Definizione. Sia f : V V un endomorfismo e λ R. Se esiste v V non nullo tale che

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1 Autovalori ed autovettori [Abate, 131] Sia f : V V un endomorfismo e λ R Se esiste v V non nullo tale che f(v) = λv, diremo che λ è un autovalore di f e che v è un autovettore di f associato a λ Lezioni 18-20: Autovalori e autovettori In altre parole, un vettore v 0 è autovettore di f se e solo se v ed f(v) hanno la stessa direzione oppure f(v) = 0 (e quindi v è nel nucleo di f) Esempi In R 2, v = (3, 1) è autovettore dell applicazione f(x, y) := (2x, x y) Infatti: f(v) = (6, 2) = 2v ( Esercizi: C Carrara, 9 ) L autovalore associato è λ = 2 In R 3, v = (1, 1, 1) è autovettore di f(x, y, z) := (x + y, x z, y + z) Infatti: f(v) = (0, 0, 0) = 0v L autovalore associato è λ = 0 1 / 39 L endomorfismo f : R 2 R 2 dato da f(x, y) := ( y, x) non possiede autovettori: non esiste nessun vettore v = (x, y) non nullo e nessuno scalare λ R soddisfacenti la condizione f(v) = λv, ovvero soluzione di { y = λx x = λy Qualunque sia λ R, l unica soluzione del sistema è quella nulla L applicazione f(x, y) := ( y, x) rappresenta una rotazione antioraria di 90 rispetto all origine degli assi Se v 0, v ed f(v) non possono avere la stessa direzione ( y, x) x y x (x, y) y Data A M n (R), diremo che v R n (vettore colonna) è un autovettore di A di autovalore λ se v è autovettore di L A di autovalore λ, ovvero è non nullo e soddisfa: Av = λv Sia Il vettore e 1 = t (1, 0) è autovettore di A di autovalore 3: Ae 1 = 3e 1 Il vettore v = t (1, 1) è autovettore di A di autovalore 1: infatti, Av = v 2 / 39 3 / 39

2 Se λ è un autovalore di f, chiameremo autospazio di f associato a λ l insieme: V λ = { v V : f(v) = λv } Per estensione, se f = L A diremo che V λ è un autospazio della matrice A V λ è un sottospazio vettoriale di V Dimostrazione Usiamo il criterio c) di sottospazio Siano v 1, v 2 V λ e a 1, a 2 R Per definizione di autospazio, f(v 1 ) = λv 1 e f(v 2 ) = λv 2 Sia w = a 1 v 1 + a 2 v 2 Dalla linearità di f segue che f(w) = f(a 1 v 1 + a 2 v 2 ) = a 1 f(v 1 ) + a 2 f(v 2 ) = a 1 λv 1 + a 2 λv 2 = λ(a 1 v 1 + a 2 v 2 ) = λw Quindi w = a 1 v 1 + a 2 v 2 appartiene a V λ Osservazioni: i) V λ {0}; ii) ad ogni autovalore sono associati infiniti autovettori! Sia f : R 2 R 2 l applicazione f(x, y) := (2x, 3y) Sono autospazi di f gli insiemi: V 2 = { (x, 0) : x R }, V 3 = { (0, y) : y R } Sia f : R 2 R 2 data da f(x, y) := (3x + 2y, y) Sono autospazi di f gli insiemi: V 1 = { (t, t) : t R }, V 3 = { (t, 0) : t R } Per induzione si dimostra che: Sia f : V V un endomorfismo e v 1, v 2,, v k degli autovettori di f associati ad autovalori λ 1, λ 2,, λ k distinti (cioè λ i λ j i j) Allora l insieme {v 1, v 2,, v k } è libero Sia f(x, y) = (3x + 2y, y) Gli autovettori (1, 1) e (1, 0), associati agli autovalori λ = 1 e λ = 3 rispettivamente, sono linearmente indipendenti Gli autovettori (1, 1) e (2, 2), associati allo stesso autovalore λ = 1, non sono linearmente indipendenti 4 / 39 5 / 39 Vediamo la dimostrazione per k = 2 Ricordiamo che, in uno spazio di dimensione n, un insieme libero può avere al più n elementi Un immediata conseguenza è la seguente: Sia f : V V una applicazione lineare e siano v 1, v 2 due autovettori di f associati ad autovalori λ 1, λ 2 distinti (cioè λ 1 λ 2 ) Allora l insieme {v 1, v 2 } è libero Dimostrazione Sia per assurdo v 2 = av 1 Allora Corollario Se V è uno spazio vettoriale di dimensione n, un endomorfismo f : V V ha al più n autovalori distinti Una matrice A M n (R) ha al più n autovalori distinti Quindi λ 2 v 2 = f(v 2 ) = f(av 1 ) = af(v 1 ) = aλ 1 v 1 = λ 1 v 2 Esempi Abbiamo visto che l applicazione f(x, y) = (2x, 3y) ha autovalori λ 1 = 2 e λ 2 = 3 Segue dal corollario precedente che questi sono gli unici suoi autovalori (λ 1 λ 2 )v 2 = 0 Ma λ 1 λ 2 0 per ipotesi, e v 2 0 per definizione di autovettore Abbiamo raggiunto un assurdo: v 2 non può essere proporzionale a v 1 Siccome v 1 0 e v 2 / L(v 1 ), l insieme {v 1, v 2 } è libero Come già visto, la matrice ha autovalori λ 1 = 1, λ 2 = 3 Segue dal corollario precedente che A non possiede altri autovalori oltre ai due citati 6 / 39 7 / 39

3 Un tipico problema di algebra lineare consiste nel determinare autovalori ed autovettori di un endomorfismo o di una matrice Data A M n (R), risolvere il problema agli autovalori associato vuol dire determinare tutte le possibili coppie (λ, x), con x R n vettore colonna diverso da zero, tali che Ax = λx ( ) L equazione ( ) è detta equazione agli autovalori La matrice A si suppone nota, mentre sia le componenti di x sia λ sono incognite che vogliamo determinare Polinomio caratteristico [Abate, 132] Sia (a ij ) M n (R) e x = t (x 1, x 2,, x n ) L equazione Ax = λx si può riscrivere come Ax λx = 0, ovvero (A λi n )x = 0 ( ) Lo studio di autovalori ed autovettori di un endomorfismo f di V si può ridurre al caso delle matrici, studiando la matrice rappresentativa di f in una qualsiasi base di V Vedremo come si risolve il problema nel caso delle matrici Applicazioni: geometria (coniche, quadriche); fisica classica (i modi di vibrazione di una corda o di una membrana sono autovalori di una opportuna applicazione lineare); fisica quantistica (le righe degli spettri di emissione/assorbimento di un atomo sono autovalori di una opportuna applicazione lineare); economia, elaborazione digitale delle immagini, Google (page ranking), 8 / 39 Per il teorema di Cramer, l equazione ( ) ammette soluzioni non nulle se e solo se il determinante della matrice dei coefficienti è zero Il determinante a 11 λ a 12 a 1n a 21 a 22 λ a 2n A λi n = a n1 a n2 a nn λ è un polinomio reale di grado n nella variabile λ, detto polinomio caratteristico di A ed indicato con p A (λ) Un numero λ 0 R è autovalore di A se e solo se p A (λ 0 ) = 0 Quindi: gli autovalori di A sono le radici (reali) del polinomio caratteristico p A (λ) 9 / 39 Sia Il polinomio caratteristico è = A λi 2 = p A (λ) = (1 λ) 2 1 = λ(λ 2) Gli autovalori della matrice A sono λ 1 = 0 e λ 2 = 2 Sia Il polinomio caratteristico è = A λi 2 = p A (λ) = λ [ 1 λ λ [ λ ] 1 1 λ Tale polinomio non ammette radici reali Quindi A non possiede autovalori ] Sia Il polinomio caratteristico è dato da (sviluppo di Laplace rispetto alla prima colonna): 3 λ 1 1 p A (λ) = 1 λ 2 = (3 λ) λ λ 2 λ λ λ 2 = (3 λ)(λ 2 4) ( λ 2) + (2 + λ) = λ 3 + 3λ 2 + 6λ 8 Il polinomio si può fattorizzare come segue (con la regola di Ruffini): p A (λ) = (λ 1)(λ 4)(λ + 2) Gli autovalori di A sono: λ 1 = 1, λ 2 = 4, λ 3 = 2 10 / / 39

4 Metodo pratico di ricerca degli autovalori e autovettori di A: 1 si determinano gli autovalori, ovvero le radici reali del polinomio caratteristico; 2 per ogni autovalore λ, si determinano gli autovettori associati risolvendo il sistema omogeneo (A λi n )x = 0 Lo spazio delle soluzioni è l autospazio V λ, e la sua dimensione è data da dim(v λ ) = n ρ(a λi n ) in cui ρ(a λi n ) è il rango di A λi n [Abate, 133] Se λ è autovalore di A, chiamiamo: molteplicità geometrica di λ, indicata con g λ, la dimensione dell autospazio associato: g λ = dim(v λ ) molteplicità algebrica di λ, indicata con m λ, la sua molteplicità come radice del polinomio caratteristico 12 / 39 Sia A la matrice Siccome A λi 3 è triangolare, il determinante è il prodotto degli elementi sulla diagonale: p A (λ) = A λi 3 = (1 λ) 3 Quindi λ = 1 è autovalore di molteplicità algebrica pari a m 1 = 3, ed A non possiede altri autovalori L autospazio associato V 1 si ottiene risolvendo il sistema { 2x2 + 3x 3 = 0 (A I 3 )x = 0 5x 3 = 0 La soluzione è x 2 = x 3 = 0 e x 1 = t R arbitrario Quindi V 1 = { (t, 0, 0) : t R } e la molteplicità geometrica è g 1 = dim(v 1 ) = 1 Notiamo che g 1 < m 1 : in questo esempio la molteplicità geometrica è minore della molteplicità algebrica 13 / 39 Osservazione Gli autovalori di una matrice triangolare superiore sono gli elementi sulla diagonale Se infatti a 11 a 12 a 13 a 1n 0 a 22 a 23 a 2n 0 0 a 33 a 3n a nn allora A λi n è una matrice triangolare, ed il suo determinante è dato dal prodotto degli elementi sulla diagonale: p A (λ) = A λi n = (a 11 λ)(a 22 λ)(a 33 λ) (a nn λ) Tutte e sole le radici del polinomio caratteristico (ovvero gli autovalori di A) sono date dagli elementi a 11, a 22,, a nn Sommario Lezione 18 Sia A M n (R) e x = t (x 1, x 2,, x n ) λ R è autovalore di A se il sistema: ammette soluzioni non nulle Ax = λx L insieme di tutte le soluzioni (compresa quella nulla) è l autospazio V λ associato a λ Le soluzioni x non nulle sono gli autovettori associati all autovalore λ Gli autovalori si determinano risolvendo l equazione di grado n (nella variabile λ): A λi n = 0 }{{} polinomio caratteristico Se f è un endomorfismo di uno spazio vettoriale V finitamente generato, scelta una base di V, la ricerca di autovalori e autovettori di f si riduce alla ricerca di autovalori e autovettori della matrice rappresentativa 14 / / 39

5 Polinomio caratteristico, traccia e determinante Il polinomio caratteristico di A M n (R) è della forma p A (λ) := A λi n = ( 1) n λ n + c 1 λ n 1 + c 2 λ n c n 1 λ + c n con coefficienti c i R che dipendono da A In particolare, c n = p A (0) = A è il determinante e ( 1) n 1 c 1 è la somma degli elementi sulla diagonale, ( 1) n 1 c 1 = a 11 + a 22 + a a nn, detta traccia della matrice A, e indicata con tr(a): n tr(a) = Esercizio Calcolare la traccia delle matrici B = C = i=1 a ii 16 / 39 [Abate, prop 83] Due matrici A, B M n (R) si dicono coniugate se esiste P M n (R) invertibile tale che B = P 1 AP (Nota: Abate usa il termine simili invece di coniugate ) Matrici coniugate hanno lo stesso polinomio caratteristico, la stessa traccia e lo stesso determinante Dimostrazione Per il teorema di Binet, se P M n (R) è una matrice invertibile allora 1 = I n = P 1 P = P 1 P da cui segue P 1 = P 1 Sempre per il teorema di Binet, se B = P 1 AP allora e B λi n = P 1 (A λi n )P p B (λ) = B λi n = P 1 A λi n P = A λi n = p A (λ) Siccome traccia e determinante sono il primo e l ultimo coefficiente del polinomio caratteristico, da p B (λ) = p A (λ) segue B = A e tr(b) = tr(a) 17 / 39 Matrice del cambiamento di base [Abate, 81] Siano B = (v 1,, v n ) e B = (v 1,, v n) due basi di uno spazio vettoriale V Possiamo allora scrivere i vettori di B nella base B e viceversa Chiamiamo matrice del cambiamento di base da B a B la matrice che ha come j-esima colonna l n-upla di componenti di v j nella base B (per ogni 1 j n) Indicando con (a ij ) tale matrice, per definizione (per ogni 1 j n): v j = v 1 a 1j + v 2 a 2j + + v n a nj ( ) La formula è più semplice da ricordare scrivendo gli scalari a destra dei vettori Nel membro di destra di ( ) riconosciamo infatti il prodotto righe per colonne fra la n-upla B e la j-esima colonna di A Possiamo riscrivere ( ) nella forma compatta B = B A (Attenzione: B e B sono n-uple di vettori; non sono n-uple di numeri reali) 18 / 39 In maniera simile, la matrice del cambiamento di base da B a B è la matrice A data da: B = B A La matrice A del cambiamento di base da B a B è invertibile, e la sua inversa è la matrice A del cambiamento di base da B a B Dimostrazione Evidentemente: B = B A = (B A) A = B (A A ), ovvero B (AA I n ) = 0 Indicando con b ij gli elementi della matrice AA I n, si ha v 1 b 1j + v 2 b 2j + + v n b nj = 0 1 j n Siccome i vettori sono linearmente indipendenti, questo implica b 1j = b 2j = = b nj = 0 1 j n, ovvero AA I n = 0 L ultima identità si può riscrivere come AA = I n In maniera simile si dimostra che A I n Quindi A = A 1 19 / 39

6 Matrici rappresentative e cambi di base Che relazione c è tra le matrici rappresentative di un endomorfismo f : V V in due basi diverse di V? Siano B = (v 1,, v n ) e B = (v 1,, v n) due basi di uno spazio vettoriale V Ricordiamo che C = (c ij ) si dice matrice rappresentativa di f nella base B se: f(v j ) = v 1 c 1j + v 2 c 2j + + v n c nj, 1 j n (La j-esima colonna di C è la n-upla di componenti di f(v j ) nella base B) In maniera simile è definita la matrice rappresentativa C = (c ij ) di f nella base B In notazione matriciale, dette F := ( f(v 1 ), f(v 2 ),, f(v n ) ) F := ( f(v 1), f(v 2),, f(v n) ) si ha F = B C F = B C Esercizio In R 2, si considerino le basi B = ( v 1 = (1, 0), v 2 = (0, 1) ), B = ( v 1 = (1, 1), v 2 = ( 1, 1) ) Determinare la matrice A del cambiamento di base da B a B e la matrice A del cambiamento di base da B a B Data l applicazione lineare f : R 2 R 2, f(x, y) := ( y, x) determinare la matrice rappresentativa di f nella base B e quella nella base B 20 / 39 [Abate, prop 82] Le matrici rappresentative C e C sono legate dalla relazione (di coniugio): C = A 1 C A in cui A è la matrice del cambiamento di base da B a B Dimostrazione Dalla linearità di f segue che f(v j) = f(a 1j v 1 + a 2j v a nj v n ) = a 1j f(v 1 ) + a 2j f(v 2 ) + + a nj f(v n ) per ogni 1 j n, ossia F = F A Poiché F = B C e F = B C, si ha B C = B C A Usando B = B A = B = B A 1 si ottiene: B C = B A 1 C A che può essere riscritta nella forma B (C A 1 CA) = 0 Come nella prova della proposizione precedente (slide 4), dall indipendenza lineare dei vettori di B segue C A 1 C 0, che è proprio la tesi Endomorfismi semplici Nell esercizio precedente, la base B era formata da autovettori dell endomorfismo f Un endomorfismo f di uno spazio finitamente generato V si dice semplice se esiste una base di V formata da suoi autovettori Esempi 21 / 39 L applicazione f è una riflessione nel piano rispetto alla bisettrice del II e IV quadrante, come mostrato in figura I punti della bisettrice, corrispondenti ai vettori proporzionali a v 2 = ( 1, 1), sono lasciati invariati da f I punti fuori dalla bisettrice vengono riflessi rispetto ad essa v 2 v 1 y x x ( y, x) (x, y) y L endomorfimo f di R 2 dato da f(x, y) := ( y, x) è semplice Una base di autovettori è data da B = ( v 1 = (1, 1), v 2 = ( 1, 1) ) L endomorfimo g di R 2 dato da g(x, y) := (2x, 3y) è semplice Una base di autovettori è quella canonica B = ( e 1 = (1, 0), e 2 = (0, 1) ) L endomorfismo h di R 2 dato da h(x, y) := (x + 2y, 3x + 2y) è semplice Una base di autovettori è B = ( v 1 = (2, 3), v 2 = (1, 1) ) Si può infatti verificare che h(v 1 ) = 4v 1 h(v 2 ) = v 2 22 / / 39

7 Una matrice (a ij ) M n (R) si dice diagonale se a ij = 0 i j Una matrice A M n (R) si dice diagonalizzabile se è coniugata ad una matrice diagonale, ovvero se esiste una matrice P M n (R) invertibile, detta matrice diagonalizzante di A, tale che P 1 AP è diagonale La matrice Siano P = = P 1 AP = P 1 AP è diagonal-e La matrice A è quindi diagonal-izzabile e P è è diagonale una matrice diagonal-izzante di A (attenzione ai suffissi!) Ogni matrice diagonale è diagonalizzabile, essendo coniugata a sé stessa (in questo caso, una matrice diagonalizzante è la matrice identica I n ) Se P è una matrice diagonalizzante di A, anche kp lo è (per ogni k 0) Le matrici diagonalizzanti di A, se esistono, sono quindi infinite 24 / 39 Osservazione Un endomorfismo f di uno spazio V di dimensione n è semplice se esiste una base B = (v 1,, v n ) di V formata da autovettori di f, ovvero tali che f(v 1 ) = λ 1 v 1 f(v 2 ) = λ 2 v 2 f(v n ) = λ n v n con λ 1,, λ n autovalori di f La matrice rappresentativa (a ij ) di f nella base B è data da λ i se i = j, a ij = ( ) 0 se i j In altre parole, f è semplice una base di V in cui f è rappresentato da una matrice diagonale Le matrici rappresentative di f sono tutte coniugate fra di loro, e in particolare sono coniugate alla matrice diagonale ( ) Quindi f è semplice se e solo se le sue matrici rappresentative sono (tutte) diagonalizzabili 25 / 39 Una matrice A è diagonalizzabile se e solo se L A è un endomorfismo semplice Si può infatti dire di più: data una base di autovettori di A è possibile costruire una matrice diagonalizzante come segue Sia A M n (R) Se B = (v 1,, v n ) è una base di R n formata da autovettori di A, la matrice P che ha i vettori di B come colonne è una matrice diagonalizzante di A Dimostrazione I vettori di B sono linearmente indipendenti, quindi ρ(p) = n Per teorema degli orlati P 0, e dal teorema di Laplace deduciamo che P è invertibile La j-esima colonna di AP è data da Av j = λ j v j Indicando con R i la i-esima riga di P 1, la condizione P 1 P = I n equivale a { 0 se i j, R i v j = 1 se i = j Viceversa, data una matrice diagonalizzante di A, si può costruire una base di autovettori come segue Sia A M n (R) diagonalizzabile e P = (p ij ) una sua matrice diagonalizzante Se indichiamo con v j := t (p 1j, p 2j,, p nj ) la j-esima colonna di P, allora B = (v 1,, v n ) è una base di R n formata da autovettori di A Dimostrazione Sia D := P 1 AP Per ipotesi, D = (d ij ) è diagonale: d ij = 0 i j L elemento (i, j) della matrice PD è: n k=1 p ikd kj = d jj p ij Ma p ij è la i-esima componente di v j Quindi la j-esima colonna di PD è data dal vettore colonna d jj v j La j-esima colonna del prodotto AP è data da Av j, da cui L elemento di matrice (i, j) di P 1 AP vale quindi { 0 se i j, R i Av j = R i (λ j v j ) = λ j (R i v j ) = λ i se i = j Questo prova che P 1 AP è diagonale, e P è una matrice diagonalizzante di A 26 / 39 D = P 1 AP AP = PD Av j = d jj v j j = 1,, n (le colonne di P sono autovettori di A associate agli autovalori d 11, d 22,, d nn ) Siccome P 0, allora ρ(p) = n (teorema degli orlati) e le colonne di P sono n vettori di R n linearmente indipendenti Formano quindi una base 27 / 39

8 Diagonalizzabilità in campo complesso Non tutti gli endomorfismi sono semplici, e non tutte le matrici sono diagonalizzabili Ad esempio, l endomorfismo di R 2 : f(x, y) := ( y, x) non è semplice (è una rotazione antioraria di 90, ed abbiamo visto che non possiede autovettori) Di conseguenza la sua matrice rappresentativa non è diagonalizzabile Le cose cambiano completamente se invece di lavorare con i numeri reali si lavora con i complessi Ad esempio, l endomorfismo f : C 2 C 2 dato da f(x, y) := ( y, x) (come sopra, ma con R sostituito da C) è semplice Infatti, detti Ancora su traccia e determinante Se D = P 1 AP è diagonale λ λ 2 0 D = 0 0 λ n allora è triangolare superiore, e i suoi autovalori sono gli elementi sulla diagonale Matrici coniugate hanno lo stesso polinomio caratteristico, quindi hanno anche gli stessi autovalori In particolare, gli autovalori di A sono proprio λ 1, λ 2,, λ n Matrici coniugate hanno lo stesso determinante e la stessa traccia, ma determinante e traccia di D sono facili da calcolare: v 1 = (i, 1) v 2 = (1, i) A = D = λ 1 λ 2 λ n tr(a) = tr(d) = λ 1 + λ λ n con i = 1, si ha f(v 1 ) = i v 1 f(v 2 ) = i v 2 Osservazione Il determinante di una matrice diagonalizzabile è il prodotto dei suoi autovalori La traccia di una matrice diagonalizzabile è la somma dei suoi autovalori 28 / / 39 Esercizi Esercizio Siano A, B, C, D le seguenti matrici: B = C = 1 0 a) Determinare il polinomio caratteristico di ciascuna matrice b) Determinare gli autovalori di ciascuna matrice c) Stabilire quale delle quattro matrici è diagonalizzabile Esercizio (Esame del 04/07/2011) Determinare autovalori e autovettori della matrice: D = 0 2 Esercizio Determinare gli autovalori della matrice: Soluzione Semplifichiamo A λi 3 : 1 λ λ 2 4 A λi 3 = 4 3 λ 8 R 2 R 2 2R 1 2(λ + 1) (λ + 1) 0 R 3 R 3 R λ λ (λ + 1) Possiamo portare i fattori λ + 1 fuori dal determinante (operazione elementare II): 1 λ 2 4 A λi 3 = (λ + 1)(λ + 1) L ultimo determinante si calcola con lo sviluppo di Laplace rispetto alla terza riga, ed è uguale a 1 λ Gli autovalori sono quindi: λ 1 = 1 λ 2 = 1 λ 3 = 1 30 / / 39

9 Diagonalizzabilità di una matrice: criteri Ricordiamo che un polinomio reale p(x) di grado n si può sempre scrivere nella forma: p(x) = c(x z 1 ) m 1 (x z 2 ) m 2 (x z r ) mr dove c R, z 1,, z r C sono radici complesse distinte di p(x), 1 r n ed m i è detta molteplicità della radice z i Ad esempio: x 3 + x 2 33x + 63 = (x 3) 2 (x + 7) ( ) x 2 + 2x + 2 = (x + 1 i)(x i) i = 1 Ovviamente m 1 + m m r = n Osservazione Gli autovalori di una matrice A M n (R) sono le radici reali di p A (λ) Dette λ 1,, λ r le radici reali distinte, per la molteplicità algebrica vale la disuguaglianza m λ1 + m λ2 + + m λr n, e si ha uguaglianza se e solo se tutte le radici di p A (λ) sono reali Sia A M n (R) Un autovalore λ di A si dice: semplice se ha molteplicità algebrica uguale ad 1: m λ = 1 semisemplice se ha molteplicità algebrica uguale quella geometrica: m λ = g λ Dalla disuguaglianza 1 g λ m λ segue che, se m λ = 1, anche g λ = 1 Quindi: Osservazione Ogni autovalore semplice è semisemplice 32 / 39 Teorema [Abate, prop 138] Per ogni autovalore λ 0 di A, si ha 1 g λ0 m λ0 Dimostrazione Sia k = g λ0 Prendiamo una base (v 1,, v k ) di V λ0 e completiamola ad una base B = (v 1,, v k, v k+1,, v n ) di R n Siccome per ogni i k, (A λi n )v i = (λ 0 λ)v i, l applicazione lineare L A λin nella base B è rappresentata da una matrice M = λ 0 λ λ 0 λ λ 0 λ Facendo k volte lo sviluppo di Laplace rispetto alla prima colonna si ricava p A (λ) = A λi n = M = (λ 0 λ) k q(λ) dove q(λ) è un polinomio in λ La molteplicità algebrica di λ 0 è k se λ 0 non è una radice di q(λ), altrimenti è maggiore di k Questo prova che m λ0 k = g λ0 Teorema (Criterio di diagonalizzabilità di una matrice) [Abate, teorema 139] Una matrice A M n (R) è diagonalizzabile se e solo se: i) tutte le radici del polinomio caratteristico sono reali; ii) tutti gli autovalori di A sono semisemplici Dimostrazione 1a parte: la condizione i) è necessaria Se A è coniugata ad una matrice diagonale D, allora d d 22 0 D = 0 0 d nn p A (λ) = p D (λ) = (d 11 λ)(d 22 λ) (d nn λ) Tutte e sole le radici del polinomio caratteristico sono date dagli elementi sulla diagonale della matrice D Sono quindi numeri reali 33 / / / 39

10 Teorema (Criterio di diagonalizzabilità di una matrice) [Abate, teorema 139] Una matrice A M n (R) è diagonalizzabile se e solo se: i) tutte le radici del polinomio caratteristico sono reali; ii) tutti gli autovalori di A sono semisemplici Dimostrazione 2a parte: la condizione ii) è necessaria Siano λ 1, λ 2,, λ r gli autovalori di A, con λ i λ j i j e r n Per k = 1,, r, indichiamo con I k R n l insieme delle colonne della matrice diagonalizzante P che appartengono all autospazio V λk Poichè si tratta di vettori linearmente indipendenti (le colonne di P sono una base di R n ), ed essendo dim(v λi ) = g λi, I 1 ha al più g λ1 elementi, I 2 ha al più g λ2 elementi, etc In tutto le colonne di P sono n, da cui n g λ1 + g λ2 + + g λr m λ1 + m λ2 + + m λr = n L ultima uguaglianza segue dal fatto che tutte le radici di p A (λ) sono reali (oss slide 32) Se ne deduce che le precedenti disuguaglianze sono uguaglianze, e Teorema (Criterio di diagonalizzabilità di una matrice) [Abate, teorema 139] Una matrice A M n (R) è diagonalizzabile se e solo se: i) tutte le radici del polinomio caratteristico sono reali; ii) tutti gli autovalori di A sono semisemplici Dimostrazione 3a parte: le condizioni i) e ii) sono sufficienti Sia n i = g λi = dim(v λi ), 1 i r Scegliamo una base di ciascun autospazio: B 1 = (u 1, u 2,, u n1 ) base di V λ1, B 2 = (v 1, v 2,, v n2 ) base di V λ2, B r = (w 1, w 2,, w nr ) base di V λr e mostriamo che B = B 1 B 2 B r è un insieme libero di R n Sia u = a 1 u 1 + a 2 u a n1 u n1 (m λ1 g λ1 ) + (m λ2 g λ2 ) + + (m λr g λr ) = n n = 0 Ma m λi g λi 0 (per il teorema precedente), e una somma di termini non negativi è nulla se e solo se tutti i termini sono zero Si ricava m λi g λi = 0 i, ossia la condizione ii) 36 / 39 v = b 1 v 1 + b 2 v b n2 v n2 w = c 1 w 1 + c 2 w c nr w nr 37 / 39 Teorema (Criterio di diagonalizzabilità di una matrice) [Abate, teorema 139] Una matrice A M n (R) è diagonalizzabile se e solo se: i) tutte le radici del polinomio caratteristico sono reali; ii) tutti gli autovalori di A sono semisemplici ( segue) Poichè autovettori associati ad autovalori distinti sono linearmente indipendenti, la somma (a 1 u 1 + a 2 u a n1 u n1 ) + (b 1 v 1 + b 2 v b n2 v n2 ) + ( ) + + (c 1 w 1 + c 2 w c nr w nr ) = u + v + + w è 0 solo se u = v = = w = 0 Poichè B 1 è libero, u = a 1 u a n1 u n1 = 0 implica a 1 = a 2 = = a n1 = 0 In maniera simile siccome B 2 è libero, v = 0 implica b 1 = b 2 = = b n2 = 0, etc La combinazione lineare ( ) è zero solo se tutti i coefficienti sono nulli, quindi B è un insieme libero Il numero di elementi di B è dato da g λ1 + g λ2 + + g λr = m λ1 + m λ2 + + m λr = n La prima uguaglianza segue dalla condizione ii) e la seconda da i) e dall osservazione nella slide 32 Ma n vettori di R n linearmente indipendenti formano una base Abbiamo trovato una base B di R n formata da autovettori di A, e questo prova che A è diagonalizzabile 38 / 39 Quella che segue è una semplice condizione sufficiente (ma non necessaria) Osservazione Se A M n (R) ha n autovalori distinti (cioé: se tutti gli autovalori sono semplici), allora è diagonalizzabile Dimostrazione n autovettori associati ad n autovalori distinti di A formano un insieme libero Ma in R n un insieme libero di n vettori è una base Concludiamo con un teorema, enunciato senza dimostrazione Una matrice A M n (R) si dice simmetrica se t A Teorema spettrale [Abate, 141] Sia A M n (R) una matrice simmetrica Allora: A è diagonalizzabile; autovettori associati ad autovalori distinti sono ortogonali; esiste una base ortonormale di R n formata da autovettori di A 39 / 39

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