ELETTROTECNICA: LE MACCHINE ELETTRICHE PARTE PRIMA
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- Antonina Salvi
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1 ELETTROTECNICA: LE MACCHINE ELETTRICHE PARTE PRIMA Lezioni di Delucca Ing. Diego Cominciamo con il definire cosa si intende per Macchina Elettrica. Una macchina elettrica è un dispositivo in grado di trasformare l energia, il cui funzionamento si basa su due leggi fondamentali: la legge dell induzione magnetica, ossia un circuito elettrico soggetto ad un flusso magnetico variabile nel tempo diventa sede di una tensione indotta, così esprimibile, e = - / t. Essa è nota come legge di Faraday, Neumann, Lenz. la legge dell azione dinamica, ossia un conduttore percorso da una corrente I e posto in un campo magnetico di induzione B è soggetto ad una forza F data da, F = IBl, con l lunghezza del conduttore interessata dal campo magnetico. Le trasformazioni energetiche ci consentono di effettuare le seguenti considerazioni, utili per fornire una prima classificazione delle macchine elettriche: ( tenendo conto della seguente simbologia, con Pe si indica la potenza elettrica, Pm la potenza meccanica, Pp la potenza perduta o dissipata, Da un punto di vista generale si può anche parlare di Potenza assorbita o Pa, Potenza resa o restituita Pr e Potenza dispersa o perduta Pp. ) Pe TRASFORMATORE Pe Pp Il trasformatore opera sullo stesso flusso energetico, ossia assorbe potenza elettrica e la trasforma in potenza elettrica, variando semplicemente il legame fra tensione e corrente. Infatti, il trasformatore è distinto in elevatore di tensione, ossia tensione elevata e basso valore di corrente, oppure abbassatore di tensione ossia basso valore di tensione ed elevato valore di corrente. In questo caso, quindi, si può ammettere che 1
2 il trasformatore assorbe potenza elettrica e restituisce potenza elettrica, a spese di potenza dissipata in calore. Pe MOTORE Pm Pp Il motore elettrico assorbe potenza elettrica e restituisce potenza meccanica, come movimento rotatorio dell albero della macchina stessa, ( scapito di potenza persa come calore ). Pm GENERATORE Pe Pp Il generatore elettrico assorbe potenza meccanica per restituire potenza elettrica. Pe FRENO Pm Pp Il freno è una macchina che assorbe sia potenza elettrica che meccanica per dissipare tutto in calore. 2
3 Cenno sul RENDIMENTO Un qualsiasi dispositivo non restituisce in toto tutto ciò che assorbe, poiché una parte viene persa, comunque, sotto forma di calore. Non è possibile eliminare completamente questa parte perduta. Pertanto, il rapporto fra la potenza resa o restituita dalla macchina e la potenza assorbita da essa, costituisce ciò che si indica col termine di rendimento η. E possibile dimostrare che il rendimento sia minore di 1? Sì è possibile attraverso queste semplici considerazioni. η = Pr / Pa = ( Pa Pp ) / Pa = ( Pa / Pa ) ( Pp / Pa ) = 1 Pp / Pa. Da quanto visto fino ad ora una caratteristica peculiare delle macchine elettriche è la loro reversibilità, ossia la possibilità di invertire il verso o il senso del flusso energetico. CLASSIFICAZIONE delle MACCHINE ELETTRICHE Vedremo la loro classificazione sotto una forma grafica. MACCHINE ELETTRICHE STATICHE DINAMICHE o ROTANTI TRASFORMATORI in CORRENTE CONTINUA in CORRENTE ALTERNATA MOTORI GENERATORI MOTORI ASINCRONI 3 GENERATORI
4 SINCRONI CIRCUITI ELETTRICI E MAGNETICI DI UNA MACCHINA ELETTRICA Nella struttura di base di ogni macchina elettrica si possono distinguere 2 circuiti elettrici, mutuamente accoppiati, da un circuito magnetico. I due circuiti elettrici si distinguono in: Circuito Induttore, che ha lo scopo di creare il campo magnetico, mediante la circolazione della corrente nei conduttori che lo costituiscono. Esso è spesso indicato col nome di circuito di eccitazione e la sua corrente, di conseguenza, prende il nome di corrente di eccitazione; Circuito Indotto, sul quale agisce il campo magnetico e che risente delle variazioni di quest ultimo, diventando così sede di tensioni e di correnti indotte. L insieme delle azioni prodotte dall avvolgimento del circuito indotto si dice reazione di indotto. Nel trasformatore il circuito magnetico è unico ed è detto nucleo magnetico. In questo caso i due avvolgimenti sono avvolti sul nucleo e sono interessati al flusso magnetico che è presente nel nucleo stesso. Esempio di nucleo magnetico di un trasformatore monofase e mantello / 2 / 2 Nelle macchine rotanti sono presenti, invece, due parti. Una parte fissa detta statore e la parte mobile detta rotore o indotto. Il rotore è meccanicamente collegato con l albero di rotazione della macchina elettrica. Lo statore ed il rotore sono separati tra loro da un sottile strato d aria detto traferro. In questo caso le linee di flusso si sviluppano sia nel materiale ferromagnetico che nell aria, ( esso perché si può parlare di circuito magnetico statorico e di circuito magnetico rotorico ). 4
5 Lo spessore del traferro dipende da due ragioni fondamentali, ossia per ragioni meccaniche che per il corretto dimensionamento elettromeccanico della macchina. A secondo del tipo di rotore impiegato, le macchine elettriche, si distinguono in: macchine a poli lisci, in cui non vi sono espansioni polari nei due nuclei e perciò, il traferro ha uno spessore costante lungo tutta la circonferenza. Queste macchine si dicono, pertanto, isotrope, poiché la riluttanza è costante secondo tutte le direzioni uscenti radialmente dal centro della circonferenza medesima. macchine a poli salienti o sporgenti, in cui vi sono delle espansioni polari, o nel rotore o nello statore, che sporgono dalla superficie cilindrica. In questo caso il traferro ha uno spessore variabile e proprio per questa ragione, questo tipo di macchina, prende il nome di macchina anisotropa, ( in quanto la riluttanza non ha valore costante, infatti il valore risulta minimo lungo la direzione dei poli, ossia nella zona in cui lo spessore del traferro risulta più contenuto. ) statore Nord Nord traferro Sud rotore Sud Macchina isotropa a poli Lisci Macchina anisotropa a poli salienti o sporgenti 5
6 PERDITE nelle MACCHINE ELETTRICHE Nelle macchine elettriche si possono considerare le seguenti perdite: Perdite negli avvolgimenti o per effetto Joule Macchine elettriche Perdite meccaniche: per attriti vari o per avviamento, per ventilazione, per contatto con le spazzole, ecc. Perdite addizionali o per invecchiamento Perdite nel nucleo magnetico: perdite per correnti parassite o di Foucault e perdite per ciclo di isteresi Le perdite negli avvolgimenti elettrici si esprimono attraverso la relazione: Pj = R( I )² = ( ρl / S ) I², ma I = densità per area attraversamento del conduttore = GS, di conseguenza sostituendo si ottiene, Pj = ( ρl / S ) G² S² = ρl G² S. Tenendo presente che, Sl = volume, potremo allora scrivere: Pj = ρl G² S = ρ G² V, da cui si deduce che le perdite specifiche per unità di volume del rame è, p V = Pj / V = ρ G² ed essa si misura in Watt / m 3. Se si ricorda la definizione di densità d, ossia ricordando che la densità di un materiale è definita come: d = massa / volume, conseguentemente volume = massa / densità = M / d, ora se questa relazione la sostituiamo nella relazione, Pj = ρl G² S = ρ G² V = ρ G² M / d, ciò implica che, 6
7 p m = Pj / M = ρ G² / d, dove p m rappresenta la perdita specifica per unità di massa del rame, la quale si misura in Watt / Kg. Nel caso dei conduttori in rame, funzionanti con una densità di corrente G tra 2 e 4 A / mm 2, la p m varia tra i 10 ed i 40 W / Kg. ESERCIZIO Calcolare la perdita p V e p m che si ha a 75 C in un avvolgimento di rame, ( ρ 20 = 0,0178 mm 2 / m; = 3, ( C -1 ) e d = densità = 8,9 Kg / dm 3 = 8900 Kg / m 3 ), funzionante con una densità di corrente G = 3,5 A / mm 2 = 3, A / m 2. Bisogna tenere presente che all aumentare della temperatura, anche la resistività del rame si modifica. La formula che ci consente di tenere conto di questo fatto è: ρ 75 = ρ 20 ( 1 + T ). Pertanto si ottiene che: ρ 75 = 0,0178( 1 + 3, ( )) = 0,0178 ( 1 + 3, ( 55 )) = 0,02153 mm 2 / m = 0, m. A questo punto la perdita specifica per unità di volume si ottiene come: p V = ρ G² = 0, ( 3, ) 2 = 0, W / m 3. Mentre la perdita specifica per unità di massa del rame si ottiene applicando la relazione: p m = ρ G² / d = 0, / 8900 = circa = 29,7 W / Kg. PERDITE ADDIZIONALI E possibile ammettere per le macchine elettriche delle perdite addizionali. Tutte le parti, anche se realizzate correttamente, non sono perfette e quindi si possono verificare dei fenomeni di perdita aggiuntivi. Si deve inoltre tenere conto che i materiali, invecchiando, possono assolvere meno bene al loro compito e dare luogo ad perdite maggiori di quelle preventivate all inizio. Tenendo presente i termini simbolici è possibile introdurre: R DC = resistenza ohmica del conduttore nel funzionamento in direct current, ossia in regime continuo; R AC = resistenza ohmica, dello stesso conduttore, in regime alternato, ( alternat current ). Si ricordi che la resistenza R AC > R DC ossia, in regime alternato lo stesso conduttore assume una resistenza maggiore di quella che presenta in regime continuo, ( per il cosiddetto fenomeno o effetto Pelle ). Pertanto, è possibile ammettere: R AC R DC = R ADD. A questo punto le perdite totali negli avvolgimenti di rame possono essere così schematizzate: Pcu = Pj + P ADD = R AC I 2 = R DC I 2 + R ADD I 2. 7
8 In definitiva è come ammettere che: Pcu = R AC I 2 ; Pj = R DC I 2 ; P ADD = R ADD I 2. In conclusione, è possibile ammettere che: P ADD = R ADD I 2 = Pcu R DC I 2. E necessario tenere presente, infine, che nelle situazioni reali i comportamenti degli elementi conduttori sono molto diverse. Comunque i comportamenti più significativi sono: al variare della frequenza le perdite principali rimangono costanti, mentre quelle addizionali aumentano col quadrato della frequenza; all aumentare della temperatura le perdite principali aumentano, mentre quelle addizionali diminuiscono; infatti le prime sono direttamente proporzionali alla resistività ρ, mentre le seconde sono inversamente proporzionali a ρ stesso. ESERCIZIO Sull avvolgimento di una M E sono state effettuate le seguenti prove: misura in corrente alternata Pcu = 350 W e I = 50 A; misura della resistenza elettrica in regime continuo R DC = 0,112. Si calcolino le perdite principali, quelle addizionali e le resistenze R AC, R ADD. Tenendo conto che: Pcu = Pj + P ADD = R AC I 2 = R DC I 2 + R ADD I 2. Si possono calcolare i valori richiesti dall esercizio. R AC = Pcu / I 2 = 350 / ( 50 ) 2 = 0,14 ; R ADD = R AC R DC = 0,14 0,112 = 0,028 ; P ADD = R ADD I 2 = 0,028 ( 50 ) 2 = 70 W; Pj = R DC I 2 = 0,112 ( 50 ) 2 = 280 W. Verifica: Pj = Pcu P ADD = = 280 W, c.v.d. LE PERDITE NEI NUCLEI MAGNETICI Le perdite nel ferro o nei circuiti magnetici, come già anticipato, dipendono da due particolari fenomeni: le perdite per ciclo di isteresi e le perdite per correnti parassite o di Foucault. Queste perdite si manifestano solo se i nuclei magnetici o ferromagnetici sono soggetti a flussi variabili nel tempo. Nel caso di flusso magnetico costante tali perdite sono nulle. Le perdite per ciclo di isteresi dipendono dai seguenti fattori: dal tipo di materiale; dalla frequenza; valore dell induzione massima Bm. Tutto questo si può sintetizzare con la formula di Steinmetz: Pci = Ki f ( Bm ) n, 8
9 con l indice n uguale a 1,6 se Bm è minore di 1 Tesla, oppure n = 2 se Bm è maggiore o uguale ad 1 Tesla. NB. 1 T = 1 Wb / m 2. Le perdite per correnti parassite dipendono dal fatto che i circuiti magnetici sono realizzati con lamierini di ferro o leghe di ferro. Questi lamierini quindi sono, a tutti gli effetti, dei conduttori di corrente elettrica, ( anche se pessimi ). Proprio le variazioni di flusso magnetico determinano in essi delle tensioni indotte e conseguentemente, delle correnti indotte. Le correnti tendono a scaldare, ( per la legge di Joule ), i lamierini, ( poiché incontrano una resistenza al loro passaggio ). Pertanto, il riscaldamento dei lamierini comporta una perdita sottoforma di calore. In poche parole, per ovviare a questo inconveniente, il nucleo magnetico si ottiene dalla sovrapposizione di un certo numero di lamierini, isolati l uno rispetto all altro, con uno spessore ridotto. Spesso, nella lega, si inserisce del silicio, in opportuna percentuale, ( il silicio, nella lega non può mai essere superiore al 4% o al massimo il 4,5 %, infatti esso ha la tendenza ad infragilire la lamiera. Il silicio però occorre per aumentare la resistività del lamierino stesso ). In definitiva, se un circuito magnetico è costituito da n lamierini, di spessore s e resistività ρ le perdite per correnti parassite assumono il seguente valore: Pcp = n K l s 2 f 2 ( Bm ) 2 = Ke f 2 ( Bm ) 2. Ovviamente risulterà: relazione A) P FE = Pci + Pcp = Ki f ( Bm ) n + Ke f 2 ( Bm ) 2 CIFRA di PERDITA Se si sommano le perdite per ciclo di isteresi e per correnti parassite si ottiene la perdita nel ferro totale. Quest ultima, però, è riferita all unità di volume o di massa. In questo caso si parla di perdite specifiche del lamierino ferromagnetico. Queste perdite si ottengono impiegando l apparecchio di Epstein. Con l apparecchio di Epstein si rileva la somma delle perdite per ciclo di isteresi e per correnti parassite in condizioni specifiche o predeterminate, ossia applicando una sollecitazione o un induzione magnetica, di tipo sinusoidale, a 50 Hz. Inoltre, il valore dell induzione massima, ossia Bm, risulta essere predeterminato. Il valore di Bm in questa prova è 1 Tesla oppure 1,5 Tesla. La perdita così rilevata costituisce un valore caratteristico di ogni materiale ferromagnetico, che viene indicato col nome di cifra di perdita, c P. Ora se indichiamo con B0 l induzione massima, nella valutazione del c P0, di un materiale ferromagnetico, allora considerando n = 2 potremo scrivere, la relazione A: c P0 = Ki f ( B0 ) 2 + Ke f 2 ( B0 ) 2 = ( B0 ) 2 f ( Ki + Ke f ). Mentre, per un valore di induzione Bm qualsivoglia potremo scrivere: c PS = Ki f ( Bm ) 2 + Ke f 2 ( Bm ) 2 = ( Bm ) 2 f ( Ki + Ke f ). Se effettuiamo il rapporto membro a membro, fra la seconda e la prima otterremo: 9
10 c PS / c P0 = (( Bm ) 2 f ( Ki + Ke f ) ) / (( B0 ) 2 f ( Ki + Ke f )) = ( Bm / B0 ) 2. In definitiva si può ammettere che: c PS / c P0 = ( Bm / B0 ) 2. Questa relazione è utile poiché se è nota la c P0, B0 e Bm, siamo in grado di determinare la perdita specifica, della lamiera ferromagnetica, per un valore di induzione Bm qualsiasi; infatti risulterà: relazione B) c PS = c P0. ( Bm / B0 ) 2. Si ricordi che la cifra di perdita c PS è riferita, in genere, a lamiere vergini o appena uscite dalla fabbrica, perciò risulta necessario prevedere un aumento compreso fra il 5% e 10%, della perdita complessiva, per tenere conto dell invecchiamento del materiale o per il trattamento meccanico da esse ricevuto durante le lavorazioni. ESERCIZIO Un nucleo magnetico di massa M = 50 Kg è realizzato con materiale ferromagnetico, avente una cifra di perdita c P0 = 1,5 W / Kg se l induzione nella prova, con l apparecchio di Epstein, vale 1 T. Si calcoli la sua perdita specifica e la perdita nel ferro totale, se l induzione di lavoro vale 1,2 T. Per quanto detto in precedenza, la perdita specifica per unità di massa, si può determinare applicando la relazione B: c PS = c P0. ( Bm / B0 ) 2 = 1,5 ( 1,2 / 1 ) 2 = 1,5 ( 1,2 ) 2 = 2,16 W / Kg. La perdita complessiva del ferro si ottiene moltiplicando questo valore per il valore della massa M del materiale ferromagnetico. In questo caso risulterà: P FE = M c PS = 50 ( 2,16 ) = 108 W. Prevedendo un aumento dell 8% per tenere conto dell invecchiamento del materiale, potremo ammettere che la perdita complessiva di questo materiale ferromagnetico sia: P FE tot = 1,08. P FE = 1, = 116,64 W. PERDITE NEGLI ISOLANTI Esistono perdite anche negli isolanti delle M E, che per il momento trascureremo. Si possono tenere conto nel computo delle perdite addizionali. PERDITE MECCANICHE Nelle macchine rotanti è necessario tenere conto delle perdite di tipo meccanico, che si manifestano per i seguenti motivi: perdite per attrito, nei cuscinetti di supporto dell albero motore, che dipendono dal tipo di cuscinetto stesso, dal peso della parte rotante e dalla velocità di rotazione; 10
11 perdite per ventilazione, ossia per attrito fra rotore e l aria circostante, essa è proporzionale al cubo della velocità di rotazione; perdite per attrito fra spazzola e collettore, per le macchine in corrente continua, per effetto dello strisciamento delle spazzole. Queste perdite sono proporzionali alla superficie di contatto, alla pressione della spazzola sul collettore ed alla velocità di rotazione. RENDIMENTO EFFETTIVO E CONVENZIONALE DI UNA M E Il concetto di rendimento lo abbiamo già introdotto, come rapporto fra la potenza di uscita o utile o resa e la potenza di ingresso o assorbita della macchina, cioè η = Pu / Pa. Questo è il cosiddetto rendimento effettivo della M E. Il rendimento percentuale si ottiene moltiplicando per 100 il valore di η, ossia: η% = 100 η = 100 Pu / Pa = 100 ( 1 Pp / Pa ). E altrettanto vero che sarà: η = Pu / Pu + Pp = ( dividendo sia numeratore che denominatore per Pu ) = η = 1 / ( 1 + ( Pp / Pu )), da cui si deduce che, η% = 100 / ( 1 + ( Pp / Pu )). ESERCIZIO Calcolare il rendimento percentuale delle seguenti macchine: a) trasformatore con Pu = 850 W e Pa = 1 kw; b) motore elettrico con Pa = 3400 W e Pp = 350 W; c) generatore elettrico con Pu = 120 kw e Pp = 3,6 kw. Caso a) Caso b) Caso c) In questo caso possiamo calcolare direttamente il rendimento η = Pu / Pa = 850 / 1000 = 0,85, ossia η% = 85% ; Qui è necessario dedurre la potenza utile, come: Pu = Pa Pp = = 3050 W, da cui si deduce che, η = Pu / Pa = 3050 / 3400 = 0,897 da cui si ha η% = 89,7% ; in questo caso è necessario risalire alla potenza assorbita dalla macchina. Ciò si ottiene tenendo conto che: Pa = Pu + Pp = ( ,6 ) = 123,6 kw e da ciò si ottiene, η = Pu / Pa = 120 / 123,6 = 0,971 circa e quindi η% = 97,1%. CENNO SULLE CURVE DI RAFFREDDAMENTO E RISCALDAMENTO DELLE M E. TIPI DI SERVIZIO = temperatura r regime termico 11 I tipi di servizio sono normalizzati. I più significativi sono quello continuo e quello intermittente
12 A t = tempo curva di riscaldamento curva di raffreddamento POTENZA NOMINALE E DIAGRAMMA DI CARICO Una macchina elettrica, per tutto il periodo di funzionamento, non lavora mai a potenza costante. Facendo riferimento ad un periodo di tempo prefissato ed alla potenza utile Pu, il diagramma cartesiano che descrive l andamento della potenza in funzione del tempo, si dice diagramma di carico. L andamento del diagramma di carico dipende dalla modalità con la quale la macchina viene impiegata nel periodo di tempo considerato. Un esempio potrebbe essere il seguente: Pu P2 P1 P3 t1 t2 t3 t L andamento del diagramma di carico ha influenza sul comportamento termico della M E, poiché il valore della potenza utile della macchina, risulta legato alla potenza perduta o dissipata. Infatti, noi sappiamo che: η = Pu / Pa = Pu / ( Pu + Pp) = Pu + Pp Pp / Pu + Pp = 1 Pp / Pa, di conseguenza posso scrivere Pp / Pa = 1 η Pp = Pa ( 1 η ) = che posso anche scrivere = Pp = Pu ( Pa / Pu ) (1 η ) = ( Pu / Pu / Pa ) ( 1 η ), ma Pu / Pa corrisponde a 1 / η e di conseguenza potremo scrivere, Pp = Pu ( 1 η ) / η. Quest ultima relazione mette in luce il legame diretto fra potenza perduta e potenza utile, ed il coinvolgimento del rendimento nella medesima relazione. Si tenga presente che per ogni macchina elettrica, fra i dati di targa, viene indicata la potenza nominale Pn. La potenza nominale Pn rappresenta la potenza che la macchina può erogare, in condizioni specifiche di funzionamento elettrico, meccanico e di servizio, senza che essa superi i limiti termici ammessi dalle norme, in relazione alla classe di isolamento per la quale essa risulta costruita. Viene poi indicato col nome di fattore di carico o di utilizzazione il seguente rapporto: Ku = Pu / Pn = potenza utile / potenza nominale. Il fattore di carico percentuale, Ku %, risulta allora dato da: Ku % = 100 Ku = 100 Pu / Pn. A seconda del valore del fattore di carico Ku si possono avere i seguenti tipi di funzionamento: 12
13 se Ku = 1 Pu = Pn e ciò implica il funzionamento nominale o a carico nominale; se Ku < 1 Pu < Pn e ciò implica un funzionamento sotto carico o a carico ridotto; se Ku > 1 Pu > Pn e ciò implica un funzionamento in sovraccarico. ESERCIZIO Un motore elettrico di potenza nominale Pn = 20 kw ha un ciclo di funzionamento di otto ore, con le seguenti modalità: 4 ore con Ku % = 80% e rendimento η1 = 0,80; 2 ore con Ku % = 100% e rendimento η2 = 0,90; 2 ore con Ku % = 120% e rendimento η3 = 0,75. Si disegni il diagramma di carico e quello delle potenze Perdute. Prima di procedere alla costruzione dei due diagrammi, effettuiamo alcune considerazioni di mero calcolo numerico. Noi sappiamo che per definizione: Ku % = 100 Ku e di conseguenza Ku = Ku % / 100, perciò sarà, Ku1 = 80 / 100 = 0,8; Ku2 = 100 / 100 = 1; Ku3 = 120 / 100 = 1,2. Si noti che il primo fattore di carico ci indica che la macchina lavora in regime di carico ridotto, nel secondo a carico nominale ed infine, nel terzo lavora in regime di sovraccarico. Inoltre, sapendo che Ku = Pu / Pn si desume che: Pu = Ku Pn. Nel nostro caso si ricava che: Pu1 = Ku1 Pn = 0,8. 20 kw = 16 kw; Pu2 = Ku2 Pn = kw = 20 kw ; Pu3 = Ku3 Pn = 1,2. 20 kw = 24 kw; Infine, tenendo conto che : Pp = Pu ( 1 η ) / η si ottiene che nei tre funzionamenti di macchina indicati, le potenze rispettivamente perdute saranno: Pp1 = Pu1 ( 1 η1 ) / η1 = 16 ( 1 0,8 ) / 0,8 = 4 kw ; Pp2 = Pu2 ( 1 η2 ) / η2 = 20 ( 1 0,9 ) / 0,9 = 2,22 kw; Pp3 = Pu3 ( 1 η3 ) / η3 = 24 ( 1 0,75 ) / 0,75 = 8 kw. Pu (kw) Pp ( kw) ,22 13
14 4 6 8 t (ore) t ( ore) TRASFORMATORE IDEALE Il trasformatore è una macchina elettrica di tipo statico, ossia tale macchina non presenta alcun organo in movimento o nessuna parte rotorica. Il trasformatore fonda il suo funzionamento, esclusivamente, sull effetto dell induzione magnetica. Dal punto di vista tecnico il trasformatore monofase è costituito da due avvolgimenti avvolti attorno alle colonne del nucleo magnetico, si veda lo schema di riferimento: i1 i2 v1 v2 Il lato che viene alimentato con una tensione sinusoidale, normalmente, si indica col nome di primario, mentre l altro lato si dice semplicemente secondario, ( ma essa è una macchina reversibile, poiché posso alimentare indifferentemente sia l uno che l altro ). Il flusso magnetico prodotto dal lato alimentato, investe gli avvolgimenti costituenti il secondario, producendo una tensione e conseguentemente un corrente indotta. Il valore sia della tensione indotta primaria che secondaria dipende dal flusso e dal numero di spire che costituiscono i due stessi avvolgimenti. Ne risulta allora che: E1 = E1m / 2 = N1 m / 2 = 2 f N1 m / 2 = = 4,44 f N1 m; E2 = E2m / 2 = N2 m / 2 = 2 f N2 m / 2 = = 4,44 f N2 m. Inizialmente tratteremo del trasformatore ideale, poiché le semplici considerazioni su di esso, ci aiuteranno a comprendere il trasformatore reale. Nelle condizioni ideali si utilizzano le ipotesi di Kap, che si possono così sintetizzare: 14
15 gli avvolgimenti sono ideali, ossia la loro resistenza risulta praticamente nulla; il flusso è ideale, ossia tutte le linee di forza, prodotto dall avvolgimento primario, ( che risulta l avvolgimento alimentato ), si concatena completamente co l avvolgimento secondario. In definitiva è come ammettere nullo il flusso disperso; il nucleo magnetico è perfetto, ossia è come ammettere che la riluttanza del circuito magnetico risulta nulla. Ciò ci consente di ammettere che le perdite per ciclo di isteresi e per correnti parassite siano uguali a zero. Inoltre per la legge di Hopkinson, Fmm = NI = = 0, per cu la forza magnetomotrice risulta nulla. Si ricorda che la Fmm è necessaria per creare il flusso magnetico. Conseguenza di questo fatto: applicando la tensione all avvolgimento primario sorgerà un flusso magnetico senza necessità di una corrente di magnetizzazione. Lo schema grafico del trasformatore ideale è il seguente: V1 E1 E2 V2 Applicando alle maglie il secondo principio di Kirchoff si deduce: V1 + E1 = 0 V1 = E1 ; V2 E2 = 0 V2 = E2. Nelle condizioni ideali risulta allora che: V1 = E1 = 4,44 N1 m f; V2 = E2 = 4,44 N2 m f; ora se dividiamo membro a membro, ossia se effettuiamo la divisione, V1 / V2 = E1 / E2 = ( 4,44 N1 m f ) / ( 4,44 N2 m f ) = N1 / N2. 15
16 In definitiva la quantità V1 / V2 = N1 / N2 = Kt si dice rapporto di trasformazione del trasformatore. FUNZIONAMENTO A VUOTO DEL TRASFORMATORE IDEALE Questa situazione si può schematizzare nel modo seguente I1 circa zero I2 = 0 V1 E1 E2 V2 Come si osserva dallo schema di principio, ai morsetti del secondario non è applicato alcun carico, proprio per questo si parla di funzionamento a vuoto. La rappresentazione vettoriale di questa situazione si riassume nel modo seguente: V1 = - E1 V2 = E2 E1 FUNZIONAMENTO A CARICO DEL TRASFORMATORE IDEALE La situazione è così rappresentabile: I1 0 I2 16
17 V1 E1 E2 V2 Zc In questo caso ai morsetti del secondario risulta applicato un carico con impedenza Zc. Si capisce che, V2 / Zc = E2 / Zc = I2. Inoltre visto che deve risultare nulla la forza magnetomotrice totale, ossia la somma delle f m m prodotte dalle due correnti I1 ed I2 deve essere uguale a zero: N1 I1 + N2 I2 = 0 da cui si deduce che I1 = ( - N2 / N1 ) I2. Conseguentemente il diagramma vettoriale assume la seguente forma: V1 = - E1 φ1 I1 = ( - N2 / N1 ) I2 = - I2 / Kt I2 φ2 V2 = E2 E1 Infine, si osserva dal grafico che: φ1 = φ2. BILANCIO DELLE POTENZE Le potenze apparenti nei due lati del trasformatore sono uguali a: S1 = V1 I1 ed S2 = V2 I2, ma S2 = V2 I2 = ( V1 / Kt ) ( Kt I1 ) = V1 I1 = S1, in definitiva risulta S1 = S2, oppure, V1 I1 = V2 I2. Si noti che V1 / V2 = Kt, di conseguenza V2 = V1 / Kt e dalla relazione in modulo N1 I1 = N2 I2 si ricava che I2 = ( N1 / N2 ) I1 = Kt I1, ( come indicato nelle relazioni superiori. Inoltre, visto che φ1 = φ2 e avendo dimostrato che, S1 = S2, allora si deduce che: 17
18 P1 = V1 I1 cos φ1 = V2 I2 cos φ2 = P2, ossia P1 = P2, Q1 = V1 I1sen φ1 = V2 I2 sen φ2 = Q2, ossia Q1 = Q2. Le potenze attive e reattive sono anch esse uguali fra loro. CIRCUITO REALE DI UN TRASFORMATORE MONOFASE Per descrivere il comportamento reale di un trasformatore è necessario abbandonare le ipotesi di Kap e tenere conto che: il rame ha per effetto Joule, in quanto sia la resistenza degli avvolgimenti primari che secondari, non risulta uguale a zero; il nucleo del circuito magnetico non possiede riluttanza nulla e pertanto, bisogna tenere conto delle perdite sia per ciclo di isteresi che per correnti parassite. Inoltre, visto che il circuito magnetico non ha comportamento ideale è necessario tenere conto che il flusso totale presenta una parte che viene dispersa all esterno del circuito stesso, ( NB. il flusso disperso dipende dal valore dell induttanza primaria e secondaria dei due avvolgimenti ). Lo schema equivalente di un trasformatore monofase reale è allora il seguente: R1 j X1d R2 jx2d V1 jb0 V2 G0 E1 E2 I termini o parametri R1, X1d, R2 ed X2d si dicono i parametri longitudinali del circuito equivalente del trasformatore, mentre G0 e B0 i parametri trasversali. Dal circuito equivalente di un trasformatore monofase reale si osservi che: R1 ed R2 sono rispettivamente le resistenze degli avvolgimenti primario e secondario; X1d e X2d le reattanze di dispersione del primario e del secondario ed infine, la G0 e la B0 ci occorrono per tenere conto delle perdite per correnti parassite e per ciclo di isteresi nel ferro. 18
19 Si conclude questo argomento, ricordando che, complessivamente sarà: Z1 = R1 + jx1d = impedenza del circuito primario; Z2 = R2 + jx2d = impedenza circuito secondario. Ritorniamo un attimo sull accoppiamento magnetico tra il primario ed il secondario. Visto che tale accoppiamento non è perfetto possiamo fare queste considerazioni, per chiarire il concetto di flusso disperso. Possiamo dunque ammettere che il flusso sia caratterizzato dalle seguenti linee di forza: I II i1 i2 v1 v2 Dalla figura di riferimento si constata che il flusso è così costituito: tutte le linee di forza che stanno all interno del nucleo magnetico del trasformatore, linee di colore blu, ( le quali costituiranno il flusso principale ); tutte quelle linee di forza che concatenano completamente o parzialmente il solo avvolgimento primario o secondario, vedi linee di forza rosse e verdi. In altri termini sono quelle linee di forza che si richiudono in aria. Esse costituiranno ciò che è indicato col nome di flusso disperso. Normalmente si indica con 0 il flusso principale, rappresentato da tutte le linee di forza che concatenano contemporaneamente il primario ed il secondario, mentre con 1d e con 2d si indicano rispettivamente, il flusso disperso primario e secondario. Calcoliamo in modo semplice l induttanza di dispersione. Noi sappiamo che : 1d = L1d I1 / N1 ed 2d = L2d I2 / N2, di conseguenza 19
20 Infine, si ricorda che: L1d = N1 1d / I1; L2d = N2 2d / I2. X1d = L1d = 2 f L1d; X2d = L2d = 2 f L2d. Il circuito magnetico del trasformatore reale viene pertanto investito da un flusso variabile nel tempo. La legge di Lenz Faraday Neumann dell induzione, ci consente di capire che, in queste condizioni, il ferro ha perdite sia per ciclo di isteresi che per correnti parassite. Potremo, quindi, effettuare le seguenti considerazioni: P FE = perdita nel ferro = Massa per perdita specifica per unità di massa = M p FE = = c P0 ( Bm / B0 ) 2 = c P0 Bm 2 / B0 2, ma Bm si può pensare uguale a, Bm = m / S FE, dove S FE è la sezione del ferro effettiva ed, inoltre, m = E1 / 4,44 f N1 e di conseguenza sarà, P FE = M (c P0 / B0 2 ) 2 m / S 2 FE = M (c P0 / B0 2 ) E1 2 / S 2 FE( 4,44 f N1 ) 2. Tutte le grandezze che compaiono nella relazione superiore, eccetto la E1, sono costanti durante il funzionamento del trasformatore, in quanto esse dipendono solo da fattori costruttivi e dalla frequenza. Si ricorda che il rapporto: Potenza / (Tensione) 2 = conduttanza = G, perciò il termine M c P0 / ( B0 2 S 2 FE( 4,44 f N1 ) 2 = G0, di conseguenza sarà, P FE = G0 E1 2 =( spesso si ritiene ) = G0 V1 2. La legge di Hopkinson ci dice, inoltre, che per magnetizzare il nucleo di ferro, con riluttanza diversa da zero, è necessaria una forza magnetomotrice. In altri termini deve risultare: Fmm = = Ni. Ipotizzando che il secondario sia aperto, ossia ad esso non sia applicato alcun carico, quindi risulterà I2 = 0, possiamo ammettere che: N1 I =, dove la I è la cosiddetta, corrente di magnetizzazione o corrente magnetizzante. ( Si noti che la I dipende dalla corrente I1 ). Ora, è possibile scrivere: I = / N1 = ( / N1 ) m / 2 = 20
IL TRASFORMATORE REALE
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