IDENTIFICAZIONE DI GENI ESPRESSI IN MODO DIFFERENZIALE IN CELLULE STAMINALI UMANE TRATTATE CON "SMALL MOLECULES": ANALISI PER RT PCR

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI FERRARA Facoltà di Farmacia Dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare Corso di laurea in Biotecnologie Farmaceutiche IDENTIFICAZIONE DI GENI ESPRESSI IN MODO DIFFERENZIALE IN CELLULE STAMINALI UMANE TRATTATE CON "SMALL MOLECULES": ANALISI PER RT PCR I Relatore Prof. Roberto Gambari Laureando Alessandro Polini II Relatore D.ssa Nicoletta Bianchi Anno Accademico

2 INDICE INTRODUZIONE Il differenziamento cellulare eritroide Espressione differenziale di emoglobine umane durante lo sviluppo Patologie del sistema emopoietico e fenotipo HPFH Strategie terapeutiche nella cura della β-talassemia Tecniche impiegate per testare l attività di molecole eritro-differenzianti: colture di precursori eritroidi umani Real-time quantitative RT-PCR : una metodologia per la quantificazione di acidi nucleici SCOPO DELLA TESI...25 MATERIALI E METODI Colture di precursori eritroidi ottenuti da sangue periferico di soggetti umani Estrazione di RNA totale Reazione di retro-trascrizione per la produzione di cdna da RNA di cellule indotte e non con composti potenzialmente in grado di modulare l espressione dei geni per le γ-globine PCR-quantitativa RISULTATI Composti derivati dall acido butirrico impiegati come potenziali induttori per la produzione di mrna di globine embrio-fetali Verifica dell attività di induttore eritro-differenziante dell acido butirrico nel trattamento di precursori eritroidi umani coltivati in vitro: quantificazione di mrna per le γ-globine mediante PCR quantitativa Quantificazione dell accumulo di mrna per le γ-globine in seguito al trattamento con una small molecule, il composto Saggio dell attività biologica di small molecules su colture di precursori eritroidi umani per l individuazione di molecole sempre più efficaci Analisi della riproducibilità degli effetti delle small molecules sull induzione di mrna per le γ-globine, saggiandone l attività su precursori eritroidi derivati dallo stesso donatore, ma prelevati a distanza di tempo CONCLUSIONE...42 BIBLIOGRAFIA

3 INTRODUZIONE 1. Il differenziamento cellulare eritroide. Il differenziamento cellulare è quel processo proprio di ciascun tessuto che, liberato dalla necessità di provvedere alle attività di base necessarie per il mantenimento delle proprie cellule, si specializza nello svolgimento di determinate funzioni, raggiungendo un grado di efficienza e di sofisticazione che è negato alle cellule degli organismi unicellulari. Il processo di differenziazione può essere visto come una graduale specializzazione suddivisibile in tre tappe sostanziali. Nella fase iniziale le cellule totipotenti (zigote e primi blastomeri) sono capaci di dare origine a tutti gli istotipi cellulari, e quindi a tutti i tessuti dell individuo adulto. Nel corso delle prime fasi dello sviluppo le cellule totipotenti si differenziano nelle cellule multipotenti dei tre foglietti embrionali (ectoderma, mesoderma, endoderma). Nella fase intermedia le cellule di ciascun foglietto si differenziano in cellule pluripotenti o staminali. Un esempio di cellule staminali è rappresentato dalle cellule emopoietiche del midollo osseo, di origine mesodermica, capaci di differenziarsi in eritrociti, granulociti, linfociti e piastrine. Infine, nella fase terminale le cellule pluripotenti si differenziano in cellule terminali unipotenti, in grado di originare un solo istotipo cellulare. Le prime due fasi hanno luogo solo durante lo sviluppo embrionale e fetale, mentre la fase terminale (da cellule staminali a unipotenti) prosegue, se non in tutti i tessuti, anche nell organismo adulto. Man mano che una cellula passa da totipotente a multipotente, a pluripotente e ad unipotente, la gamma di tipi cellulari differenziati cui essa può dare origine si restringe. Alla base del differenziamento c'è una particolare programmazione dell'attività genica, responsabile della conservazione di questa "specializzazione", che mantiene repressa la sintesi di geni che non sono specifici di quel determinato tipo cellulare ed invece attivata la sintesi di altri geni. Il nucleo non è il solo responsabile di questa programmazione: infatti, le cellule dei vari tessuti in un organismo hanno tutte un DNA identico. La diversa regolazione dell'attività genetica che si attua nei vari tipi cellulari dipende da segnali chimici che giungono al nucleo dal citoplasma, oppure, sempre mediati dal citoplasma, anche da cellule circostanti o dall'ambiente esterno alla cellula. 3

4 Segnali chimici analoghi sono prodotti anche nel corso della vita della cellula eucariotica, i cui complessi cicli vitali sono programmati correttamente da molecole specifiche sintetizzate in particolari momenti e che inducono il nucleo a iniziare una nuova fase di attività. Le interazioni nucleo-citoplasmatiche sono quindi alla base sia del differenziamento, sia della normale attività di una cellula nel corso del suo ciclo vitale. Il mantenimento di questo stato differenziato è il risultato di un continuo dialogo tra ogni cellula ed il resto dell'organismo, mediato da sostanze chimiche capaci di svolgere un'azione regolatrice anche a distanza: infatti, si può dimostrare come sia possibile ripristinare lo stato di totipotenza di un nucleo di una cellula differenziata, inserendolo in un citoplasma di una cellula embrionale, quindi privandolo dell'ambiente in grado di sollecitarlo verso un ruolo definito (1). Nell'ambito d'interesse specifico relativo al differenziamento eritroide, o eritropoiesi, questo processo riguarda la produzione di elementi figurati del sangue a partire dal quarto mese di vita fetale ed avviene per la maggior parte nel fegato e nella milza; nelle fasi successive della crescita la principale sede di produzione diventa il midollo osseo ed infine, con l infanzia, una sola parte di questo: il midollo osseo rosso di alcune ossa, come quelle della calotta cranica, della pelvi, delle coste, dello sterno, delle vertebre e dei capi delle ossa lunghe. I tipi differenti di cellule del sangue derivano tutti da una comune cellula progenitrice pluripotente di origine mesenchimale che, per effetto di molteplici stimoli, ancora oggetto di studio, si differenzia verso la produzione di cellule progenitrici dei linfociti o di cellule staminali mieloidi pluripotenti. Queste cellule staminali pluripotenti a seguito di divisioni cellulari generano cellule che possono differenziare ulteriormente. Così dai mieloblasti hanno origine i granulociti, dagli eritroblasti derivano i reticolociti e quindi gli eritrociti, dai megacariociti si formano, infine, le piastrine. Gli eritroblasti durante questa evoluzione perdono progressivamente massa nucleare, aumentano il proprio volume citoplasmatico e sono già in grado di sintetizzare emoglobina, proteina capace di legare l ossigeno in maniera reversibile, diventando poi eritrociti nel torrente circolatorio dove terminano la maturazione. L eritrocita non è una cellula in senso stretto in quanto priva di organelli cellulari, ma ha caratteristiche tali da esser capace di trasportare grandi quantità di gas, ossigeno e CO 2. Ha un favorevole rapporto superficie/volume per la diffusione di tali gas, avendo un diametro di circa 8 µm ed uno spessore massimo di 2 µm. 4

5 Per completare l intero processo ematopoietico è richiesta la presenza di fattori ematopoietici di crescita (HGFs), comprendenti molecole ad azione sia stimolatoria che inibitoria prodotte da una vasta gamma di cellule. Altri fattori importanti di cui è richiesta la presenza sono: l eritropoietina, la vitamina B 12, l acido folico, la disponibilità di ferro e la presenza di alcuni oligo-elementi come il rame, il cobalto e il nichel. Le cellule precursori degli eritrociti, quando si dividono, diventano sempre più sensibili all eritropoietina, ormone polipeptidico prodotto dal rene e dal fegato in risposta al bisogno di globuli rossi, che ne stimola la produzione provocando la divisione fino alla completa maturazione delle cellule precursori. Un adeguato apporto di vitamina B 12 e acido folico, indispensabili per la sintesi del DNA, è fondamentale per una corretta differenziazione e maturazione delle cellule staminali. 2. Espressione differenziale di emoglobine umane durante lo sviluppo. L emoglobina rappresenta la proteina più importante tra i costituenti dei globuli rossi, la cui funzione biologica è quella di trasportare l ossigeno dai polmoni ai tessuti attraverso il circolo sanguigno. Essa ha una struttura globulare costituita da quattro catene polipeptidiche e quattro gruppi prostetici eme. Delle quattro catene globiniche due sono catene di tipo alfa (zeta ed alfa), mentre le altre due sono di tipo beta (epsilon, gamma, beta e delta); nell adulto è prevalente l HbA, formata da due catene α di 141 residui e da due catene β di 146 aminoacidi, che si associano tra loro a formare una struttura tetraedrica, come è riportato in Fig.1. Le catene α e β contengono diversi segmenti ad α elica separati tra loro da ripiegamenti; le interazioni tra le due catene α e le due catene β sono in prevalenza a livello di residui idrofobici, ma esistono anche interazioni ioniche che coinvolgono i residui carbossi terminali delle quattro subunità. In ogni catena polipeptidica, posizionato all interno di una tasca idrofobica, si trova il gruppo eme, che in tale posizione stabilisce dei legami idrofobici con l interno ed eteropolari con la superficie della molecola. Il gruppo eme è costituito da una complessa struttura organica ad anello, la protoporfirina, alla quale è legato in posizione centrale un atomo di ferro nello stato di ossidazione ferroso (Fe 2+ ). L atomo di ferro presenta sei legami di coordinazione, quattro dei quali sono posizionati nel piano della porfirina ed 5

6 impiegati all interno del piano, mentre gli altri due sono perpendicolari al piano ed associano l eme al polipeptide stabilendo un contatto con l azoto imidazolico di due residui di istidina in posizione frontale rispetto all eme stesso. L equilibrio che si viene a formare tra l eme e la parte proteica è influenzato dalla presenza di ossigeno; infatti, essendo l ossigeno elettronegativo, tende a legare l atomo di ferro rompendo uno dei due legami di coordinazione con l istidina. Ne consegue che nell ossiemoglobina il ferro è legato ad una sola molecola di istidina della catena polipeptidica e ad una molecola di ossigeno, mantenendo costante la sua valenza allo stato ferroso. Fig. 1. Rappresentazione schematica di una molecola di HbA. I dischi neri rappresentano i gruppi prostetici. (Figura tratta dal CD informativo The Thal World, per gentile concessione di Università degli Studi di Ferrara ed Azienda USL Ferrara). La struttura quaternaria dell emoglobina è responsabile della sua affinità per l ossigeno, che diventa maggiore per le diverse subunità, man mano che l ossigeno si lega ai gruppi prostetici: il legame della prima molecola di ossigeno favorisce i legami di nuove molecole di ossigeno alle altre subunità. Il movimento delle catene proteiche sono essenziali per la cattura ed il rilascio di ossigeno, permettendo al gruppo eme di 6

7 assumere uno stato rilassato che favorisce il legame dell ossigeno alla subunità adiacente. Durante le varie fasi di sviluppo di un individuo sono identificabili diverse forme di emoglobina riassunte in Fig.2. È possibile, infatti, distinguere la produzione di tre emoglobine embrionali nei primi mesi di gravidanza (Hb Gower 1 ζ 2 ε 2, Hb Gower 2 α 2 ε 2 e Hb Portland ζ 2 γ 2 ), un emoglobina fetale (HbF α G 2 γ 2 e α A 2 γ 2 ) la cui produzione continua anche dopo la nascita andando a costituire per i primi sei mesi di vita il 5% di tutta l emoglobina, per poi arrivare a valori inferiori all 1% durante i primi due anni di vita; infine, nell uomo adulto si trovano due tipi di emoglobine (HbA α 2 β 2 e HbA 2 α 2 δ 2 ) la cui produzione comincia appena prima della nascita. Fig. 2. Differenti tipi di emoglobina nell uomo. Le tre emoglobine embrionali vengono prodotte nei primi mesi di gravidanza, al termine dei quali vengono sostituite dall emoglobina fetale, che a sua volta è sostituita dalle emoglobine adulte nei primi mesi di vita dopo la nascita. (Figura tratta dal CD informativo The Thal World, per gentile concessione di Università degli Studi di Ferrara ed Azienda USL Ferrara). Rispetto all emoglobina di tipo adulto, l HbF presenta un affinità maggiore per l ossigeno: questo permette un efficiente trasferimento di ossigeno dal sangue materno a quello fetale attraverso la placenta. La differente espressione nel tempo, dal 7

8 concepimento alla vita adulta, delle diverse catene globiniche nell uomo è rappresentata in Fig.3 ed è dipendente dall attivazione e dallo spegnimento di differenti geni globinici, attraverso processi di metilazione e demetilazione che ne caratterizzano lo switch. I clusters genici per le globine ε, γ, δ e β si trovano sul cromosoma 11, mentre quelli per le globine ζ e α si trovano sul cromosoma 16, come riportato in Fig.4. Nel cromosoma 11 sono rappresentati anche gli pseudo geni ψβ 2 e ψβ 1, mentre nel cromosoma 16 è presente lo pseudo gene ψα 1. Per le catene di tipo γ va specificata l esistenza di due tipi diversi, che differiscono tra loro per la sostituzione di una glicina con un alanina in posizione 136 della catena peptidica e rispettivamente denominate catene G γ e A γ. catene globiniche prima della nascita nascita dopo la nascita Fig. 3. Espressione nel tempo delle catene globiniche umane. Le catene globiniche umane sono espresse in percentuale di emoglobina sul totale (figura tratta da: Olivieri NF. The β Thalassemias. Medical Progress, 341, , 1999). Durante il periodo embrionale sono attivi i geni responsabili della sintesi di Hb Gower e Hb Portland, la cui espressione diminuisce progressivamente dopo le due prime settimane di gestazione. L espressione del gene ζ diminuisce man mano che aumenta l espressione del gene per la globina α, mentre le globine ε sono sostituite dalle globine γ. Dopo la nascita, la sintesi delle globine γ diminuisce sempre più, fino ad essere completamente sostituita dalle globine β intorno al quarto anno d età. In realtà una piccola percentuale di HbF viene espressa ancora durante la vita adulta ed i suoi livelli possono variare anche di dieci volte sotto l influenza di fattori quali l età, il sesso 8

9 o peculiarità genomiche, ad esempio mutazioni puntiformi nelle sequenze di DNA all interno del cluster β o nei geni ad esso correlati. A Locus Control Region ψβ2 ε Gγ Aγ ψβ1 δ β cromosoma 11 (p15.5) HS-Region ζ ψζ ψα1 α2 α1 B cromosoma 16 (p13.3) Fig. 4. Organizzazione dei clusters dei geni per le globine di tipo β (A) e di tipo α (B), posizionati rispettivamente sul cromosoma 11 e sul cromosoma 16. (Figura tratta dal CD informativo The Thal World, per gentile concessione di Università degli Studi di Ferrara ed Azienda USL Ferrara). I geni β-globinici umani (ε, γ G, γ A, δ e β) sono raggruppati in un dominio di 70 kb localizzato sul cromosoma 11. L espressione dei geni β globinici è regolata da una regione, di circa 25 kb, contenente una serie di siti ipersensibili alla DNasi I (5 HS), riconosciuti da quattro fattori eritrospecifici (5 HS1-4), e uno riconosciuto da un fattore ubiquitario (5 HS5); tale regione è collocata tra 6 e 18 kb a monte del gene per le ε globine ed è chiamata Locus Control Region (LCR). L LCR svolge due ruoli importanti: 1) costituisce una regione cromosomica aperta, ovvero più accessibile ai fattori di regolazione, e 2) contiene delle porzioni ad attività fortemente enhancer, responsabili dell elevata espressione genica, differenziata temporalmente durante lo sviluppo embrio fetale dei diversi geni globinici. Ciascun promotore dei singoli geni β- globinici sembra agire in sinergismo con l LCR per controllarne l espressione nel tempo, determinando il silenziamento progressivo di alcune catene a favore di altre (2). 9

10 3. Patologie del sistema emopoietico e fenotipo HPFH. Alcune delle principali alterazioni ereditarie del sistema emopoietico umano sono state a lungo indagate e caratterizzate: le emoglobinopatie, in cui le anomali catene globiniche prodotte sono caratterizzate da variazioni a livello della sequenza aminoacidica, e le talassemie, caratterizzate da una minore od assente produzione di catene globiniche. La più diffusa tra le emoglobinopatie è senza dubbio l anemia falciforme, causa ancora oggi di morte. La denominazione deriva dalla presenza di globuli rossi a falce, una forma che essi assumono in condizioni di bassa concentrazione d ossigeno. I globuli rossi sono, inoltre, più fragili e la loro rottura porta ad un anemia che rende il paziente più suscettibile ad infezioni e malattie. Gli individui omozigoti per questa mutazione non sono in grado di raggiungere l età adulta, o la raggiungono gravemente debilitati; gli individui eterozigoti, essendo ancora in grado di produrre Hb wild type, presentano disturbi molto più lievi, vivono meglio e più a lungo. La causa della malattia risulta essere una mutazione per cui un residuo di acido glutammico, carico quindi negativamente, in posizione 6 della catena β viene sostituito da una valina, un aminoacido neutro. Essendo la valina idrofobica, in stati di assenza di ossigeno si dispone inserendosi nella tasca idrofobica di un altro tetramero determinando la polimerizzazione delle catene β, che tendono ad aggregarsi in lunghe strutture bastoncellari deformando l eritrocita. Diversamente, le sindromi talassemiche presentano un disturbo a livello quantitativo e non qualitativo delle catene polipeptidiche; la denominazione beta-, alfa-, delta-talassemia indica il tipo di catena la cui sintesi è deficitaria o soppressa. Alcune cause che determinano l insorgenza della talassemia possono essere: la sostituzione di un codone codificante per un aminoacido con un codone di terminazione, determinando un interruzione prematura della trascrizione; un difetto a livello della maturazione o del trasporto dell mrna dal nucleo al citoplasma, per cui il trascritto può essere degradato all interno del nucleo oppure, se la mutazione interessa regioni interne ad introni localizzate lontano dal normale punto di separazione introne esone, possono formarsi nuovi siti di splicing, causando la produzione di mrna sia normali che alterati; infine, una delezione genica, come riportato in Fig.5. 10

11 5 ε Gγ Aγ ψβ2 δ β 3 Talassemia β Talassemia β Hb Lepore Talassemia β 0 Talassemia δβ HPFH Talassemia γ Fig. 5. Delezioni geniche responsabili del fenotipo talassemico. Questo tipo di delezioni possono interessare un area genica più o meno vasta. In alcuni casi possono invece provocare la riattivazione dei geni globinici di tipo gamma (come nel fenotipo HPFH). (Figura tratta dal CD informativo The Thal World, per gentile concessione di Università degli Studi di Ferrara ed Azienda USL Ferrara). La α-talassemia, rara tra le razze bianche, è la più diffusa nel Medio Estremo Oriente e tra i neri africani d America. Tale patologia interessa l alterazione di uno o più geni α, dal momento che un individuo diploide possiede un totale di quattro copie del gene, due per ciascun cromosoma 16. L anemia sarà perciò asintomatica o leggera quando il soggetto presenta rispettivamente tre o due geni totalmente integri, diversamente la mancanza di tutti e quattro i geni α porta all insorgere di una patologia detta idrope fetale, che determina la morte del feto ancor prima del passaggio allo stato embrionale. Si possiedono ancora poche informazioni sulla distribuzione della δ talassemia, di difficile diagnosi e poco nota. La β talassemia è la più diffusa tra le emoglobinopatie in Italia, con epicentri soprattutto nell aria del Delta Padano, in Sardegna e in Sicilia. Tale patologia viene 11

12 classificata in due categorie a seconda del grado in cui si manifesta la mancata produzione di globine β: β 0 talassemia, quando vi è la totale assenza di sintesi di β- globine; β + -talassemia, caratterizzata da una ridotta sintesi di β-globine negli omozigoti. Esperimenti di sequenziamento dei geni per le globine β hanno permesso di evidenziare più di 38 diverse mutazioni causanti la malattia, molte delle quali rappresentate da mutazioni puntiformi. Le più comuni alterazioni, riportate in Fig.6, riguardano: a) la regione promotrice del processo di trascrizione, le mutazioni in questa regione si traducono in una ridotta trascrizione genica, responsabile dell insorgere di una β + -talassemia; b) regioni esoniche, dove la modificazione di un singolo nucleotide può portare alla formazione di un codone detto di stop, che interrompe prematuramente la traduzione dell mrna globinico, generando frammenti non funzionanti di β globina, provocando una β 0 -talassemia; c) regioni nelle quali le mutazioni possono determinare un alterato processamento del trascritto primario, che viene degradato all interno del nucleo, portando ad una β 0 talassemia; possono verificarsi anche mutazioni a carico di introni localizzati lontano dal normale punto di separazione introne esone, ma coinvolti nella formazione di nuovi punti di splicing e, nel caso in cui questi presentino anche normali siti di splicing, si può avere la produzione di mrna sia corretti che alterati; tale alterazione determina l insorgenza di una forma di β + -talassemia. Il soggetto affetto da β talassemia si trova in uno stato di anemia cronica dovuta, oltre che alla mancata o ridotta sintesi di β-globine, anche al fatto che le catene α vengono normalmente prodotte, ma non trovando un equivalente concentrazione di catene β alle quali associarsi risultano in eccesso; questo sbilanciamento porta alla precipitazione intramidollare delle catene α danneggiando i precursori del globulo rosso. Si verifica così un eritropoiesi inefficace, causa dell anemia cronica. Non tutte le catene α in eccesso precipitano, molte si associano alle catene γ originando molecole di HbF, pertanto questa condizione può alleviare la gravità della malattia nel paziente. La sintesi di emoglobina fetale è normalmente ridotta a meno dello 0,6% dell emoglobina totale nell adulto, poiché è limitata progressivamente ad una sottopopolazione eritrocitaria detta F-cells, che nell 85% degli individui adulti sani raggiunge un valore variabile dallo 0,3% al 4,4% (3). In alcuni soggetti affetti da β talassemia che presentano un anormale espressione dei geni γ-globinici, questo fenomeno determina un incremento nel livello di HbF, che aumenta fino al 2,5 20 %; 12

13 tale aumento presenta una correlazione con la condizione fenotipica HPFH (High Persistence of Fetal Hemoglobin), in cui l incremento di HbF arriva a livelli anche superiori del 30% (4). La condizione clinica HPFH si manifesta in un espressione dei geni γ-globinici attivi durante lo sviluppo fetale, che continua nell adulto, quando l espressione dovrebbe invece essere repressa. I pazienti che manifestano un fenotipo HPFH presentano un miglioramento del quadro clinico, grazie alla riattivazione dei geni γ-globinici, dove gli aumentati livelli di HbF sono in grado di supplire, almeno in parte, alla carenza di HbA nelle sindromi talassemiche. Pertanto, oggetto di indagine è l identificazione e la caratterizzazione di composti naturali, chimici od altri tipi di biomolecole capaci di indurre il differenziamento eritroide e la produzione di emoglobine embrio fetali, nel tentativo di riattivare i geni γ globinici endogeni. Fig. 6. Rappresentazione schematica del gene per la β globina. Nella figura sono anche indicati i principali siti nei quali sono state localizzate mutazioni note responsabili di β-talassemie. Le alterazioni geniche che portano ad incrementati livelli di HbF sono a tutt oggi oggetto di studio, tuttavia sono state individuate due tipologie. Per il fenotipo HPFH di 13

14 tipo deletion sono state proposte tre cause: 1) la delezione di sequenze regolative nel cluster genico per le β globine, implicate nella modulazione sia positiva sia negativa, che produce un fenotipo che deriva dalla funzione delle sequenze regolative restanti; 2) una delezione che giustappone elementi enhancers in 3 e normalmente localizzati a valle del gene β, in prossimità dei geni γ, incrementandone l espressione; 3) una delezione che determina la continuità tra la regione di controllo del locus LCR ed i geni γ, normalmente in stato quiescente. Il fenotipo di tipo non deletion deriva, invece, da una mutazione puntiforme riguardante porzioni geniche a livello del promotore per le γ-globine, contenenti siti di legame per fattori trascrizionali, ubiquitari e/o eritro specifici. Tali mutazioni comportano alterazioni nel riconoscimento da parte di fattori attivatori e quindi un aumento dell espressione gene specifica, oppure una minore attività per fattori repressori, responsabili dell inibizione trascrizionale. 4. Strategie terapeutiche nella cura della β-talassemia. Il trattamento più comunemente impiegato nelle diverse forme di talassemia prevede la trasfusione di sangue, indispensabile per fornire al paziente un carico di globuli rossi sani ricchi in emoglobina normale perfettamente capace di trasportare ossigeno ai tessuti. Le trasfusioni consentono anche di ridurre l espandersi del midollo osseo e quindi le alterazioni ossee e di limitare l attività della milza. Le trasfusioni, però, introducono nell organismo grosse quantità di ferro, presente nell eme. Questa condizione determina un fenomeno di tossicità per organi e tessuti, soprattutto a carico del cuore e del fegato, ed è la principale causa di morte nei pazienti trattati con cicli trasfusionali. Pertanto i pazienti talassemici sono trattati con una terapia chelante al fine di rimuovere l eccesso di ferro; tale terapia risulta purtroppo difficile e dolorosa da affrontare, tanto da spingere numerosi pazienti ad abbandonarla. Un alternativa è rappresentata dal trapianto di midollo osseo, che permette un alta percentuale di guarigione qualora i pazienti arrivino rapidamente ed in buone condizioni cliniche al trapianto. Per questa strategia è necessario disporre di un donatore di midollo perfettamente compatibile per evitare fenomeni di rigetto. Poiché per impiantare un 14

15 nuovo midollo è necessario distruggere prima quello del ricevente, eliminandone quindi anche i globuli bianchi, il paziente in questa fase è sottoposto ad alti rischi di infezioni, anche gravi. Diversi sono gli approcci sperimentali attualmente in fase di studio. Uno di questi riguarda la terapia genica. Grazie all ingegneria genetica si potrebbe inserire un gene β-globinico normale in pazienti affetti da talassemia, sostituendo le funzioni del gene malato con quelle del gene sano opportunamente inserito nei precursori eritroidi del paziente. I problemi di questa terapia sperimentale riguardano soprattutto l identificazione delle sequenze necessarie per avere un espressione elevata e stabile del gene e lo sviluppo di vettori più efficaci e sicuri per la sua veicolazione all interno dell'organismo (4). Oltre alla terapia genica, una strategia terapeutica per portare il paziente talassemico alla produzione di emoglobina è quella di riattivare il gene che codifica per la globina γ e, di conseguenza, permettere la produzione di HbF (α 2 γ 2 ). Se si potesse controllare lo switch globinico γ β, agendo su una specie di interruttore molecolare, si assicurerebbe al paziente talassemico una quantità di emoglobina fetale tale da consentirgli condizioni di vita pressoché normali (4, 5). Diversi composti sono stati testati come agenti induttori del differenziamento eritroide; tra questi troviamo l idrossiurea (HU). Il suo meccanismo d azione risulta ancora poco chiaro (5). L HU si è dimostrata essere in grado di produrre: a) un aumento nei livelli di HbF; b) ma anche un aumento di dimensione delle cellule eritroidi; c) un incremento del contenuto cellulare di Hb; d) un inibizione a livello della proliferazione cellulare, che provoca un accumulo di cellule nella fase S. Tutti questi effetti sono dosee tempo-dipendenti. L HU agisce sulla produzione di HbF in seguito ad azione diretta sui precursori eritroidi tardivi, coinvolti nella produzione di Hb (6). Uno studio ha dimostrato che l acido butirrico (la cui struttura chimica, sottoforma di sale di sodio, è riportata in Fig.7) è un potente induttore del differenziamento eritroide su colture cellulari (7). In questo lavoro sono stati testati anche diversi analoghi e metaboliti dell acido butirrico; si è osservato che queste molecole devono avere determinate caratteristiche strutturali per essere attivi come composti eritrodifferenzianti. Per esempio lo scheletro carbonilico dell acido non deve essere più lungo di quattro atomi di carbonio, in caso contrario la molecola risulterà inattiva. 15

16 Na + Fig. 7. Struttura chimica del butirrato di sodio. Questo composto costituisce una molecola di riferimento per il disegno di analoghi strutturali potenziali induttori del differenziamento eritroide. E stato osservato un ritardo dello switch β-γ in neonati figli di madri diabetiche, nelle quali si è riscontrato un alto livello ematico di acido α amino n butirrico (8). Questo studio ha portato ad indagare lo switch β-globinico in un altro tipo di mammifero, l ovino. L acido butirrico è stato iniettato nel feto di ovino in utero durante il normale periodo di switch dei geni β-globinici; in tre feti su quattro trattati in questo modo, si è osservato un ritardo dell orologio biologico per lo scambio dei geni betaglobinici (9). Studi ulteriori hanno dimostrato che l acido butirrico ed alcuni suoi derivati possono aumentare l espressione di γ globine in vitro ed in vivo: il butirrato è stato utilizzato in un trial clinico di breve periodo dove è riuscito ad aumentare l espressione di geni globinici fetali dal 6% al 45% in pazienti talassemici, rispetto a pazienti non trattati, anche la popolazione di reticolociti F è raddoppiata (10). In un progetto più recente il butirrato è stato testato in regime ad intermittenza: oltre che diminuire gli effetti tossici, questo tipo di somministrazione ha riscontrato un aumento dell emoglobina totale sia nei pazienti affetti da β-talassemia, sia in quelli colpiti da anemia falciforme (11, 12). E stato, inoltre, dimostrato che l isobutirramide, un derivato butirrico, somministrato oralmente può ridurre il numero di trasfusioni necessarie in alcuni individui omozigoti β-talassemici, e quindi anche l accumulo di ferro; contemporaneamente si è verificato un aumento dei livelli di HbF dal 3,1% al 6% e di eritropoietina (13). Un altro composto interessante è il sodiofenilacetato (NaPA) e il precursore sodiofenilbutirrato (NaPB) la cui somministrazione ha riportato un incremento 16

17 dell espressione di mrna per le γ-globine di due o tre volte, rispetto alla quantità prodotta in condizioni basali, nei pazienti che hanno risposto in maniera positiva alla terapia con butirrati. In questi soggetti è stato riscontrato un incremento dal 15 al 50% nella sintesi di proteina globinica γ. Studi di footprinting con DNasi I effettuati in vivo su eritroblasti umani, ottenuti da pazienti affetti da β-talassemia ed anemia falciforme che hanno risposto alla terapia con il butirrato, sono stati condotti analizzando quattro regioni del promotore per le γ-globine designate per la sensibilità al butirrato (BRE-G1-4). Studi di mobilità elettroforetica utilizzando queste sequenze hanno permesso la scoperta di due nuove proteine eritro-specifiche (BRE-G1 e BRE-G2) e una di tipo ubiquitario, αcp2, presenti solo nei pazienti che hanno risposto alla terapia con il butirrato e che potrebbero essere implicate nell espressione dei geni per le γ-globine (14). Recentemente questi composti si sono dimostrati capaci di incrementare la produzione di HbF in esperimenti in vitro su precursori eritroidi derivati da individui normali e pazienti affetti da anemia falciforme o β-talassemia (15). L uso terapeutico di questi composti in qualità di induttori dell espressione genica di γ-globine e del differenziamento cellulare, può avere delle limitazioni: spesso sono necessarie alte dosi, che possono dare fenomeni di tossicità soprattutto a livello cerebrale (16). I composti oggetto d interesse in questa tesi sono dei derivati dell acido butirrico, studiati al fine di trovare nuove molecole che avessero una migliore o uguale capacità di indurre il differenziamento eritroide e la produzione di emoglobina fetale in vitro. Alcuni di questi composti sono stati brevettati, mentre altri sono dei loro derivati (17). I composti brevettati sono dei derivati dell acido valerico (o acido pentanoico) tra cui l acido isovalerico, l acido 4-pentinoico e l acido metil-tio-acetico e loro sali accettati fisiologicamente. Questi composti stimolano la produzione di γ-globine con differenti cinetiche rispetto l acido butirrico generando un induzione più sostenuta. Non sono inoltre tossici a concentrazioni in cui l acido butirrico risulta tossico per le cellule. I composti attivi del brevetto potrebbero essere somministrati per: 1) migliorare patologie come l anemia falciforme e la β-talassemia; 2) prevenire o migliorare la malaria; 3) stimolare la differenziazione cellulare, per esempio in cellule tumorali. 17

18 5. Tecniche impiegate per testare l attività di molecole eritrodifferenzianti: colture di precursori eritroidi umani. Per testare l'efficacia di molecole in grado di riattivare la produzione di HbF è necessario allestire saggi in vitro in grado di simulare le condizioni fisiologiche umane. I modelli sperimentali più promettenti in tal senso sono due: saggio di attività luciferasica e colture cellulari. Il saggio di attività luciferasica è una tecnica di biologia molecolare che solo negli ultimi anni è stata applicata per la rivelazione di attività da parte di induttori farmacologici di emoglobina fetale (18). E un metodo rapido e semplice che si serve di un costrutto genico in grado di codificare per due diversi geni reporter per la luciferasi, renilla e firefly. I due geni sono posti rispettivamente sotto il controllo di una porzione del promotore della β-globina e di una regione del promotore della γ-globina. Il costrutto in questione viene, quindi, trasfettato in cellule riceventi e dopo un determinato periodo di tempo si misura l attività genica tramite saggio enzimatico: l espressione del gene per la renella-luciferasi rispecchia l espressione del gene per la β-globina, mentre l espressione del gene per la firefly-luciferasi valuta l espressione del gene per la γ-globina. Questo metodo è estremamente rapido e sensibile per entrambi i geni (18). Le colture cellulari comprendono sia linee cellulari umane di origine eritroide stabilizzate, sia colture cellulari primarie di precursori eritroidi, dove le cellule sono ottenute da donatori sani, od eventualmente da pazienti affetti da talassemia. Le linee cellulari umane erythroid-like, come K562, HEL e UT-7, derivano da cellule provenienti da pazienti con diverse forme di leucemia mieloide (19, 20, 21). Queste cellule sono state adattate a crescere in coltura e in alcuni casi stabilizzate. Le K562 crescono come cellule in sospensione, singole e indifferenziate, con bassa produzione di Hb (19). Quando vengono stimolate da diversi agenti possono rispondere in pochi giorni con un incremento significativo nella produzione di Hb e con altri marcatori specifici del differenziamento eritroide. Così la linea cellulare K562 può essere stimolata da agenti come emina, 5-azacitidina, HU, butirrati e/o altre molecole per la produzione di emoglobina di tipo embrionale e fetale. Queste linee cellulari costituiscono sistemi sperimentali estremamente utili, grazie alla loro origine leucemica 18

19 umana e al fatto di essere state ben caratterizzate; inoltre, poiché di origine tumorale, sono facilmente coltivabili in vitro, in quanto in continua proliferazione, rappresentando anche un sistema relativamente poco dispendioso. Tuttavia, vi è una limitazione al loro utilizzo: queste linee cellulari sono usate soprattutto nei saggi preliminari e nello screening iniziale, quando deve essere analizzata la potenziale attività eritrodifferenziante di un numero elevato di molecole; inoltre, esse non riproducono tutti gli aspetti dell eritropoiesi. Primo, non solo le cellule K562 sono insensibili all eritropoietina e non producono Hb adulta, secondo, la loro stimolazione incrementa la produzione delle emoglobine sintetizzate già a livelli basali quando non stimolate: non si ha quindi una riattivazione genica da uno stato completamente inattivo. Infine, molecole risultate potenziali agenti induttori del differenziamento eritroide in queste linee tumorali non sono state capaci di riprodurre risultati analoghi in colture di cellule staminali umane, che rappresentano un modello cellulare più fisiologico (22). Le colture di precursori eritroidi possono essere effettuate utilizzando sia terreni semi-solidi, nei quali formano cloni cellulari, sia terreni liquidi, dove crescono come cellule singole o clusters in sospensione (Fig.8). In entrambi i terreni l EPO è essenziale per il differenziamento cellulare. Nel caso della coltura in fase liquida, questa si svolge in due fasi: una prima fase EPO-indipendente, in cui le cellule del sangue periferico sono messe in coltura con una combinazione di altri fattori di crescita, dove i progenitori eritroidi proliferano e differenziano in progenitori CFUe (Colony Forming Unit erythroid); nella seconda fase al terreno viene addizionata EPO, le cellule continuano a proliferare e a maturare in normoblasti ortocromatici ed eritrociti enucleati. Nella fase EPO-indipendente le cellule mononucleate da sangue periferico vengono isolate mediante una centrifugazione in gradiente di densità con Ficoll- Hypaque, o Lympholyte-H, e messe in coltura in terreno addizionato con citochine umane ricombinanti, fattori stimolanti colonie di granulociti e macrofagi (GM-CSF), interleuchina-6 (IL-6) e stem cell factor (SCF). Queste citochine possono essere rimpiazzate dall utilizzo di terreno condizionato da colture di linee cellulari di carcinoma umano, come le 5637 derivate da carcinoma alla vescica. Questo terreno condizionato contiene una varietà di fattori di crescita, ma non l EPO. I linfociti possono essere rimossi dalla coltura, separandoli con l'impiego di biglie magnetiche associate ad anticorpi specifici, oppure addizionando ciclosporina A. Dopo una settimana di incubazione le cellule necessitano di EPO per continuare il processo di 19

20 differenziamento e proliferazione. In questo step le colture contengono cellule in adesione (soprattutto macrofagi) e cellule in sospensione (soprattutto linfociti). Queste ultime vengono prelevate, lavate e rimesse in coltura con nuovo medium addizionato di EPO. In assenza di citochine necessarie per la loro proliferazione le cellule non-eritroidi arrestano il loro sviluppo. I progenitori eritroidi proliferano e differenziano in precursori eritroidi, proeritroblasti, che possono essere eventualmente isolati con gradiente di Percoll e rimessi nello stesso terreno. I proeritroblasti continuano a moltiplicare formando clusters e poi larghi aggregati che possono raggiungere le centinaia di cellule. Durante il differenziamento queste cellule accumulano Hb. La coltura può essere protratta in queste condizioni per circa due settimane. sistema di coltura liquida fase I -EPO 7 giorni fase II +EPO giorni 0-5 giorni 6-10 giorni Fig. 8. Rappresentazione schematica di un sistema di coltura liquida in due fasi. Le cellule rimangono in coltura per 14 giorni, in cui proliferano e differenziano in normoblasti ortocromatici che producono emoglobina (figura tratta da: Pope SH et al. Two-phase liquid culture system models normal human adult erythropoiesis at the molecular level. The European Journal of Haematology, 64, , 2000). I precursori eritroidi coltivati nelle condizioni sopra riportate derivano da sangue periferico, facilmente disponibile e prelevabile da donatori sani; esso rappresenta una 20

21 sorgente di progenitori eritroidi omogenea, mentre quelli presenti nel midollo osseo si trovano a vari livelli di sviluppo. Questo sistema di coltura liquida in due fasi riproduce molti aspetti dell eritropoiesi come l'espressione degli mrna globinici, gli antigeni cellulari di superficie, la cinetica del ciclo cellulare, il metabolismo del ferro e della ferritina. Questi sistemi di coltura possono essere utilizzati per testare l'attività eritrodifferenziante di molecole proposte come potenziali induttori di emoglobine embriofetali; in tal caso i composti sono generalmente aggiunti alla coltura durante la seconda fase, tra il quarto e l ottavo giorno. Poiché le cellule crescono in sospensione possono essere prelevati a diversi intervalli di tempo campioni cellulari, per valutarne le caratteristiche. Ad esempio, il contenuto di emoglobina può essere analizzato con diverse metodologie, come la denaturazione alcalina, la colorazione con benzidina attivata con acqua ossigenata, la cromatografia liquida ad alte prestazioni (HPLC) o l analisi mediante FACS, che prevede l'utilizzo di anticorpi fluorescenti e diretti contro i differenti tipi di globine in modo specifico (22). Invece, la quantificazione di mrna può essere valutata per RT-PCR, utilizzando sofisticati Thermal Cyclers. 6. Real-time quantitative RT-PCR : una metodologia per la quantificazione di acidi nucleici. Lo sviluppo di una metodologia come la reazione di polimerizzazione a catena (PCR), impiegata per l'amplificazione e l analisi degli acidi nucleici, ha rivoluzionato la genetica e la biologia molecolare. L applicazione di questa tecnica associata con lo sviluppo di raffinate strumentazioni ha permesso di migliorare la sensibilità di questo sistema d'indagine. Associando l amplificazione di frammenti di DNA o cdna con la rilevazione di fluorescenza è stato possibile quantificare in modo assoluto anche quantità minime di acidi nucleici presenti nei campioni sottoposti ad indagine. Nel caso la quantificazione sia mirata a valutare l espressione di specifici geni e quindi i rispettivi mrna, tale tecnica oltrepassa di gran lunga le potenzialità applicative della comune tecnica del Northern Blotting. 21

22 L RT-PCR quantitativa presenta numerosi aspetti vantaggiosi, come la capacità di poter analizzare un elevato numero di campioni utilizzando sofisticati Thermal Cyclers; nel momento in cui sia necessario eseguire una reazione di retro-trascrizione prima della PCR, per la produzione di cdna a partire da RNA come templato, sia la reversione che l amplificazione vera e propria possono venir eseguite anche in unico passaggio (o in più passaggi) sul Thermal Cycler. Questa strumentazione consente peraltro di ottenere una visione in tempo reale durante ciascun ciclo di amplificazione, ovvero un grafico da cui si può ricavare l incremento di fluorescenza sviluppato da ciascun campione ad ogni singolo ciclo. Per eseguire la reazione sono indispensabili: un enzima, due primers ed una sonda oligonucleotidica, che riconosce una sequenza compresa tra i due primers e dotata di particolari caratteristiche. L enzima impiegato è una DNA polimerasi prodotta dal batterio Thermus aquaticus, avente la capacità di resistere ad elevate temperature e dotata anche di attività esonucleasica 5-3. Anche i due primers, reverse e forward, devono soddisfare determinate caratteristiche: 1) uno dei due primers deve essere posizionato in prossimità della regione 5 riconosciuta dalla sonda e molto vicino ad essa; 2) entrambi i primers non devono sovrapporsi alla sequenza con la quale ibridizzerà la sonda; 3) i primi cinque nucleotidi nella regione 3 non devono contenere più di quattro basi G e/o C. Per quanto riguarda la sonda, la sua sequenza oligonucleotidica deve essere compresa nel templato bersaglio in analisi, e deve ibridizzare col cdna. La sonda è in genere costituita da un singolo filamento di DNA e presenta nell estremità 5 un gruppo cromogeno FAM (6-carbossi-fluoresceina), chiamato anche reporter, legato in maniera covalente, mentre all estremità 3 è posizionato un gruppo quencher detto TAMRA (6-carbossi-N,N,N,N -tetrametilrodamina). Prima che la reazione di PCR inizi, il gruppo FAM non emette fluorescenza, in quanto trovandosi i gruppi reporter e quencher vicini tra loro si equilibrano, quindi non si ha l emissione di fluorescenza da parte del sistema. Col procedere della reazione di polimerizzazione l attività esonucleasica della DNA polimerasi provoca la rimozione del gruppo reporter dalla sonda, che viene degradata dopo essere stata incontrata durante la fase di estensione dal primer lungo il filamento di DNA; i due gruppi cromogeni a questo punto non sono più vicini tra loro, il quencher non è più in grado di assorbire l emissione del reporter, quindi il sistema di rilevazione osserverà un aumento della fluorescenza. Ad ogni ciclo verrà registrato un incremento della fluorescenza, 22

23 poiché sempre maggiore sarà il numero di molecole di sonda ibridizzate al DNA templato che vengono rimosse ed idrolizzate dall enzima. Questa strategia permette una visione in tempo reale dell amplificazione durante i vari cicli di reazione; inoltre, la selettività della sonda, che ibridizza col DNA o cdna bersaglio, permette la rilevazione esclusivamente dei prodotti di PCR amplificati in modo specifico. Per effettuare l amplificazione genica è stato utilizzato il sistema ABI Prism 7700 Sequence Detector, costituito da: un Thermal Cycler, ABI Prism 7700, all interno del quale sono posizionate le reazioni in una piastra termica; un computer ed un software (Sequence Detector Application Program versione 1.7) che gestisce la strumentazione e l analisi dei dati. I parametri di tempo e temperatura ai quali far avvenire i vari steps di amplificazione e il numero di cicli da effettuare sono i seguenti: gli step 1 e 2 (2 min a 50 C e poi 10 min a 95 C) permettono l attivazione delle proprietà esonucleasiche dell enzima, che si attiva contemporaneamente in tutti i pozzetti contenenti le reazioni di polimerizzazione; lo step 3 (15 sec a 90 C e 1 min a 60 C, ripetuti per 40 cicli successivi), che costituisce gli stadi di PCR vera e propria, cioè la denaturazione a 90 C, l'appaiamento dei primers e l'estensione del filamento di DNA che avvengono alla stessa temperatura di 60 C. Il sistema ABI Prism 7700 è dotato di una camera a dispositivo di carica accoppiata, che permette di misurare lo spettro di emissione della fluorescenza in un intervallo da 500 a 650 nanometri. Ogni reazione è controllata per rilevare il segnale in modo sequenziale per 25 msec, con un monitoraggio continuo durante l amplificazione al termine della quale ogni campione viene riesaminato per 8,5 sec. Durante l amplificazione la variazione di fluorescenza emessa dal gruppo quencher è minima rispetto al gruppo reporter; per questo motivo essa viene utilizzata come riferimento interno, per ottenere in modo automatico la normalizzazione dell emissione del gruppo reporter. Un informazione utile che si può ricavare da tale grafico è il valore del ciclo Threshold, detto CT o ciclo soglia. Tale valore rappresenta il ciclo al quale è possibile registrare il primo apprezzabile aumento di intensità nella fluorescenza emessa, non coperta dal segnale di background; esso viene considerato nella fase esponenziale della reazione di PCR il più lontano possibile dal plateau, che rappresenta la fase di saturazione della reazione di amplificazione. Tutti i campioni sono confrontati 23

24 valutando i loro rispettivi CT, relativi all intensità di fluorescenza emessa presa come soglia per quell analisi. La quantificazione dei campioni presi in esame può seguire diverse strategie, come il confronto con una retta di taratura dove lo standard è rappresentato, ad esempio, da un plasmide contenente il cdna per il trascritto d interesse opportunamente diluito. Tuttavia, con questo sistema non sono esclusi errori di valutazione dovuti alla presenza di fattori di inibizione o di degradazione nei campioni da analizzare, oppure errori dovuti all operatore. La quantificazione di cdna provenienti da campioni diversi è più attendibile se viene considerato un gene di riferimento interno al sistema rendendo così minimo l errore sperimentale. Tale strategia è utilizzata anche quando si desidera ottenere una quantificazione relativa, basata sulla differenza tra i livelli di espressione di un gene bersaglio in campioni differenti, e valutato rispetto ad un gene di riferimento ugualmente espresso in tutti i campioni analizzati. I geni utilizzati come riferimento, espressi in modo costitutivo in tutti i campioni, possono essere ad esempio i geni per la β-actina, la gliceraldeide 3-fosfato-deidrogenasi (GAPDH), la β 2 -microglobulina ed ancora il gene per l rrna 18S. L analisi di tipo quantitativo viene effettuata eseguendo una serie di reazioni ciascuna contenente diverse quantità di cdna dello stesso campione. La differenza tra il CT del gene bersaglio ed il CT del gene di riferimento, CT, deve rimanere costante o al massimo variare di valori inferiori all unità per tutti i punti della scalare di diluizione. Il valore di CT è inversamente proporzionale alla concentrazione del templato in analisi; pertanto, all aumentare della concentrazione di cdna bersaglio, il ciclo soglia diminuisce: la sonda ha una maggiore quantità di substrato sul quale ibridizzare, quindi una volta attivata la polimerasi ed il gruppo reporter viene liberato, si produce un valore di fluorescenza superiore al rumore di fondo che viene recepito dal sistema in tempi più brevi rispetto a campioni contenenti quantità di cdna inferiori. Per quantificare un trascritto in campioni che lo esprimono a diversi livelli, viene calcolata la differenza tra i valori di CT di ciascun campione in analisi ed il CT del campione usato come standard di riferimento, ottenendo il CT. Un elaborata espressione matematica, infine, considera il CT come esponente negativo (2 - CT ) e permette di valutare quante volte un determinato DNA o cdna templato è espresso in un campione rispetto ad uno di controllo (23, 24). 24

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