2 IL PROCESSO COGNITIVO
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1 2 IL PROCESSO COGNITIVO 2.3 IL METODO TRASCENDENTALE E IL REALISMO METAFISICO Lo scopo di questa analisi è quello di rivisitare il metodo trascendentale kantiano alla luce del realismo metafisico, per esplorare la possibilità di coniugare due prospettive speculative importanti e spesso in contrasto l'una con l altra. Tale tentativo non è privo di polemiche e accese discussioni fra i pensatori del Novecento, alcuni dei quali hanno sentito la necessità di rifiutare ogni presupposto di tipo trascendentale per non inquinare le acque limpide della metafisica tradizionale. Il disegno originale di questo tentativo di combaciare il metodo kantiano con la metafisica dell essere era chiaramente esposto dal fondatore della scuola, Joseph Maréchal, nel primo dei suoi famosi cinque volumi dal titolo, Il punto di partenza della metafisica 1. Scrive, appunto, Maréchal: «se le nostre conoscenze dirette non raggiungono immediatamente l oggetto in sé, noi restiamo, di diritto, confinati all interno del soggetto in quanto tale, rimaniamo chiusi entro il relativo, e nessun artificio argomentativo ci permetterà di gettare un ponte verso l esterno e l assoluto. Lungi da noi, quindi, il voler riaprire in questa sede la deludente quaestio de ponte. Se raggiungeremo la verità metafisica, sarà, in ultima analisi, alla luce di una evidenza oggettiva immediata» 2. Non è facile descrivere questa evidenza oggettiva immediata, ma lo sforzo epistemologico compiuto dalla scuola è ammirevole e degno della nostra attenzione. Il metodo trascendentale Già spiegato nel 1.3, il metodo kantiano scaturisce dalla domanda sulle condizioni di possibilità dell esperienza cognitiva. Kant si domandava quali fossero le condizioni che potevano rendere possibile l atto cognitivo, privilegiando la struttura a priori dell intelletto che ragiona e giudica. Il metodo trascendentale cercava di esplicitare filosoficamente la struttura cognitiva che produce scienza, soprattutto la scienza moderna. Sono i giudizi (epistemici) che permettono di far 1 Joseph MARECHAL, Le point de départ de la Métaphysique, Desclée de Brouwer, Paris, Il volume che ci interessa di più è il quinto, di cui la traduzione di Vita e Pensiero è forse la migliore in lingua italiana (Il punto di partenza della metafisica. Il tomismo di fronte alla filosofia critica, Vita e Pensiero, Milano 1995). 2 Ivi., volume I, p
2 progredire il sapere umano, che aggiungono conoscenze al patrimonio intellettuale dell umanità. Per Kant tali giudizi erano quelli sintetici a priori. I giudizi analitici sono apodittici per loro stessa natura, ma siccome in buona parte sono tautologie, non ci dicono niente di nuovo, non rappresentano un di più della conoscenza. A contrario, i giudizi sintetici a posteriori sono meramente contingenti, mancano il carattere universale e necessario, e quindi non sono adatti per la scienza. In conclusione, i giudizi che fanno progredire la conoscenza sono i cosiddetti sintetici (ci dicono qualche cosa di nuovo) a priori (avendo carattere di universalità e necessità) 3. A proposito scriveva Kant: «Rifiutare i risultati di quest ultima (cioè la natura a priori di alcune determinazioni dell oggetto) comporterebbe inevitabilmente la negazione del valore apodittico delle scienze pure [come la matematica e la fisica pura, ndr] e di qualsiasi autentica universalità e necessità» 4. La natura apodittica delle scienze pure verrà messa in discussione durante il novecento, tanto da convincere i matematici della necessità di cercare altrove per i fondamenti della stessa scienza 5. Il metodo trascendentale parte dalla domanda circa le condizioni a priori della possibilità della conoscenza. Per questo bisogna precisare il significato della parola a priori. Quando la nozione viene troppo semplificata, sembra segnalare una struttura soggettiva della mente umana, completamente indipendente dall oggetto cognitivo, e che viene prima (quindi la nozione di a priori ) di ogni atto gnoseologico e di ogni esperienza. E chiaro che in questo senso sarebbe difficile riscontrare un sopporto epistemologico per l a priori negli scritti dell'aquinate. Ma una siffatta concezione del significato di a priori non è rintracciabile nemmeno nel pensiero kantiano. Una nozione più raffinata dell'a priori, sia per Tommaso che per Kant, segnala piuttosto, sì, una struttura intellettiva, ma più precisamente una struttura di per sé necessaria per la conoscenza degli oggetti reali. «L a priori del senso non è affatto una rappresentazione innata, ma una regola selettiva nella ricezione di impressioni esterne; gli schemi a priori nell immaginazione non sono immagini innate, ma le leggi universali che presiedono alla formazione delle immagini; le condizioni a priori dell intelligenza non sono, nell uomo, concetti innati, ma esigenze di contenuto intelligibile, esigenze universali, definite tanto dalla natura dell intelligenza quanto dal suo necessario rapporto con la sensibilità. In sintesi, a qualunque grado si trovi, l a priori delle facoltà conoscitive non è affatto statico ma dinamico; non oggetto o rappresentazione oggettiva, ma soltanto principio di conoscenza e rivelatore dell oggetto» 6. In altre parole, l a priori descrive la natura 3 Ossia l'unione dei giudizi analitici e dei giudizi sintetici a posteriori. 4 Joseph MARECHAL, cit., Cfr: Alberto STRUMIA, Le scienze e la pienezza della razionalità, Cantagalli, Siena Anche utile dallo stesso autore insieme a Giuseppe Tanzella-Nitti è Dizionario interdisciplinare di scienza e fede, Urbaniana University Press, Roma Cf. anche Introduzione del Gianfranco BASTI, La filosofia della natura e della scienza, PUL, Roma Cercare altrove significa in ultima analisi di cercare nella metafisica quale fondamento delle premesse della matematica. 6 Ivi, volume V, p
3 dell intelletto umano, che è portato a conoscere gli oggetti presentati secondo certe categorie che le sono naturali. Così come i sensi esterni umani hanno una certa loro natura (l occhio umano vede entro una certa distanza, minore, ad esempio, del occhio dell aquila; l udito umano sente entro certe frequenze, minori, ad esempio del udito dei topi), l intelletto umano ha una certa sua natura che gli consente di conoscere l atto d essere degli oggetti. La proposta di analizzare le strutture a priori dell intelletto umano per riscontrare un fondamento del realismo metafisico non è altro che uno scrutinio dell atto cognitivo partendo non dall oggetto conosciuto, ma dal soggetto conoscente. Se il binomio oggetto/soggetto è necessario per la conoscenza, questa necessità non implica quella che asserisce che la conoscenza debba partire dall'oggetto: invero, può partire anche dal soggetto 7. Certo, bisogna caratterizzare bene la natura del soggetto conoscente, che non può essere meramente una res cogitans completamente indipendente dalla res extensa, ma piuttosto una natura trascendentale capace (capax) di cogliere l orizzonte dell essere nell'atto intenzionale del giudizio (cf. 3.1). Precisa Maréchal: «[ ] non riteniamo inutile questa nostra ricerca ulteriore, poiché è comunque interessante poter constatare che il realismo metafisico compenetra a tal punto il pensiero umano da essere già contenuto, di necessità logica, nella semplice rappresentazione oggettiva di un qualsiasi dato» 8. L intelletto agente La conoscenza è anzitutto un atto, prima di essere il prodotto di ciò che si intende conoscere. La conoscenza rappresenta l insieme di atti cognitivi compiuti. E poiché la mente umana è caratterizzata da un duplice movimento, quello potenziale e quello attivo, cerchiamo i principi che governano questi due aspetti. L intelletto si trova in potenza rispetto ai suoi oggetti naturali, e deve assimilare le forme (delle cose esterne) in modo intenzionale per offrire all'intelletto attivo il suo oggetto proprio (che sono le specie sensibili). A quel punto, l intelletto agente agisce sulla specie, rendendola intelligibile in atto (e non soltanto intelligibile in potenza). Tale è la proposta aristotelica della struttura dell'atto e potenza ripresa da Tommaso nella dottrina sulla natura dell intelletto umano. L intelletto agente si trova sempre in atto, perché è unito alla sostanza dell essere umano: partecipa dell atto di essere dell anima, e così rassomiglia all illuminazione dell essere divino, o perlomeno a qualcosa di superiore spiritualmente. In questo senso, molti pensatori intuiscono un influenza di Agostino nell'aquinate. 7 «Tra questi due punti di vista metafisico (trascendente) e critico (trascendentale) non esiste alcuna incompatibilità, poiché il secondo non è altro che un aspetto distintivo del primo». Ivi, Ivi, 5. 3
4 L importanza dell intelletto agente è chiara nel momento che l oggetto di conoscenza si trova in potenza rispetto all atto cognitivo, a differenza dell opinione di Platone che postulava la sussistenza delle forme degli oggetti di conoscenza. Esemplifica l'aquinate: «Se l oggetto esterno fosse presente al nostro intelletto possibile come intelligibile in atto, cioè, come pura forma intelligibile, allora l intervento di un intelletto agente sarebbe superfluo: infatti, in questo caso sarebbero già realizzate tutte le condizioni dell atto intellettuale e quindi l intellezione sarebbe già compiuta (Quaest. Disput. De Anima, 4, c.)» 9. Sicché, le forme degli oggetti esterni vengono assimilate soltanto come intelligibili in potenza, esistendo nell anima in maniera solo intenzionale (non in atto). Per cui, ci deve essere un principio intellettivo che fa passare la forma intenzionale dalla potenza all atto, e questo è, appunto, l intelletto agente. Questo principio attivo nella struttura soggettiva della mente umana viene considerato a priori, nel senso che appartiene all apparato cognitivo che agisce sui dati forniti che il soggetto ha in sé, e come tale non proviene dall oggetto esterno. Così, l oggetto esterno viene conosciuto soltanto grazie al processo intellettivo di tale struttura, immanente al soggetto, che costituisce, per mezzo dell intelletto agente, la specie intelligibile in atto. Infatti, così asserisce Tommaso: «Perciò rispetto ai fantasmi l'operazione intellettiva è causata dai sensi. Siccome però i fantasmi non hanno la capacità di agire sull'intelletto possibile, ma devono diventare intelligibili in atto in forza dell'intelletto agente, non si può affermare che la conoscenza sensitiva è la causa totale e perfetta della conoscenza intellettiva; che, anzi, in un certo senso, essa è la materia su cui la causa agisce» 10. Il fantasma viene trasformato, elevato, spiritualizzato, spogliato dei propri attributi materiali, universalizzato, ecc., dall intelletto agente. Senza la presenza di tale principio attivo, l intelletto non potrebbe conoscere un oggetto nel senso scientifico (e neanche in senso metafisico), poiché, come già affermava Aristotele, la conoscenza epistemica si dà sempre dell'universale. L affermazione dell essere e il dinamismo dell intelletto La fondamentale differenza fra Kant e Tommaso è la componente metafisica. Per codesto motivo Maréchal si soffermò molto sull atto di giudizio, nel quale si coglie l atto di essere delle cose. Tutt'oggi si discute molto sul primum cognitum nella dottrina tomista 11, cercando di arrivare a quel punto punto di partenza 9 Ivi, Tommaso D AQUINO, ST, q. 84, a Cfr: Antonio LIVI, La ricerca della verità, cit., pp. 236 ss. Nel libro recentemente pubblicato da Francesco Arzillo, Il fondamento del giudizio. Una proposta teoretica a partire dalla filosofia del senso comune di Antonio Livi, Leonardo Da Vinci, Roma 2011, l argomento riceve molto attenzione polemica. 4
5 incontrovertibile per l atto cognitivo. Per il trascendentalismo, invece, che pretende di raggiungere l atto di essere delle cose, è vero che il primum cognitum è che come per Tommaso esistono cose (res sunt), ma ciò che rende possibile questo primum è l affermazione dell orizzonte dell essere implicita in ogni giudizio. Tale orizzonte si presenta come un affermazione trascendentale, ed è implicita in ogni giudizio esistenziale che pone la copula «è» in ogni affermazione. La copula è dell affermazione trascendentale non è semplicemente un operatore logico che congiunge un soggetto con un predicato; cioè, non rispecchia soltanto le operazioni mentali del soggetto che esprime un giudizio. Infatti, l è coglie l atto di essere delle cose e afferma che le cose sono veramente così. Lo scopo, d altronde, dell approccio qui delineato, «è quello di arrivare a spiegare, attraverso i principi stessi della metafisica tradizionale, ciò che aspetta all a priori, o alla spontaneità naturale dell intelligenza, nell atteggiamento oggettivante del soggetto di fronte all oggetto assimilato» 12. Il giudizio esistenziale è soltanto un istanza dell affermazione trascendentale, mentre questa rappresenta il sottofondo di ogni giudizio. Qui, subentra la portata metafisica che Kant volle trascurare. Anche se tale affermazione non è accessibile se non attraverso la riflessione sull atto di conoscere, è però sempre presupposta nell atto cognitivo. Oppositori dell approccio L approccio che abbiamo cercato di sintetizzare in poche righe venne aspramente criticato dalla maggior parte dei pensatori (sia tomisti che kantiani). Il più noto fu Etienne Gilson, grande espositore del tomismo del Novecento, secondo cui il matrimonio fra il realismo metafisico e il metodo trascendentale doveva finire per forza nel divorzio. Altro grande tomista del Novecento che rigetta il tentativo fu Jacques Maritain, il quale entrava frequentemente in discussione polemica con il trascendentalismo quale negazione delle basi razionali della stessa metafisica 13. Meno conosciuti, ma forse più contenziosi sono P. Roland-Gosselin, Joseph Gredt, John Knasas ed altri (fra cui anche Antonio Livi). La bibliografia al riguardo è ampia. Sostenitori dell approccio Molti membri della Compagnia di Gesù hanno seguito la scia del P. Maréchal. I più noti sono Karl Rahner e Bernard Lonergan 14, ma possiamo anche ricordare J.B. 12 Ivi, Cfr: Ronald MCCAMY, Out of a Kantian Chrysalis?. A Maritainian Critique of Fr. Maréchal, Peter Lang, New York Cfr: Verbum: Parola e idea in San Tommaso. 5
6 Lotz 15, Joseph De Finance, Andre Marc, Francis O Farrell, e Emerich Coreth 16. L influsso determinante del P. Rahner sul pensiero filosofico e teologico durante il Novecento non richiede ulteriori spiegazioni. L influsso del P. Lonergan è meno evidente, ma tuttavia determinante. Durante gli anni sessanta, settanta e ottanta, la linea di pensiero dominante nella Pontificia Università Gregoriana era quella del tomismo trascendentale: impostazione accademica spesso criticata 17. Philip Larrey 15 Cfr: L esperienza trascendentale. 16 Cfr: Metaphysics, Herder In lingua inglese, una critica piuttosto radicale è presentata da Henle, R.J., Transcendental Thomism. A Critical Assessment, in V.B. Brezik, One Hundred Years of Thomism, 1981,
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