Isometrie e cambiamenti di riferimento

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1 Isometrie e cambiamenti di riferimento Isometrie Le isometrie sono trasformazioni del piano o dello spazio che conservano angoli e distanze. Esempi sono le rotazioni del piano, le riflessioni in una retta del piano o in un piano dello spazio e le traslazioni. Le isometrie sono utili nello studio delle coniche e delle quadriche in quanto possiamo considerare un isometria come un cambiamento di riferimento cartesiano che, opportunamente scelto trasforma l equazione di una curva in un equazione più semplice. Esempio: Consideriamo la curva del piano data dall equazione x + y xy x y + = 0. () Effettuando il cambiamento di variabili X = x y Y = x + y () che come vedremo corrispone ad una rotazione degli assi di 45 gradi e una traslazione che manda l origine nel punto (, ), otteniamo l equazione X Y = 0 (in generale, l equazione nelle nuove coordinate si ottiene dalle trasformazioni inverse x = X + Y +, y = X + Y + sostituendole nell equazione (), in questo caso però si vede subito che i primi tre termini dell equazione sono il quadrato di X mentre gli ultimi tre sono Y ). Le trasformazioni ortogonali. Definizione. Sia f : R n R n un applicazione lineare. Diciamo che f è un isometria se per ogni v, w R n si ha f(v), f(w) = v, w Osservazione. Osserviamo che un isometria è un isomorfismo: infatti se v 0 dobbiamo avere f(v) = f(v), f(v) = v, v = 0. Dunque f è iniettiva e per il teorema della dimensione è anche suriettiva. Possiamo identificare le isometrie con le matrici ortogonali: Teorema. Sia f : R n R n un applicazione lineare. Allora f è un isometria se e solo se la sua matrice canonica è una matrice ortogonale.

2 dim: Ricordiamo che una matrice M è ortogonale se e solo se MM t = I. Supponiamo che f sia un isometria, A la sua matrice canonica. Allora se i AA t e, e i = Ae, Ae i = f(e ), f(e i ) = e, e i = 0, mentre con lo stesso argomento AA t e, e =. Quello che abbiamo calcolato sono i coefficienti di Fourier del vettore AA t e rispetto alla base canonica (che è ortonormale) e l unico non nullo è il primo. Dunque dobbiamo avere che AA t e = e. Ripetendo il ragionalmento per ciascun vettore della base canonica otteniamo AA t e i = e i, i =,... n dunque AA t è la matrice identità e A è ortogonale. Viceversa, i vettori u i = f(e i ) sono una base ortonormale di R n, poichè le colonne di una matrice ortogonale formano una base ortonormale di R n. Allora se v = a e +... a n e n, w = b e +... b n e n abbiamo, utilizzando la bilinearità del prodotto scalare e la linearità di f f(v), f(w) = a f(e ) +... a n f(e n ), b f(e ) +... b n f(e n ) = = a b a n b n = v, w visto che gli u i = f(e i ) formano una base ortonormale. Definizione 4. Le isometrie lineari si chiamano trasformazioni ortogonali. Trasformazioni ortogonali del piano Abbiamo visto che le matrici ortogonali, dunque le isometrie lineari del piano (che identifichiamo con R tramite l isomorfismo indotto dalla scelta di un riferimento cartesiano) sono di due tipi: ( ) ( ) cos θ sin θ cos θ sin θ sin θ cos θ sin θ cos θ Le prime hanno determinante e corrispondono a rotazioni di angolo θ, le seconde hanno determinante e corrispondono a riflessioni nella retta per l origine che fa un angolo θ/ con l asse delle ascisse. Infatti una riflessione del piano in una retta manda ogni punto nel suo simmetrico rispetto alla retta r, e i punti di r rimangono fissi. L esempio pi semplice è una riflessione in uno degli assi coordinati, ad esempio l asse delle y: il simmetrico rispetto all asse delle y del punto di coordinate (x, y) è il punto di coordinate ( x, y) e la matrice associata pertanto è ( ) 0 0 che è la matrice che si ottiene da quella generale vista sopra per θ = π. Adesso consideriamo una retta r per l origine che formi un angolo α con l asse delle x. Un vettore direttore di questa retta è u = (cos α, sin α) t, che

3 estendiamo a una base ortonormale B di R aggiungendo il vettore u = (sin α, cos α) t che è un vettore direttore della retta r ortogonale a r. La matrice della riflessione in r rispetto alla base ortonormale B è ancora la matrice ( ) 0 D = 0 visto che r rimane fissa e r cambia verso (il punto del piano di coordinate u va nel suo simmetrico rispetto a r di coordinate u ). Quindi se M è la matrice di passaggio dalla base canonica a B, la matrice canonica A della riflessione sarà data da ( A = MDM cos = α sin ) ( ) α sin α cos α cos θ sin θ sin α cos α sin α cos = α sin θ cos θ dove si è posto θ = α e si sono usate le formule di duplicazione dell angolo. Le trasformazioni ortogonali dello spazio Vediamo ora di determinare le trasformazioni ortogonali dello spazio. Queste sono rappresentate da matrici di ordine tre, il cui polinomio caratteristico è di grado tre, che quindi ammette sempre almeno una radice reale, cioè un autovalore reale λ. Inoltre la matrice canonica deve essere ortogonale, quindi il determinante può essere solo ± e dunque anche λ deve essere ±. Lemma 5. Sia f : R R una trasformazione ortogonale. Allora esiste una base rispetto alla quale la matrice di f ha la forma ± a b 0 c d con la matrice B = ( a b c d ) ortogonale. dim: La matrice canonica M di f è una matrice ortogonale di ordine che deve ammettere un autovalore λ = ±. Se u è un autovettore di norma uno associato a questo autovalore, allora è anche un autovettore associato all autovalore λ = ± per l applicazione inversa f. Sia {v, v } una base ortonormale di E = L[u]. Allora avremo che u, f(v i ) = u, Mv i = M t u, v i = λ u, v i = 0 visto che il vettore u è ortogonale a entrambi i vettori v i. I vettori u, v, v formano una base ortonormale B di R e quello che abbiamo appena calcolato e mostrato essere zero è il primo coefficiente di Fourier delle immagini f(v i ) dei vettori v i rispetto a questa base. Quindi f(v ) = 0u + av + cv e f(v ) = 0u + bv + dv, dunque rispetto a B la matrice di f è della forma richiesta. Il suo determinante sarà ± visto che il deteminante di M è ±.

4 Ora possiamo descrivere anche tutte le trasformazioni ortogonali di R : sia M la matrice canonica dell isometria f, troviamo una base B rispetto alla quale la matrice dell isometria ha la forma del lemma precedente e distinguiamo due casi: l isometria ammette come autovalore, oppure non è un autovalore. Nel primo caso si hanno due possibilità La matrice di ordine B ha determinante (quindi det M = ). In questo caso B é una rotazione del piano ortogonale all autospazio associato ad quindi f è la rotazione di un piano (e di tutti quelli paralleli) con asse l autospazio associato a che rimane invariante. La matrice B ha determinante (quindi anche det M = ). Dunque B è la matrice di una riflessione in una retta del piano ortogonale al primo vettore di B. Dunque esiste anche un vettore di questo piano che è un autovettore con autovalore mentre il suo ortogonale avrà come autovalore. In conclusione l autospazio E() ha dimensione ed è un piano lasciato invariante da f, mentre la retta corrispondente a E( ) cambia verso dunque f è la riflessione in un piano. Se non è un autovalore, allora B non può essere una riflessione in una retta del piano, quindi si deve avere det B = e l ultimo caso è il seguente Abbiamo una rotazione con asse la retta E( ) che però non resta invariante ma viene riflessa nel piano. Il determinante di M è. Abbiamo così mostrato Teorema 6. Ogni trasformazione ortogonale dello spazio è data da una riflessione, o una rotazione o una composizione delle due. Riassumendo, una trasformazione ortogonale di R è una rotazione se ha determinante, mentre se ha determinante è o una riflessione se gli autovalori sono,,, o un antirotazione se gli autovalori sono e due numeri complessi coniugati di norma. Esempio: Consideriamo la matrice / / / M = 0 / / / / / Il determinante di M è, quindi M è la matrice di una rotazione. Risolvendo il sistema omogeneo (M I)x = 0 che ha rango troviamo che l autospazio associato a, ovvero l asse della rotazione è E() = L[u = (,, ) t ]. Il suo complemento ortogonale quindi è dato dalle soluzioni dell equazione x + y + ( )z = 0. Una di queste è il vettore v = (,, 0) t. che ha come immagine f(v) = 4

5 che si vede essere ancora un vettore ortogonale a E(). Inoltre f(v) = v = dunque la rotazione è di angolo θ dato da v, f(v) cos θ = f(v) v =. 4 Esempio: Trovare la matrice canonica dell isometria consistente della rotazione di π/ nel piano x+y+z = 0 e della riflessione nello stesso piano. L asse della rotazione è generato dal vettore unitario u = (,, ) t. Una base ortogonale del piano è data dai vettori v = (, 0, ) t, w = (/,, /) t, v w La matrice rispetto alla base u, v w e la matrice di passaggio dalla base canonica a questa base sono rispettivamente 0 0 B = 0 0 M = e abbiamo che la matrice canonica è data da MBM t, dunque è la matrice Le traslazioni Un altro tipo di trasformazioni del piano o dello spazio che lasciano invariate distanze ed angoli sono le traslazioni; algebricamente, se α è un vettore fissato, la traslazione di α è lafunzione T definita come T (v) = v + α per ogni vettore v del piano o dello spazio. Ovviamente queste non sono applicazioni lineari. Teorema 7. Ogni isometria del piano o dello spazio è la composizione di una traslazione ed una trasformazione ortogonale dim: (Cenno) L idea geometrica è che ogni isometria del piano o dello spazio è determinata dalle immagini dei tre punti (nel caso del piano) o dei quattro punti (nello spazio) che determinano un riferimento cartesiano. Una traslazione porta l origine sulla sua immagine, con una rotazione portiamo le rette degli assi a coincidere con le immagini delle rette degli assi, eventualmente con una permutazione di queste rette otteniamo lo stesso ordinamento dei vettori della base di arrivo e con una serie di riflessioni otteniamo gli stessi versi dei vettori della base. A parte la traslazione iniziale tutte queste trasformazioni sono trasformazioni ortogonali, dunque anche la loro composizione è lineare. 5

6 Cambiamenti di riferimento Un sistema di riferimento cartesiano R nel piano o nello spazio è individuato da un punto O (l origine) e una base ortonormale costituita da due o tre vettori e i che formano una base ortonormale di VO n. In questo modo abbiamo definito le coordinate di un punto P come le coordinate del vettore OP rispetto alla base del riferimento. Ora vediamo come cambiano le coordinate di P quando cambiamo il sistema di riferimento con un isometria: consideriamo quindi due sistemi di riferimento R = (O, e, e, e ) R = (O, u, u, u ), denotiamo con (x 0, y 0, z 0 ) le coordinate di O rispetto a R e con M la matrice ortogonale di passaggio dalla base del riferimento R alla base del riferimento R, dunque M è la matrice con colonne le coordinate dei vettori u i rispetto alla base formata ai vettori e i. Osservazione 8. In realtà i vettori e i e i vettori u i appartengono a due spazi vettoriali diversi, V O e V O, quindi sembrerebbe che non abbia senso parlare di matrice di passaggio M. Però i due spazi sono isomorfi mediante un isometria che non dipende dalle coordinate: quella che manda un vettore applicato in O nell unico vettore equipollente applicato in O. Allora M è la matrice di passaggio dalla base di V O formata dai vettori e i, equipollenti ai vettori e i, alla base u i. Come vedremo, negli esempi concreti questa distinzione non influisce in maniera apprezzabile. Teorema 9. Con la notazione vista, se (x, y, z) sono le coordinate di un punto P rispetto al riferimento R, le coordinate (x, y, z ) di P rispetto a R sono date da x x x 0 y = M t y y 0 () z z z 0 Nel piano vale la stessa formula con una coordinata in meno. dim: Vediamo un cenno della dimostrazione nel caso del piano. Iniziamo con il caso in cui u i = e i, ossia con il caso in cui la base di V O è formata dai vettori equipollenti ai e i e si ha una traslazione. Sia P un punto qualsiasi del piano, (x P, y P ) le sue coordinate rispetto a R. Sia P 0 6

7 l unico punto del piano tale che i vettori O P e OP 0 siano equipollenti. e ' O' e ' P O e e P 0 Abbiamo OP 0 = OP OO dunque OP 0 ha coordinate (x P x 0, y P y 0 ) rispetto a R, e si scrive OP 0 = (x P x 0 ) e + (y P y 0 ) e. Poichè i vettori e i sono equipollenti ai vettori e i e combinazioni lineari di vettori equipollenti con gli stessi coefficienti danno vettori equipollenti, avremo che OP 0 è equipollente al vettore (x P x 0 ) e + (y P y 0 ) e dunque al vettore di VO di coordinate (x P x 0, y P y 0 ) rispetto a R. Ma l unico vettore di VO equipollente a OP 0 è il vettore O P che dunque ha queste coordinate rispetto a R. Questo conclude la dimostrazione nel caso della traslazione visto che le coordinate di un punto rispetto ad un riferimento sono le coordinate del vettore applicato nell origine con vertice il punto rispetto allo stesso riferimento. Adesso fare il caso generale è semplice: abbiamo visto che le coordinate di P, ossia del vettore O P, nel riferimento (O, e, e ) sono (x P x 0, y P y 0 ), per trovare le coordinate rispetto a R basta applicare le formule per il cambiamento di coordinate negli spazi vettoriali, quindi le coordinate di O P saranno date da ( ) M xp x 0 y P y 0 ( ) = M t xp x 0 y P y 0 7

8 visto che la matrice M di passaggio dalla base ( e, e ) alla base ( u, u ) è ortogonale. Corollario 0. Invertendo le formule otteniamo x x x 0 y = M y + y 0. (4) z z z 0 Possiamo scrivere anche queste formule come moltiplicazione di un vettore per una matrice con un espediente: consideriamo una matrice quadrata a blocchi più grande, di ordine tre nel caso del piano, di ordine quattro nel caso dello spazio e vettori di R (nel piano) o di R 4 (nello spazio) in cui l ultima coordinata è. Con questa notazione le formule (4) si scrivono x y z = x 0 M y 0 z x y z (5) Esempio: All inizio di queste note abbiamo introdotto un cambiamento di riferimento e abbiamo affermato che questo consisteva nella traslazione dell origine del piano nel punto (, ) e nella rotazione di 45 gradi degli assi. La matrice M della rotazione è la matrice ( Si verifica facilmente che le formule () si scrivono in forma matriciale come ( X Y ) = M t ( x y ). Le formule inverse sono date da ( x y ) = M( X Y ) + ( ), oppure x y X = Y (6) 0 0 La matrice a blocchi nell equazione (5) è invertibile, infatti il suo determinante è uguale al determinante della matrice ortogonale M Lemma. Consideriamo la matrice a blocchi ( ) M u T = 0 t dove M è una matrice ortogonale di ordine o, u, 0 sono vettori di R o di R. Allora posto v = M t u, la sua inversa è la matrice a blocchi ( ) T M t v = 0 t 8 )

9 dim: Consideriamo il caso in cui M è una matrice di ordine e i vettori sono vettori di R, denotiamo con u i e v i le componenti dei vettori u, v, m ij le entrate di M. L elemento, del prodotto T T è m m + m m + u 0 = visto che M è ortogonale e la sua inversa è M t. Analogamente si vede che l elemento, è uguale a mentre gli elementi, e, sono entrambi nulli. È facile vedere che l ultima riga di T T è (0, 0, ), quindi bisogna calcolare gli elementi, e,. L elemento, è m v + m v + u = 0. Infatti Mv = u, avendo definito v = M t u, dunque v = (m u + m u, m u + m u ) t, e i primi due addendi della formula sopra sono proprio la prima componente del prodotto della matrice M per il vettore v. Lo stesso argomento mostra che l elemento, è nullo. In conclusione T T è la matrice identità. Possiamo quindi invertire le formule (5) scrivendo x y ) x v y z ( M = t 0 t (7) dove v è come nel lemma precedente. Esempio: Consideriamo dato un riferimento R = (O, e, e ) del piano e consideriamo il riferimento cartesiano R determinato dai punti O (/, 0), P (0, ), P (0, / ). Vogliamo determinare le coordinate nel nuovo riferimento di un punto di coordinate (a, b) nel vecchio riferimento. La base del nuovo riferimento è formata dai vettori u i = O P i, che rispetto ai vettori e i (o, più precisamente, rispetto ai loro traslati) hanno coordinate rispettivamente ( /, / ) e ( /, / ). Se M è la matrice di passaggio dalla base { e, e } alla base u, u } allora M t (/, 0) t = (/, /) t e abbiamo dunque che le nuove coordinate (A, B) sono date da A B = z a b = 0 0 Esercizio Dimostrare che date due matrici a blocchi ( ) ( ) A u B v 0 t 0 t il prodotto è la matrice a blocchi ( ) AB u + Av T = 0 t 9 b a + a+b +

10 Esempio: Possiamo invertire le formule (6): abbiamo M t ( ) = ( 0 ) dunque X Y 0 = x y 0 0 e ritroviamo il cambiamento di coordinate visto in precedenza. Esempio: Vogliamo usare questo formalismo per scrivere la formula di una riflessione in una retta del piano che non passa per l origine: consideriamo per semplicità la retta parallela all asse delle ordinate r : x = 0. Se con una traslazione spostiamo l origine nel punto (, 0), questa riflessione e un applicazione lineare con matrice (usando le matrici ) 0 0 A = Dunque se prima componiamo con la traslazione per il vettore (, 0) e dopo aver fatto la riflessione trasliamo per il vettore (, 0) otteniamo = 0 0 = R In effetti A è la matrice della riflessione nel riferimento R dove l origine è il punto di coordinate (, 0) nel riferimento R e i vettori della base sono paralleli a quelli del riferimento R. Allora moltiplicando le coordinate di un vettore rispetto al riferimento R per la matrice 0 T = otteniamo le coordinate del punto nel sistema di riferimento R utilizzando le formule (7), moltiplicando il risultato per la matrice A otteniamo le coordinate rispetto a R del punto riflesso nella retta e infine moltiplicando per T otteniamo le coordinate del punto riflesso rispetto al riferimento R utilizzando le formule (5). La matrice R rappresenta la riflessione nel senso che x x + 6 R y = y è proprio la formula della riflessione nella retta r; attenzione però questa non è un applicazione lineare (c è un termine noto nella prima componente). 0

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