Rango di una matrice e teorema di Rouché-Capelli

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1 Rango di una matrice e teorema di Rouché-Capelli Sappiamo che a una matrice m n, A, è associata l applicazione lineare L A : R n R m, L A (X) = AX, X R n. Definizione 1. Lo spazio nullo di A, N (A), è l insieme delle soluzioni del sistema lineare omogeneo AX = 0, dove X è il vettore colonna delle incognite X = t (x 1,..., x n ). Quindi N (A) coincide con il nucleo di L A : (1) N (A) = ker L A = {X R n AX = 0}. Definizione 2. Lo spazio delle colonne di A, Col(A), è lo spazio vettoriale generato dalle colonne di A. Il rango di A, che si denota con rk A, è la dimensione dello spazio delle colonne Col(A): (2) rka = dim(col(a)). Quindi Col(A) è l insieme delle combinazioni lineari di colonne di A e coincide con l immagine di L A : (3) Col(A) = L A (R n ) = L(A 1,..., A n ), rk A = dim(l A (R n )). Sappiamo che per ogni applicazione lineare tra spazi vettoriali di dimensione finita V e W, f : V W, vale formula dim(v ) = dim(kerf) + dim(f(v )). Applicando la formula con L A al posto di f e R n al posto di V, otteniamo n = dim(n (A)) + dim(col(a)) e, usando le definizioni precedenti, (4) dim(n (A)) = n rk A. Abbiamo dimostrato il risultato seguente. Teorema 1. L insieme delle soluzioni del sistema lineare omogeneo AX = 0, di m equazioni in n incognite, è un sottospazio vettoriale di R n di dimensione n rk A. Consideriamo ora un sistema lineare di m equazioni in n incognite, non necessariamente omogeneo, AX = B, dove A e X sono come sopra e B è un vettore colonna di R m. Il sistema è risolubile se e solo se esiste un X 0 R n tale che AX 0 = B, cioè se e solo se B appartiene all immagine L A (R n ). Per la Definizione 5, questo vuol dire che B Col(A). È facile vedere che B Col(A) se e solo se Col((A B)) = Col(A), dove con (A B) indichiamo la matrice completa del sistema. Dato che Col(A) è un sottospazio vettoriale di Col((A B)), l uguaglianza tra questi spazi equivale all uguaglianza delle loro dimensioni. Quindi otteniamo il risultato seguente. Teorema 2. Il sistema lineare AX = B è risolubile se e solo se rk (A B) = rk A. L insieme delle soluzioni di un sistema non omogeneo non è mai un sottospazio vettoriale, perché può essere vuoto e, quando non è vuoto, non è chiuso né rispetto alla somma, né rispetto al prodotto per uno scalare. Però, se non è vuoto, l insieme delle soluzioni di un sistema lineare è un sottospazio affine. Ricordiamo le definizioni. 1

2 2 Definizione 3. Un sottoinsieme T di uno spazio vettoriale V è un sottospazio affine di V se esistono un sottospazio vettoriale U di V e un vettore v in V tali che T = v + U. In questo caso, U si chiama il sottospazio di giacitura di T. La dimensione di un sottospazio affine è la dimensione del suo sottospazio di giacitura. Possiamo dimostrare che, nella precedente definizione, se U e v esistono, lo spazio U è unico, mentre v, in generale, non è unico. Ricordiamo che, nell interpretazione geometrica di R 3, i sottospazi vettoriali propri sono l origine e le rette e i piani per l origine. I sottospazi affini sono i loro traslati, cioè tutti i punti, le rette e i piani dello spazio. Quindi se per esempio T = v + U è un sottospazio affine di R 3 di dimensione 2, T corrisponde a un piano, U è il piano parallelo a T e passante per l origine, e v è un vettore di traslazione che porta U su T. Torniamo al sistema lineare AX = B. Definizione 4. Il sistema omogeneo associato al sistema lineare AX = B è il sistema omogeneo AX = 0. Vale il seguente risultato. Teorema 3. Se X 0 è una soluzione qualunque di AX = B, allora X 0 + N (A) è l insieme di tutte le soluzioni del sistema AX = B. Quindi, se AX = B è risolubile, l insieme delle sue soluzioni è un sottospazio affine che ha come sottospazio di giacitura lo spazio delle soluzioni del sistema omogeneo associato, N (A). Dimostrazione. Sia S l insieme delle soluzioni del sistema e sia X 0 S. Dimostriamo prima che X 0 + N (A) S. Per ogni Y N (A) si ha AY = 0, quindi A(X 0 + Y ) = B + 0 = B, cioè X 0 + Y S, come richiesto. Resta da provare che S X 0 + N (A). Sia X 1 S. Dobbiamo provare che X 1 = X 0 + Y con Y N (A), e questo equivale a dire che X 1 X 0 N (A). Infatti, si ha A(X 1 X 0 ) = B B = 0, come richiesto. I Teoremi 1, 2 e 3 sono conosciuti come Teoremi di Rouché-Capelli

3 3 Calcolo del rango di una matrice mediante l algoritmo di eliminazione di Gauss Per calcolare il rango di una matrice A ci sono due metodi generali: uno richiede il calcolo dei determinanti delle sottomatrici quadrate di A, l altro richiede la riduzione a scala di A (mediante l eliminazione di Gauss). Qui spieghiamo questo secondo metodo. Per prima cosa dimostriamo che la riduzione a scala non cambia il rango. Proposizione 4. Sia A una matrice m n e sia S una matrice a scala ottenuta applicando ad A l eliminazione di Gauss. Allora rk A = rk S. Dimostrazione. Consideriamo i sistemi AX = 0 e SX = 0. L eliminazione di Gauss non cambia le soluzioni dei sistemi, quindi i due sistemi hanno le stesse soluzioni. Per definizione questo vuol dire N (A) = N (S). Questo implica rk A = rk S, perché, per la formula (1), il rango è eguale al numero delle colonne meno la dimensione dello spazio nullo. Quindi il calcolo del rango di una matrice arbitraria può essere ridotto al calcolo del rango di una matrice a scala. Per la formula (1), per calcolare il rango basta calcolare la dimensione dello spazio nullo. Proposizione 5. Sia S una matrice a scala n m e sia m il numero delle righe non nulle di S. Allora (5) dim(n (S)) = n m. Dimostrazione. Sappiamo che il sistema SX = 0 può essere risolto esprimendo le incognite corrispondenti ai pivot di S in funzione delle incognite rimanenti, che compariranno come parametri, nella soluzione generale del sistema. Quindi, il numero dei parametri che compaiono nella soluzione generale del sistema è uguale al numero delle incognite, n, meno il numero dei pivot, che è uguale a m. Ma sappiamo anche che il numero dei parametri è uguale alla dimensione dello spazio delle soluzioni, che per definizione è N (S), quindi otteniamo dim(n (S)) = n m. Confrontando la formula (5) con la (4) a pagina 1, otteniamo il risultato seguente. Corollario 6. Sia S una matrice a scala n m e sia m il numero delle righe non nulle di S. Allora (6) rk S = m.

4 4 Spazio delle righe di una matrice Per una matrice arbitraria A, possiamo definire lo spazio delle righe in modo analogo a come abbiamo definito quello delle colonne, cioè come l insieme delle combinazioni lineari delle righe di A. Definizione 5. Lo spazio delle righe di A, Rig(A), è lo spazio vettoriale generato dalle righe di A. Proposizione 7. Sia A una matrice m n e sia S una matrice a scala ottenuta applicando ad A l eliminazione di Gauss. Allora Rig(A) = Rig(S). Dimostrazione. Le operazioni elementari di riga cambiano le righe di A con combinazioni lineari di righe di A, quindi le righe di S appartengono a Rig(A). Poichè A si ottiene da S facendo le operazioni di riga inverse di quelle fatte nel procedimento di eliminazione, vale anche l inclusione simmetrica, cioè, le righe di A appartengono a Rig(S). Da queste due inclusioni si ottiene facilmente che Rig(A) = Rig(S). Ora dimostriamo che per una matrice a scala la dimensione dello spazio delle righe coincide con il rango, cioè con la dimensione dello spazio delle colonne. Proposizione 8. Sia S una matrice a scala n m e sia m il numero delle righe non nulle di S. Allora le righe non nulle di S formano una base di Rig(S) e quindi (7) dim(rig(s)) = m = rk S. Dimostrazione. Per definizione, lo spazio Rig(S) è generato dalle righe di S e quindi dalle righe non nulle di S. Resta da provare che queste righe sono linearmente indipendenti, affinché formino una base di Rig(S). Indichiamo con S 1,..., S m le righe non nulle di S e chiamiamo p 1,..., p m i loro rispettivi pivot. Supponiamo λ 1 S λ m S m = 0. Vogliamo dimostrare che allora λ 1 = = λ m = 0. Supponiamo che p 1 sia la i 1 -esima componente della prima riga, S 1. Per definizione di matrice a scala, la i 1 -esima componente delle righe S 2,..., S m deve essere uguale a zero. Quindi, nel vettore riga λ 1 S λ m S m, la i 1 -esima componente è λ 1 p 1. Per ipotesi p 1 0, mentre λ 1 p 1 = 0, quindi λ 1 = 0. A questo punto la nostra ipotesi diventa λ 2 S λ m S m = 0 e possiamo ripetere il ragionamento con p 2 invece di p 1. Induttivamente, troviamo che tutti i λ i sono nulli. La prima uguaglianza della formula (7) segue direttamente dalla parte precedente. La seconda uguaglianza è il Corollario 6. Dalle due proposizioni precedenti otteniamo i corollari seguenti. Corollario 9. Per ogni matrice A, (8) dim(rig(a)) = rk A = dim(col(a)). Corollario 10. Se S è una matrice a scala ottenuta applicando ad A l eliminazione di Gauss, allora le righe non nulle di S formano una base di Rig(A).

5 5 Tecnica di calcolo 1: Completamento di un sottoinsieme linearmente indipendente di R n a una base di R n. Ricordiamo che vale il risultato seguente. Proposizione 11. Sia V uno spazio vettoriale e I un sottoinsieme linearmente indipendente di V. Allora esiste una base di V che contiene I. Nel caso di uno spazio vettoriale V di dimensione finita, possiamo dimostrare facilmente il seguente risultato. Proposizione 12. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione finita, B una sua base e I un suo sottoinsieme linearmente indipendente. Allora è possibile ottenere una base di V aggiungendo a I un opportuno sottoinsieme della base B. Dimostrazione. Sia I = {u 1,..., u k }, B = {v 1,..., v n }. Se k = n, I è già una base e l insieme da aggiungere è. Altrimenti si ha k < n. Sia v i1 il primo vettore di B che non è combinazione lineare di {u 1,..., u k }, cioè che non appartiene a L(I). Si vede facilmente che allora I 1 = {u 1,..., u k, v i1 } è ancora linearmente indipendente. Proseguiamo per induzione. Una volta costruito I j, con j 1, se I j = n, abbiamo ottenuto la base voluta e il procedimento è terminato. Altrimenti, costruiamo l insieme linearmente indipendente I j+1 aggiungendo a I j il primo elemento di B che non appartiene a L(I j ). Al termine del procedimento abbiamo una base di V perché l insieme ottenuto è linearmente indipendente e, inoltre, genera tutti i vettori della base V, quindi genera V stesso. Spieghiamo una tecnica molto rapida realizzare la costruzione appena descritta nel caso speciale in cui V è R n e B è la sua base canonica. Partiamo da un sottoinsieme linearmente indipendente arbitrario I = {v 1,..., v k } R n. Allora k n. Se k = n, I è già una base e non dobbiamo fare niente. Se k < n, costruiamo la matrice che ha i vettori di I come righe e riduciamola a una matrice a scala S con l eliminazione di Gauss. Lo spazio delle righe di S è uguale a L(I). Indichiamo con t e 1,..., t e n i vettori della base canonica di R n scritti come righe. È possibile aggiungere a S un sottoinsieme t e i1,..., t e ih di essi in modo da ottenere una matrice triangolare superiore con tutti i termini diagonali diversi da zero. In questo modo, ogni volta che aggiungiamo una riga il rango cresce, cioè aggiungiamo una riga che non è combinazione lineare di quelle già presenti. Segue che {v 1,..., v k, e i1,..., e ih } è una base di R n. 1 3 Esempio 1. Consideriamo v 1 = 1 2, v 2 = 3 7. È immediato verificare che 3 8 {v 1, v 2 } è linearmente indipendente, quindi può essere completato( a una base ) di R 4. Per farlo col metodo descritto, riduciamo a a scala la matrice, ( ) ottenendo. Se aggiungiamo a questa matrice t e 2 = ( ) e t e 4 = ( ) come seconda e quarta riga, rispettivamente, otteniamo una matrice triangolare superiore con tutti i termini diagonali diversi da zero. Segue che {v 1, v 2, e 2, e 4 } è una base di R 4.

6 6 Tecnica di calcolo 2: Estrazione di una base da un insieme di generatori Sappiamo che vale il seguente risultato. Proposizione 13. Sia V uno spazio vettoriale e sia G un insieme di generatori di V. Allora G contiene una base di V. Dimostrazione nell ipotesi che G sia finito. Sia G = {v 1,..., v k }, e quindi V = L(v 1,..., v k ). Se G è linearmente indipendente, è già una base e non dobbiamo fare niente. Quindi supponiamo che sia linearmente dipendente. Dobbiamo trovare un procedimento per scartare degli elementi di G fino a ottenere un insieme indipendente che sia ancora un insieme di generatori. Il primo elemento da scartare, se è contenuto in G, è lo zero. A meno di rinominare gli indici possiamo supporre v 1,..., v k non nulli. Consideriamo la sequenza di sottospazi vettoriali L(v 1 ) L(v 1, v 2 ) L(v 1,..., v k ). Guardiamo la prima inclusione: se v 2 è un multiplo di v 1, allora ogni combinazione lineare di v 1 e v 2 può essere scritta come un multiplo del solo v 1, quindi L(v 1 ) = L(v 1, v 2 ). Altrimenti, {v 1, v 2 } è indipendente e l inclusione è stretta. In generale, se v i (con 1 < i k) è una combinazione lineare di v 1,..., v i 1, allora ogni combinazione di v 1,..., v i può essere scritta come combinazione lineare di v 1,..., v i 1, cioè L(v 1,..., v i 1 ) = L(v 1,..., v i ). Quindi, se scartiamo tutti i v i che sono una combinazione lineare dei vettori precedenti, lo spazio generato dai vettori rimasti è ancora uguale a L(v 1,..., v k ). Inoltre, se chiamiamo v i1, v i2,..., v ih i vettori rimasti, la sequenza di sottospazi L(v i1 ) L(v i1, v i2 ) L(v i1,..., v ih ) = L(v 1,..., v k ) è tale che tutte le inclusioni sono strette. Inoltre, è facile provare, per induzione, che tutti i sottoinsiemi {v i1,..., v is } (con 1 s h) sono linearmente indipendenti. Segue che {v i1,..., v ih } è una base di L(v 1,..., v k ). Spieghiamo una tecnica molto rapida per applicare il procedimento descritto nella dimostrazione precedente nel caso in cui G è un sottoinsieme finito di R n. Per definizione, v k è combinazione lineare di v 1,..., v k 1 se e solo se l equazione vettoriale x 1 v x k 1 v k 1 = v k, nelle incognite x 1,..., x k 1, è risolubile. Questa equazione equivale al sistema lineare di che ha come matrice dei coefficienti (v 1... v k 1 ) e come matrice completa (v 1... v k 1 v k ) (cioè la matrice che ha come colonne i vettori v 1,..., v k ). Riduciamo la matrice completa a una matrice a scala S, con l algoritmo di eliminazione di Gauss, per stabilire se il sistema è risolubile. Il sistema è risolubile se e solo se l ultima colonna di S non contribuisce al rango di S, cioè non contiene un pivot. Ma l algoritmo di Gauss applicato all intera matrice (v 1... v k 1 v k ) riduce a scala anche ogni sottomatrice (v 1... v i 1 v i ), con 1 < i k. Quindi, ragionando come per v k, otteniamo che v i è una combinazione lineare di v 1,..., v i i se e solo se l i-esima colonna di S non contiene pivot. Segue che i vettori corrispondenti alle colonne con i pivot formano una base di V Esempio 2. Sia v 1 = 0, v 2 = 0, v 3 = 1, v 4 = 1, v 5 = Per estrarre una base di L(v 1,..., v 5 ) dall insieme {v 1,..., v 5 }, consideriamo la

7 matrice Questa si riduce facilmente alla matrice a scala Il risultato dimostra che v 2 è multiplo di v 1 (come era evidente), e che v 4 e v 5 sono combinazioni lineari di v 1,..., v 3. Segue che {v 1, v 3 } è una base di L{v 1,..., v 5 }. 7

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