REPORTERGOURMET.COM FEBBRAIO 2017 Langhe bistronomiche: al Fre di Paolo Meneguz Prodotti di prossimità e assemblaggi innovativi in un contesto informale: Paolo Meneguz e Isabel Oberlin al Fre di Monforte battono sentieri vergini per la ristorazione delle Langhe. AutoreDi: Alessandra Meldolesi
C è chi sostiene che sarà la nuova stella di Langa, Paolo Meneguz, trentenne originario di Torino che dallo scorso mese di ottobre è per la prima volta chef a Monforte, in quella che era la cascina di un vecchio contadino, il Fre, convertita a resort sull onda montante del turismo del vino targato UNESCO. Uno scenario rurale che ha permeato la sua cucina, forgiata al fianco di Ciccio Sultano, Nadia Santini e soprattutto Valeria Piccini. Maestri italiani e totali, dal sud al nord Italia, capaci di ricreare il territorio come solo gli autodidatti sanno fare attraverso una cucina from scratch. Io però non vengo da una famiglia del settore. I miei genitori erano entrambi professori e siccome al liceo scientifico zoppicavo, decisero di mandarmi a lavorare da un caro amico che aveva un ristorante, nel tentativo di rimotivarmi allo studio. Ma ottennero l effetto contrario. L ICIF a Costigliole d Asti prevedeva uno stage, nel mio caso da Ciccio Sultano. Doveva durare quattro mesi ma io chiesi e ottenni di fermarmi per due anni. Il classico posto dove piangi quando arrivi e piangi quando parti: mi ha aperto gli occhi su tantissime materie prime e sulla centratura del gusto naturale anche in presenza di molti ingredienti.
In attesa di entrare al Pescatore mi sono fermato in un panificio di Tortona, per approfondire i lievitati; poi al Cascinale nuovo di Walter Ferretto. Con Nadia Santini sono rimasto per un anno, familiarizzando con prodotti quali i pesci di acqua dolce e sussumendo lo spirito di una ristorazione democratica, per la quale ogni cliente è uguale. Con Valeria ci eravamo conosciuti da Walter e mi ha subito preso ai secondi, una costante della mia formazione, prima di farmi sous-chef. Con lei sono rimasto 6 anni ed è stato amore a prima vista con la Maremma e i suoi sapori, una lezione di prossimità e di organizzazione, per esempio nell uso dell animale intero, che significa sostenibilità e rispetto. Mi ha fatto crescere moltissimo, fino a poter proporre qualche piatto, per quanto nei suoi canoni.
Del Fre io e Isabel, la ragazza svizzera che guida sala e cantina, abbiamo seguito tutte le fasi di progettazione, confrontandoci con l architetto. Volevamo negli ambienti la stessa attenzione per la materia e l artigianato locali, dai tavoli in legno alle pezze in cuoio sotto le bottiglie, dai piatti in gres ai coltelli; essenzialità e colori organici. Soprattutto avevamo in mente una cucina ricercata in un contesto informale. La tenuta, oltre al vino etichettato Réva, produce nocciole. Ma in primavera è già in agenda la messa in posa di un orto proprio, che rimpiazzi gli approvvigionamenti dai coltivatori della zona. Poi ci sono i funghi, le erbe e i frutti spontanei che crescono tutt intorno. E la filiera di carni e pesci è altrettanto corta: le prime arrivano da un piccolo macellaio di Peveragno, la cui fassona ha quel pelino di grasso in più ; i secondi da allevamenti di Mondovì con acqua di fiume. Più capponi di Morozzo e quant altro. E la carta dei vini segue, con l attenzione di Isabel, formatasi all Università di Pollenzo, al Relae e a Piazza Duomo a fianco di Vincenzo Donatiello, per piccoli e giovani artigiani del vino.
Attualmente il menu degustazione da 5 portate costa 55 euro, con l eventuale supplemento di 35 per gli abbinamenti. Ma c è anche la carta con le sue quattro proposte per portata. Ottimo il pane, a base di farine del Molino Sobrino e lievito madre, più i grissini e la focaccia all olio quale retaggio di Toscana. La cucina, già felice e precisa, crescerà in complessità ma mostra lineamenti definiti.
Si comincia, ironicamente, con i nochos, cialdine ricavate dalla farina desoleata che avanza dall estrazione dell olio di nocciola, servite con un guacamole piemontese, di zucchine o cavolfiore secondo la stagione.
Ottimo a seguire il tortello di cinghiale, altro souvenir maremmano vestito di sembianze orientali (il ripieno è di pancetta sottovuoto, ma la pasta è quella dei ravioli cinesi) con una crema di rapa e il suo classico fondo. Perché sono un maniaco di cucine esotiche. E con questo abbinamento mi riaggancio alle rape che da queste parti si mangiano con le salsicce. Una tendenza allo spacchettamento e al ricompattamento di suggestioni preesistenti destinata a ricorrere nel pasto. La battuta di cervo ironizza su un must piemontese, la carne cruda, ribaltando il cliché di una selvaggina da sottoporre a frollature e marinature invasive. Viene appena rinfrescata dalla dadolata di topinambur, mentre la cagliata acida di pecora riprende le note selvatiche.
Anche la trota nuota nel repertorio piemontese: appena spadellata, viene proposta secondo tradizione con l acciuga, ma in forma di maionese per un maggiore apporto grasso, e le foglie di senape amare e piccanti al posto della salvia. Tornano alla crasi i plin al Castelmagno con riduzione di cipolla al forno, indistinguibile dal classico sugo d arrosto. Un abbinamento che anche in questo caso nelle intenzioni dello chef cita una ricetta preesistente: quella della cipolla ripiena di fonduta al forno.
L anguilla infine, integra nella sua sontuosa grassezza, è servita con i broccoli, per la pulizia amara, e una riduzione di succo di mirtillo per l acidità.
Lascia il segno il dessert di cialda di nocciola con gianduia, mousse di cioccolato bianco al limone e gel sempre di limone, apparentemente rassicurante ma sferzato dall acidità intransigente dell agrume. Autrice: Alessandra Meldolesi Ristorante Fre Loc. San Sebastiano 68 12065 Monforte d Alba (CN) Tel. +39 0173 789269 Mail: info@ristorantefre.it Il sito web del ristorante