PRODUZIONE SNELLA E JUST-IN-TIME

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1 PRODUZIONE SNELLA E JUST-IN-TIME (a cura di E. Padoano) [Bozza 2010] Indice 1 Introduzione 1 2 Il valore aggiunto e gli sprechi 2 3 Principi ed elementi costitutivi del TPS Stabilità operativa Kaizen Jidoka Just in time Produzione a celle e shojinka Il flusso continuo e bilanciato Produzione di tipo push e pull 15 6 Il sistema kanban Generalità Funzionamento del sistema a due kanban Aspetti operativi Pregi e difetti dei diversi sistemi 27 Riferimenti bibliografici 27

2 1 Introduzione Negli anni 50 l industria giapponese iniziò a sviluppare delle pratiche produttive a partire da concetti già presenti nel management scientifico e, per quanto riguarda la pianificazione e gestione dei materiali, nei metodi di gestione a livello di riordino. Le industrie Toyota, in particolare, codificarono un sistema coordinato di metodi e approcci alla produzione che furono denominati Toyota Production System (TPS Ohno 1988): tale sistema si affermò, negli anni 60 e 70 come alternativa ai sistemi MRP che si erano diffusi nelle aziende occidentali. La forte competizione delle industrie giapponesi portò gli esperti occidentali ad analizzare tale sistema che fu denominato produzione just-in-time (JIT) enfatizzandone le caratteristiche temporali e di reattività. L insieme degli approcci e dei principi TPS non era limitato al sistema di pianificazione e controllo della produzione, ma pervadeva l intera azienda. Alla base della filosofia JIT vi è l eliminazione di tutti gli sprechi e il miglioramento continuo della produzione. È quindi evidente che tale concezione si origina a livello strategico (business) e cerca delle risposte nel dominio della produzione perché ritenuto potenzialmente in grado di liberare dei fattori competitivi. Nel corso degli anni 80 diversi autori rilevarono la forte competitività delle aziende giapponesi derivante dall applicazione dei principi di riduzione degli sprechi. Questi principi furono riproposti con maggiore forza alle industria occidentali assimilandoli ad una filosofia di produzione che fu denominata produzione snella (lean production Womack e altri 1991). Lo scenario industriale odierno, di cui è un aspetto saliente, ha imposto nuove forme di competizione: i mercati soffrono di incertezza e la domanda è soggetta a forte turbolenza. Essa ha assunto caratteri di irregolarità e discontinuità rendendo difficili o poco affidabili le previsioni; i clienti sono sempre più esigenti. Una leva competitiva delle imprese, per affermare la propria posizione sul mercato, è quella di agire differenziando l offerta, ampliando l estensione della gamma di prodotti e modelli per soddisfare in modo sempre più specializzato e completo le richieste della potenziale clientela. L obiettivo basilare per un impresa diviene generare valore aggiunto per il proprio cliente, fornendogli ciò che desidera, nel momento in cui lo desidera, con le caratteristiche e nelle condizioni pattuite, e associando al prodotto un servizio distintivo (assistenza post-vendita, manutenzione, sostituzione in garanzia, formazione nell utilizzo o quant altro). Per ottenere questi risultati l azienda deve orientarsi ad operare on-demand, allo scopo di garantire flessibilità ma efficacia allo stesso tempo, consolidando al proprio interno il know-how e le competenze chiave che la distinguono dalla concorrenza. La produzione snella si presenta quindi come un modello produttivo in grado di supportare efficacemente una strategia produttiva fortemente tirata dal mercato, che consenta di adattarsi alla domanda del cliente e, al contempo, di ridurre i costi associati all espletamento delle attività operative. I risultati tipici che si possono ottenere consistono nella riduzione dei costi di produzione,nella riduzione del tempo di attraversamento del sistema, nell incremento dell indice di rotazione delle scorte e nel miglioramento dell utilizzazione della capacità produttiva. Gest. prod. ind. 1

3 2 Il valore aggiunto e gli sprechi Il TPS si sviluppò in un contesto caratterizzato da una forte limitatezza di risorse, sia dal lato offerta sia dal lato domanda. Il mercato interno giapponese era sostanzialmente differente da quello statunitense, contraddistinto da un elevato volume di clienti potenziali con una buona capacità di spesa. L utilizzo delle risorse produttive avrebbe dovuto essere limitato alle sole attività a valore aggiunto che avrebbero potuto essere remunerate dal mercato. Secondo i principi TPS questo poteva essere perseguito attraverso l eliminazione di tutti gli sprechi con un miglioramento continuo della produzione. Di conseguenza, il termine snella indica una produzione che utilizza meno risorse per realizzare lo stesso output dei metodi tradizionali e che, a parità di risorse disponibili, è in grado di produrre una varietà di prodotti più ampia. Con specifico riferimento alla gestione dei flussi di materiali, l idea è quella di non anticipare la produzione, creando scorte in attesa di potenziali clienti, ma di produrre solo quanto e quando è richiesto da cliente (just-in-time). Secondo TPS, spreco (muda) è tutto ciò che non aggiunge valore per il cliente, ma che comunque assorbe risorse: invece di riservare le risorse a disposizione per creare valore esse sono sprecate in attività inutili. Il concetto di valore per il cliente comprende, come rilevato quando si è parlato di produzione, un insieme di aspetti: si devono ottenere i prodotti giusti, nelle quantità giuste, nel luogo e nel tempo fissato. Il prodotto deve soddisfare le attese (anche potenziali) ad un prezzo considerato ragionevole. Il valore ha quindi origine nel mercato, prende forma nel progetto del prodotto e del processo produttivo e si sviluppa nella produzione pura e nelle attività connesse (ad esempio, logistica e assistenza). Aggiungere valore ad un prodotto non significa però aggiungere costi: un cliente non è interessato ai costi affrontati dall azienda, ma solo al prezzo di acquisto e al valore che egli attribuisce al prodotto. Tutte le attività che aggiungono costi senza aggiungere valore dovrebbero quindi essere eliminate. Un azienda che elimini gli sprechi, secondo l ottica TPS, sarà un azienda efficiente, orientata alla qualità, che risponde con rapidità ai bisogni del cliente. Esistono diversi tipi di spreco che possono manifestarsi nelle fasi che precedono la produzione, durante la produzione e nelle fasi successive. Gli sprechi possono iniziare nella definizione delle strategie produttive in relazione al mercato di interesse. Ad esempio, nelle decisioni riguardanti la specializzazione delle linee produttive in relazione al tipo e varietà di prodotti. Così, la ricerca della massima produttività può essere in contraddizione con le esigenze di varietà provenienti dal mercato. Il primo passo nel conseguimento di un organizzazione snella (Womack e Jones, 2003) consiste in un analisi dei processi (siano essi primari o di supporto). A tal fine si può elaborare una mappatura del flusso del valore (valuestream mapping) per individuare la rete di processi e sottoprocessi e il loro contributo al valore fino al livello di dettaglio desiderato. L obiettivo di tale attività l individuazione delle attività a valore aggiunto, delle attività non a valore aggiunto ma che sono necessarie, allo stato attuale, per lo svolgimento Gest. prod. ind. 2

4 del processo e delle attività non a valore aggiunto immediatamente eliminabili (Rother e Shook, 2003). In primo luogo, gli sprechi nel sistema produttivo sono identificabili nell esistenza di eccessive risorse produttive, che si manifestano nell utilizzo di forza lavoro eccessiva, attrezzature eccessive, scorte eccessive, dove con eccessivo si intende quanto non necessario, dunque in esubero rispetto a quanto richiesto dai clienti. Ciò determina esclusivamente un aumento dei costi, ma non contribuisce alla creazione di valore aggiunto. Ad esempio, detenere scorte sovrabbondanti determina il pagamento di oneri finanziari in capitale immobilizzato ed investito in materiale che non crea valore aggiunto. L utilizzo di risorse eccessive conduce alla sovrapproduzione, cioè lo svolgimento di attività anche oltre le operazioni necessarie ed essenziali. Questa situazione contribuisce alla creazione di scorte in eccesso, che a loro volta determinano la necessità di manodopera, attrezzature, spazi di stoccaggio e risorse per la movimentazione. L utilizzo di risorse eccessive, la sovrapproduzione e le scorte eccessive determinano un investimento di capitali non necessario allo scopo di dotarsi di magazzini per lo stoccaggio delle scorte extra, la necessità di assumere operatori per provvedere alla movimentazione dei materiali dal magazzino, di acquistare attrezzature per gli operatori, di assumere operatori per la manutenzione, con il risultato di avere una gestione molto complessa di tutti i processi. Questi sprechi influiscono infine, in modo indiretto, sull aumento dei costi amministrativi e dei costi del lavoro indiretto senza aggiungere valore per il cliente (Imai, 1997). TPS ha identificato sette tipi di spreco: 1. sovrapproduzione. Produrre quantità e articoli oltre le richieste immediate comporta la formazione di scorte di semilavorati, componenti e prodotti finiti, richiede un carico maggiore per la pianificazione e controllo e può determinare ritardi nella individuazione di difetti o malfunzionamenti; 2. trasporti e trasferimenti. Se i materiali fossero subito consegnati presso il luogo del loro utilizzo, si potrebbero evitare o per lo meno limitare la movimentazione e lo stoccaggio dei materiali che comportano costi ma non aggiungono valore al prodotto finale; 3. eccessi di scorte; come già visto comportano diversi tipi di costi (investimento ed esercizio); 4. attese. Si manifestano come interruzioni del flusso di produzione e ne bloccano lo scorrere, incrementando i tempi di attraversamento del processo. Ad esempio, un operatore può attendere materiali o istruzioni e i materiali possono attendere in coda prima che un centro di lavoro si renda disponibile; 5. sprechi di processo. Il processo può utilizzare impianti o attrezzature errate o poco efficienti. Il flusso di creazione del valore di un processo può essere interrotto da attività non a valore aggiunto (ad esempio, rilavorazioni, ispezioni ecc.); Gest. prod. ind. 3

5 6. spreco di movimenti e nei metodi. Gli operatori possono essere costretti a spostamenti non a valore aggiunto, per la ricerca di attrezzi, prelievi di materiali, kit di montaggio disordinati o incompleti ecc. Le macchine possono compiere nel ciclo movimenti non produttivi o inefficienti; 7. difetti. I difetti sono una fonte di spreco notevole: i componenti difettosi interrompono la continuità del flusso produttivo; i prodotti difettosi che raggiungono il cliente comportano costi; l identificazione dei pezzi difettosi e le rilavorazioni comportano costi aggiuntivi. In aziende che hanno attuato il TPS integralmente (ad esempio, nell industria automobilistica o in quella dei prodotti elettronici di massa), si sono ottenuti i risultati indicati nella Tabella 1. Tabella 1: Risultati dell applicazione del JIT Miglioramenti dopo 3-5 anni (%) Riduzione del tempo di ciclo Riduzione delle scorte Materiali WIP Prodotti finiti Riduzione di costo del lavoro Diretto Indiretto Riduzione degli spazi necessari Riduzione dei costi di qualità Riduzione dei costi di materiali Principi ed elementi costitutivi del TPS Nelle aziende basate sul modello della produzione di massa (detto anche batchand-push o batch-and-queue), ogni processo opera in sostanziali condizioni di isolamento all interno della catena del valore: l elemento di collegamento tra processo e processo è rappresentato dal piano (centralizzato). In logica push (nella produzione a scorta su previsione) l ordine di produzione comunicato dalla programmazione è eseguito nel centro di lavoro che realizza i lotti e li spinge verso un buffer interoperazionale o verso il magazzino prodotti finiti, senza avere informazioni di ritorno dai processi a valle che il centro di lavoro stesso alimenta. Finché questo semilavorato non è utilizzato, dovrà essere immagazzinato, movimentato, conservato. Inoltre, produrre grandi lotti in modalità push, pur consentendo di diminuire l incidenza del tempo di setup sul singolo pezzo di un lotto, determina un allungamento del tempo totale di attraversamento del sistema da parte del pezzo, che può crescere ed Gest. prod. ind. 4

6 essere soggetto a forte variabilità a causa di fermi-produzione, mancanza di bilanciamento del flusso, problemi di qualità ecc. L obiettivo che si pone TPS è invece realizzare esclusivamente ciò che il processo a valle necessita, nel momento in cui esso ne ha bisogno. I processi devono essere legati tra loro in un flusso continuo, in linea e bilanciato, dal materiale grezzo al prodotto finito, che garantisca il tempo di attraversamento il più ridotto possibile, un elevato livello qualitativo, al più basso costo possibile, ovvero in ottica di efficacia ed efficienza complessiva. La struttura di questo modello è formata da alcuni concetti guida che si concretizzano operativamente in metodi e tecniche da applicare a diversi livelli dei processi produttivi: stabilità operativa; kaizen (cambiamento verso il miglioramento); jidoka (autonomazione); just-in-time. Tali concetti saranno esaminati di seguito dedicando maggiore spazio all ultimo principio in quanto più specificamente collegato agli argomenti del corso. 3.1 Stabilità operativa Nel modello TPS il primo obiettivo da conseguire è assicurare la stabilità operativa del sistema agendo su diversi aspetti dei processi e dell organizzazione. Un primo aspetto è la standardizzazione delle attività: le operazioni devono essere eseguite in base standardizzate progettate in base ai risultati di uno studio che ottimizzi gli spostamenti, l utilizzo di attrezzature e materiali, le movimentazioni. Un secondo aspetto riguarda l integrazione dei fornitori all interno della propria catena logistica. I metodi tesi a rendere il flusso produttivo ininterrotto e immediatamente rispondente alle richieste del cliente hanno infatti successo solo se i fornitori sono coinvolti nel processo di fornitura sulla base dei principi del TPS. Ciò richiede l instaurazione di un rapporto di fornitura sostanzialmente diverso da quelli tradizionali basati sul prezzo e sulla frammentazione delle fonti di approvvigionamento: si dovrà ricercare l affidabilità e la cooperazione dei potenziali supplier. Un ulteriore elemento che contribuisce alla stabilità operativa è il modo in cui è svolta la manutenzione. TPS ha introdotto il concetto di Total Productive Maintenance (TPM), un sistema di manutenzione dell impianto produttivo teso all aumento dell affidabilità dei macchinari e dunque del tempo in cui esse sono operative. Esso implica il coinvolgimento diretto degli operatori che devono attuare quotidianamente piccole operazioni di manutenzione e pulizia e riferire prontamente eventuali anomalie al servizio manutenzione in modo tale da promuovere la prevenzione dei guasti. TPM si propone quindi di implementare un sistema di manutenzione affidabile, in grado di: Gest. prod. ind. 5

7 ridurre il più possibile le fermate dell impianto; garantire la massima autonomia e responsabilità all operatore, che è il solo a conoscere in modo approfondito il processo e che può fornire utili informazioni sulla base della propria esperienza; garantire pulizia, lubrificazione, serraggio e ispezione per ridurre al massimo il numero dei guasti (una rilevante causa di usura e di guasto è infatti proprio l effetto nocivo causato dalle diverse fonti di sporco); limitare il costo di manutenzione. Tradizionalmente gli interventi di manutenzione erano effettuati solo a seguito di un guasto. Ciò naturalmente non consentiva di prevedere quando gli interventi dovessero essere svolti né di prevenire in qualche modo alcuni tipi di fermata. Qualora non sia effettuata una corretta manutenzione, si possono subire due conseguenze principali: le interruzioni del flusso produttivo in occasione dell evento guasto e i prodotti difettosi o le prestazioni scarse a causa dell usura. In ottica TPS la condizione delle attrezzature e degli impianti deve essere mantenuta a livelli di eccellenza sia per conservare i livelli di qualità previsti sia perché, a livello operativo, con la riduzione delle scorte di semilavorati, ogni interruzione influenza pesantemente i Cdl a valle. Una manutenzione preventiva regolare dovrebbe essere curata da chi ha più diretta conoscenza della macchina, cioè l operatore, il quale diventa responsabile della qualità operativa della macchina stessa. L idea di base di TPM è applicare la stessa attenzione che si applica alla qualità di prodotto alla qualità delle attrezzature e dei processi. Si tratta quindi di impiegare con continuità la manutenzione preventiva ed ogni sforzo per adattare e modificare attrezzature e impianti allo scopo di promuovere flessibilità e continuità del flusso produttivo. 3.2 Kaizen L approccio kaizen, miglioramento incrementale continuo, coinvolge il personale a tutti i livelli in tutte le operazioni quotidiane, allo scopo di individuare sempre nuovi metodi per ottenere i risultati prefissati in modo sempre più efficace ed efficiente. L impegno della direzione è fondamentale per comunicare gli obiettivi (deployment) scomponendo gli obiettivi strategici di alto livello in obiettivi settoriali di livello/reparto, assicurandosi che siano stati recepiti e compresi ad ogni livello, impegnandosi nell incentivazione del personale, che con il tempo diverrà flessibile, capace, qualificato ed altamente motivato. La qualità, nel contesto del TPS, è importante per due motivi principali: a livello strategico un prodotto difettoso non soddisfa il cliente e quindi non è compatibile con gli obiettivi TPS; a livello operativo, un processo che produce pezzi difettosi crea interruzioni del flusso produttivo, ritardando le consegne, aumentando il WIP e causando altri sprechi. Si osservi che, in ottica TQM, un Cdl a valle è il cliente del Cdl a monte. Gest. prod. ind. 6

8 Qualità non significa predisporre un ispezione a valle per eliminare i prodotti difettosi, ma produrre in modo che la qualità progettata sia costantemente raggiunta. L obiettivo dovrebbe essere quello di processi che non producano difetti e questo può essere perseguito attraverso il miglioramento continuo. Operativamente questo può essere raggiunto delegando il controllo e la soluzione dei problemi direttamente agli operatori e realizzando le attività produttive in modo che qualunque operatore sia in grado di fare bene già la prima volta che opera su una macchina o un processo. 3.3 Jidoka L idea base del jidoka è rendere i problemi visibili ed individuabili in modo tale da poter essere risolti, rendendo possibile per il personale attuare un controllo autonomo del lavoro svolto. Questo richiede un forte coinvolgimento delle risorse umane, una forte motivazione delle stesse e il ricorso all empowerment (delega decisionale). Il termine jidoka può essere tradotto con autonomazione, ovvero controllo autonomo dei difetti. L obiettivo principale è impedire alle unità difettose in uscita da un processo di essere utilizzate nel processo successivo. Ciò può essere ottenuto implementando procedure e tecnologie che seguano alcuni princìpi: manual line stop; l operatore ha la facoltà e la responsabilità di interrompere il processo produttivo nel momento in cui si avveda dell occorrere di un problema, anomalia o non-conformità, allo scopo di ovviare immediatamente a problemi di qualità; manual/automatic work separation; l addetto può supervisionare l attività di più macchine che operano in modo automatico ma si bloccano al verificarsi di un anomalia o un errore; error proofing; si applicano dispositivi che impediscono il verificarsi di banali errori umani in attività semplici e ripetitive, contribuendo ad un notevole miglioramento della qualità. Un esempio è costituito dai poke-yoke devices usati per assemblaggi a prova d errore attraverso guide, fori, costrizioni, etichette colorate ecc.; visual control; il controllo visuale e immediato delle anomalie consente di agire prontamente. Dispositivi come le andon lights permettono al caposquadra di individuare anomalie segnalate da una stazione produttiva (luce gialla) o di richiedere l intervento immediato della manutenzione (luce rossa). Gli andon panels comunicano visivamente agli addetti alla cella o del reparto lo stato del processo rispetto agli obiettivi di produzione fissati. Queste tecniche nel complesso consentono di attrarre immediatamente l attenzione al manifestarsi di un problema, un errore o un anomalia, rendendo possibile un immediata risposta da parte dei supervisori, dei capo-squadra o Gest. prod. ind. 7

9 del servizio manutenzione per una rapida individuazione e risoluzione del problema. Negli stabilimenti Toyota la maggior parte dei macchinari è dotata di un meccanismo di controllo del pezzo e di blocco automatico nel caso in cui si presenti un anomalia nei parametri di controllo del pezzo: le macchine si arrestano automaticamente, sospendendo la produzione, evitando la produzione massiccia di pezzi difettosi. Per contro, la produzione di massa prevede di realizzare lotti di grande dimensione e di rilevare le non-conformità al termine della produzione del lotto, a volte eliminando l intero lotto in presenza di livelli fissati di difettosità. Il concetto di controllo autonomo può essere esteso anche alle linee di produzione di tipo manuale. Al verificarsi di una anomalia su una linea produttiva, l operatore preme un pulsante di arresto, fermando la produzione. È necessario attuare un attività di costante formazione ed incentivazione del personale, allo scopo di infondere la consapevolezza della necessità di fermare la linea di produzione nel caso in cui si verifichino dei difetti, in modo tale che siano consegnate alla stazione successiva esclusivamente unità conformi. In caso di non-conformità, è invece indispensabile l impegno nell individuazione, determinazione e correzione delle cause che hanno determinato la difettosità e causato il fermo della linea. Un pannello di controllo andon, che prevede la segnalazione luminosa, è ubicato in modo tale da poter essere visibile a chiunque nel reparto. Se un operatore necessita di un aiuto, attiva la segnalazione luminosa gialla dell andon, se invece necessita di arrestare la linea per correggere un inconveniente, attiva la segnalazione luminosa rossa. Questo strumento consente la comunicazione immediata al responsabile di reparto (capoturno), il quale invia il supporto di altri operatori (in caso di luce gialla) oppure invia una squadra di intervento (in caso di luce rossa). L autonomazione può permettere di conseguire una riduzione dei costi del prodotto attraverso un efficace assegnazione della forza lavoro. Grazie all automatic line stop, le linee produttive si arrestano automaticamente al verificarsi di una non-conformità; non è quindi necessaria la presenza di un operatore impegnato nella supervisione di tutte le operazioni del macchinario: l operatore che ha terminato i propri compiti presso la macchina A può recarsi a svolgere le proprie mansioni presso la macchina B, mentre la macchina A sta operando. Le operazioni manuali sono dunque nettamente separate dalle operazioni automatizzate (separazione tra lavoro manuale e lavoro automatizzato). Jidoka rende possibile l adattabilità alle variazioni della domanda. Poiché le macchine si arrestano automaticamente quando hanno realizzato il numero di pezzi richiesto, producendo solo pezzi conformi privi di difetti, l autonomation elimina gli eccessi di scorte (sovrapproduzione), prevenendo la saturazione dei buffer interoperazionali, supportando la produzione justin-time e consentendo una rapida adattabilità alle variazioni della domanda. Infine, l autonomazione favorisce il rispetto per la risorsa umana. Gli addetti ai diversi livelli sono coinvolti in una partecipazione attiva nel mantenimento dell integrità e dell efficienza dell intero sistema produttivo. Gest. prod. ind. 8

10 4 Just in time 4.1 Produzione a celle e shojinka Il principio guida del just-in-time è di realizzare il prodotto giusto, nella quantità richiesta, nel momento in cui esso è richiesto e nelle condizioni pattuite dal cliente. La realizzazione di tali obiettivi è conseguibile attraverso due aspetti tra loro connessi: la produzione di un qualunque centro di lavoro o processo è attivata dalla domanda che si manifesta a valle (sistema pull); il processo di produzione deve essere attraversato dalle unità in fase di realizzazione senza soluzioni di continuità (flusso continuo e bilanciato). Per i motivi che saranno meglio evidenziati nel seguito, il JIT è noto in aziende con produzione di tipo ripetitivo, cioè in cui si hanno flussi continui di unità discrete che subiscono lavorazioni successive con una cadenza definita (montaggi). Si è visto che tali sistemi produttivi in genere sono svantaggiosi nel caso si abbiano ampie varietà di prodotti in quantità limitate. Il JIT, per adattare la flessibilità dei job shop con l efficienza delle transfer line, introduce la produzione per cellule (work cell). All interno di una cella, i macchinari sono disposti in linea e non vi sono buffer interoperazionali, in quanto il flusso è continuo, livellato e sincronizzato: ogni pezzo fluisce con continuità da un macchinario al successivo. Ogni cella è dedicata alla produzione di poche tipologie di prodotto. I vantaggi che se ne ottengono riguardano l efficienza nell utilizzazione dello spazio, una buona visione dello svolgimento complessivo del processo (visual management), una rapida comunicazione tra addetti ai diversi macchinari, un ottimizzazione e riduzione degli spostamenti degli operatori, una migliore capacità di sincronizzazione e dunque maggiore flessibilità produttiva, una movimentazione efficiente dei materiali. Allo scopo di ridurre gli spostamenti, gli operatori saranno assegnati a gruppi di macchine adiacenti tra loro che creano un percorso circolare (ad esempio il primo operatore sarà assegnato alle prime due macchine della serie ed alle ultime due), in modo tale che per ogni ciclo di lavoro l operatore possa effettuare attività a valore aggiunto sia nella fase di andata che nella fase di ritorno. Ad esempio, se le posizioni di carico e scarico di una cella sono disposte allo stesso punto della linea, un solo operaio può svolgere sia le operazioni di immissione e caricamento della prima macchina che le operazioni di prelievo del materiale lavorato. Oppure, la sistemazione ad U consente di disporre di zone o aree per specifiche da assegnare agli operatori. Il principale vantaggio del lay-out ad U è consentire una elevata flessibilità nell incrementare o decrementare il numero di operatori necessari in funzione delle variazioni delle quantità prodotte a seguito della domanda (Monden, 1999). Può infatti capitare che un incremento della domanda determini all interno dell area produzione una differente allocazione dei carichi di lavoro agli operatori, che potrebbero necessitare di manodopera supplementare (fig. 1). Gest. prod. ind. 9

11 La semplice aggiunta di ulteriori addetti potrebbe portare a un carico di lavoro per operatore poco efficiente o a problemi di sottoutilizzo della risorsa produttiva. Per risolvere questo problema, è possibile decidere di allocare in modo differente le operazioni agli operatori, gestendo inoltre le differenti linee produttive ad U come fossero un unica linea integrata: gli operatori non sono assegnati ad un unica linea, ma nel loro ciclo di lavoro possono occuparsi di differenti operazioni appartenenti a differenti linee, pur minimizzando gli spostamenti e sfruttando sia il percorso di andata che quello di ritorno per effettuare operazioni a valore aggiunto (fig. 2). Figura 1: Assegnazione in presenza di domanda elevata Il concetto di shojinka significa conseguire la flessibilità negli operatori per adattare la produzione alle variazioni di domanda e consiste nell incrementare (o decrementare) il numero di lavoratori di un reparto in funzione delle variazioni della richiesta di produzione. Shojinka equivale dunque ad incrementare la produttività attraverso la ri-schedulazione delle risorse umane, sia in termini di quantità che nell assegnazione dei compiti e dei cicli di lavoro. I prerequisiti necessari alla sua concreta attuazione comprendono un appropriato design dei macchinari, che dovranno essere disposti in celle ad U, una manodopera multi-funzionale, ovvero operatori polivalenti, addestrati e motivati e la continua valutazione e la periodica revisione delle operazioni standard e dei cicli di lavoro. Gest. prod. ind. 10

12 Figura 2: Assegnazione in presenza di domanda standard 4.2 Il flusso continuo e bilanciato Un sistema di produzione push prevede la programmazione centralizzata della produzione e la comunicazione ad ogni processo di un programma di produzione in funzione dei fabbisogni determinati a priori, solitamente piuttosto rigida e difficilmente modificabile in quanto non sarebbero poi rispettati gli appuntamenti fissati a livello di MPS. Spesso le quantità di prodotto finito sono fissate sulla base deelle previsioni trasmesse dai clienti, previsioni che solo in seconda battuta sono confermate tranducendole in ordini confermati. In tutti questi casi, la produzione è dunque spinta dalla programmazione su base previsionale, anticipando in misura più o meno estesa le quantità concretamente richieste. A livello locale, un centro di lavoro eseguirà gli ordini prelevando i materiali necessari e, una volta completate le operazioni sull ordine, lo renderà disponibile per i processi a valle, sperabilmente nei tempi stabiliti dal piano. Un sistema di produzione pull, in ottica TPS, intende operare un netto ridimensionamento del ruolo della programmazione centralizzata e basa la gestione del flusso produttivo sull attivazione a ritroso dei processi upstream (a monte). Si stabilisce che il processo di assemblaggio finale prelevi quanto necessario dalla scorta di semilavorati del processo contiguo immediatamente a monte, il quale attiva la propria produzione con lo scopo di reintegrare quanto prelevato dal processo a valle; a sua volta il processo preleva le componenti Gest. prod. ind. 11

13 necessarie ancora a valle e così via: l intero processo produttivo sarebbe in tal modo attivato dall effettiva richiesta di prodotto finito e dunque la produzione tirata dalla domanda del mercato. L obiettivo del just-in-time è ottenere una elevata flessibilità nella capacità produttiva, adeguando la produzione alla effettiva domanda del cliente finale, con un livello di scorte minimo. Per ottenere questo risultato, la produzione deve essere tirata dalla domanda (logica pull) ed operare su un flusso continuo di materiale. Idealmente, la condizione ottima per il just-in-time sarebbe la produzione di un lotto unitario, dunque un flusso di un solo pezzo per volta lungo la catena del valore. Questo presupporrebbe i medesimi tempi di ciclo per tutte le fasi di un processo, processi strettamente sincronizzati, processi stabili (varianza nulla nei tempi di ciclo), tempi di setup nulli. Per ragioni tecnologiche, non è possibile ottenere questa situazione nella realtà: il justin-time si propone comunque l obiettivo di minimizzare i lotti di produzione, attraverso la produzione del mix desiderato effettivamente dal cliente, in virtù dei ridotti tempi di setup, riducendo il più possibile i valori delle scorte interoperazionali. I presupposti per un processo a flusso continuo sono una produzione bilanciata e livellata, ovvero una rete di processi sincronizzati tra loro, operanti alla medesima frequenza. Questa modalità di produzione prevede una pianificazione (schedulazione) della produzione con volumi e mix livellati a quella che è l effettiva richiesta del cliente, con l obiettivo di garantire una flessibilità produttiva tale da assorbire le variazioni giornaliere, minimizzando al contempo l entità delle scorte, l utilizzo di risorse, le movimentazioni di materiali, pianificando i trasporti. Lo stock di prodotti finiti, che deve essere minimizzato, è solo un buffer che consente di supplire alle variazioni di brevissimo periodo (solitamente settimanali) della domanda del cliente. Una produzione livellata si basa sulla capacità di autorizzare un aumento della produzione di una determinata quantità nel momento in cui venga prelevata quella quantità dal magazzino prodotti finiti: è l opposto del concetto di make-to-stock, basato sulla produzione a scorta di quantità programmate su previsione della domanda. Come già descritto, nella gestione tradizionale la produzione è basata su un sistema di programmazione centralizzato che comunica i programmi di produzione a ciascun reparto di lavorazione. Nel TPS la programmazione della produzione avviene infatti solo sull ultimo processo della catena del valore (solitamente l assemblaggio del prodotto finito), mentre per tutti gli altri processi gli operatori si recano presso la fase precedente per prelevare i pezzi necessari, nella quantità necessaria, nel momento in cui se ne manifesti la necessità; la fase a monte deve attivare la propria produzione per reintegrare ciò che è stato prelevato dal buffer interoperazionale tra le due stazioni produttive. La domanda di sub-componenti viene in questo modo propagata all indietro attraverso l intera catena del valore, attivando la produzione in logica pull dalla domanda finale. Si ottiene in tal modo un sistema di produzione flessibile, che ha la capacità di adeguarsi a variazioni contenute della domanda giornaliera in quantità e mix (dell ordine del 5%, comunque non oltre il 10%). Riassumendo, i fattori principali, tra loro strettamente connessi, che con- Gest. prod. ind. 12

14 ducono agli obiettivi del just-in-time, sono: la produzione livellata; il sistema pull; la programmazione temporale (sequenziamento). La sincronizzazione tra stazioni produttive in serie, allo scopo di ottenere un flusso teso, continuo e bilanciato, viene attuata prendendo come riferimento il takt-time. Il takt-time è il tempo entro cui ogni unità di prodotto deve essere realizzata per soddisfare la domanda del cliente. Questo valore è determinato come: takt time = tempo operativo disponibile (min) unità richieste al giorno Il tempo ciclo (TC) è il tempo necessario ad una fase per completare le operazioni di trasformazione previste su un singolo pezzo. Per soddisfare la domanda del cliente è necessario che il processo multifase (ad esempio, una cella) realizzi un pezzo ogni takt-time. Il tempo ciclo di ogni fase deve essere inferiore al takt-time per poter soddisfare questo vincolo. Qualora sia presente una fase avente TC maggiore del takt-time, è necessario effettuare un analisi di dettaglio delle operazioni relative a questo sottoprocesso, individuando le attività non a valore aggiunto, eliminando tali sprechi in ottica snella, eventualmente allocando in modo differente le risorse umane all interno della cella e ridistribuendo le stesse tra le diverse operazioni. È importante osservare che il TC di ogni fase deve tendere al takt-time. Un TC troppo basso costituisce un inefficienza, in quanto si otterrebbe un grado di utilizzazione troppo basso delle risorse relative alla fase, che dovrebbero attendere il completamento delle fasi a monte prima di produrre. Il principio dell uniformità di carico sostiene che il lavoro eseguito in ciascuna fase o Cdl dovrebbe impiegare circa lo stesso tempo; in tal modo il ritmo di avanzamento delle unità in lavorazione può essere mantenuto anche in assenza di buffer interoperazionali. Nei sistemi di produzione ripetitivi ciò può essere attuato attraverso il bilanciamento della linea, in modo che il TC di ogni stazione di lavoro sia circa lo stesso. L obiettivo da raggiungere sarà comunque quello di ottenere un TC di ogni fase tendente ad un valore leggermente inferiore al takt-time; in questo modo si avrà un processo che opera con un flusso teso e bilanciato. Il livellamento della produzione (heijunka) è forse la condizione che riveste la maggiore importanza nella realizzazione di una produzione just-in-time. Infatti, nel caso in cui una stazione produttiva prelevasse i pezzi dalla stazione precedente in modo fluttuante, per ciò che concerne quantità e tempo, sarebbe necessario dimensionare la stazione produttiva a monte in funzione del picco massimo di richiesta con materiale a disposizione, capacità produttiva e manodopera per quanto sia necessario a soddisfare le punte massime di variazione della domanda, con enorme spreco di capacità produttiva non saturata e materiale immobilizzato. Inoltre, ove vi siano molte fasi di lavoro in successione, la variazione delle quantità prelevate da ciascuna fase a valle può Gest. prod. ind. 13

15 moltiplicarsi man mano che si risale verso le fasi a monte. Al fine di prevenire grandi escursioni di domanda sulle linee di produzione, risulta necessario ridurre al minimo la fluttuazione della produzione sulla linea di montaggio finale. Si tratta sostanzialmente di realizzare ciascuna tipologia di prodotto nel lotto di dimensione minima possibile, mirando ad attuare il lotto ideale di una unità, rispecchiando il più possibile nella sequenza produttiva l effettivo mix richiesto dalla domanda finale. Il programma temporale (schedule) si occupa della temporizzazione dei flussi di materiali e dei flussi di lavoro per la produzione. Per mantenere un flusso regolare si deve attuare un programma il più possibile livellato, cioè produrre il più possibile le stesse quantità ogni giorno e mantenere costante il mix di prodotti. Giornalmente vengono prodotti i tipi e le quantità necessarie a soddisfare la domanda. Qualora ci siano variazioni nella domanda, la flessibilità della linea potrà far fronte alle nuove richieste su base giornaliera (mixed-model scheduling). In questo modo il programma è livellato sia per quanto riguarda la capacità produttiva che per quanto riguarda i flussi di materiali. La domanda di prodotti si concretizza nelle richieste di quantità diverse di prodotti differenti nei periodi temporali di pianificazione (giorni o settimane). Nella produzione tradizionale, allo scopo di limitare i setup, si cerca di porre in sequenza i lotti dello stesso prodotto che deve essere assemblato su una linea. Si risponde quindi al profilo della domanda costituendo lotti di grandi dimensioni con run di produzione di diversi periodi per ogni item. Uno degli effetti di tale approccio è la creazione di una domanda discontinua per i Cdl a monte, con picchi significativi in certi periodi. Una linea mixed-model cerca di rispondere allo stesso profilo temporale di domanda con run più brevi e intervallando i diversi item da produrre. Questo comporta una domanda di componenti più stabile per i Cdl a monte. D altro canto, tale linea è concretamente realizzabile solo a fronte di una seria azione di riduzione dei tempi di riattrezzaggio. Riassumendo, un flusso continuo e bilanciato è il risultato di azioni di bilanciamento del processo di produzione e di un accurata programmazione temporale tesa a livellare il mix prodotto. Il livellamento della produzione riduce al minimo le variazioni nelle quantità prelevate di ciascun pezzo presso ciascuna fase di subassemblaggio, permettendo così a tale fase di produrre ciascun pezzo ad una cadenza costante o ad una prefissata quantità oraria, cercando di perseguire un modello di produzione e trasporto per unità singola. Idealmente, un unità di output è prodotta in ogni tempo ciclo e contemporaneamente ciascuna unità che esce da qualsiasi posizione di lavoro del processo è trasferita alla fase successiva. Il tempo di lavoro più il tempo di trasferimento da una fase alla successiva devono essere resi uguali in tutto il processo. Il tempo di ciclo dovrà essere cadenzato sulla base della domanda (attraverso il takt time) e in modo tale da garantire un mix livellato compatibile con quello richiesto dalla domanda stessa. Il processo livellato può essere adattato, senza introdurre discontinuità, alle variazioni di domanda del cliente modificando gradualmente la cadenza dei lotti senza alterare la dimensione del lotto stesso in ciascuna fase di lavoro. Gest. prod. ind. 14

16 5 Produzione di tipo push e pull Lo scopo di MRP è quello di pianificare acquisti e produzione in modo che MPS sia soddisfatto. Le quantità previste o determinate dagli ordini dei clienti si traducono in ordini di produzione o acquisto attraverso i fabbisogni netti. Il piano quindi calcola in anticipo, per i diversi item della distinta base, i fabbisogni e, in relazione alle politiche di lotto, li programma quantitativamente e temporalmente (Podr e Pode). La programmazione è svolta a livello centrale sulla base dei dati inseriti nel sistema MRP: si fissano, per ogni item i, quantità e data di ricevimento del lotto che garantisca, nel complesso, il rispetto della data di consegna pattuita (schedulazione all indietro) e, sulla base del lead time fissato per il lotto di i, si determina la data di avvio della produzione nel centro di lavoro Cdl(i). L ordine di produzione percorre quindi tutto il ciclo di lavorazioni, operazione dopo operazione, fino al suo completamento, la cui data dovrebbe coincidere con quella programmata. A livello locale, l avvio della produzione nel Cdl(i) è autorizzata dall arrivo del lotto dell item i spinto in avanti dal completamento dell operazione precedente. Tale data dovrebbe coincidere con la data di Podr(i). A livello globale, il rilascio di un ordine di produzione nel sistema ne avvia l esecuzione Cdl dopo Cdl: il piano quindi spinge la produzione (Sipper e Bulfin, 1997). Il piano MRP calcola a livello centrale quantità e date di esecuzione e, se le ipotesi su cui è fondato il piano (scorte, lead time, disponibilità dei Cdl) sono corrette, dovrebbe consentire il pieno rispetto degli appuntamenti e delle quantità. Nella realtà, i diversi ordini competono per le risorse produttive; anche se un ordine giunge a un Cdl alla data stabilita dal programma, il tempo di attraversamento dell operazione comprenderà non solo il tempo di setup e quelli di esecuzione dell ordine stesso, ma anche i tempi necessari a completare gli ordini già presenti nel Cdl. L ordine, dopo il completamento dell operazione, sarà spinto a quella successiva. Qualora il ritardo rispetto al programma sia sensibile, il responsabile del Cdl successivo potrà decidere di dare priorità all ordine in ritardo per ricondurlo al programma stabilito (expediting). La modifica delle priorità di schedulazione provoca comunque effetti sui tempi degli altri ordini presenti nel sistema. Si vede quindi che un aspetto critico dei sistemi push è la pianificazione centralizzata che cerca di programmare in anticipo le diverse operazioni di un ordine senza tenere conto delle condizioni reali dei Cdl e sulla base di dati molte volte distanti dalla realtà. Un sistema di monitoraggio e controllo collegato a quello di pianificazione può portare dei benefici garantendo un aggiornamento efficace delle informazioni utilizzate dal sistema di pianificazione. In linea generale, i fattori principali che possono portare ad una diminuzione di efficacia del piano MRP sono i seguenti: modifiche negli ordini dei clienti (date e quantità); problemi di consegna (tempi, quantità e qualità); database poco accurati che invalidano i risultati della pianificazione; Gest. prod. ind. 15

17 problemi a livello di produzione quali assenteismo, calo di produttività e/o efficienza, fermate dei macchinari, problemi di qualità, scarsa comunicazione. Si nota che alcuni di tali fattori derivano dalla scarsa capacità di molte aziende di imporre un insieme di regole operative per mantenere aggiornate e affidabili le informazioni utilizzate da MRP, altri sono legati alle ipotesi di base utilizzate dal sistema (Karmarkar, 1991). Particolare rilievo assume il valore stimato per il lead time di produzione o acquisto. L impiego di valori di lead time fissi per le operazioni di offsetting può rendere il piano inefficace. Se non si dispone di informazioni puntuali e aggiornate sullo stato di un Cdl e del carico presente, la tendenza può essere quella di utilizzare un valore cautelativo corrispondente al caso peggiore. Anche se l effettivo tempo di esecuzione di un ordine è pari a qualche ora, i periodi (time buckets) adottati nell elaborazione del piano sono giorni o settimane. Ad esempio, a un ordine può essere assegnato un lead time di una settimana (un periodo) su un Cdl, mentre l effettivo tempo di attraversamento del Cdl sarà pari a 48 ore (tenuto conto anche delle code): l ordine sarà dunque completato alla fine del secondo giorno della settimana e sarà spinto al Cdl successivo con un anticipo di tre giorni. L utilizzo di lead time e time bucket lunghi implica, in molti casi, che gli ordini siano completati in netto anticipo rispetto a quanto indicato dal programma o che gli ordini stessi siano rilasciati con troppo anticipo: ciò porta a una crescita dei livelli delle scorte di materiali, semilavorati e prodotti finiti. Una delle idee di fondo del JIT è quella di non anticipare la produzione creando scorte che non aggiungono valore, ma produrre solo quanto e quando viene richiesto dal cliente. In un sistema pull il rilascio di un ordine può avvenire solo a seguito di un prelievo da un buffer di prodotti finiti. In altri termini, condizione necessaria per l avvio della produzione di un item i è il prelievo di materiale i da una scorta contenente il prodotto i stesso: la produzione è così autorizzata ma non è detto che sia avviata immediatamente. La produzione nei Cdl non è quindi regolata da un programma temporale stabilito a livello centrale per ognuno di essi, ma da un controllo locale dei fabbisogni. Il sistema pull prevede che un Cdl i sia messo in relazione con i Cdl a monte attraverso un buffer (stockpoint) contenente una quantità di ogni item necessario alle operazioni di i (Hopp e Spearman, 2004). Questa idea deriva dalle modalità di gestione di un supermarket; esso mette a disposizione dei clienti un ampia varietà di prodotti, stoccandone piccole quantità: il prelievo di prodotti da parte dei clienti attiva il processo di riordino dei prodotti prelevati (Ohno, 1988). È quindi sufficiente creare un punto di stoccaggio visitato da un addetto che controlli lo stato delle giacenze per i diversi item e curi il processo di riordino verso i fornitori (Figura 3). In linea di principio è possibile ipotizzare che ogni volta che si verifica un prelievo si autorizzi un ordine di ricostituzione della scorta (sistema base stock). Tuttavia la logica adottata dai sistemi pull nel JIT prevedono una gestione a lotti e una modalità di segnalazione graduale. Il Cdl i 1, che produce il componente i 1 lavorato in i, sarà autorizzato a produrre i 1 quando la scorta corrispondente sarà scesa al di sotto di un Gest. prod. ind. 16

18 Figura 3: Sistema a punto di stoccaggio certo valore di soglia. La scorta di prodotto è così discretizzata in unità di accumulo costituite da contenitori. Questo sistema richiama la logica del controllo a due serbatoi (two bins system): l ordine di ricostituzione è lanciato nel momento in cui il primo serbatoio è stato svuotato a seguito dei prelievi e la capacità del secondo serbatoio dovrebbe essere sufficiente a proteggere da condizioni di stockout (Figura 4). Figura 4: Sistema a due serbatoi Il principio base della produzione pull è anche alla base della produzione con livello di riordino per domanda indipendente. Si è però visto che tale tipo di produzione non è efficace per la gestione dei fabbisogni, in quanto la dipendenza della domanda di componenti da quella degli item finali, attraverso la distinta base, contrasta con l ipotesi di costanza (media) della domanda, valida in alcuni casi di domanda indipendente. Gli elementi che distinguono JIT dalla produzione con livello di riordino sono principalmente due: la dimensione dei lotti di produzione e acquisto; la lunghezza dei lead time. Se si considera l espressione del lotto economico Q = 2C r D C h Gest. prod. ind. 17

19 in cui C r, per la produzione in-house, comprende principalmente i costi di setup, è possibile ridurre il lotto di produzione Q se, come accade per la produzione JIT, si incide sul costo di setup o su quello di riordino. Questa azione può essere vista da un punto di vista grafico (Fig.5 e Fig.6): la curva relativa ai costi di riordino è fatta traslare portando ad un nuovo valore del lotto economico EOQ. Si possono verificare però problemi in quanto, a parità di domanda, lotti piccoli devono essere ordinati più frequentemente. Ci si avvicina, più rapidamente che nel caso tradizionale, alla condizione di stockout che può verificarsi se la domanda nel LT eccede le attese. Ecco quindi che se la domanda non è sufficientemente stabile la produzione JIT non può dare garanzie di robustezza al verificarsi di eventi non previsti. Questo comporta la necessità di attuare procedure operative per la riduzione dei tempi di setup e di ridurre le fluttuazioni sulle fasi finali del processo di produzione. Del secondo punto si è già discusso nel paragrafo 4.2 quando si è introdotto il concetto di linee mixed-model. Si accennerà qui di seguito al primo aspetto, rimandando alla letteratura per eventuali approfondimenti. Mentre nel contesto di produzione di massa l inconveniente di lunghi tempi di setup veniva risolto con dimensioni dei lotti di produzione molto grandi allo scopo di minimizzare l incidenza dei costi di setup per pezzo prodotto, nel TPS, attraverso la riduzione dei tempi (e dunque costi) di setup è possibile effettuare un cambio-tipo con maggiore frequenza e diminuire la dimensione dei lotti di produzione. Ciò comporta l invio degli ordini ai fornitori (interni o esterni) con maggiore frequenza ma per lotti di dimensione inferiore. Tali obiettivi operativi sono sussunti nel concetto di quick changeover. Changeover è il punto di delimitazione di un ciclo che inizia dall emissione di un ordine di riapprovvigionamento (all atto del superamento di una soglia di quantità a stock prefissata), la ricezione della merce, il consumo del materiale e l emissione del successivo ordine d acquisto. Maggiore è la frequenza con cui avviene il riapprovvigionamento dei materiali necessari, ordinando lotti di quantità limitata, maggiore sarà l indice di rotazione delle scorte e minore sarà il valor medio dello stock. Il quick changeover presuppone la riduzione dei tempi di setup, ottenuti attraverso l applicazione di metodologie operative come lo SMED System (Single Minute Exchange of Die) Shingo (1985). L obiettivo è di realizzare il riattrezzaggio entro i 10 minuti (single digit setup). Il metodo SMED classifica le operazioni di riattrezzaggio in interne ed esterne. Le prime sono tutte le operazioni che devono essere necessariamente effettuate mentre le macchine sono spente e non sono produttive. Le seconde sono le operazioni che possono essere effettuate mentre la macchina sta producendo. L idea base è la conversione delle operazioni di setup da attività interne ad attività esterne, attraverso l introduzione di procedure e accorgimenti che semplificano le attività operative. Si possono tra l altro citare: la standardizzazione delle operazioni, l utilizzazione di sistemi di aggancio semplificati ed universali (quick fasteners), l introduzione di guide che riducono gli errori e permettono di ridurre i tempi di centraggio del pezzo, la predisposizione dello svolgimento delle operazioni in parallelo attraverso la collaborazione di più operatori, la semplificzione delle Gest. prod. ind. 18

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