2 Equazioni Differenziali Ordinarie

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1 2 Equazioni Differenziali Ordinarie Un equazione differenziale ordinaria di ordine n è un equazione della forma ( F x, y, y,...,y (n)) = 0 (10) con F funzione di n + 2 variabili, continua in un insieme D R n+2 e dipendente esplicitamente dalla derivata n-esima y (n). Si ha che x è la variabile indipendente e y è la funzione incognita. Si tratta dunque di un legame tra la funzione incognita y e le sue derivate fino all ordine n, dove la funzione che esprime tale relazione può variare da punto a punto. Lo Studente già conosce molti esempi di equazioni differenziali: per esempio l equazione del primo ordine y = 0 che ha come soluzioni tutte le rette orizzontali y(x) = C; l equazione dei moti armonici y + ω 2 y = 0 (eq. diff. del secondo ordine) che ha come soluzioni y(x) = C 1 cos(ωx) + C 2 sin(ωx). Soluzione (o integrale) dell equazione (10) è una funzione y = u(x), con u C n (I) dove I è un opportuno intervallo, che sostituita nella (10) insieme con le sue derivate renda (10) una identità soddisfatta per ogni valore della variabile indipendente: ( ) F x, u(x), u (x),..., u (n) (x) = 0 x I (È implicito che deve essere ( x, u(x), u (x),...,u (n) (x) ) D per ogni x I.) La corrispondente linea y = u(x) si dice una linea integrale dell equazione data. L intervallo I può essere di natura qualsiasi: chiuso, aperto, o chiuso in un estremo ed aperto nell altro. L equazione si dice in forma normale se si può risolvere rispetto alla derivata di ordine massimo y (n), cioè se è del tipo y (n) = f (x, y, y,...,y (n 1)) con f continua in un insieme E R n+1. L equazione si dice autonoma se non compare esplicitamente la variabile indipendente x, cioè se è del tipo G ( y, y,...,y (n)) = 0. Un equazione differenziale può avere una, nessuna o molte soluzioni. Per esempio, l equazione differenziale del primo ordine ha un unica soluzione u(x) = 0 x R; l equazione differenziale del primo ordine non ha nessuna soluzione; l equazione differenziale del primo ordine y (x) 2 + y(x) 2 = 0 y (x) = 0 y (x) = 0 ha infinite soluzioni u(x) = C, dove C è una qualsiasi costante. Lo studio delle equazioni differenziali consiste nel trovare condizioni sulla funzione F in (10) che garantiscano l esistenza di soluzioni ed eventualmente proprietà di tali soluzioni. Osserviamo che anche l intervallo I in cui è definita la soluzione è un incognita del problema. I teoremi di esistenza in piccolo o in grande che enunceremo in seguito daranno 13

2 delle condizioni sufficienti per avere la soluzione definita in un intervallo I piccolo oppure grande quanto vogliamo noi (cioè assegnando a priori l intervallo I). Raramente si può trovare l espressione esplicita della soluzione, ma sarebbe meglio parlare di soluzioni dato che possono essere infinite. Allora si dice che si cerca l integrale generale, che è l insieme di tutte le soluzioni. Osservazione sull integrale generale. Abbiamo mostrato esempi elementari di equazioni differenziali di ordine 1 e 2 che hanno come soluzione una famiglia di funzioni dipendenti esattamente da 1 rispettivamente 2 costanti arbitrarie. In generale, vale il viceversa: una famiglia di linee dipendenti da n costanti arbitrarie G(x, y, C 1,...,C n ) = 0 sotto ipotesi di regolarità e se vale il teorema di Dini, è soluzione di una equazione differenziale di ordine n F(x, y, y,...,y (n) ) = 0 Osserviamo che l ordine dell equazione differenziale cui soddisfano le linee della famiglia data è uguale al numero di costanti arbitrarie da cui le linee stesse dipendono. Vediamolo per una famiglia di linee dipendenti da una costante arbitraria, espressa nella forma di equazione implicita G(x, y, C) = 0 (11) Essa è soluzione di un equazione differenziale del primo ordine sotto qualche ipotesi sulla funzione G. Infatti, se G è funzione continua con le sue derivate G x, G y, G C e se G y (x, y, C) 0 (così da applicare il teorema del Dini e dire che (11) definisce una funzione esplicita y = y(x) per ogni scelta della costante C), derivando entrambi i membri di (11) rispetto a x si ha G x (x, y, C) + G y (x, y, C)y = 0 (12) Se si può eliminare C tra le (11) e (12), si ottiene un legame tra x, y, y del tipo F(x, y, y ) = 0 cioè un equazione differenziale del primo ordine. Non è detto però che un equazione differenziale di ordine n abbia tutte le sue soluzioni esprimibili nella sola forma G(x, y, C 1,...,C n ) = 0. Per esempio, l equazione differenziale del primo ordine y = y 2 ha come soluzioni la famiglia di iperboli equilatere u(x) = 1 e la linea u(x) = 0, che x + C non è inclusa nelle iperboli. Concludiamo dunque che le linee integrali di un equazione differenziale di ordine n costituiscono una famiglia di linee che si possono rappresentare, escludendone eventualmente alcune, nella forma G(x, y, C 1,...,C n ) = 0 dove (C 1,...,C n ) è la n-upla delle costanti arbitrarie. L insieme di tutte le soluzioni costituisce l integrale generale dell equazione differenziale; invece, un integrale che corrisponda a dati valori delle costanti è detto integrale particolare dell equazione differenziale data. 14

3 2.1 Casi particolari di equazioni differenziali Consideriamo 4 casi di equazioni differenziali di cui si conosce l espressione dell integrale generale. Equazione differenziale lineare del primo ordine in forma normale y (x) = a(x)y(x) + b(x), x I con a, b funzioni continue in un intervallo I. Ha soluzione y(x) = e A(x) [C + D(x)] dove A è una primitiva della funzione a (cioè A (x) = a(x) x I), C è una costante arbitraria e D è una primitiva della funzione e A(x) b(x). Quindi l espressione dell integrale generale è nota se si conoscono le due funzioni primitive A e D. L espressione dell integrale generale si ottiene nel seguente modo. Moltiplichiamo entrambi i membri dell equazione differenziale per il termine non nullo e A(x), ottenenendo un equazione equivalente a quella data che a sua volta si può scrivere come Integrando entrambi i membri si ha e si è conclusa la dimostrazione. Come esempio consideriamo l equazione e A(x) y (x) e A(x) a(x)y(x) = e A(x) b(x) d [ ] e A(x) y(x) = e A(x) b(x) dx e A(x) y(x) = C + D(x) y (x) = 1 x y(x) + x2, x > 0 Si ha a(x) = 1 x, b(x) = x2. Gli integrali sono A(x) = log x (omettiamo il modulo perché consideriamo x > 0) e D(x) = x2 x2 2. Quindi l integrale generale è y = u(x) = x[c + 2 ]. Equazione differenziale del primo ordine a variabili separabili y (x) = f(x)g(y(x)), x I con f, g funzioni continue. Iniziamo osservando che se g(y) = 0, allora la funzione costante u(x) = y è soluzione. Invece se cerchiamo soluzioni y per cui g(y) 0, l equazione si risolve separando le variabili dy g(y) = f(x)dx e integrando. Non è detto che la soluzione sia data in forma esplicita o che si possa sempre portare alla forma esplicita. Come esempi consideriamo y (x) = 3x 2 e y(x) che riscriviamo come dy dx = 3x2 e y 15

4 Avendo g(y) = e y 0, separiamo le variabili e otteniamo dy e y = 3x2 dx Integriamo ognuno dei due membri e otteniamo e y = x 3 + C dove C è un arbitraria costante. L integrale generale in forma esplicita è y = u(x) = log(x 3 + C); fissata la costante C, la soluzione u(x) è definita nell intervallo I =] 3 C, [. È importante osservare che l intervallo di definizione non è lo stesso per tutte le soluzioni trovate. Ciò non poteva essere stabilito a priori, prima di risolvere l equazione differenziale. Come altro esempio consideriamo y (x) = xe x2 y(x) g(y) = y, allora la funzione costante u(x) = 0 è soluzione. Se cerchiamo soluzioni non nulle, procediamo in questo modo. Riscriviamo l equazione come Separiamo le variabili dy dx = xex2 y dy y = xex2 dx e integriamo ognuno dei due membri; otteniamo log y = 1 2 ex2 + C dove C è un arbitraria costante. L integrale generale in forma esplicita è y = u(x) = Ke 1 2 ex2 definito per ogni x R, essendo K un arbitraria costante reale. Equazione differenziale che non contiene l incognita y Consideriamo l equazione del secondo ordine F(x, y, y ) = 0. Si procede risolvendo due equazioni del primo ordine, ponendo y = z (così y = z ). Mostriamo un esempio: y (x) + 2x 1 + x 2y (x) = 0 Definita z(x) = y (x), l equazione data è equivalente alla seguente z (x) = 2x 1 + x 2z(x) che è un equazione differenziale lineare del primo ordine in forma normale con coefficienti continui in tutto R. La sua soluzione è z(x) = C 1 + x 2 Integrando entrambi i membri ( essendo z = y ), si ottiene l integrale generale dell equazione assegnata y(x) = C arctan(x) + K 16

5 dove C e K sono due arbitrarie costanti reali. Equazione differenziale che non contiene la variabile x Consideriamo l equazione del secondo ordine F(y, y, y ) = 0. È un equazione differenziale autonoma. Dapprima si verifica se y =costante è soluzione. Poi, per trovare le soluzioni non costanti, si procede con una sostituzione y = p(y); osserviamo che se y non è costante, allora y non è identicamente nulla e dunque p è ben definita. Mostriamo un esempio: y(x)y (x) = y (x) y =costante non è integrale. Poniamo y = p(y); si ha quindi y = dp dy dy dx = p(y)dp dy. Si procede sostituendo nell equazione data e si ha Separando le variabili, si ha da cui integrando si ricava yp dp dy = p2 + 1 p p dp = 1 y dy 1 2 log(p2 + 1) = log y + C Considerando l exp di entrambi i membri, si ottiene p = y e C e quindi p = C1y 2 2 con C 1 y > 0; allora p = y = ± C1 2y2 1 Di nuovo separando le variabili (e con qualche conto) si ottiene la famiglia di soluzioni y(x) = 1 C 1 Ch(C 1 C 2 ± C 1 x) con C 1 0, C 2 R. 2.2 Sistemi di equazioni differenziali In generale si possono considerare più equazioni differenziali, che costituiscono un sistema di equazioni differenziali. Per esempio, un sistema di due equazioni differenziali del primo ordine nelle incognite y(x) e z(x): { F(x, y, z, y, z ) = 0 G(x, y, z, y, z ) = 0 con F, G assegnate funzioni continue di cinque variabili. Soluzione, o integrale, di tale sistema è ogni coppia di funzioni (y(x), z(x)) continue in un intervallo I con le derivate y (x), z (x) tali che in ogni punto x dell intervallo I si abbia { F(x, y(x), z(x), y (x), z (x)) = 0 G(x, y(x), z(x), y (x), z (x)) = 0 Quindi nello spazio (x, y, z) la soluzione è rappresentata da una linea, detta linea integrale del sistema dato. Naturalmente nel sistema possono comparire anche equazioni differenziali di ordine superiore al primo; ad esempio un sistema del tipo { F(x, y, z, y, z, z ) = 0 G(x, y, z, y, z, z ) = 0 17

6 è del primo ordine in y e del secondo ordine in z. Si dice che complessivamente il sistema è del terzo ordine (si sommano gli ordini delle incognite y e z). Questa informazione è legata al fatto che tale sistema è equivalente ad un sistema di tre equazioni del primo ordine in tre incognite. Infatti, introdotta una nuova incognita u(x) = z (x) (così z = u ), il sistema dato è equivalente al seguente F(x, y, z, y, u, u ) = 0 G(x, y, z, y, u, u ) = 0 z u = 0 È un sistema di tre equazioni differenziali nelle tre funzioni incognite y(x), z(x), u(x). In generale si ha che un equazione differenziale di ordine n è equivalente ad un sistema di n equazioni del primo ordine. Infatti, basta introdurre come n 1 nuove incognite le derivate della incognita fino all ordine n 1: data ( F x, y, y,..., y (n 1), y (n)) = 0 poniamo y 2 = y, y 3 = y,...,y n = y (n 1) e otteniamo un sistema di n equazioni differenziali del I ordine nelle n incognite y, y 2,...,y n : y = y 2 y 2 = y 3. y n 1 = y n F (x, y, y 2,...,y n, y n) = 0 Si conclude dunque che lo studio delle equazioni (o dei sistemi di equazioni) di ordine superiore al primo si riconduce allo studio dei sistemi di equazioni del primo ordine rispetto a tutte le funzioni incognite. Allora ci interessa esporre la teoria per i casi del primo ordine, iniziando dalle equazioni differenziali del primo ordine ed estendendo in seguito i risultati al caso dei sistemi. 2.3 Il problema di Cauchy In generale, non si riuscirà a trovare l integrale generale di una data equazione differenziale del primo ordine y (x) = f(x, y(x)); in precedenza abbiamo considerato dei casi particolari di funzioni f nel membro di destra dell equazione differenziale. Data l impossibilità di risolvere tale equazione differenziale per f generica, quello che ci si propone di ottenere è un integrale particolare, soddisfacente una data condizione. Dal punto di vista geometrico, risolvere l equazione y = f(x, y) significa cercare tutte le linee y(x) la cui pendenza in ogni punto ha un valore che soddisfa quella data relazione. Imponendo che la linea integrale passi per un dato punto del piano si selezionano solo alcune linee soluzione. Ci occupiamo ora di quest ultimo caso, detto problema di Cauchy. Se l equazione differenziale del primo ordine è data in forma normale, il problema di Cauchy è della forma { y (x) = f(x, y(x)) y(x) = y 18

7 Graficamente, si cerca una linea passante per il punto (x,y) del piano, che sia definita in un intorno del punto x; ci si chiede se tale linea esiste, è unica e fin dove è possibile prolungarla nell intorno di x. Tali questioni sono note come problemi di esistenza in piccolo unicità esistenza in grande. Osserviamo che se tale linea integrale esiste, sappiamo anche qual è la sua retta tangente nel punto (x,y), dato che il valore della derivata prima della soluzione nel punto si calcola dall equazione differenziale stessa (y (x) = f(x,y)). Un altro problema interessante riguarda la dipendenza continua dai dati iniziali; la questione è di grande interesse dal punto di vista applicativo. Infatti, si tratta di stabilire se a dati iniziali opportunamente vicini (bisognerà definire in maniera rigorosa tale vicinanza ) corrispondono soluzioni anch esse tra loro vicine. Se così non fosse, occorrebbe un controllo molto stretto sul dato iniziale per avere informazioni precise sulla soluzione e nelle applicazioni un piccolo errore nel dato iniziale darebbe una soluzione molto diversa da quella corrispondente al dato vero (senza errore). Enunciamo ora la C.S. per l esistenza di una (ed una sola) soluzione di un problema di Cauchy assegnato. TEOREMA di esistenza ed unicità in piccolo Siano E R 2 ; f : E R. Se f, f y C0 (E), allora per ogni punto (x,y) interno a E si può determinare un intorno I del punto x, I = [x h, x + h], e una funzione y = u(x) definita per x I che è soluzione del problema di Cauchy { y (x) = f(x, y(x)) (13) y(x) = y Inoltre u C 1 (I) e tale soluzione è unica, nel senso che ogni altra soluzione coincide con u nell intervallo comune di definizione. Infine, la soluzione dipende con continuità dal dato iniziale, cioè considerate in I due soluzioni u 1 (x) e u 2 (x), corrispondenti rispettivamente ai problemi di Cauchy y(x) = y 1 e y(x) = y 2, si ha u 1 (x) u 2 (x) y 1 y 2 e L x x x I (14) dove L è una opportuna costante (dipendente da f e dal dominio E). Lo Studente interessato trova la dimostrazione di questo risultato nelle dispense dell anno scorso. Si mostra come si costruisce l intervallo I, cioè come si determina l ampiezza h dell intorno di x, poiché anche l intervallo su cui è definita la soluzione è un incognita del problema. Inoltre, si definisce in maniera esplicita la costante L in (14). Osservazione Il teorema vale se si sceglie (x,y) interno a E. Se invece (x,y) non è punto interno a E ma sta sulla frontiera E, quanto sopra esposto non vale più. Ci possono essere molte soluzioni, una sola o nessuna per un problema di Cauchy (13) corrispondente ad un punto (x,y) non interno a E. Tali soluzioni, se giacciono su E, sono dette integrali di frontiera. 19

8 Vediamo ora che in mancanza di regolarità delle derivata parziale f (o anche in mancanza di tale derivata stessa) non si garantisce l unicità. Vale il seguente y risultato: TEOREMA di esistenza in piccolo (di Peano) Siano E R 2 ; f : E R. Se f C 0 (E), allora per ogni punto (x,y) interno a E si può determinare un intorno I del punto x, I = [x h, x + h], e una funzione y = u(x) definita per x I che è soluzione del problema di Cauchy { y (x) = f(x, y(x)) (15) y(x) = y Inoltre u C 1 (I). Per esempio, l equazione differenziale y (x) = 6xy(x) 2/3 ha f(x, y) = 6xy 2/3 continua in tutto R 2, ma non è ivi derivabile in y (non esiste f y per y = 0). Il problema di Cauchy per tale equazione con la condizione y(0) = 0 ha (almeno) due soluzioni: y(x) = 0 e y(x) = x 6 (queste soluzioni si trovano risolvendo l equazione che è a variabili separabili). Garantita l esistenza e/o l unicità in piccolo, ci si può chiedere se si può disegnare il grafico della soluzione intorno ad x. Il seguente risultato mostra come approssimare la soluzione in un intorno di x con un polinomio di Taylor, il cui ordine dipende dalla regolarità della funzione f. Infatti si ha: TEOREMA di regolarità Se f C k (E), k intero 1, allora ogni soluzione u dell equazione y = f(x, y) è di classe C k+1 nel suo dominio. Dunque, se f C (E), anche u è di classe C. In pratica, se f C k (E), si possono calcolare tutte le derivate della soluzione fino all ordine k +1 nel punto x così da ottenere la rappresentazione locale della soluzione con lo sviluppo di Taylor di ordine k + 1: u(x) = y + u (x)[x x] + u (x) [x x] u(k+1) (x) 2 (k + 1)! [x x]k+1 + o ([x x] k+1) per x x. Un altro problema da considerare riguarda il dominio di definizione della soluzione: quando si può dire che la soluzione esiste su tutto un intervallo I che assegnamo in partenza? Vale il seguente risultato: TEOREMA di esistenza ed unicità in grande Sia E = I R, con I intervallo di R. Supponiamo che f sia definita in E e che valgano le ipotesi del teorema di esistenza ed unicità in piccolo. Se inoltre esistono due costanti A, B 0 tali che f(x, y) A y + B x I, y R (16) allora la soluzione y = u(x) del problema di Cauchy è definita in tutto l intervallo I. 20

9 Osservazioni Il dominio E deve essere una striscia verticale nel piano (x, y). Il teorema dà una C.S. e quindi se non si soddisfano tutte le ipotesi, non si conclude nulla sulla validità della tesi. Per esempio, l ipotesi (16) non è verificata per f(x, y) = y 2. Consideriamo due problemi di Cauchy per tale f con due dati iniziali diversi e mostriamo che l intervallo su cui è definita la soluzione è tutta la retta R o un suo sottoinsieme. Infatti il problema di Cauchy { y (x) = y(x) 2 y(0) = 1 ha soluzione u(x) = 1 1 x che è definita sull intervallo I =], 1[. E quindi non vale l esistenza in tutto R. Invece, il problema di Cauchy { y (x) = y(x) 2 y(0) = 0 ha soluzione u(x) = 0 definita per ogni x R. Un ultima questione riguarda quanto grande è l intervallo su cui la soluzione esiste; infatti, noi possiamo definire a priori un intervallo I e verificare col teorema precedente che la soluzione u(x) esiste per ogni x I, ma è possibile che tale soluzione sia definita anche per x in un intervallo più grande di I. Come determinare allora l intervallo massimale su cui è definita la soluzione u(x)? Prima di tutto occorre dare una definizione di intervallo massimale. un intervallo I è intervallo massimale di definizione della soluzione y = u(x) del problema di Cauchy { y (x) = f(x, y(x)) y(x) = y se la soluzione u(x) non può essere definita in un intervallo Ĩ I. Vale il seguente risultato: TEOREMA di prolungamento Supponiamo siano soddisfatte le ipotesi del teorema di esistenza ed unicità in piccolo per il problema di Cauchy { y (x) = f(x, y(x)) y(x) = y e sia I l intervallo massimale di definizione della soluzione y = u(x). Se m = inf I >, allora deve verificarsi uno dei seguenti casi: i) u (x) non è limitata nell intorno destro di m, ii) lim u(x) = α finito e (m, α) E. x m + Lo stesso vale per M = supi < +. Il teorema afferma che se I è intervallo massimale di definizione della soluzione ed è limitato (superiormente e/o inferiormente), allora avvicinandosi agli estremi (finiti) di I o la soluzione u(x) ammette un asintoto verticale oppure si avvicina alla frontiera del dominio E. 21

10 2.3.1 Caso multidimensionale Dati E R n+1 e f : E R n, la scrittura vettoriale per l equazione differenziale in forma normale y (x) = f(x, y(x)) corrisponde al sistema di equazioni differenziali in forma normale y 1 (x) = f 1(x, y 1 (x),..., y n (x)) y 2 (x) = f 2(x, y 1 (x),..., y n (x)). y n(x) = f n (x, y 1 (x),..., y n (x)) (17) I teoremi enunciati nel caso scalare (n = 1) valgono anche per un sistema di equazioni del primo ordine in forma normale. Nel teorema di esistenza ed unicità, il modulo è da intendersi in R n, cioè f(x, y) = f 1 (x, y) f n (x, y) 2 e f y denota la matrice Jacobiana f 1 f 1 y 1 f 2 f 2 y 1. f n y 1 y 2... y f n y 2... f 1 y n f 2 y n. f n y n (l ipotesi di regolarità f y C0 (E) significa che tutte le componenti della matrice Jacobiana sono funzioni continue). Si invita lo Studente ad enunciare i teoremi precedenti (per n = 1) nel caso multidimensionale. Avendo visto a pagina 18 che un equazione differenziale di ordine n in forma normale è equivalente ad un sistema del tipo (17) di n equazioni, vale il seguente risultato. PROPOSIZIONE Data l equazione differenziale y (n) (x) = f(x, y(x), y (x),..., y (n 1) (x)) con f funzione continua in un insieme E R n+1 insieme alle derivate f y, f si ha che esiste ed è unica la soluzione del problema di Cauchy y (n) (x) = f(x, y(x), y (x),..., y (n 1) (x)) y(x) = y y (x) = y 1. y (n 1) (x) = y n 1 y,..., f y (n 1), 2.4 Il caso lineare Interessa ora studiare un equazione differenziale lineare di ordine n (con n > 1) o un sistema di n equazioni differenziali lineari del primo ordine. Dal paragrafo precedente sappiamo che 22

11 l equazione differenziale si può ricondurre al caso di un sistema e che per il sistema lineare vale il teorema di esistenza ed unicità su ogni intervallo di continuità per i coefficienti. Ricordiamo il caso n = 1 trattato a pagina 15 y (x) = a(x)y(x) + b(x), x I Se b(x) = 0, l equazione è detta omogenea; altrimenti è detta completa. Supposto che a, b C(I), l integrale generale è y(x) = Ce }{{ A(x) } + e A(x) D(x) }{{} z(x) p(x) x I dato dalla somma dell integrale generale z(x) dell equazione differenziale omogenea associata z (x) = a(x)z(x) e da un integrale particolare p(x) dell equazione differenziale completa. Osserviamo che I può essere qualsiasi; in particolare, se il coefficiente a è costante e b(x) C(R), si ha I = R, cioè la soluzione (unica) è definita in grande, per ogni x R. Consideriamo ora il caso di un equazione differenziale lineare di ordine n e in seguito il caso dei sistemi lineari Equazione differenziale lineare in forma normale Consideriamo un equazione differenziale lineare di ordine n y (n) (x) + a n 1 (x)y (n 1) (x) + + a 1 (x)y (x) + a 0 (x)y(x) = b(x) (18) con i coefficienti a k (x) ed il termine noto b(x) continui in un intervallo I. Vediamo come determinare l integrale generale. Introduciamo l equazione differenziale omogenea associata alla (18) z (n) (x) + a n 1 (x)z (n 1) (x) + + a 1 (x)z (x) + a 0 (x)z(x) = 0 (19) nell incognita z(x). Osserviamo che se z soddisfa l equazione omogenea z (n) (x) + a n 1 (x)z (n 1) (x) + + a 1 (x)z (x) + a 0 (x)z(x) = 0 e p soddisfa l equazione completa p (n) (x) + a n 1 (x)p (n 1) (x) + + a 1 (x)p (x) + a 0 (x)p(x) = b(x) allora la loro somma z + p soddisfa l equazione completa (18). Questo non è altro che il principio di sovrapposizione (che vale per le equazioni lineari). Si ha che l integrale generale della (18) è dato dalla somma dell integrale generale z(x) dell equazione omogenea associata (19) e di un integrale particolare p(x) dell equazione completa (18): y(x) = z(x) + p(x) Quindi il problema si riconduce a determinare z e p. L integrale generale dell equazione omogenea associata è z(x) = C 1 z 1 (x) + + C n z n (x) 23

12 con z 1,...,z n n soluzioni linearmente indipendenti 1 e C 1,...,C n costanti arbitrarie. Vediamo come si determinano gli integrali per un equazione differenziale lineare a coefficienti costanti y (n) (x) + a n 1 y (n 1) (x) + + a 1 y (x) + a 0 y(x) = b(x) Integriamo l equazione omogenea associata z (n) (x) + a n 1 z (n 1) (x) + + a 1 z (x) + a 0 z(x) = 0 (20) con procedimento proposto da Eulero. Analogamente a quanto vale per il caso n = 1 (z (x) = az(x) ha soluzione z(x) = Ce ax ), cerchiamo di soddisfare l equazione (20) ponendo z(x) = e λx, dove λ è un valore da determinare. Sostituendo nella (20) si trova che deve valere λ n + a n 1 λ n a 1 λ + a 0 = 0 detta equazione caratteristica della (20) (mentre P(λ) = λ n + a n 1 λ n a 1 λ + a 0 è detto polinomio caratteristico della (20)). Si presentano i seguenti due casi. Se l equazione caratteristica ha n radici distinte λ 1,...,λ n, allora l equazione omogenea (20) ha n soluzioni z 1 (x) = e λ 1x,...,z n (x) = e λnx. Essendo queste funzioni linearmente indipendenti, si ha che l integrale generale della (20) è z(x) = C 1 e λ 1x + + C n e λnx Se l equazione caratteristica ha una radice λ di molteplicità m, allora l equazione omogenea (20) ha m soluzioni e λx, xe λx,...,x m 1 e λx linearmente indipendenti e quindi in corrispondenza a una radice m-upla si ha un pezzo dell integrale generale della forma C 1 e λx + C 2 xe λx + + C m x m 1 e λx Osserviamo che non abbiamo distinto le radici dell equazione caratteristica nel caso siano reali o complesse (coniugate a coppie). Peraltro, nel caso in cui esistano delle radici complesse, conviene passare dalla scrittura con esponenziali complessi a quella con funzioni trigonometriche. Questo significa che ad una coppia di radici complesse coniugate λ = α ± iβ, corrispondono due soluzioni z 1 (x) = e (α+iβ)x e αx [cos(βx) + isin(βx)] e z 2 (x) = e (α iβ)x e αx [cos(βx) isin(βx)] 1 n funzioni z 1(x),..., z n(x), continue in I, si dicono linearmente indipendenti se l identità C 1z 1(x) + + C nz n(x) = 0 x I è soddisfatta solo per C 1 = C 2 = = C n = 0. In caso contrario le funzioni z 1(x),..., z n(x) sono dette linearmente dipendenti: esistono dunque delle costanti non tutte nulle C 1,..., C n tali che C 1z 1(x) + + C nz n(x) = 0 x I Questo equivale a dire che (almeno) una delle funzioni è combinazione lineare delle rimanenti. Per esempio, le funzioni sin x, cos x sono linearmente indipendenti in ogni intervallo I, mentre le funzioni 1, sin 2 x, cos 2 x sono linearmente dipendenti. 24

13 Dunque C 1 z 1 (x) + C 2 z 2 (x) è un pezzo dell integrale generale. Lo si può scrivere come C 1 e αx [cos(βx) + isin(βx)] + C 2 e αx [cos(βx) isin(βx)] = [C 1 + C 2 ]e αx cos(βx) + i[c 1 C 2 ]e αx sin(βx), cioè K 1 e αx cos(βx) + K 2 e αx sin(βx) Se λ = α ± iβ è radice di molteplicità m si aggiungono termini analoghi moltiplicando per x, x 2,...,x m 1 : K 1 e αx cos(βx) + K 2 e αx sin(βx) + + K 2m 1 x m 1 e αx cos(βx) + K 2m x m 1 e αx sin(βx) Per il calcolo di un integrale particolare dell equazione completa, si ha (rivedendo il caso n = 1 trattato a pagina 15 e osservando che le funzioni polinomio e esponenziale restano invariate per derivazione) che se il termine noto b(x) è il prodotto di un esponenziale (reale o complesso) per un polinomio, allora l integrale particolare avrà una forma analoga. Tale metodo è detto metodo dei coefficienti indeterminati. In formule, sia b(x) = Q(x)e αx cos(βx) + R(x)e αx sin(βx) Se il numero λ = α + iβ non è radice del polinomio caratteristico, allora si cercherà una soluzione dello stesso tipo p(x) = Q(x)e αx cos(βx) + R(x)e αx sin(βx) con Q e R polinomi di grado uguale al maggiore tra il grado di Q e quello di R (questi polinomi sono da determinare: i loro coefficienti si calcolano imponendo che l espressione p(x) scritta sopra soddisfi l equazione differenziale data). Se il numero λ = α + iβ è radice di molteplicità m del polinomio caratteristico, allora si cercherà una soluzione del tipo p(x) = x m Q(x)e αx cos(βx) + x m R(x)e αx sin(βx) con Q e R polinomi di grado uguale al maggiore tra il grado di Q e quello di R. Osserviamo infine che se il termine noto è la somma di due o più termini di questo tipo, grazie al principio di sovrapposizione si calcolano le soluzioni per ognuno di essi e poi si sommano. Come procedere invece se il termine noto b non è del tipo esponenziale/polinomio? Una possibile via d uscita è data dal metodo di variazione delle costanti. Lo mostriamo con un esempio. Data l equazione y 3y 1 + 2y = 1 + e x si ha che l equazione omogenea associata ha integrale generale z(x) = C 1 e x + C 2 e 2x. Si cerca un integrale particolare della equazione completa nella forma p(x) = C 1 (x)e x + C 2 (x)e 2x cioè nella espressione compaiono le funzioni C 1 e C 2 che non sono più delle costanti. Imponiamo che tale espressione soddisfi l equazione differenziale data; calcoliamo la derivata prima p (x) = C 1 (x)e x +C 1 (x)ex +2C 2 (x)e 2x +C 2 (x)e2x. Dato che cerchiamo due funzioni, ha senso imporre più di una condizione su di esse; possiamo richiedere come prima condizione che C 1 (x)ex +C 2 (x)e2x = 0 (così semplifichiamo l espressione delle derivate di p). Allora 25

14 la derivata seconda è p (x) = C 1 (x)e x + C 1 (x)ex + 2C 2 (x)e2x + 4C 2 (x)e 2x. Sostituendo queste espressioni nell equazione differenziale troviamo C 1(x)e x + 2C 2(x)e 2x = Allora la funzione incognita C 1 soddisfa l equazione C 1(x) = e x 1 + e x e x Integrando direttamente si ha: C 1 (x) = log e (1 + e x ). Ricordando il legame tra C 1 e C 2 si ha che la funzione incognita C 2 soddisfa l equazione C 2(x) = e 2x 1 + e x la cui soluzione (ottenuta per esempio integrando con la sostituzione e x = t) è C 2 (x) = log e (1+e x ) e x. In conclusione un integrale particolare dell equazione differenziale data è p(x) = ( e x + e 2x) log e (1+e x ) e x e dunque l integrale generale è y(x) = C 1 e x +C 2 e 2x + ( e x + e 2x) log e (1 + e x ). Osserviamo che per un equazione differenziale lineare a coefficienti non costanti (ma continui in un intervallo) non vale una formula come nel caso dei coefficienti costanti. Si tratta dunque di un problema più difficile da risolvere. Però per il calcolo di integrali particolari dell equazione omogenea si può ricorrere al seguente metodo. Se si conosce un integrale particolare w(x) dell equazione omogenea, allora si cerca un altro integrale particolare della forma z(x) = v(x)w(x) con v funzione incognita. Per determinare questa nuova funzione si integra un equazione di ordine inferiore. Più precisamente, calcolando le derivate di z(x) = v(x)w(x) e imponendo che questa espressione soddisfi l equazione differenziale (19) si ha v (n) w + nv (n 1) w + + nv w (n 1) + a n 1 (x)v (n 1) w v[w (n) + a n 1 (x)w (n 1) + + a 1 (x)w + a 0 (x)w] = 0 Dato che w è un integrale particolare, l espressione tra parentesi quadre è nulla; nell equazione che si è ottenuta non compare la funzione v e quindi con un cambiamento di variabile ṽ = v ci si riconduce ad integrare una equazione lineare di ordine n 1, che potrebbe essere più facile da risolvere Sistemi di equazioni differenziali lineari in forma normale Interessa presentare la teoria dei sistemi di equazioni differenziali lineari; ci limitiamo al caso di coefficienti costanti. Si tratta dunque di un sistema del tipo y 1 (x) = a 11y 1 (x) + a 12 y 2 (x) + + a 1n y n (x) + b 1 (x) y 2 (x) = a 21y 1 (x) + a 22 y 2 (x) + + a 2n y n (x) + b 2 (x). y n(x) = a n1 y 1 (x) + a n2 y 2 (x) + + a nn y n (x) + b n (x) In forma vettoriale y (x) = A y(x) + b(x) 26

15 dove A è una matrice n n costante, b(x) è un vettore a n componenti e l incognita è il vettore y(x) a n componenti. Come nel caso dell equazione differenziale lineare (n = 1), si studia prima il caso omogeneo z (x) = A z(x) e trovato il suo integrale generale z(x), dipendente da n costanti, si ha che l integrale generale del sistema completo è y(x) = z(x) + p(x) ove p(x) è un integrale particolare. È suggestivo scrivere la forma dell integrale generale del sistema omogeneo come z(x) = e Ax C dove C è un vettore di n costanti arbitrarie e e Ax è la matrice esponenziale. Il problema è vedere quando tale matrice esponenziale esiste; essa esiste quando A è diagonale (ma tale caso è banale perché tutte le equazioni differenziali sono disaccoppiate) oppure quando A ha autovalori tutti distinti. Più delicato è il caso di autovalori coincidenti, ma poiché abbiamo già risolto le equazioni differenziali lineari di ordine n riconduciamo lo studio di sistemi lineari al caso precedente. Presentiamo due esempi. Nel primo caso si hanno autovalori distinti e nel secondo caso ci sono due autovalori coincidenti. 1). Sia { z 1 (x) = 4z 1 (x) + 2z 2 (x) z 2 (x) = z 1(x) + 3z 2 (x) [ ] 4 2 La matrice dei coefficienti è A =, i cui autovalori sono λ = 2, λ 2 = 5. Intervengono le espressioni e 2x e e 5x nell espressione dell integrale generale. Procediamo in modo da ottenere una eq. diff. in una sola incognita. Se moltiplichiamo la seconda equazione del sistema per 4 e sottraiamo tale seconda equazione alla prima, otteniamo z 1(x) 4z 2(x) = 2z 2 (x) 12z 2 (x), quindi z 1(x) = 4z 2(x) 10z 2 (x) Derivando la seconda equazione si ottiene z 2 (x) = z 1 (x)+3z 2 (x) e sostituendo l espressione di z 1 (x) si ha z 2(x) = 7z 2(x) 10z 2 (x) il cui integrale generale è z 2 (x) = C 1 e 2x +C 2 e 5x. L espressione di z 1 si ottiene dalla seconda equazione del sistema: z 1 (x) = z 2 (x) 3z 2(x); quindi z 1 (x) = C 1 e 2x + 2C 2 e 5x e la coppia (z 1, z 2 ) è la soluzione del sistema dato. 2). Sia z 1 (x) = z 1(x) + z 2 (x) z 2 (x) = z 3(x) z 3 (x) = z 1(x) z 2 (x) + 3z 3 (x) La matrice dei coefficienti è A = 0 0 1, i cui autovalori sono λ 1 = 0, λ 2 = λ 3 = Intervengono le espressioni e 0, e 2x e xe 2x nell espressione dell integrale generale. Infatti procedendo come nel caso precedente, si ottiene un equazione differenziale nella sola incognita 27

16 z 3 : z 3 (x) 4z 3 (x) + 4z 3(x) = 0, la cui soluzione è z 3 (x) == C 1 e 2x + C 2 xe 2x. Integrando z 2 = z 3, si ottiene z 2 e poi si risolve la prima equazione per z 1. La soluzione è z 1 (x) = ( 1 2 C C 2)e 2x C 2xe 2x C 3 z 2 (x) = ( 1 2 C C 2)e 2x C 2xe 2x + C 3 z 3 (x) = C 1 e 2x + C 2 xe 2x 2.5 I problemi ai limiti Si dice che a una data equazione differenziale si associa un problema ai limiti quando si assegnano condizioni sulla soluzione in due punti x 1 e x 2. Allora è necessario che la soluzione sia definita in tutto l intervallo di estremi x 1, x 2, cioè deve valere il risultato di esistenza in grande. Ecco perché i problemi ai limiti sono detti anche problemi in grande, mentre i problemi di Cauchy sono detti anche problemi in piccolo. Consideriamo per esempio un problema ai limiti per un equazione differenziale del secondo ordine: y = f(x, y, y ) y(x 1 ) = y 1 y(x 2 ) = y 2 Le condizioni imposte richiedono di cercare tra tutte le linee integrali quelle che passano per i punti (x 1, y 1 ), (x 2, y 2 ). Le condizioni ai limiti possono anche coinvolgere le derivate prime. La forma generale di un problema ai limiti lineare per un equazione differenziale del secondo ordine è y = f(x, y, y ) ay(x 1 ) + by (x 1 ) = k 1 cy(x 2 ) + dy (x 2 ) = k 2 (21) Risultano assegnati agli estremi x 1, x 2 dell intervallo i valori di due combinazioni lineari della soluzione e della sua derivata. Se anche l equazione differenziale è lineare, allora il suo integrale generale è della forma y(x) = C 1 z 1 (x)+c 2 z 2 (x)+p(x) e il problema ai limiti (21) diventa un sistema lineare di due equazioni nelle due incognite C 1 e C 2 : { m11 C 1 + m 12 C 2 = q 1 m 21 C 1 + m 22 C 2 = q 2 (22) Introdotto il determinante dei coefficienti = m 11 m 22 m 12 m 21, si presentano i seguenti casi: se 0, il problema ai limiti (21) ammette una ed una sola soluzione; se = 0, il problema ai limiti (21) ammette soluzione solo se i secondi membri soddisfano particolari condizioni (e in tal caso ne esistono infinite). Per il sistema omogeneo (q 1 = q 2 = 0), nel caso in cui = 0 ci sono (oltre alla ovvia soluzione nulla, che esiste sempre) infinite soluzioni non nulle; queste sono dette le autosoluzioni del problema ai limiti (omogeneo) assegnato. Di particolare interesse sono i problemi in cui i coefficienti e/o i termini noti dipendono da parametri. Risolvere il problema significa trovarne l integrale per ogni scelta dei parametri. Per esempio, consideriamo il caso più semplice in cui compare un solo parametro λ; allora esso compare nel sistema (22). Le considerazioni svolte sopra valgono ancora. In particolare, nel caso di sistema omogeneo i valori di λ per cui = 0 sono detti autovalori e le corrispondenti soluzioni non nulle del problema sono dette autosoluzioni. 28

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