Coop Adriatica: Protocollo per lo sviluppo di azioni positive Considerazioni su flessibilità e conciliazione a partire da un esempio concreto
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- Domenico Giustino Manzoni
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1 Coop Adriatica: Protocollo per lo sviluppo di azioni positive Considerazioni su flessibilità e conciliazione a partire da un esempio concreto Il lavoratore come stakeholder. Le risorse umane, in una impresa, sono sempre state definite quale componente determinante del successo dell impresa stessa, come la risorsa più importante, di valore strategico: si dice infatti, utilizzando un linguaggio colloquiale, come sia la persona, in un mix di fattori, a fare la differenza. Ci si chiede quanto proposizioni di questo tipo trovino nella realtà una effettiva concretizzazione ed eventualmente con quali modalità. E facile riconoscere infatti come molto spesso espressioni del genere risultino strumentali all approccio impresa - lavoratori, come assumano, in tale contesto, solo un valore formale (si pensi, ad esempio, alle dichiarazioni in corso d incontro con le rappresentanze sindacali). Più recentemente, però, nell ambito di imprese che hanno adottato pratiche di responsabilità sociale, i lavoratori vengono riconosciuti come portatori d interesse (stakeholder) specifico nei confronti dell organizzazione di cui fanno parte. Anche in tale prospettiva ne è evidenziata la rilevanza nei confronti della vita d impresa, in un contesto, però, non limitato al solo rapporto regolato dalle normative, ma in una più ampia visione dove il riconoscimento si accompagna ad un approccio tendente alla concreta soddisfazione dei molteplici interessi di cui essi sono portatori. Se infatti l impresa non viene più concepita, in via principale, come attività economica, bensì raffigurata come sforzo cooperativo di gruppi e persone che collaborano per raggiungere i propri fini si comprende come il suo successo dipenda dai rapporti tra i vari attori in gioco, ma soprattutto dal modo in cui le relazioni sono gestite. Il contributo di Freeman (1) alla configurazione del nuovo modello d impresa ha permesso quindi una successiva approfondita indagine sulla natura degli stakeholder e sul loro impatto nella vita dell organizzazione e ciò, in altri termini, ha permesso di predisporre gli strumenti teorici con cui verificare l aderenza o meno ad un reale modo di sentire, da parte dei manager cui è affidata la conduzione dell impresa, delle proposizioni iniziali. La teoria degli stakeholder proposta da Freeman, da un punto di vista normativo, (2) afferma infatti che gli stakeholder identificano sé stessi in relazione all interesse verso l impresa, e questo a prescindere dall interesse, funzionale ai propri scopi, che essa può o meno nutrire nei loro confronti; non solo: agli interessi degli stakeholder è attribuito un valore intrinseco meritevole di considerazione nei processi decisionali del management. Gli stakeholder, pertanto, e tra essi ovviamente anche i lavoratori, devono essere trattati come soggetti morali
2 titolari di diritti secondo il principio kantiano del rispetto delle persone, principio che costituisce il fondamento morale di questa teoria dell impresa. Le persone, nella fattispecie, gli stakeholder devono essere trattate non come mezzi tendenti al raggiungimento di uno scopo, bensi esse stesse come fini in sé. Lo scopo dell impresa diviene quindi quello di fungere da mezzo di coordinamento degli interessi dei vari interlocutori dell impresa. Se è vero che le legittime aspettative dei vari stakeholder meritano in sé considerazione, è anche pur vero che non sempre queste hanno caratteristiche di complementarietà, per cui esiste permanentemente un più o meno latente rischio che i rapporti sfocino in conflittualità che impediscono o ritardano la cooperazione. Compito dei manager è, in tale contesto, quello di gestire gli interessi di tutti per consentire, secondo un approccio strategico, all impresa di conseguire i propri scopi, o altrimenti attraverso un approccio di tipo etico, ricercare un bilanciamento degli interessi di tutti gli stakeholder d impresa, riconoscendone pertanto la pari dignità per mezzo di una congiunta loro soddisfazione. E comunque la percezione che i manager hanno del potere di influenza, della legittimità, dell urgenza degli interessi degli stakeholder a suggerirne la rilevanza (salience) ed a determinare di conseguenza la modalità di approccio alla gestione delle transazioni che all interno dell impresa trovano compimento. (3) Sotto questo punto di vista si può ritenere i lavoratori di una impresa possano ben essere annoverati nella classe degli stakeholder definitivi, appunto perché dotati di degli attributi del potere, della legittimità, dell urgenza e quindi percepiti dai manager come stakeholder la cui rilevanza per l impresa risulta di alto grado. (4) Possono infatti influenzare l impresa (si pensi all esercizio del diritto di sciopero, ma anche al solo ricorso a mezzi normativi per ottenere il rispetto di accordi e prassi); sono legittimati, ovviamente, da un vincolo contrattuale secondo il quale il loro apporto è desiderabile, anzi necessario all interno del sistema impresa; l urgenza, infine, è determinata dall importanza della loro pretesa (circa le condizioni di lavoro, alla retribuzione) e dalla criticità del fattore tempo: non vi può essere ritardo giustificabile nel prestare attenzione alle loro legittime pretese. Il dilemma del manager risulta quindi alla fine essere costituito dalla necessità di operare una scelta sul tipo di approccio: se gestire, trattando strumentalmente, gli stakeholder, oppure se considerarli in modalità etica, secondo una prospettiva multistakeholder, riconoscendo che alcuni sono caratterizzati da una legittimità di tipo normativo che ricomprende tutti coloro che sono impegnati nello sforzo cooperativo, mentre altri (definiti come titolari di legittimità di tipo derivato) (5), per contro, devono essere tenuti in considerazione per la loro capacità potenziale di influenzare i primi. Le strategie che l impresa, comunque, può adottare per affrontare ciascun gruppo di stakeholder 2
3 relativamente a specifiche questioni possono a loro volta essere classificate come di reazione, difesa, conciliazione e proazione.(6) L impresa adotta una strategia di reazione negando l esistenza di responsabilità nei confronti degli stakeholder oltre a quelle, ovviamente, derivanti da obblighi di natura normativa, mentre nel caso di adozione di una strategia difensiva al riconoscere l esistenza di una qualche responsabilità reagisce limitandosi al solo rispetto della legge. Più interessante l approccio definito di conciliazione che implica l accettazione sia dell esistenza di specifiche responsabilità nei confronti del contesto sociale in cui opera che della soddisfazione delle richieste avanzate dagli stakeholder rilevanti. La strategia proattiva implica il superamento degli obblighi normativi preoccupandosi addirittura di anticipare le aspettative degli stakeholder. La scelta di quest ultimo tipo di visione strategica è quella che più si addice ad una organizzazione avviata su un percorso di Responsabilità Sociale d Impresa che può essere realizzato attraverso una azione costante di ascolto e coinvolgimento degli stakeholder. Torna utile ricordare, a questo punto, come i lavoratori siano portatori di diritti nei confronti della disciplina dell ordinamento giuridico, e siano portatori di interessi nell assunzione di responsabilità - da parte dell impresa - estese oltre l obbligo (Gottardi 2005) e come, in una situazione di affievolimento dei vincoli di tutela cui assistiamo in questi ultimi anni, l adozione di una visione d impresa centrata sulla Responsabilità Sociale d Impresa possa contribuire alla definizione di un diverso equilibrio in direzione di una sostanziale loro difesa, non solo limitando gli effetti di tale regolazione, ma anche innovando per mezzo di soluzioni gestionali ed organizzative originali. La RSI si configura pertanto come un processo che attraverso una costante tensione al miglioramento dei rapporti con gli stakeholder, ottenuto anche per mezzo del loro coinvolgimento, giunga a dare risposte ai molteplici interessi dei lavoratori in quanto tali ed in quanto persone con una vita della quale il lavoro costituisce solo un momento, senza per altro dimenticare che le pratiche di RSI non potranno/dovranno mai sostituirsi ad un indispensabile assetto di piena tutela giuridica. E in una visione di governo d impresa multistakeholde quindi, con l adozione di una strategia di tipo proattivo che possono nascere e trovar fertile terreno di crescita iniziative centrate sulla persona, sui suoi bisogni visti nei termini attuali di necessità di sviluppo personale oltre che professionale, ricercando un equilibrio tra tempi di vita e di lavoro oltre a generali condizioni che facilitino l ingresso e l avvio verso percorsi di stabilizzazione. 3
4 Flessibilità e conciliazione. I lavoratori che costituiscono un gruppo di stakeholder che convenzionalmente si è abituati a definire omogeneo, come nel caso di azioni/manifestazioni sindacali dirette alla difesa di interessi comuni di carattere più generale, in realtà - ed è evidente - sono portatori anche di interessi, i più diversi, determinati non solo da preferenze personali, ma anche e soprattutto da ragioni e condizioni riconducibili a situazioni oggettive quali le mansioni esercitate, la tipologia di contratto che lega il singolo lavoratore all impresa e non ultime l appartenenza a specifiche classi di età e l appartenenza di genere. Perché se è vero che ciascuna persona, quale lavoratore dell impresa, viene dalla stessa valutato per l apporto effettivo all attività comune, o per quello che sarà in grado di dare nel corso di una evoluzione professionale, pure fa parte della esperienza di tutti riconoscere le ragioni diverse e non sempre, almeno secondo il comune sentire, riconducibili ad effettive logiche di efficacia ed efficienza, che ne motivano le scelte. Esistono luoghi comuni, veri e propri miti razionalizzati, che muovono le imprese nella complessiva gestione delle proprie risorse e che grazie ad un processo di isomorfismo - che induce imprese anche molto diverse ad assumere tratti comuni nelle pratiche organizzative - si possono riconoscere diffusi nel Paese e che riguardano in modo particolari tanto i più giovani che i lavoratori avanti nell età, ma soprattutto le donne e che sono correlati con quel insieme di modi di intendere la ricerca di efficienza che va sotto il nome di flessibilità. Il concetto di flessibilità presuppone la capacità di adattamento a situazioni di vita, di lavoro, ed organizzative in continua evoluzione e mutazione ed è intimamente connesso al tempo ed alle modalità secondo le quali ciascun attore lo struttura nel quotidiano. Pertanto, al di là dell aspettativa di una equa retribuzione, appare possibile assumere come rilevanti, per il gruppo di stakeholder formato dai lavoratori, interessi connessi alle esigenze della vita privata di ciascuno e quindi alle possibilità di poter usufruire di tempo: tempo di vita, ben distinto, se non contrapposto, al tempo di lavoro. Speculare al concetto di flessibilità risulta quello di conciliazione, inteso come ricerca di un equilibrio tra tempi privati e tempi di lavoro, che in una prospettiva di genere riguarda essenzialmente le cure familiari. Se la flessibilità costituisce oggi di fatto una irrinunciabile richiesta/pretesa delle organizzazioni, contemporaneamente, proprio in virtù di una sua costituzionale opposizione a formule organizzative che implichino rigidità, può risultare d altra parte fattore facilitante la ricerca di soluzioni che conducano alla conciliazione. Flessibilità e conciliazione sono concetti, però, che presentano contenuti di ambiguità, esiste, infatti, una flessibilità vista dall impresa ed una flessibilità vista dalla prospettiva dei lavoratori. Secondo un punto di vista d azienda la flessibilità coincide con l attivazione di modalità che permettano di 4
5 avere a disposizione la forza lavoro, in quantità adeguata, quando e solo quando necessita, in una esasperata ricerca di efficienza in mercati talvolta anche spietatamente concorrenziali. Il lavoratore d altro canto concepisce la flessibilità come occasione per ritagliarsi e gestire spazi temporali all interno dei quali coltivare i propri interessi o assolvere agli impegni personali più vari. E intuitivo immaginare come, nei fatti, molto spesso una tale coincidenza/complementarietà dei tempi non esista. (7) Analogamente la conciliazione, che pure immaginata dai lavoratori in funzione di una armonizzazione della dimensione temporale delle prestazioni di lavoro con altre esigenze personali, risente - e ancor oggi non può essere altrimenti - della esistenza di una condizione di asimmetria nei rapporti di potere per cui è l essere umano che si adegua ai tempi dell organizzazione piuttosto che non sia l organizzazione pensata come rispettosa dei tempi (e dei valori) delle persone. Ulteriore e pesante aspetto di ambiguità nella realizzazione di misure di conciliazione è legato alla tradizionale divisione del lavoro sotto il profilo del genere. La flessibilità degli orari di lavoro anziché liberare tempo a disposizione di ciascun soggetto indipendentemente dall appartenenza di genere, rischia di facilitare il perpetuarsi del modello che vede gli uomini come breadwinner ed assegna l esclusiva prerogativa alle donne di essere caretaker ovvero coloro le quali per indole, propensione, capacità e disposizioni naturali, istinto, si assumono la responsabilità di cura familiare. Non va dimenticato poi come l adozione di norme e prassi neutre in quanto rivolte ad entrambi i sessi possano celare il rischio concreto di accentuare il livello di discriminazione proprio attraverso la negazione delle differenze che formalmente abolite, nella prassi permangono. E necessario essere consapevoli che le norme da sole non modificano i tratti culturali di una organizzazione quanto invece possono promuovere, attraverso la traduzione dei propri assunti in prassi, la sensibilità e la propensione delle persone ad accogliere nuovi e diversi punti di vista e così, in generale, nel contesto più ampio della società i mutamenti culturali risultano essere il prodotto di un lento processo che vede la luce nella coscienza delle persone. 5
6 Il Protocollo di Coop Adriatica. Coop Adriatica, una delle maggiori imprese della distribuzione cooperativa italiana, nel suo percorso Verso la Sostenibilità (8), intende suscitare e diffondere al proprio interno una cultura d impresa centrata sulla necessità di porre in equilibrio gli aspetti prettamente economici con gli effetti derivanti dal suo insistere nell ambiente fisico e sociale. Pone pertanto una cura ed una attenzione particolari nel coinvolgimento dei propri interlocutori. Infatti il Codice Etico di Coop Adriatica, che costituisce l espressione concreta del contratto sociale ipotetico fonte di legittimazione dell impresa, riconosce i lavoratori quali interlocutori privilegiati, portatori di interessi rilevanti ai fini della realizzazione della propria missione (9), li definisce componente essenziale e afferma essere essi decisivi per il raggiungimento della missione sociale, li annovera quindi, nell elencazione dei portatori di interesse, al secondo posto subito dopo i soci che costituiscono la proprietà della cooperativa ed i principali fruitori dei servizi che essa eroga. Di conseguenza l impresa Promuove, inoltre, la qualità della vita dei propri lavoratori, sviluppando azioni che favoriscano il benessere della persona, operando per conciliare al meglio tempi di vita e di lavoro (10). Per dare un assetto organico ad alcune iniziative già in corso di realizzazione, ma soprattutto per tracciare alcune traiettorie lungo le quali traguardarne di nuove, Coop Adriatica ha dato vita al Protocollo per lo sviluppo di azioni positive nel campo delle pari opportunità, della solidarietà e della conciliazione di tempi di lavoro e di vita che costituisce, oggi, allegato e parte integrante dei contratti di secondo livello vigenti nelle tre aree contrattuali esistenti in azienda. (11) Impresa, organizzazioni sindacali e rappresentanze unitarie dei lavoratori hanno inteso dotarsi di uno strumento comune per meglio cogliere tre principali obiettivi: Affermare una posizione distintiva capace di contrapporsi vero e proprio termine di paragone alle odierne tendenze presenti nel sociale che vedono trascurata sempre più la sensibilità alla tutela dei diritti e delle esigenze della persona; Dar vita ad iniziative originali che, per contro, possano fornire risposte, in modo specifico ai lavoratori, in termini di socialità e solidarietà; Raccogliere in un quadro di riferimento unico i diritti previsti dalla recente legislazione sociale (Leggi 53/00 e 68/99 nello specifico) per assicurarne piena applicazione in armonia con quanto di più previsto dalla contrattazione nazionale ed aziendale. Tutto ciò prefigura quel andar oltre l obbligo di legge che costituisce tratto distintivo della Responsabilità 6
7 Sociale d Impresa, così come definita nel Libro Verde della Commissione Europea, ovvero il non fermarsi alla mera applicazione delle normative vigenti quanto vedere la realizzazione dell efficienza di impresa in un orizzonte temporale e topografico più ampio. Visto sotto il profilo della gestione delle risorse il Protocollo costituisce strumento idoneo per la adozione di pratiche organizzative che permettano se non di risolvere completamente, per lo meno di attenuare in misura sensibile i disagi dei lavoratori derivanti dalla necessità di conciliare tra loro ruoli, attività, tempi della propria vita. L obiettivo ultimo potrebbe essere individuato nella promozione di una specifica cultura d azienda fondata su un equilibrato rapporto tra possibilità di realizzazione nell ambito del lavoro e complessivo sviluppo della persona. Le aree individuate dal Protocollo per sviluppare azioni positive risultano essere: 1. diritto allo studio, formazione permanente e promozione culturale 2. conciliazione dei tempi di lavoro e di vita 3. tutela e sostegno della maternità, della paternità, degli impegni di cura personale e familiare e delle situazioni di grave difficoltà 4. inserimento disabili e portatori di situazioni di disagio sociale 5. promozione della parità, lotta alle discriminazioni e ai comportamenti lesivi della dignità della persona 6. sostegno ad attività di volontariato sociale Un esempio. L orario a isole. L Organizzazione a Isole costituisce, tra le pratiche di conciliazione, la soluzione più originale sperimentata da Coop Adriatica. E un modello organizzativo rivolto al personale che opera all interno dei servizi cassa degli ipermercati, personale costituito quasi esclusivamente da donne (oltre il 90%) e pertanto particolarmente sensibile alle problematiche del tempo che con grandi difficoltà riesce ad armonizzare con le esigenze di cura familiari. Se le tradizionali logiche di formulazione degli orari di lavoro prevedono un assoluto prevalere delle necessità dell impresa rispetto a quelle dei prestatori di lavoro, nell organizzazione a isole sono le esigenze individuali ad essere poste in una situazione di priorità nella definizione degli orari di lavoro giornalieri e settimanali., passando quindi da una situazione di orario subito, perché costruito ed imposto 7
8 dall organizzazione, ad un orario costruito su misura e da armonizzare con quelli dei colleghi. Basato sulla logica della complementarietà tra esigenze di persone diverse per condizioni socio - familiari, stili di vita ed interessi, proprio nella eterogeneità delle caratteristiche personali e degli specifici interessi dei vari soggetti coinvolti trova la possibilità di una composizione equilibrata. I componenti del servizio vengono suddivisi in gruppo - denominati appunto Isole - di 15/25 unità con caratteristiche sociologiche diverse. Proprio tale eterogeneità, a base della costruzione dei gruppi, si traduce in esigenze di vita diverse e quindi di scelte di orario differenti che trovano pertanto una ottimale distribuzione rispetto alla curva di carico ovvero alla richiesta di presenza formulata dal responsabile del servizio, riducendo al minimo gli aggiustamenti che ne consentono una perfetta corrispondenza. Il sistema si basa su flessibilità e modulazione intese come possibilità di scegliere orari sempre differenti per durata ma anche per distribuzione e di utilizzare le proprie ore lavorative secondo un sistema di debito/credito che consente di ripartire il proprio tempo di lavoro con una periodicità mensile o annuale. Impostato su base volontaria il sistema necessita per il suo funzionamento di una alta percentuale di adesione al modello organizzativo (oltre l 80%), ma anche di solidarietà tra i vari membri di ciascuna isola che si assumono in solido la responsabilità di far fronte alla curva di carico assegnata. Capacità di concertazione ed adattabilità nonché senso di responsabilità da parte dei vari componenti l isola completano le qualità che devono essere coltivate e sviluppate per un buon esito. Le regole di gestione del sistema costituiscono oggetto di accordo sindacale, presupposto, fra l altro, per il superamento di quelle rigidità normative che, pur di tutela nei confronti dei lavoratori, impedirebbero di fatto la realizzazione di flessibilità e modulazione degli orari secondo le necessità dei componenti le isole. Pensato essenzialmente per le donne con famiglia e figli a carico al fine di permettere loro di conciliare il lavoro con gli impegni derivanti dalla cura dei figli, il progetto risulta comunque utile anche per coloro che pur non avendo famiglia o figli possono coltivare interessi altrimenti non conciliabili coi tempi rigidi del lavoro. Il grado di apprezzamento del progetto da parte dei lavoratori è desumibile dalla constatazione del fatto che la volontaria adesione all organizzazione a isole, di durata annuale, viene regolarmente rinnovata. Già dai primi focus group, comunque,ne emergeva un complessivo giudizio positivo, proprio attraverso la sottolineatura degli effetti benefici conseguenti alla libertà di scelta di un orario modellato sulle personali esigenze e che quindi contribuiva alla costruzione di un migliore clima nell ambiente di lavoro parallelamente ad una più serena e distesa vita familiare. 8
9 n. ipmk coinvolti n. lavoratori coinvolti (n.d.) Costi del progetto (n.d.) (n.d.) dati desunti dai Bilanci di Sostenibilità di Coop Adriatica Particolarmente gradita risultava per le lavoratrici part time la possibilità di fruire di giornate di riposo consecutive soprattutto nei week end, circostanza normalmente impensabile a realizzarsi nel comparto della grande distribuzione, e la possibilità di ridurre il numero di turni spezzati concentrando le ore di lavoro in un turno unico. Per contro l azienda ottiene una sostanziale riduzione del turno over - meno donne si trovano costrette a dover optare drasticamente tra lavoro e famiglia -, una maggiore aderenza ai flussi della clientela, consentendo di ridurre i tempi di attesa dei clienti alle casse ed, attraverso un più sereno e disteso clima interno, un complessivo miglioramento del livello di servizio 9
10 Alcune riflessioni Le misure di conciliazione, così come ben definite da Marina Piazza (2000) e di cui l orario ad isole costituisce esempio, pur contribuendo ad un complessivo miglioramento delle situazioni di vita per un gruppo significativo di lavoratrici, permettono il mantenimento di una cultura all interno della quale si perpetua il modello tradizionale di divisione del lavoro, proprio rendendo più agevole la gestione delle delle attività di cura parentale, senza però modificare i termini del problema. Il progetto di Coop Adriatica coglie comunque il problema della centralità degli orari di lavoro ed escogita una soluzione coraggiosa, in quanto estremamente onerosa, da un punto di vista organizzativo, in termini di gestione. Si tratta di una soluzione formalmente neutra, perché rivolta ad un gruppo di lavoratori definito dalla mansione, ma in realtà proprio per la tipologia contrattuale (prevalente presenza di part time, ovvero tempo ridotto di lavoro equivalente a maggior tempo da dedicare alla famiglia) e per una stereotipata percezione della specifica attività lavorativa (risulta più naturale parlare di cassiere che non di cassieri), risulta appetibile quasi esclusivamente alle donne. Da sola quindi risulta più un misura di supporto che non aiuta una vera politica di conciliazione e, di conseguenza, anche una promozione della pari opportunità- Appare possibile per contro innestare un circolo virtuoso rivolgendo l attenzione a possibili misure che promuovano un equilibrio nella ripartizione dei compiti di cura familiare, incentivandone la partecipazione da parte degli uomini. In questa direzione procede quanto previsto dalla Legge 53/00 in tema di congedi dei genitori che premia il coinvolgimento del padre offrendo la possibilità di aumento della durata massima del periodo di astensione dal lavoro per dedicarsi alla cura dei figli, ma soprattutto impedendo la cumulabilità dei periodi possibili di congedo in capo ad un solo genitore, ovvero - come altrimenti apparirebbe naturale - alla madre. Il Protocollo di Coop Adriatica, prevede su questo filone, ad integrazione delle azioni di tutela rivolte ai genitori anche un permesso retribuito pari a due giorni lavorativi da usufruire in occasione della nascita di un figlio. Una politica rivolta alle parti opportunità dovrebbe infatti partire da una situazione di parità di condizioni che tendano ad azzerare le asimmetrie presenti in termini di condivisione delle attività di cura. 10
11 Pari opportunità di genere: Coop Adriatica % donne su base occupata 73 73,5 74,4 74,6 74,5 75 % donne nel management 14,3 21,6 25,2 23,7 28,8 35 Dati desunti dai Bilanci di sostenibilità di Coop Adriatica Oggi infatti la donna ancora si vede costretta a scegliere la famiglia in alternativa ad una vita professionale piena, a meno di non rinunciare di fatto alla maternità assumendo un atteggiamento tipicamente maschile nei confronti del lavoro, perché le organizzazioni, a dispetto del nome, appartengono al genere maschile, sono portatrici di una cultura del tempo di lavoro assimilabile ai rituali del potlàc descritto da Ruth Benedict, rituali che prevedevano lo spreco e la distruzione di ricchezza come affermazione di potere: il tempo come bene immateriale non riproducibile va sacrificato nella presenza, non necessariamente produttiva, sul luogo di lavoro. E il tempo di facciata che appare come requisito di totale disponibilità nei confronti dell organizzazione e che pertanto risulta tratto maschile in quanto incompatibile con altri fini di utilizzo del tempo come quello dedicato alla famiglia ed alle sue cure. La disponibilità e le modalità di utilizzo del tempo risultano quindi essere il tema centrale di ogni discorso sulle pratiche di conciliazione ma anche sulla promozione di pari opportunità e comunque in generale sugli stili di vita contemporanei e sulle culture che ne stanno alla base. Non è possibile infatti ignorare il condizionamento sulla strutturazione del tempo individuale operato dai tempi della città, ovvero dei servizi, poco o male sincronizzati con le esigenze delle persone, perché tarati piuttosto su parametri di mera efficienza che non con riguardo anche alla loro efficacia. Per cui il rischio reale è che iniziative importanti volte a rendere più vivibile il tempo delle persone se non vanificate nella loro efficacia, risultino mutili e non in grado di dispiegare appieno la loro potenzialità. E auspicabile pertanto una zione di sensibilizzazione nei confronti di enti pubblici e di enti erogatori di servizi perché imbocchino essi stessi un percorso di conciliazione che eviti ai cittadini di investire tempo per organizzare il proprio tempo. Novembre 2007 Stefano Stefani 11
12 Note: 1. Freeman R.E. 1984, Strategic Management: A Stakeholder Approach, Boston, Pitman, ma anche Evan, W., e Freeman, R.E. 1988, A Stakeholder Theory of Modern Corporation: Kantian Capitalism, Prentice Hall o ancora Freeman, R.E., Evan V.M., 1990 Corporate Governance: a Stakeholder Interpretation, citati in D orazio Si deve a Donaldson e Prestonl elaborazione di una tassonomia dei tipi di teoria degli stakeholder in Donaldson, T., e Preston, L. 1995, The Stakeholder Theory of teh Corporation: Concepts, Evidence, Implications, Academy of Management Review, 20,sempre in D Orazio Si deve a Mitchell (in Mitchell et Al., 1997, Toward a Theory of Stakeholder Identification and Salience: Defining the Priciple of Who and What Really Counts, Academy of Mangement Review, 18) una teoria normativa della identificazione degli Stakeholder e una descrittiva della loro rilevanza (salience) circa le priorità osservate dai manager rispetto alle loro pretese. 4. Gli Stakeholder definitivi sono in possesso di tutte e tre le caratteristiche (potere, Legittimità, urgenza) che determinano un alto grado di importanza agli occhi dei manager. 5. Gli Stakeholder derivati (derivano la loro legittimità da) risultano quelli capaci di influenzare l organizzazione ed i suoi stakholder normativi ovvero quelli verso i quali l organizzazione ha obblighi di ordine morale. Vedi Phillips, R., 2003, Stakeholder Theory and Organizational Ethics, S. Francisco. 6. Le differenti strategie con cui ogni organizzazione può affrontare i propri stakeholder sono state descritte inizialmente da Carroll (Carroll, A.B., 1979, A Three Dimensional Conceptual Model of Corporate Sociale Performance, Academy of Management Review, 4) e da Wartick e Cochran (1985, The Evolution of the Corporate Social Performance Model, Academy Mangement Review, 10) e quindi completate da Clarkson (1995, A Stakeholder Framework for Analizing and Evaluating Corporate Sociale Performance, Academy fo Management review, 20). 7. Con sempre maggior frequenza compaiono nei curricula inviati alle aziende, ma anche in corso di colloquio di selezione, la ricerca e l apprezzamento per un orario flessibile che proprio per la caratteristica di discontinuità, di mutazione continua consente l armonizzazione con tempi da dedicare ad interessi diversi da quelli correlati al lavoro. 8. Dal nome dato al piano strategico che doveva traghettare Coop Adriatica dalla responsabilità sociale ed un più ampio livello di responsabilità comprendente anche la preoccupazione per la difesa dell ambiente. O meglio, da un altro punto di vista, l adozione del bilancio di sostenibilità, a preventivo e consuntivo, al posto di quello di responsabilità sociale non più adeguato a rappresentare la complessità ed ampiezza delle iniziative messe in campo dall impresa. 9. Nel Preambolo del Codice Etico è contenuta la definizione di ciascuna classe di portatori d interesse interagenti con la cooperativa. 10. ex art. 3 del Codice Etico Norme di comportamento verso i lavoratori. 11. L impresa, nata da un processo di progressive fusioni ha dovuto tener conto delle particolarità di ciascuna macro area in cui insistono i vari punti di vendita, concordando però con le Organizzazioni Sindacali un percorso di avvicinamento e progressiva armonizzazioni delle differenze. 12
13 Testi che hanno contribuito alla costruzione delle personali riflessioni sul tema. Bernardi, G. (2005) Calafà, L. (2001) Calafà, L. (2003) Cozza, M. (2006) D Orazio, E. (2005) Identità diverse e cittadinanza organizzativa, Quaderni del Management, n. 16. La conciliazione tra incentivi ed azioni positive, in Del Punta, Gottardi (a cura di) I nuovi congedi, ed. Il Sole 24 ore, Milano Strumenti di conciliazione: un approccio giuridico. Il caso dei congedi. In Atti del Convegno Nazionale ed Europeo sul tema: Che genere di conciliazione? Famiglia, Lavoro e Genere: equilibri e squilibri. Storie di carriera. L intreccio tra percorsi lavorativi e familiari nei racconti di donne e uomini. I quaderni di gelso n. 5. Verso una teoria degli Stakholder descrittiva: modelli ad uso dei manager di organizzazioni complesse. In Notizie di Politeia, n. 78. D Orazio, E. (2006) Verso una teoria normativa degli Stakeholder. In Notizie di Politeia, n. 82. Gherardi, S. - Poggio B. (2003) Gottardi, D. (2005) Murgia A. Murgia, A. (a cura di) Pratiche di conciliazione: tra fluidità del lavoro e trappole di genere. In Atti del Convegno Nazionale ed Europeo sul tema: Che genere di conciliazione? Famiglia, Lavoro e Genere: equilibri e squilibri. L evoluzione del diritto del lavoro e la CSR in Italia ed in Europa. In Sacconi (a cura di) Guida critica alla responsabilità sociale d impresa. Roma, Bancaria Editrice. Confini, transizioni, frammenti. Una rassegna della letteratura su carriere professionali e differenze di genere. I quaderni di gelso n. 2. Esempi di buone prassi di desegregazione occupazionale e conciliazione della sfera privata e lavorativa. I quaderni di gelso n
14 Naldini, M. (2003) Piazza, M. (2000) Tempi di lavoro e tempi di vita. Strumenti di genere per la conciliazione: alcuni dati a margine di uno studio di caso. In Atti del Convegno Nazionale ed Europeo sul tema: Che genere di conciliazione? Famiglia, Lavoro e Genere: equilibri e squilibri. (a cura di) I sistemi di conciliazione tra i tempi del lavoro familiare, i tempi del lavoro professionale e i tempi dei servizi. Quaderni Regionali di Ricerca, n. 16, Milano Siti web visitati:
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