Appunti del corso Algebre e gruppi di Lie. Denis Nardin

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1 Appunti del corso Algebre e gruppi di Lie Denis Nardin 19 luglio 2011

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3 Indice 1 Algebre di Lie Algebra inviluppante universale Algebre nilpotenti, risolubili, semisemplici Algebre nilpotenti Algebre risolubili Algebre semisemplici Rappresentazioni di sl 2 (k) MANCANTE: La decomposizione di Jordan Decomposizione di Cartan Teoria assiomatica dei sistemi di radici MANCANTE: teoremi di coniugio, isomorfismo e esistenza Teoria delle rappresentazioni Gruppi di Lie Gruppi e sottogruppi di Lie Algebra di Lie di un gruppo di Lie Rivestimenti di un gruppo di Lie SL n (C) Algebre di Clifford e gruppi spin

4 4 INDICE

5 Capitolo 1 Algebre di Lie Un algebra di Lie g è uno spazio vettoriale equipaggiato di un applicazione bilineare [, ] : g g g tale che [xx] = 0 per ogni x g. [x[yz]] + [y[zx]] + [z[xy]] = 0 per ogni x, y, z g (identità di Jacobi). Un sottospazio h di un algebra di Lie è detto ideale se per ogni x g [xh] h. Se h è un ideale lo spazio quoziente g/h possiede una struttura naturale di algebra di Lie. Una rappresentazione di un algebra di Lie è un omomorfismo di algebre di Lie g gl n (k), dove gl n (k) è l algebra di Lie delle matrici n n con [AB] = AB BA. 1.1 Algebra inviluppante universale Osserviamo che ogni algebra associativa A su k è in modo naturale un algebra di Lie, con la struttura data da [xy] = xy yx. L algebra inviluppante universale di un algebra di Lie g è un algebra associativa U(g) con un omomorfismo di algebre di Lie g U(g) tale che per ogni algebra associativa A e per ogni omomorfismo di algebre di Lie g A esiste un unico omomorfismo di algebre associative U(g) A che fa commutare il diagramma g U(g) A Teorema 1. Per ogni algebra di Lie esiste un algebra inviluppante universale U(g), unica a meno di isomorfismo. 5

6 6 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE Dimostrazione. L unicità a meno di isomorfismo è chiara perchè U(g) è definita tramite una proprietà universale. Sia T (g) l algebra tensoriale su g vista come spazio vettoriale. Definiamo U(g) = T (g)/(xy yx [xy] x, y g) dove quozientiamo rispetto all ideale bilatero generato. È chiaro che g U(g) è un omomorfismo di algebre di Lie. D altro canto, se A è un algebra associativa e g A è un omomorfismo di algebre di Lie, prima di tutto si estende unicamente a un omomorfismo di algebre associative da T (g) A, inoltre passa al quoziente a un omomorfismo U(g) A, per cui g U(g) è proprio la nostra algebra inviluppante universale. Teorema 2 (Poincarè-Birkhoff-Witt). Sia g un algebra di Lie e sia {z 1,..., z n } una base di g come spazio vettoriale. Allora una base di U(g) come spazio vettoriale è data da {z t1 1 ztn n t 1,..., t n N} In particolare g U(g) è una mappa iniettiva. 1.2 Algebre nilpotenti, risolubili, semisemplici Se g è un algebra di Lie, il suo centro è Z(g) = {x g y g [xy] = 0} Se Z(g) = g, g è detta abeliana. Un algebra di Lie g si dice semplice se non ha sottoalgebre non banali e se non è abeliana Algebre nilpotenti Un algebra di Lie g è detta nilpotente se la successione centrale, definita da g 0 = g g i+1 = [gg i ] è definitivamente nulla (cioè esiste n > 0 tale che g n = 0. Proposizione 1. Sia g un algebra di Lie 1. Se g è nilpotente allora lo sono tutte le sua sottoalgebre e i suoi quozienti. 2. Se g/z(g) è nilpotente allora lo è anche g. 3. Se g è nilpotente e non banale allora Z(g) 0. Dimostrazione. È chiaro che se h g, allora hi g i e analogamente se h è un quoziente di g allora h i è un quoziente di g i, per cui il punto 1 segue immediatamente. Inoltre se g/z(g) è nilpotente esiste i tale che g i Z(g), quindi g i+1 = 0. Infine se g è nilpotente esisterà i tale che g i 0 ma g i+1 = 0, per cui g i Z(g).

7 1.2. ALGEBRE NILPOTENTI, RISOLUBILI, SEMISEMPLICI 7 Lemma 1. Sia g una sottoalgebra di gl(v ) composta di elementi nilpotenti. Allora esiste v V tale che gv = 0. Dimostrazione. Dimostriamolo per induzione su dim g. Il caso dim g = 0 è ovvio. Sia h una sottoalgebra massimale. Allora h agisce in modo naturale sullo spazio vettoriale g/h, per cui per l ipotesi induttiva (essendo dim h < dim g), possiamo trovare un x g tale che [hx] h. Di conseguenza il normalizzatore di h contiene propriamente h. Ma h era massimale, per cui h è un ideale di g. Ma allora dim h = dim g 1, perchè se dim g/h > 1 possiamo trovare una sottoalgebra propria (e.g. quella generata da un elemento), e la controimmagine sarebbe una sottoalgebra tra g e h, contro la massimalità di h. Quindi dim g = dim h + 1, per cui possiamo trovare x g tale che Ora, per ipotesi induttiva, l insieme g = x h. {v V hv = 0} è non vuoto. Inoltre è x-invariante, infatti se hv = 0, abbiamo hxv = [hx]v + xhv = 0 per ogni h h. Quindi, poichè x è nilpotente, possiamo trovare v tale che xv = 0 e hv = 0, cioè gv = 0. Corollario 1. Sia g una sottoalgebra di gl(v ) fatta di elementi nilpotenti. Allora possiamo trovare una bandiera 0 = V 0 V 1 V n tale che gv i V i 1. In particolare g è nilpotente. Dimostrazione. Per induzione su dim V. Prendiamo v dal lemma tale che gv = 0. Allora g agisce in modo naturale su V/ v. Sollevando la bandiera data dall ipotesi induttiva, abbiamo la tesi. Teorema 3 (Engel). Sia g un algebra di Lie. Allora è nilpotente se e solo se tutti gli elementi sono ad-nilpotenti. Dimostrazione. Se g è nilpotente è chiaro che tutti gli elementi sono ad-nilpotenti. Per il viceversa andiamo per induzione su dim g. Se tutti gli elementi sono adnilpotenti, allora ad g è una sottoalgebra di elementi nilpotenti di gl(g). Per il lemma possiamo trovare x g tale che (ad g)x = 0, cioè [gx] = 0, cioè x Z(g). Ma allora g/z(g) è un algebra di Lie di dimensione inferiore in cui tutti gli elementi sono ad-nilpotenti. Allora g/z(g) è nilpotente. Ma allora g è nilpotente Algebre risolubili Un algebra di Lie g si dice risolubile se la successione derivata, definita da g (0) = g g (i+1) = [g (i) g (i) ] è definitivamente nulla, cioè se esiste n tale che g (n) = 0.

8 8 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE Proposizione 2. Sia g un algebra di Lie 1. Se g è risolubile allora lo sono anche tutte le sue sottoalgebre e i suoi quozienti. 2. Se h è un ideale risolubile di g tale che g/h è risolubile allora anche g è risolubile. 3. Se h 1, h 2 sono due ideali risolubili allora anche h 1 +h 2 è un ideale risolubile. Dimostrazione. Il punto 1 è ovvio (se h g allora h (i) g (i) e analogamente per i quozienti). Per quanto riguarda il punto 2, sappiamo che esiste i tale che (g/h) (i) = 0, cioè g (i) h (i). Quindi g è risolubile. Per quanto riguarda il punto 3, consideriamo la successione esatta 0 h 1 h 1 + h 2 (h 1 + h 2 )/h 1 0 allora h 1 è risolubile, d altro canto (h 1 +h 2 )/h 1 = h 2 /(h 1 h 2 ) è risolubile perchè quoziente di risolubile. Quindi h 1 + h 2 è risolubile. Quindi esiste un unico ideale risolubile massimale chiamato il radicale di g (Rad(g)). D ora in poi il campo base k sarà algebricamente chiuso di caratteristica 0. Lemma 2. Sia g una sottoalgebra risolubile di gl(v ). Allora esiste un v V che sia autovalore comune per tutti gli elementi di g. Dimostrazione. Dimostriamolo per induzione su dim g. Possiamo trovare un ideale h di dimensione 1. Infatti [gg] è un ideale proprio (se no g non sarebbe risolubile) e g/[gg] è un algebra abeliana, per cui ogni suo sottospazio (e in particolare un sottospazio di codimensione 1) è un ideale. Per ipotesi induttiva h ha un autovettore comune v, cioè esiste λ h tale che W = {v V hv = λ(h)v per ogni h h} è non banale. Fissiamo x g tale che g = h x. Se dimostriamo che W è invariante per x possiamo concludere come prima (basta trovare un autovettore per x in W e possiamo perchè il campo è algebricamente chiuso). Ma se v V h(xv) = x(hv) + [hx]v = λ(h)xv + λ([xv])v perchè h è un ideale e perciò [hx] h. Ci rimane da dimostrare solo che λ([hx]) = 0. Fissiamo v V non nullo e consideriamo per ogni i 0 lo spazio W i = Span(v, xv,..., x i v). Inoltre sia m tale che {v,..., x m v} sia una base dell unione di tutti i W i. Vorremmo dire che h agisce in modo diagonale su W m e che per ogni h h tr Wm h = mλ(h). Infatti un immediata induzione dà che h h hx i λ(h)x i W i 1.

9 1.2. ALGEBRE NILPOTENTI, RISOLUBILI, SEMISEMPLICI 9 Quindi in particolare tr Wm [hx] = mλ([hx]). Ma, poichè [hx] è il commutatore di due endomorfismi di W m, ha traccia nulla. Quindi mλ([hx]) = 0. Poichè ora k ha caratteristica 0 abbiamo λ([hx]) = 0 come cercato. Teorema 4 (Lie). Sia g una sottoalgebra risolubile di gl(v ). Allora g stabilizza una bandiera Dimostrazione. Andiamo per induzione su dim V. Per il lemma precedente possiamo trovare v V non nullo tale che sia un autovettore comune per tutta g. Quindi in particolare v è g-invariante. Ma allora applicando l ipotesi induttiva a V/ v abbiamo la tesi. Corollario 2. Sia g un algebra di Lie risolubile, allora ha una bandiera di ideali. In particolare g è risolubile se e solo se [gg] è nilpotente. Dimostrazione. Se g è risolubile possiamo applicare il teorema di Lie a ad g. Una bandiera di sottospazi di g stabilizzata da ad g è esattamente una bandiera di ideali. Quindi se g è risolubile sia 0 = g 0 g 1 g n = g la bandiera di ideali. Se scegliamo una base di g tale che g i = x 1,..., x i, in questa base tutte le matrici di ad g sono triangolari superiori, perciò tutte le matrici di ad[gg] = [ad g ad g] sono strettamente triangolari superiori e perciò nilpotenti. Quindi ad[gg] è nilpotente e perciò anche [gg] è nilpotente. Inoltre è chiaro dalle definizioni che se [gg] è nilpotente allora g è risolubile. La forma di Killing di un algebra di Lie è una forma bilineare simmetrica data da κ(x, y) = tr g (ad x ad y). Con un semplice conto si verifica che vale κ([xy], z) = κ(x, [yz]). Teorema 5 (Criterio di Cartan). Sia g una sottoalgebra di gl(v ) con dim V <. Supponiamo che tr(xy) = 0 per ogni x [gg] e ogni y g. Allora g è risolubile. Corollario 3. Sia g un algebra di Lie tale che [gg] stia nel nucleo della forma di Killing. Allora g è risolubile.

10 10 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE Algebre semisemplici Un algebra di Lie g è detta semisemplice se il suo radicale Radg è nullo 1. Proposizione 3. Un algebra di Lie g è semisemplice se e solo se la sua forma di Killing è non degenere. Dimostrazione. Sia A il nucleo della forma di Killing di g (i.e. A = g ). chiaro che è un ideale di g, perchè per ogni x, z g e ogni y A È κ([xy], z) = κ(x, [yz]) = 0. Osserviamo che ad A è risolubile per il criterio di Cartan. Ma allora anche A è risolubile. Quindi A è contenuta nel radicale di g. In particolare se g è semisemplice κ è non degenere. Il viceversa vale solo in caratteristica 0. Prendiamo un ideale abeliano h di g e facciamo vedere che h A. Questo chiaramente implica la tesi perchè un algebra senza ideali abeliani è semisemplice (ogni algebra risolubile ha un ideale abeliano non banale!). Ora se x h e y g vorremmo far vedere che κ(x, y) = 0. Ma ad x ad y(g) h e quindi (ad x ad y) 2 g [hh] = 0. Perciò κ(x, y) = tr(ad x ad y) = 0. Lemma 3. Sia g algebra di Lie e h ideale. Allora la forma di Killing di h coincide con la restrizione ad h h della forma di Killing di g. Dimostrazione. Siano x, y h. Voglio far vedere che ad g x ad g y ha la stessa traccia di ad h x ad h y. Infatti prendiamo una base di h e completiamola ad una base di g. In questa base le matrici di ad g x e ad g y sono della forma ( )? 0 0 dove al posto dell asterisco ci sono le matrici di ad h x e ad h y. Questo implica la tesi. Teorema 6. Sia g un algebra di Lie semisemplice. Allora esistono h 1,..., h t ideali semplici di g tali che g = h 1 h t. Inoltre ogni ideale semplice di g è uno degli h i. Dimostrazione. Andiamo per induzione su dim g. Se g è semplice abbiamo la tesi. Prendiamo h 1 un ideale di g e consideriamo h = h 1 l ortogonale rispetto 1 Ricordiamo che il radicale di un algebra di Lie è il massimo ideale risolubile.

11 1.2. ALGEBRE NILPOTENTI, RISOLUBILI, SEMISEMPLICI 11 alla forma di Killing. Il criterio di Cartan applicato a h h 1 ci dice che è un ideale risolubile, per cui h h 1 = 0. Ma allora g = h h 1 e la forma di Killing è non degenere se ristretta ad h o h 1. Perciò per ipotesi induttiva g si scrive come somma di ideali semplici. Sia ora h un ideale semplice di g. Allora [hg] = [hh 1 ] [hh t ] Ma se h h i per nessun i ne segue che [hh i ] h h i = 0. Quindi [hg] = 0, cioè h abeliano, assurdo perchè h è semplice. Osserviamo che in particolare se g è semisemplice [gg] = g. Consideriamo ora una rappresentazione φ : g gl(v ) e supponiamo che sia fedele (i.e. che φ sia iniettivo). Prendiamo per ogni x, y g β(x, y) = tr V (φ(x)φ(y)). Questa è una forma bilineare simmetrica associativa (i.e. β([xy], z) = β(x, [yz])) e non degenere. Per vederlo basta mimare le dimostrazioni per la forma di Killing (che è il caso φ = ad). Ora sia x 1,..., x n base di g e sia y 1,..., y n base duale rispetto a β. Allora l elemento di Casimir di φ è c φ = i φ(x i )φ(y i ) gl(v ). Lemma 4. L elemento di Casimir c φ commuta con l azione di g (cioè è un g-omomorfismo). Dimostrazione. Fissiamo x g e poniamo [xx i ] = n a ij x j [xy i ] = j=1 n b ij y j. Ma dall equazione β([xx i ], y j ) + β([xy j ], x i ) = 0 segue che a ij + b ji = 0. Infine = [φ(x), c φ ] = j=1 n [φ(x), φ(x i )φ(y i )] = i=1 n [φ(x), φ(x i )]φ(y i ) + φ(x i )[φ(x), φ(y i )] = i=1 n i=1 j=1 n (a ij + b ji )φ(x i )φ(y i ) = 0 Lemma 5 (Schur). Sia g un algebra di Lie e siano V, W due g moduli irriducibili. Se φ : V W è un omomorfismo di g-moduli allora o φ è un isomorfismo o è l omomorfismo nullo.

12 12 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE Dimostrazione. Osserviamo che ker φ è un sottomodulo di V. Poichè V è irriducibile o è tutto (e in tal caso φ è nullo) o è 0 (e in tal caso φ è iniettivo. D altro canto se φ è iniettivo la sua immagine è un sottomodulo non nullo di W e quindi è tutto. Quindi in particolare se k è algebricamente chiuso un qualunque endomorfismo φ di un g-modulo irriducibile è la moltiplicazione per uno scalare. Infatti deve avere un autovalore λ e allora φ λid è un endomorfismo non iniettivo (e perciò è 0). Osserviamo ora che se g è semisemplice e φ : g gl(v ) è una rappresentazione di g φ(g) sl(v ). Infatti φ(g) = φ([gg]) = [φ(g)φ(g)] [gl(v )gl(v )] = sl(v ). In particolare se dim V = 1 φ(g) = 0. Una rappresentazione è irriducibile se non ha sottorappresentazioni proprie. Una rappresentazione è completamente riducibile se è somma diretta di sottorappresentazioni irriducibili. Lemma 6. Sia g un algebra di Lie semisemplice e sia V un g-modulo con un g-sottomodulo W di codimensione 1. Allora W ha un g-modulo complementare in V Dimostrazione. Senza perdita di generalità assumiamo che V sia un g-modulo fedele e che W sia irriducibile. Infatti se W W è un sottomodulo massimale proprio ci basta costruire un complementare per W/W in V/W. Notiamo inoltre che V/W è un g-modulo di dimensione 1, per cui dev essere un modulo banale. Prendiamo ora l elemento di Casimir c φ. Questo lascia invariato W perchè è somma di prodotti di elementi di φ(g). Perciò, per il lemma di Schur, c φ W è la moltiplicazione per uno scalare. D altro canto c φ agisce banalmente su V/W perchè questa è un modulo 1-dimensionale su di un algebra semisemplice. Quindi 1 tr W (c φ W ) = tr V (c φ ) c φ W = dim W Id. Quindi W ker c φ = 0. Ma d altro canto c φ è un g-sottomodulo di V per cui W c φ = V. Teorema 7 (Weyl). Sia φ : g gl(v ) una rappresentazione di un algebra di Lie semisemplice g. Allora φ è completamente riducibile. Dimostrazione. Senza perdita di generalità assumiamo φ fedele (altrimenti basta usare il teorema applicato a φ(g), ricordando che quozienti di algebre semisemplici sono semisemplici).

13 1.3. RAPPRESENTAZIONI DI SL 2 (K) 13 Andiamo per induzione su dim V. Prendiamo W un sottomodulo di V e dimostriamo che ha un complementare. Su Hom k (V, W ) possiamo dare la struttura standard di g-modulo data da (xf)(v) = x(f(v)) f(xv). Consideriamo Γ, Λ Hom k (V, W ) definito da Γ = {f Hom k (V, W ) λ k f W = λid} Λ = {f Hom k (V, W ) f W = 0}. È chiaro che Γ e Λ sono sottomoduli e che Λ ha codimensione 1 in Γ. Quindi ha un complementare per il lemma 6. Sia f Γ tale che Γ = f Λ. Possiamo rinormalizzarlo di modo che f W = Id. Osserviamo che f è un modulo di dimensione uno e perciò banale. Quindi (xf)(v) = xf(v) f(xv) = 0 cioè f è un g-endomorfismo di V. Vogliamo dimostrare che ker f è un complementare di W. È chiaro che ker f W = 0. Inoltre poichè f è un g-endomorfismo, ker f è un sottomodulo. Infine il rango di f è esattamente la dimensione di W (perchè f(v ) = W ) per cui dim ker f + dim W = dim V, che implica che è la tesi. ker f W = V 1.3 Rappresentazioni di sl 2 (k) Osserviamo che sl 2 (k) è un algebra semisemplice. Per cui per il teorema di Weyl è sufficiente classificare tutte le rappresentazioni irriducibili. Una base di sl 2 (k) è data dalle tre matrici Osserviamo che x = ( ) y = ( ) h = [hx] = 2x, [hy] = 2y, [xy] = h. ( ) Consideriamo lo spazio vettoriale h generato da x e h. Si vede immediatamente che è una sottoalgebra di Lie risolubile, per cui c è un autovettore comune v. hv = λv xv = µv. Inoltre λµv = hxv = xhv + [hx]v = (2µ + λµ)v

14 14 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE per cui µ = 0. Poniamo ora Per induzione si vede che v i = yi i! v hv i = (λ 2i)v i yv i = (i + 1)v i+1 xv i = (λ i + 1)v i 1 v 1 = 0 Consideriamo Span(v i i 0). Questo come si vede è un sottomodulo, per cui dev essere è tutto. Poniamo ora V α = {v V hv = αv}. Abbiamo visto che v i V λ 2i. Poichè dim V < (e quindi ci sono solo un numero finito di α tale che V α 0) deve esistere n tale che v n 0 ma v n+1 = 0. Allora 0 = xv n+1 = (λ n)v n per cui λ = n N. Inoltre è chiaro che dim V = n + 1, e che una base è {v, v 1,..., v n } In questa base l azione di sl 2 (k). n n 2 0 h n 0 n 0. x y n 0 Queste sono chiaramente rappresentazioni irriducibili (e quindi sono tutte). 1.4 MANCANTE: La decomposizione di Jordan Teorema 8. Sia x gl(v ). Allora esistono unici x s, x n gl(v ) tali che x s è semisemplice (diagonalizzabile nella chiusura algebrica), x n è nilpotente e [x s x n ] = 0. Inoltre x s, x n sono esprimibili come polinomi in x. Teorema 9. Sia g un algebra di Lie semisemplice. Allora per ogni x g esistono unici x s, x n tali che ad x s è semisemplice, ad x n è nilpotente e [x s x n ] = 0. Inoltre se g è una sottoalgebra di gl(v ) questa decomposizione coincide con la decomposizione del teorema precendente.

15 1.5. DECOMPOSIZIONE DI CARTAN Decomposizione di Cartan In tutta questa sezione g è un algebra di Lie semisemplice. Un algebra torale è una sottoalgebra h di g composta completamente di elementi semisemplici. Proposizione 4. Ogni algebra torale h è abeliana. Dimostrazione. Prendiamo x h. Vogliamo dimostrare che ad h x = 0. Poichè è diagonalizzabile ci basta far vedere non ha autovettori non nulli. Prendiamo un autovettore y h tale che [xy] = ay Allora se consideriamo la restrizione di ad h y a V = Span(x, y) questa è nilpotente. Siccome è anche diagonalizzabile abbiamo che ad h y V = 0, cioè a = 0. Sia quindi h una sottoalgebra torale massimale di g. La restrizione della rappresentazione aggiunta rende g automaticamente un h-modulo. Inoltre ad h è composto di elementi a due a due commutanti, perciò è simultaneamente diagonalizzabile. Possiamo quindi trovare una famiglia finita Φ h {0} tale che g = C(h) g α. α Φ Qui per ogni α h poniamo g α = {x g [h, x] = α(h)x h h} e C(h) = C g (h) = g 0 è il centralizzatore di h. Lemma 7. Siano α, β h. Allora [g α g β ] g α+β. Inoltre se α + β 0 allora g α e g β sono ortogonali rispetto alla forma di Killing. Dimostrazione. Sia x g α,y g β. Allora per ogni h h [h[xy]] = [[hx]y] + [x[hy]] = [α(h)xy] + [xβ(h)y] = (α + β)(h)[xy]. Cioè [xy] g α+β. Ora, se α + β 0, esiste h h tale che (α + β)(h) 0. Allora per ogni x g α, y g β (α + β)(h)κ(x, y) = κ(α(h)x, y) + κ(x, β(h)y) = che è la tesi. = κ([hx], y) + κ(x, [hy]) = κ([hx], y) + κ([xh], y) = 0 Corollario 4. La restrizione di κ a C(h) è non degenere.

16 16 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE Lemma 8. Sia h una sottoalgebra torale massimale. Allora C(h) = h. Proposizione 5. Per ogni α Φ poniamo t α h definito da α(h) = κ(t α, h) per ogni h h. Inoltre per ogni α, β h poniamo (α, β) = κ(t α, t β ). 1. Φ genera tutto h come spazio vettoriale. 2. Se α Φ allora α Φ. 3. Siano x g α, y g α. Allora [xy] = κ(x, y)t α. E inoltre esistono tali x, y con [xy] (α, α) 0 per ogni α Φ. 5. Per ogni x g α esiste un unico y g α tale che, posto h α = 2t α κ(t α, t α ) l algebra generata da x, y, h α sia isomorfa a sl 2 (k) Dimostrazione. Osserviamo che se Φ non generasse tutto h, esisterebbe h h non nullo tale che α(h) = 0 per ogni α Φ. Ma allora h Z(g) = 0, assurdo. Ora, se α Φ ma α Φ g α sarebbe nel nucleo della forma di Killing (è ortogonale a tutti i g β con β α). Ora, se x g α, y g α, abbiamo che [xy] g 0 = h. Ma κ([xy], h) = κ(x, [yh]) = α(h)κ(x, y) per cui [xy] = κ(x, y)t α (stanno entrambi in h e rappresentano lo stesso funzionale tramite κ). Inoltre per ogni x g α esiste y g α con κ(x, y) 0, perchè altrimenti x starebbe nel nucleo di κ. Supponiamo ora che (α, α) = α(t α ) = 0. Consideriamo l algebra S = {t α, x, y} dove abbiamo scelto x g α, y g α di modo che [xy] = t α. Allora questa è risolubile, perchè [t α x] = [t α y] = 0, quindi ad g S sarebbe risolubile. Ma questo è assurdo perchè allora ad g t α [ad g S, ad g S] sarebbe nilpotente, contro l ipotesi su t α. Il punto 5 invece è ovvio. Proposizione Se α Φ, allora dim g α = Se α Φ gli unici suoi multipli in Φ sono α e α. 3. Se α, β Φ allora β, α = 2(β,α) (α,α) sono interi e β β, α α Φ. 4. La α-stringa di radici per β è lunga β, α, cioè l insieme è un intervallo di lunghezza β, α. {i Z β + iα Φ}

17 1.5. DECOMPOSIZIONE DI CARTAN 17 Dimostrazione. Per ogni α Φ prendiamo S α = x α, y α, h α isomorfa a sl 2 (k). Ora se consideriamo M = h c k g cα. questo è un S α -modulo e perciò ha per pesi numeri interi. v g cα. Questo è un autovettore di h α di autovalore [h α v] = cα(h α )v = 2cv,. Prendiamo ora Quindi gli autovalori di h sono {2c g cα 0} Z. Ora, gli autovettori di autovalore 0 sono dati da h, per cui le uniche sottorappresentazioni di peso pari sono quelle contenute in ker α (che è somma di rappresentazioni 1 dimensionali) e la rappresentazione aggiunta di S α. In particolare 2α non è una radice (non ci sono sottorappresentazioni di M di peso 4). Perciò se α è radice 1 2α non lo è. Di conseguenza non ci sono rappresentazioni di peso dispari, cioè M = h g α g α. Quindi gli unici multipli di α che stanno in Φ sono α e α. Inoltre dalla dimostrazione è chiaro che g α = Span(x α ) e perciò ha dimensione 1. Prendiamo ora α, β Φ e consideriamo la α-stringa di radici per β, cioè poniamo N = g β+iα. i Z Questo è ancora un S α -modulo. Inoltre se v g β+iα è autovettore di autovalore β(h α ) + 2i perchè [h α v] = (β + iα)(h α )v = (β(h α ) + 2i)v. Quindi β(h α ) = β, α è un intero e inoltre la lunghezza della α-stringa per β è esattamente la dimensione di N, cioè β, α. Consideriamo ora il sottospazio vettoriale E Q di h generato su Q dagli elementi di Φ. Questo ha dimensione n = dim g. Infatti sia α 1,..., α n una base di h contenuta in Φ. Allora voglio dire che Φ n Qα i. i=1 Infatti sia β Φ. Sappiamo che esistono c 1,..., c n k tali che β = c 1 α c n α n. Allora per ogni j = 1,..., n vale β, α j = n c i α i, α j. i=1 Questo è un sistema di n equazioni in n incognite a coefficienti razionali che possiede un unica soluzione 2. Perciò ha soluzione in Q, cioè c i Q. 2 Perchè la forma (, ) è non degenere.

18 18 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE Infine dimostriamo che (, ) ristretta a E Q è definita positiva. Infatti se β E Q (β, β) = κ(t β, t β ) = tr(ad g t β ad g t β ) = α Φ α(t β ) 2 > 0 dove l ultima uguaglianza segue dalla scrittura di ad g t β nella base data dai g α. Quindi ponendo E = E Q Q R abbiamo costruito una mappa (g, h) (E, Φ) che associa a ogni algebra di Lie (corredata di una sottoalgebra torale massimale) una coppia data da uno spazio euclideo e di un sistema di radici in esso. Infatti per ogni spazio euclideo E definiamo un suo sottoinsieme Φ E {0} come un sistema di radici se valgono le seguenti proprietà: 1. Φ genera E come spazio vettoriale su R. 2. Se α Φ gli unici multipli di α in Φ sono ±α. 3. Per ogni α, β Φ i valori β, α = 2(β,α) (α,α) sono interi. 4. Per ogni α Φ le simmetrie σ α che mandano x in x x, α α lasciano Φ invariato. 1.6 Teoria assiomatica dei sistemi di radici Supponiamo di avere un sistema di radici Φ E. α, β Φ se θ è l angolo tra α e β Osserviamo che per ogni Ma allora β, α = 2(β, α) (α, α) = 2 β α cos θ. β, α α, β = 4 cos 2 θ è un intero minore o uguale a 4. Questo lascia poche possibilità per θ. Supponiamo β α e che non siano proporzionali (nel qual caso β = ±α). Allora le possibilità sono α, β β, α θ β / α 0 0 π/2 indeterminato 1 1 π/ π/ π/ π/ π/ π/6 3

19 1.6. TEORIA ASSIOMATICA DEI SISTEMI DI RADICI 19 Lemma 9. Siano α, β Φ non proporzionali. Se (α, β) > 0 (rispettivamente (α, β) < 0) allora α β Φ (rispettivamente α + β Φ). Dimostrazione. Senza perdita di generalità supponiamo β > α. Facciamo il caso (α, β) > 0. Allora dalla tabella sappiamo che α, β = 1. Ma allora α α, β β = α β Φ. Definiamo il gruppo di Weil W di Φ come il sottogruppo di GL(E) generato dalle riflessioni σ α per α Φ. Lemma 10. Se ξ GL(E) manda Φ in sè, allora per ogni radice α ξσ α ξ 1 = σ ξα Una base di Φ è un sottoinsieme Φ tale che è una base di E. Ogni elemento β di Φ si scrive come somma concorde di elementi di, cioè ( ) β = ± ε α α con ε α {0, 1} α Vogliamo dimostrare che esistono basi, anzi in un certo senso vogliamo trovarle tutte. Sia per ogni α E p α = {x E (x, α) = 0} (l iperpiano ortogonale ad α). Le camere di Weil sono le componenti connesse di E α Φ p α. Lemma 11. Esiste una corrispondenza biunivoca tra le camere di Weil e le basi di Φ. Dimostrazione. Se C è una camera di Weil e γ C definiamo le radici positive come Φ + = {α Φ (α, γ) > 0}. Osserviamo che questo dipende solo da C e non da γ. Inoltre chiamiamo radici negative quelle radici che non sono positive (Φ ). Diciamo che una radice positiva α è indecomponibile se non è somma di altre radici positive. Definiamo quindi (C) = {α Φ + α indecomponibile }. È chiaro che ogni radice è combinazione concorde di elementi di (C) (se un α Φ + è decomponibile lo scrivo come α = β + β e poi induco, tanto sono un numero finito). Quindi in particolare generano. Ci manca da dimostrare solo

20 20 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE che siano linearmente indipendenti. Osserviamo che per ogni α, β (C) α β non è una radice, per cui (α, β) 0. Scriviamo ora una combinazione lineare r α α = 0 Separando nei due lati le r α positive da quelle negative r α α = ( r β )β. r α>0 Chiamiamo ε il valore comune. Allora (ε, ε) = α r α>0,r β <0 r β <0 r α r β (α, β) 0 Per cui dev essere ε = 0. WLOG allora r α > 0 per ogni α. Ma, preso γ C risulta 0 = r α (α, γ) α e poichè tutti gli addendi del membro di destra sono positivi dev essere r α = 0 per ogni α. Viceversa per ogni base possiamo determinare una camera. Infatti è sufficiente prendere un γ tale che (γ, α) > 0 per ogni α e associare a la camera in cui sta γ. Lemma 12. Sia α. Allora se β Φ +, con β α, allora σ α β Φ +. Dimostrazione. Infatti scriviamo β = γ k γ γ. Poichè β non è proporzionale ad α esiste γ α con k γ > 0. Ma in σ α (β) = β β, α cambia solo la coordinata di α, per cui σ α (β), che ha un coefficiente positivo, dev essere una radice positiva. Teorema 10. Sia Φ E un sistema di radici e una sua base e sia W il gruppo di Weil di Φ. Allora 1. Se γ sta in una camera esiste σ W tale che σγ C( ) (cioè il gruppo di Weil è transitivo sulle camere). 2. Se è un altra base di Φ esiste σ W tale che σ( ) = (cioè W è transitivo sulle basi). 3. Se α Φ esiste σ W tale che σ(α). 4. W è generato dai σ α per α.

21 1.6. TEORIA ASSIOMATICA DEI SISTEMI DI RADICI 21 Dimostrazione. Dimostreremo prima i primi tre risultati per il sottogruppo W = σ α α e poi dimostreremo che W = W. Fissiamo γ C( ). (1). Consideriamo δ = 1 2 α Φ + α Sia σ W tale che (σ(γ), δ) sia massimo. Vogliamo dire che (σγ, α) > 0 per ogni α (e quindi in Φ + ). Infatti sappiamo che (σ α σγ, δ) (σγ, δ). Ma (σ α σγ, δ) = (σγ, σ α δ) = σγ, 1 σ α (β) = (σγ, δ α) = (σγ, δ) (σγ, α) 2 β Φ + dove la penultima uguaglianza è data dal fatto che σ α α = α, ma che σ α permuta le altre radici positive. Cioè (σγ, α) > 0 per ogni α Φ +, che è quello che volevamo dimostrare. (2). È una ovvia conseguenza di (1) e della corrispondenza biunivoca tra basi e camere di Weil. (3). Per (2) è sufficiente far vedere che α appartiene ad almeno una base. Prendiamo γ p α tale che γ p β per nessun altra radice β ±α. Possiamo quindi trovare γ tale che (γ, α) = ε > 0, ma (γ, β) > ε per ogni altra radice β ±α. Ma allora α è indecomponibile tra le radici positive rispetto a γ. Infatti se α = β β k (γ, α) = (γ, β 1 ) + + (γ, β k ) > ε assurdo. (4). Basta far vedere che σ α W per α Φ. Possiamo trovare ξ W che manda ξ(α). Ma allora e perciò σ α W. ξσ α ξ 1 = σ ξα W Un sistema di radici si dice irriducibile se non è scrivibile come unione disgiunta di due sistemi di radici ortogonali. Data una base = {α 1,..., α n }, la matrice di Cartan di Φ è la matrice ( α i, α j ) ij. Osserviamo che, poichè due qualsiasi basi sono coniugate, la matrici di Cartan non dipende dalla scelta della base (a meno di riordino). Un modo comodo di codificare l informazione della matrice di Cartan sono i diagrammi di Dynkin. Il grafo di Coxeter di è il grafo che ha per vertici gli elementi di e ha esattamente α i, α j α j, α i archi tra i vertici α i e α j. Il

22 22 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE diagramma di Dynkin è il grafo di Coxeter con l informazione aggiuntiva che i lati multipli (che accadono solo quando α i e α j hanno moduli diversi) sono ortientati verso la radice di modulo massimo. È chiaro che il sistema di radici è irriducibile se e solo se il suo diagramma di Dynkin è connesso. Inoltre la matrice di Cartan (e perciò il diagramma di Dynkin) determina completamente il sistema di radici. Teorema 11 (Teorema di Classificazione). Sia Φ un sistema di radici irriducibile di rango l. Allora il suo diagramma di Dynkin è uno dei seguenti: D l (l 3) : l 2 A l (l 1) : l 1 l B l (l 2) : l 1 l C l (l 3) : l 1 l l l 1 F 4 : E 6 : E 7 : E 8 : G 2 : MANCANTE: teoremi di coniugio, isomorfismo e esistenza Questa sezione conterrà gli enunciati di tre teoremi molto importanti che n non sono stati fatti a lezione. Teorema 12 (di isomorfismo). Siano g, g algebre di Lie semisemplici e siano h, h sottoalgebre torali massimali di sistemi di radici Φ, Φ rispettivamente. Supponiamo che esista un isomorfismo ξ di Φ con Φ che induce quindi un isomorfismo di algebre di Lie tra h e h. Inoltre fissiamo base di Φ e per ogni α scegliamo un isomorfismo ξ α : g α g ξα. Allora esiste un unico ξ : g g isomorfismo che estende gli isomorfismi di h e di g α. Quindi algebre di Lie con sistemi di radici isomorfi sono isomorfe. Teorema 13 (di coniugio). Sia g algebra di Lie semisemplice e siano h, h sottoalgebre torali massimali di g. Allora esiste un automorfismo ϕ : g g tale che ϕ(h) = h. Quindi tutte le sottoalgebre torali massimali di un algebra di Lie semisemplice hanno sistemi di radici isomorfi.

23 1.8. TEORIA DELLE RAPPRESENTAZIONI 23 Teorema 14 (di esistenza di Serre). Sia Φ un sistema di radici e sia = {α 1,..., α l } una sua base. Sia g l algebra di Lie generata dagli elementi soggetti alle relazioni [h i h j ] per ogni i, j. [x i y i ] = h i e [x i y j ] = 0 per i j. {x i, h i, y i i = 1,..., l} [h i x j ] = α i, α j x j e [h i y j ] = α j, α i y j per ogni i, j. (ad x i ) αj,αi +1 x j = 0 e (ad y i ) αj,αi +1 y j = 0 per ogni i j Allora g è un algebra di Lie semisemplice finita, la sottoalgebra generata dagli h i è un algebra torale massimale e il sistema di radici è naturalmente isomorfo a Φ. Quindi per ogni sistema di radici esiste un algebra di Lie semisemplice. 1.8 Teoria delle rappresentazioni Sia V un g-modulo (non necessariamente finito). Scegliamo inoltre un algebra torale massimale h e una base del sistema di radici. Sia λ h. Definiamo lo spazio-peso di λ come V λ = {v V hv = λ(h)v h h}. Quegli elementi λ h per cui V λ 0 sono detti pesi di V. Un vettore massimale v V (di peso λ) è un vettore non nullo in V λ = {w V hw = λ(h)w} tale che per ogni α g α v = 0. Se V è finito esistono sempre vettori massimali. Infatti sia B( ) = h α0 g α una sottoalgebra di Borel. Questa è risolubile e perciò ha un autovettore comune per il teorema di Lie, che è un vettore massimale. Un g-modulo V si dice standard ciclico se esiste un vettore massimale v di peso λ tale che V = U(g)v. Proposizione 7. Sia V = U(g)v standard ciclico e sia Φ + = {β 1,..., β n } l insieme delle radici positive. Allora (a) V è generato dai vettori y i1 β 1 y in β n v. In particolare V è somma diretta dei suoi spazi peso.

24 24 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE (b) I pesi di V sono della forma µ = λ α k α α dove i k α N. (c) Per ogni peso µ dim V µ < e in particolare dim V λ = 1. (d) Ogni sottomodulo di V è somma diretta dei suoi spazi peso. (e) V è indecomponibile e ha un unico sottomodulo massimale. Dimostrazione. (a) è una conseguenza immediata del teorema di Poincarè-Birkoff- Witt. Infatti sia g = α Φ g α. Allora V = U(g)v = U(g )U(B( )v = U(g )v. (b) segue da (a). Infatti tutti i vettori della forma y i1 β 1 y in β n v stanno nello spazio peso corrispondente a n λ i j β j j=1 (si tratta di un banale conto) per cui, sostituendo le espressioni dei β j in termini degli elementi della base abbiamo la tesi. (c) segue ancora da (a). Infatti per ogni peso µ V µ = Span(y i1 β 1 y in β n v µ = λ n i j β j } e lo spazio vettoriale sulla destra è chiaramente di dimensione finita (e di dimensione 1 quando µ = λ). (d) Prendiamo W sottomodulo di V. Sappiamo che w = µ v µ con v µ V µ (perchè V è somma dei suoi spazi peso), dobbiamo dimostrare che v µ W. Se così non fosse prendiamo w controesempio con il minor numero di addendi non nulli w = v v r v i V µi. È chiaro che r > 1 (se no non sarebbe un controesempio). Senza perdita di generalità supponiamo v 2 W. Poichè µ 1 µ 2, esiste h h tale che µ 1 (h) µ 2 (h). Allora µ 1 (h)w hw = (µ 1 (h) µ 2 (h))v (µ 1 (h) µ r (h))v r W è un controesempio più piccolo, assurdo. (e) Basta prendere W = µ λ V µ. Questo è chiaramente un sottomodulo. Inoltre contiene tutti i sottomoduli propri per cui è l unico sottomodulo massimale (e perciò non ha un complementare, quindi V è indecomponibile). i=j

25 1.8. TEORIA DELLE RAPPRESENTAZIONI 25 Osserviamo che se V è un modulo standard ciclico, il peso del vettore massimale è caratterizzato dall essere massimale tra tutti i pesi di W (cioè se µ è un peso di V λ µ è un peso positivo). Quindi il peso massimale di un modulo standard ciclico è ben definito. Inoltre anche il vettore massimale è ben definito a meno di proporzionalità, infatti dim V λ = 1. Teorema 15 (Esistenza e unicità). Per ogni λ h esiste esattamente un unico modulo V (λ) standard ciclico irriducibile di peso λ, eventualmente non finito. Dimostrazione. Cominciamo con l unicità. Siano V, W due moduli standard ciclici irriducibili di peso λ e siano v, w vettori massimali. Consideriamo il g-modulo V W. È chiaro che (v, w) è un vettore massimale di peso λ. Prendiamo ora T = U(g)(v, w). Questo è un modulo standard ciclico. Consideriamo le proiezioni p V, p W sui due fattori. Poichè V, W sono irriducibili p V (T ) = V e p W (T ) = W. Quindi ker p V e ker p W sono due sottomoduli massimali di T. Ma T, essendo standard ciclico, ha un solo sottomodulo massimale, per cui ker p V = ker p W. Cioè V = T/ ker p V = T/ ker p W = W. Veniamo all esistenza. Ricordiamo la notazione dell algebra di Borel B( ) = h α Φ + g α. Prendiamo ora D λ = kv e diamogli una struttura di B( )-modulo in questo modo g α v = 0 α Φ + e hv = λ(h)v h h. Quindi D λ ha una naturale struttura di U(B( ))-modulo. Definiamo ora Z(λ) = U(g) U(B( )) D λ dove il prodotto tensore è fatto dando a U(g) la naturale struttura di U(B( )) modulo destro. Questo ha una naturale struttura di U(g)-modulo, anzi è standard ciclico perchè Z(λ) = U(g)(1 v) e si vede immediatamente che g α v = 0 per ogni α Φ +. Quindi Z(λ) ha un unico sottomodulo massimale W. Bene, definiamo V (λ) = Z(λ)/W, questo è un g-modulo standard ciclico irriducibile. Lemma 13. In U(g) valgono le relazioni per α, β, k > 0 [x α yβ k ] = 0 se α β. [h α y k β ] = kβ(h α)y k β. [x α y k α] = ky k α(k 1 h α ).

26 26 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE Dimostrazione. Sono tutte una facile induzione, partendo dal fatto che α β Φ. Sia = {α 1,..., α n } una base di Φ. Un peso λ h è detto dominante intero se si può scrivere nella forma n λ = m i ω i m i N i=1 { dove (ω 1,..., ω n ) è la base duale di 2α i (α i,α i) }, di modo che ω i, α j = δ ij. Teorema 16. V (λ) è finito dimensionale se e solo se λ è dominante intero. Inoltre i pesi di V (λ) sono permutati dal gruppo di Weil. Dimostrazione. Assumiamo che V (λ) sia finito. Per ogni α sia S α = Span(x α, y α, h α ) una copia di sl 2 (k). Allora v è un autovettore di h α di peso λ(h α ). Ma gli autovettori di h in una rappresentazione di sl 2 (k) sono sempre interi positivi o nulli. Per cui λ(h α ) N. Da questo segue la tesi, perchè n n λ = α i, λ ω i = λ(h αi )ω i. i=1 Viceversa supponiamo che λ sia dominante intero. Poniamo m i = λ(h i ) N e (x i, h i, y i ) = (x αi, h αi, y αi )Fissiamo un vettore massimale v. La dimostrazione si svolgerà in vari passi. Indichiamo la rappresentazione con φ : g gl(v ). Per cominciare guardiamo il vettore w = y mi+1 i v. Se j i combinando la prima parte del lemma 13 con il fatto che x j v = 0 abbiamo che x j w = 0. D altro canto, sempre per il lemma 13 x i w = y mi+1 x i v ky mi+1 i (m i h i )v = ky mi+1 i (m i m i )v = 0. Quindi w è un vettore massimale. Ma questo è impossibile perchè il suo peso è λ i (m i + 1)α i (sempre con un conto del lemma 13, per cui w = 0. Indichiamo con S i = h i g αi g αi la copia di sl 2 (k) in g associata al peso α i. Ora V contiene un S i -modulo finito dimensionale, precisamente lo span dei vettori v, y i v,..., y mi i v. Infatti per il punto precedente è stabile per y i e per il lemma 13 è stabile per x i e h i. Definiamo ora V come la somma di tutti gli S i -sottomoduli finiti di V. Sappiamo che V 0. Inoltre x α V V per ogni α Φ. Infatti se W è un S i -sottomodulo, lo è anche x α W. Quindi V è un g-sottomodulo di V, ma V è irriducibile per cui V = V. Vediamo ora che φ(x i ), φ(y i ) sono endomorfismi localmente nilpotenti di V 3. Infatti ogni w V sta in un S i -sottomodulo finito dimensionale, e lì φ(x i ) e φ(y i ) sono nilpotenti. 3 Ricordiamo che un endomorfismo l di uno spazio vettoriale V è localmente nilpotente se per ogni w V, esiste n N tale che l n w = 0. i=1 i

27 1.8. TEORIA DELLE RAPPRESENTAZIONI 27 Possiamo quindi definire s i = exp φ(x i ) exp φ( y i ) exp φ(x i ). Infatti l esponenziale di un endomorfismo localmente nilpotente l è sempre ben definito perchè per ogni vettore w V la serie (exp l)w = j=0 1 j! lj w ha solo un numero finito di termini non nulli (ed è ovviamente lineare). Inoltre s i (V µ ) = V σiµ dove µ è un peso e σ i = σ αi è una riflessione. Lemma 14. Per ogni x gl(v ) localmente nilpotente vale l equazione (exp x)y(exp x) 1 = (exp ad x)y y gl(v ). Dimostrazione. Infatti ad x = l x +r x dove l x y = xy, r x y = yx. Questi sono due endomorfismi commutanti di gl(v ), per cui exp ad x = exp(l x + r x ) = (exp l x )(exp r x ) = l exp x r exp x. Perciò, svolgendo un po di conti s i φ(h i )s 1 i = φ((exp ad x i )(exp ad y i )(exp ad x i )h i ) = φ( h i ). s i φ(h j )s 1 i = φ((exp ad x i )(exp ad y i )(exp ad x i )h j ) = φ(h j 2h i ). e quindi se w V µ risulta h i s i w = s i (s 1 i h i s i )w = s i ( h i w) = µ(h i )s i w = (σ i µ)(h i )(s i w) h i s i w = s i (s 1 i h i s i )w = s i ( h i w) = µ(h j 2h i )s i w = (σ i µ)(h j )(s i w). Quindi l insieme dei pesi è stabile per l azione del gruppo di Weil 4 e dim V µ = dim V σµ se σ W. Facciamo ora vedere che i pesi sono in numero finito. Per cominciare osserviamo che i pesi dominanti sono in numero finito. Infatti se µ è un peso dominante di V allora ovviamente anche µ + λ è ancora dominante (anche se potrebbe non essere più un peso di V ). Ma λ µ è somma di radici positive, per cui (λ + µ, λ µ) 0 µ λ. Quindi i pesi dominanti sono in numero finito. D altro canto un peso è dominante se e solo se sta nella camera di Weyl associata alla base 4 ricordiamo che il gruppo di Weil è generato dalle σ i

28 28 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE scelta. Ma il gruppo di Weyl agisce transitivamente sulle camere, per cui ogni peso è coniugato ad un peso dominante. Poichè il gruppo di Weyl è finito, anche l insieme dei pesi lo è. Ma allora V = è finito. µ Π(V ) V µ

29 Capitolo 2 Gruppi di Lie Un gruppo di Lie G è una varietà differenziabile che ha una struttura di gruppo tale che le mappe µ : G G G di moltiplicazione e le mappe ι : G G di inversione siano lisce. Indichiamo per ogni g G con L g : G G la mappa di moltiplicazione a sinistra per g. 2.1 Gruppi e sottogruppi di Lie Un campo di vettori X su G è detto invariante a sinistra se per ogni h G d(l g ) h X h = X gh. Un sottogruppo ad un parametro ϑ di G è un omomorfismo di gruppi di Lie ϑ : R G. Teorema 17. Sia G un gruppo di Lie. La mappa ϑ ϑ (0) è una corrispondenza biunivoca tra l insieme di tutti i sottogruppi ad un parametro e lo spazio tangente a G in e G e. Dimostrazione. Siano ϑ, ϕ due sottogruppi ad un parametro tali che ϑ (0) = ϕ (0). Derivando in s la relazione e valutandola in s = 0 otteniamo ϑ(t + s) = ϑ(t)ϑ(s) = L ϑ(t) ϑ(s) ϑ (t) = d(l ϑ (t)) e ϑ (0). e l unicità segue dal teorema di esistenza e unicità per le equazioni differenziali ordinarie. Per quanto riguarda l esistenza prendiamo v G e ed estendiamolo a un campo di vettori invariante a sinistra ponendo v x = d(l x ) e v. Consideriamo l equazione ϑ (t) = v(ϑ(t). 29

30 30 CAPITOLO 2. GRUPPI DI LIE Possiamo trovare ε > 0 tale che esista un unica soluzione ϑ : ( ε, ε) G tale che ϑ(0) = e. Osserviamo che per t, s < ε/2 vale ϑ(t + s) = ϑ(t)ϑ(s). Infatti entrambe le espressioni valgono ϑ(t) se s = 0 e soddisfano la stessa equazione differenziale. Definiamo ora ( ( )) N t ψ(t) = ϑ N dove t < Nε. Questa definizione non dipende dalla scelta di N, infatti se N, M soddisfano entrambi l ipotesi ( ( )) N ( ( )) MN ( ( )) M t t t ϑ = ϑ = ϑ N MN M Questa ψ è un sottogruppo ad un parametro che coincide con ϑ in un intorno di 0, per cui ci da l esistenza. Definiamo la mappa esponenziale ϑ : G e G data da exp(v) = ϑ v (1) dove ϑ v è l unico sottogruppo a un parametro tale che ϑ v(0) = v. La mappa esponenziale è liscia per il teorema di regolarità delle soluzioni di un equazione differenziale ordinaria: Teorema 18. Sia Ω aperto di R n, I R intervallo contenente lo 0. Sia inoltre v : I Ω R n funzione C. Allora per ogni y 0 Ω esiste un ε > 0, un V intorno di y 0 e una funzione f : ( ε, ε) V Ω tale che { f(0, y) = y y V t f (t,y) = v(t, f(t, y)) (t, y) ( ε, ε) V Teorema 19. Dato φ : G H omomorfismo di gruppi di Lie. seguente diagramma commuta: Allora il exp G e G dφ e φ H e H exp Dimostrazione. Osserviamo che se v G e abbiamo che ϑ dφe(v) = φϑ v (sono entrambi sottogruppi a un parametro con lo stesso vettore tangente). Quindi valuntando in 1: exp(dφ e (v)) = φ exp(v) che è la tesi.

31 2.1. GRUPPI E SOTTOGRUPPI DI LIE 31 Teorema 20. La mappa esponenziale è un diffeomorfismo da un intorno di 0 a un intorno di e. Dimostrazione. Per il teorema della funzione inversa basta mostrare che d(exp) e è invertibile. Ma se prendiamo v (G e ) 0 = G e d(exp) e v = d dt t=0 exp(tv) = d dt ϑ v(t) = v. t=0 per cui d(exp) e = id. Ricordiamo il noto fatto che la componente connessa dell identità di un gruppo topologico G è un sottogruppo normale chiuso. Proposizione 8. Sia G un gruppo topologico e G 1 la componente connessa dell identità. Sia inoltre S G 1 un intorno dell identità. Allora S = G 1. Dimostrazione. Infatti S è aperto perchè per ogni x S, xs S. D altro canto è chiuso, perchè se y S, ys S =. Teorema 21. Sia G un gruppo di Lie connesso, H un altro gruppo di Lie. Allora ogni omomorfismo di gruppi di Lie ϑ : G H è completamente determinato da d(ϑ) e : G e H e. Dimostrazione. Prendiamo U G e, U G intorni di 0 e di e tali che exp : U U sia diffeomorfismo. Analogamente per V H e, V H. A meno di restringere U, U possiamo supporre ϑ(u) V. Allora ϑ U = exp V dϑ e U (exp U ) 1. Quindi almeno il comportamento locale di ϑ è determinato da dϑ e. D altro canto se ϑ, ϑ sono due omomorfismi con lo stesso differenziale l insieme {x G ϑ(x) = ϑ (x)} è un sottogruppo che contiene un intorno dell identità. Per il lemma contiene tutto G perchè è connesso. Lemma 15. Sia G un gruppo di Lie e ϕ : U G una carta in un intorno dell identità tale che ϕ(0) = e. Allora µ(ϕ(x), ϕ(y)) = ϕ(x + y + o( x + y )) dove x, y U tali che il loro prodotto stia nell immagine di ϕ e dove è una qualunque norma su U. Dimostrazione. La mappa di moltiplicazione µ : G G G è C, per cui in coordinate si può srivere come µ(x, y) = µ(0, 0) + ax + by + o( x + y ). Ora µ(0, 0) = 0. Si tratta di far vedere che a = b = 0. Ma se x = 0, µ(0, y) = y per ogni y U, per cui dev essere b = 1. Analogamente per a = 1.

32 32 CAPITOLO 2. GRUPPI DI LIE Teorema 22. Sia G un gruppo di Lie abeliano connesso. Allora esistono a, b N tali che G = T a R b dove T = S 1 = R/Z. Dimostrazione. Per cominciare dimostriamo che exp : G e G è un omomorfismo di gruppi. Infatti prendiamo v, w G e. Allora per ogni N N ( ( v )) N ( ( w )) N ( ( v ) ( w )) N exp v exp w = exp exp = exp exp N N N N perchè G è abeliano. Ma per il lemma precedente ( ( v exp v exp w = exp N + w ( ))) N 1 N + o = exp(v + w + o(1)). N Infine facendo tendere N a exp v exp w = exp(v + w). Quindi exp(g e ) è un sottogruppo di G che contiene un intorno di e (perchè exp è diffeomorfismo locale), quindi è tutto G. Perciò G = G e / ker exp. Ma il nucleo di exp è un sottogruppo discreto di G e = R n, perchè exp è un diffeomorfismo locale. Perciò ker exp è un reticolo a ker exp = Zv i con v 1,..., v a linearmente indipendenti su R. Ma questo ci da la tesi. Sia G un gruppo di Lie. Un sottogruppo di Lie è un omomorfismo iniettivo di gruppi di Lie f : H G. Lemma 16. Un sottogruppo di Lie f : H G è un immersione iniettiva. Dimostrazione. Osserviamo che df e è iniettivo perchè se df e v = 0 risulta che f(exp tv) = exp df e tv = exp 0 = e per ogni t R. Ma se prendiamo U intorno di 0 su cui exp è diffeo e t abbastanza piccolo per cui tv U, abbiamo che f(exp(tv)) = e ma exp(tv) 0. Infine poichè df e dl g = dl f(g) df g abbiamo che f è un immersione iniettiva. Quindi ogni sottogruppo di Lie corrisponde a una sottovarietà immersa di G. Non tutte i sottogruppi corrispondono a sottovarietà regolari. Ad esempio se consideriamo il sottogruppo ϕ : Z S 1 dato da ϕ(n) = e in. Una sottovarietà ι : N M di una varietà differenziabile è quasiregolare se per ogni funzione f : K N abbiamo che f è liscia se e solo se ιf lo è. Si dimostra (ma qui non lo faremo) che ogni sottogruppo di Lie è una varietà quasiregolare. Ci chiediamo quand è che un sottogruppo corrisponde a una varietà regolare. i=1

33 2.1. GRUPPI E SOTTOGRUPPI DI LIE 33 Teorema 23. Un sottogruppo H < G corrisponde a una sottovarietà regolare se e solo se è chiuso. Dimostrazione. ( ) Poichè H è una sottovarietà regolare è localmente chiuso. Quindi c è un intorno U di e tale che H U è chiuso in U. Prendiamo y H e sia x H yu 1 (questo esiste perchè yu 1 è un intorno di e). Allora y xu e x H, per cui x 1 y H U = H U. Quindi y H, cioè H = H. ( ) Per prima cosa individuiamo il sottospazio di G e che corrisponde a H e. Prendiamo U intorno di 0 in G e e U intorno di e tale che exp sia un diffeomorfismo tra U e U. Possiamo quindi prendere l inversa log : U U. Poniamo H = log(h U). Ora se 0 è un punto isolato di H deve esistere un intorno V di e tale che H V = {e}, cioè H è un sottogruppo discreto (e perciò una sottovarietà regolare di dimensione 0). D ora in poi supponiamo che 0 sia un punto di accumulazione per H. Fissiamo una metrica a caso in G e. Lemma 17. Sia {h n } n N successione di elementi di H {0} tale che h n 0 e che h n h n x G e. Allora exp(tx) H per ogni t R. Dimostrazione. Infatti poichè h n 0 possiamo trovare {m n } Z tale che m n h n t. Allora ( exp(m n h n ) = exp m n h n h ) n exp(tx). h n D altro canto exp(m n h n ) = (exp(h n )) mn H. Possiamo quindi definire { W = sx {h n } H {0} tale che h n 0 h } n h n x, s R. Per il lemma exp W H. Vogliamo dire che W è un sottospazio vettoriale (l intuizione è W = H e ). Prendiamo x, y W, vogliamo dimostrare che x + y W. Prendiamo h(t) = log(exp(tx) exp(ty)). Questo è definito in un intorno di 0. Inoltre sappiamo che h(t) t x + y. Se h(t) = 0 in un intorno di 0 abbiamo che x + y = 0, cioè y = x. Beh ma in tal caso x + y W di sicuro. Altrimenti h(t) h(t) = h(t) t t h(t) x + y x + y

34 34 CAPITOLO 2. GRUPPI DI LIE per t 0 +. Per cui scegliendo opportunamente una successione t n abbiamo W, per cui x + y W. che x+y x+y Consideriamo ora D = W (supponendo la metrica in G e inotta da un prodotto scalare) e prendiamo la mappa φ : D W G (x, y) exp x exp y Questo è un diffeomorfismo locale in (0, 0) (basta calcolarne il differenziale per vedere che è x + y) e manda W in H. Infatti supponiamo che esistano x n, y n con y n 0 tali che exp x n exp y n H, (x n, y n ) 0. Allora a meno di sottosuccessioni possiamo supporre che yn y n y D. Ma exp y n H per ogni n per cui y n H definitivamente. Quindi y W, assurdo perchè y D. Quindi φ è una carta adattata per H in e. Ma allora coniugando con L h per h H otteniamo carte adattate per H in ogni h H. 2.2 Algebra di Lie di un gruppo di Lie Facciamo ora vedere che G e ha una naturale struttura di algebra di Lie. Ricordiamo che se M è una varietà differenziabile il bracket dà una struttura naturale di algebra di Lie alla famiglia dei campi vettoriali su M. Vogliamo dire che i campi vettoriali invarianti a sinistra sono una sottoalgebra di Lie. Ricordiamo che un campo vettoriale è invariante a sinistra se per ogni g, h G d(l g ) h X g = X gh. Allora che sia una sottoalgebra di Lie segue dal fatto che d(l g ) h [X, Y ] h = [d(l g ) h X h, d(l g ) h Y h ]. Ricordiamo che i campi vettoriali invarianti a sinistra sono isomorfi come spazio vettoriale a G e. Teorema 24. Sia f : G H omomorfismo di gruppi di Lie. Allora df e : G e H e è un omomorfismo di algebre di Lie. Dimostrazione. Per ogni g G vale Per cui, differenziando L f(g) f = f L g. d(l f(g) ) f(h) df h = df h d(l g ) h Sia X campo vettoriale invariante a sinistra e sia X il campo vettoriale invariante a sinistra definito da X e = df e X e.

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