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1 CAPITOLO 2 LE EQUAZIONI CIRCUITALI Pagina 2.1 Introduzione Circuito resistivo lineare semplice Circuito resistivo non lineare Metodo grafico Metodo di Newton Raphson Circuito dinamico lineare del primo ordine Generatore costante Generatore sinusoidale Circuito dinamico non lineare Grafo di un circuito Elementi di topologia dei circuiti: albero, coalbero, maglia, 113 anello e insieme di taglio 2.8 Matrice di incidenza, matrice di maglia ed equazioni di Kirchhoff Matrice di incidenza Matrice di maglia Equazioni di Kirchhoff indipendenti Indipendenza delle equazioni di Kirchhoff per le correnti Indipendenza delle equazioni di Kirchhoff per le tensioni Il sistema di equazioni fondamentali Potenziali di nodo e correnti di maglia Metodo dei potenziali di nodo Metodo delle correnti di maglia Conservazione delle potenze elettriche Teorema di Tellegen 165

2 Introduzione Il quadro del modello circuitale per quanto concerne i circuiti di bipoli è, a questo punto, completo. Esso è così costituito dai : Concetti fondamentali: - corrente del bipolo, - tensione del bipolo; Leggi fondamentali: - leggi di Kirchhoff per le correnti; - leggi di Kirchhoff per le tensioni; Relazioni caratteristiche. Tutto ciò che d ora in avanti si dirà sarà stretta conseguenza di questo quadro. Nel Capitolo 4 estenderemo questo quadro ai circuiti che contengono elementi con più di due terminali. In un circuito il funzionamento di ogni singolo elemento è, in ogni istante, determinato dalla interazione tra l elemento stesso e il resto del circuito. In altre parole, si può dire che esso è il frutto della interazione tra due diverse esigenze: che l elemento si comporti in modo compatibile con la sua specifica natura e che tale comportamento sia a sua volta compatibile con quello di tutti gli altri elementi presenti nel circuito. Le relazioni caratteristiche descrivono il funzionamento dei singoli elementi del circuito e le leggi di Kirchhoff ne regolano l interazione. Le equazioni che ne derivano sono le equazioni circuitali. Esse sono l oggetto del nostro studio. In particolare, in questo corso studieremo le proprietà fondamentali di queste equazioni e i loro metodi di soluzione. Le equazioni di Kirchhoff, che dipendono solo da come gli elementi circuitali sono collegati tra loro e non dalla loro specifica natura, sono algebriche lineari. Le equazioni caratteristiche, che dipendono solo dalla natura fisica dei singoli elementi del circuito e non da come essi sono collegati tra loro, possono essere, invece, di diverso tipo, a seconda della natura fisica degli elementi circuitali che esse descrivono: ad esempio, algebriche lineari, algebriche non lineari, differenziali lineari, differenziali non lineari. Quindi, la soluzione delle equazioni di un circuito presenta difficoltà che dipendono non solo dal numero

3 83 di elementi presenti e dal modo in cui essi sono collegati, ma anche dalla loro natura. Allo scopo di illustrare i possibili tipi di equazioni circuitali, le difficoltà che si incontrano nel loro studio e i metodi di soluzione più importanti, nel prossimo paragrafo studieremo quattro circuiti, topologicamente 1 semplici, in cui sono presenti alcuni tra gli elementi circuitali più frequentemente utilizzati nelle applicazioni. Nella restante parte del capitolo, invece, studieremo le proprietà delle equazioni circuitali derivanti unicamente dalla struttura peculiare delle equazioni di Kirchhoff. In particolare, introdurremo il concetto di potenziale di nodo e la formulazione delle equazioni circuitali che su di esso si basa. In questo Capitolo faremo vedere come si rappresentano le connessioni di un generico circuito tramite un grafo. Ciò renderà possibile una trattazione formale delle equazioni di Kirchhoff, delle loro proprietà di indipendenza, del teorema di conservazione delle potenze elettriche e del teorema di Tellegen (un teorema fondamentale della teoria dei circuiti). In più, come faremo vedere nel Capitolo 4, tramite i grafi è possibile trattare gli elementi con più di due terminali allo stesso modo in cui si tratta un convenzionale elemento con due terminali. Nei prossimi quattro paragrafi, attraverso quattro esempi, evidenzieremo le tipologie più importanti di equazioni che si incontrano nella soluzione di circuiti. Ciascuno dei quattro circuiti esemplifica una classe di circuiti di particolare interesse teorico e applicativo. L obiettivo principale di questa esemplificazione è sostanzialmente quello di cominciare a familiarizzare con la soluzione delle equazioni circuitali, iniziando a risolvere un circuito semplice (e significativo) e poi, man mano, proseguendo con circuiti sempre complessi. In questo modo faremo anche una prima rassegna dei metodi matematici che si utilizzano per la soluzione delle equazioni circuitali. I primi tre circuiti che considereremo sono composti da soli tre bipoli, connessi in serie. L ultimo caso che analizzeremo è un circuito composto da quattro elementi: due bipoli collegati in serie a un parallelo composto da altri due bipoli. Considereremo prima un circuito resistivo lineare, poi un circuito resistivo non lineare, poi un circuito dinamico lineare tempo invariante con generatore costante, poi lo stesso circuito dinamico con generatore sinusoidale e, infine, un circuito dinamico tempo invariante non lineare. 1 La topologia di un circuito concerne le proprietà del modello circuitale che dipendono dal modo in cui gli elementi del circuito sono tra loro collegati e non la loro specifica natura fisica.

4 Circuito resistivo lineare semplice Si consideri il circuito illustrato in Figura 2.1. Esso è costituito da due resistori lineari, con resistenze R 1 e R 2, connessi in serie con un generatore indipendente di tensione che imprime, ad esempio, la tensione sinusoidale e( t) = E m cos( ωt). Questo è l esempio significativo più semplice di circuito resistivo lineare. I valori dei parametri del circuito sono riportati in Tabella. 2.1; la pulsazione ω è legata alla frequenza f dalla relazione ω = 2πf. Si determinino le correnti e le tensioni del circuito. v 3 + v i 1 R i 2 1 e( t) R 2 v 2 Fig. 2.1 Esempio di circuito resistivo lineare. i 3 3 R 1 = 1Ω R 1 = 2Ω E m = 3V f = 1kHz Tab. 2.1 Parametri del circuito riportato in Fig. 2.1 Il circuito è costituito da 3 bipoli e da tre nodi. Ricordate, la prima operazione che bisogna effettuare quando si imposta la soluzione di un circuito è assegnare i versi di riferimento per le correnti e le tensioni. È una buona regola adottare per ciascun bipolo del circuito la stessa convenzione, ad esempio, quella dell utilizzatore. Di conseguenza, una volta stabiliti, ad esempio, i versi di riferimenti per le correnti, sono automaticamente fissati anche i versi di riferimenti per le tensioni (e viceversa). Si fissino i riferimenti per i versi delle correnti così come è indicato in Figura 2.1, e si adoperi per ciascun bipolo la convenzione dell utilizzatore. Le incognite del problema sono le 3 correnti i 1, i 2, i 3 e le 3 tensioni v 1, v 2, v 3. In realtà, la tensione del generatore di tensione, a differenza della corrente, non è incognita, anche se, almeno formalmente, qualche volta conviene considerarla come tale. Dopo che sono stati definiti i versi di riferimento, si possono determinare le equazioni del circuito. Si determinino prima le equazioni di Kirchhoff.

5 85 Applicando la legge di Kirchhoff per le correnti al nodo 1 e al nodo 2 otteniamo: i 1 i 3 = 0, (1) i 1 + i 2 = 0. (2) L equazione di Kirchhoff per il nodo 3 è i 2 + i 3 = 0, ovvero i 2 i 3 = 0. (3) Quest ultima equazione non contiene ulteriori informazioni oltre a quelle già contenute nelle equazioni (1) e (2). Infatti, l equazione (3) può essere ottenuta sommando membro a membro le equazioni (1) e (2). Come si usa dire, l equazione (3) è una combinazione lineare delle equazioni (1) e (2), ovvero le equazioni (1), (2) e (3) sono linearmente indipendenti. Di conseguenza non c è bisogno di considerare l equazione (3) nello studio del circuito in esame. È evidente che non c è nessun motivo particolare per cui tra le tre equazioni (1), (2) e (3) scegliamo di usare le prime due e ignoriamo la terza. Potremmo, ovviamente, usare la prima e la terza e ignorare la seconda, oppure usare la seconda e la terza e ignorare la prima. Dalle equazioni (1) e (2) abbiamo immediatamente che i 1 = i 2 = i 3 ; (4) le correnti nei tre bipoli sono uguali perché sono collegati in serie (se i versi di riferimento sono quelli scelti in Figura 2.1; otterremmo lo stesso risultato se cambiassimo i versi di riferimento di tutte e tre le correnti). Siccome i tre bipoli del circuito sono collegati in serie, il circuito in esame ha una sola maglia. Orientiamo la maglia in verso orario e applichiamo la legge di Kirchhoff per le tensioni. Abbiamo: v 1 + v 2 + v 3 = 0. (5) Ora dobbiamo considerare le equazioni caratteristiche dei bipoli del circuito, facendo attenzione al fatto che abbiamo usato la convenzione dell utilizzatore per ciascun bipolo. Esse sono:

6 86 v 1 R 1 i 1 = 0, (6) v 2 R 2 i 2 = 0, (7) v 3 = e. (8) Nell equazione caratteristica del generatore di tensione appare il segno meno perché il verso di riferimento per la tensione v 3 è, per come è stato scelto, opposto al verso di riferimento per la tensione e impressa dal generatore di tensione. Le equazioni (1), (2), (5), (6), (7) e (8) sono le equazioni del circuito in esame. Esso è costituito da sei equazioni algebriche lineari in sei incognite, tre correnti e tre tensioni. La soluzione di questo sistema è semplice, basta applicare il metodo della riduzione per sostituzione. Sostituendo le espressioni di v 1, v 2 e v 3 date dalle equazioni (6), (7) e (8) nell equazione (5) abbiamo R 1 i 1 + R 2 i 2 e = 0. (9) Utilizzando le relazioni (4), dall equazione (9) otteniamo i 1 ( t) = i 2 ( t) = i 3 ( t) = e( t) R 1 + R 2 = Utilizzando, ora, le (6) e (7), dalla (10) abbiamo E m cos( ωt). (10) R 1 + R 2 v 1 ( t) = v 2 ( t) = R 1 e( t) = R 1 + R 2 R 2 e( t) = R 1 + R 2 R 1 E R 1 + R m cos( ωt). 2 (11) R 2 E R 1 + R m cos( ωt). 2 (12) Infine, sostituendo i valori dei parametri del circuito riportati in Tabella 2.1, abbiamo i 1 ( t) = i 2 ( t) = i 3 ( t) = cos( ωt) A, (13) v 1 ( t) = 1 cos( ωt) V, (14) 3 v 2 ( t) = 2 cos( ωt) V. (15) 3

7 87 Nel caso in esame è ω = 2π 10 3 s Circuito resistivo non lineare La soluzione di un circuito resistivo lineare si riduce sempre alla soluzione di un sistema di equazioni algebriche lineari. Un qualsiasi sistema di equazioni di questo tipo può essere risolto analiticamente, ad esempio, utilizzando il metodo della riduzione per sostituzione. Se il circuito contiene resistori non lineari bisogna risolvere, invece, un sistema di equazioni costituito, oltre che da equazioni lineari, anche da equazioni algebriche non lineare, tante quanti sono i bipoli non lineari presenti nel circuito. Ad eccezione di pochissimi casi, la soluzione di equazioni algebriche non lineari, o di sistemi di equazioni algebriche non lineari, non può essere effettuata per via analitica. Questa è la prima complicazione dovuta alla presenza di elementi non lineari. Inoltre, può anche accadere che un circuito resistivo non lineare abbia più di una soluzione. (I circuiti resistivi lineari hanno sempre una sola soluzione (se si escludono casi molto particolari). L esempio che considereremo consentirà di mettere in evidenza queste nuove cose. Infine, illustreremo due metodi approssimati di soluzione di equazioni algebriche non lineari: il metodo grafico e il metodo di Newton-Raphson. Si consideri il circuito riportato in Figura 2.2a. Esso è costituito da un resistore lineare di resistenza R, da un resistore non lineare e da un generatore indipendente di tensione che imprime, ad esempio, la tensione costante E. Siccome i tre bipoli sono collegati in serie, le correnti che li attraversano sono uguali, così come abbiamo mostrato nel circuito esaminato in precedenza. Per questa ragione nel disegno riportato in Figura 2.2a è indicata solo la corrente i, con il corrispondente verso di riferimento. In conseguenza di ciò non dobbiamo considerare le equazioni di Kirchhoff per le correnti. Studieremo il circuito in esame considerando due tipi di resistori non lineari: il resistore non lineare con curva caratteristica monotona crescente del tipo riportato in Figura 2.3b, e il resistore non lineare con curva caratteristica non monotona del tipo riportato in Figura 2.3c. Entrambe le curve caratteristiche possono essere descritte da un equazione algebrica non lineare del tipo (in entrambi i casi il resistore non lineare è controllato in tensione) i 2 = g( v 2 ), (16)

8 88 dove g( v 2 ) è una funzione a un solo valore. La curva riportata in Figura 2.3b potrebbe essere la curva caratteristica di un diodo a giunzione pn, mentre la curva riportata in Figura 2.3c potrebbe essere la curva caratteristica di un diodo tunnel. + + v 1 i + i i R 1 E v 2 v 2 v 2 (a) (b) (c) Fig. 2.2 (a) Esempio di circuito resistivo non lineare; due esempi di curve caratteristiche tipiche di resistori non lineari: (b) diodo a giunzione pn, (c) diodo tunnel. Applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni all unica maglia del circuito abbiamo (orientiamo la maglia in verso orario) v 1 + v 2 E = 0. (17) Infine dalla relazione caratteristica del resistore lineare abbiamo l equazione v 1 R 1 i = 0. (18) Combinando l equazione (18) con l equazione (17) si ottiene R 1 i + v 2 = E. (19) A questo punto bisogna utilizzare anche la relazione caratteristica del resistore non lineare. Siamo giunti, così, al sistema di due equazioni R 1 i + v 2 = E, i g( v 2 ) = 0, (20)

9 89 nelle due incognite i e v 2. Il sistema di equazioni (20) è un particolare sistema ridotto delle equazioni del circuito in esame. Esso è un sistema di equazioni algebriche non lineari: la seconda equazione è non lineare. Come già abbiamo osservato, solo in casi molto particolari un sistema di equazioni algebriche non lineari può essere risolto esattamente attraverso metodi analitici. In generale bisogna ricorrere a metodi di soluzione approssimati Metodo grafico Il sistema (20) può essere sempre risolto per via grafica. Il metodo per la ricerca della soluzione consiste nel riportare la retta R descritta dall equazione lineare (18) sul piano ( v 2,i) in cui è tracciata la curva caratteristica G del resistore non lineare, Figura 2.3; a questa retta si dà il nome di retta di carico. Al variare del valore della resistenza R 1 varia la pendenza della retta di carico (per fissato valore di E), mentre al variare della tensione E, impressa dal generatore, la retta trasla parallelamente a se stessa (per fissato valore di R 1 ). Le intersezioni della retta di carico con la curva G individuano dei punti, detti punti di lavoro. I valori di corrente e tensione, I e V 2 (Figura 2.3), corrispondenti ai punti di lavoro, sono, per costruzione, soluzioni del sistema (20), e quindi, soluzioni del circuito. Infatti, le coppie di tensione e corrente ( v 2,i) associate ai punti della retta R sono, per costruzione, soluzioni della prima equazione del sistema (20) (cioè dell equazione (19)); le coppie di tensione e corrente ( v 2,i) associate ai punti della curva G sono, per costruzione, soluzioni della seconda equazione del sistema (20) (cioè dell equazione (16)). Di conseguenza, le coppie ( V 2,I) corrispondenti a punti di lavoro verificano entrambe le equazioni del sistema (20) e, quindi, sono soluzioni del circuito. In Figura 2.3 sono riportate le soluzioni, per via grafica, del circuito di Figura 2.2 corrispondenti alle curve caratteristiche riportate in Figura 2.2b e Figura 2.2c. Nel primo caso la curva caratteristica del resistore non lineare è monotona e strettamente crescente, nel secondo caso la curva caratteristica non è monotona in un tratto limitato, dove presenta un massimo e un minimo relativi. Quando la curva caratteristica è monotona crescente si ha sempre una e una sola intersezione, e quindi una e una sola soluzione (Figura 2.3a). Quando la curva caratteristica non è monotona, invece, è possibile, scegliendo opportunamente il valore della tensione E impressa dal generatore di tensione, avere tre intersezioni e quindi tre soluzioni (Figura 2.3b). Se la pendenza della

10 90 retta è, in valore assoluto, sufficientemente elevata, la retta interseca la curva caratteristica sempre in un solo punto, indipendentemente dal valore di E, anche quando la curva caratteristica è non monotona, Figura 2.3c. i i i R G E = E 3 E = E 2 E = E 1 G G I R 3 V 2 v 2 v 2 v 2 R 2 R 1 (a) (b) (c) Fig. 2.3 (a) La retta di carico R interseca sempre in un solo punto la curva G ; (b) la retta di carico può intersecare in tre punti la curva G non monotona; (c) la retta di carico interseca in un solo punto la curva G non monotona. Cosa significa se un circuito ha più soluzioni? Dal punto di vista matematico è un fatto normale che un equazione possa ammettere più di una soluzione oppure nessuna soluzione; quando una equazione ammette una e una sola soluzione è un caso molto particolare. Dal punto di vista fisico, invece, è un assurdo. Infatti, il circuito che possiamo realizzare in laboratorio, collegando in serie un generatore di tensione, un resistore e un diodo tunnel ha un comportamento ben determinato. Il fatto è che il circuito rappresentato in Figura 2.2a è solo un modello approssimato del corrispondente circuito fisico. Il circuito fisico, a parità di tensione impressa dal generatore, può raggiungere uno stato di equilibrio invece che un altro a seconda della sua storia, per la presenza di fenomeni dinamici di natura capacitiva nel diodo tunnel, fenomeni che sono assenti nel modello del diodo considerato nel circuito di Figura 2.2. In conclusione, per poter determinare quale soluzione si realizza effettivamente nei circuiti resistivi che ammettono più di un punto di lavoro, non si possono ignorare i fenomeni dinamici presenti nei resistori non lineari con curve caratteristiche non monotone. Ritorneremo su questa questione nell esempio sviluppato nel 2.5. I circuiti con più punti di lavoro sono molto importanti nelle applicazioni, essi sono alla base dei circuiti bistabili.

11 Metodo di Newton Raphson Il metodo grafico che abbiamo appena illustrato può fornire soltanto soluzioni molto approssimate. L errore introdotto da questo metodo dipende dallo spessore del tratto con cui riusciamo a tracciare la curva caratteristica e la retta di carico. Per ottenere soluzioni accurate è necessario ricorrere a metodi approssimati di tipo numerico. Il metodo di Newton-Raphson rappresenta il metodo approssimato più comunemente usato per risolvere le equazioni di circuiti resistivi non lineari e consente di raggiungere elevati gradi di precisione. Di seguito sono riportati i concetti essenziali di questo metodo applicandolo al circuito in esame nel caso in cui esso ha una sola soluzione. Si riduca il sistema (20) a una sola equazione non lineare nell incognita v 2 ; così facendo si ottiene l equazione dove F( v 2 ) = 0, (21) F( v 2 ) g(v 2 ) + v 2 E R. (22) Si consideri la curva F nel piano ( v 2,y) definita dall equazione y = F( v 2 ). (23) La soluzione dell equazione (21) è l ascissa V 2 del punto di intersezione tra la curva F e l asse delle ascisse, Figura 2.4. Il metodo di Newton-Raphson è un metodo iterativo 2. Si sceglie un valore ( 0) ( 1 iniziale arbitrario v 2 e si genera una successione di valori v ) ( 2 2,v ) ( 3 2, v ) 2,... che tende alla soluzione V 2. La regola con cui questa successione viene generata è ( 0) illustrata graficamente in Figura 2.4. Il valore iniziale v 2 potrebbe essere, ad 2 Isac Newton introduce l idea (1666) per risolvere l'equazione: x 3 2x 5 = 0 ; l idea è resa più algoritmica da Raphson (1690).

12 92 esempio, la soluzione dell equazione ottenuta ignorando i termini non lineari nell equazione (21). y F ( 2) v 2 ( 1) v 2 ( ) V 2 v 2 0 v 2 Fig. 2.4 Descrizione grafica del metodo di Newton-Raphson. ( 0 Scelto il valore di v ) 2, si traccia, prima, la retta R 0 tangente alla curva F nel ( 0 punto v ) 0 ( 2,F( v ( ) 2 )), poi si determina l intersezione di questa retta con l asse ( 1 delle ascisse, e infine, si assume l ascissa di questo punto come valore per v ) 2. Si ripete tale procedimento, tracciando la retta R 1 tangente alla curva F nel ( 1 punto v ) 1 ( 2,F( v ( ) 2 )), determinando poi l ascissa del punto di intersezione di questa retta con l asse delle ascisse e assumendo infine questa ascissa come ( 2 valore per v ) 2, e così via. In Figura 2.4 è riportata una sequenza ( 1 v ) ( 2 2,v ) ( 3 2, v ) 2,... generata attraverso questa procedura. È evidente come essa converga verso la soluzione V 2 dell equazione (21). Quale è il significato di questa procedura dal punto di vista matematico? Al passo h + 1 ( h = 0,1,2,...) dell algoritmo di Newton-Raphson si approssima la ( h curva F con la retta R h tangente alla curva F nel punto v ) 2,F v ( h ) 2 ( ( )) e si ( h+1) considera come soluzione (di tentativo) v 2 l ascissa del punto di intersezione della retta R h con l asse delle ascisse (ricordiamo che la soluzione esatta è l ascissa del punto di intersezione della curva F con l asse delle ascisse). Ciò equivale a sostituire, al generico passo h (h = 0,1, 2,...) della procedura, all equazione (21) l equazione lineare ( ) h+1 ( ) v 2 h F v 2 ( ) ( h) h ( v 2 ) + F v 2 ( ) ( ) = 0, (24)

13 93 la cui soluzione è ( h+1) v 2 ( ) ) ( h = v ) 2 F(v h 2 ( h F (v ) 2 ) ; (25) ( ) rispetto a con il simbolo F indichiamo la derivata prima della funzione F v 2 v 2. La formula (25) è la formula iterativa dell algoritmo di Newton-Raphson. ( n) Essa è applicata ripetutamente finché la grandezza F v 2 ( ), detto residuo dell equazione (21), non diventi più piccola (o al limite uguale) di un valore prefissato che sta a indicare l errore massimo ammissibile nella soluzione del problema in esame. In principio, l iterazione dovrebbe essere continuata fino a quando il residuo si annulla; in pratica ciò è irrealizzabile perché sono necessarie un numero infinito di iterazioni. Anche se ciò fosse possibile, non avrebbe, ovviamente, nessun importanza dal punto di vista fisico, perché non è possibile misurare e controllare le grandezze fisiche con una precisione illimitata. n ( h) v 2 0 1/3 1/3 ( n) F( v 2 ) 1 5/ Tab. 2.2 Metodo di Newton-Raphson applicato all equazione 9v v 2 1 = 0. Si consideri il caso in cui il circuito di Figura 2.3a abbia R 1 = 1Ω, E = 1V e g(v 2 ) = v 2 + 9v 3 2. La funzione F( v 2 ) vale ( 0) Si scelga v 2 ( ) = 9v v 2 1. (26) F v 2 = 1/3; questo valore è la soluzione dell equazione che si ottiene ignorando il termine non lineare nell equazione (21), cioè è la soluzione dell equazione 3v 2 1 = 0. I risultati dell iterazione, che converge rapidamente verso la soluzione, sono riportati in Tabella 2.2. La convergenza del metodo di Newton-Raphson è assicurata quando la funzione F v 2 ( ) è strettamente crescente. Nel caso illustrato in Figura 2.5, caso che si verifica quando la curva caratteristica del resistore non lineare è non monotona,

14 94 la convergenza dipende dal valore che si sceglie per il tentativo iniziale. Se si sceglie V * come valore iniziale per l algoritmo di Newton-Raphson si ha una sequenza oscillante, e quindi la procedura non converge verso la soluzione V 2. Si osservi che anche in questo caso l equazione ha una sola soluzione. y F V 2 v 2 V Fig. 2.5 Il metodo di Newton-Raphson non converge se V è il valore iniziale di tentativo. 2.4 Circuito dinamico lineare del primo ordine I circuiti costituiti da un solo induttore o da un solo condensatore, da resistori e da generatori indipendenti sono detti circuiti del primo ordine. In questo paragrafo viene studiato il circuito del primo ordine illustrato in Figura 2.6a, dove l induttore è lineare e tempo invariante. Si lascia al lettore lo studio del circuito duale rappresentato in Figura 2.6b. Anche in questo caso i bipoli sono tutti in serie, e quindi, le correnti che li attraversano sono uguali, così come abbiamo già visto nei due circuiti resistivi esaminati precedentemente. Per questa ragione nello schema riportato in Figura 2.6 è indicata solo la corrente i, con il corrispondente verso di riferimento. In conseguenza di ciò, anche questa volta non dobbiamo considerare le equazioni di Kirchhoff per le correnti. Analizzeremo il circuito in esame sia nel caso di generatore di tensione costante, che nel caso di generatore di tensione sinusoidale. + e + v 1 R i L + v 2 + e + v 1 R C i + v 2 (a) (b)

15 95 Fig. 2.6 (a) Un circuito dinamico del primo ordine con induttore; (b) un circuito dinamico del primo ordine con condensatore. Applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni all unica maglia del circuito otteniamo (la maglia è orientata in verso orario) v 1 + v 2 e( t) = 0. (27) Ora dobbiamo utilizzare le equazioni caratteristiche del resistore e dell induttore. Dalla relazione caratteristica del resistore lineare abbiamo l equazione v 1 R 1 i = 0, (28) mentre dall equazione caratteristica dell induttore lineare tempo invariante abbiamo l equazione v 2 L di = 0. (29) dt All equazione differenziale (29) bisogna affiancare, per una descrizione completa del comportamento dell induttore, e quindi del circuito, il valore della corrente che attraversa l induttore (che è la grandezza di stato del circuito) all istante iniziale, i( t = 0) = I 0. (30) Le equazioni (27), (28) e (29), insieme alla condizione iniziale (30), descrivono completamente la dinamica del circuito in esame; le grandezze incognite sono tre, v 1, v 2 e i. Queste equazioni sono tutte lineari, ma una di esse è un equazione differenziale. Questa è la difficoltà introdotta dalla presenza di un elemento dinamico, come l induttore. Il sistema di equazioni (27), (28) e (29) può essere ridotto ad una sola equazione differenziale in cui l incognita è la corrente i. Questa è anche la grandezza che appare sotto l operazione di derivata nell unica equazione differenziale del sistema di equazioni del circuito. Sostituendo nell equazione (27) le espressioni di v 1 e v 2 date dalle relazioni (28) e (29), si ottiene l equazione

16 96 L di dt + Ri = e ( t ). (31) Questa è un equazione differenziale del primo ordine, a coefficienti costanti, con un termine noto diverso da zero, che può variare nel tempo. Come è noto, essa ha infinite soluzioni. Per determinare quella che effettivamente si ha nel circuito in esame bisogna imporre che la soluzione verifichi la condizione iniziale (30). Una volta nota la corrente, attraverso le equazioni (28) e (29) è possibile determinare le altre grandezze del circuito. Esercizio Si consideri il circuito del primo ordine riportato in Figura 2.6b e si determini l equazione per la tensione del condensatore. La soluzione generale di un equazione differenziale è l espressione che rappresenta tutte le possibili soluzioni dell equazione. Siccome l equazione (31) è lineare, la sua soluzione generale i 2 ( t) può essere sempre rappresentata attraverso la somma, i 2 (t) = i p (t) + i 0 (t), (32) di una (qualsiasi) soluzione particolare i p ( t) e della soluzione generale i 0 t dell equazione omogenea associata ( ) L di 0 dt + Ri 0 = 0. (33) È immediato verificare che l espressione (32) è soluzione dell equazione (31), basta sostituirla in essa. La soluzione particolare i p ( t) dell equazione (31) dipende dal termine noto dell equazione e, quindi, non può essere determinata se non si assegna la forma della funzione e t ( ). La soluzione generale dell equazione omogenea associata (33) non dipende dal termine noto e, quindi, possiamo determinarla subito. Riscriviamo l equazione (33) nella forma:

17 97 di 0 dt = R L i 0. (34) Allora, le soluzioni dell equazione (33) sono tutte quelle funzioni le cui derivate sono, a meno del fattore costante R / L, uguali alla funzione stessa. Quali sono queste funzioni? Dal corso di Analisi Matematica sappiamo che la funzione esponenziale ha una proprietà di questo tipo. Infatti, si ha f ( t) = e t (35) d dt et = e t. (36) È evidente che e t non è ancora la soluzione dell equazione (34), perché la derivata di e t è proprio uguale a se stessa. Questo non è un problema, basta modificare la funzione f nel modo seguente f ( t) = e λt, (37) dove λ è un parametro per il momento arbitrario. Per questa funzione si ha che Allora, se si sceglie d dt eλt = λe λt. (38) λ = R L, (39) si ottiene d dt eλt = R L eλt, ovvero, df dt = R L f. (40)

18 98 Dunque, se è verificata la condizione (39) la funzione (37) è soluzione dell equazione (34), e quindi, dell equazione (33). A questo punto osserviamo che, se la funzione f ( t) è una soluzione dell equazione (33), anche la funzione Af ( t), dove A è una costante arbitraria, è soluzione della stessa equazione. Questa proprietà è solo conseguenza del fatto che l equazione (33) è lineare e omogenea. In conclusione, la funzione i 0 (t) = Aexp( λt ) (41) dove A è una costante arbitraria e il parametro λ è dato dall espressione (39) è soluzione dell equazione (33). L espressione (33), al variare del valore della costante A nell intervallo (, + ), descrive una famiglia di funzioni che sono tutte le possibili soluzioni dell equazione (32). Questa famiglia rappresenta la soluzione generale dell equazione (32). Il parametro λ è dimensionalmente omogeneo con l inverso di un tempo, e quindi, è omogeneo con una frequenza. Per questa ragione ad esso spesso si dà il nome di frequenza naturale del circuito. L aggettivo naturale sta a indicare il fatto che il valore di λ dipende solo dai parametri R e L del circuito e non dalla tensione impressa dal generatore indipendente di tensione. Siccome sia R che L sono positivi, la frequenza naturale è negativa. Esercizio Verificare, sostituendo l espressione (41) nell equazione (32), che l espressione (41) è soluzione dell equazione (32) per ogni valore della costante A se la frequenza naturale λ verifica la condizione (39). In conclusione, l espressione dell integrale generale dell equazione (31) è i( t) = Aexp( t /τ ) + i p ( t), (42) dove τ = 1 λ = L R. (43)

19 99 L espressione (42) rappresenta, al variare della costante A, detta costante di integrazione, tutte le possibili soluzioni del circuito in esame. Tra tutte le possibili soluzioni descritte dalla (42) che effettivamente si ha nel circuito in esame è quella compatibile con la condizione iniziale (30). Per determinarla basta imporre che la funzione data dalla (42) all istante t = 0 verifichi la condizione iniziale (30). Imponendo la condizione (30) si ottiene per la costante A A = I 0 i p ( t = 0). (44) Infine, sostituendo la (44) nella (42) si ottiene la soluzione del circuito in esame ( ) = A i p ( t = 0) i t [ ]exp t /τ ( ) + i p ( t). (45) La costante τ, dimensionalmente omogenea con un tempo, prende il nome di costante di tempo del circuito. Siccome sia R che L sono positivi, essa è positiva. Il primo termine nell espressione (45) tende esponenzialmente a zero, qualunque sia il valore iniziale della corrente. A questo termine si dà il nome di termine transitorio. Pertanto per t la corrente nell induttore tende asintoticamente all andamento descritto dalla soluzione particolare. Per tale ragione alla soluzione particolare si dà il nome di soluzione di regime permanente. Si osservi che il termine transitorio dipende dalla condizione iniziale: il termine di regime è indipendente dalla condizione iniziale per t. Resta ancora da determinare una soluzione particolare dell equazione (31). Come abbiamo già fatto notare, per determinare una soluzione particolare c è bisogno di specificare la tensione impressa dal generatore di tensione. Diciamo subito che, in generale, non è possibile determinare analiticamente una soluzione particolare per qualsiasi andamento temporale della tensione e( t) del generatore. Qui di seguito studieremo due casi particolari, come poi vedremo molto importanti nelle applicazioni, in cui è possibile determinare analiticamente una soluzione particolare: prima il caso in cui e( t) è una funzione costante e poi quello in cui e t Generatore costante ( ) è una funzione sinusoidale.

20 100 Si consideri, prima, il caso in cui la tensione del generatore di tensione sia costante, Bisogna determinare una soluzione dell equazione e( t) = E. (46) L di + Ri = E. (47) dt Essendo i coefficienti dell equazione (47) costanti nel tempo è presumibile che essa abbia una soluzione che è anche essa costante nel tempo, i p ( t) = I. (48) Sostituendo la (48) nella (47) e ricordando che la derivata di una costante è uguale a zero, si ottiene i p ( t) = I = E R. (49) Questa è la soluzione stazionaria del circuito. Allora, la soluzione generale dell equazione (47) è i( t) = Aexp( λt) + E R. (50) Imponendo la condizione iniziale (30) si ha ( ) = I E 0 R i t e t τ + E R. (51) Questa è la soluzione del circuito nel caso di generatore costante. Per t la corrente nell induttore tende asintoticamente al valore stazionario E / R. Quindi, se il generatore è stazionario il regime permanente del circuito è stazionario. Si consideri il grafico della corrente i( t). In Figura 2.7 viene riportato la curva per il caso in cui I 0 = 0 (circuito inizialmente a riposo), E = 1V, R = 1Ω e L = 1mH ; la costante di tempo è τ = 1ms e il valore di regime della corrente è E / R = 1A.

21 101 i ( A) 1,2 1 E/R 0,8 0,6 0,4 0,2 0 0 τ 0,002 0,004 0,006 0,008 0,01 t ( s) Fig. 2.7 Grafico della corrente nel caso di generatore costante. Valgono le seguenti proprietà: ( ) e τ,e / R - La retta passante per i due punti 0,I 0 tangente alla curva rappresentativa della corrente i t ( ) del piano ( t,i) è ( ) nel punto ( 0,I 0 ). - Dopo un intervallo di tempo pari alla costante di tempo τ, la differenza, in valore assoluto, tra il valore della corrente e il valore di regime stazionario diminuisce, approssimativamente, del 63% rispetto alla differenza iniziale I 0 E / R, i( τ ) E R I 0 E. (52) R - Dopo un intervallo pari a cinque costanti di tempo, la differenza, in valore assoluto, tra il valore della corrente e il valore di regime stazionario diminuisce, approssimativamente, del 7 rispetto alla differenza iniziale I 0 E / R, i( 5τ ) E R I 0 E. (53) R

22 102 È evidente, allora, il significato fisico della costante di tempo τ. Assumiamo, ad esempio, che dopo un intervallo pari a 5τ si possa ritenere che il valore della corrente sia, praticamente, quello del regime stazionario. Allora, 5τ è una stima dell intervallo di tempo necessario affinché il termine transitorio, che dipende dalle condizioni iniziali, diventi trascurabile rispetto al termine di regime stazionario, ovvero, come si usa dire, è l intervallo di tempo necessario al circuito per raggiungere il regime stazionario Generatore sinusoidale Si consideri, ora, il caso in cui la tensione impressa dal generatore di tensione sia sinusoidale nel tempo con pulsazione ω (ω = 2πf ; f è la frequenza), ampiezza massima E e fase iniziale ϕ, In questo caso bisogna risolvere l equazione L di dt e( t) = E cos( ωt +ϕ). (54) + Ri = E cos( ωt + ϕ). (55) Essendo l equazione (55) lineare e i suoi coefficienti costanti nel tempo, è presumibile che essa abbia una soluzione sinusoidale nel tempo con la stessa pulsazione del termine noto, i p (t) = I cos(ωt + α). (56) L ampiezza massima I e la fase iniziale α sono incognite e devono essere determinate imponendo che la (56) verifichi l equazione (55). Sostituendo la (56) nella (55) si ottiene l equazione trigonometrica ωli sin(ωt + α ) + RI cos(ωt + α) = Ecos(ωt + ϕ). (57) La funzione (56) è soluzione dell equazione (55) se esistono dei valori di I e α per i quali l equazione (57) è verificata per ogni t. Questi valori esistono e possono essere determinati nel seguente modo. Siccome le incognite sono due, I e α, basta imporre che la (57) sia verificata in due istanti di tempo diversi, t 1

23 103 e t 2, che non differiscano per un multiplo intero del periodo T = 2π /ω. Conviene scegliere gli istanti t 1 e t 2 in modo tale che ωt 1 + α = 0, (58) e ωt 2 + α = π / 2. (59) Così facendo si ottiene il sistema di equazioni trigonometriche Dalle (60) e (61) si ha immediatamente RI = E cos( ϕ α), (60) ωli = E sin( ϕ α). (61) I = E 1 R ( ωτ ) 2 +1, (62) α = ϕ arctg( ωτ ). (63) La costante di tempo τ è data dall espressione (43). Esercizio Si dimostri che l equazione (57) è verificata in ogni istante di tempo se I e ψ sono dati dalle espressioni (62) e (63), rispettivamente. La funzione (56) con ampiezza massima e fase date dalle espressioni (62) e (63) è la soluzione sinusoidale del circuito. Allora, la soluzione generale dell equazione (44) è i( t) = Aexp( λt) + I cos( ωt + α ). (64) L espressione (64) rappresenta, al variare della costante di integrazione A tutte le possibili soluzioni del circuito in esame quando la tensione impressa è sinusoidale. Imponendo la condizione iniziale (30), in questo caso si ottiene A = I 0 I cosα. (65)

24 104 La soluzione del circuito è i( t) = ( I 0 I cosα)e t τ + I cos( ωt +α ). (66) Anche in questo caso abbiamo un termine transitorio che dipende dal valore iniziale della corrente e che tende a zero esponenzialmente con la costante di tempo τ. Per t la soluzione del circuito tende alla funzione sinusoidale con ampiezza I e fase iniziale α date dalle espressioni (62) e (63). In conclusione, quando il generatore è sinusoidale con pulsazione ω il regime permanente del circuito è sinusoidale con pulsazione ω. Anche in questo caso, dopo un intervallo di tempo pari a cinque volte la costante di tempo τ si può ritenere trascurabile il termine transitorio rispetto a quello di regime. Esercizio Si risolva il circuito di Figura 2.6 quando la tensione impressa dal generatore di tensione è data dalla sovrapposizione di un termine stazionario e di uno sinusoidale, e( t) = E 0 + E 1 cos( ωt). Si determini la soluzione nel caso in cui I 0 = 0 (circuito inizialmente a riposo), E 0 = E 1 = 1V, ω = 10 3 rad /s, R = 1Ω e L = 1mH. In Figura 2.8 viene riportato il grafico della corrente i( t) (in funzione del tempo) per il caso in cui I 0 = 0 (circuito inizialmente a riposo), E = 1V, ω = 10 3 rad /s, ϕ = 0, R = 1Ω e L = 1mH ; la costante di tempo è τ = 1ms, l ampiezza massima e la fase iniziale della soluzione sinusoidale di regime sono I = 1/ 2 A 0,707 A e ϕ = π / 4. Il periodo del regime sinusoidale è T = 2π /ω 6.28 ms.

25 105 0,8 0,6 i ( A) 0,4 0,2 0-0,2-0,4-0,6 5τ t ( s) -0,8 0 0,005 0,01 0,015 0,02 Fig. 2.8 Grafico della corrente nel caso di generatore sinusoidale. 2.5 Circuito dinamico non lineare del primo ordine Si consideri, ora, il circuito illustrato in Figura 2.9. Il generatore di tensione è stazionario, il condensatore è lineare e tempo invariante, un resistore è lineare e l altro è non lineare. Analizzeremo le dinamiche di questo circuito facendo riferimento alle due curve caratteristiche che abbiamo già considerato, precedentemente, nello studio del circuito resistivo non lineare riportato in Figura E + v 1 R 1 i 1 1 i + 2 i 3 v C i 2 i 2 2 v (a) (b) (c) v Fig. 2.9 (a) Circuito dinamico non lineare; curve caratteristiche tipiche di resistori non lineari: (b) diodo a giunzione pn, (c) diodo tunnel. Il circuito di Figura 2.9 può essere ottenuto da quello di Figura 2.2 collegando in parallelo al resistore non lineare un condensatore di capacità C. Questo condensatore potrebbe essere anche il modello di effetti capacitivi parassiti

26 106 esistenti all interno del resistore non lineare (ad, esempio, la capacità di giunzione di un diodo). Il resistore non lineare è collegato in parallelo al condensatore, e quindi, le loro tensioni sono uguali. Questo risultato è immediato e lo si ottiene applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni alla maglia costituita dal resistore non lineare e dal condensatore. Per questa ragione nel disegno riportato in Figura 2.9a è indicata solo una tensione, v, per il resistore non lineare e il condensatore. In conseguenza di ciò non dobbiamo considerare l equazione di Kirchhoff per le tensioni corrispondente alla maglia costituita dal resistore non lineare e dal condensatore. Si osservi che in questo circuito il resistore non lineare non è in serie con il resistore lineare a causa della presenza del condensatore in parallelo. Determiniamo, ora, le equazioni circuitali. Applicando la legge di Kirchhoff per le correnti al nodo 1 abbiamo i 1 i 2 i 3 = 0. (67) Applicando, ora, la legge di Kirchhoff per la tensione alla maglia definita dal generatore di tensione, dal resistore lineare e dal resistore non lineare (o dal condensatore) abbiamo l equazione v + v 1 E = 0. (68) Dalle relazioni caratteristiche del resistore lineare, del resistore non lineare e del condensatore abbiamo le equazioni v 1 R 1 i 1 = 0, (69) i 2 g v ( ) = 0, (70) i 3 C dv dt = 0. (71) All equazione differenziale (71) bisogna affiancare, per una descrizione completa del condensatore, e quindi del circuito, il valore della tensione del condensatore, che è la grandezza di stato di questo circuito, all istante iniziale, v( t = 0) = V 0. (72)

27 107 L insieme delle equazioni (67)-(72) sono un sistema di 5 equazioni nelle altrettante incognite i 1, i 2, i 3, v 1 e v. È evidente che le difficoltà nella soluzione di questo problema sono superiori alle difficoltà che abbiamo incontrato sia nello studio del circuito resistivo non lineare, sia nello studio del circuito dinamico lineare, perché bisogna risolvere, come tra poco faremo vedere, un equazione differenziale non lineare. Anche in questo caso è opportuno ridurre l intero sistema di equazioni ad una sola equazione differenziale in una sola incognita, e conviene scegliere come incognita la tensione del condensatore. Questa è anche la grandezza che appare sotto l operazione di derivata nell unica equazione differenziale (equazione (71)) del sistema di equazioni del circuito. Sostituendo l espressione di v 1 data dall equazione (69) nell equazione (68) si ha i 1 = E v R 1. (73) Ora, sostituendo nell equazione (67) l espressione di i 1 data dalla (73), l espressione di i 2 data dalla (70) e l espressione di i 3 data dalla (71), si ottiene l equazione differenziale del primo ordine cercata C dv dt = E v R g( v). (74) Questa è un equazione differenziale del primo ordine, non lineare e con termine noto costante. Anche essa ha infinite soluzioni. Per determinarne una sola, quella che si realizza nel circuito, bisogna imporre che la soluzione verifichi anche la condizione iniziale (72). Una volta determinata la tensione del condensatore, utilizzando le equazioni algebriche (67), (68), (69) e (70) possiamo determinare tutte le altre grandezze del circuito. Anche se in questo caso particolare l equazione (74) potrebbe essere risolta analiticamente attraverso la tecnica della separazione delle variabili, nella maggior parte dei casi ciò non è possibile ed è necessario ricorrere a metodi approssimati di tipo numerico per la soluzione di equazioni differenziali non lineari. Questo corso introduttivo alla teoria dei circuiti tratteremo, sostanzialmente, di circuiti lineari. Di conseguenza, l insegnamento di metodi di soluzione di equazioni differenziali attraverso metodi numerici non è tra gli

28 108 obiettivi del corso. Noi, qui, ci limiteremo solo a descrivere le proprietà qualitative più importanti delle soluzioni dell equazione (74) utilizzando di nuovo un metodo grafico. Si riporti sul piano ( v, y), Figura 2.10, la curva caratteristica G del resistore non lineare definita dall equazione y G = g( v). (75) Poi sullo stesso piano si riporti la retta R definita dall equazione y R = E v R. (76) Allora, l equazione differenziale (74) può essere scritta come C dv dt = y R ( v) y G ( v). (77) In corrispondenza dei punti di intersezione tra la retta R e la curva G si ha che y R ( V) = y G ( V), (78) e quindi C dv dt v=v = y R ( V) y G ( V) = 0. (79) R y G R I I 1 I 2 I 3 y G Fig V 0 V V 0 (a) v (b) V 1 V 2 V 3 Discussione grafica del comportamento della soluzione del circuito di Figura 2.9 per i due casi in esame. V 0 V 0 v

29 109 Dunque, i valori di tensione V corrispondenti ai punti di intersezione tra la retta R e la curva G sono le soluzioni stazionarie del circuito 3. Come già abbiamo visto nel paragrafo 2.3, il circuito ha una sola soluzione stazionaria se la curva caratteristica del resistore non lineare è monotona crescente, Figura 2.10a. Se la curva caratteristica del resistore non lineare è non monotona le soluzioni stazionarie possono essere più di una, Figura 2.10b. Se V 0 = V il circuito è in regime stazionario fin dall istante iniziale. Cosa accade se V 0 V? Quando v V si ha dv / dt 0 e la soluzione del circuito non è stazionaria, ma varia nel tempo. La dinamica del circuito nell intorno di v = V dipende dal segno di dv / dt. Ora studieremo qualitativamente il comportamento dinamico del circuito esaminando proprio il segno di dv / dt. Analizziamo, prima, il caso in cui la curva caratteristica del resistore non lineare è monotona crescente, Figura 2.10a. In questo caso la retta R e la curva G partizionano il piano ( v, y) in due regioni, in ciascuna delle quali dv / dt ha sempre lo stesso segno. A sinistra della retta (verticale) v = V il punto appartenente alla retta R corrispondente a una data tensione v (v < V ) è sempre al di sopra del corrispondente punto appartenente alla curva G, mentre a destra della retta v = V ( v > V ) accade il contrario. Quando il punto di R corrispondente a un dato valore di v è al di sopra del corrispondente punto di G, si ha y R ( v) y G ( v) > 0 e quindi dv / dt > 0 perché C > 0. Invece, quando il punto di R, corrispondente a un dato valore di v, è al di sotto del corrispondente punto di G, si ha y R ( v) y G ( v) < 0 e quindi dv / dt < 0 ( C > 0). I risultati che abbiamo appena ottenuto sono riassunti dalla relazione dv dt > 0 v > V, = 0 v = V, < 0 v < V. (80) Da queste considerazioni si ha che, se il valore iniziale della tensione, V 0, è maggiore di V, la tensione v( t) decresce fino a quando non raggiunge il valore stazionario V. Invece se V 0 è minore di V, v( t) cresce fino a quando non raggiunge il valore stazionario V. Infine, se V 0 = V si ha v t ( ) = V. Comunque 3 Utilizzando la (77) si può dimostrare che, oltre a dv / dt v =V = 0, si ha anche d 2 v /dt 2 v = V = 0, d 3 v / dt 3 v = V = 0, e così via. Ciò implica che v = V è una soluzione stazionaria del circuito.

30 110 siano le condizioni iniziali, la soluzione tende asintoticamente a quella stazionaria v = V, che è l unica soluzione stazionaria del circuito. In questo caso si dice che la soluzione stazionaria v = V è stabile: comunque si scelga un intorno di v = V e per ogni condizione iniziale appartenente a tale intorno, il circuito evolve in modo tale da raggiungere l unico regime stazionario v = V. Si dice che il regime stazionario v = V è l attrattore del circuito in esame. Si consideri, ora, il caso in cui la caratteristica G è non monotona (Figura 2.10b), e interseca la retta R in tre punti. I valori di tensione corrispondenti a questi tre punti, V 1, V 2, V 3, sono le soluzioni stazionarie del circuito. (Se la retta R interseca la curva G in un solo punto la dinamica ha le stesse caratteristiche descritte nel caso precedente.) I punti di R corrispondenti a valori di v inferiori a V 1 sono sempre al di sopra dei corrispondenti punti di G ; pertanto si ha y R ( v) y G ( v) > 0 per v < V 1. I punti di R corrispondenti a valori di v compresi tra le due soluzioni stazionarie v = V 1 e v = V 2 sono sempre al sotto dei corrispondenti punti di G, quindi y R ( v) y G ( v) < 0 per V 1 < v < V 2. I punti di R corrispondenti a valori di v compresi tra le due soluzioni stazionarie v = V 2 e v = V 3 sono sempre al di sopra dei corrispondenti punti di G, quindi y R ( v) y G ( v) > 0 per V 2 < v < V 3. Infine, i punti di R corrispondenti a valori di v superiori a V 3 sono sempre al di sotto dei corrispondenti punti di G, quindi v y R ( ) y G ( v) < 0 per V 3 < v. Essendo C > 0, si ha allora dv dt > 0 v < V 1 o V 2 < v < V 3, = 0 v = V 1 o v = V 2 o v = V 3, < 0 V 1 < v < V 2 o v < V 3. (81) Condizione iniziale Segno di dv / dt Comportamento di v t V 0 < V 1 dv / dt > 0 v( t) V 1 V 0 = V 1 dv / dt = 0 v( t) = V 1 V 1 < V 0 < V 2 dv / dt < 0 v( t) V 1 V 0 = V 2 dv / dt = 0 v( t) = V 2 V 2 < V 0 < V 3 dv / dt > 0 v( t) V 3 V 0 = V 3 dv / dt = 0 v( t) = V 3 V 0 > V 3 dv / dt < 0 v t ( ) V 3 ( ) per t Tab. 2.3 Riassunto del comportamento asintotico della tensione del condensatore nel caso riportato in Figura 2.10b.

31 111 In questo caso il regime stazionario che il circuito raggiunge dipende dalla condizione iniziale del condensatore. I possibili comportamenti asintotici della tensione del condensatore (cioè i comportamenti per t ) sono riportati in Figura 2.10b e riassunti in Tabella 2.3. Le due soluzioni stazionarie v( t) = V 1 e v( t) = V 3 sono soluzioni stazionarie stabili, mentre la soluzione stazionaria v( t) = V 2 è instabile: comunque si scelga il valore della condizione iniziale V 0 prossimo al valore della soluzione stazionaria V 2 il circuito evolve sempre in maniera tale da raggiungere la soluzione stazionaria v( t) = V 1 o la soluzione stazionaria v( t) = V 3, cioè tende sempre ad allontanarsi dalla soluzione stazionaria v( t) = V 2. In questo circuito le soluzioni stazionarie v( t) = V 1 e v( t) = V 3 sono gli attrattori; quale di questi due viene raggiunto dal circuito dipende solo dalla condizione iniziale. Attraverso circuiti di questo tipo è possibile realizzare circuiti bistabili e memorie binarie 2.6 Grafo di un circuito Dal modo stesso in cui sono state enunciate le leggi di Kirchhoff, discende che esse non fanno alcun riferimento alla struttura interna dei diversi componenti. Le equazioni che si ottengono imponendo le leggi di Kirchhoff, che chiameremo equazioni di Kirchhoff, dipendono solo da come gli elementi circuitali sono connessi tra loro e non dalla loro natura fisica Fig (a) Circuiti con lo stesso grafo. 4 2 (b) 3 Si considerino i due esempi di circuito, riportati in Figura Benché siano costituiti da bipoli diversi, essi hanno due cose in comune: il numero di nodi e di bipoli; i collegamenti tra i nodi realizzati dai bipoli. In conseguenza di ciò le equazioni di Kirchhoff per le correnti e tensioni del circuito illustrato in Figura 2.11a sono uguali alle equazioni di Kirchhoff per le correnti e tensioni del

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