Autovettori e autovalori

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1 Autovettori e autovalori Definizione 1 Sia A Mat(n, n), matrice a coefficienti reali. Si dice autovalore di A un numero λ R tale che v 0 R n Av = λv. Ogni vettore non nullo v che soddisfa questa relazione si dice autovettore di A, relativo all autovalore λ. Esso individua una direzione conservata dalla trasformazione che A rappresenta: infatti la matrice, operando su tale vettore, può modificarne il modulo e il verso, ma non la direzione. Definizione 2 L insieme V λ degli autovettori relativi all autovalore λ è detto autospazio associato a λ. Esercizio. Siano A, B, C Mat(n, n). Sia x R n tale che: ˆ x è autovettore di A associato all autovalore λ; ˆ x è autovettore di B associato all autovalore ρ; ˆ x è autovettore di C associato all autovalore µ. Dimostrare che: a. ABCx = λρµx; b. (A + B + C)x = (λ + ρ + µ)x; c. A n B m C r x = λ n ρ m µ r x, con n, m, r N. Il vettore x soddisfa: Ax = λx Bx = ρx Cx = µx a. ABCx = AB(Cx) = AB(µx) = Aµ(ρx) = µρλx. b. (A + B + C)x = Ax + Bx + Cx = (λ + ρ + µ)x. c. Osserviamo che C r = C } {{ C} ; dunque: r volte C r x = C r 1 Cx = C r 1 µx = C r 2 µcx = C r 2 µ 2 x = = µ r x. Procedendo analogamente per A e per B si ottiene la tesi. 1

2 Esercizio. Siano A, B M at(n, n), che ammettono entrambe l autovettore v relativo all autovalore λ. Verificare che la matrice A + B ammette anch essa v come autovettore, relativo all autovalore 2λ. Soluzione: (A + B)v = Av + Bv = λv + λv = (2λ)v. Esercizio. Determinare h R in modo che: 0 h 1 A b = 2h 1 h 1 h 1 3h 2 0 ammetta v = (1, 1, 2) come autovettore. Deve valere Av = λv per qualche λ R, cioè: h 2 = λ (2h 1) + (h 1) 2h = λ 1 + (3h 2) = 2λ Il sistema è risolto da (λ, h) = ( 1, 1), dunque A ammette v come autovettore relativo all autovalore 1, per h = 1. Teorema 1 (Caratterizzazione degli autovalori) Sia A M at(n, n). Allora: λ è autovalore di A det(λi n A) = 0. Il polinomio p(x) = det(xi n A) è detto polinomio caratteristico di A, le cui radici sono gli autovalori. n nota. det p(0) (polinomio caratteristico valutato in x = 0), dunque: det 0 p(0) = 0 0 è autovalore di A. In generale vale la regola: det λ 1 λ n (prodotto degli autovalori); i- noltre, se n = 2, si ha det λ 1 λ 2 e T r a + d = λ 1 + λ 2. n nota. p(x) = det(xi n A) è sempre monico, cioè il grado massimo ha coefficiente 1. 2

3 Esercizio. Trovare gli autovalori di A Mat(n, n), sapendo che: ˆ A è singolare; ˆ det(2i 3 A) = 0; ˆ det( I 3 A) = 0. A è singolare det 0 λ 1 = 0 è autovalore. det(2i 3 A) = p(2) = 0 λ 2 = 2 è autovalore. det( I 3 A) = p( 1) = 0 λ 3 = 1 è autovalore. Esercizio. Calcolare gli autovalori di A Mat(2, 2), sapendo che: det(i 2 A) = 1 e det 2. Gli autovalori sono le radici di p(λ), polinomio (monico) di grado 2: p(λ) = λ 2 + bλ + c p(1) = det(i 2 A) = 1 p(0) = det 2 Dunque otteniamo il sistema nelle incognite b, c: { p(1) = 1 + b + c = 1 p(0) = c = 2 da cui ricaviamo i coefficienti di p(λ): p(λ) = λ 2 4λ + 2 = (λ (2 + 2))(λ (2 2)). Gli autovalori sono λ 1 = e λ 2 = 2 2. Esercizio. Calcolare gli autovalori di A e i corrispondenti autospazi

4 autovalori. Scriviamo il polinomio caratteristico e troviamone le radici: p(λ) = det(a λi 3 ) = (2 λ)(2 λ)(1 λ) = 0, dunque λ 1 = λ 2 = 2 e λ 3 = 1 sono gli autovalori di A. autospazi. V λ = {v R 3 Av = λv} = {v (A λi 3 )v = 0} = ker(a λi 3 ). ˆ ˆ Per λ 1 = λ 2 = 2 abbiamo V 2 = ker(a 2I 3 ), cioè l insieme delle soluzioni del sistema omogeneo associato ad: A 2I 3 = 0 0 1, dunque V 2 = {(x, 0, 0), x R} e dim V 2 = 1. Per λ 3 = 1 si ha V 1 = ker(a I 3 ), cioè le soluzioni del sistema omogeneo associato ad: A I 3 = 0 1 1, dunque V 2 = {(4, 1, 1)z, z R} e dim V 1 = 1. n nota. Se diag(d 1,, d n ) è una matrice diagonale: d , d n allora p(λ) = det(λi n A) = (λ d 1 ) (λ d n ), dunque: n p(λ) = (λ d j ) = 0 λ j = d j ogni d j è autovalore di A. j=1 4

5 Esercizio. Scrivere almeno due matrici che abbiano gli stessi autovalori di A (vedi esercizio precedente). Basta scrivere due matrici diagonali che abbiano gli autovalori voluti come elementi della diagonale principale: B = diag(2, 2, 1) = 0 2 0, e C = diag(2, 1, 2) = Esercizio. Scrivere almeno tre matrici che abbiano il seguente polinomio caratteristico: p(λ) = (λ + 1)(λ 2 4)(λ 3)λ. Gli zeri di p(λ) sono gli autovalori delle matrici cercate: ogni matrice diagonale formata con essi li avrà come autovalori, e avrà il polinomio dato come caratteristico. p(λ) = 0 λ = 1 λ = ±2 λ = 3 λ = 0, dunque possiamo scegliere: diag( 1, 2, 2, 3, 0), B = diag( 2, 2, 1, 3, 0), C = diag( 2, 2, 3, 1, 0), eccetera... Definizione 3 Sia A Mat(n, n). Un autovalore λ di A si dice regolare se m g (λ) = m a (λ), dove: ˆ m g (λ) := dim V λ si dice molteplicità geometrica di λ (dimensione dell autospazio); ˆ m a (λ) = k p(x) = (x λ) k p(x), con p(λ) 0 è la molteplicità algebrica di λ (cioè la molteplicità di λ come zero del polinomio caratteristico). n nota. Vale la disuguaglianza: 1 m g (λ) m a (λ) per ogni λ autovalore. Esercizio. Data la matrice: a. trovare gli autovalori;

6 b. stabilire per ciascun autovalore se è regolare; c. trovare gli autospazi. a. Scriviamo il polinomio caratteristico: λ 6 0 p(λ) = det 1 λ 1 = λ(λ 3)(λ + 2) 1 0 λ 1 da cui λ 1 = 0, λ 2 = 3, λ 3 = 2; sono tre autovalori semplici, cioè ciascuno con molteplicità algebrica pari a 1: m a (λ i ) = 1 i. b. c. Essendo semplici gli autovalori, sono necessariamente tutti regolari (per tutti e tre vale m g (λ) = m a (λ) = 1); troviamo i relativi autospazi. ˆ V 0 = ker A : (a conferma della regolarità osserviamo che rg 2 m g (0) = dim ker 3 2 = 1), il sistema è risolto dagli elementi di:, V 0 = {( z, 0, z), z R}. ˆ V 3 = ker(a 3I 3 ): A 3I 3 = , (anche in questo caso rg(a 3I 3 ) = 2 ci conferma la regolarità dell autovalore), la soluzione del sistema è: ˆ Infine, V 2 = ker(a + 2I 3 ): V 3 = {(2, 1, 1)y, y R}. A + 2I 3 = , (ancora una matrice di rango 2), la soluzione è: 3 V 2 = { 1 z, z R}. 1 6

7 n nota. Abbiamo trovato che: A 1 = possiede un autovalore reale doppio e non regolare λ 1 = λ 2 = 2 e un autovalore reale semplice (e perciò regolare) λ 3 = 1; in altre parole, è possibile individuare in R 3 due direzioni conservate da A 1, che sono le due rette (non parallele), autospazi di A 1 : V λ1 = { t 0 0, t R} e V λ3 = { 4s s s, s R}, sottospazi di R 3 che A 1 trasforma in se stessi. Per la linearità di A 1, anche il piano contenente queste due rette viene trasformato in se stesso, infatti: ma allora anche v piano v = av 1 + bv 3, con v 1 V λ1 e v 3 V λ3, Av = A(av 1 + bv 3 ) = aav 1 + bav 3 = (aλ 1 )v 1 + (bλ 3 )v 3 piano. Dunque le direzioni conservate da A 1 (cioè i suoi autovettori) generano un sottospazio proprio (un piano) di R 3. Nel caso, invece, della matrice A 2 = essendoci tre autovalori reali distinti, e perciò regolari, λ 1 = 0, λ 2 = 3 e λ 3 = 2, ci sono 3 direzioni conservate da A 2 : le tre rette non parallele che sono autospazi relativi ai tre λ i : V λ1 = { t 0 t }; V λ2 = { 2s s s, }; V λ3 = { 3r r r }. Si verifica facilmente che le tre direzioni sono l.i., pertanto in questo caso (autovalori tutti regolari) è possibile generare, con le direzioni conservate (autovettori) da A 2, tutto lo spazio R 3. n nota bene. Qualora nella definizione di autovalore si comprendano anche quelli complessi, cioè quei λ C tali che Av = λv, l equivalenza tra autovettori e direzioni conservate non sarebbe più vera. In questo caso diremmo che le direzioni conservate da A sono gli autovettori relativi ai soli autovalori reali (con parte immaginaria nulla). 7

8 Esercizio. a. Scrivere la matrice A che rappresenta rispetto alla base canonica la trasformazione f : R 2 R 2 che conserva le direzioni della base B = {b 1, b 2 } = {(1, 1), ( 1, 1)} nel modo seguente: f(b 1 ) = b 1 e f(b 2 ) = 2b 2. b. Qual è la matrice che rappresenta f sulla base B? a. La trasformazione cercata è definita dalle relazioni: f(b 1 ) = Ab 1 = b 1 e f(b 2 ) = Ab 2 = 2b 2, dove [ f(e1 ) f(e 2 ) ] Per calcolare le immagini degli e i, conoscendo quelle dei b i, dobbiamo rappresentare gli e i sulla base B (cioè effettuare un cambio di base, da quella canonica a B); osserviamo che: b 1 b 2 = 2e 1 e 1 = 1 2 (b 1 b 2 ) b 1 + b 2 = 2e 2 e 2 = 1 2 (b 1 + b 2 ) (Il procedimento equivale a calcolare i vettori e i - le cui componenti danno la rappresentazione degli e i sulla base B - tramite la matrice del cambio di base: e i = B 1 e i, dove B contiene sulle colonne i b i.) Dunque otteniamo: da cui: f(e 1 ) = 1 2 [f((b 1) f(b 2 ))] f(e 2 ) = 1 2 [f(b 1) + f(b 2 )], 1 2 [ b. La matrice cercata A B è quella che rappresenta la trasformazione rispetto alla base dei suoi autovettori. Essa contiene sulle colonne le immagini dei b i ]. 8

9 rappresentate sui b i stessi; poiché sappiamo che f(b 1 ) = b 1 = 1 b b 2 e f(b 2 ) = 2b 2 = 0 b b 2, otteniamo immediatamente: [ ] 1 0 A B = = diag(λ 0 2 1, λ 2 ), che è la matrice diagonale degli autovalori. Esercizio. Individuare, se esistono, le direzioni conservate dalle seguenti trasformazioni lineari del piano in se stesso: a. f : R 2 R 2, tale che f(x, y) = (4x + 3y, x + 2y); b. f : R 2 R 2, tale che f(1, 0) = (1, 1) e f(0, 1) = ( 1, 3); c. f : R 2 R 2, rotazione di un angolo di π 4 in senso antiorario. Le direzioni conservate sono gli autospazi degli eventuali autovalori reali delle matrici che rappresentano le trasformazioni date. a. Nel primo caso, la matrice rappresentativa è: [ ] 4 3, 1 2 che ammette i due autovalori reali λ 1 = 1 e λ 2 = 5, con corrispondenti autospazi: V λ1 = ker(a I 2 ) = {( y, y), y R} e V λ2 = ker(a 5I 2 ) = {(3y, y), y R}, dunque la trasformazione conserva due direzioni, quelle delle rette y = x e y = 1 3 x. b. La matrice rappresentativa [ ] possiede l autovalore reale doppio λ = 2. L autospazio relativo è: V λ = ker(a 2I 2 ) = {( y, y), y R}, di dimensione 1: in questo caso c è una sola direzione conservata (quella della retta y = x). 9

10 c. Otteniamo la matrice rappresentativa di una rotazione di un angolo θ, per esempio, calcolando i trasformati dei vettori della base canonica: 2 2 f(e 1 ) = f(1, 0) = (cos θ, sin θ) = ( 2, 2 ) e da cui: f(e 2 ) = f(0, 1) = ( sin θ, cos θ) = ( 2 2 [ ] , 2 ), Gli autovalori di questa matrice sono entrambi complessi: dunque non ci sono direzioni invariate: d altra parte, sarebbe stato ragionevole attendersi un risultato simile fin dall inizio, trattandosi di una rotazione. 10

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