LINEE GUIDA PER LA CARBON FOOTPRINT E LA WATER FOOTPRINT NEL SETTORE VITIVINICOLO

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1 LINEE GUIDA PER LA CARBON FOOTPRINT E LA WATER FOOTPRINT NEL SETTORE VITIVINICOLO 1

2 INDICE LINEE GUIDA PER LA CARBON FOOTPRINT E LA WATER FOOTPRINT NEL SETTORE VITIVINICOLO INTRODUZIONE CARBON FOOTPRINT, WATER FOOTPRINT E CICLO DI VITA DI PRODOTTO PRODOTTI E GAS SERRA PRODOTTI E IMPATTI SULL ACQUA GLI STANDARD INTERNAZIONALI PER LA CARBON FOOTPRINT E LA WATER FOOTPRINT DI PRODOTTO STANDARD PER LA CARBON FOOTPRINT STANDARD PER LA WATER FOOTPRINT APPLICAZIONI E OPPORTUNITÀ PER LE AZIENDE VITIVINICOLE MODALITÀ PER DETERMINARE LA FOOTPRINT LA VERIFICA DELLA FOOTPRINT DI PRODOTTO VERIFICA DELLA CARBON FOOTPRINT DI PRODOTTO VERIFICA DELLA WATER FOOTPRINT DI PRODOTTO L UTILIZZO E LA COMUNICAZIONE DELLA FOOTPRINT DI PRODOTTO GUIDA PER LE ORGANIZZAZIONI BIBLIOGRAFIA GLOSSARIO ALLEGATO 1 FATTORI DI CARATTERIZZAZIONE DEI GAS A EFFETTO SERRA

3 1. INTRODUZIONE Con il termine footprint si identifica l impatto potenziale di un prodotto, valutato lungo l intero ciclo di vita, su una o più componenti ambientali. La presente guida analizza le due tipologie di footprint attualmente più considerate perché legate agli effetti ambientali più conosciuti e che hanno maggiore risalto a livello internazionale: La Carbon Footprint, che valuta le emissioni di gas serra. La Water Footprint, che valuta il consumo e la degradazione delle risorse idriche. La Carbon e la Water Footprint di prodotto si stanno rapidamente diffondendo nel settore vitivinicolo come strumenti di conoscenza e miglioramento, ma anche di comunicazione e marketing. Le aziende vitivinicole possono trarre utilità da tali strumenti che consentono di aumentare l efficienza dei processi produttivi, in termini di risparmio energetico, di risorse idriche e di mezzi tecnici utilizzati, sia di conquistare nuove fette di mercato, attirando i clienti e i consumatori più sensibili alla qualità ambientale dei propri vini. Obiettivo di queste linee guida è fornire alle organizzazioni, operanti nel settore vitivinicolo, che decidessero di intraprendere questo percorso, uno strumento per comprendere i contenuti e i campi d applicazione della Carbon e Water Footprint di prodotto e le modalità di verifica e certificazione. 3

4 2. CARBON FOOTPRINT, WATER FOOTPRINT E CICLO DI VITA DI PRODOTTO Tutti i prodotti quotidianamente utilizzati, incluso il vino, generano impatti ambientali lungo il loro ciclo di vita, ovvero durante l estrazione delle materie prime, la produzione, il trasporto e nella maggior parte dei casi anche durante l utilizzo e il trattamento del prodotto a fine vita. La metodologia per la quantificazione degli impatti ambientali dei prodotti, ormai consolidata a livello internazionale è il Life Cycle Assessment (LCA). Il metodo è standardizzato dalle norme ISO e ISO Negli ultimi anni il progressivo risvolto internazionale nei confronti del cambiamento climatico e la crescente consapevolezza del forte impatto che le attività umane hanno sullo sfruttamento delle risorse idriche, hanno determinato la nascita di metodologie, standard e iniziative focalizzate specificatamente sulle emissioni di gas serra (in inglese GHG, Greenhouse Gas) o sugli impatti legati alla risorsa acqua. In entrambi i casi queste iniziative, che prendono in considerazione il ciclo di vita del prodotto, restringono l analisi ai parametri d interesse per i gas serra e le risorse idriche. L insieme delle emissioni di gas serra (CO2, CH4, Ossido nitroso N2O, Idrofluorocarburi HFCs, Perfluorocarburi PFCs e Esafloruro di zolfo SF, vedi allegato 1) del ciclo vita, attribuibili a un organizzazione o un prodotto sono denominati Carbon Footprint (CF letteralmente impronta di carbonio).la CF è un indicatore espresso in kg di potenziale di riscaldamento globale in un periodo definito, solitamente 100 anni (es. Global Warming Potential GWP 100) e viene espresso in kg di CO 2 equivalenti. L insieme degli impatti sulle risorse idriche generati da un prodotto, o un organizzazione, durante il suo ciclo di vita è denominato invece Water Footprint (WF). L impronta idrica è un indicatore del consumo di acqua dolce che include sia l uso diretto che indiretto di acqua da parte di un azienda produttrice. L impronta idrica di un prodotto, processo o organizzazione è definita come un sistema di misura che quantifica gli impatti ambientali potenziali legati all acqua. 4

5 3. PRODOTTI E GAS SERRA L attività umana è causa di diverse categorie di carico ambientale e l emissione di gas in atmosfera costituisce uno degli aspetti più importanti. I processi produttivi emettono una miscela di gas climalteranti, molto pericolosi per l equilibrio climatico, che sono conosciuti dall opinione pubblica come gas ad effetto serra GHG (GreenHouse Gases). Il gas ad effetto serra più conosciuto è l anidride carbonica. Le emissioni di anidride carbonica (CO 2 ) provengono principalmente dai combustibili fossili utilizzati come fonte energetica nella produzione di elettricità e calore, nei trasporti e nelle attività agricole ed industriali. Una quota significativa di emissioni è causata anche dalle variazioni nell uso del suolo, legate soprattutto alla progressiva deforestazione causata dalla richiesta di superfici coltivate per la produzione di materie prime agricole. Le emissioni di metano in atmosfera (CH 4 ), oltre che connesse all utilizzo del gas naturale, sono generate dagli allevamenti e dal trattamento dei rifiuti, in particolare dal rilascio di biogas nelle discariche. Il protossido di azoto (N 2 O) è prodotto principalmente dall uso dei fertilizzanti azotati in agricoltura mentre altri gas (HFC, PFC, SF6, etc.) derivano da specifici processi industriali. Le emissioni di metano, N 2 O e fluorocarburi, per il ciclo di vita di alcuni prodotti, possono divenire molto significative nel calcolo della Carbon Footprint in quanto il loro effetto sul cambiamento climatico (GWP - Global Warming Potentials) è assai maggiore, per unità di massa, di quello della CO 2. Di seguito una tabella realizzata dall IPCC (Gruppo intergovernativo per il cambiamento climatico) indicante i valori GWP dei gas serra a seconda della loro durata di vita in atmosfera. 5

6 4. PRODOTTI E IMPATTI SULL ACQUA Durante i processi produttivi le attività umane consumano e deteriorano le risorse idriche. Anche la WF, come la CF, applica un approccio Life Cycle concentrando l attenzione sulla risorsa acqua come indicatore in grado di valutare le prestazione ambientale dei processi produttivi e dei prodotti. Riguardo le questioni ambientali, negli ultimi decenni, oltre alle emissioni in atmosfera che hanno destato l attenzione di scienziati e studiosi, prima, e dell opinione pubblica poi, anche l acqua, bene fondamentale per la vita, sta divenendo sempre più oggetto di studio per il suo uso insostenibile dal punto di vista qualitativo e quantitativo. La risorsa acqua, quale bene limitato, inizia a scarseggiare in molte aree del mondo causando profondi squilibri e tensioni internazionali. Per raggiungere l obiettivo di una corretta gestione di tale risorsa, una delle strade percorribili potrebbe essere quella di adottare sistemi, quanto più scientifici possibile, nel gestire e organizzare le varie operazioni produttive. Ciò significa, in prima battuta, raccogliere dati, conoscere a fondo la correlazione tra il proprio sistema produttivo e il volume d acqua necessario, studiandone le interazioni e individuandone i punti deboli, così da poterli migliorare, e i punti di forza da valorizzare. In quest ottica, esiste uno strumento pratico molto utile a questo scopo, al pari di quanto la Carbon Footprint fa con le emissioni in atmosfera: la Water Footprint è la tipologia di approccio analitico che, con la medesima impostazione di tipo Life Cycle, garantisce una solida base metodologica e consente di acquisire tutti i dati e le conoscenze necessarie a rendere il processo produttivo più efficiente riguardo alle risorse idriche impiegate. In figura 1 è rappresentata la Water Footprint pro capite dei diversi Paesi del mondo nel periodo , determinata secondo l approccio del Water Footprint Assessment Manual. Durante questo periodo la Water Footprint media globale legata al consumo è stata di 1385 m 3 /anno pro capite. Il consumo di prodotti legati al settore agricolo ha contribuito per il 92%, mentre il consumo di prodotti industriali e l uso domestico hanno contribuito rispettivamente per il 4,7% e il 3,8%. (fonte: 6

7 Fig. 1: Water Footprint media pro capite nel periodo Fonte: Water Footprint Network ( Esistono forti disparità nelle Water Footprint dei diversi paesi. Negli Stati Uniti d America, per esempio, la Water Footprint media è stata pari a 2842 m3/anno pro capite, in Cina è stata pari a 1071 m3/anno pro capite. L Italia, con un consumo pro capite di 2303 m3/anno, è stato uno dei paesi con la più elevata Water Footprint. La richiesta d acqua nel mondo continua ad aumentare e questo ha delle conseguenze sugli equilibri degli ecosistemi. Un sempre crescente numero di corsi d acqua, infatti, scorre con una portata inferiore a quella minima, vale a dire quella portata che garantisce la salvaguardia delle caratteristiche fisiche (morfologiche, idrologiche, idrauliche), delle caratteristiche chimicofisiche (qualità delle acque), e delle biocenosi (popolazioni animali, vegetali e microbiche) tipiche delle comunità naturali. Alcuni corsi d acqua si sono del tutto prosciugati, e spesso anche le falde acquifere vengono sfruttate in modo insostenibile, andando ad intaccare la parte di risorse non rinnovabili. Anche il rilascio di sostanze inquinanti negli scarichi dei processi produttivi genera impatti significativi sulle risorse idriche, causandone la degradazione dei parametri di qualità l eutrofizzazione e l ecotossicità. 7

8 5. GLI STANDARD INTERNAZIONALI PER LA CARBON FOOTPRINT E LA WATER FOOTPRINT DI PRODOTTO I limiti posti alla crescita continua dei consumi dalla limitatezza delle risorse e dalla necessità di preservare una certa qualità dell ambiente in cui viviamo ci impongono di rivedere i nostri modelli di produzione. Al fine di poter rivedere tali modelli, è però necessario conoscere quali siano gli effetti ambientali ad essi connessi, onde poter identificare correttamente dove intervenire e poter portare ad un beneficio. Le valutazioni delle Carbon Footprint e Water Footprint di prodotto richiedono regole metodologiche precise, utili per la modellazione dei sistemi produttivi e la raccolta ed elaborazione dei dati. Nel corso degli anni più recenti, le principali esperienze di applicazione e ricerca hanno condotto alla definizione di procedure standardizzate con l obiettivo di garantire coerenza, oggettività e autorevolezza scientifica agli studi di footprint. L approccio metodologico LCA (ovvero un metodo di valutazione e quantificazione degli input, degli output e degli impatti ambientali potenziali lungo tutto il ciclo di vita di un prodotto) su cui si basa l analisi degli indicatori ambientali come la Carbon e la Water Footprint è normato a livello internazionale dalla ISO Environmental management - Life cycle assessment - Requirements and guidelines. La ISO 14044, per tutti gli indicatori presi in considerazione, fornisce un indicazione sia sugli obiettivi e il campo d applicazione che sugli aspetti ad essi collegati come ad esempio unità funzionale, confini del sistema, qualità dei dati, allocazioni. 5.1 STANDARD PER LA CARBON FOOTPRINT Gli standard considerati in questa guida che trattano nello specifico la Carbon Footprint di prodotto sono: ISO/TS Carbon Footprint of products Requirements and guidelines for quantification and communication. PAS 2050: Specification for the assessment of the life cycle greenhouse gas emissions of goods and services. WBCSD/WRI GHG Protocol Initiative Product Life Cycle Accounting and Reporting Standard - November

9 La ISO/TS è sviluppata all interno del TC207-SC7, secondo le procedure stabilite dall organismo ISO stesso e dai membri partecipanti. In linea con la definizione della norma possiamo descrivere la Carbon Footprint di prodotto come la somma delle emissioni, e rimozioni, di gas serra che un prodotto genera lungo il suo ciclo di vita comprendente acquisizione delle materie prime, produzione, uso ed eventualmente operazioni di fine vita. Lo studio della CFP consente di quantificare tali emissioni in termini di CO2 equivalente. La norma specifica i principi, i requisiti e le linee guida per la quantificazione e la comunicazione delle emissioni di anidride carbonica di un prodotto. E basata su standard internazionali per la valutazione del ciclo di vita e su standard internazionali per la classificazione e descrizione delle Etichette e Dichiarazioni Ambientali di tipo III(ISO 14025) La ISO/TS è suddiviso in due sezioni principali che trattano rispettivamente: le regole per la quantificazione delle emissioni, gli aspetti di comunicazione al fine di assicurare comparabilità e trasparenza. La ISO/TS mira a fornire requisiti chiari e coerenti per quantificare, monitorare, comunicare e verificare la Carbon Footprint di prodotto, indirizzandosi ad un ampia gamma di utilizzatori: organizzazioni, governi e proponenti di progetti. Nello specifico, l uso della norma permette di: Supportare la creazione di procedure efficienti e coerenti per fornire informazioni sulla Carbon Footprint alle parti interessate. Fornire una migliore comprensione degli aspetti della Carbon Footprint in modo che possano essere identificate opportunità di riduzione delle emissioni di gas serra. Incoraggiare cambiamenti nel comportamento dei consumatori, tali da contribuire a ridurre le emissioni di gas serra, ad esempio mediante decisioni più consapevoli sulle scelte delle materie prime. Assicurare una comunicazione della Carbon Footprint corretta e comparabile all interno di un mercato libero e accessibile. Aumentare credibilità, coerenza e trasparenza nella quantificazione e comunicazione delle emissioni di gas serra dei prodotti. Promuovere il miglioramento continuo facilitando la valutazione di prodotti, processi, materiali e fornitori alternativi sulla base del metodo LCA, utilizzando la categoria d impatto del cambiamento climatico. 9

10 Facilitare lo sviluppo di strategie di gestione dei gas serra lungo il ciclo di vita dei prodotti, favorendo il monitoraggio delle prestazioni e delle riduzioni ottenute nel tempo. La norma riporta anche, nel caso si voglia procedere con la comunicazione attraverso un etichetta o una dichiarazione destinate ad essere a disposizione del pubblico, indicazioni per lo sviluppo delle PCR (Product category rules) da parte di un programme operator in accordo con la ISO 14025, o per l adozione di PCR già sviluppate con queste modalità. La ISO/TS 14067, in accordo con l approccio ISO, fornisce principi e indicazioni applicative, senza fornire una normazione di dettaglio ed esempi sui singoli casi, come invece viene fatto dagli altri standard e soprattutto dal GHG Protocol. Il PAS 2050 (Publicly Available Specification) è stato pubblicato nel Regno Unito dal BSI (British Standard Institute) con la collaborazione tecnica di The Carbon Trust e il sostegno del Governo (DEFRA Department for Environment, Food and Rural Affairs). PAS 2050 è una specifica pubblicamente disponibile che fornisce un metodo per la valutazione del ciclo di vita delle emissioni dei gas a effetto serra, di prodotti e servizi. Lo standard è volontario e ha i seguenti obiettivi per le aziende produttrici: permettere una valutazione interna delle emissioni di gas serra lungo la catena di fornitura; facilitare la valutazione di alternative di prodotto, processi e materie prime in termini di emissioni di gas serra; fornire un parametro di confronto per i programmi aziendali volti alla riduzione delle emissioni di gas serra nel tempo; permettere una comparazione fra prodotti utilizzando un approccio comune, riconosciuto e standardizzato per valutare le emissioni lungo la catena di fornitura del prodotto; per i consumatori: fornire una base comune affinché i risultati della valutazione delle emissioni di gas serra, associate ai prodotti, possano essere comunicate alle parti interessate; fornire l opportunità per una migliore comprensione da parte del consumatore delle implicazioni relative ai gas serra determinate dalle scelte d acquisto e fornire 10

11 incentivi a modificare queste scelte sulla base delle informazioni associate alla Carbon Footprint. Il PAS 2050 si può applicare a tutti i prodotti (merci e servizi) di ogni settore e dimensioni. Lo standard, composto da un documento con i requisiti e da una guida applicativa è basato sulla ISO 14044, con la precisazione che in caso di difformità fra requisito ISO e requisito PAS, quest ultimo ha validità. È il caso ad esempio delle regole d allocazione, che nel PAS devono essere condotte su base economica mentre la ISO privilegia l allocazione su parametri fisici. Gli sviluppatori dello standard aspirano a un armonizzazione con analoghe iniziative internazionali. The Carbon Trust è uno dei membri dello Steering Group del GHG Protocol del WBCSD/WRI. Il GHG Protocol è un iniziativa coordinata dal World Resources Institute (WRI), organizzazione non governativa di Washington DC e dal World Business Council for Sustainable Development (WBCSD), associazione di Ginevra che comprende oltre duecento imprese multinazionali. Il GHG Protocol è sviluppato in cooperazione con diversi partner del settore industriale, governativo e non governativo, attraverso gruppi di lavoro tecnici, procedure di consultazione delle parti interessate e applicazioni pilota presso industrie selezionate. Obiettivo primario del GHG Protocol è favorire la divulgazione pubblica di informazioni sulle emissioni di gas serra generate dal ciclo di vita dei prodotti, per aiutare i destinatari a ridurre le emissioni per mezzo di scelte consapevoli. Lo standard supporta vari obiettivi industriali, fra i quali l identificazione delle opportunità di riduzione delle emissioni lungo la catena di fornitura, il monitoraggio dei miglioramenti nel tempo, l individuazione di rischi associati alle emissioni di gas serra nel ciclo di vita dei prodotti. Rispetto al PAS 2050, il GHG Protocol approfondisce più significativamente l aspetto del reporting, fornendo regole e modelli di dettaglio per la presentazione dei risultati della Carbon Footprint. Il GHG Protocol è applicabile a prodotti di tutti i settori ed a organizzazione di tutte le dimensioni. Per lo sviluppo del metodo di calcolo e il reporting delle informazioni, il GHG Protocol prende in considerazione la ISO e, dove applicabili, anche la ISO 14025:2006 Environmental labels and declarations Type III environmental declarations Principles and procedures e la ISO :2006 Greenhouse gases Part 1: Specification with guidance at the organization level for quantification and reporting of greenhouse gas emissions and removals. 11

12 5.2 STANDARD PER LA WATER FOOTPRINT Gli standard considerati nella presente guida che trattano nello specifico la Water Footprint di prodotto sono: 1. ISO ENVIRONMENTAL MANAGEMENT WATER FOOTPRINT PRINCIPLES, REQUIREMENTS AND GUIDELINES, THE WATER FOOTPRINT ASSESSMENT MANUAL (A.Y. HOEKSTRA ET AL), La ISO è sviluppata all interno del TC207-SC5, secondo le procedure stabilite dall organismo ISO stesso e dai membri partecipanti. La norma nasce dall esigenza di assicurare trasparenza, omogeneità e credibilità nell analisi della Water Footprint e nel reporting dei risultati. Essa si applica a prodotti, processi e organizzazioni. La WF, includendo sia l utilizzo che l inquinamento della risorsa lungo l intero ciclo di vita, si differenzia rispetto al tradizionale concetto di consumo, inteso come semplice prelievo, infatti tale norma estende il campo di analisi della Water Footprint non solo ai prelievi di risorse idriche, ma anche all inquinamento delle acque generato dalle attività umane. La norma introduce infatti due componenti nella valutazione della Water Footprint: la Water Availability Footprint, che tratta gli aspetti associati al consumo d acqua durante il ciclo di vita dei prodotti, in rapporto alla sua reale disponibilità. La Water Degradation Footprint, che riguarda il rilascio di sostanze inquinanti nelle acque di scarico e i potenziali impatti conseguenti. La metodologia di calcolo della ISO 14046, nel caso di applicazione ai prodotti, si fonda sui requisiti analoghi della ISO Esistono differenti livelli d analisi della Water Footprint: la Water Footprint inventory analysis corrisponde alla fase d inventario della ISO e implica una quantificazione dei flussi legati al prelievo, consumo e agli scarichi in acqua lungo il ciclo di vita del prodotto. La Water Footprint impact assessment, sulla base dei risultati dell inventario, prevede la fase successiva di valutazione degli impatti sul consumo e sulla degradazione della risorsa. A sua volta la fase di impact assessment può essere limitata a singole categorie di impatto (esempio water eutrophication o water scarcity) oppure considerare l insieme completo degli aspetti ambientali relativi sia ai consumi che agli effetti sulla salute umana e gli ecosistemi. Nel primo caso il risultato dell analisi è un indicatore singolo, nel secondo caso (comprehensive water footprint assessment) si ottiene un profilo comprendente diversi indicatori. 12

13 Il termine Water Footprint può essere utilizzato solo per la comprehensive water footprint assessment. Nel caso di valutazione di singole categorie d impatto occorre utilizzare nella definizione un aggettivo qualificativo che specifichi la categoria presa in considerazione (esempio water availability footprint e water eutrophication footprint). Se l analisi si limita all inventario deve essere utilizzato il termine water footprint inventory. Il Water Footprint Assessment Manual rappresenta una versione aggiornata, revisionata ed approfondita del manuale pubblicato in origine nel 2009 dal Water Footprint Network ( La nuova edizione è il risultato di un intensa consultazione con partners e ricercatori di tutto il mondo. Questo manuale viene definito uno strumento analitico che può aiutare a comprendere come le attività e i prodotti siano connessi alla scarsità e all inquinamento dell acqua, e cosa può essere fatto per assicurarsi che le attività e i prodotti, durante il loro ciclo di vita, utilizzino le risorse d acqua dolce in modo sostenibile. Esso rappresenta un utile strumento rivolto ai consumatori, i produttori, gli investitori e i governi per comprendere quanto le loro scelte o azioni pesino sull ambiente e per aiutarli a compiere scelte più responsabili. Questo standard distingue tre tipologie di Water Footprint: la Blue Water Footprint (impronta d acqua blu), la Green Water Footprint (impronta d acqua verde), e la Grey Water Footprint (impronta d acqua grigia). 13

14 La Blue Water Footprint è la quantità d acqua dolce prelevata da bacini acquiferi (acque superficiali e falde) che non torna a valle del processo produttivo nel medesimo punto in cui è stata captata o vi torna ma in tempi diversi. La Green Water Footprint si riferisce al volume di precipitazioni che non vengono lisciviate o ricaricano la falda, ma rimangono temporaneamente immagazzinate nel terreno o assorbite dalla vegetazione. La Grey Water Footprint è un indicatore del grado di inquinamento dell acqua che può essere associato al prodotto o processo. Essa è definita come il volume d acqua dolce necessario per assimilare il carico di inquinanti prodotto, ossia il volume d acqua dolce necessario per diluire gli inquinanti fino a rispettare limiti di concentrazione posti dagli standard di qualità. Per ciascuna tipologia, lo standard fornisce informazioni dettagliate riguardanti le modalità di calcolo in diversi casi: l analisi di un prodotto, di un consumatore o un gruppo di consumatori, di un area geografica, di una nazione, di un bacino idrografico, di un unità amministrativa (regione, provincia). Lo standard, infine, suggerisce una serie di opzioni disponibili ai consumatori, produttori, investitori e governi per ridurre la Water Footprint e mitigare gli impatti. 14

15 6. APPLICAZIONI E OPPORTUNITÀ PER LE AZIENDE VITIVINICOLE Sia la Carbon che la Water Footprint non esprimono un profilo ambientale complessivo dei prodotti, ma si focalizzano su un effetto ambientale specifico. Tuttavia, questi due indicatori si stanno affermando perché presentano una maggiore facilità di comunicazione alle parti interessate e di comprensione da parte del mercato, rispetto a profili con più indicatori. La Carbon Footprint e la Water Footprint sono infatti utilizzati dalle aziende, non solo per dimostrare il miglioramento delle prestazioni ambientali, ma anche come strumenti di marketing, per promuovere la sostenibilità dei loro prodotti. Infatti la valutazione di impatti ambientali, la loro riduzione attraverso un approccio agronomico, e la conseguente valorizzazione attraverso approcci certificativi può rappresentare per il sistema agricolo e per le aziende in generale un ottimo strumento anche a livello commerciale. In sintesi si può affermare che questo tipo di studi a livello aziendale, in un ottica sempre crescente di sviluppo sostenibile, sono: validi strumenti per raggiungere un maggiore controllo delle prestazioni ambientali di un prodotto e/o processo; indicatori sintetici per il raggiungimento di obiettivi ambientali; opportunità per promuovere l immagine aziendale verso il mercato; validi mezzi per ridurre i costi di gestione e produzione; validi strumenti per la definizione delle strategie di business in termini di progettazione del prodotto e/o processi alternativi e più sostenibili. 15

16 7. MODALITÀ PER DETERMINARE LA FOOTPRINT La modalità applicative della Carbon Footprint e della Water Footprint di prodotto sono dettagliate nei requisiti dei relativi standard. Le organizzazioni devono soddisfare tutti i requisiti dello standard prescelto e mantenere traccia delle fonti informative e delle elaborazioni effettuate per calcolare la footprint. In questa sezione vengono presentate le fasi generali di un procedimento di valutazione della footprint di prodotto, rimandando agli standard specifici per le regole metodologiche di dettaglio. CARBON FOOTPRINT DI PRODOTTO I risultati di una CF vengono espressi in grammi o chilogrammi di CO 2 equivalente. L evidenza scientifica suggerisce come vi sia un legame intrinseco tra il clima in cui le uve vengono coltivate e la loro qualità: a conseguenza di ciò, il settore vitivinicolo è particolarmente vulnerabile nei confronti dei cambiamenti climatici (Christ e Burritt, 2013). Pertanto, dotarsi di strumenti per il miglioramento della propria performance ambientale, e nello specifico adottare schemi di contabilità delle emissioni di gas climalteranti come la CF, permette alle aziende del mondo del vino di dare il proprio contributo attivo verso una società meno impattante sull ambiente. Da ricerche bibliografiche effettuate, si stima che per ogni bottiglia di vino standard (in vetro, da 0.75 L) finiscano in atmosfera tra 0.41 e 1.6 Kg di CO 2 /Eq. (Christ e Burritt, 2013). Una recente indagine della Commissione Europea, condotta su più di cittadini europei, evidenzia come l 80% degli intervistati riconosca nella sostenibilità ambientale, e quindi anche nella CF, un elemento importante nella decisione d acquisto di un prodotto e circa il 50% consideri le etichette ambientali quale pratico strumento di scelta. Il dato più interessante di quest indagine, tuttavia, è che ben il 72% sarebbe favorevole a rendere obbligatoria l introduzione di un etichetta che indichi la Carbon Footprint di un prodotto (Pattara et al., 2012). La stessa Commissione Europea, inoltre, sta lavorando da anni alla definizione di un metodo univoco e standardizzato per la definizione degli eco-profili dei prodotti e delle aziende. Infatti, nell ambito dell iniziativa Single Market For Green Products, intende definire la Product Environmental Footprint (PEF), così come la Organization Environmental Footprint (OEF). Entrambi questi elementi potrebbero costituire l ossatura di una concreta politica di analisi degli impatti ambientali rivolta a prodotti ed aziende in ambito europeo. Fra gli indicatori previsti dall OEF e PEF per il raggiungimento di questi 16

17 obiettivi vi è anche la CF, quale indicazione di potenziale impatto ambientale sul cambiamento climatico. Prima di passare ad alcuni esempi applicativi della CF, si ritiene interessante sottolineare che gli studi e le ricerche in questo campo permettono, altresì, di individuare quali siano le fasi del processo di produzione più impattanti in termini di emissioni in atmosfera. Le ricerche sulla CF del vino, infatti, dimostrano che le attività in vigneto, il packaging ed il fine vita (ciò che accade alla confezione una volta che il vino è stato consumato) sono i tre elementi che incidono di più nella CF, rispettivamente per il 17%, 22% e 22%. Bosco et al., (2011) ha condotto una ricerca per meglio comprendere l emissione di gas serra durante la fase agricola della produzione vitivinicola. Questo studio s inseriva in un progetto più ampio, il Carbon Label Project, svolto per l analisi della catena produttiva del settore nella Maremma toscana: l obiettivo era proprio lo studio della CF per la predisposizione di una specifica etichetta verde. Questa ricerca s è concentrata su 4 differenti vini: le loro emissioni in atmosfera hanno registrato un valore minimo di 0.6 fino ad uno massimo di 1.3 Kg di CO 2 /Eq. A conferma del dato riportato prima, anche questa ricerca conferma che la fase di vigneto incida per un 22% sul totale delle emissioni prodotte mentre l impatto maggiore, qui, è determinato dal processo di produzione del vetro per la bottiglia. Allo stato attuale, la ricerca in questo campo suggerisce che gli impatti più elevati delle pratiche agricole convenzionali siano determinate da un maggior uso di pesticidi e fertilizzanti di sintesi. Fornendo alcuni esempi di applicazione di CF, si riporta il caso di CIV&CIV che, nel 2008, tra i primi nel mondo del vino, ha condotto uno studio sugli impatti ambientali del processo di produzione di un vino (Lambrusco Grasparossa DOC Righi) ottenendo l etichetta ambientale EPD (Environmental Product Declaration) e la relativa CF (Rugani et al., 2013). Occorre precisare che l EPD è uno studio più ampio e che include la CF in quanto ne rappresenta uno degli indicatori obbligatori. Un azienda che intende dotarsi di un EPD, essenzialmente lo fa per comunicare al mercato il proprio impegno per l ambiente. L EPD è un etichetta ambientale volontaria del III tipo e di respiro internazionale. Altri studi dimostrano come la CF, per chiarezza ed immediatezza del messaggio veicolato, contribuisca a migliorare il brand e fornisca un elemento di differenziazione rispetto ai concorrenti. Ciò offre al consumatore un fattore di giudizio positivo all atto d acquisto di una bottiglia di vino e gli permette di ridurre il tempo della scelta (Rugani et al., 2013). In questo modo, il consumatore, sempre più attento e sensibile alle tematiche green, riesce velocemente ad identificare i vini di aziende attente al proprio rapporto con l ambiente. 17

18 Benedetto (2013) ha condotto una ricerca su un vino bianco della Sardegna per valutarne proprio l impatto ambientale, utilizzando la CF. L obiettivo è stato quello di identificare i passaggi del processo più impattanti ed energivori per un loro successivo miglioramento. L analisi ha mostrato che i principali elementi di criticità sono i combustili fossili nella fase agricola e la produzione del vetro per le bottiglie nella fase di cantina. Per superare questi punti critici l autore suggerisce anche alcune soluzioni: uso di biofuels e l adozione di bottiglie più leggere, quindi con meno vetro, bottiglie in vetro riciclato o adottare sistemi di packaging alternativi ma che assicurino, comunque, le stesse prestazioni. Pattara et al. (2012), hanno applicato la metodologia LCA ad una cantina italiana, e nello specifico hanno individuato l unità oggetto di studio in una bottiglia da 0.75 L di Montepulciano d Abruzzo DOC, le cui uve sono state coltivate con metodo biologico. Dai risultati, emerge come questa sia un valido strumento di marketing per l azienda dal momento che la CF si concentra su un singolo indicatore (il riscaldamento globale), argomento che garantisce un attenzione elevata da parte del consumatore. Anche in altre parti d Italia, altre aziende hanno sviluppato virtuosi programmi sulla sostenibilità in vitivinicoltura. È il caso del progetto Salcheto Carbon Free, dell omonima cantina della zona di Montepulciano (Si), pioniera in Italia e nel mondo di queste analisi, che ha adottato, tra gli altri, lo strumento della CF per controllare energia e materia direttamente ed indirettamente consumate lungo il processo di produzione e ridurre le emissioni di gas climalteranti connesse. Anche la Vernaccia di San Gimignano è stata sottoposta ad analisi. Il Consorzio della Denominazione San Gimignano, infatti, ha recentemente promosso un progetto per misurare le emissioni di gas serra in atmosfera generate nei vari processi del ciclo di vita di una bottiglia di questo vino allo scopo di valorizzare i 50 anni dalla sua DOC. 18

19 Analisi Ciclo di Vita San Gimignano Fase 1 Viticoltura Comprende tutte le attività agricole a partire dall impianto del vigneto e, a seguire, di coltura, manutenzione e raccolta dell uva. Nella cosiddetta fase di campo sarebbe necessario includere nello studio anche lo scenario di fine vita del vigneto, cioè indagare anche la dismissione dello stesso. In questa fase è stato contabilizzato, insieme alle attività agricole, anche il trasporto delle uve in cantina. Fase 2 Vinificazione In questa fase si considera l intero processo di trasformazione dell uva in vino che avviene in cantina. La vinificazione in bianco è caratterizzata da una pressatura soffice delle uve, operazioni di chiarifica dei mosti e dei vini, raffreddamento del mosto fiore e fermentazione a temperatura controllata. La maturazione e affinamento avvengono in serbatoi termo condizionati di acciaio inox. In conformità al disciplinare, le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nell ambito del territorio di San Gimignano. Fase 3 Imbottigliamento È la fase di confezionamento della bottiglia di vino (nello studio si sono considerate linee automatizzate) e nella seguente sequenza: produzione delle bottiglie; risciacquo bottiglie con acqua e asciugatura mediante soffiatura; riempimento bottiglie; tappatura bottiglie; incapsulatura bottiglie; etichettatura bottiglie; posizionamento delle bottiglie in cartoni. Il valore medio della Carbon Footprint di una bottiglia di Vernaccia di San Gimignano è di 0,90 Kg di Co 2 /Eq. ed alla luce di questi risultati le possibili scelte future di mitigazioni sono state un packaging più leggero, l uso di fonti rinnovabili per il fabbisogno energetico della cantina e l adozione di buone pratiche di campo che vanno verso la riduzione di fertilizzanti e trattamenti chimici, come l utilizzo del compost derivante dagli scarti delle prime lavorazioni di cantina (raspi, vinacce) e il recupero dell eccedenza dei trattamenti. 19

20 WATER FOOTPRINT DI PRODOTTO Secondo la ISO la Water Footprint è valutata per tutte le attività e processi che costituiscono il ciclo di vita del prodotto. QUALCHE ESEMPIO A livello mondiale, la WF ha riscontrato una buona diffusione in quanto costituisce una tipologia di studio LCA semplificato e circoscritto ad un solo indicatore ambientale. Ardente et al., già nel 2006 ha condotto uno studio di tipo LCA su una cantina siciliana focalizzando l attenzione su 3 soli indicatori ambientali, tra cui la WF. Questo studio aveva l obiettivo di definire una procedura innovativa per le etichette verdi e per la definizione dell eco-profilo dell azienda indagata. I risultati hanno mostrato come l acqua rappresenti uno tra gli impatti diretti più alti. Questo tipo di studi permette di acquisire dati utili a calibrare con molto più dettaglio i vari interventi in vigneto a tutto vantaggio delle aziende. La moderna vitivinicoltura, con lo sviluppo dell agricoltura di precisione, il calcolo della WF, il progresso tecnologico e le conoscenze scientifiche, consentono di adottare sistemi produttivi altamente più precisi e calibrati sulle reali necessità delle piante. Inoltre, occorre sottolineare che spesso i dati necessari ad uno studio sulla WF sono già quasi tutti presenti nella gestione dell azienda agricola già quasi pronti all uso. Lamastra et al., 2014 ha indagato nuovi approcci migliorativi per il calcolo della WF nel settore vino, sviluppando una ricerca in una cantina italiana: l autore sottolinea come, nel calcolo della WF, sia necessario tener conto anche degli elementi climatici propri del luogo/cantina oggetto di studio. Anche questa ricerca, tuttavia, conferma che l impatto maggiore si ha per le operazioni in vigneto e sottolinea come, tuttavia, le caratteristiche di ogni realtà produttiva determinino la WF di ciascuna azienda. Tra queste caratteristiche, un ruolo fondamentale lo ricoprono sia la conformazione geografica e geologica dell ubicazione del vigneto, sia la vicinanza o meno e la sua relativa dimensione di un corpo idrico recettore. Anche il Ministero dell'ambiente si sta impegnando nello sviluppo di progetti inerenti il calcolo degli impatti ambientali. Nel 2011, infatti, ha avviato un progetto pilota per la misura della performance di sostenibilità della filiera vite-vino, a partire dal calcolo delle impronte dell'acqua e del carbonio. A tale progetto partecipano alcune importanti aziende del panorama vitivinicolo italiano. Sempre tramite il calcolo della WF, l Università di Milano ha condotto uno studio per un uso più sostenibile dell acqua nella produzione di vino della zona di Ischia (Na). Con il progetto VARIVI - Valorizzazione della Risorsa Idrica per la Viticoltura dell'isola di Ischia, infatti, l obiettivo è di introdurre operazioni innovative per l'ottimizzazione della gestione 20

21 delle risorse idriche della filiera vitivinicola della regione Campania con particolare attenzione al consumatore finale. I dati ottenuti dal calcolo dell impronta idrica (WF), permetteranno ai curatori del progetto, di calibrare, dati alla mano, l applicazione di moderne tecniche di aridocoltura per il vigneto e l individuazione di un metodo innovativo per la valutazione degli stress idrici della vite. Questo progetto, intende inoltre diffondere tra i consumatori una vera e propria cultura del consumo idrico attraverso la comunicazione della WF all interno di una etichetta appositamente predisposta. Herath et al., 2013 effettuato il calcolo della WF utilizzando differenti metodi d analisi e confronto due diverse regioni della Nuova Zelanda tramite il calcolo della WF. Uno dei principali obiettivi è stato quello di identificare il metodo di studio della WF che restituisse il risultato più facilmente comprensibile ai vari operatori della filiera vino così da rendere questo strumento il più pratico possibile per il miglioramento della performance ambientale delle cantine. Anche questa ricerca pare evidenziare l importanza di acquisire anche dati di tipo idrogeologico per ottenere un quadro completo e più utile per la definizione di piani di miglioramento nell uso dell acqua. 21

22 8. LA VERIFICA DELLA FOOTPRINT DI PRODOTTO Quando si comunicano i risultati della footprint di prodotto all esterno, è opportuno che le informazioni siano state verificate da un soggetto di parte terza indipendente e in possesso delle qualifiche e competenze necessarie. Questa verifica certifica che i risultati della footprint di prodotto sono risultati reali e oggettivi per il prodotto oggetto di valutazione, calcolati in base a metodologie comprovate. La verifica aumenta di conseguenza la credibilità aziendale e la fiducia negli utilizzatori delle informazioni, in particolare quando è prevista una loro libera diffusione al pubblico. Gli standard sottolineano l opportunità di scegliere fra diversi livelli di verifica, raccomandando la verifica di terza parte quando le informazioni sono destinate al consumatore finale. È altresì indubbio che, a prescindere dai destinatari dello studio, la certificazione della footprint di prodotto operata da una terza parte indipendente offre le migliori garanzie di oggettività e credibilità dei risultati. 8.1 VERIFICA DELLA CARBON FOOTPRINT DI PRODOTTO A) ISO/TS La norma ISO/TS richiede la verifica della Carbon Footprint, nel caso le informazioni dello studio siano diffuse al pubblico. La procedura deve comprendere una verifica di terza parte dello studio di footprint ed essere basata su una quantificazione delle emissioni sottoposta a revisione critica esterna in accordo alla 14044:2006. Questi requisiti, inoltre, subiscono variazioni sulla base delle modalità scelte dall organizzazione per comunicare i risultati. B) PAS 2050:2011 La verifica è svolta da un soggetto esterno all organizzazione, che soddisfa requisiti fissati in standard riconosciuti per gli organismi di certificazione (es. ISO/IEC o EN 45011). La verifica secondo il PAS 2050:2011 si concentra sul calcolo delle emissioni di gas serra associate al ciclo di vita del prodotto. Vengono valutate la corretta definizione del sistema, la procedura di raccolta dati, l applicazione dei fattori d emissione e dei fattori di caratterizzazione delle sostanze climalteranti e l attendibilità dei risultati della Carbon Footprint. La verifica secondo il PAS 2050:2011 non comprende le modalità di comunicazione dei risultati, in quanto la norma non fissa requisiti in merito. 22

23 8.2 VERIFICA DELLA WATER FOOTPRINT DI PRODOTTO A) ISO La norma raccomanda la revisione critica dei risultati di Water Footprint (critical review) da parte di un esperto interno o esterno all azienda. Si applicano le stesse procedure e requisiti della ISO La revisione critica è soprattutto raccomandata nel caso in cui i risultati dello studio siano comunicati ad una terza parte. 23

24 9. L UTILIZZO E LA COMUNICAZIONE DELLA FOOTPRINT DI PRODOTTO Una prima distinzione può essere fatta fra la comunicazione di obiettivi interni ed esterni all organizzazione. Un organizzazione può applicare la footprint di prodotto esclusivamente per un uso interno dei risultati, ad esempio per: valutare la qualità ambientale dei propri prodotti; identificare opportunità di riduzione delle emissioni di gas serra o degli impatti sull acqua lungo il ciclo vita del prodotto; valutare una diversificazione delle pratiche produttive; valutare i potenziali rischi generati da normative sui gas serra o le risorse idriche e da fluttuazioni di costo e disponibilità di fonti energetiche e acqua; promuovere l'uso di tecnologie e soluzioni eco-compatibili. In questi casi l applicazione della footprint si limita alla fase di quantificazione; successivamente possono essere attuate misure di riduzione delle emissioni e dei consumi e nuovamente aggiornata la quantificazione, secondo il processo di miglioramento continuo. Per l uso interno dei risultati, non vi sono particolari requisiti da soddisfare per le modalità di comunicazione. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, le organizzazioni che valutano la footprint hanno obiettivi esterni, che prevedono la comunicazione dei risultati a destinatari terzi rispetto all azienda e di tipologia molto diversa. Esempi di obiettivi esterni sono: divulgare le prestazioni dei propri prodotti rispetto ai gas serra e all uso d acqua nel tempo (performance tracking) e l impegno dell azienda contro il cambiamento climatico e il depauperamento e degradazione delle risorse idriche; fornire informazioni ai propri clienti o altre aziende coinvolte nella catena di fornitura (comunicazione business-to-business B2B); fornire informazioni ai consumatori per influenzarne le scelte d acquisto (comunicazione business-to-consumer B2C). In alcuni casi, la comunicazione esterna della Carbon o della Water Footprint consente di effettuare comparazioni fra prodotti o sistemi equivalenti. Soprattutto quando questa è rivolta al consumatore finale, la comunicazione può assumere diverse forme che comportano requisiti molto precisi in termini di completezza, trasparenza e verifica. 24

25 La ISO/TS fornisce i riferimenti più esaustivi sul tema, individuando diverse tipologie di comunicazione della Carbon Footprint cui corrispondono requisiti precisi. Ad ogni percorso corrispondono requisiti di verifica differenti e sempre più restrittivi quanto più i destinatari tendono a coincidere con il pubblico. Le modalità si applicano sia per studi di footprint completi (cradle-to-grave) che parziali (cradle-to-gate, gate-to-gate), questi ultimi soggetti ad alcune limitazioni e requisiti aggiuntivi ben identificati. Il rapporto di studio della Carbon Footprint (CFP study report) documenta la quantificazione delle emissioni di gas serra generate dal prodotto in accordo alla norma. Nel caso l organizzazione voglia comunicare i risultati al pubblico, il rapporto di studio deve essere sottoposto a revisione critica in accordo alla ISO La comunicazione dei risultati può essere interna all azienda non disponibile al pubblico (es. comunicazione B2B) oppure esterna e disponibile al pubblico (es. B2C, accessibile ai consumatori). Per la comunicazione esterna, la ISO/TS individua quattro modalità di diffusione dei risultati: Rapporto di comunicazione esterna (CFP external communication report), ovvero un approfondimento del rapporto di studio che deve presentare in modo più dettagliato e trasparente come sono stati applicati i requisiti della norma e quantificati i risultati. Rapporto di performance tracking (CFP performance tracking report) che ha una struttura specifica che consente il confronto nel tempo fra le footprint della medesima organizzazione. Etichetta (CFP label), regolata da un programma di rilascio e comunicazione ben identificato, che prevede il rispetto di requisiti prestabiliti. Dichiarazione (CFP declaration), basata su programmi di comunicazione tipo III in accordo alla ISO Sono in principio ammesse anche asserzioni auto-dichiarate (CFP claims) in accordo alla ISO Nel caso la comunicazione sia disponibile al pubblico, la Carbon Footprint deve essere in alternativa sottoposta a verifica di terza parte indipendente e corredata da un rapporto di disclosure (CFP disclosure report) che deve soddisfare requisiti aggiuntivi di completezza e trasparenza. La ISO/TS sottolinea inoltre l importanza di sviluppare delle Product Category Rules (PCR), le quali fissano regole metodologiche uniformi per settori produttivi omogenei, con l obiettivo di rendere la comparazione più oggettiva. 25

26 La comunicazione della Carbon e della Water Footprint non deve implicare asserzioni comparative, ovvero dichiarazioni esplicite in cui si afferma la migliore performance di un prodotto rispetto ad un altro. 26

27 10. GUIDA PER LE ORGANIZZAZIONI La Carbon Footprint e la Water Footprint di prodotto sono strumenti di grande potenzialità per le organizzazioni che intendano conoscere il posizionamento dei propri prodotti sul tema dei gas serra e del consumo e degradazione di risorse idriche, avviare programmi di riduzione degli impatti e comunicare il proprio impegno a differenti parti interessate. Si tratta inoltre di strumenti molto flessibili, in grado di soddisfare diversi obiettivi aziendali e offrire numerose modalità di comunicazione. Rappresentano una risposta a numerosi driver esterni e possono diventare fattori di competitività (figura 2). Driver Risposte Motivazioni Rilevanza degli aspetti ambientali e costo delle risorse Rischio d impresa Abbattere i costi legati all utilizzo delle risorse e porre attenzione verso le problematiche ambientali Attenzione pubblica Rischio sociale Carbon footprint Accrescere l immagine e il valore del proprio marchio Azienda Obblighi normativi Sanzioni Water footprint Mitigare i rischi operativi e normativi Pressioni dei mercati Competitività Stare al passo con le tendenze del mercato e conquistare i clienti attenti alla sostenibilità Fig.2: Carbon Footprint e Water Footprint nelle strategie aziendali Un percorso di applicazione della Carbon Footprint o della Water Footprint presenta complessità diverse, che dipendono dagli obiettivi posti e dalle caratteristiche e complessità del prodotto. Le aziende dovrebbero considerare le seguenti cinque regole fondamentali: 1. stabilire obiettivi chiari; 2. scegliere lo standard più adatto; 3. non trascurare altri effetti ambientali; 4. valutare la footprint con rigore metodologico; 5. fornire informazioni verificate. 27

28 1 Stabilire obiettivi chiari Prima di iniziare uno studio, l organizzazione dovrebbe stabilire chiaramente gli obiettivi dell analisi e l uso che sarà fatto dei risultati. Questi dipenderanno sia dalla tipologia di prodotti commercializzati dall organizzazione sia dai destinatari a cui si intende comunicare i risultati. In generale, uno studio condotto per usi interni richiederà requisiti e impegno di risorse diversi rispetto a uno studio comunicato ai consumatori per orientarne le scelte d acquisto. 2 Scegliere lo standard più adatto Definiti gli obiettivi, occorre scegliere lo standard più idoneo a supportare il progetto. L internazionalità e rappresentatività della ISO e della ISO le renderanno in futuro un riferimento privilegiato. Nel frattempo, sono disponibili strumenti alternativi e in grado di soddisfare differenti esigenze. 3 Non trascurare altri effetti ambientali L impatto di un prodotto sull ambiente, in molte circostanze, non è dovuto solo alle emissioni di gas serra o al consumo e degradazione di risorse idriche. Prendendo decisioni basate solo su un tipo di impatto, si può correre il rischio di aumentare l effetto su altri problemi ambientali. Quando si effettua uno studio di Carbon Footprint o Water Footprint di un prodotto, è opportuno acquisire informazioni su altre categorie d impatto eventualmente significative e nel caso rendere disponibili informazioni complementari. 4 Valutare la Carbon Footprint e la Water Footprint con rigore metodologico Quale che sia lo standard scelto, il calcolo della Carbon Footprint e della Water Footprint sono procedimenti articolati che richiedono conoscenza del metodo, disponibilità di dati e pazienza. L impegno e le risorse per portare avanti queste due metodologie sono proporzionali alla complessità del prodotto o di particolari settori produttivi. Occorre applicare le PCR (Product Category Rules) se disponibili, o avviare il loro sviluppo per facilitare future analisi e migliorare la qualità e comparabilità dei risultati. L organizzazione può sviluppare lo studio al proprio interno con risorse opportunamente dedicate o avvalersi di consulenti esterni. In questo caso è opportuno ricorrere a professionalità che abbiano una solida esperienza nella valutazione del ciclo di vita dei prodotti. L organizzazione dovrà inoltre prevedere adeguate risorse per la caratterizzazione dei dati. Per i dati primari saranno necessarie misure dirette sui processi produttivi sotto il controllo dell organizzazione e procedure per la loro 28

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