ACCORDO DI PROGRAMMA MUR-CNR Sviluppo delle esportazioni di prodotti agroalimentari nel Mezzogiorno

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1 ACCORDO DI PROGRAMMA MUR-CNR Sviluppo delle esportazioni di prodotti agroalimentari nel Mezzogiorno ANALISI ECONOMICO STRUTTURALE DELLE DIVERSE FILIERE AGROALIMENTARI NEL MEZZOGIORNO Il settore agroalimentare in Sicilia Quaderno ISSM n. 130-D Napoli,

2 Quaderno realizzato nell ambito dell accordo di programma MUR-CNR relativo al progetto Sviluppo delle esportazioni di prodotti agroalimentari del Mezzogiorno Responsabile scientifico del progetto: Maria Rosaria Carli Realizzazione: Network Consulting Elaborazione e impaginazione a cura di: Aniello Barone e Paolo Pironti Copyright 2008 by CNR-ISSM Tutti i diritti riservati. Parti del lavoro potranno essere riprodotte previa autorizzazione citando gli autori e il CNR-ISSM Edizione fuori commercio

3 INDICE 1. Il settore agroalimentare in Sicilia Pag Caratteristiche del sistema agroindustriale siciliano» Le filiere produttive regionali» La filiera vitivinicola» La filiera lattiero casearia» La filiera ortofrutticola» La filiera delle produzioni zootecniche della carne» La filiera olivicolo olearia» La filiera cerealicola e delle paste alimentari» I distretti agroalimentari della Regione Sicilia» Il distretto alimentare frutticolo di Pachino» Flussi commerciali con l estero dell agroalimentare campano» Le caratteristiche del commercio estero dei prodotti agroalimentari siciliani» Export per aggregati merceologici» 83

4 1. Settore Agroalimentare in Sicilia Caratteristiche del sistema agroindustriale siciliano 2 Il settore primario Il sistema agroalimentare riveste un ruolo importante nell economia siciliana. Il contributo del settore alla formazione del PIL regionale nel 2004 è stato del 6,3%, superiore all incidenza percentuale del settore agroalimentare in Italia (4,9%). Inoltre, è diversa la composizione, che in Sicilia, è più spostata verso la fase agricola rispetto a quella dell industria alimentare e delle bevande. La produzione agricola a prezzi di base della Sicilia nel 2004 ammonta a circa 4 miliardi di euro, in aumento rispetto a quella del 2000 (3,6 miliardi di euro). La distribuzione della produzione siciliana nel 2004 si caratterizza per la forte incidenza degli ortaggi e patate (24,1% della produzione agricola totale), degli agrumi (17,4%) e della vite (11,6%), seguono le produzioni di carni (7,9%), cereali (7,5%), olivo (5,7%), frutta (5,1%) e fiori e piante ornamentali (4,1%). Il settore primario, costituito dall agricoltura, silvicoltura e pesca fa registrare un valore aggiunto pari a milioni di euro ed al 4,3% del totale del valore aggiunto regionale. La dinamica temporale rispetto al 2000 mostra una crescita del valore aggiunto del settore primario di circa l 8,7%. Va sottolineato come il valore aggiunto in a- gricoltura ha fatto registrare un trend crescente negli ultimi venticinque anni ( ), in particolare il tasso di incremento medio annuo, nel quinquennio , è risultato superiore alla media nazionale (2,2% contro 1,7%). 1 Fonte: Programma di Sviluppo Rurale (PSR) Regione Sicilia ; PSR Sicilia allegato 4 Analisi delle principali filiere regionali; Outlook dell agroalimentare italiano - Rapporto Annuale ISMEA Vol. II (p.95-p.96); Rapporti sulle filiere agroalimentari in Sicilia CO.RE.RAS Consorzio regionale per la ricerca applicata e la sperimentazione. 2 Fonte: Programma di Sviluppo Rurale (PSR) Regione Sicilia (p.16-p.23). 5

5 Il contributo dell agricoltura alla formazione del valore aggiunto complessivo risulta in Sicilia al di sopra della media nazionale, segno che nella regione il settore agricolo contribuisce in maniera più incisiva alla produzione della ricchezza regionale nei confronti del Paese nel suo complesso. Il settore però è strutturalmente debole in quanto la sua crescita è inferiore a quella dell economia regionale in totale. A conferma della debolezza del settore agricolo, va sottolineato altresì come il peso del valore aggiunto agricolo sul totale prodotto dall economia siciliana sia nettamente diminuito negli anni. Infatti, l incidenza del valore aggiunto del settore agricoltura, silvicoltura e pesca sul PIL della Sicilia si è ridotta passando dal 5,2% del periodo al 4,2% del periodo ; se all agricoltura aggiungiamo l industria alimentare per ottenere il valore aggiunto del settore a- gro-alimentare, nei periodi in esame, si riscontra una pari diminuzione del peso del valore aggiunto sul totale dell economia (dal 6,8% al 5,8%). Considerando i valori a prezzi costanti al 1995 (fonte ISTAT- serie storica) nel 2004 il valore aggiunto del settore agricoltura, silvicoltura e pesca siciliano ammonta a 2.831,4 milioni di euro e rappresenta il 9,4% di quello prodotto a livello nazionale. Per quello che concerne l analisi del valore aggiunto del settore agricoltura è possibile, utilizzando un dato stimato dall Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA), quantificare la sua incidenza in alcune macroaree rurali: i Comuni che ricadano nell aree urbane detengono un valore aggiunto del settore primario pari al 9,8% del complesso; nelle aree rurali ad agricoltura intensiva si rileva un valore aggiunto del settore primario pari al 17,8% del totale siciliano; nelle aree rurali intermedie il valore è pari al 49,8% del complessivo ed infine nelle aree rurali con problemi complessivi di sviluppo si osserva il 22,6% del valore aggiunto del settore primario regionale. Da tale distribuzione si rileva un forte peso delle aree rurali intermedie alla creazione del valore aggiunto del settore primario della regione Sicilia. Due indicatori che consentono di verificare la valenza economica del settore primario sono la redditività e la produttività della terra. 6

6 La redditività della terra, che esprime quanto valore aggiunto è ottenibile da ogni ettaro di terra, è pari nel 2004 a euro per ettaro, dato molto vicino alla media nazionale (2.509 euro) ed in aumento del 5% rispetto al La produttività della terra, che è invece il rapporto fra il valore della produzione agricola e la SAU, è pari a euro ad ettaro nel 2004 ed è sempre leggermente inferiore al valore medio nazionale (3.800 euro circa), ma comunque in crescita nel tempo (+8% rispetto al 2000). La lettura dei dati provenienti dall indagine strutturale sulle aziende agricole4 ISTAT (2005) consente di tracciare un quadro generale del comparto agricolo. Per quanto riguarda l uso agricolo del suolo la superficie agricola utilizzata (SAU), che è di ettari, è rappresentata quasi per la metà (il 49,4%) dai seminativi, a seguire le coltivazioni legnose agrarie (31,8%) e infine i prati permanenti e pascoli che occupano quasi il 19%. Con riferimento, invece, alla struttura del tessuto aziendale agricolo il numero di aziende agricole in Sicilia al 2005 ammonta a , e fa registrare una diminuzione del 15,5% rispetto al Queste aziende rappresentano il 14,4% delle aziende agricole italiane e in termini di SAU costituiscono il 9,8% della SAU totale nazionale. La dimensione media aziendale in termini di SAU nel 2005 è pari a 5 ettari, ed è nettamente cresciuta rispetto al 2000 in cui era di 4,3 ettari. L analisi della dimensione fisica mette in evidenza che il 31% delle aziende agricole (pari a aziende) ha meno di un ettaro di SAU e occupa però soltanto il 3,2% della SAU regionale; il 48% ha una superficie agricola utilizzata tra 1 e 5 ettari, e occupa il 22% della superficie agricola siciliana; quasi il 20% delle aziende si trova nella classe 5-20 ettari, e appena l 1,3%, pari a aziende, ha un estensione superiore ai 50 ettari, coprendo però ben il 25% della SAU regionale. Con riferimento alla dimensione aziendale in termini di UDE (unità di dimensione economica) si conferma in Sicilia la prevalenza delle aziende di piccola dimensione; infatti il 57,9% non raggiunge le quattro UDE (quindi i euro di 7

7 RLS). Le aziende fino ad 8 UDE rappresentano il 74,3%; da 8 a 12 UDE il 7,6%, mentre le aziende oltre 12 UDE sono il 17,7% e intercettano il 61% della SAU. La dimensione media economica aziendale in UDE è pari ad 8,1 nel 2005, valore medio che è cresciuto rispetto alle 5 UDE del 2000 (fonte ISTAT 2005). In generale l analisi dei dati sulla struttura delle aziende agricole mostra che la tendenza regionale è in linea con quella nazionale: diminuzione del numero di a- ziende agricole (-5,5%), lieve flessione della SAU (-0,5%) e aumento della dimensione in termini di reddito lordo standard aziendale in UDE (34,4%). La parte preponderante delle aziende è localizzata nelle aree collinari e montane. Con riferimento agli ordinamenti colturali, le aree pianeggianti, localizzate vicino alla costa, limitrofe ad insediamenti urbani ed importanti bacini industriali, sviluppano un agricoltura intensiva rappresentata da produzioni frutticole, orticole, floricole e in minor misura agrumicole. Al contrario, nelle aree interne prevale un agricoltura estensiva, costituita principalmente da seminativi e dagli allevamenti zootecnici, che nell Isola assumono, oltre a quello produttivo, un ruolo di valorizzazione delle risorse ambientali e paesaggistiche. Per quanto riguarda il titolo di possesso dei terreni, continuano ad essere largamente prevalenti le aziende su terreni solo di proprietà (97%). Le aziende con SAU in affitto rappresentano solo il 3% del totale ma in termini di SAU hanno un incidenza più elevata (il 9,5%); tuttavia questa categoria di possesso dei terreni si è quasi dimezzata rispetto a due anni prima, più in termini di numerosità di aziende (-43%) e molto meno in termini di SAU occupata (-19%). I dati ISTAT evidenziano nel 2003 l assoluta prevalenza delle aziende agricole a conduzione diretta del coltivatore (96,2% del totale); all interno di questa forma di conduzione spiccano nettamente le aziende con sola manodopera familiare, che comunque diminuiscono rispetto al 1999 mentre aumentano, dal 18% al 24%, le aziende con manodopera mista (familiare ed extrafamiliare). Le aziende condotte in economia, cioè quelle che si avvalgono di salariati e quelle che ricorrono esclusivamente ad imprese di contoterzismo, sono solo il 8

8 3,8% del totale nel Con riferimento alla struttura delle aziende agricole per classe di età del conduttore, risulta esiguo il numero di aziende che sono guidate da giovani. Infatti, appena il 3,7% dei conduttori ha meno di 34 anni, quasi il 31% ha un età compresa tra i 35 e i 54 anni mentre, la quota più consistente di aziende agricole è condotta da persone con oltre 55 anni (poco più del 65%). Si osserva una pur lieve tendenza al ricambio generazionale poiché è diminuita la quota dei meno giovani (che nel 1999 rappresentava il 71% del totale) e sono anche debolmente aumentate le prime due classi. Tuttavia, continua ad esistere la preponderanza di conduttori anziani e, di conseguenza, l esigenza del ricambio generazionale. Il rapporto percentuale tra gli agricoltori con età inferiore a 35 anni e quelli con età superiore ai 55 è pari al 5,6%, vicino al dato nazionale (pari al 6%) e in aumento rispetto al 1999 in cui era pari a 4,5%. Riguardo all occupazione agricola, sia a livello nazionale che ancor più nel Mezzogiorno e in Sicilia, si evidenziano i fenomeni del massiccio ricorso alla manodopera stagionale e saltuaria e al lavoro extracomunitario, della bassa qualificazione dei lavoratori, dell invecchiamento degli occupati e soprattutto dei conduttori agricoli, e della forte rilevanza dell economia sommersa. Il numero degli occupati in agricoltura nel 2005 è pari a 113 mila unità in netta diminuzione rispetto al 2000 (135 mila unità). La progressiva riduzione della forza lavoro agricola, registrata anche a livello nazionale (-15,4%), è imputabile alla fragilità complessiva del settore, nel quale la struttura aziendale è prevalentemente a conduzione familiare e con un elevata età media dei conduttori. Si evidenzia una difficoltà di ricambio generazionale in agricoltura: le nuove generazioni spostano i propri interessi lavorativi e le proprie aspirazioni verso settori con maggiore redditività, minore complessità nella gestione e minori rischi di impresa. L analisi della produttività del lavoro a livello settoriale mette in evidenza in Sicilia, analogamente al resto del Paese, la scarsa incidenza del settore primario, il cui valore al 2004 pari a euro di V.A./ULA è di molto al di sotto degli altri due settori (industria e servizi ). L analisi temporale della produttività del lavo- 9

9 ro nel settore agricolo mostra una dinamica crescente. Dalla seconda metà degli anni novanta, nella regione, si registra un incremento medio annuo del 5,8% per il solo settore agricolo e del 5,2% per l agro-alimentare. In particolare, dal 2000 in poi la produttività cresce più velocemente sia nel settore primario sia nell agroalimentare (8,1% e 7,3% rispettivamente). Tale aumento della produttività del lavoro è probabilmente correlato al progressivo calo occupazionale in agricoltura. Sempre con riferimento al settore agricolo la provincia con il maggior valore aggiunto per ULA è Ragusa, grazie all elevata redditività delle produzioni serricole. Di seguito si riporta una tabella con le caratteristiche dell occupazione agricola suddivisa nelle quattro macroaree individuate. I dati sono riferiti al 2000 perché gli ultimi disponibili al livello di disaggregazione necessario per tale tipo di analisi (dati comunali). Gli investimenti fissi lordi nel settore agricolo al 2003 sono pari a 634,4 milioni di euro, con un incremento rispetto al 2000 dell 8,9%. L incidenza dell agricoltura rispetto al totale degli investimenti ha subìto nell ultimo decennio una flessione passando dal 6,4% nel 1995 al 4,5% nel Tale andamento è da attribuire in primo luogo alla scarsa liquidità delle imprese e alla difficoltà di accesso al credito, aggravato in questi ultimi anni dal quadro congiunturale dell economia e dalla crisi di mercato di alcuni comparti (es. orticolo e vitivinicolo). La propensione all investimento (data dagli investimenti rispetto al valore aggiunto) nel totale dei settori (primario, secondario e terziario) è del 20% in Sicilia e del 20,5% in Italia e pertanto a livello complessivo c è un allineamento con la media nazionale. Al contrario, a livello settoriale emerge una più bassa propensione all investimento in agricoltura, che in Sicilia è il 19,8% contro il 34,2% italiano. Industria agroalimentare L industria alimentare siciliana, nel 2003, partecipa con un valore pari a milioni di euro alla formazione del valore aggiunto nazionale (4,4%), avendo fatto registrare negli ultimi anni una tendenza all incremento nei valori assoluti. Infatti, 10

10 negli ultimi quattro anni il tasso di crescita è stato di poco più del 4%. Sempre nel 2003 gli occupati nell industria alimentare siciliana sono 31,7 mila mentre il valore aggiunto per occupato, che rappresenta la produttività del lavoro, è pari a circa 36,8 mila euro. Sullo sviluppo dell industria alimentare siciliana hanno influito sicuramente gli investimenti effettuati nel settore. Dai dati sui conti economici territoriali risulta, infatti, che sono stati effettuati notevoli investimenti nel settore alimentare che, nel 2002 (ultimo dato disponibile), pesano sul totale nazionale per il 5%, con un ammontare di 319 milioni di euro. Nell industria alimentare, nel 2001 si rilevano oltre 7 mila aziende. Dal confronto fra i dati degli ultimi due Censimenti emerge una variazione positiva rilevante per le imprese (24% circa) e più contenuta per il numero di addetti (3%). Le imprese che hanno fatto registrare il maggior incremento sono quelle impegnate nella lavorazione e conservazione di frutta ed ortaggi (85%) a fronte di una sostanziale stabilità del numero di occupati (-0,8%). Di contro emerge una situazione particolare nel settore produttivo lattiero caseario, in cui il calo nel numero delle imprese (-20%) è stato accompagnato da un aumento degli addetti (26%). Si osserva, oltre al consolidamento e all espansione delle imprese che vantano una certa tradizione, anche l incremento (quanto meno sul piano dell incidenza delle unità locali, sul totale complessivo) delle micro-imprese (imprese della classe da 1 a 9 addetti), che rappresentano al 2001 il 95% del totale. Anche la fase della commercializzazione risulta in forte evoluzione, basti pensare alle moderne tipologie di contratti tra diversi operatori, al ridimensionamento del ruolo dei mercati all ingrosso ed a quello crescente delle piattaforme commerciali, non dimenticando la rilevanza che la logistica assume per l intera efficienza di tale fase. La distribuzione commerciale moderna (GDO) ha modificato, in maniera non indifferente, i tradizionali processi d acquisto, costituendo la vera rivoluzione del sistema agroalimentare nell ultimo ventennio. 11

11 Altra caratteristica dell industria agroalimentare siciliana è che, anche se è abbastanza sviluppata in alcuni comparti (tra i principali ricordiamo le conserve vegetali, l ortofrutta, il vino, le paste alimentari, le farine e l olio d oliva), si occupa prevalentemente della prima trasformazione dei prodotti, peraltro con limitato impiego di tecnologie avanzate, e solo marginalmente si spinge nella produzione di prodotti ad elevato valore aggiunto. Oltretutto, spesso, come nel caso dell ortofrutta, del vino, dell olio d oliva, le produzioni si fermano a livello dei mercati intermedi (alla pari dei mosti, dell olio d oliva sfuso e della frutta fresca) alimentando il proliferare di soggetti diversi lungo la filiera e rendendo, la stessa, meno efficiente per gli operatori. In Sicilia, il sistema agroalimentare risulta ancora meno sviluppato rispetto ad altre aree del Paese e si caratterizza per gli stretti legami con i territori e le produzioni agricole (ortofrutta, uve e vini, olive ed oli, grano duro, ecc.) ivi realizzate, per attività di produzione a carattere spiccatamente stagionale, per ridotti diagrammi di utilizzo di impianti e attrezzature. Nonostante le enormi potenzialità di crescita per l intero agroalimentare, si registrano condizioni di sviluppo a macchia di leopardo, in relazione ai singoli territori interessati. In termini generali, si ritiene che tra le principali componenti che potrebbero contribuire ad accelerare la dinamicità dell intero sistema vanno sicuramente sottolineate la spinta del progresso tecnologico (innovazioni di processo, di prodotto ed organizzative), i moderni modelli di divisione del lavoro, che mirano a conferire una maggiore flessibilità alle strutture produttive in termini di prodotti, costi ed elevata produttività del lavoro, il consolidamento e lo sviluppo delle innovazioni informatiche, in grado di accelerare ed ottimizzare le molteplici attività per cui sono impiegate, la capacità di differenziare la produzione ed ampliare la gamma di beni offerti, al fine di realizzare le cosiddette economie di scopo (sia dal lato della domanda che dell offerta), ed il decentramento produttivo e la segmentazione delle attività, al fine rispondere meglio ad esigenze d ordine fiscale, previdenziale e, recentissimamente, contrattuale. 12

12 Altra componente strategica che risulta scarsamente valorizzata è l integrazione di filiera, spesso assente e/o non efficiente. 1.2 Le filiere produttive regionali La filiera vitivinicola 3 Il comparto vitivinicolo costituisce uno dei settori più rappresentativi del sistema agroalimentare siciliano in termini di fatturato complessivo, e risulta trainante per l economia del territorio sia per le capacità competitive sui mercati internazionali che per l importante ruolo socioeconomico e occupazionale svolto. Considerando il quinquennio dal 2002 al 2006, la produzione media ai prezzi di base del vino, in Sicilia pari a 137,9 milioni di euro, incide per il 7% sulla produzione media nazionale di vino e contribuisce alla PPB agricola siciliana col 3,4% (dati Istat). Tabella 39 Quadro sinottico della filiera vitivinicola, 2004 PARAMETRO VALORE Valore PPB vino Italia (.000 ) ,0 Valore PPB vino Calabria (.000 ) ,0 PPB vino Calabria/vino Italia (%) 6,4% Superficie vitata (ha) ,0 Aziende agricole (n) ,0 Superficie media (ha) 1,4 Produzione vino e mosto (.000 hl) 6.699,0 Produzione uva da vino (.000 hl) 9.103,0 Fonte: PSR Sicilia La Sicilia in termini di valore di produzione si posiziona al quarto posto in Italia alle spalle di Regioni quali il Piemonte, il Veneto e la Toscana e al primo posto tra quelle del Mezzogiorno seguita da Puglia e Abruzzo. La Sicilia è la regione 3 Fonte: Programma di sviluppo Rurale (PSR) Sicilia , allegato 4 Analisi delle principali filiere regionali (p.56-p.67); Analisi della competitività del comparto vitivinicolo 2005, CO.RE.RAS Consorzio regionale per la ricerca applicata e la sperimentazione. 13

13 con la maggiore superficie vitata del Paese, rappresentando, nel 2006, il 16,5% della superficie vitata nazionale (dati ISTAT). In particolare, la coltura si concentra nelle province di Trapani, Agrigento e Palermo, che insieme ragguagliano l 89,1%. La superficie totale destinata a uva da vino in Sicilia è scesa gradualmente dai 165,4 mila ettari del quinquennio , ai 140,1 mila del quinquennio , registrando in tale periodo una riduzione del 15,3 %; parallelamente, la produzione media annuale di uva è passata dai 14,9 milioni di quintali (quinquennio ) a 9,19 milioni di quintali (quinquennio ). Relativamente alla distribuzione delle superfici ad uva da vino per colore, nel 2007 le uve bianche hanno rappresentato il 65% del totale investito in Sicilia, occupando Ha. Figura 47 Ripartizione percentuale della superficie vitivinicola complessiva in Italia nel 2000 Fonte: Analisi della competitività del comparto vitivinicolo 2005, CO.RE.RAS La struttura della filiera 14

14 Produzione Secondo gli ultimi dati censuari, il numero di aziende con superficie ad uva da vino è di , di cui ad uva da vino per Doc-Docg. I dati del Censimento individuano una realtà caratterizzata da una elevata polverizzazione della struttura aziendale e da una ridotta superficie dedicata alla coltivazione della vite (l 80% delle aziende ha meno di cinque ettari). Inoltre, come per gli altri comparti produttivi, anche nelle aziende viticole, si riscontra un processo di senilizzazione dei conduttori, e quindi un problema di ricambio generazionale. Dal 2000 al 2005 la viticoltura siciliana è stata interessata da un significativo processo di riconversione varietale e di ristrutturazione che, coinvolgendo aziende e ha di vigneto, ha puntato al miglioramento della competitività a medio e lungo termine del comparto all interno del sistema economico nazionale e internazionale. Si continua a registrare un aumento della densità complessiva degli impianti ed una riduzione delle superfici ad alberello ed a tendone a favore di quelle a spalliera; tale forma di allevamento consente una riduzione dei costi grazie alla possibilità di compiere meccanicamente le operazioni colturali che incidono maggiormente sui costi di produzione (potatura e raccolta). Ma la diminuzione dei costi produttivi per la maggior parte delle aziende non si è verificata a causa della modesta introduzione di macchine innovative per la gestione del vigneto e del parziale rinnovamento dei sistemi irrigui. La produzione di vino, dagli 11,7 milioni di ettolitri (media ), che rappresentavano il 15,8% della produzione nazionale, è passata ai 6,69 milioni di ettolitri (media del quinquennio ), che rappresentano il 13,8% della produzione nazionale, con una diminuzione quindi del contributo dell isola alla produzione di vino dell intera penisola. Nel 2005 in Sicilia la produzione di vini a denominazione di origine ha toccato 240,3 mila ettolitri (1,8% del dato nazionale), con una produzione media del 15

15 quinquennio pari a 188 mila ettolitri (elaborazione su dati Federdoc); l incidenza della produzione di vino a Doc siciliano sulla produzione di vino a Doc in Italia, risulta dieci volte inferiore all incidenza della produzione di vino siciliano sul totale prodotto in Italia e denuncia una bassa qualificazione delle produzioni enoiche siciliane, ma rivela altresì l opportunità, per le imprese vinicole regionali, di qualificare maggiormente l offerta di vino. La maggior parte della produzione siciliana di vini a denominazione d origine è concentrata nella Sicilia occidentale con il Marsala, che nel 2005 ha rappresentato il 56,8% del totale; considerando la media del periodo , il Marsala occupa la prima posizione con il 55% del totale, seguita dall Alcamo DOC con il 9,8%, dall Etna e dal Moscato di Pantelleria, con, rispettivamente il 6,4% ed il 5,9% del totale. Le produzioni di vino a Igt rappresentano una realtà molto importante della vitivinicoltura siciliana e mostrano un andamento produttivo in forte crescita, in contrapposizione con quello dei vini a Doc, discontinuo e su quantitativi modesti: dai 383,6 mila ettolitri di vino prodotti nel 1995, nel 2006 la produzione di vino ad IGT in Sicilia ha raggiunto 1,98 milioni di ettolitri, ovvero il 28,7% della produzione regionale di vino realizzata nello stesso anno. Trasformazione Focalizzando l analisi sul settore della trasformazione, l industria enologica siciliana si è trovata nell ultimo ventennio, ad affrontare una grande sfida volta al rinnovamento ed all ammodernamento delle strategie imprenditoriali e dei processi produttivi che ha interessato soprattutto le cantine private, ma gradualmente sta determinando una forte spinta evolutiva delle strutture cooperative, nate tra la fine degli anni 50 ed i primi anni 60 per rispondere all esigenza di concentrare le produzioni d uva polverizzate sul territorio e di operare una prima trasformazione del prodotto e la cui esigenza principale oggi è diventata quella di migliorare la qualità delle produzioni viticole e di riqualificare quelle vinicole, promovendo una 16

16 conduzione dei vigneti più attenta alla qualità, aggiornando le tecnologie adottate in cantina, ma soprattutto impiegando processi manageriali ed organizzativi nuovi che spingano i processi di produzione fino all imbottigliamento ed alla commercializzazione dei prodotti finali. E necessario che nei prossimi anni si realizzino più diffusamente sul territorio dell isola forme di coordinamento verticale e orizzontale tra i diversi soggetti che costituiscono la filiera vitivinicola, anche attraverso accordi interprofessionali e di filiera, accorpamenti e fusioni aziendali, al fine di costituire la catena del valore ed al tempo stesso, competere sui mercati internazionali con una maggiore incisività ed incamerando una maggiore quota di utili. In termini numerici, la realtà produttiva delle aziende che confezionano vino, nel 2005, era costituita da 455 imprese vitivinicole (88,6% private, 11,4% associate), di cui appena 18 rappresentavano il 61,7% del vino confezionato da destinare ai mercati di riferimento (dati Istituto Regionale della Vite e del Vino); il volume complessivo del vino confezionato nello stesso anno è stato pari a Hl (di cui più del 95% confezionato in vetro). La suddivisione delle aziende che confezionano per classe produttiva, mostra inoltre che, soltanto 40 delle aziende che imbottigliano, hanno una produzione superiore a 500 mila di bottiglie, seguite da 216 aziende con una produzione compresa tra 500 mila e 50 mila bottiglie, da 174 aziende con una produzione compresa tra 50 mila e 5 mila bottiglie e da 25 aziende con produzione inferiore alle 5 mila bottiglie. Nel segmento del confezionato la Sicilia mostra peraltro di disporre di un avanguardia di aziende con marchi rinomati e capacità imprenditoriale che puntano ad una maggior quota di confezionato ed alla cura del packaging per meglio andare incontro ai gusti dei consumatori sempre più esigenti. Tali imprese hanno infatti un ottima immagine, sono posizionate sulle fasce medio alte e alte del mercato e risultano fortemente export oriented. Inoltre il richiamo delle varietà autoctone ed i prezzi relativamente bassi del mercato fondiario siciliano, hanno 17

17 favorito gli investimenti di alcune grandi industrie del centro-nord che hanno determinato una spinta propulsiva anche nel tessuto locale. Ancora limitata risulta la produzione di vini di qualità mentre resta elevata la quota di prodotto di vino sfuso destinata all ottenimento dei mosti concentrati e concentrati rettificati oppure al circuito della distillazione (nella campagna sono stati destinati circa ettolitri alla distillazione per uso alimentare, cioè il 30% circa della produzione di vino nella regione); la quota restante è destinata alle regioni del Nord per essere tagliata con altri prodotti e in particolare trova impiego nell industria di vini in brick. Commercializzazione Dai dati disponibili emerge che circa la metà delle vendite a volume viene realizzata presso i punti di vendita della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) siciliana. I grossisti, categoria che accorpa concessionari, intermediari ed esportatori, assorbono invece il 31% delle produzione vinicola. In ultimo, il canale Ho.Re.ca., assorbe congiuntamente il restante 19% delle vendite di vino. In alcune realtà sono stati rilevati casi di vendita diretta al consumatore, tramite internet o attraverso un proprio punto vendita per la commercializzazione, ma le percentuali sono irrisorie. I mosti, che costituiscono un prodotto semilavorato, vengono collocati soltanto presso altre imprese vinicole o presso i grossisti. A livello nazionale, sul mercato retail, nessun vino siciliano è presente tra i primi venti né nel settore delle bottiglie da 0,75 cl, né in quello delle confezioni più grandi, a dimostrazione del fatto che il prodotto siciliano non ha caratteristiche da mass market, ma è soprattutto diffuso in ambito regionale. Le aree di localizzazione La Sicilia nel 2000 ha visto rilevati dall Istat ettari di superfici coltivate ad uva da vino, di cui ettari localizzati nella sola provincia di Trapani 18

18 (52,9%). Alle sue spalle Agrigento, con ettari (17,6%) e Palermo con ettari (15,0%). La quota dei vigneti siciliani destinati alle denominazioni d origine (DOC e DOCG) è pari al 4%, per un equivalente di ettari localizzati in prevalenza in provincia di Trapani (46,1%), zona di produzione del Marsala. La vitivinicoltura siciliana è per i 3/4 imperniata sulle varietà bianche. Nel Trapanese in particolare queste coprono il 91% delle superfici vitate, ma anche in provincia di Palermo e di Agrigento hanno un incidenza preponderante, pari nell ordine all 82 e al 65 per cento dei vigneti provinciali. Il resto dell isola, meno importante in termini quantitativi ma certo non qualitativi, è invece orientato verso le varietà a bacca nera. Queste occupano il 92% dei vigneti di Siracusa e l per cento di quelli ricadenti nelle province di Caltanissetta, Catania e Ragusa. O- rientata in prevalenza verso le varietà nere anche la viticoltura di Enna (69%) e quella di Messina (48%). Per quest ultima provincia in particolare, ad inficiare l effettiva valutazione della composizione ampelografica interviene l elevata superficie (11%) di cui il Censimento non ha specificato tipo di vitigno. Analisi SWOT Dall analisi Swot, emerge come i punti di forza del comparto viticolo siciliano siano principalmente riconducibili all elevata vocazionalità pedoclimatica del territorio, combinata alla presenza di una vasta piattaforma ampelografica, costituita da vitigni autoctoni ormai conosciuti a livello mondiale e da vitigni internazionali, che sul territorio siciliano riescono a manifestare performances agronomiche di grande rilievo. E inoltre da sottolineare come le specificità del clima siciliano siano particolarmente indicate per l attuazione di sistemi di coltivazione della vite in agricoltura biologica o integrata, che ben si prestano a caratterizzare le produzioni enoiche siciliane nei mercati internazionali, in termini di salubrità, dando inoltre una valenza multifunzionale alla vitivinicoltura indirizzata alla difesa e tutela del paesag- 19

19 gio agrario, alla ecocompatibilità delle produzioni, prima ancora che alla valorizzazione economica delle risorse naturali. Per quanto riguarda le fasi della trasformazione vinicola e della commercializzazione, l ampiezza della piattaforma ampelografica e la molteplicità delle condizioni pedoclimatiche consentono un elevata potenzialità di differenziazione delle produzioni, per varietà, processo, volumi prodotti e per tipicità (22 DOC, 1 DOCG, 6 IGT); tale ricchezza di condizioni risulta particolarmente utile per l individuazione di strategie di segmentazione e differenziazione di prodotto, molto efficaci per la penetrazione nei diversi mercati internazionali. Inoltre, nell ultimo decennio si sono affermati numerosi vini dall ottima immagine, posizionati sulla fascia medio-alta del mercato, prodotti da imprese vitivinicole sempre più orientate al marketing, premessa utile ed importante, per il miglioramento della posizione competitiva di un numero più ampio di imprese vitivinicole. La presenza di numerose cantine sociali, che hanno già investito ingenti capitali per la loro riorganizzazione e rinnovamento, propone inoltre la possibilità di aggredire efficacemente il segmento delle commodities e dei vini di fascia mediobassa, ma pur sempre di qualità. La riscoperta e la valorizzazione del legame tra vino, arte, storia, cultura, prodotti tipici, tradizioni e gastronomia attraverso le strade del vino costituisce un ulteriore punto di forza dell offerta dei territori vitivinicoli siciliani, in grado di offrire un patrimonio ingente di contenuti e di esperienze sia ai visitatori siciliani, che ai turisti-consumatori che vivono al di fuori del territorio regionale. Le produzioni viticole siciliane evidenziano alcuni punti di debolezza riconducibili all estrema frammentazione della struttura produttiva con conseguenti riflessi sulla competitività dell intero comparto, accompagnata da una persistente difficoltà di coordinamento orizzontale tra i viticoltori e verticale con gli altri 20

20 soggetti della filiera, sia rispetto agli aspetti qualitativi che quantitativi delle produzioni. Numerose sono inoltre le aziende che ancora non sono giunte ad una meccanizzazione razionale delle operazioni in vigna e che non hanno adottato moderni sistemi di irrigazione adatti alla valorizzazione qualitativa del prodotto ed all utilizzo attento e responsabile delle risorse idriche disponibili. Ciò si traduce, per quanto riguarda la trasformazione e la commercializzazione, nella presenza di una preponderante quota di vino di bassa qualità, venduto allo stato sfuso con scarso valore aggiunto ed in un elevata produzione di mosto semilavorato e di vino avviato alla distillazione. Tra i punti di debolezza va segnalata anche la persistenza di modelli cooperativi tradizionali, spesso operanti con impianti di vinificazione obsoleti, molto statici in termini di investimenti in adeguamenti tecnologici e poco attenti alle dinamiche della domanda. Si riscontra, inoltre, una carenza di figure professionali specializzate in progettualità e strategie di marketing, un ancora limitata presenza di imprese fortemente marketing oriented e orientate all innovazione di prodotto e di processo ed una diffusa difficoltà a collegare efficacemente le fasi di produzione con quelle di trasformazione e commercializzazione (accordi verticali). Le produzioni di qualità imbottigliate ed immesse sul mercato risultano limitate, mentre risulta ancora ridotta la diffusione e l adozione dei sistemi di certificazione di qualità, di tracciabilità, e di certificazione ambientale. Una delle principali opportunità per lo sviluppo del comparto è riconducibile alla crescita della richiesta di vini di qualità (DOC, DOCG ed IGT) e ben caratterizzati in termini di territorio di provenienza; tale richiesta appare legata sia alla rilevanza del prodotto-vino in termini salutistici (cui si potrà abbinare in termini di marketing l immagine e la promozione della dieta mediterranea in ambito in- 21

21 ternazionale), sia al forte appeal esercitato dai vini siciliani sul mercato nazionale ed estero. La disponibilità di volumi ingenti di vino, atti a soddisfare le richieste della GDO nazionale ed estera, è un'altra opportunità sulla quale si dovrà puntare in futuro, insieme al ricorso di nuove professionalità e di figure manageriali capaci di realizzare con maggiore consapevolezza investimenti e strategie competitive adeguate. La correlazione della ricchezza del paesaggio vitivinicolo siciliano in termini di storia e patrimonio culturale e monumentale, con i flussi turistici nelle principali zone di produzione, potrà offrire un ulteriore opportunità, che potrà fornire redditi integrativi alle attività tradizionali, agli imprenditori che sapranno ben interpretare tale fenomeno. In tale contesto, come anche in quello relativo alla produzione e commercializzazione del vino giocherà un ruolo importante la presenza di casi aziendali che potranno attivare processi di imitazione nel contesto di distretti produttivi e territoriali definiti. I rischi a cui potranno andare incontro gli imprenditori del comparto, sono legati all aumento della concorrenza sui mercati internazionali, sia nel segmento dei vini di qualità, che in quelli da prezzo, esercitata dai Paesi nuovi produttori, all aumento della pressione concorrenziale nel segmento dei vini sfusi esercitata dai produttori del bacino mediterraneo e dei Paesi dell Est ed alla perdita di quote di mercato nei tradizionali mercati di sbocco. Ulteriori preoccupazioni derivano altresì dalla difficoltà di reperire manodopera e professionalità qualificate, nonché dall applicazione della riforma della OCM in corso con possibili ripercussioni in termini di competitività, occupazione e di sbocchi di mercato. Importante sarà i- noltre calmierare i ricarichi praticati dal settore della ristorazione ed intervenire sulla riduzione dei consumi interni attraverso campagne informative e promozionali adeguate, che accrescano la cultura del consumo di vino di qualità. 22

22 Si illustrano di seguito schematicamente i principali punti di forza e debolezza della filiera. Punti di forza Produzione specifiche vocazionalità pedoclimatiche per la coltivazione della vite; spiccata attitudine all applicazione di metodi di coltivazione della vite integrati e biologici; ampia piattaforma ampelografica; estese superfici ristrutturate con l impiego di sistemi d allevamento moderni e con varietà autoctone idonee alla qualificazione della produzione vinicola e di vitigni alloctoni che si prestano a combinazioni di elevato standard enologico; bassa età media dei vigneti (il 25% dei vigneti ha un età inferiore ai 10 anni). Trasformazione e commercializzazione produzione di vini in bottiglia di ottima immagine, posizionati sulla fascia medio alta e già affermati sui mercati nazionale ed esteri; presenza di un panorama vitivinicolo fortemente dinamico con fenomeni di acquisizione e accordi; riscoperta del legame tra vino e arte, storia, cultura, prodotti tipici, tradizioni e gastronomia attraverso gli itinerari enoturistici; presenza significativa di imprese vitivinicole marketing-oriented; presenza consistente di cantine sociali. Punti di debolezza Produzione polverizzazione e frammentazione aziendale; 23

23 limitata diffusione della meccanizzazione del vigneto e di moderni sistemi di irrigazione; mancanza di disponibilità di barbatelle innestate di categoria certificate appartenenti a vitigni autoctoni (Nero d Avola, Catarratto, Inzolia, Grillo, Grecanico etc.); persistente difficoltà di coordinamento orizzontale tra viticoltori e verticale con gli altri soggetti della filiera, sia rispetto agli aspetti qualitativi che quantitativi delle produzioni; presenza di un numero ancora non trascurabile di aziende che producono uve di scarsa qualità e sopravvivono grazie agli aiuti (distillazione). Trasformazione e commercializzazione eccessiva quota di vino commercializzato allo stato sfuso e modesta quota di prodotto imbottigliato e di qualità; elevata percentuale di vino destinato alla distillazione ed al semilavorato mosto; presenza di un modello cooperativo tradizionale poco attento alle dinamiche e alle esigenze della domanda, con presenza di impianti di vinificazione e conservazione obsoleti e/o sotto utilizzati; carenza di figure professionali specializzate in progettualità e strategie di marketing; limitata presenza di imprese fortemente marketing oriented e orientate all innovazione di prodotto e di processo; ridotta diffusione dei sistemi di certificazione di qualità, tracciabilità, e certificazione ambientale. Criticità frammentazione della produzione viticola, le cui conseguenze sul tessuto produttivo dell isola sono aggravate dalla scarsa presenza di forme di coor- 24

24 dinamento verticale e orizzontale tra i diversi soggetti che costituiscono la filiera vitivinicola e dalla gestione carente dei fattori della produzione; presenza di un numero ancora non trascurabile di aziende che producono uve di scarsa qualità che sopravvivono grazie agli aiuti della Comunità Europea, con conseguente ricorso alla distillazione di crisi ed alla trasformazione del vino invenduto in alcol; dispersione ed individualismo delle strutture di produzione e di trasformazione di piccola dimensione, che non riescono ad attivare meccanismi di aggregazione dell offerta; consistente ritardo nell adeguamento delle tecnologie dovuto sia alla scarsa capacità di introdurre le innovazioni all interno del tessuto produttivo, sia agli elevati sforzi finanziari necessari per gli adeguamenti tecnologici delle strutture di trasformazione; permanenza di una vasta fascia produttiva ancora orientata più ai volumi che alla qualità; livello di professionalità e di capacità imprenditoriali degli operatori non sempre adeguato alle necessità di realizzare strategie produttive basate su modelli imprenditoriali innovativi e competitivi; scarsa propensione al confronto diretto con il mercato ed alla comprensione delle dinamiche della commercializzazione e del consumo La filiera lattiero casearia 4 Il comparto lattiero caseario in Sicilia ha un peso poco rilevante in termini numerici sul totale nazionale. Secondo i dati Istat, nel 2006, il valore della produzione di latte di tutte le specie in Sicilia è stato pari a 84 milioni di euro, circa il 2% del totale del valore della 4 Fonte: Programma di sviluppo Rurale (PSR) Sicilia , allegato 4 Analisi delle principali filiere regionali (p.81-p.92); La filiere lattiero casearia in Sicilia, rapporto 2003 CO.RE.RAS Consorzio regionale per la ricerca applicata e la sperimentazione. 25

25 produzione nazionale. Il latte bovino, sempre nel 2006, con un valore di circa 60 milioni di euro, ha contribuito per il 2% alla formazione della PPB agricola e della zootecnia regionale e per il 72% di quella del comparto lattiero caseario. Sul fronte del prodotto trasformato con un quantitativo pari a quintali nel 2006 la Sicilia pesa solo il 2,4% dei volumi complessivi nazionali di latte alimentare, burro e formaggi. La filiera lattiero-casearia si caratterizza per uno spiccato bipolarismo strutturale, sia in termini dimensionali, che in termini di qualità delle produzioni di latte e derivati che interessa tutte le fasi, dalla produzione della materia prima alla realizzazione dei prodotti finiti. La parte più avanzata consiste di un sistema zootecnico che ha raggiunto buoni livelli di efficienza tecnica e di dotazione strutturale, nell ambito della quale opera un gruppo di imprese della trasformazione organizzate e competitive, le cui produzioni rispondono, per caratteristiche qualitative e tipologiche, alle richieste del mercato. Esiste invece, una consistente frazione del patrimonio zootecnico che fa capo ad una zootecnia tradizionale che opera in contesti difficili e le cui produzioni casearie presentano notevoli variabilità in termini di pezzatura e di caratteristiche organolettiche ma che tuttavia, rappresenta, per le zone montane e collinari dell entroterra siciliano, un freno all esodo rurale e al degrado ambientale. La struttura della filiera Produzione Negli ultimi anni, la struttura degli allevamenti bovini ed ovicaprini, ha presentato evoluzioni importanti. La tendenza in atto ha determinato, la chiusura degli allevamenti meno efficienti e la concentrazione delle attività produttive in strutture più evolute e meglio rispondenti alle esigenze delle imprese di trasformazione in termini di igiene e qualità del latte. 26

26 Sull evoluzione della zootecnia, hanno gravato la crisi Bse, il sistema delle quote latte nonché malattie e siccità, che hanno decimato il patrimonio ovi-caprino. A questo si aggiunge, l affermarsi di una normativa igienico-sanitaria piuttosto rigida che ha interessato i capi di bestiame. Il comparto del latte vaccino è costituito da vacche di queste, il 36% è costituito da animali specializzati nella produzione di latte; le vacche ad indirizzo misto (linea vaccavitello) invece, rappresentano la percentuale più consistente. Gli allevamenti specializzati nella produzione di latte vaccino attivi nella campagna di commercializzazione sono circa Questa zootecnia specializzata, che ruota attorno alle principali industrie lattiero-casearie dell Isola, è a carattere intensivo ed è praticata da aziende che hanno raggiunto elevati livelli tecnici ed organizzativi. Le razze più rappresentate sono la Frisona (produttività media kg per lattazione) e la Bruna (produttività media: kg per lattazione), che per la loro superiore performance produttiva hanno soppiantato, negli allevamenti intensivi, l allevamento della Modicana e della Cinisara; razze autoctone a duplice attitudine che, per la loro rusticità, risultano meno produttive (produttività media: kg per lattazione). Una buona fetta della zootecnia invece, si svolge nelle aree interne svantaggiate e di montagna. Si tratta di frequente di allevamenti tradizionali di tipo semiestensivo; le aziende, di piccole dimensioni, sono lontane dal mercato, sia in termini di capacità produttiva sia in termini strutturali (con strutture e condizioni igienico - sanitarie talvolta inadeguate) ed organizzativi. Nelle aree interne l indirizzo produttivo è di tipo misto, nel quale, alla produzione di carne secondo il classico schema vacca-vitello, si affianca quella casearia. La diffusione di aziende scarsamente specializzate e di piccole dimensioni è 27

27 dettata dalle condizioni ambientali difficili, in genere carenti di risorse foraggere, ove il ricorso al pascolo rappresenta spesso l unica fonte di alimentazione. La produzione di latte vaccino, pari a tonnellate nella campagna , negli ultimi anni ha segnato un incremento del 5% (Var. % / ), mentre il numero di allevamenti in produzione è passato da unità della campagna a della campagna Sempre nella stessa campagna, le imprese che consegnano il latte all industria sono 1.367, mentre la vendita diretta ha interessato 385 allevamenti. La produzione di latte destinata all industria di trasformazione è stata pari a tonnellate, il latte venduto presso l azienda agricola sotto forma di prodotti lattierocaseari (produzioni artigianali), nonché quello riutilizzato in azienda, invece, ammonta a tonnellate. La produzione industriale di latte alimentare, nel 2005 si attesta a 755 mila quintali, segnando un incremento del 10% rispetto al La produzione di formaggi, invece, è aumentata considerevolmente Var.% 2005/ % ) raggiungendo nel 2005 le 23 mila tonnellate: i formaggi freschi hanno rappresentato, nel 2005, il 60% della produzione casearia complessiva regionale quelli a pasta semidura il 18%, quelli a pasta dura il 10%, quelli molli il 2,3%. Il comparto del latte ovicaprino, ha presentato, nell ultimo decennio, una forte contrazione della mandria che ha portato inevitabilmente ad un significativo calo (Var.% 2005/2000: -64%) della produzione di latte; che da 963 mila q.li del 2000 è passata a 342 mila q.li nel Il latte ovicaprino raccolto presso le aziende agricole dall'industria lattierocasearia, nel 2005 ha rappresentato il 34% (circa 120 mila q.li), della produzione totale: di fatto la percentuale di latte destinato alla trasformazione industriale resta comunque contenuta. Infatti, la caseificazione aziendale condotta con metodi artigianali, spesso non adeguati alle norma igienico-sanitarie vigenti, rappresenta ancora oggi, una realtà significativa delle zone interne e di montagna. Le produzioni casea- 28

28 rie artigianali, non omogenee in termini di pezzatura e di caratteristiche organolettiche, vengono veicolate prevalentemente verso il mercato locale e/o comprensoriale. Negli ultimi anni comunque, si sono compiuti notevoli passi avanti verso il miglioramento della qualità e della sicurezza del latte e dei suoi derivati: tra il 2000 ed il 2005, infatti, la percentuale di latte destinato all industria è cresciuta di 24 punti percentuali. Trasformazione Il comparto della trasformazione è costituito principalmente da piccole e medie imprese di tipo artigianale, insufficienti sia in termini di capacità produttiva che in termini strutturali ed organizzativi. Accanto a queste realtà aziendali, si trovano anche alcune imprese dinamiche e competitive, che puntano sulla qualità e l innovazione, attente ai bisogni dei consumatori e capaci di adattarsi ai cambiamenti delle esigenze che essi spesso manifestano. Si pensi al Gruppo Parmalat, alle industrie Zappalà e Latte Sole che danno luogo ad un vero e proprio polo sull asse Catania-Ragusa, e che da sole assorbono il 75% degli addetti complessivamente impiegati nelle attività del comparto lattiero-caseario. In Sicilia al 2006 si contano circa 700 imprese del comparto lattiero-caseario, di queste circa 659 sono industrie della trasformazione: circa il 24% in più rispetto al A queste industrie della trasformazione si aggiungono 4 centri specializzati esclusivamente nella raccolta del latte, 12 locali di stagionatura; mentre, per il resto, si tratta di aziende che svolgono l attività di porzionatura, confezionamento e talora commercializzazione dei prodotti. Gli stabilimenti di trasformazione rappresentano dunque la quasi totalità (94%) delle imprese considerate. Di questi, circa la metà risultano strutturalmente e funzionalmente collegati ad altri impianti, (lo stabilimento di porzionatura, il magazzino di stagionatura, ecc.). 29

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