LICEO PEDAGOGICO/ARTISTICO e LICEO DELLE SCIENZE SOCIALI G.PASCOLI BOLZANO Via Longon 3. Prof. Alessandra Galeazzi Anno sc.

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1 LICEO PEDAGOGICO/ARTISTICO e LICEO DELLE SCIENZE SOCIALI G.PASCOLI BOLZANO Via Longon 3 Prof. Alessandra Galeazzi Anno sc. 2004/05 DISPENSA PER LA CLASSE II DEL LICEO DELLE SCIENZE SOCIALI

2 INTRODUZIONE Negli ultimi anni si è fatta strada l idea che l apprendimento sia un fenomeno complesso, composto da varie forme. Nel XX secolo la psicologia sperimentale ha accumulato molte ricerche sull argomento,ma a lungo c è stata una frammentazione in scuole,ciascuna delle quali ha studiato una forma di apprendimento nella convinzione che fosse l unica esistente,senza rendersi conto di studiarne uno specifico aspetto e non l apprendimento in generale. In realtà l apprendimento è un complicato mosaico e ora lo sforzo della psicologia è quello di capire come le diverse tessere studiate in passato si combinino tra loro. Quando pensiamo all apprendimento e ci viene in mente per prima cosa la scuola,dobbiamo sapere che per la psicologia l apprendimento formale o ufficiale o istituzionale,come viene appunto definito quello scolastico,è solo un tipo particolare di apprendimento. Gli individui passano la loro vita ad imparare e nella maggior parte del tempo apprendono senza accorgersene,costruendo se stessi passo dopo passo, acquisendo non solo saperi e abilità,ma anche un certo modo di essere,alle volte sbagliato per sé e per gli altri. In questa unità didattica verranno prese in esame forme elementari di apprendimento,quali il condizionamento classico o pavloviano e il condizionamento operante, e forme più complesse,i cosiddetti apprendimenti cognitivi,quali l insight,l evitamento e l apprendimento sociale. 2

3 L apprendimento Il condizionamento classico...4 Le ricerche di Pavlov... 4 Il modello di base... 5 Un apprendimento adattativo... 6 L abituazione e la sensibilizzazione...7 Che cosa sono?... 7 Forme elementari di apprendimento... 8 Il condizionamento operante...10 Un limite del condizionamento classico, dell'abituazione e della sensibilizzazione. 10 La nozione di condizionamento operante Thorndike Gli esperimenti col puzzle box Skinner...13 Il modellamento II rinforzo secondario L apprendimento cognitivo...18 Si apprende senza la mente? L evitamento L apprendimento latente L insight L apprendimento sociale...24 Imparare dagli altri L imitazione La tradizione Contributi dell etologia...27 Il terreno biologico dell apprendimento Le differenti forme di apprendimento nel regno animale L imprinting La predisposizione ad apprendere Le fasi sensibili Per una concezione unitaria dell apprendimento

4 Il condizionamento classico o pavloviano Le ricerche di Pavlov La forma di apprendimento nota come condizionamento classico è legata al nome di Ivan Petrovi Pavlov ( ), fisiologo russo, che per oltre cinquant'anni lavorò a Pietroburgo, prima come assistente e poi come professore alla scuola di medicina dell'accademia Militare.Egli si dedicò alla fisiologia della digestione, in particolare al funzionamento delle ghiandole annesse all'apparato digerente. Gli interessava vedere quanto succo produce una ghiandola, ad esempio una salivare, come varia nel tempo la quantità di secreto e quali fattori sono in grado di influenzare la secrezione. Per i suoi esperimenti utilizzava dei cani e li sottoponeva a interventi chirurgici per creare delle fistole che mettevano in comunicazione il cavo orale con l esterno, allo scopo di misurare la secrezione delle ghiandole salivari. Con questo sistema, attraverso l introduzione di tubicini, poteva raccogliere la saliva dentro dei contenitori graduati. Gli interventi richiedevano grande perizia, perché è assai facile danneggiare la ghiandola, i nervi o i vasi nelle vicinanze e la bravura tecnica di Pavlov divenne famosa tra i fisiologi dell'epoca. Una volta che i cani si erano ristabiliti dall'intervento, venivano imbracati e legati a supporti dentro stanze isolate da influenze esterne indesiderate, dette torri del silenzio (fig. 2). Gli animali però restavano vigili (non erano, come in esperimenti simili, anestetizzati) e potevano condurre una vita pressoché normale. Tutto questo consentiva a Pavlov di analizzare, il funzionamento delle ghiandole digestive come non era mai stato fatto. Poteva misurare con precisione le quantità di secreto momento per momento mediante appositi strumenti di registrazione, detti chimografi. Soprattutto era in grado di vedere che cosa accadeva in vivo, in condizioni di normale attività dell organismo.per queste ricerche fu deciso di tributargli il premio Nobel. Mentre conduceva le indagini sul funzionamento delle ghiandole digestive, alcune osservazioni spinsero Pavlov a interessarsi di quelli che chiamò riflessi condizionati. Se mettiamo del cibo (carne in polvere o latte) in bocca al cane, in risposta c'è salivazione, si nota un rapido incremento della quantità di secreto che viene raccolto. Questo fatto per Pavlov non aveva assolutamente nulla di strano. Costituiva un riflesso di tipo ben noto ai fisiologi dell'epoca.ddetto arco riflesso. Pavlov chiamò queste risposte riflessi incondizionati e assoluti. Uno stimolo ben 4

5 preciso (cibo in bocca) suscitava nell'organismo una risposta altrettanto precisa (salivazione). La connessione tra stimolo e risposta era stabilita in partenza per quell'organismo ed era permanente. L'organismo si comportava secondo un programma innato e immutabile, che non dipendeva dalle influenze esterne. Pavlov notò che i cibi possono scatenare la salivazione non solo quando vengono posti in bocca, ma anche se l'animale li vede o li annusa o li sfiora col muso. Con finezza osservò che la risposta della ghiandola salivare in questi casi di stimolazione a distanza mantiene il suo carattere specifico. Un cibo secco posto in bocca, ad esempio, evoca una salivazione più fluida, che serve a diluirlo e a digerirlo meglio. Anche quando l'animale si limita a vedere un cibo secco, la saliva prodotta è più fluida. La cosa incuriosì Pavlov. Gli fece pensare che i meccanismi di base dovevano essere in parte gli stessi nei due casi. Ancor più lo incuriosì un altro fatto: i cani salivavano anche quando l'inserviente che di solito portava da mangiare si avvicinava. Bastava che ne sentissero i passi. Producevano saliva anche se poi l'inserviente quella volta non dava loro da mangiare. In sé il fenomeno era noto ai fisiologi, che lo chiamavano salivazione psichica. Si riteneva che l'animale riproducesse nell'immaginazione la condizione in cui aveva il cibo in bocca e di conseguenza salivasse in risposta a una stimolazione mentale. Il merito di Pavlov fu di capire che in questi casi la produzione di saliva non è indotta dal pensiero dell'animale, ma dallo stesso stimolo esterno, costituito dalla vista dell'inserviente o dal rumore dei suoi passi. Egli pensò che, in conseguenza dell'esperienza della situazione in cui viveva, nell'animale si creava un altro riflesso, acquisito, che andava ad aggiungersi a quello che il cane aveva per natura. Chiamò il nuovo riflesso prodotto dall'esperienza riflesso condizionato, proprio per indicare che era dettato dalla situazione e dipendeva dalla situazione, a differenza. di quello di base, che esisteva per natura ed era assoluto e incondizionato. Dal 1902 in poi Pavlov si dedicò interamente al nuovo campo di studi che aveva scoperto lavorando sulle ghiandole digestive. Il premio Nobel per gli studi sulla digestione gli fu conferito nel 1904, quando ormai da due anni era tutto preso dalle ricerche sul condizionamento. Egli era convinto che i riflessi condizionati passassero per le parti di livello più alto del sistema nervoso,perciò studiarli voleva dire chiarire quella che chiamava Attività Nervosa Superiore (ANS). Dal suo punto di vista stava esplorando un capitolo della fisiologia del sistema nervoso.invece di fatto ha finito per essere il padre di un importante capitolo della psicologia: il condizionamento classico. Il modello di base Nei suoi studi sul condizionamento Pavlov si rese conto che i fatti si svolgevano secondo un modello generale. Inizialmente il cane produce saliva solo in risposta allo stimolo che per natura 5

6 provoca salivazione (il cibo in bocca). Nel linguaggio del condizionamento il cibo in bocca è uno stimolo incondizionato (SI), la salivazione così provocata è una risposta incondizionata (RI) e l'intero processo costituisce un riflesso incondizionato. Un altro stimolo, che non sia il cibo in bocca, non dà la salivazione. Il suono di un campanello, ad esempio, produrrà altre risposte, di attenzione (il cane drizza le orecchie) e di orientazione (si volta verso la sorgente del suono). Questi altri sono stimoli neutri (SN), perché non interferiscono con il riflesso che stiamo studiando, provocando risposte di altro genere (RX), ma se il suono del campanello viene sistematicamente accoppiato al cibo in bocca, dopo un certo numero di prove, smetterà di essere neutro. Sarà in grado di provocare salivazione, anche senza il cibo. Da stimolo neutro diventerà stimolo condizionato (SC). La salivazione provocata dallo stimolo condizionato prende il nome di risposta condizionata (RC). Un apprendimento adattativo Abbiamo parlato del cane, della salivazione, del cibo in bocca e del suono del campanello. Il modello però ha un valore generale. Per gli studiosi del condizionamento classico vale qualunque sia l'animale, qualunque sia il riflesso incondizionato che si sta studiando e qualunque stimolo neutro si prenda per accoppiarlo all'incondizionato. Invece di studiare come saliva il cane in risposta al cibo, possiamo prendere in esame la retrazione dell'arto di un topo a una leggera scossa elettrica o l'ammiccamento (la chiusura delle palpebre) di un uomo quando gli si soffia aria nell'occhio. Come stimoli condizionati, al posto del campanello, possiamo adoperare il suono di un diapason, una luce, un odore, una figura e persino una parola. Grazie al condizionamento classico gli individui apprendono. Infatti le loro risposte incondizionate diventano suscettibili di essere scatenate anche da una serie di stimoli inizialmente indifferenti. L'organismo attraverso l'esperienza impara a rispondere a stimoli a cui in origine non è programmato a rispondere. 6

7 A Pavlov non sfuggì che stava studiando l'apprendimento. Capì anche che il significato del condizionamento sta nel fatto di essere funzionale all'adattamento degli organismi al loro ambiente. Il cane nasce programmato per salivare quando ha il cibo in bocca, ma nel laboratorio di Pavlov il cibo si presentava insieme ad altre cose, come i diapason, le luci. i campanelli. Salivare in risposta a questi stimoli voleva dire il più delle volte prepararsi ad un pasto che effettivamente ci sarebbe stato. In questo modo il cane si adattava a quell'habitat, si integrava nei meccanismi, nei ritmi, nelle abitudini del posto. Ovviamente il meccanismo di adattamento può funzionare, in maniera del tutto simile, anche fuori del laboratorio, negli ambienti naturali. L abituazione e la sensibilizzazione Che cosa sono? Un esempio: Pietro, un giovane cavaliere, esce in passeggiata con Midì la sua cavalla, brava ma vivace. Giunto in prossimità di un gruppo di oche, si accorge che Midì ha molta paura di quegli innocui pennuti. Pietro decide di educarla alla vista delle oche. Porta vicino ripetutamente la cavalla, con pazienza, accarezzandola ogni volta che supera la paura. Le reazioni della bestia sono via via meno marcate, fino a che cammina in mezzo alle oche senza difficoltà. Però a questo punto compare improvvisamente un grosso trattore cigolante e Midì fa un grande balzo. Pietro ha sfruttato l abituazione per educare la cavalla a non reagire vedendo le oche, ma si è anche trovato a fare i conti con il fenomeno della sensibilizzazione. Abituazione e sensibilizzazione sono cambiamenti nella reattività dell'organismo agli stimoli. Possiamo definire l'abituazione come la progressiva riduzione della risposta al ripetersi dello stimolo che normalmente la scatena. Definire la sensibilizzazione è un po più complicato. Quando l'organismo si abitua ad uno stimolo che si ripete,diviene anche più reattivo verso stimoli particolarmente intensi, di qualunque tipo siano. In un certo senso per abituarsi reprime la propria reattività, ma conserva uno stato di allerta che alla prima occasione si manifesta. La sensibilizzazione è l'aumento di reattività generica prodotto dall'abituazione a determinati stimoli. La sensibilizzazione non consiste semplicemente nell annullamento dell'abituazione. La risposta che dà l'organismo sensibilizzato è superiore a quella che dava inizialmente, prima di abituarsi. Midì prima mostrava solo paura, dopo invece sobbalza. Inoltre questa risposta può essere scatenata da qualsiasi stimolo, non solo da quello che ripetendosi ha prodotto l'abituazione. L'importante è che si tratti di uno stimolo abbastanza forte. C'è un altro fatto che dimostra che la sensibilizzazione non consiste nell'annullamento dell'abituazione. Le risposte di sensibilizzazione non vanno a cancellare l'abituazione. Passato il trattore, Midì si avvicinerà alle oche, senza bisogno 7

8 di ricominciare da capo la paziente opera di addestramento. Quel che ha imparato con l'abituazione è ancora lì. L'abituazione e la sensibilizzazione si possono riprodurre facilmente in laboratorio. La stimolazione di un punto sull'addome in un uomo rilassato (sdraiato, con gli occhi chiusi e i tappi nelle orecchie) provoca una contrazione dei muscoli addominali, detta riflesso addomino-cutaneo. Ripetendo la stimolazione, la risposta sarà sempre più modesta, segno che si verifica abituazione. Una leggera scossa elettrica però causerà una potente risposta muscolare: è la sensibilizzazione conseguente all'abituazione. Un ratto in una gabbia, esposto ad un suono improvviso e forte, fa uno scatto. Se il suono si ripete, gradatamente il ratto riduce il trasalimento. Tuttavia un lampo di luce intensa, un flash, lo farà trasalire di nuovo, molto più di prima. Forme elementari di apprendimento L'apprendimento del condizionamento classico è piuttosto semplice, ma quello che si verifica nell'abituazione e nella sensibilizzazione si direbbe ancora più semplice. Lì, nel condizionamento classico, anche se il comportamento restava sempre lo stesso, gli stimoli cambiavano: il campanello, la luce, il diapason prendevano il posto del cibo. Nell'abituazione invece agisce sempre lo stesso stimolo. Nella sensibilizzazione, anche se possono intervenire stimoli diversi, lo fanno in maniera indiscriminata, in quanto intensi, non per ciò che hanno di caratteristico. Abituazione e sensibilizzazione sono processi talmente elementari che in passato alcuni hanno messo in dubbio che si trattasse di veri e propri apprendimenti. L'abituazione, ad esempio, si potrebbe spiegare come adattamento dei recettori sensoriali. Se entriamo in una stanza dove c'è cattivo odore, dopo un po lo sentiremo meno. I nostri recettori dell'olfatto si sono adattati: dopo un po che sono esposti all'odore, ci vorrebbe un odore più intenso per stimolarli. L'abituazione si potrebbe spiegare anche come affaticamento muscolare. Se continuiamo a stimolare elettricamente un muscolo, pur essendo la stimolazione uguale, a un certo punto l'effetto sarà minore: il muscolo risponderà meno perché si è stancato. Se pensiamo all'esempio del riflesso cutaneo-addominale, può darsi che a forza di stimolare la pelle, questa non sia più sensibile (è l'ipotesi dell'adattamento) o che a forza di contrarsi i muscoli addominali non ce la facciano più (ipotesi dell'affaticamento). Oggi sappiamo con certezza che sia l'abituazione, sia la sensibilizzazione sono fenomeni centrali, processi che si svolgono al centro del sistema nervoso, non in periferia. Perciò si tratta di veri e propri apprendimenti, anche se elementari. Abbiamo molte prove che l'abituazione è un vero e proprio apprendimento e che l'ipotesi dell adattamento e dell'affaticamento sono errate. Uno degli argomenti più convincenti è che l'abituazione è specifica. E un processo che vale solo per lo stimolo che e stato ripetuto non per altri. Se dipendesse da una minore capacita dei recettori o dei muscoli,registreremmo un calo di 8

9 risposta generalizzato (anche adoperando stimoli leggermente diversi da quello originario, l'organismo dovrebbe reagire meno).disponiamo di prove che anche la sensibilizzazione non è legata a cambiamenti periferici dell organismo, ma centrali. Entrambi i fenomeni sono veri e propri apprendimenti, seppure elementari. Abituazione, sensibilizzazione e condizionamento classico sono le forme più semplici di apprendimento. Tant è vero che le ritroviamo anche in animali con un sistema nervoso poco evoluto. Col condizionamento operante passiamo già a una forma di apprendimento più complessa. COME SVEGLIARE IL GATTO Sharpless e Jasper, due ricercatori, negli anni '50, fecero un esperimento con gatti. Non appena il gatto si addormentava; lo svegliavano con un suono. Il gatto si riaddormentava.e i ricercatori lo svegliavano di nuovo con lo stesso suono; Dopo un po' il gatto riusciva a dormire tranquillo anche se i suoni continuavano: si era abituato. A questo punto un suono di tonalità diversa lo svegliava. Evidentemente l'abituazione era specifica, riguardava solo quel preciso suono di quella data tonalità. 9

10 Il condizionamento operante Un limite del condizionamento classico, dell'abituazione e della sensibilizzazione Negli esperimenti di Pavlov il cane apprende a salivare in risposta a stimoli nuovi. Grazie al condizionamento classico, un organismo riesce ad estendere il numero di stimoli in risposta ai quali attua un dato comportamento. Con l'abituazione e la sensibilizzazione un organismo regola l'entità della risposta a determinati stimoli esterni, la riduce nel primo caso e la amplifica nel secondo. Condizionamento classico, abituazione e sensibilizzazione presentano un limite : con essi il repertorio di comportamenti dell'organismo non viene modificato. In queste forme di apprendimento abbiamo a che fare per tutto il tempo con un comportamento che l organismo possiede in partenza e conserva intatto. L'apprendimento interferisce soltanto col rapporto tra quel comportamento e gli stimoli che lo provocano. Tuttavia molti organismi nel corso della vita sicuramente cambiano il loro repertorio comportamentale. In base all'esperienza finiscono per preferire certi comportamenti ad altri e acquisiscono anche comportamenti che non avevano in precedenza e che sono del tutto nuovi. Evidentemente c'è un lato dell'apprendimento che non riusciamo a studiare finché ragioniamo in termini di condizionamento classico, abituazione e sensibilizzazione. Il condizionamento operante consente di analizzare questo lato dell'apprendimento e di spiegare come l esperienza possa cambiare i repertori comportamentali degli individui. La nozione di condizionamento operante Nel condizionamento operante i soggetti sperimentali sono più liberi che nel condizionamento classico, possono esibire una varietà di comportamenti. Lo sperimentatore predispone le cose in modo tale che alcuni comportamenti sortiscano effetti positivi, piacevoli, ed altri effetti negativi, indesiderati. Com'è prevedibile, in linea di massima i soggetti imparano a dare le risposte corrette, cioè quelle che comportano effetti positivi. Nel condizionamento classico il soggetto non può in alcun modo influire sui rinforzi, cioè sulle conseguenze piacevoli e spiacevoli delle loro azioni. I cani di Pavlov possono imparare a salivare quando il rinforzo sta per arrivare, ma non possono far nulla per provocare la somministrazione di cibo. Nel condizionamento operante invece l'animale ha un certo controllo sulla somministrazione dei rinforzi. Se si comporta in modo adeguato, il rinforzo arriva, altrimenti no. In questo tipo di condizionamento i soggetti operano nella situazione influenzando la somministrazione di rinforzi. Per questo si parla di condizionamento operante. A volte si parla anche di condizionamento strumentale, perché i soggetti sperimentali tengono comportamenti strumentali, cioè finalizzati a certi risultati. Tuttavia alcuni ricercatori che hanno 10

11 lavorato al condizionamento operante (ad esempio Skinner) preferiscono evitare questa denominazione. Dicono che ha il difetto di suggerire che nella mente del soggetto sperimentale ci siano propositi, intenzioni di raggiungere determinati fini o obbiettivi. Invece per il condizionamento operante non è importante ciò che passa per la mente dei soggetti, ma ciò che di fatto accade. Thorndike Nel 1898 Edward Lee Thorndike ( ) pubblicò un lavoro dal titolo Intelligenza animale: uno studio sperimentale dei processi associativi negli animali. Il testo riproduceva la sua tesi di dottorato, discussa nello stesso anno alla Columbia University. Aveva condotto le indagini sperimentali da studente, prima all'università di Harvard e poi alla Columbia. Pavlov cominciò le sue ricerche sul condizionamento nel 1902, quando Thorndike aveva già pubblicato le sue. La storia del condizionamento operante inizia qualche anno prima di quella del condizionamento classico. Pavlov conosceva il lavoro di Thorndike e lo stimava. Però con ogni probabilità questo fatto ha influito poco sulle sue indagini. Anche se a noi oggi le ricerche di Pavlov e di Thorndike sembrano assai vicine (vanno a studiare due diverse forme elementari di apprendimento che si somigliano), in effetti i due autori si muovevano in campi diversi. Condividevano l'attaccamento ai metodi obiettivi e sperimentali, ma non si interessavano degli stessi problemi. L obiettivo di Pavlov era analizzare l'attività nervosa superiore, esplorare un affascinante capitolo della neurofisiologia. Thorndike si sentiva invece psicologo e voleva capire il funzionamento della mente. Come molti del suo tempo, Thorndike aveva recepito l'insegnamento di Darwin ( L'origine della specie, l'opera fondamentale dell'evoluzionismo darwiniano, era stata pubblicata circa trent anni prima). Di conseguenza riteneva che tra gli animali e l'uomo dovesse esserci una continuità di sviluppo. Era convinto che l intelligenza umana fosse un'evoluzione di quella animale. Capendo bene come funziona la mente degli animali, doveva essere possibile far chiarezza anche su quella umana. Si sentiva attratto in modo particolare dal problema delle origini dell'intelligenza umana: come è accaduto che a un dato momento dell'evoluzione dalle più rozze intelligenze animali sia venuta fuori l'intelligenza degli uomini? Per queste ragioni il giovane Thorndike studiava la psicologia degli animali. Si rendeva conto che in questo campo fino a quel momento non si era lavorato in maniera scientifica. Ci si basava su osservazioni sporadiche e casuali. Per lo più ci si faceva portare fuori strada da problemi sbagliati. Ad esempio ci si chiedeva se gli animali sono intelligenti o meno e ci si affannava a dimostrare una tesi o l'altra. Invece per lo psicologo sarebbe stato molto più interessante stabilire come di fatto 11

12 funziona la mente degli animali. Thorndike cercò di risolvere i problemi della nascente psicologia animale ancora poco scientifica, portando avanti "esperimenti rigorosi e accuratamente progettati". Gli esperimenti coi puzzle box Thorndike rinchiudeva gli animali dei suoi esperimenti (pulcini, cani e gatti) dentro gabbie. Gli animali cercavano di uscire, anche perché Thorndike provvedeva a dame loro motivo. I cani e i gatti erano lasciati senza mangiare prima dell'esperimento e fuori della gabbia veniva posto del cibo in bella vista.. Con i pulcini non poteva adoperare la molla della fame, perché sono fragili e resistono poco al digiuno. Perciò sfruttava la loro avversione alla solitudine: se fuori c'erano altri pulcini, quello in gabbia tentava di raggiungere i compagni. Le gabbie adoperate da Thorndike non erano gabbie qualsiasi. Possedevano particolari congegni di apertura, meccanismi per aprire che l'animale dall'interno poteva far scattare, se solo indovinava l'azione da compiere (ruotare una barretta, tirare una corda, premere in un punto del soffitto, ecc.). Per questo le gabbie di Thorndike si chiamano puzzle box (gabbie rompicapo). Thorndike ne costruì parecchie, con differenti congegni di apertura. Delle gabbie adoperate per i gatti, ad esempio, alcune si aprivano tirando un anello di metallo all'estremità di una corda penzolante all'interno della gabbia, altre afferrando una corda a portata di zampa appena fuori della gabbia. In altri casi bisognava ruotare una sbarretta che faceva da catenaccio dal lato interno della porta. In altri ancora il gatto doveva far pressione su una rete metallica posta in un punto del soffitto sul quale passava una corda, che, messa in trazione, agiva sul chiavistello consentendo alla porta di aprirsi Che cosa facevano i gatti una volta dentro? Inizialmente si mostravano nervosi. Sfoderavano una serie di comportamenti apparentemente senza un preciso criterio: mordevano, graffiavano, infilavano le zampe nelle aperture, cercavano di aggrapparsi qua e là. Prima o poi capitava che facessero la mossa giusta per aprire la porta: per caso tiravano l'anello o ruotavano la sbarretta o spingevano la rete. Thorndike non si limitò ad osservare questi comportamenti. Fece qualcosa di molto importante:condusse osservazioni sistematiche su come l abilità di fuga dalle gabbie fosse influenzata dall'esperienza. L'animale veniva messo ripetutamente nella stessa gabbia. Ogni volta T. misurava il tempo che gli occorreva per uscire. In questo modo costruì curve di apprendimento per ogni soggetto sperimentale e per ogni box. Com è naturale aspettarsi,col ripetersi delle prove,gli animali impiegavano meno tempo ad aprire la porta. Diventavano più abili,apprendevano 12

13 a fuggire dal puzzle box. Ma T. scoprì un dato assai significativo,che il buon senso da solo non avrebbe potuto prevedere. Il tempo impiegato per uscire, col ripetersi delle prove, non cadeva bruscamente, non diminuiva tutto in una volta. Si riduceva gradatamente nelle prime prove, dopo di che si assestava su valori pressoché costanti. La curva di apprendimento tendeva ad avere un andamento decrescente fino ad un plateau. Se l'animale improvvisamente avesse afferrato come fare per uscire, se avesse intuito d'un colpo qual era la soluzione del rompicapo, il tempo avrebbe dovuto scendere ai valori bassi tutto a un tratto. Invece non era così. Calava progressivamente. Come spiegare questo fenomeno? Thorndike pensò che l'animale, messo nel puzzle box, sfoderasse i comportamenti di una riserva, un repertorio che ha già. All'inizio questi diversi comportamenti hanno la stessa probabilità di essere attuati. Col tempo quelli che ottengono successo vengono impressi, fissati più saldamente, nel linguaggio di Thorndike subiscono uno stamping in. Perciò è più probabile che vengano realizzati. Gli altri al contrario si fanno labili, vanno incontro allo stamping out, ed è sempre meno probabile che l'animale li esibisca. Così da un repertorio iniziale l'esperienza del puzzle box seleziona determinati comportamenti. L'animale non impara a causa di un'improvvisa comprensione della situazione, ma procede per tentativi ed errori. Di Thorndike è famosa la cosiddetta legge dell effetto.noi pensiamo che l esperienza selezioni i comportamenti più razionali, quelli che hanno maggiori possibilità di successo,ma la legge di Thorndike dice che conta solo il successo effettivo.se la porta del puzzle box si fosse aperta, ad opera di uno sperimentatore,ogni volta che il gatto si fosse leccato una zampa,l animale avrebbe imparato a leccarsi la zampa ogni volta che fosse stato messo là dentro. LA LEGGE DELL EFFETTO UN ATTO CHE HA CONSEGUENZE SODDISFACENTI ACQUISTA MAGGIORI PROBABILITA DI ESSERE RIPETUTO,MENTRE UNO CHE DA EFFETTI INSODDISFACENTI HA MINORI PROBABILITA DI RIPETERSI. Skinner Forse lo psicologo americano più famoso, noto anche al di fuori degli ambienti specialistici, è Frederick Skinner ( ). Sebbene abbia contribuito molto allo studio dell'apprendimento, il suo interesse principale è stato fondare una scienza del comportamento (comportamentismo), che chiarisse le leggi generali dei comportamenti degli esseri viventi, sia degli animali, sia degli uomini. Dal suo punto di vista conoscere queste regole significava capire tutto ciò che c'era da capire in psicologia, in sociologia e nelle altre scienze psicologiche e sociali. Nel panorama del compor- 13

14 tamentismo americano è stato l'esponente di spicco della corrente più decisa a eliminare ogni contenuto mentale, detta comportamentismo metodologico o skinneriano. Nei circa sessant'anni della sua attività scientifica non si è limitato a condurre accurate ricerche di laboratorio sul condizionamento operante, cui ha dato un contributo fondamentale. È andato molto al di là. Si è occupato di problemi pratici, sviluppando applicazioni concrete degli studi sul comportamento, ha preso posizioni assai nette sugli obiettivi e i metodi della ricerca psicologica, è entrato in questioni di carattere generale come la natura del linguaggio e l'organizzazione della società, affrontando anche problemi etici. I soggetti sperimentali di Skinner erano ratti e piccioni. Anch'egli adoperava gabbie note come Skinner box. A differenza dei puzzle box di Thomdike, gli Skinner box non contenevano rompicapi da risolvere, ma sistemi programmati di rinforzo. Se l'animale compiva una determinata azione, riceveva un rinforzo. I ratti dovevano tirare (col muso o con le zampe) una leva, i piccioni pigiare (per lo più usavano il becco) un tasto. I rinforzi potevano essere di due tipi. In alcuni esperimenti non appena l animale eseguiva l'azione corretta, otteneva del cibo: un alimentatore automatico faceva arrivare una pallottolina di cibo al ratto, mentre i piccioni per un breve tempo potevano servirsi da una vaschetta di grano. In un altro genere di prove fare l'azione giusta aveva un effetto diverso: cessava un forte rumore o un eccessivo freddo o la gabbia smetteva di dare una scossa elettrica. Nel primo caso si parla di rinforzo positivo, nel secondo di rinforzo negativo. È facile che le espressioni "rinforzo positivo" e "rinforzo negativo" ci sembrino inappropriate. Colleghiamo il termine positivo al fatto che viene elargito un premio e negativo ci sta bene, in quanto l'animale è esposto a una situazione sgradevole. Però non è questo il pensiero di Skinner. Per lui positivo e negativo non hanno a che fare con piacevole e spiacevole, ma indicano qualcosa di più semplice e obiettivo. Quando l'animale riceve il cibo, il comportamento corretto viene rafforzato da uno stimolo che compare, negli altri casi da uno stimolo che scompare. Per Skinner il rinforzo è positivo se dipende da uno stimolo presente, mentre è negativo se dovuto a uno stimolo assente. LA LEGGE DELL ACQUISIZIONE Per Skinner la legge dell'effetto di Thorndike non è esatta. Coerente col proposito di attenersi ai fatti osservabili ed evitare il riferimento a contenuti mentali, Skinner giudica sbagliato parlare di effetti soddisfacenti e insoddisfacenti dei comportamenti: ci sono soltanto comportamenti che vengono rinsaldati da certi stimoli ed altri che non subiscono il rinforzo. Piacere e dispiacere sono concetti soggettivi, che non hanno posto nel suo sistema. Perciò al posto della legge dell'effetto ne enuncia un'altra, nota come legge dell'acquisizione: la forza di un comportamento operante aumenta tutte le volte che il comportamento eseguito dalla presentazione o dalla scomparsa di uno stimolo rafforzante. I dispositivi sperimentali adoperati da Skinner, gli Skinner box, hanno una caratteristica assai importante: contano i comportamenti corretti, ne rilevano la frequenza (il numero nell'unità di tempo) e prendono nota dei dati. Alla gabbia è collegato un congegno, detto registratore 14

15 cumulativo di risposte, che emette una striscia di carta con un tracciato. Lungo l'asse delle ascisse figura il tempo trascorso dall inizio della prova, mentre in ordinate il numero di comportamenti corretti che l'animale ha accumulato fino a quel momento. Negli intervalli in cui il tracciato è piatto, l'animale non sta dando alcuna risposta corretta. L'altezza del tracciato in quei punti è dovuta soltanto a risposte accumulate in precedenza. Quando l'animale aggiunge nuove risposte corrette, la curva sale. Più ripida è la curva, maggiore è il ritmo a cui vengono date risposte esatte. Con le sue ricerche Skinner ha precisato alcuni aspetti importanti del condizionamento operante come l'effetto ottenuto con differenti schemi di rinforzo, il modellamento, il rinforzo secondario, il ruolo della punizione. Programmi di rinforzo Non è detto che l'animale debba ricevere il rinforzo tutte le volte che esegue l'azione corretta. Possiamo programmare lo Skinner box in modo che somministri rinforzi saltuariamente, a volte sì e a volte no. Se il comportamento corretto viene rinforzato sempre, si parla di rinforzo continuo o costante, altrimenti di rinforzo intermittente o parziale. E più efficace il rinforzo continuo o quello intermittente? Quale funziona meglio per condizionare i soggetti sperimentali? Tutto dipende da che cosa intendiamo per efficace, da come valutiamo la riuscita del condizionamento. Col rinforzo continuo gli animali apprendono più in fretta a dare la risposta corretta e, finché dura il rinforzo, la emettono più frequentemente. Però il rinforzo parziale è più efficace per un altro verso: il comportamento appreso tende a sopravvivere di più, è più difficile eliminarlo. Col rinforzo costante abbiamo un apprendimento più rapido e marcato, mentre col rinforzo intermittente otteniamo un apprendimento più duraturo e tenace. Nel condizionamento operante, come in quello classico, esiste il fenomeno dell estinzione. Se il comportamento corretto non è più rinforzato, l'animale lo esegue sempre meno frequentemente, finché praticamente smette, (può capitare ancora che la leva venga tirata o il tasto premuto, ma sporadicamente). Se un 15

16 comportamento è stato appreso attraverso il condizionamento parziale, di regola è più difficile estinguerlo. Ci vorranno più prove in cui al comportamento corretto non viene fatto seguire il rinforzo. Adottando speciali programmi di rinforzo parziale, possiamo arrivare a produrre comportamenti resistentissimi: un piccione condizionato da Skinner era capace di ostinarsi a beccare il tasto fino a diecimila volte senza che il comportamento fosse più rinforzato Mentre nel rinforzo continuo lo sperimentatore non ha scelta (deve provvedere alla somministrazione del rinforzo tutte le volte che c'è un comportamento corretto), nel rinforzo parziale può ideare programmi diversi. Ferster e Skinner hanno sperimentato una varietà di programmi. Il resoconto delle loro ricerche è contenuto in un testo intitolato Programmi di rafforzamento, pubblicato nel SE IL GATTO SMETTESSE DI INSEGUIRE I TOPI Può sorprendere che i comportamenti rinforzati di tanto in tanto siano più resistenti di quelli rinforzati sempre. Proviamo a chiederci: il fatto che un rinforzo intermittente produca un apprendimento più resistente potrebbe servire a qualcosa? Può avere un utilità, un significato funzionale? Il gatto Silvestro non riesce mai ad acchiappare Titti. In compenso va incontro a un mare di disavventure. Ciò nonostante si ostina a tentare di catturare l'uccellino. È strano il gatto Silvestro? Certo è particolarmente sfortunato, ma ostinarsi così è normale per un gatto. I gatti persistono nei comportamenti predatori, anche se non sempre raggiungono le loro prede. Sarebbe un bel guaio se smettessero per il solo fatto che non sono stati rinforzati dal successo della caccia. Nella vita reale di regola non si hanno rinforzi continui, ma solo parziali. Se non ci fosse la speciale resistenza dell'apprendimento da condizionamento parziale, gli esseri viventi perderebbero molti comportamenti importanti per la loro stessa sopravvivenza. Li abbandonerebbero dopo un po' che i rinforzi tardano ad arrivare. La particolare efficacia del condizionamento parziale si giustifica perché ha un valore evolutivo: serve all'adattamento dell'individuo dell ambiente. Il modellamento Come nascono i comportamenti nuovi? Adoperando il condizionamento operante riusciamo solo a selezionare certi comportamenti in un repertorio che l individuo possiede già o possiamo fare in modo che un individuo esibisca comportamenti mai attuati prima? Secondo Skinner l intera gamma di comportamenti che un individuo sfodera nel corso della sua esperienza può essere spiegata col condizionamento operante. Questo è in grado di fare emergere anche comportamenti che un organismo in precedenza non aveva. Skinner sostiene che non esistono comportamenti del tutto nuovi. I comportamenti che definiamo nuovi sono il risultato di una trasformazione graduale dei precedenti. Se un cane, che abbiamo sempre visto aggirarsi in giardino annusando il terreno, abbaiare agli estranei e rincorrere le galline, un bel giorno, a una voce del padrone, si alza su due zampe e resta in equilibrio, può sembrarci che abbia acquisito un comportamento del tutto nuovo. Fa qualcosa di complesso che prima non faceva. Ma che cosa c'è di mezzo tra il prima e il dopo? II padrone lo ha ammaestrato. Pian piano, partendo dai comportamenti che il cane aveva già, è riuscito a ottenere quella esibizione di bravura. Ha proceduto per approssimazioni successive, 16

17 rinforzando i comportamenti che andavano nella direzione di quello da raggiungere e non rinforzando gli altri. Ad esempio, se per prendere il cibo tenuto in alto il cane saltava, non riceveva nulla, mentre se stava fermo su due zampe otteneva il cibo. Il padrone del cane ha fatto un lavoro di condizionamento orientato, incanalato in modo tale che si arrivasse al comportamento desiderato. Il processo attraverso il quale, col condizionamento, per approssimazioni successive, si fa emergere un comportamento nuovo, prende il nome di modellamento. II rinforzo secondario Il suono di un campanello o una luce che si accende non funzionano da rinforzo positivo allo stesso modo del cibo. Il ratto nello Skinner box non impara a premere la leva se, quando lo fa, somministriamo questi stimoli. Però è possibile trasformare stimoli neutri, come il suono del campanello e la luce, in rinforzi positivi. Per un certo numero di prove accoppiamo il suono del campanello alla somministrazione di cibo. Successivamente il ratto viene messo nello Skinner box. A questo punto per l animale il suono del campanello funziona da rinforzo positivo: è diventato un rinforzo positivo secondario. Con procedure analoghe si possono costruire anche rinforzi negativi secondari. Come è naturale aspettarsi, i rinforzi secondari durano solo per qualche tempo.se non vengono rivitalizzati, rinnovando la procedura con cui sono stati costruiti, la loro efficacia si esaurisce. Per produrre rinforzi secondari più duraturi è preferibile accoppiare stimolo neutro e stimolo primario in maniera saltuaria, anziché continua. Questo fatto è in accordo con la regola che il rinforzo parziale produce un apprendimento più duro da estinguere. 17

18 L apprendimento cognitivo Si apprende senza la mente? Nel condizionamento classico e operante l apprendimento avviene in modo meccanico e automatico. Lo stesso accade nell abituazione e nella sensibilizzazione. L'esperienza modifica e plasma il comportamento dell organismo secondo regole stabilite. In conseguenza di una particolare esposizione a stimoli ambientali,alcune risposte riflesse compaiono in contesti nuovi o calano di intensità o si amplificano, oppure vengono selezionati determinati comportamenti a discapito di altri. L esperienza agisce direttamente sul comportamento. Non va a modificare la mente del soggetto e questa a sua volta cambia il modo di agire, ma influisce direttamente sulle azioni. Il soggetto è passivo. Può darsi da fare, agitarsi, pensare quel che vuole. Tuttavia non riesce in alcun modo a pilotare con la sua mente il processo di apprendimento. Questo si svolge comunque secondo le sue regole. Il soggetto conta poco o nulla. Non è che un pezzo dell'ingranaggio. Le forme di apprendimento studiate fin qui possono lasciare perplessi. Comunemente si pensa che imparare vuol dire acquisire conoscenze e fame uso quando serve. Si è anche convinti che il soggetto conti, che abbia una parte attiva nel processo di apprendimento. Uno più capace di impadronirsi del sapere e più abile a sfruttarlo avrà un rendimento totalmente diverso da uno meno dotato in tal senso. Per il senso comune apprendere vuoi dire arricchire le proprie conoscenze in base all'esperienza e il soggetto è il protagonista dell'apprendimento. È sbagliata l'idea del senso comune? È solo un cumulo di impressioni che alla luce della scienza si dimostrano false? Gli psicologi ritengono che in determinati processi di apprendimento in effetti vengono acquisiti contenuti mentali e il soggetto ha una parte attiva. Hanno studiato e descritto attentamente questi apprendimenti, sia nell'uomo, sia negli animali. Tuttavia questa maniera di imparare è solo una di quelle possibili. Costituisce una forma di apprendimento che va ad affiancarsi alle altre: l'apprendimento cognitivo. Il senso comune sbaglia, perché tende a considerare l'apprendimento cognitivo, l'unico esistente. Non si ha chiaro che gli esseri viventi, specie quelli più evoluti, hanno a disposizione una gamma di forme diverse di apprendimento tra le quali l'apprendimento cognitivo. Resta particolarmente difficile rendersi conto degli apprendimenti per condizionamento. Per il senso comune è strano che si apprenda automaticamente, con meccanismi che non si controllano coscientemente, senza neppure la consapevolezza. Ancor più difficile da accettare è che queste forme automatiche di apprendimento abbiano una parte non meno importante delle altre. Ci sono due tipi fondamentali di apprendimento cognitivo: 1. L'assunzione di contenuti mentali. L'esperienza non va a modificare direttamente il comportamento, ma ha l'effetto di far assumere al soggetto un'informazione o un complesso 18

19 di informazioni, un contenuto mentale, una conoscenza. Dall'esterno questo fatto non si vede. Tuttavia ci se ne rende conto dalle modifiche che il comportamento subisce in seguito all acquisizione del contenuto mentale. Sul momento il comportamento può rimanere invariato. Un soggetto può impadronirsi di una conoscenza e fame uso solo a distanza di tempo. Si conoscono tre situazioni, ben documentate e studiate sperimentalmente, in cui si verifica assunzione di contenuti mentali,sono : l evitamento, l apprendimento latente e l apprendimento ad apprendere. 2. L'insight (intuito). In questo caso il soggetto elabora attivamente conoscenze che già possiede fino a costruirne di nuove. L'esperienza passata è importante, perché fornisce la base di conoscenze su cui lavorare. L'esperienza attuale fa da stimolo per l'elaborazione. Si tratta di una situazione di difficoltà, di un problema da risolvere che, richiede inventiva. Il soggetto lavorando su ciò che sa produce la conoscenza nuova che serve. L evitamento L'apprendimento da evitamento si può mettere in evidenza con un apparato sperimentale, noto come gabbia di Miller-Mowrer. All'animale introdotto nella gabbia viene presentato prima un segnale (uno stimolo neutrale: un suono musicale, un ronzio, una luce) e successivamente si applica uno shock elettrico attraverso il pavimento della gabbia. Se l'animale, dopo aver avvertito il segnale, compie una determinata azione, può evitare la scossa. L'evitamento è facile da spiegare come apprendimento cognitivo. Basta ammettere che l animale prevede lo shock e intelligentemente si regola di conseguenza per evitarlo. Prevedere lo shock significa che in base all'esperienza che fa nella gabbia acquista un contenuto mentale, che, tradotto a parole, è più o meno questo: al segnale segue lo shock, se faccio così lo evito. È difficile invece interpretare l'evitamento come un caso particolare di condizionamento, come frutto cioè di un apprendimento non cognitivo, ma meccanico. Ci sono stati vari tentativi di ricondurre l'evitamento ad un processo meccanico. Questa forma di apprendimento è stata scoperta da psicologi di matrice comportamentista, interessati a sostenere che non entravano in causa elaborazioni e contenuti mentali. Perciò hanno cercato di trovare spiegazioni plausibili basate su automatismi di condizionamento. Del resto quando un fenomeno si può spiegare con meccanismi più elementari, è buona regola non ricorrere a teorie che implicano concetti più complessi. Oggi è chiaro che, salvo in alcuni casi particolari, l'evitamento si basa su un apprendimento cognitivo. L'animale acquisisce conoscenze sulla situazione che gli consentono di pilotare le sue esperienze future in quel posto. 19

20 L apprendimento latente Un soggetto non appena impara qualcosa può darcene prova manifestando immediatamente un comportamento che testimonia il suo apprendimento. Negli esperimenti di condizionamento le cose vanno così. Il cane che ha imparato a salivare saliva, il gatto che ha imparato a uscire dalla gabbia esce, il ratto che ha imparato a tirare la leva la tira. Si dice che in questi casi apprendimento e prestazione coincidono. Ci sono situazioni in cui si verifica l'apprendimento, ma la prestazione arriva solo più tardi. Il soggetto impara qualcosa, ma sul momento non fa nulla che ne dia prova. Può accadere perché è impedito, impossibilitato ad agire, perché non è motivato, non ha ragione di agire o perché volontariamente aspetta a mettere in pratica ciò che ha imparato e rinvia a un momento più opportuno. Situazioni del genere si possono produrre sperimentalmente in laboratorio. In questi casi si parla di apprendimento latente, perché ciò che il soggetto ha imparato per un certo tempo resta nascosto. L'apprendimento latente è evidentemente di tipo cognitivo. Quando il soggetto fa l esperienza che ne stimola l'apprendimento, qualcosa in lui cambia. Però non si tratta del comportamento, visto che la prestazione verrà fuori dopo. Tutto fa credere che il cambiamento riguardi lo stato interiore del soggetto, la sua mente. Sembra proprio che dall'esperienza ricavi un contenuto mentale, che incamera e memorizza per utilizzarlo a tempo debito. L apprendimento latente è stato messo in evidenza e studiato impiegando come apparati sperimentali, anziché legabbie,i labirinti. I labirinti, assieme alle gabbie, per lungo tempo sono stati gli strumenti principali per lo studio della psicologia animale. Mettendo gli animali nei labirinti inizialmente ci si chiedeva in base a quali indicatori sensoriali gli animali si orientassero. In seguito il problema principale divenne quello di stabilire se gli animali ogni volta che devono scegliere un percorso, decidono avendo in mente una via, oppure rispondono di volta in volta a stimoli presenti in quel posto. Allo stato attuale sembra che il comportamento degli animali nel labirinto dipenda in parte da un orientazione intelligente,in parte da un susseguirsi di risposte condizionate. L apprendimento ad apprendere H. Harlow ( ),assieme alla moglie Margaret, era interessato a confrontare l'intelligenza di differenti specie, in particolare a paragonare l'uomo agli animali. Adoperò come test esperimenti in cui veniva valutata la capacità di imparare qualcosa. Il suo articolo La formazione dei learning set è del L'animale, una scimmia, deve scegliere tra due oggetti. Se prende quello giusto, riceve un premio (del cibo), altrimenti non ha nulla. Dopo alcune prove, la scimmia padroneggia la situazione e non sbaglia più. A questo punto si cambia coppia di oggetti e la scimmia deve imparare di nuovo qual è 20

21 quello buono. Andando avanti, le scimmie diventano sempre più brave. Dopo cento o più batterie di prove, sono maestre. Vederle all'opera è impressionante: fanno un tentativo di prova, in cui possono sbagliare o indovinare, e poi proseguono a colpo sicuro. La scimmia ha imparato qualcosa che rende più facile risolvere il problema. Banalmente diciamo che ha capito le regole del gioco. Più esattamente questo significa che si è impossessata dei principi utili per imparare a fare la discriminazione che le interessa, ha acquisito lo strumentario concettuale per quell apprendimento: il learning set. L insight L'espressione apprendimento per insight (intuito) indica un processo in cui compare un improvviso atto intelligente a sbloccare la situazione. Il soggetto, alle prese con una difficoltà, stenta a trovare la strada per uscirne. A un dato momento capisce la soluzione e tutto in una volta, la attua. Lo studio sperimentale dell'insight è legato al lavoro di Wolfgang Köhler ( ), psicologo tedesco, tra i fondatori della scuola della Gestalt insieme a Wertheimer (il più anziano e il leader intellettuale del gruppo) e Koffka. Dal 1912 al 1920 condusse indagini sperimentali su animali nell'isola di Tenerife, nelle Canarie, dove l'accademia Prussiana delle scienze aveva una Stazione per lo studio delle scimmie antropoidi. Lavorò soprattutto con i nove scimpanzé della Stazione, ma fece anche prove di confronto con esseri umani, con galline e con un cane. I risultati furono pubblicati nel libro L'intelligenza delle scimmie antropoidi, del 1917, un classico della storia della psicologia. Lo studio dell'apprendimento per insight richiede alcuni accorgimenti. L'esperimento va condotto secondo regole ben precise, altrimenti i soggetti sperimentali non fanno ricorso all'insight e non mostrano atti intelligenti. Le indicazioni per ottenere sperimentalmente l'insight si possono riassumere così: 1. Il soggetto sperimentale deve trovarsi alle prese con una difficoltà. Köhler poneva gli animali di fronte a un problema pratico da risolvere. In genere si trattava di raggiungere del cibo collocato in posizione tale che, a meno di escogitare qualche espediente (scegliere un percorso alternativo, ricorrere a strumenti, collaborare coi compagni, ecc.), era fuori portata. 2. Il problema da risolvere deve trovarsi in una fascia adeguata di difficoltà. Se è troppo facile, il soggetto non ricorre all'insight, ma trova automaticamente la risposta, senza impegnarsi. Se è troppo difficile, il soggetto si impegna, ma non arriva all'insight, perché non ce la fa ad afferrare come stanno le cose. 21

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