DIARIO DI BORDO lezione del 21 gennaio 2017 prof.ssa F. Wolf (pomeriggio)

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1 DIARIO DI BORDO lezione del 21 gennaio 2017 prof.ssa F. Wolf (pomeriggio) La lezione della prof.ssa F. Wolf del 21 gennaio (pomeriggio) è stata incentrata sugli aspetti della biologia molecolare e della genetica oncologica. Di seguito riporto gli aspetti trattati nel corso della lezione. Biologia molecolare: implicazioni in ambito oncologico L oncologia molecolare può essere considerata una scienza recente se confrontata con altre aree della ricerca in ambito biologico. Gli inizi risalgono al 1975, anno in cui si scoprì che il genoma delle cellule normali contiene un gene che, se alterato, è in grado di provocare il cancro. A distanza di circa 40 anni sappiamo come i geni mutanti regolino le diverse caratteristiche delle cellule maligne e come tali caratteristiche condizionino il comportamento dei tumori (Weinberg R, 2016). Il principio fondamentale dal quale origina un tumore risiede nella perdita del normale controllo della crescita cellulare. Nei tessuti normali generalmente c è un bilanciamento fisiologico tra il tasso di crescita cellulare e quello di morte. Quando ha origine un tumore, questo bilanciamento/regolazione si rompe. Il fenomeno può essere dovuto ad una crescita cellulare incontrollata o alla perdita dell apoptosi, che è il meccanismo attraverso il quale avviene l autodistruzione delle cellule. Caratteristiche della cellula cancerosa Una cellula normale prima di diventare una cellula tumorale subisce numerose trasformazioni ed ogni passaggio richiede una o più mutazioni del DNA. La prima mutazione modifica i meccanismi di riproduzione cellulare e causa la proliferazione incontrollata della cellula stessa (iniziazione). Tuttavia, la cellula diventa cellula cancerosa (promozione) solo dopo avere acquisito ulteriori mutazioni che le conferiscono le caratteristiche della cellula cancerosa. 1

2 CARATTERISTICHE DELLA CELLULA CANCEROSA - Prolifera in maniera incontrollata - Evita la morte dovuta a invecchiamento e a "suicidio programmato" - Stimola la formazione di capillari del sangue per procurarsi il nutrimento - Ha la capacità di staccarsi dal tessuto di origine - Ha la capacità di superare le barriere (ad es. membrane di tessuto connettivo) e invadere i tessuti circostanti, penetrare nel circolo sanguigno e linfatico - Può proliferare in altre aree dell'organismo diverse da quella di origine Nota: Le caratteristiche specifiche della cellula cancerosa, poiché non sono comuni alle cellule sane, possono diventare il bersaglio di terapie biologiche mirate, che hanno maggiore selettività per la cellula tumorale rispetto alla chemioterapia tradizionale. Ogni cellula normale si moltiplica attraverso la divisione cellulare e dà luogo a due cellule figlie; Le cellule figlie, a loro volta, si dividono ancora in base a come sono state "programmate". Il processo si ripete più e più volte finché la cellula muore. Le cellule cancerose, invece, possono attivare un enzima (telomerasi) che ripara i danni da invecchiamento della cellula e ne evita la morte. Questo fenomeno garantisce alla cellula tumorale una maggiore sopravvivenza e quindi la possibilità di accumulare mutazioni che ne accrescono il potenziale di malignità. Durante la vita di un uomo, il DNA di molte delle sue cellule subisce mutazioni, sia casuali che dovute alla esposizione ad agenti cancerogeni. Nella maggior parte dei casi, le cellule mutate non sopravvivono, poiché ogni cellula dell organismo, se danneggiata, possiede un sistema di controllo che ne causa il suicidio. Il meccanismo di autodistruzione cellulare viene chiamato apoptosi o "morte cellulare programmata", in quanto una cellula muore quando scade il suo tempo di vita. La cellula cancerosa, invece, riesce ad eludere i meccanismi di morte programmata, tanto che, talvolta, l'organismo stesso produce sostanze anti-apoptotiche che aiutano la cellula a sopravvivere. Il controllo della crescita cellulare: l esempio della cute L epidermide è costituita da diversi strati cellulari. Le cellule nello strato inferiore si dividono con velocità sufficiente a rimpiazzare quelle che si sfaldano sulla superficie cutanea. Ogni volta che una cellula basale si divide produce due cellule: una rimane nello strato basale e conserva la capacità di moltiplicarsi, l altra migra in superficie e perde la capacità di dividersi. Il numero di cellule che si moltiplicano nello strato basale rimane quindi sempre lo stesso (Fig. 1). Durante lo sviluppo di una neoplasia della cute l equilibrio normale tra divisione e perdita cellulare si rompe. Le cellule basali si moltiplicano più velocemente di quanto sia necessario a rimpiazzare 2

3 le cellule che sfaldano in superficie. Ogni volta che una cellula basale si divide, le due cellule neoformate spesso mantengono la capacità di dividersi, determinando un aumento del numero totale di cellule. Questo graduale incremento del numero di cellule capaci di moltiplicarsi crea una massa tessutale in crescita: il tumore (Fig. 2). Se il tasso di mitosi è relativamente rapido e non ci sono segnali suicidi che inneschino la morte cellulare, il volume tumorale crescerà rapidamente; se la divisione cellulare sarà più lenta, il tumore si accrescerà più lentamente. Ma, indipendentemente dal tasso di crescita, si avrà comunque un aumento di volume perché si producono più cellule del necessario. (Fig. 1) (Fig. 2) 3

4 Il tumore e la formazione di nuovi vasi sanguigni I vasi sanguigni si estendono per tutto il corpo umano, trasportando l'ossigeno e i nutrienti necessari ad ogni cellula per la vita. Le cellule cancerose hanno bisogno, per sopravvivere, di una buona riserva di sangue, come tutte le altre cellule dell organismo. Quando il tumore cresce e le cellule sono situate lontano dai vasi sanguigni, esse attivano meccanismi per ricevere l'ossigeno e i nutrienti di cui hanno bisogno. Per ottenere ciò, si possono verificare una serie di condizioni, tra cui: il tumore può produrre una sostanza denominata Tumor Angiogenesis Factor - TAF, ossia un fattore angiogenetico tumorale. Il TAF causa la formazione di nuovi vasi, stimolando la divisione delle cellule che circondano i capillari posti nelle vicinanze. I nuovi vasi forniscono nutrimento alle cellule cancerose, consentendo un ulteriore aumento delle dimensioni del tumore. Questo processo è detto angiogenesi e costituisce un bersaglio per alcune moderne terapie biologiche antitumorali; le dimensioni del tumore rimangono costanti; il tumore smette di crescere e non si diffonde. Questa situazione viene definita tumore in situ. Il sistema linfatico e l'immunosorveglianza Il sistema linfatico è composto dai vasi linfatici, da ghiandole (linfonodi) e dagli organi linfatici. Attraverso il sistema linfatico la linfa viene trasportata per tutto il corpo. La linfa è un liquido, incolore o tenuemente giallastro, limpido od opalescente, che circola nel sistema dei vasi linfatici e contiene le cellule del sistema immunitario, che è il sistema fisiologico di difesa del nostro organismo. Quando si ha un infezione può capitare di osservare un ingrossamento dei linfonodi del collo, sotto le ascelle o all'inguine. Questo capita perché l'organismo produce un gran numero di cellule del sistema immunitario per combattere l'infezione ed uccidere i batteri che l'hanno causata. Il sistema immunitario può anche intercettare e uccidere le cellule tumorali. Questo processo prende il nome di immunosorveglianza tumorale ed è solitamente molto efficace. Le citochine sono molecole che agiscono come messaggeri chimici del sistema immunitario, coinvolti nella regolazione dell immunosorveglianza tumorale. Alcune citochine sono utilizzate come terapie contro alcuni tipi di tumori. Tra queste vi sono: Interferoni; Interleuchina-2; Tumor necrosis factor (TNF). 4

5 Altre citochine sono fattori che stimolano la crescita e vengono utilizzati per contrastare gli effetti collaterali di alcune terapie antitumorali. Alcune citochine, ad esempio, stimolano l'aumento di numero delle cellule del sangue e vengono somministrate insieme alla chemioterapia quando questa colpisce e danneggia il midollo dove le cellule del sangue vengono formate: il fattore di crescita che interviene sulle colonie granulocitarie (G-CSF) stimola la crescita dei globuli bianchi (granulociti); l eritropoietina e la interleuchina-3 stimolano la produzione di globuli rossi. Occorre ricordare, inoltre, che alcuni fattori di crescita, come il fattore di crescita epidermoide (EGF), stimolano in generale la proliferazione cellulare. Dal momento che spesso le cellule tumorali contengono molti recettori EGF, questi fattori di crescita facilitano la proliferazione delle cellule tumorali. Pertanto, alcuni trattamenti antitumorali agiscono bloccando le citochine di questo tipo. Nei casi in cui le cellule tumorali riescono a eludere l immunosorveglianza o a sopraffare il sistema immunitario e proliferare nel sistema linfatico, un piccolo numero di cellule tumorali può superare i primi linfonodi incontrati nel percorso lungo le vie linfatiche e passare: nel torrente circolatorio; ad altri linfonodi; a tessuti ed organi vicini. L evoluzione del cancro e la prevenzione oncologica Il cancro può essere considerato una malattia dovuta ad una sregolazione cellulare del bilancio tra proliferazione, differenziazione e apoptosi. Lo sviluppo dei tumori nell uomo è il risultato di una complessa interazione tra genoma umano e fattori ambientali. La cellula cancerosa, che ha sviluppato la capacità di moltiplicarsi in maniera incontrollata e di evitare l apoptosi, può dare origine ad una colonia tumorale. Le cellule cancerose non devono necessariamente avere un turnover alto per dare luogo ad un accumulo. Tuttavia, le cellule tumorali che possiedono un elevato numero di recettori per i fattori di crescita come l'egf (Epidermal Growth Factor) sono particolarmente aggressive. Usualmente si considera la velocità di crescita di un tumore come il tempo necessario al raddoppio delle sue dimensioni. Occorrono circa 30 raddoppiamenti perché si produca una massa di cellule del diametro di 1 centimetro e del peso di 1 grammo, dimensione minima perché una lesione tumorale venga vista ad occhio nudo. Se un certo tumore possiede un tempo di raddoppiamento intorno ai 75 giorni, 30 raddoppiamenti necessiteranno di almeno 6 anni per avvenire. 5

6 Il cancro è una malattia che si può sviluppare anche dopo lungo tempo dall esposizione agli agenti cancerogeni (esogeni ed endogeni). In genere, per la maggior parte delle neoplasie, arrivare ad una diagnosi precoce significa una migliore prognosi e trattamenti oncologici meno invasivi. Quando la diagnosi arriva in una fase più avanzata, nella maggior parte dei casi l obiettivo terapeutico riguarda non più la guarigione, ma il controllo della malattia neoplastica, che in molti casi è diventata malattia sistemica, vale a dire che vi è la presenza di lesioni metastatiche a livello locale e/o a distanza. Si distinguono tre livelli di prevenzione: primaria, secondaria e terziaria. La prevenzione primaria mira a evitare che la malattia insorga (ad esempio chirurgia profilattica nelle donne carrier di alterazione genetica BRCA1/2). La prevenzione secondaria riguarda invece persone sane che si sottopongono a controlli periodici clinico-strumentali allo scopo di fare una diagnosi precoce (ad esempio screening mammografico di popolazione). Lo scopo della prevenzione secondaria è la diagnosi precoce, la cui attuabilità e utilità differiscono a seconda delle varie neoplasie. La prevenzione terziaria, infine, si identifica con la riabilitazione e la prevenzione delle recidive, con la finalità del miglior reinserimento del malato nel contesto familiare e sociale. 6

7 Aspetti di genetica oncologica Il cancro è una malattia genetica causata dall accumulo di anomalie genetiche (dette mutazioni; alterazioni cromosomiche) a carico dei geni che controllano la proliferazione, la differenziazione, la morte e l integrità del patrimonio genetico delle cellule. Nel corso del processo di cancerogenesi, le cellule tumorali acquisiscono una serie di caratteristiche che le rendono svincolate dai meccanismi di controllo della crescita cellulare; questi meccanismi, nelle fasi più avanzate, comportano la metastatizzazione, ossia l invasione e la colonizzazione di tessuti e organi distanti dalla sede di origine della neoplasia (vedi sopra). Le mutazioni genetiche che danno origine al tumore possono verificarsi in maniera spontanea o derivare da errori di replicazione, o da danni al DNA causati da agenti interni e/o esterni. Molti fattori ambientali, infatti, tra cui agenti fisici (ad esempio le radiazioni) e sostanze chimiche (ad esempio il fumo di sigaretta e l amianto), possono essere la causa delle mutazioni e dunque possono essere considerati carcinogeni. Il progressivo accumulo di mutazioni genetiche nel corso degli anni spiega il motivo per cui l incidenza della maggior parte dei tumore è legata all invecchiamento. La mutazione all origine del cancro è detta somatica, perché colpisce una cellula dell organismo e non è trasmissibile per via ereditaria. In una piccola percentuale di casi la mutazione è presente a livello costituzionale, cioè in tutte le cellule dell individuo e può quindi essere ereditata da uno o entrambi i genitori attraverso la linea germinale. Le persone portatrici (carrier) di una mutazione patogenetica a livello germinale sono geneticamente predisposti a sviluppare uno o più tumori ereditari nel corso della vita. I portatori di mutazione patogenetica predisponente allo sviluppo di tumori (ad es. una persona carrier di mutazione genetica BRCA1 o BRCA2) hanno un rischio di ammalarsi di un tumore dello spettro tumorale associato alla sindrome (ad es. tumore mammario e/o ovarico) superiore a quello della popolazione generale. 7

8 Genotipo e fenotipo I geni deputati alla riparazione del DNA, quando sono alterati, possono determinare un aumento delle mutazioni e/o un instabilità genetica, tali da facilitare il progressivo accumulo di mutazioni in oncogeni e oncosoppressori che portano allo sviluppo di una neoplasia. Nella genesi del cancro, il ruolo dei geni del riparo è indiretto; la mutazione di uno di questi geni determina una perdita della sua funzione riparativa e quindi del meccanismo di controllo sulla stabilità del materiale genetico che è essenziale per uno sviluppo normale delle cellule. Il ruolo dei geni nei tumori sporadici La maggior parte dei tumori sono detti sporadici e sono caratterizzati da mutazioni acquisite nel corso della vita a livello somatico, vale a dire in un determinato tessuto, a carico di oncogeni, oncosoppressori e geni della riparazione del DNA. Gli oncogeni sono propriamente geni, o una serie di nucleotidi che codificano una proteina, dotati di proprietà trasformanti, che fanno si che da una cellula si sviluppi un fenotipo neoplastico. Gli oncogeni hanno un ruolo significativo nello sviluppo di un tumore e aumentano la possibilità che la proliferazione e il differenziamento di una cellula si orientino in senso tumorale. Con il termine proto-oncogene ci si riferisce alla versione normale del gene che può diventare un oncogene attraverso un meccanismo di mutazione e contribuire alla trasformazione cellulare. La cancerogenesi può originare da un amplificazione (più copie del gene) di alcuni oncogeni (ad es. HER-2 nel carcinoma della mammella). L identificazione nei tumori di alcune anomalie genetiche, in particolare quelle a carico degli oncogeni, è importante in termini di diagnosi, prognosi e terapia. In ambito oncologico sempre di più ci si orienta verso lo sviluppo di farmaci mirati, la cosiddetta target therapy, che prevede l impiego di farmaci mirati che ad esempio agiscono in maniera specifica sulle proteine iperespresse prodotte da un 8

9 oncogene attivato, quale ad esempio il Trastuzumab (anticorpo anti-her2) nel carcinoma mammario. I geni oncosoppressori hanno funzioni opposte a quelle degli oncogeni, in quanto controllano la proliferazione cellulare inappropriata e la trasformazione neoplastica. La proliferazione, il differenziamento e la morte cellulare, in condizioni di normalità, sono mantenuti in equilibrio attraverso l azione degli oncogeni e degli oncosoppressori. Perché si origini una neoplasia è necessario che si determini il danneggiamento o la perdita di entrambe le copie dei geni oncosoppressori, mentre la mutazione di una singola copia dell oncosoppressore consente ancora il funzionamento del gene e quindi non è associato allo sviluppo del tumore. I tumori eredo-familiari I tumori familiari rappresentano il 20% di tutti i tumori e per queste forme si ipotizza la condivisione a livello familiare di fattori ereditari, quali geni a bassa penetranza e fattori ambientali. I tumori ereditari costituiscono il 5-10% di tutti i tumori e si sviluppano in soggetti che hanno ereditato una mutazione genetica, che conferisce loro una predisposizione allo sviluppo di patologie neoplastiche. Molti geni di predisposizione sono stati identificati e clonati; per alcuni di essi, è anche possibile effettuare un test genetico. Nella maggior parte dei pazienti a rischio per tumori eredo-familiari, la predisposizione viene ereditata con modalità autosomica dominante e con penetranza incompleta. In questi casi la cancerogenesi segue il modello two-hits, per cui la prima mutazione è ereditata, mentre la seconda, somatica, disattiva l altro allele. Viceversa nelle forme tumorali sporadiche entrambe le mutazioni devono avvenire a livello somatico. Questo modello, noto anche come ipotesi di Knudson, è stato formulato la prima volta per spiegare l origine del Retinoblastoma, un raro tumore infantile della retina, ma viene oggi esteso a moltissime altre forme tumorali ereditarie (ad esempio geni APC, PTEN, p53, VHL). Analogamente, alcuni geni deputati alla riparazione del DNA sono responsabili della predisposizione genetica al cancro con analogo meccanismo autosomico dominante, in accordo con il suddetto modello (ad esempio geni Mismatch Repair- MMR, BRCA1, BRCA2). L identificazione dei soggetti a rischio per tumori eredo-familiari e la definizione del rischio ereditario si basa sulla ricostruzione della storia clinica (personale e familiare) ed il test genetico, nell ambito di una Consulenza Genetica Oncologica. Nella Tabella 1 sono riportate le sindromi tumorali ereditarie che richiedono un adeguato management oncologico 9

10 Tabella 1 adattata da Bianco AR, De Placido S, Tortora G (2011). Core Curriculum Oncologia Clinica. Milano: McGraw-Hill; pag Note: Sindrome Ereditaria della Mammella e dell Ovaio Alterazioni dei geni BRCA1/2 sottendono la sindrome ereditaria della mammella e dell ovaio (HBOC Hereditary Breast and/or Ovarian Cancer syndrome). I geni BRCA1 e BRCA2 sono localizzati rispettivamente sui cromosomi 17 e 13. L identificazione ed il sequenziamento del BRCA1 è stata riportata nel 1994 da ricercatori dell università dell Utah (USA) e dalla compagnia privata Myriad Genetics (Miki et al., 1994) Il gene BRCA2 è stato identificato nel 1995 dall Institute of Cancer Research in Gran Bretagna (Wooster et al., 1995). Poliposi Familiare del Colon (FAP) La Poliposi Adenomatosa Familiare (FAP), chiamata anche Poliposi Adenomatosa Colica (APC), è una sindrome caratterizzata dallo sviluppo di un grande numero di polipi adenomatosi (adenomi). Nelle forme diffuse gli adenomi sono centinaia e sono distribuiti in tutto l intestino crasso (colon, sigma e retto). La FAP è trasmessa come carattere autosomico dominante, a penetranza pressoché completa. È dovuta a mutazioni germinali nel gene APC, localizzato nel braccio lungo del cromosoma 5 (5q21-q22). 10

11 Tumore del Colon-retto Ereditario Non Poliposico (HNPCC)- Sindrome di Lynch La sindrome di Lynch, nota anche come Hereditary Non-Polyposis Colorectal Cancer (HNPCC), è una sindrome di predisposizione genetica che aumenta il rischio di sviluppare un cancro del colon-retto (CCR) nel corso della vita. La sindrome Lynch è una condizione di aumentata suscettibilità genetica che si trasmette come carattere autosomico dominante. È geneticamente eterogenea, in quanto può essere causata da mutazioni in uno dei geni del Mismatch Repair (MMR): MSH2, MLH1, MSH6 e PMS2, responsabili del 40%, 30%, 15%, 15% circa dei casi, rispettivamente. Glossario Allele: ciascuna delle due forme alternative di un gene che occupano la stessa posizione (locus) in una coppia di cromosomi omologhi, e che controllano variazioni dello stesso carattere. Apoptosi: fenomeno controllato geneticamente che determina la morte programmata di una cellula a un certo punto del suo ciclo vitale. Cromosoma: unità strutturale del DNA, situata nel nucleo di una cellula. Le cellule umane normali hanno un totale di 46 cromosomi. DNA: acido deossiribonucleico. Il DNA è la struttura molecolare che costituisce tutti i geni. Enzima: catalizzatore dei processi biologici. La maggior parte degli enzimi sono proteine (proteine enzimatiche). Un enzima incrementa la velocità delle reazioni chimiche, diretta e inversa, senza intervenire sui processi che ne regolano la spontaneità. Gene: unità ereditaria localizzata nei cromosomi, che attraverso l interazione con ambiente interno ed esterno controlla lo sviluppo di un carattere o fenotipo. Mitosi: (biol.) fenomeno che avviene nel nucleo di una cellula animale o vegetale e che porta alla divisione del nucleo stesso e alla riproduzione della cellula. Tessuto: struttura costituita da cellule che lper contribuiscono ad una determinata funzione. Uno o più tessuti contribuiscono a formare strutture più complesse chiamate organi: ad esempio, il cuore, il fegato, la pelle. 11

12 Riferimenti bibliografici Bianco AR, De Placido S, Tortora G (2011). Core Curriculum Oncologia Clinica. Milano: McGraw-Hill; Garber JE, Offit K (2005). Hereditary Cancer Predisposition Syndromes. Journal of Clinical Oncology, 23: ; Ludwig KK, Neuner J, Butler A, et al. (2016). Risk reduction and survival benefit of prophylactic surgery in BRCA mutation carriers, a systematic review. Miki Y, Swensen J, Shattuck-Eidens D, et al. (1994) A strong candidate for the breast and ovarian cancer susceptibility gene BRCA1. Science 1994, 266:66; National Cancer Institute of Health - NIH. Weinberg R. (2016). La biologia del cancro. Prima edizione italiana condotta sulla seconda edizione americana. Trad. di V. Ciminale, A. De Rossi, S. Indraccolo, A. Rosato, P. Zanovello. Rev. di A. Amadori Bologna: Zanichelli Editore; Wooster L, Bignell G, Lancaster J, et al. (1995) Identification of the breast cancer susceptibility gene BRCA2. Nature 1995, 378:

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