minute Exchange of Die) e RTS (Rapid Tool Setting), è quello di ridurre al minimo i tempi di attrezzaggio delle macchine. I tempi di attrezzaggio rappresentano uno spreco, in quanto costringono le macchine a stare ferme quindi a non produrre valore. Lo SMED è un attività semplice, che tuttavia richiede rigore metodologico e attenta analisi. Esso consiste, anzitutto, nell individuare e separare le attività interne dalle attività esterne : Attività interne : azioni che necessariamente si devono fare a macchina ferma (inserimento stampo, staffaggio, ecc), Attività esterne : azioni che si possono eseguire anche a macchina in movimento (ricerca materiale, ricerca utensili, riposizionamento strumenti, registrazione intervento, ecc).

53 Una volta che le attività esterne vengono ad essere spostate al di fuori del tempo di attrezzaggio, la tecnica SMED suggerisce di ridurre al minimo le attività interne, in modo da limitare ulteriormente il tempo in cui la macchina è ferma. Si tratta quindi di interventi di miglioramento, ad esempio la sostituzione dei dispositivi non rapidi (centraggi, staffe, barre filettate, dadi non standard, ecc) con altri rapidi (guide, attacchi a baionetta, viti a mezzo giro, ecc).

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55 4. PERSONE: ZERO INEFFICIENZE ORGANIZZZAZIONE DEL POSTO DI LAVORO (WORKPLACE ORGANIZATION)

56 L organizzazione del posto di lavoro (Workplace Organization WO) è uno degli strumenti fondamentali per migliorare l efficienza, la qualità e la sicurezza dei processi. Permette di facilitare il fluire del lavoro e di eliminare gli sprechi relativi a: Spazi occupati Tempi di ricerca Movimenti e spostamenti Rilavorazioni e controlli

57 Metodo delle 5S

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60 One Point Lesson (OPL) Semplice strumento atto a focalizzare in un unico punto (one poin) un elemento di formazione (lesson). Generaòmente l 0intero oggetto di formazione è cintenuto in un foglio A4 ed è costituito da brevi concetti di immediata comprensione, fotografie, schizzi, disegni.

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62 5. STANDARDIZZAZIONE (STANDARD WORK)

63 La standardizzazione consiste nell attività di definizione, mantenimento e miglioramento degli standard ossia delle procedure di lavoro che guidano ogni operatore in un processo produttivo. Costituisce la base di un miglioramento continuo

64 6. MIGLIORAMENTO CONTINUO (KAIZEN)

65 KAIZEN KAI (cambiamento) ZEN (bene) cambiamento verso il meglio Il Kaizen è una strategia di management giapponese che significa "cambiare in meglio" o "miglioramento lento e continuo": un credo che si basa sulla convinzione che tutti gli aspetti della vita possano essere costantemente migliorati.

66 Questo metodo giapponese incoraggia e caldeggia piccoli miglioramenti da farsi giorno dopo giorno, in maniera continua. Il kaizen, presentato inizialmente da Toyota e applicato sempre più in tutto il mondo, si basa sul principio che l'energia viene dal basso, ovvero sulla comprensione che il risultato in un'impresa non viene raggiunto dal management, ma dal lavoro diretto sul prodotto. L'aspetto più importante del Kaizen è proprio il processo di miglioramento continuo che c'è alla base. Si tratta di un metodo soft e graduale che si oppone alle abitudini occidentali di eliminare ogni cosa che sembra non funzionare bene per rifarla da capo. In Giappone, tra l'altro, dove ha avuto origine il concetto di Kaizen, questo strumento si applica a tutti gli aspetti della vita, non solo al posto di lavoro.

67 Problem solving Gli strumenti dicui si avvale il processo di risoluzione dei problemi (problem solving) sono: 5 Perchè (5 Whys) 5 W+1H 3 Gen 4 M+A

68 5 Perchè (5 Whys) Questa tecnica porta a identificare la causa radice di un problema non fermandosi alla soluzione apparente ma ponendosi una serie consecutiva di perché? simbolicamente almeno 5.

69 Cosa (What): definisci qual è il problema che vuoi affrontare. Cosa vuoi migliorare? Quale aspetto crea problemi? Cosa funziona? Perchè (Why): cerca di capire o immaginare i motivi che causano un problema, o generano una situazione, così come perché si usano già certe soluzioni. Perchè si è sempre fatto così? Perchè succede A dopo B? Perchè questo funziona in certe situazioni e in altre no? Chi (Who): definisci chi si può occupare del problema. Tu? Un tuo socio? Qualcuno che conosci a cui proporre una collaborazione? Se stai valutando 2 idee alternative, chi fa cosa? Dove (Where): considera il luogo dove si colloca il tuo problema. Dove accade quella situazione che vuoi risolvere? Dove la si può risolvere? Quando (When): considera anche le variabili temporali. Quando succede quello che osservi? Quando può essere risolto? Quando si creano determinate condizioni?

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72 5 W+1H What (che cosa9? When (quando)? Where (dove)? Who (chi)? Which (quale)? How (come)?

73 Lo strumento 5W1H fa parte di quel bagaglio di conoscenze che ogni professionista della Qualità dovrebbe padroneggiare perché può aiutarlo a fare un'analisi strutturata di un lavoro o di un'attività e, quindi, di un intero processo. Costruire una checklist impostata sul famoso strumento 5W1H ci aiuta ad utilizzare a livello operativo una tecnica di miglioramento che spesso viene sottovalutata perché considerata semplice e quasi infantile ma che è davvero fantastica se viene compresa fino in fondo e utilizzata bene dai gruppi di lavoro che si occupino di BPR (Business Process Reengineering: strumento utilissimo per tutte quelle organizzazioni che vogliono diventare più efficienti e moderne perché è in grado di trasformarle, influenzandone direttamente le prestazioni.

74 Per costruire la nostra lista di riscontro iniziamo a chiederci: La prima "W": chi? Chi fa questa cosa abitualmente? Chi la sta facendo in questo momento/periodo? Chi dovrebbe farla? Chi altro potrebbe farla? Chi altro dovrebbe farla? La seconda "W": cosa? Cosa prevede questa attività? Cosa viene fatto in realtà? Cos'altro si potrebbe fare? Cos'altro si dovrebbe fare? La terza "W": dove? Dove si dovrebbe svolgere l'attività? Dove viene svolta effettivamente? Dove altro si potrebbe svolgere?

75 La quarta "W": quando? Quando deve essere svolta l'attività? Quando viene effettivamente svolta? Quando potrebbe essere svolta in alternativa? La quinta "W": perché? Perché viene svolta questa attività? Perché viene svolta da una certa persona? Perché si dovrebbe svolgere questa attività in un certo modo? Perché viene svolta in un altro modo? Perché si svolge in un certo posto? Perché si svolge in un certo momento? L'"H": come? Come dovrebbe essere svolta questa attività? Come viene svolta in realtà? Come potrebbe essere svolta l'attività se decidessimo di prendere in considerazione un approccio differente? Come potremmo utilizzare in altre attività questo modo di procedere?

76 What? When? Where? Who? Which? How? 5 W + 1 H Quale pezzo sto producendo? Di che materiale è fatto? In quale fase della produzione dìsi è verificato il problema? Su quale parte del pezzo si è verificato il problema? Questo problema è capitato solo a me o anche ad altri? C è una correlazione tra il problema e qualche evento specifico? Come si è manifestato il fenomeno?

77 3 Gen Il metodo fornisce alcune indicazioni per facilitare la risoluzione di un problema esaminando anche cause correlate

78 4 M + A (metodo di Ishikawa) Il metododi Ishikawa è una tecnica manageriale utilizzata nel settore industriale e nei servizi per individuare la/le causa/e più probabile/i di un effetto (o problema). È anche chiamato diagramma causaeffetto o diagramma a lisca di pesce. Nel campo manifatturiero, le cause o i fattori che influenzano un processo produttivo sono spesso organizzate in quattro macrogruppi, che sono: manodopera macchine (compresa l'energia impiegata, gli strumenti di lavoro e di misura) materiali (materie prime e ausiliarie) metodi (procedure o prassi operative). A queste quattro poi se ne è aggiunta una quinta: l'ambiente, per cui si parla di 4 M + A o "5M". Poiché però ambiente non inizia per "m", si è scelta la lingua francese: il quinto fattore diventa così il Milieu

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80 PDCA Noto anche come ciclo di Deming, la sigla PDCA è formata dalle iniziali delle seguenti parole inglesi: Plan (pianificare), Do (fare), Check (controllare) e Act (agire). E' un ciclo che si applica a tutti i processi e ne consente la realizzazione e la gestione (verifica dei risultati e miglioramento continuo) Plan (Pianificare): Decidere Cosa fare, come farlo, in che tempi. Stabilire gli obiettivi ed i processi necessari per fornire risultati conformi ai requisiti del cliente ed alle politiche dell'organizzazione Do (Fare): Fare quanto pianificato. Dare attuazione ai processi; Check (Controllare): verificare se si è fatto quanto pianificato attraverso dati oggetivi (misurazioni). Monitorare e misurare i processi ed i prodotti a fronte delle politiche, degli obiettivi e dei requisiti relativi ai prodotti e riportarne i risultati; Act (Agire): adottare azioni per migliorare in modo continuativo le prestazioni dei processi;

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