Indagine sui produttori artigianali di salumi

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1 SUMMARY The Italian sector of meat-based product processing is represented by a variety of small and mediumsized enterprises. They experience technical and financial difficulties in complying with official food safety regulations (Directive 93/43 EEC). Sanitary standards, in particular, generally defined for large processing plants, are not always compatible with such small production units. With the purposes to investigate the socioeconomic and technological aspects of dry and fermented sausage production, a survey on traditional workshops has been carried out in five Provinces of the Pianura Padana, in order to clarify the meaning of these artisanal enterprises within the traditional agro-food production system. The paper contains the results of the conducted survey, which focuses on: - characteristics of the workshops (type and amount of production, people involved, link with farm); - production technology (raw materials, processing, characteristics of the products); - marketing organization (place, packaging, prices). The results show the importance of the small enterprises on the market of typical meat production and, at the same time, the great differences of preparations present in the region, that are part of the rooted gastronomic culture, not cancelled by new production techniques and modern technology. SOMMARIO In Italia il settore della lavorazione di prodotti a base di carne è rappresentato da una molteplicità di piccole e medie aziende, nonostante le difficoltà di queste ultime nel rispettare la normativa igienica, pensata per unità produttive di tipo industriale. Lo scopo del lavoro è stato quello di valutare l entità del piccolo artigianato dei prodotti di salumeria presente nella Pianura Padana e la tipologia dei piccoli salumifici, raccogliendo informazioni sulle caratteristiche socio-economiche e l organizzazione del marketing, nonché sulle tecnologie di produzione e le caratteristiche dei prodotti. I risultati della ricerca hanno evidenziato l importanza dei piccoli produttori nel panorama delle produzioni tradizionali, in particolare in quella dei prodotti a base di carne fermentati (salami). È stato, inoltre, possibile mettere in risalto le notevoli differenze esistenti sul territorio, presenti sia tra le province considerate, sia tra le tipologie di produzione. Tutte queste differenze fanno parte della radicata cultura enogastronomica e del ricchissimo panorama di biodiversità agroalimentari italiani. È, quindi, importante garantire sicurezza, qualità e diversità e al contempo tutelare i prodotti di nicchia, coniugando tradizione ed innovazione. MAURO CONTER - EMANUELA ZANARDI - SERGIO GHIDINI PAOLA PEDRELLI - ROBERTO CHIZZOLINI Dipartimento di Produzioni Animali, Biotecnologie Veterinarie, Qualità e Sicurezza degli Alimenti Sezione di Sicurezza degli Alimenti - Università degli Studi di Parma - Via del Taglio Parma - Italia JONATHAN RASON Departement Qualité et Economie Alimentaires - Unité de Recherche Typicité des Produits Alimentaires Ecole Nationale d Ingenieurs des Travaux Agricoles de Clermont Ferrand (ENITAC) Site de Marmilhat Lempdes - Francia Indagine sui produttori artigianali di salumi Valutazioni socioeconomiche e tecnologiche Traditional dry sausage producers of Northern Italy: a comprehensive analysis INTRODUZIONE Gli ultimi decenni hanno visto un recupero delle produzioni tipiche, con la riscoperta dei sapori e delle identità locali, particolarmente significativa per quei territori dove le tradizioni gastronomiche hanno avuto da sempre una forte valenza culturale. Il settore della lavorazione di prodotti a base di carne, ancora estraneo alla forte concentrazione presente nell agro-alimentare, è rappresentato da una molteplicità di piccole e medie aziende, che continuano a ritagliarsi il proprio spazio nell universo di lavorazioni radicate nella tradizione italiana. Sono ben le aziende che in Italia producono salumi, comprese quelle a carattere artigianale. La frammentazione è quindi ancora una caratteristica del settore, soprattutto per la produzione del prosciutto crudo e del salame (IVSI a). Dal punto di vista geografico, gran parte degli stabilimenti di produzione (il 67%) si concentra in quattro regioni dell Italia settentrionale: Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Piemonte. Questo è dovuto sia a motivi di tradizione produttivo-gastronomica, sia perché in queste aree è particolarmente diffuso l allevamento dei suini (il 71% del patrimonio nazionale è allevato in queste quattro regioni). La produzione italiana di salumi ha raggiunto t nel 2003 per un controvalore di milioni di euro. La crescita dello 1,1% è lievemente superiore rispetto a quella del 2002, ma inferiore a quella del decennio precedente (IVSI b). In merito alla produzione dei singoli salumi, il prosciutto cotto rappresenta il prodotto leader attestandosi nel 2003 poco al di sotto delle 285 mila tonnellate, seguito a distanza dal prosciutto crudo che supera per la prima volta la soglia delle 260 mila tonnellate. Il terzo posto è occupato da mortadella e würstel con poco più di 229 mila tonnellate prodotte nel Ancora più lontani appaiono salami (108 mila t), pancette stagionate (54 mila t), coppa (45 mila t), speck (28 mila t), e bresaola (15 mila t) (tab. 1). Queste cifre riguardano la sola produzione industriale e sono, quindi, Industrie Alimentari - XLIV (2005) aprile 1

2 Tabella 1 - Produzione e consumi dei salumi in Italia (Fonte: IVSI a). Salume Tonnellate prodotte 2003 % Consumo** totale 2003 Prosciutto Crudo ,3 Prosciutto Cotto Salame ,9 Mortadella/würstel ,1 Bresaola ,3 Altri salumi ,4 Totale Salumi* ,0 *Al netto della variazione delle scorte; **Consumo apparente = produzione - esportazioni + importazioni. rettificabili, con l apporto del piccolo artigianato che sfugge a queste rilevazioni. È un artigianato attorno al quale si è creato in questi anni un certo movimento di opinione pubblica, nonostante molti piccoli esercizi siano stati costretti a chiudere anche a seguito delle vessazioni sanitarie. I laboratori artigianali, infatti, incontrano grosse diffi coltà a rispettare alla lettera la normativa igienica (Decreto Legislativo 26 maggio 1997, n. 155), che è stata pensata per unità produttive di tipo industriale, sia per le tipologie di rischio sanitario che per gli aspetti relativi alle tecnologie di produzione, alle strutture ed alle attrezzature. Sembra, invece, importante la conservazione di una rete di piccoli produttori distribuiti sul territorio, specie se in zone economicamente svantaggiate o marginali come quelle collinari, visto gli effetti positivi sulle economie locali per la salvaguardia dell occupazione e la presenza di comunità attive in zone a rischio di spopolamento. Considerando che al fine di garantire un elevato livello di sanità pubblica, l Unione Europea e gli Stati Membri hanno fatto della sicurezza alimentare una delle grandi priorità del programma politico europeo (Libro bianco sulla sicurezza Alimentare, 2000) diventa importante valutare la diffusione di questi piccoli produttori e l entità della loro produzione, per capire qual è il loro contributo al rischio causato dal consumo di prodotti di salumeria. Lo scopo del lavoro è stato, quindi, valutare l entità del piccolo artigianato presente sul territorio della Pianura Padana e la tipologia dei piccoli salumifici, raccogliendo informazioni sulle caratteristiche socio-economiche e l organizzazione del marketing, nonché sulle tecnologie di produzione e le caratteristiche dei prodotti. L indagine si è configurata come primo stadio di una ricerca più ampia in quanto si colloca nell ambito di un progetto europeo tuttora in corso e volto a studiare le problematiche igieniche e sanitarie di alcuni salumi tipici ottenuti dai piccoli produttori di diverse aree dell Europa del Sud tradizionalmente note per le loro produzioni (Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Grecia). MATERIALI E METODI Indagine Nello studio sono stati presi in considerazione salumifici artigianali ovvero stabilimenti di prodotti a base di carne con capacità produttiva inferiore a 7,5 t/settimana. In questo modo sono stati individuati piccoli laboratori, macellerie o aziende agricole nei quali si producono prodotti di salumeria fermentati, in particolare salame, localizzati in una zona compresa tra Lombardia ed Emilia Romagna ed estesa tra la Pianura Padana e l Appennino tosco-emiliano. In particolare gli stabilimenti sono stati individuati in 5 province: Cremona, Mantova, Parma, Piacenza e Reggio Emilia. La distribuzione degli stabilimenti nelle 5 province è mostrata nella tab. 2. Una lista degli stabilimenti artigianali è stata preparata in collaborazione con i Servizi Veterinari delle Aziende Unità Sanitaria Locale (AUSL). Ogni stabilimento è stato visitato e le visite sono state condotte nella quasi totalità dei casi in presenza del veterinario ufficiale responsabile dell area o degli stabilimenti. Durante la visita, il proprietario o il responsabile della struttura sono stati sottoposti ad una intervista volta a raccogliere le informazioni necessarie. Complessivamente sono state raccolte 154 interviste corrispondenti a 154 stabilimenti visitati, tutti a capacità limitata, rientrando nel limite produttivo di 7,5 t di materia prima carnea lavorata per settimana, come previsto dal Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 537 e dal Decreto del Ministero della Sanità 31 ottobre Alcuni di questi produttori, inoltre, non sono in possesso del bollo sanitario L, ma lavorano in ottemperanza della Legge 30 aprile 1962, n In particolare, 87 salumifici (pari al 56,5%) sono in possesso del bollo 9-L (in seguito indicati come 9-L ), mentre i restanti 67 (43,5%) non lo sono (in seguito indicati come 283 ). La maggioranza dei 9-L sono situati nella provincia di Cremona (20 salumifici), mentre, nel caso dei 283, Tabella 2 - Distribuzione dei salumifici nelle 5 province considerate. Provincia 9-L 283 Totale Cremona Mantova Parma Piacenza Reggio Emilia Totale Industrie Alimentari - XLIV (2005) aprile

3 la maggioranza (23) è situata nella provincia di Piacenza. Analisi statistica L analisi statistica è stata eseguita con il programma SPSS ver (SPSS Inc. Chicago, Illinois). L analisi della correlazione lineare è stata effettuata per valutare la relazione tra due variabili. Il coefficiente di correlazione lineare di Pearson (P) indica l intensità ed il senso del legame lineare tra variabili. Esso può assumere valori compresi tra 0 e 1 (0 indica assenza di correlazione, 1 indica forte correlazione) e può avere segno positivo o negativo (P positivo indica correlazione diretta, mentre P negativo indica correlazione inversa). Nella tab. 3 vengono riportati i valori che sono stati assegnati alle variabili nominali, per facilitare la comprensione dei valori di P ottenuti con le correlazioni. RISULTATI Caratteristiche socio economiche dei produttori La produzione di salumi complessiva degli stabilimenti presi in considerazione è pari a t annue, mentre la produzione di salame è pari a t annue. Fig. 1 - Produzione annua di salumi e di salami, a seconda della tipologia di stabilimento o a seconda della provincia. La produzione totale di salumi e di salame sono mostrate nella figura 1. Le differenze principali, come era ipotizzabile, si riscontrano tra i 9-L e i 283 : per i primi la produzione di salumi media è kg/anno, mentre per i secondi la media è kg/anno. La provincia con la media di produzione più bassa è Mantova: kg/anno rispetto a una media delle province rimanenti di circa kg/anno. Per quanto riguarda la sola produzione di salame, la provincia che si differenzia di più è Cremona, la cui produzione è kg/anno, mentre le altre province hanno una media di kg/anno. I 154 salumifici sono distribuiti in un intervallo di altitudine variabile da 13 a 930 m sul livello del mare. Nel 65,6% degli stabilimenti la produzione avviene durante l intero anno, mentre nel 34,4% è stagionale (prevalentemente durante il periodo autunno-invernale). Notevoli sono, a questo proposito, le differenze tra i 9-L e i 283, visto che tra i primi, il 94,3% produce tutto l anno, mentre tra i secondi, solamente nel 28,4% dei casi la produzione avviene durante l intero anno. Per que- Tabella 3 - Valori assegnati alle variabili nominali utilizzate per il calcolo delle correlazioni di Pearson Provincia Cremona Mantova Parma Piacenza Reggio Emilia Tipologia del salumificio 9-L Stagionalità della produzione sì no Percentuale di magro o 0% da 1 a 25% da 26 a 50% da 51 a 75% da 76 a 100% di grasso nell impasto Impiego dei vari tagli per da 0 a 20% da 21 a 40% da 41 a 60% da 61 a 80% da 81 a 100% il magro o il grasso Aggiunta di colture starter sì no o ac. ascorbico Tipo di budello Colon Retto Vescica Piccolo intestino Cieco Stagionatura Naturale Condizionata Industrie Alimentari - XLIV (2005) aprile 3

4 sto motivo, data la notevole presenza di 9-L nella provincia di Cremona e, al contrario, il numero consistente di 283 in quella di Piacenza, la produzione è più spesso distribuita nell arco dell intero anno nella prima provincia ed è prevalentemente stagionale nella seconda. Complessivamente, le persone coinvolte nella lavorazione in questi salumifici sono 546. Il numero medio di persone addette alla produzione è 3,6 (da un minimo di 1 a un massimo di 12) e in molti casi si tratta di familiari. Anche per questo aspetto, le differenze tra i 9-L e i 283 sono significative. Il 24% dei salumifici sono dotati di un impianto di macellazione, mentre il restante 76% è dedicato esclusivamente alla produzione di prodotti a base di carne. La provincia caratterizzata dal più alto numero di suini macellati per produttore è Reggio Emilia (media = 1.529,05/anno). Il 19,5% dei salumifici è connesso ad una azienda agricola. L allevamento, se presente, è costituito da suini (85-100%). Il suino pesante (97,6%) e la scrofa (0,9%) sono le tipologie di suino prevalentemente impiegate nella produzione del salame, macellati rispettivamente, in media, a 10 mesi d età ad un peso di 148 kg e a 16 mesi d età ad un peso di 172 kg. In conclusione, per quanto riguarda le caratteristiche socio-economiche dei salumifici, è evidente che la tipologia del salumificio, cioè il possedere o meno il bollo sanitario 9-L, è altamente correlata alla produzione totale di salumi (coefficiente di correlazione di Pearson, P = -0,433), alla produzione totale di salame (P = -0,372), alla stagionalità (P = 0,688) e al numero di persone coinvolte nella produzione (P = -0,520). In altre parole, rispetto a chi non ha il bollo sanitario, i salumifici che ne sono in possesso, hanno una produzione più elevata ed estesa durante l intero anno e il numero di persone coinvolte nella produzione è maggiore. La produzione di salame Materie prime Normalmente le carni non vengono congelate prima dell impiego. L 87% dei produttori separa le frazioni magre da quelle grasse. La proporzione del magro nell impasto è, mediamente, del 77,5%, variabile dal 60 al 91% a seconda delle tipologie di salame prodotto e, quindi, della provincia. Il coefficiente di correlazione di Pearson tra Provincia e Proporzione del magro nell impasto è, infatti, 0,544: ciò indica che il salame prodotto nella provincia di Cremona è quello con la minor percentuale di magro nell impasto, mentre quello con la percentuale di magro maggiore è il salame prodotto nella provincia di Reggio Emilia. La fig. 2 mostra la percentuale di magro nell impasto a seconda della provincia considerata, mentre le fig. 3a e 3b mostrano quali sono i tagli utilizzati rispettivamente per il magro e per il grasso. Nel caso dei tagli per il magro, solo in pochi casi vanno intesi come tagli interi, ma spesso si tratta di rifilature provenienti dalla produzione di tagli interi stagionati (prosciutto, culatello, coppa, ecc.). Le rifilature magre provengono principalmente dalla coscia, dalla spalla, dal lombo. Percentuali minori si ricavano dalla pancetta e dal collo. C è, infine, una parte di tagli magri, ottenuti soprattutto dai muscoli intercostali, dalla parte finale del lombo (fondello) e dalla parte più interna della spalla (sottospalla), nonché da tagli specifici ottenuti dalla pancetta (trito di banco). Relativamente al grasso, la maggior parte proviene dalla pancetta, seguita dalla gola, dal lardo, dalla coscia, dalla spalla e dal collo. È interessante notare come alcuni tagli siano altamente correlati con la tipologia di salumificio, come indicato nelle fig. 3a e 3b. In particolare sono altamente correlati ai 9-L quei tagli prodotti industrialmente, quali quelli indicati con Altri (P = -0,291) per il magro e la pancetta per il grasso (P = -0,298). Al contrario sono correlati con la tipologia 283 i tagli ottenuti da lavorazioni artigianali, in particolare il grasso di copertura della spalla (P = 0,210) e della coscia (P = 0,223) e il grasso di gola (P = 0,268). Il coefficiente di correlazione tra i tagli utilizzati nella produzione e la provincia in cui si situa il salumificio permette di evidenziare ulteriori informazioni. In particolare, per la parte magra dell impasto, Cremona è la provincia dove i tagli ottenuti dalla spalla raggiungono Fig. 2 - Percentuale di magro nell impasto a seconda della provincia considerata. 4 Industrie Alimentari - XLIV (2005) aprile

5 Fig. 3a - Tagli magri utilizzati nella produzione del salame. Coefficienti di correlazione di Pearson relativamente alla tipologia del salumificio: * La correlazione è significativa al livello 0,05. ** La correlazione è significativa al livello 0,01. Fig. 3b - Tagli grassi utilizzati nella produzione del salame. Coefficienti di correlazione di Pearson relativamente alla tipologia del salumificio: * La correlazione è significativa al livello 0,05. ** La correlazione è significativa al livello 0,01. le percentuali più elevate (41,13%), Cremona e Mantova sono caratterizzate da percentuali relativamente elevate di tagli ottenuti dal collo (8,87 e 10,78% rispettivamente), mentre i salumifici di Parma e Reggio Emilia usano percentuali elevate di altri tagli (rispettivamente 34,67 e 30,38%). Per quanto riguarda i tagli grassi, il lardo viene spesso utilizzato a Reggio Emilia (34,76%), la pancetta a Parma (80,83%), mentre la gola è il taglio più utilizzato a Piacenza (44,13%). Queste differenze, oltre ad essere legate alle ricette classiche delle varie province, dipendono anche dall utilizzo di alcuni tagli per la produzione di altri salumi tipicamente locali (prosciutto, coppa, pancetta, ecc.). Lavorazione Il 91,6% dei produttori utilizza il tritacarne per macinare i tagli carnei, mentre il cutter è utilizzato dall 1,3% dei salumifici (2 produttori, entrambi 9-L e situati nella provincia di Cremona). Soltanto uno (0,6%) presente nella provincia di Piacenza taglia esclusivamente con coltello gli ingredienti carnei, mentre 10 produttori (6,5%) (di cui 6 nella provincia di Piacenza e 4 in quella di Reggio Emilia) associano il tritacarne al taglio Industrie Alimentari - XLIV (2005) aprile manuale con coltello. In quest ultimo caso, generalmente il tritacarne viene utilizzato per le parti magre, mentre il taglio manuale viene eseguito sulle parti grasse. Tra gli 11 produttori che utilizzano il taglio manuale con coltello delle materie prime, uno solo (a Reggio Emilia) è un 9-L. Il diametro medio dei fori delle piastre del tritacarne è 9 mm, variabile da 4 a 18 a seconda della tipologia di salame prodotto e della provincia in cui sono situati i salumifici. La correlazione tra la dimensione dei fori delle piastre e la provincia di appartenenza, infatti, è elevata (P = 0,510). Il salame cremonese è quello macinato più fine (dimensione dei fori pari a 6 mm), mentre quello piacentino è quello a grana più grossa (13 mm). Il 21,4% dei produttori aggiunge starter microbici all impasto. L aggiunta di starter è molto più frequente nei 9-L rispetto ai 283 (32,2 e 7,5% rispettivamente), come dimostrato anche dall elevato fattore di correlazione riscontrato tra la tipologia e la pratica di aggiungere colture starter (P = 0,299). Il 6,5% dei produttori, inoltre, inocula la superficie dei salami con muffe. Tra questi, solamente uno è un 283. Il 25,3% dei salumifici prevede l aggiunta di zuccheri all impasto (il 18,2% usa saccarosio e il 9,1% glucosio). Una piccola percentuale (5,19%) non usa né nitriti, né salnitro (potassio nitrato). La maggioranza (91,6%) usa salnitro, mentre solamente il 7,1% usa nitrito di sodio. Tra gli ingredienti, tutti aggiungono il pepe, il 94,8% l aglio (fresco nell 82,2%, in polvere nel 17,8%), il 63,6% le spezie. Il vino è aggiunto dal 69,5% dei salumifici, mentre il 32,5% usa altri ingredienti, tra cui prevalentemente miscele di zuccheri ed acido ascorbico. L aggiunta di miscele di zuccheri ed acido ascorbico è più frequente nei 9-L che nei 283 (47,1% rispetto al 13,4%), con un coefficiente di correlazione (P) di 0,357. Solamente 4 produttori (2,6%) usano budelli sintetici (di cui 3 a Cremona e 1 a Mantova). La tipologia di budello naturale utilizzata (fig. 4) è altamente correlata con la provincia (P = 0,347), considerando anche che la scelta del tipo di involucro naturale, come anche di altre caratteristiche, dipende principalmente dalla tipologia di salame prodotto e, quindi, dalla zona di produzione. Dai vari tratti intestinali si ottengono involucri che prendono nomi particolari: l intestino tenue viene comunemente chiamato torto, dal colon 5

6 Fig. 4 - Tipo di budello naturale utilizzato nelle 5 province considerate. si ottengono il crespone, il cresponetto e la filzetta (procedendo dal tratto prossimale a quello distale), mentre il retto corrisponde al cosiddetto gentile. I salami cremonese e mantovano vengono prodotti col crespone o col cresponetto, mentre i salami parmigiano e reggiano sono tipicamente insaccati nella filzetta o nel gentile. Infine il crespone o il sottocrespone e, meno frequentemente, la filzetta e il gentile sono i budelli utilizzati per insaccare il salame piacentino. Dopo l insacco, la tecnologia di produzione prevede generalmente tre fasi: stufatura, asciugatura e stagionatura. La durata, la temperatura e l umidità relativa di queste tre fasi sono riportate nella tab. 4. Il 33,8% dei produttori prevede una fase di stufatura, anche se esistono notevoli differenze tra i 9-L e i 283 : tra i primi, infatti nel 46% viene eseguita la stufatura, mentre tra i secondi tale procedura viene attuata solo nel 17,9% dei casi. Due produttori (pari al 1,3%), situati rispettivamente nelle province di Mantova e di Reggio Emilia non distinguono l asciugatura dalla stagionatura. Da notare è che la temperatura delle sale di asciugatura è altamente correlata con la tipologia dei salumifici (P = -0,193) ed in particolare è mediamente più alta nei 9-L. Tabella 4 - Durata, temperatura ed umidità relative delle fasi di produzione del salame. Stufatura Asciugatura Stagionatura % di produttori 33,8 98,7 Naturale: 43,8 Controllata: 43,8 Entrambi: 12,4 Durata Media 13 ore 6,5 giorni 11,3 settimane Min.-max 2-72 ore 1-50 giorni 2-36 settimane Temperatura Media 22 C 15,7 C 13,4 C Min.-max C 2-25 C 5-20 C Umidità relativa Media - 71% 80,9% Min.-max % % Anche il tipo di stagionatura (naturale o condizionata) e la durata di questo periodo sono altamente correlate con la tipologia dei salumifici, avendo un coefficiente di correlazione rispettivamente di -0,251 e 0,498. Infatti, la stagionatura è naturale solamente nel 27,6% dei salumifici 9-L, mentre tale percentuale è del 64,2% nei 283 ; la durata della stagionatura è superiore alle 7 settimane nel 56,3% dei 9-L e nell 82,1% dei 283 (fig. 5a e 5b). Il peso e il diametro medio dei salami, a fine stagionatura, sono altamente correlati con la provincia di appartenenza del salumificio (P = -0,486 e -0,543 rispettivamente). La correlazione negativa indica che le province di Cremona e di Mantova sono caratterizzate da pesi e diametri maggiori rispetto alle altre province. Confezionamento e vendita Solamente il 13% dei produttori confeziona il salame al momento della vendita. In particolare, il 9% utilizza carta alimentare, mentre il 91% utilizza film plastici. Il 51,3% dei produttori aggiunge un etichetta, ma c è una notevole differenza tra i salumifici 9-L e i 283, in quanto i primi appongono l etichetta nel 64,4% dei casi, mentre i secondi solamente nel 34,4%. Il 5,2% dei salumifici producono un salame protetto da Denominazione di Origine Protetta (DOP) (Salame piacentino DOP), marchio presente, nella nostra indagine, esclusivamente nei salumifici in possesso del bollo sanitario. Solamente l 11% conserva il prodotto in cella frigorifera prima della vendita, a fine stagionatura. Il 55,8% dei produttori vende esclusivamente salami interi; il rimanente 44,2% li vende anche in tranci e/o affettati. Relativamente alla vendita, la maggioranza vende ad altri negozi (41,19%), il 33,7% vende a ristoranti o gastronomie, il 15,84% possiede uno spaccio, l 8,51% vende a supermarket, mentre raramente la vendita avviene attraverso internet o la spedizione. 6 Industrie Alimentari - XLIV (2005) aprile

7 Fig. 5a - Durata della stagionatura nei salumifici 9-L. Fig. 5b - Durata della stagionatura nei salumifici 283. La composizione degli acquirenti è mostrata nella tab. 5. La vendita avviene durante tutto l anno nell 88,3% dei salumifici considerati. Negli altri casi la vendita avviene solamente nel periodo primaverile-estivo o autunno invernale. Il prezzo medio del salame (altamente correlato con la tipologia del salumificio: P = 0,635) è 12,84 /kg, con un minimo a 5 /kg e un massimo a 33 /kg. L ampia divergenza nei prezzi rilevati dipende dal fatto che, nel caso di produttori che non effettuano vendita al dettaglio, sono stati riferiti i prezzi all ingrosso. DISCUSSIONE La normativa igienica cui i prodotti tradizionali devono fare riferimento è innanzitutto quella prevista per qualsiasi soggetto che produca, trasformi, commerci e distribuisca sostanze alimentari, (L. 30 aprile 1962, n. 283, Tabella 5 - Tipologia di acquirenti. % Clientela locale 64 Cittadini 27 Turisti 19 DLgs 26 maggio 1997, n. 155), spesso calibrata sulle unità produttive di tipo industriale, in particolare per le tipologie di rischio sanitario. Per impedire la scomparsa di alcune produzioni tradizionali, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MI.P.A.F.), recepite le tante istanze provenienti dalle categorie e associazioni interessate, ha emanato alcune norme, in particolare il DLgs 30 aprile 1998, n. 173 e il successivo Decreto 8 settembre 1999, n. 350 (rivisto col Decreto del MI.P.A.F. del 14/6/2002). Di rilievo, in questi decreti, è la possibilità di accesso ad alcune deroghe, in particolare la possibilità di attuare procedure operative in grado di assicurare uno stato soddisfacente di igiene e disinfezione dei materiali di contatto e dei locali nei quali si svolgono le attività produttive, salvaguardando le caratteristiche di tipicità, salubrità e sicurezza del prodotto, in particolare per quanto attiene la necessità di preservare la flora specifica (art. 4 del Decreto 350 del 1999). Anche il recente Regolamento CE 852/2004 prevede una certa flessibilità per poter continuare ad utilizzare metodi tradizionali nelle varie fasi della produzione degli alimenti, ma tale flessibilità non dovrebbe compromettere gli obiettivi di igiene alimentare. L aumento dei consumi dei prodotti tradizionali, evidenziato in questi ultimi Industrie Alimentari - XLIV (2005) aprile anni, accanto alla necessità di salvaguardare le produzioni tipiche, derogando in alcune situazioni la normativa igienica, possono essere fonte di rischio per il consumatore. Per questo è importante conoscere la diffusione dei piccoli produttori, l entità e le caratteristiche della loro produzione, per valutare il loro contributo al rischio causato dal consumo di prodotti di salumeria. Attraverso l indagine che è stata effettuata circa 200 piccoli produttori di salame tradizionale sono stati censiti in cinque province (Parma, Reggio Emilia, Piacenza, Cremona, Mantova), di cui 154 sono stati visitati. Questo dato, insieme alle quantità di salumi che vengono prodotte annualmente, evidenzia l importanza che tali produttori rivestono nel panorama delle produzioni tradizionali e testimonia l impatto che essi possono avere sul territorio e l economia locale. L indagine, inoltre, ha messo in evidenza le notevoli differenze esistenti sul territorio della Pianura Padana, presenti sia tra le province considerate, sia tra le tipologie di produzione. In generale si può affermare che nei laboratori che lavorano in ottemperanza della L. 30 aprile 1962, n. 283, la produzione è più tradizionale, rispetto agli stabilimenti in possesso del bollo sanitario 9-L, dove, invece, ci si avvicina, in alcuni casi, ad una produzione di tipo 7

8 semi-industriale. Ad esempio nei piccoli salumifici è spesso il proprietario ed i suoi familiari, che eseguono la lavorazione. La produzione è meno spinta dal punto di vista tecnologico, relativamente ai tempi e alle temperature di asciugatura e di stagionatura e prevede più spesso l utilizzo di tagli di tipo industriale. L aggiunta di colture starter o di miscele di zuccheri è piuttosto rara e la produzione è quasi sempre stagionale e quantitativamente limitata. Tra le province, le differenze sono legate principalmente alla tipologia di salame prodotto. In questo modo si diversifica la tipologia di budello utilizzato, il tipo di macinatura, il peso e la lunghezza del prodotto, ma anche i tagli carnei impiegati. Tutte queste differenze fanno parte della radicata cultura enogastronomica e del ricchissimo panorama di biodiversità agro-alimentari italiani. È, quindi, importante garantire sicurezza, qualità e diversità, e al contempo tutelare i prodotti di nicchia, coniugare tradizione ed innovazione e trasferire alle giovani generazioni questo panorama di saperi e di gusti, che significa identificazione culturale, sviluppo economico e sociale, conservazione e caratterizzazione ambientale, e si traduce in sintesi in alta aspettativa occupazionale e qualità della vita. RINGRAZIAMENTI Gli autori ringraziano tutti i veterinari dei Servizi Veterinari delle Aziende USL di Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Cremona e Mantova, che hanno collaborato alla stesura delle liste degli stabilimenti artigianali e alle visite nei salumifici. La ricerca è parte del Progetto Assessment and improvement of safety of traditional dry sausages from producers to consumers (N. QLK1-CT ) finanziato dalla Unione Europea nell ambito del Quinto Programma Quadro di Ricerca e Sviluppo Tecnologico in Europa. BIBLIOGRAFIA 1. Decreto Legislativo 155 del 26/05/1997. Gazzetta Ufficiale 136 del 16/06/ Decreto Legislativo 173 del 30/04/1998. Gazzetta Ufficiale 265 del 05/06/ Decreto Legislativo 286 del 18/04/1994. Gazzetta Ufficiale 111 del 14/05/ Decreto 350 dell 08/09/1999: Gazzetta Ufficiale 240 del 12/10/ Decreto del 14/06/2002. Gazzetta Ufficiale 167 del 18/07/ IVSI a (Istituto per la valorizzazione dei Salumi Italiani). I salumi italiani, Gli indicatori economici. it/ivsi/salumi_italiani/indicatori.asp. 7. IVSI b (Istituto per la valorizzazione dei Salumi Italiani). I salumi italiani, I numeri del mercato. it/ivsi/salumi_italiani/numeri.asp. 8. Legge 283 del 30/04/1962. Gazzetta Ufficiale 139 del 04/06/ Libro Bianco sulla sicurezza alimentare. COM 1999 (719) def. 10. Regolamento CE 852 del 29/04/2004. Gazzetta Ufficiale Serie L 139/1 del 30/04/ Industrie Alimentari - XLIV (2005) aprile

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