Città & Storia. La cifra della città. Architetture ed economie in trasformazione

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1 Città & Storia La cifra della città Architetture ed economie in trasformazione 01 06

2 Città e Storia Redazione DONATELLA CALABI, IUAV CLAUDIA CONFORTI, Università di Roma «Tor Vergata» ALBERTO GROHMANN, Università di Perugia DEREK KEENE, University of London PAOLA LANARO, Università di Venezia BRIGITTE MARIN, École française de Rome LUCA MOCARELLI, Università di Milano «Bicocca» ROBERTA MORELLI, Università di Roma «Tor Vergata» LUCIA NUTI, Università di Pisa CARLOS SAMBRICIO, Universidad Politécnica, Madrid ROSA TAMBORRINO, Politecnico di Torino CARLO M. TRAVAGLINI, Università «Roma Tre» GUIDO ZUCCONI, IUAV Direttore CARLO M. TRAVAGLINI, Università «Roma Tre» Segreteria di redazione ANNA ROSA ANGIÒ-SABINA MITTIGA-CHIARA TRAVAGLINI Corrispondenti Scientifici MAURICE AYMARD, EHESS, Paris JEAN FRANÇOIS CHAUVARD, Université de Strasbourg MATTHEW DAVIES, Centre for Metropolitan History, London DIRK DE MEYER, Ghent University JOSEF EHMER, Universität Wien DAVID H. FRIEDMAN, MIT, Cambridge (Ma) BERNARD GAUTHIEZ, Université Lyon-III «Jean Moulin» ENRICO IACHELLO, Università di Catania HIDENOBU JINNAI, Hosei University, Tokyo MIGUEL ANGEL LADERO QUESADA, Univ. Complutense, Madrid DANIELE MANACORDA, Università «Roma Tre» ANGELA MARINO, Università de L Aquila PAOLA PAVAN, Archivio Storico Capitolino, Roma WALTER ROSSA FERREIRA DA SILVA, Universidade de Coimbra ALISON SMITH, Wagner College, New York EUGENIO SONNINO, Università di Roma «La Sapienza» PETER STABEL, University of Antwerp ROSEMARY SWEET, Centre for Urban History, Leicester PAUL ZANKER, Scuola Normale Superiore, Pisa Sede Redazione: Laboratorio di Analisi Regionale, Dipartimento di Economia, Università «Roma Tre», via Ostiense, n Roma Tel Fax lar@uniroma3.it Proposte di contributi, manoscritti e pubblicazioni per recensione vanno inviati a Carlo M. Travaglini, CROMA, via Ostiense Roma c.travaglini@uniroma3.it La rivista è pubblicata con il patrocinio e il sostegno di UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ROMA TRE CROMA DIPARTIMENTO DI ECONOMIA e con il patrocinio dell ASSOCIAZIONE ITALIANA DI STORIA URBANA Abbonamenti Abbonamento annuo: Italia euro 45,00; Estero euro 55,00; Paesi emergenti euro 40,00; Sostenitore: euro 200,00 Abbonamento speciale per i soci AISU euro 30,00 Gli abbonamenti vanno sottoscritti a «CROMA-Università Roma Tre», via Ostiense, Roma tel fax lar@uniroma3.it I versamenti possono essere effettuati sul c/c n. 2178, CAB 03252, ABI 03002, Banca di Roma, filiale 638 Roma 108, intestato a «III USR CROMA», indicando sempre la causale. Per l acquisto di singoli fascicoli ci si può rivolgere a «CROMA-Università Roma Tre», via Ostiense, Roma tel fax lar@uniroma3.it Progetto grafico: Emiliano Martina I diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. «Città e Storia» è in corso di registrazione presso il Tribunale di Roma. Il primo fascicolo esce come supplemento alla rivista «Roma moderna e contemporanea», 2005, n. 3-4, autorizzazione del Tribunale di Roma n. 668 del 19/12/1992. «Città e Storia» è stampata dalla tipografia Gimax, Via Valdambrini 22, Santa Marinella (RM).

3 Città & Storia Anno I, n.1 gennaio-giugno 2006 S O M M A R I O Città e Storia: il progetto... M. RONCAYOLO, Plaidoyer pour une histoire de l histoire urbaine... La cifra della città. Architetture ed economie in trasformazione a cura di Roberta Morelli e Maria Luisa Neri R. MORELLI - M.L. NERI, Introduzione... pag. 15 S. DIONISI, Confraternite e rendita urbana: il San Salvatore e il Gonfalone di Roma tra XV e primo XVI secolo... I. PUGLIA, Per la storia dei fedecommessi: il «Palazzo di Siena» dei Piccolomini ( )... M. VAQUERO PIÑEIRO, Renta y transformación de las viviendas en Roma durante el siglo XVI... A. ROCA DE AMICIS, L area di Santa Maria Maggiore all epoca di Paolo V Borghese: canonici, privati e strategie di riqualificazione urbana... S. SCOGNAMIGLIO, Patrimoni e corporazioni a Napoli tra XVI e XVIII secolo. Proprietà, poteri e profitti nell economia urbana europea di ancien régime... C. ALTAVISTA, La proprietà immobiliare a Genova in antico regime: un fenomeno urbano dall osservatorio dell Albergo dei poveri ( )... S. CIRANNA, Della «principalissima industria della città di Roma». Case, botteghe, laboratori e studi degli artieri della pietra... D. FELISINI, Forme e tendenze dell investimento immobiliare nella Roma dell Ottocento... R. CATINI, La nuova forma della Capitale: l apertura del tunnel del Quirinale e il Palazzo del Drago... A. CIUFFETTI, I Patrimoni immobiliari delle grandi industrie e lo sviluppo urbano. I casi di Piombino e Terni tra Otto e Novecento... M. SAVORRA La «città delle Generali»: investimenti, strategie e architetture... A. DAMERI - S. GRON, La committenza della famiglia Borsalino: gli interventi in Alessandria M.S. POLETTO, Gli investimenti della società Reale Mutua a Torino. L intervento per la Torre Littoria... pag. 3» 7» 19» 35» 53» 79» 93» 115» 133» 157» 167» 181» 191» 207» 229

4 Note e discussioni E. SORI, La città del tardo Rinascimento... C.M. TRAVAGLINI, A proposito dell Ara Pacis... G. ZUCCONI, I recenti progressi della local history italiana... Schede a cura di: J.-L. ARNAUD, G. BONACCORSO, B. BONOMO, C. CALANDRA, A. CARACAUSI, S. GREMOLI, K. LELO, F. SALSANO. si parla di: C. ALTAVISTA, Lucca e Paolo Guinigi ( ): la costruzione di una corte rinascimentale; D. CALABI, Storia della città.l età contemporanea; M. CARBOGNIN- E. TURRI-G.M. VARANINI (a cura di), Una rete di città. Verona e l area metropolitana Adige-Garda; N. CARDANO (a cura di), Esquilino e Castro Pretorio. Patrimonio storico-artistico e architettonico del Comune di Roma; J.-F. COULAIS-B. MARIN (a cura di), Rome ans d histoire, CD-Rom; A. KALC-E. NAVARRA (a cura di), Le popolazioni del mare: porti franchi, città, isole e villaggi costieri tra età moderna e contemporanea; D. KEENE-A. BURNS-A. SAINT (eds.), St Paul s: the Cathedral Church of London, ; N. MARCONI, Edificando Roma Barocca; A. L. PALAZZO (a cura di), Campagne urbane. Paesaggi in trasformazione nell area romana; B. SECCHI, La città del ventesimo secolo; C.G. SEVERINO, Roma mosaico urbano. Il Pigneto fuori Porta Maggiore; E. SVALDUZ (a cura di), L ambizione di essere città. Piccoli, grandi centri nell Italia rinascimentale; C.M. TRAVAGLINI (a cura di), Un patrimonio urbano tra memoria e progetti. Roma. L area Ostiense-Testaccio; S. ZAGGIA (a cura di), Fare la città. Salvaguardia e manutenzione urbana a Venezia in età moderna. pag. 249» 254» 265 pag. 271 Convegni, seminari, mostre M. BARBOT - A. CARACAUSI, Andrea Palladio e la villa veneta da Petrarca a Carlo Scarpa L. NUTI, The 21th International Conference on the History of Cartography... G. VERTECCHI, Seminario GIS... pag. 285» 288» 291 Informazioni D. CALABI, La Conferenza 2006 della European Association for Urban History... G.L. FONTANA, The International Committee for the Conservation of the Industrial Heritage S. PACE - R. TAMBORRINO, La città e le regole... pag. 293» 295» 298 Abstracts traduzioni a cura di Susan Spafford Pubblicazioni ricevute

5 CITTÀ E STORIA: IL PROGETTO L idea di promuovere una nuova rivista dedicata alla storia urbana nasce dall esigenza di creare un laboratorio di analisi, di discussione, di progettazione di nuove ricerche con un riferimento naturalmente privilegiato alla realtà italiana e a quella europea, e, al tempo stesso, con attenzione all area del Mediterraneo, nonché, più in generale, al contesto internazionale, specie in una prospettiva di studi comparativi. Questa esigenza è maturata attraverso differenti esperienze di ricerca dei componenti della redazione ed è stata favorita, per molti di loro, sia dalla partecipazione alle attività della European Urban History Association, sia, in modo determinante, dalla nascita e dalla forte vitalità espressa dall Associazione Italiana di Storia Urbana, fondata nel Decisivo è stato a livello europeo e nazionale l incontro tra storici dell architettura e storici dell economia, storici generali e storici dell arte, storici dell ambiente e della letteratura, geografi e archeologi. La storia urbana, partendo da un importante tradizione di studi nella quale metodologie e problemi hanno fatto privilegiare a seconda dell ambito di formazione la storia delle pietre o quella degli uomini, è andata costruendo nell ultimo trentennio grazie anche al contributo di maestri come Marino Berengo, Alberto Caracciolo e Lucio Gambi e di iniziative importanti come la pubblicazione delle riviste «Storia Urbana» e «Storia della città» (quest ultima spenta nel 1990), significativamente uscite entrambe nel 1976 un suo spazio riconoscibile e riconosciuto che non è ancora però quello di un autonoma area disciplinare. Si tratta di uno spazio che non può non fondarsi su approcci, metodologie, sensibilità diverse, prevalentemente multidisciplinari. Si sono allargati gli orizzonti della storia urbana, superando felicemente quella dicotomia tra storia dell architettura e storia della città medievale che aveva segnato nell esperienza italiana, in modo anche assai fruttuoso, tutta una lunga stagione di studi. «Città e Storia» lavorerà nel cantiere della storia urbana; non sarà una rivista che propone un modello né tanto meno una «scuola», sarà un impresa collettiva che si dovrà contraddistinguere per grande apertura culturale e disponibilità al confronto tra gli storici urbani e quanti, da diversi punti di vista, studiano la città. Il progetto della rivista non può quindi che essere orientato su un arco diacronico ampio, dal Medioevo all età contemporanea, con una forte attenzione alla stratificazione urbana, alle radici della forma urbis e al ruolo dell archeologia nello studio di molti centri urbani contemporanei.

6 4 CITTÀ E STORIA: IL PROGETTO La scelta del titolo della rivista intende sia richiamare alcuni elementi ispiratori del progetto e, in particolare, quello di una ricerca sulla città in tutta la sua affascinante complessità e, in sinergia con questo, quello di una storia a tutto campo, senza bisogno di aggettivi sia ricollegarsi ad alcune esperienze maturate negli ultimi 4 anni prima con la pubblicazione dell omonimo bollettino dell AISU e poi, nell estate del 2004, con l uscita di una prima prova di stampa il numero zero in occasione del congresso AISU di Roma. L attività editoriale sarà fondata su una programmazione di medio-lungo periodo ed organizzata per la produzione di fascicoli contraddistinti da un nucleo tematico dominante, al fine di proporre temi di ricerca e discussione e di consentire un coinvolgimento non casuale degli autori accogliendo o sollecitando contributi originali. Questo nucleo tematico costituirà, di regola, la parte caratterizzante di ogni fascicolo e sarà coordinato da uno o più curatori, anche esterni alla redazione. Questo orientamento è indispensabile per favorire la vitalità del periodico nel tempo, per valorizzare le competenze specialistiche ed assicurare un serio approccio multidisciplinare ai problemi. Accanto alla parte tematica vi saranno alcune rubriche: Note e discussioni, destinata ad ospitare rassegne, brevi saggi, interviste, tavole rotonde, discussioni di pubblicazioni e mostre, interventi anche su i problemi della ricerca, i processi formativi, il patrimonio e le politiche culturali; Istituzioni culturali, per la presentazioni di fonti per la ricerca e di iniziative culturali; Convegni seminari mostre, per resoconti di iniziative scientifiche e culturali; Informazioni, per offrire anticipazioni su convegni e seminari nazionali e internazionali in preparazione, su attività in itinere dell AISU e di altre associazioni scientifiche, su progetti di ricerca, etc.; Schede, per dare conto in modo rapido e con un taglio prevalentemente informativo delle pubblicazioni più recenti (incluse le tesi di dottorato). Le rubriche non sempre tutte necessariamente presenti in ogni fascicolo costituiranno una parte quantitativamente minore ma ugualmente importante per una rivista che sia pure con la forte limitazione costituita da una periodicità soltanto semestrale ambisce ad essere presente nel dibattito culturale e vuole offrire un adeguato panorama informativo ai lettori. Infine, contiamo di poter riservare una piccola sezione di «Città e Storia» alla pubblicazione di saggi, in modo da assicurare uno spazio a nuove ricerche indipendentemente dal nucleo tematico di volta in volta dominante. La rivista sarà aperta alle più larghe collaborazioni sia per i progetti di sezioni monografiche sia per l ampia serie delle rubriche, e in questo spirito nonché in coerenza con le linee generali del progetto ha anche assunto il criterio di pubblicare in lingua originale i contributi redatti in inglese, francese e spagnolo, come si può verificare già da questo primo fascicolo. Abbiamo anche discusso sull opportunità di realizzare una pubblicazione a stampa o di intraprendere invece senza indugi la via suggestiva dell editoria elettronica: la scelta in questo ambito è stata per la tradizione, anche se più costosa e faticosa sotto

7 CITTÀ E STORIA: IL PROGETTO 5 molti profili. È prevalso il desiderio di avere in mano un libro, di poterlo leggere in quanto tale, di averlo a disposizione per consultarlo, sapendo che almeno il supporto cartaceo è sicuramente destinato a durare. La rivista sarà comunque disponibile anche su internet e gratuitamente, almeno per il primo anno. Gli obiettivi che ci siamo prefissati sono assai impegnativi; creare un laboratorio di ricerca e di discussione, praticare realmente un terreno di collaborazione multidisciplinare, confrontarsi con linguaggi e metodologie diversi costituiscono nell insieme un percorso per tentare di afferrare l anima della città e per operare un reale rinnovamento degli studi. «Città e Storia» è una rivista scientifica, ma auspichiamo vivamente che possa essere uno strumento di lavoro o un utile riferimento non solo per gli specialisti, gli studiosi o quanti si avvicinano a percorsi formativi di storia e di analisi urbana, ma anche per i tanti ricercatori, funzionari di soprintendenze, tecnici, professionisti che quotidianamente, in modi e forme diverse, si misurano con la realtà complessa, contraddittoria, vitale della città contemporanea. La cultura urbana e, soprattutto, il governo delle città hanno oggi una grande necessità di «conoscere» le città e di valorizzare i saperi che possono esprimere. * * *

8 PLAIDOYER POUR UNE HISTOIRE DE L HISTOIRE URBAINE Si vous m accueillez aujourd hui, je le dois essentiellement au privilège de l âge. C est en effet en témoin que je m exprime devant vous sur les rapports de la ville et du patrimoine. La question dont je pars est donc : est-ce que la ville en tant qu objet réel, en tant que notion, en tant que série d événements situés dans l histoire, suscitant des interprétations différentes de ses formes, n est pas un patrimoine, j allais dire le patrimoine typique de nos sociétés? Je fais porter ma réflexion sur l étude de périodes quelque peu anciennes ; concernant les périodes directement contemporaines, vous êtes sans nul doute mieux informés que je ne le suis. Si nous voulons considérer la ville comme un patrimoine, il faudrait aussi tenir compte de l histoire de l histoire urbaine. Les formes de connaissance, les interprétations ne s effacent pas au coup par coup comme si l on perdait toute mémoire ; elles suivent une sorte d itinéraire qu il faut expliciter pour mieux saisir l ampleur des nouveaux phénomènes qui nous feraient peut-être remettre en question la ville toute entière en tant que forme d organisation de l espace et institution et la reconnaître comme patrimoine vivant. Je viens de la géographie mais j avais une vocation d historien à l origine. C est en entrant à l École Normale que, sans doute fatigué par l histoire un peu répétitive des préparatoires, j ai décidé de choisir la géographie. Je me suis laissé séduire parce que la géographie c était pour moi, à ce moment là, partir de l actualité. Cette discipline d autre part était encore relativement neuve quand on s intéressait à la ville. La géographie humaine la plus fructueuse était alors celle qui s occupait du monde rural. Mon projet était de bénéficier de l avance acquise en ce domaine et d ailleurs aussi chez les historiens. Les deux noms de Marc Bloch et de Roger Dion sont indissociables dans ma pensée. Deux directions ressortaient dans ce contexte intellectuel portant sur les notions de culture matérielle et de temps. La notion de «culture matérielle» ou de «civilisation matérielle» (il y avait débat) m intéressait moins comme champ particulier de pratiques que comme prise de distance à l égard de l action humaine. Il me semblait exister une dimension de l histoire dans les objets eux-mêmes qui correspondait quelque peu à l idée provocatrice de Durkheim lui-même : «étudier les hommes comme des choses». À travers les objets

9 8 MARCEL RONCAYOLO urbains et les pratiques qui correspondaient à ces objets, on a l impression de juger les hommes d après leurs œuvres comme le pensent certains théologiens. Mon premier intérêt était d aboutir à une objectivation de la vie des hommes, témoin de leurs essais, de leurs actes, de leurs idées, de leurs constructions sociales. J ai travaillé d abord sur le cas de Marseille, ville à peu près contemporaine de Rome par sa fondation. Contrairement au grand discours qui se tenait à la fin du XIX e siècle quand on disait «les villes naissent, se développent et meurent», j avais l impression que ces villes étaient diablement plus résistantes que les hommes et même les sociétés. Le temps m apparaissait alors au centre de la réflexion ; la ville, je la concevais comme porteuse d expériences capables de subir des réinterprétations, des nouveaux usages, des représentations renouvelées. Le long terme n était pas pour moi la reproduction à l identique d attitudes et d objets. C était en quelque sorte un long chemin parcouru. Il y a une citation, peut-être excessive dans sa rigueur, qui m a toujours touché ; elle est tirée de Tristes tropiques (de Claude Lévi-Strauss) : «Tout paysage se présente d abord comme un immense désordre qui laisse libre de choisir le sens qu on veut lui donner. Mais, au-delà des spéculations agricoles, des accidents géographiques, des avatars de l histoire et de la préhistoire, le sens auguste entre tous n est-il pas celui qui précède et, dans une large mesure, explique les autres, cette ligne pâle et brouillée, cette différence souvent imperceptible dans la forme et la consistance des débris rocheux, témoignent que là où je vis aujourd hui, un terrain aride, deux océans se sont jadis succédé.» Mais quels sont alors les commencements et où se trouvent les sens augustes de la ville? On s est souvent plaint que l histoire urbaine emprunte trop naïvement les coupures classiques de l histoire générale et enferme la réflexion sans véritable critique dans des périodes qui n avaient peut-être pas beaucoup de sens de son point de vue. Ma recherche personnelle commence plus modestement au XVIII e siècle. J essayais d en tirer alors les grandes fluctuations de l histoire des villes. Je pensais, quitte à prendre quelques distances à l égard d un marxisme trop facile, dépasser les limites d une chronologie trop simplifiée des modes de production. Trois thèses traitaient des rapports du temps et de la ville. La première valorisait la continuité ; c était celle de Marcel Poëte. Cette continuité s inspirait de l image biologique. Poëte parlait de la jeunesse, de la vie adulte de Paris. Mais la mort? Cette analogie était d autant plus curieuse que Poète était moins historien de la forme urbaine que de la communauté urbaine. Sa pensée s inspirait du vitalisme qui n était pas de mon goût, sans doute parce que j ai été formé à la philosophie au moment où Bergson régnait, et que par précaution je me méfiais de la mode. Le vitalisme appliqué au monde urbain n allait pas de soi. En termes presque polémiques se définissait la position adverse, celle de Francastel, que les plus anciens parmi vous avaient appréciée. Celui-ci considérait que la ville était un lieu qui enregistrait toutes les attentes, les désirs, les manques aussi, des

10 PLAIDOYER POUR UNE HISTOIRE DE L HISTOIRE URBAINE 9 sociétés qui se succédaient. Par conséquent, Paris était formé de villes successives qui se recouvraient les unes les autres. Il fallait un travail analogue à celui des archéologues pour reconnaître les strates ou les traces d organisations plus anciennes. C était, somme toute, reprendre l image classique du palimpseste. C était alors une conception organique (rapports des formes et de la société) mais loin de la biologie. Cette formule avait déjà été adoptée par César Daly dans ses écrits de 1840 (Revue générale d architecture). Chaque ville devait correspondre à la société dans laquelle elle était située et par laquelle elle était modelée. Le drame de Daly était, dans une société industrielle récente, d attendre les styles urbanistiques et architecturaux qui lui conviendraient. Accordons à cette thèse son mérite essentiel : la fabrication et les usages de la ville ne sont pas indépendants des autres phénomènes sociaux. Il reste à savoir si la société peut être lue comme une réalité totalement acquise, évidente, ou comme un cursus jamais achevé, jamais entièrement synchrone dans ses parties. La troisième position hésitait entre les deux. Ce n est pas étonnant dans la mesure où l homme qui la représente est l un des plus complexes qu il m ait été donné de lire. L Italie avait semble-t-il repris sa lecture alors que la France à ce moment là l ignorait quelque peu. Pour Maurice Halbwachs il y avait à la fois discontinuité et tendances plus longues. Par exemple le plan des artistes de Paris, dressé au début de la Révolution française, n induisait pas, même s il y avait des échos et des réutilisations, ce qui s accomplissait dans un autre contexte sous le Second Empire. En même temps, dans son livre sur les expropriations (1909), il montrait que ce n était pas les fluctuations de la politique ou des mouvements d idées des architectes, des artistes, qui faisaient Paris, mais les tendances plus profondes de la ville, y compris dans ses changements sociaux. L histoire urbaine n était pas le résultat de régimes et de politiques qui s empilaient. L auteur rappelait que derrière ces phénomènes superficiels existait une ville qui était Paris. L ambiguïté subsiste alors sur la notion même de tendances naturelles. Voilà quelles étaient mes références de départ. J ai constitué mes curiosités, j ai choisi les méthodes que je devais employer, par rapport à ces lectures. La problématique que l on construit mérite d être respectée quand vous faites des analyses concrètes. Changer de questions, répondre à une épistémologie renouvelée, cela signifie recommencer le travail de recherche des sources et des informations. En revanche, par rapport à la direction initiale, on peut apprécier les limites des présupposés dont on est parti. En contrepoint, j étais très intéressé non seulement par les grandes tendances mais par le déroulement temporel de la fabrication de la ville. Je passais alors à des temps plus courts, ceux du déroulement des activités, des projets, des réalisations. On se trouvait tout à coup devant un jeu de temporalités différentes et de phénomènes qui n étaient pas synchrones. Comparer l haussmannisation parisienne et l haussmannisation marseillaise me servait alors de terrain d exercice. Il y a le temps du projet qui a ses rythmes propres, son incubation, son passage hors du monde purement idéel.

11 10 MARCEL RONCAYOLO Il y a le temps du chantier, le temps des financements (se procurer des crédits pour payer le chantier mais selon un amortissement qui s étale sur un temps beaucoup plus long). La ville se construit à travers ces décalages. La réalisation en effet n est pas chose simple entre les travaux de préparation et la commercialisation des produits. On peut considérer que l haussmannisation n a pas fait fiasco à Paris, mais si vous lisez Halbwachs, vous verrez que les terrains ont commencé à se vendre très cher dans le centre, là où des prédispositions (notamment l emplacement) accéléraient la mise en valeur. En revanche, le rendement de l investissement initial était beaucoup plus retardé quand il s agissait de nouveaux quartiers comme par exemple la plaine Monceau, réellement appréciée vingt ans après le dessin de la trame. Ce qui explique, en partie, la crise des sociétés immobilières qui avaient participé à l haussmannisation. Par conséquent, toute ville, même quand sa transformation exprime les tendances naturelles de l époque, est dépendante du temps, souvent inachevée, et faite de ce fait d inachèvements successifs. C est ce qui fait le charme de la ville en fin de compte. Nous avons affaire à une création qui est en constant mouvement selon des rythmes variables, à un ensemble hétérogène qui n est jamais totalement de son temps, ou plutôt dont seul l usage fait l actualité. Cette remise en question de la cohérence ne concerne pas seulement les formes urbaines, mais la conception même et l emprise physique du phénomène urbain. C est ainsi qu à l inverse de Braudel, je réintroduis la courte durée dans ma réflexion en pensant que la longue durée est parfois le produit de conjonctures courtes et très précises. Tel est à mon sens ce qui fonde la conscience du patrimoine. C est-à-dire placer la ville dans la perspective d une sorte d itinéraire (points forts, points faibles, années d incubation, d attente et de bouleversement). L histoire cyclique telle qu elle se développe à la fin du XIX e siècle n est plus celle d un cycle qui se referme sur lui-même, de l éternel retour, mais d un mécanisme de changement. Après tout, s il y a rupture épistémologique, c est bien celle introduite par Condorcet sur les progrès de l esprit humain, même si l on en saisit aujourd hui quelques perversités. Le patrimoine peut être considéré ainsi en tant que mémoire d étapes, de points de repères, auxquels il faut trouver un sens aujourd hui. Ce n est pas une denrée que l on met au frigidaire, c est quelque chose que nous fabriquons nous-mêmes. Et ce que nous fabriquons aujourd hui, quelle qu en soit la valeur apparente, c est le patrimoine de demain. Je trouve toujours quelque désordre intellectuel à considérer les implosions de barres ou de tours, même si cela s impose pour des raisons sociales, comme une réussite technique. C est en réalité une sorte d exorcisme naïf et dangereux par rapport à la conception de l itinéraire. Si l on rasait tout, on perdrait le sens de notre histoire. A fortiori les habitants d aujourd hui perdraient le sens de leur propre histoire, située dans ces lieux. Telle est ma position à l égard du temps ou plutôt des temps qui correspondent à des échelles très diverses. C est comme cela que je suis redevenu historien en étant

12 PLAIDOYER POUR UNE HISTOIRE DE L HISTOIRE URBAINE 11 géographe. Et peut-être avec quelque provocation je me suis demandé dans un article des Annales, entre géographie et histoire, quelle était la science du temps, quelle était la science de l espace. Sans doute ces raisons expliquent l accueil que j ai reçu des Italiens de la génération d Argan et d Aldo Rossi. En France en effet, je n avais pas été en contact à l origine avec l architecture, et l urbanisme était une discipline qui flottait entre la forme et les procédures, hésitant dans ses rapports avec les historiens, les géographes ou les sociologues. L architecture suivait encore une tradition, celle des Beaux-Arts, c està-dire dépendant d une institution qui existait en dehors de l Université. De même, les ingénieurs avaient leurs propres cadres. Les tentatives de rencontres étaient parfois déviées par l utilitarisme ou l idéologie. Des interactions sérieuses se sont néanmoins produites au-delà des traditions nationales. J en prendrai trois exemples en ce qui concerne les rapports entre sciences humaines, architecture et urbanisme. La première manifestation, c est l importance accordée à l archéologie du savoir telle qu elle était définie notamment par l œuvre éclatante de Michel Foucault. La seconde, c est la lumière nouvellement portée sur l habitant avec des notions d appropriation et de participation. La troisième est liée à l attention portée à la micro-histoire. Il se trouve que Giorgio Piccinato m avait contacté alors que je faisais partie de la commission du CNRS pour discuter de la liaison entre recherche scientifique, architecture et urbanisme. J ai alors insisté sur l importance que prenait en France la lecture de Michel Foucault. Alors que le marxisme après 68 encaissait quelques coups, s imposait le talent considérable de cet auteur nourri de philosophie, de psychanalyse et d analyse critique des savoirs. Nos architectes se sont volontiers précipités dans ce courant qui a renouvelé les références de la réflexion. Vous connaissez en particulier les travaux de Huet sur les équipements du pouvoir. C était en effet la notion de pouvoir qui retenait l attention autour de ces manifestations : panoptique, contrôle social, relégation. Simplification peut-être de la pensée de Foucault avec le danger de trop réduire le savoir à son instrumentalisation sociale. Quel pouvoir d autre part? Le pouvoir médical n était-il qu une forme de prise en main des individus? L hygiène se transformait-elle en eugénisme? L urbanisme se limitait-il à l ordre imposé à la société? Cette lecture un peu réductrice négligeait une des dimensions de l œuvre, la fragmentation des petits pouvoirs entre les hommes eux-mêmes. On ne pouvait ignorer un autre aspect de cette question : un certain pouvoir de l habitant de base de s approprier l habitat même s il n en avait pas conçu la nature. C était là le second thème du moment. C est une étape dont je trouvais la contrepartie en Italie dans le grand mythe de l époque qui avait peut-être moins intéressé le milieu des urbanistes français que celui des politiques et des administrateurs, le mythe de Bologne, et la pensée du «recupero»des espaces et des édifices anciens promis à de nouveaux usages. À Paris, l affaire des Halles avait alerté l opinion. On s interrogeait

13 12 MARCEL RONCAYOLO alors sur la concertation : comment associer ce qui représente des pouvoirs ou des intérêts organisés et les habitants qui expriment parfois une attente mal identifiée. La double question de l appropriation et de la participation au système de décision du «citoyen» est exprimée alors en France par les recherches de Henri Lefebvre et de Raymond et renouvelle sérieusement l approche de la ville. Troisième point : la micro-histoire. Elle m intéresse non seulement dans la mesure où elle a permis d approfondir l étude des comportements urbains, des itinéraires individuels, mais aussi d atteindre cet habitant qu on n arrivait pas à saisir à travers les grandes vues synthétiques sur les classes et les pouvoirs. La micro-histoire aussi est importante dans la perspective du projet, elle met l éclairage sur le jeu des acteurs de toutes sortes dans la prise de décision et l exécution. Il s agissait alors de faire basculer l histoire urbaine vers une étude concrète des compétences et des rapports de force, la diffusion des pratiques, l accueil des réalisations ; de comprendre ainsi les conditions réelles, non broyées par l étude des agrégats, qui concernent les perceptions de la ville, l apprentissage et l anticipation dans la culture du territoire. Je clôturerai ces remarques sur cette idée que je répète : considérer l histoire urbaine comme l histoire d un parcours, comme le Tour de France ou le Giro, avec des étapes de plat et des étapes de montagne. C est dans cette conception du patrimoine comme élément du parcours que j établis le lien, qu il s agisse à la fois de la place et du déplacement des habitants dans la ville, de la ville comme collectivité et comme ensemble de formes, de matérialités, en fin de compte d effets de l art. En ce domaine nous en savons assez peu parce qu on est parti des grandes idées, des philosophies, des utopies, en les détachant trop souvent de leur contexte et en ne voyant pas leurs contractions, leurs côtés impurs, la demande plus pragmatique qu elles pouvaient inspirer. Par exemple, la pensée des Fouriéristes et des promoteurs du phalanstère était héritée d une réflexion sur les mauvaises conditions de vie des classes populaires telles qu elles étaient transmises depuis la fin de l Ancien Régime, plus qu elles n exprimaient une société industrielle tout à fait installée. Le choléra était plutôt pré-industriel que post-industriel. Je crois qu il faut reconstituer les conditions exactes et non pas idéales dans lesquelles sont nées les grandes utopies, analyser leur rapport avec l histoire réelle. C est pour cela que la lecture du corpus dirigé par Daly a été l un des points de départ de ma réflexion. La lecture de cette revue qui s efforçait d établir un pont entre architectes et ingénieurs traçait elle-même un parcours puisque sa publication commençait en 1840 et finissait au milieu des années Ainsi affleuraient dans leur succession historique tous les débats. Les principes perdaient leur a-temporalité. Il conviendrait donc de reconstituer l histoire des regards sur la ville comme processus. On s attachait trop à réhabiliter les temps forts qui semblaient eux-mêmes incertains. On parlait d Haussmann, de Le Corbusier, et entre eux peu ou rien. Fort heureusement des équipes se sont intéressées aux phases intermédiaires et Donatella Calabi en a donné d excellents exemples.

14 PLAIDOYER POUR UNE HISTOIRE DE L HISTOIRE URBAINE 13 Il y a aussi la récupération du temps qui précède l haussmannisation, incubation lente en contrepoint des utopies, à partir d origines variées, d éléments hétéroclites dans une société censitaire, où, du moins en France, c est la bourgeoisie libérale qui fait la ville. La cassure et la réaffirmation de l action publique viennent ici moins d un changement juridique ou même idéologique que de l irruption des infrastructures : les chemins de fer en premier s attaquent aussi bien au tissu urbain qu aux représentations traditionnelles de la mobilité. De manière différente selon les pays, les rapports entre l État, les collectivités territoriales, les grandes entreprises et le propriétaire foncier, aux facettes multiples, sont modifiés. Comment se fait alors et s instrumentalise la notion d intérêt public? Comment s interprète alors cet objectif que l historien Georges Lefebvre attribuait au régime napoléonien «sanctionner le droit de la propriété, antérieur à la société» et affirmer la légitimité de l intérêt public comme seule «limite au droit du propriétaire»? Un élément parmi d autres de l histoire de l histoire urbaine. Encore faut-il que cet essai sorte des simples contextes nationaux. L histoire comparée reste un exercice difficile si l on se contente de commenter des exemples extérieurs, sorte de bibliographie, et de les mettre en regard de ses propres connaissances concrètes sur telle ou telle expérience, période ou territoire. Il conviendrait aussi de tenir compte de l originalité des regards. Et ceci en dépit du caractère très international du monde de l urbanisme, lieu de communication et de transfert de modèles. Formes, représentations, actions, voilà ce qu il faut atteindre pour rendre compte de la ville et de ses conceptions. D autant plus que toute transformation, toute politique, toute vision d urbanisme est une anticipation. L éphémère peut évidemment durer longtemps. Mais l imagination, à court ou à moyen terme, peut errer. Contrairement à la thèse d Halbwachs, l anticipation n est pas forcément destinée à réussir et la spéculation encore moins. Ainsi se cumulent des projections qui ne sont pas nécessairement cohérentes mais qui marquent la ville dans sa longue durée. Pour en venir au cas très modeste que j ai étudié, la rue Impériale devenue rue de la République à Marseille fut construite comme grande voie bourgeoise pour relier le centre de la ville au nouveau port. Elle ne le fut guère au départ et de moins en moins jusqu à aujourd hui. Pensons aussi à la dérive actuelle des grands ensembles (pas tous) qui accentue la contradiction entre le projet d un nouvel urbanisme (même légitimé par un habitat populaire) et la réalité à laquelle il aboutit. Il faut donc constituer des corpus plus riches, plus continus, une observation qui scrute les temps plutôt que faire ressortir tel ou tel choix pour savoir qui avait raison. Ce sont les raisons concurrentes ou successives qu il faut mettre en chaîne, un parcours qu il faut reconstituer, même si le concept de ville semble à son tour nous fuir. Marcel Roncayolo

15 La cifra della città. Architetture ed economie in trasformazione a cura di Roberta Morelli e Maria Luisa Neri INTRODUZIONE Questo primo volume della nuova rivista «Città e Storia» ospita alcuni contributi presentati al II Congresso dell Associazione Italiana di Storia Urbana (AISU), dedicato a Patrimoni e trasformazioni urbane 1. L iniziativa si è svolta sotto il patrocinio di due università romane Università Roma Tre e Roma Tor Vergata e di altre istituzioni che in questi ultimi anni hanno contribuito al progresso e alla valorizzazione delle conoscenze nel campo della storia urbana: l Associazione Italiana di Storia Urbana, l Archivio Storico Capitolino, l Ecole Française de Rome. Com è nell intento dell associazione il congresso nazionale, a scadenza biennale, rappresenta l occasione per un confronto allargato tra soci di diversi ambiti disciplinari, portatori di pensieri e metodologie rivolti allo studio della storia della città. Si tratta, come già nel I Convegno di Lecce (giugno 2002), di una partecipazione allargata che vuole lasciare spazio a studiosi di consolidata esperienza e a giovani che si aprono alla ricerca in questo campo d indagine. L occasione romana è stata preziosa. In essa sono stati proposti molteplici tagli di lettura, originali angolazioni interpretative, la possibilità di un dialogo diretto tra gli studiosi che hanno nella città il loro fulcro d interesse. Soprattutto è stata offerta una variegata messe di fonti, spesso inedite, che consente alla comunità scientifica di affondare di nuovo il dente dell aratro in terreni non certo vergini alla riflessione storiografica. L accesso a nuove fonti è, infatti, utile per tentare ancora una volta, forse con sempre più matura consapevolezza, di tessere singoli episodi del divenire urbano sul doppio ordito della struttura economica e della sua restituzione in termini fisici (strade, architetture, decoro urbano). Solo un ottica che tiene conto delle relazioni tra il substrato economico e il farsi della città può soddisfare un aggiornata visione d insieme. Le tre dense giornate di lavori sono state scandite sul doppio registro di sessioni di carattere generale e sessioni di approfondimento su aspetti particolari o realtà circoscritte. Così come suggerito da parte del comitato scientifico dell AISU, programmaticamente i primi due numeri di questa rivista accolgono contributi provenienti dalle due tipologie. Il primo volume ospita i contributi delle due sessioni: Negoziazioni ed attori, coordinata da Mario Ascheri e Roberta Morelli, e Patrimoni immobiliari, rendite e trasformazioni urbane, coordinata da Maria Luisa Neri.

16 16 ROBERTA MORELLI - MARIA LUISA NERI Dai diversi saggi, ampiamente rivisti rispetto alla versione allora presentata, scaturisce uno scenario complesso, in cui interagiscono protagonisti individuali o collettivi che, in un gioco di scambi, acquisizioni e alienazioni, costruiscono, demoliscono, alterano e propongono nuove forme della città, nei suoi quartieri, nelle sue strade, nei suoi edifici. Difficile trovare una separazione netta fra diversi campi d interesse, fra economia e architettura, fra investimenti e rendite, fra proprietà e usi. Far economia e trasformare fisicamente sono le voci di un dialogo perpetuo e imprescindibile, in cui è impossibile porre una netta linea di demarcazione. La pista da seguire per lo storico tout court è collocare l incipit del fenomeno e testimoniare le singole tappe di un processo spesso secolare, in cui lo scavo documentario si affianca alla lettura del testo costruito. È quanto ci siamo proposte nel raccogliere un materiale apparentemente disomogeneo, per area geografica, per collocazione temporale, per metodo d indagine, per approccio espositivo. L organizzazione proposta rispetta una sequenza esclusivamente cronologica. A nostro avviso, la narrazione che ne scaturisce non dovrebbe costituire per il lettore un limite obbligato, ma piuttosto favorire una riflessione ampia e diacronica. Vantaggi ci sembrano venire proprio dal lasciare spazio a una visione ad ampio spettro, che permetta comparazioni e trovi similitudini o differenze, che valorizzi appieno l originalità delle fonti proposte. Un modo plausibile di affrontare lo studio della città, un gene costitutivo di interpretazione del tema, che per la sua complessità richiede di spaziare liberamente in molteplici ambiti di studio. Il percorso si snoda dal tardo medioevo alla piena contemporaneità, con una casistica che ripropone, in contesti e in formule diverse, meccanismi di stretto colloquio fra istituzioni e territorio, fra ceti dominanti e realizzazioni urbane, fra vicende familiari e realtà costruita. Sono evidenti gli intrecci fra competenze diverse, volti a mettere in luce le onde lunghe dell economia che guidano la gestione del territorio e ne provocano le scelte, inducendo cambiamenti nell aspetto fisico, nelle presenze architettoniche, nel conseguente corredo di linguaggi e simboli. L azione di enti, confraternite, corporazioni, banche, società, industrie, famiglie e imprese coinvolte nello sviluppo urbano costituisce un nodo critico fondamentale, ancora poco esplorato, nelle vicende della costruzione fisica delle città, non solo italiane. I processi attraverso i quali è avvenuto il controllo degli spazi e si è attuata la gestione delle modalità di sviluppo delle città non è, come noto, quasi mai ascrivibile alle istituzioni pubbliche preposte a tali interventi. Nella prassi edilizia e urbanistica di molte città, la proprietà o l acquisizione di vasti patrimoni immobiliari da parte di privati ha rappresentato, infatti, una storia parallela a quella pubblica, ad essa fortemente intrecciata ma spesso più incisiva in termini quantitativi e qualitativi. Nel corso della storia il colore dominante dell affresco che fuoriesce dalla realtà italiana, nelle sue varie componenti, è costituito dalla predominante presenza dell azione del privato che muove le pedine dello scacchiere urbano. Questa interpretazione dei saggi scaturisce con forza e chiarezza da una prospet-

17 INTRODUZIONE 17 tiva di lettura in cui particolare attenzione è stata posta, dai vari autori, alla ricostruzione dei processi trasformativi della consistenza edilizia di diversi patrimoni immobiliari. A questi si sono aggiunte riflessioni critiche sui modelli comportamentali in campo immobiliare, sulle prassi costruttive e imprenditoriali, sulle forme e sugli aspetti figurativi delle architetture. Lo sfondo delineato suggerisce ulteriori questioni come quelle della costruzione e/o delle proposte progettuali di nuovi servizi e innovativi modelli abitativi, alternativi a una tradizione consolidata. Essi sono legati talvolta a esperimenti di riforma sociale talaltra a necessità di riformularne le condizioni in termini di economia e convenienza, di opportunità e interessi. Le ricerche che si presentano alcune concentrate su pochi anni significativi, altre su tempi di lunga durata sono articolate in un vasto arco temporale e affrontano tutte il ruolo svolto dai detentori di patrimoni immobiliari nello sviluppo e nella trasformazione delle città italiane; ruolo interpretato non solo in termini economici o di rendita. I diversi contributi fanno interagire questi ultimi con variabili più prettamente politico-economiche, politico-sociali, culturali, speculative o di natura diversa, come quelle assistenziali o rappresentative. Tutto questo rende assai più complesso il quadro di riferimento nel quale inserire la questione, anche in relazione al gioco delle parti svolto dai singoli attori con altri poteri che hanno agito nelle città. Città differenti, grandi, medie e piccole del territorio centro-settentrionale italiano sono l oggetto dei tredici saggi proposti: Napoli, Roma, Torino, Genova, Alessandria, Terni e Piombino. A queste possiamo aggiungere la città immaginaria delle Assicurazioni Generali, una città che ne contiene molte altre, estesa com è in una più vasta geografia di territori e luoghi. Il volume ha in sé la potenzialità di stabilire confronti fra queste diverse aree geografiche italiane, fra micro-realtà urbane e metropoli, fra i molteplici attori di un processo trasformativo delle città che non solo ha innescato elementi determinanti del loro sviluppo fisico, ma anche prototipi architettonici e sociali ricchi di spunti per costruzioni future. Cinque parole chiave negoziazioni, attori, patrimoni immobiliari, rendite, trasformazioni urbane otto città, più figure presenti in una scena complessa e multidisciplinare che intreccia protagonisti, personaggi di secondo piano, comparse e ruoli di apparente passività, oltre che fattori di natura extraeconomica. Tante piccole tessere da ricomporre in un mosaico unitario. Problema di non facile soluzione, poiché le figure di cui si parla non sempre sono tra loro congruenti: confraternite, proprietà fondiarie, artigiani, famiglie nobiliari, nel caso di Roma; corporazioni a Napoli; una magistratura legata a dinastie cittadine, nel caso genovese; industrie di Stato, a Terni e Piombino; una società di assicurazioni, a Torino; un impresa privata, ad Alessandria e un istituto finanziario per la città immaginaria di origine triestina. Attori diversi per ruolo istituzionale, tempi difformi, storie e realtà urbane che non sempre risultano omogenee: diversità che comportano conseguenze apparente-

18 18 ROBERTA MORELLI - MARIA LUISA NERI mente poco confrontabili, non solo in termini di rendita ma anche in quelli più specifici della configurazione delle trasformazioni fisiche delle città. Motivi e forme delle diverse strategie d investimento, come della gestione del patrimonio immobiliare, sono comunque uniti da una stessa capacità: quella che dimostrano i diversi attori di sapersi inserire nelle maglie di un endemica fragilità di governo delle amministrazioni locali. Una debolezza che ha consentito loro di proporsi sotto molteplici maschere. A Roma, la maschera è nel perpetuo dialogo tra città laica e centro religioso, e assume connotati particolari in relazione al flusso disomogeneo degli andamenti demografici e alla continuità nel suo ruolo di polo attrattivo. A Napoli si evidenzia la maschera della capacità innovativa di una capitale europea di antico regime in costante trasformazione; a Genova assume le vesti della camera di compensazione per sottrarre i beni all erario pubblico; a Piombino e Terni, dove fa proprio anche il controllo dei suoli nella crescita urbana, è capace di polarizzare un confronto diretto con le amministrazioni locali. A Torino applica intenti più rappresentativi, in un forte intreccio fra rendita, forma e linguaggio; ad Alessandria, invece, ha la forma di un sostanziale equilibrio fra città, impresa e progettisti di valore, che consente di realizzare opere pubbliche e assistenziali di grado elevato, mentre più complessa è la vicenda della Città delle Generali, per la quale il capitale finanziario sembra essere usato come elemento coesivo della classe borghese. Logiche assistenziali, tornaconti aziendali, procedimenti amministrativi, prassi operative consolidate, molteplici interessi economici, incapacità delle amministrazioni comunali: tutte questioni che sostengono il legame fra negoziazioni e attori, fra patrimoni immobiliari, rendite e trasformazioni urbane. È evidente che, pur nelle molteplici vicende che hanno connotato i singoli insediamenti urbani, gli enti, gli istituti o le singole figure hanno tutti costituito un efficace volano per innescare, e spesso per condurre da protagonisti, la trasformazione delle città. Alla luce di tutto questo, non si può non aderire ad un alto richiamo che ci viene da uno dei primi studiosi di storia urbana Alberto Caracciolo che nella celebre introduzione al volume collettaneo Dalla città industriale alla città del capitalismo (1975) poneva un memento che suona ancora oggi di grande attualità: «Il rischio maggiore è quello di costruire una specie di storia su misura, in cui il fenomeno urbano viene quasi isolato e studiato per se stesso, senza relazione col mutare delle condizioni generali dello sviluppo storico e con le varie formazioni economico-sociali». Roberta Morelli - Maria Luisa Neri 1 Il Congresso AISU si è tenuto a Roma il giugno 2004 nell Università Roma Tre, Aula Magna Rettorato - Facoltà di Economia.

19 CONFRATERNITE E RENDITA URBANA: IL SAN SALVATORE E IL GONFALONE DI ROMA TRA XV E PRIMO XVI SECOLO* Il risveglio del mercato immobiliare urbano nel primo Quattrocento: note introduttive All inizio del XV secolo, il tessuto urbano di Roma era caratterizzato da alcuni nuclei urbanizzati, disposti in maniera discontinua all interno dell ampio circuito murario, e da silenziose lande disabitate segnate da rovine architettoniche, memoria degli antichi fasti. «Sembra che nei luoghi più popolosi manchi la salute alla gente. Ciò accade tanto a Campo de Fiori che al Campidoglio, entrambi grandi quartieri, ma anche in Piazza Giudea che è un grande borgo. Il resto della città è costituito da case sparse» 1 osservava lo spagnolo Pero Tafur negli anni Trenta del secolo. Questa descrizione rifletteva una situazione cristallizzata da tempo 2, ma alcuni superstiti documenti dell epoca lasciano trapelare, al contrario, un certo movimento di popolazione e di capitali interno all abitato, effetto di un nuovo modo di rapportarsi con lo spazio urbano. I primi impulsi per una messa in valore delle aree intramurali vennero da alcuni dinamici istituti religiosi. Lo evidenziano alcune ben note transazioni: nel 1423 la chiesa di S. Maria Nova, tra i principali attori dell urbanizzazione duecentesca 3, intuendo il valore degli investimenti urbani, decise di permutare con la nobile famiglia Astalli, ancora fortemente proiettata verso la campagna, la metà di un casale con tre case nel rione Ponte; ad una decisione analoga pervenne nel 1425 il capitolo di S. Giovanni che investì 2500 fiorini 4, frutto della vendita di una parte del casale di Frascati, nell acquisto di alcune case nei rioni Parione e Arenula 5. I due enti avevano adottato una strategia moderna e rivoluzionaria per due ordini di motivi: 1) il fatto di aver indirizzato i propri investimenti non più verso la campagna ma verso lo spazio urbano; 2) la novità di aver selezionato, in anticipo rispetto alla creazione della nuova città rinascimentale, i luoghi migliori dove investire: i rioni del commercio e della finanza (Ponte, Parione e Arenula). Una altrettanto scrupolosa attenzione alle sollecitazioni offerte dal mercato degli immobili urbani dimostrarono le confraternite e gli ospedali 6 cittadini, nelle cui fila sono presenti alcuni di quei mercanti-bovattieri che nel corso del Trecento si erano distinti tra gli elementi più attivi del sistema economico locale 7. Se in un primo momento alcuni di questi enti si limitarono ad operare un numero crescente di investimenti nelle contrade cittadine, con il procedere del Quattrocento, essi predisposero una lenta ma progressiva scelta dei rioni verso cui

20 20 SILVIA DIONISI destinare le risorse. All epoca del visitatore spagnolo l entità di queste trasformazioni non aveva ancora adeguata visibilità, ma nel corso del cinquantennio successivo, grazie al crescente moto di migrazione interna, in senso prima centripeto poi centrifugo, e all aumento della popolazione e della domanda di alloggio nelle contrade centrali, lo spazio intra muros poteva essere rappresentato con una serie di cerchi concentrici, progressivamente meno popolati procedendo dal centro verso la periferia 8. L intensificarsi di tali operazioni giunse a disegnare uno squilibrio zonale che fu la causa dello sviluppo di alcune aree e dell arretratezza di altre. Alla fine del XV secolo la gerarchia rionale risultava così composta: i rioni Monti, Trevi, Campitelli, Ripa e Trastevere (il primo e l ultimo con delle eccezioni) 9 conservarono una fisionomia tradizionale nella conformazione degli edifici, nella distribuzione degli assi viari, così come nei valori demografici e nell assetto sociale; i rioni Campomarzio, Colonna, Pigna, Sant Eustachio e S. Angelo si configurarono come zone di transizione con forte possibilità di sviluppo per l immediata vicinanza dei rioni Ponte, Parione e Arenula, i principali poli commerciali 10 e politico-amministrativi, ove si concentrarono le aspettative di rendita di vecchi e nuovi ricchi. Altri due risultati vanno considerati a corollario del modello gerarchico ipotizzato: 1) la distinzione tra la Roma dei proprietari e quella degli affittuari; 2) la netta separazione tra la città dei romani e quella degli stranieri benestanti. Nei rioni più prossimi alle mura gli immobili erano ceduti in affitto a condizioni ancora vantaggiose, ma erano troppo distanti dal cuore degli affari cittadini e pertanto poco attraenti per la maggioranza dei potenziali affittuari; al contrario, proprio in considerazione della loro centralità, le unità immobiliari dell ansa del Tevere erano immesse in un circuito di transazioni di alto livello. Abitare nei rioni centrali dovette essere piuttosto funzionale per quel variegato gruppo di immigrati che andò ad accrescere la popolazione di Roma di metà Quattrocento: segnatamente quei funzionari curiali, diplomatici e uomini di legge, operatori economici e finanziari di alto profilo che erano in grado di sostenere la domanda di immobili di pregio, di unità abitative da acquistare 11 o abitare limitatamente al periodo di permanenza. Diversamente, la gran parte della popolazione locale, o dei forenses divenuti stanziali 12, si preoccupò di possedere almeno un immobile in città, centrale o periferico a seconda degli interessi particolari e delle reali possibilità d acquisto 13. In questo contesto l offerta di case in affitto si andò strutturando e potenziando, in risposta alla domanda di alloggio sempre più pressante e alle velleità di arricchimento dei singoli proprietari che, attraverso un progressivo affinamento delle condizioni contrattuali (tipico il passaggio dai contratti di lunga durata, a basso costo, a quelli di breve durata, di maggior valore), furono in grado di accrescere progressivamente il margine di rendita. Tale fenomeno si intensificò intorno agli anni Novanta del Quattrocento; la densità del costruito nelle aree centrali della città impose ai proprietari, di immobili e di suoli liberi, di optare per soluzioni ancora più innovative. Bisognava

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