Classe di Chern di un fibrato lineare

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1 Classe di Chern di un fibrato lineare Silvia Ghinassi 30 aprile 2013 (Per gli argomenti trattati si veda Griffiths-Harris, Ch.1, Sect.1.) Prima di iniziare a parlare di fibrati lineari abbiamo bisogno di un importantissima osservazione. Lemma 0.1. Data M varietà complessa, e una famiglia di applicazioni {g α : U α U GL(k, C)} subordinate a un ricoprimento aperto U = {U α } α A di M tali che per ogni p U α U, { g α (p) = g α (p) 1 ; (1) g α (p)g γ (p) = g αγ (p). è univocamente definito un fibrato complesso di rango k π : E M per il quale U è un ricoprimento banalizzante e le cui funzioni di transizione coincidono con le g α. Dimostrazione. Definiamo Ẽ = α AU α C k. Introduciamo ora una relazione di equivalenza su tale insieme; diciamo che (p, v) (p, v ) se e solo se p = p e v = g α (p)v. Dalle condizioni (1) (dette condizioni di cociclo) è ovvio che tale relazione è di equivalenza. Definiamo dunque E = Ẽ/. È naturalmente definita un applicazione suriettiva π : E M [(p, v)] p e inoltre possiamo definire E p = π 1 (p) = {[(p, v)] v C k } = {p} C k = C k (l isomorfismo è dato dal fatto che le g α (p) sono matrici invertibili). Infine, definiamo ϕ α : π 1 (U α ) U α C k come ϕ α ([(p, v)]) = (p, v). Anche in questo caso è di immediata verifica la relazione g α (p) = (ϕ α ϕ 1 ) E p cioè che la mappa ϕ α ϕ 1 : (U α U ) C k (U α U ) C k è data da (p, v) (p, g α (p)v) e il fatto che tali applicazioni siano banalizzazioni locali per il fibrato (E, π, M). L unicità segue dal fatto che non abbiamo fatto alcuna scelta. Osservazione 0.1. Tale risultato è ovviamente vero anche in un contesto molto più generale, per fibrati vettoriali qualsiasi. 1 Fibrati lineari D ora in poi tutti i fibrati sono assunti essere olomorfi di rango 1 (detti fibrati lineari o in rette), π : L M su una varietà complessa M. Ricordiamo che, per definizione, abbiamo un 1

2 ricoprimento aperto di M, U = {U α } α A banalizzante per il fibrato L, con banalizzazioni locali ϕ α : π 1 (U α ) U α C. Le funzioni di transizione g α : U α U C sono definite, per ogni p M, g α (p) = (ϕ α ϕ 1 ) L p. Per definizione le funzioni di transizione sono olomorfe, non nulle e soddisfano (1). Dato un tale fibrato, per ogni collezione di funzioni olomorfe mai nulle {f α O (U α )} α A possiamo definire banalizzazioni locali per (L, π, M), ponendo ψ α = f α ϕ α. Le relative funzioni di transizione h α sono legate alle precedenti dalla relazione h α = f α f g α. (2) Viceversa, se supponiamo che {ψ α } α A siano altre banalizzazioni locali per (L, π, M) subordinate a U, allora sono ottenute in questo modo; infatti, definiamo f α dalla relazione Allora f α : U α C olomorfe e vale h α = ψ α ψ 1 Abbiamo quindi dimostrato ψ α ϕ 1 α : U α C U α C = ψ α ϕ 1 α (p, v) (p, f α (p)v). ϕ α ϕ 1 ϕ ψ 1 = f α g α f 1 Proposizione 1.1. Due famiglie {g α } e {h α } definiscono lo stesso fibrato se e solo se esistono f α O (U α ) tali che valga (2). Grazie al Lemma 0.1 e alla Proposizione 1.1 possiamo dare un interpretazione di teoria dei fasci ai fibrati lineari. Molto probabilmente molti di voi non conoscono la definizione di fascio, ma per quello che concerne questo seminario possiamo dare una descrizione di quello che interessa senza usare questa nozione. Limitiamoci a fornire la nozione di germe di una funzione. Per quello che ci interessa, consideriamo funzioni olomorfe mai nulle su un aperto di una varietà M (f è olomorfa se lo è ogni sua composizione con le carte di M). Date dunque f : U M C e g : V M C con U e V aperti, diciamo che f x g se esiste un aperto x W U V tale che f W = g W. Essendo ovviamente x una relazione di equivalenza, definiamo la classe di equivalenza di f, [f] x = {g : V M C g x f} e definiamo l insieme dei germi di funzioni nel punto x come l insieme di tali classi di equivalenza. Definiamo ora la coomologia di Čech a valori in un fascio, nel nostro caso il fascio delle funzioni olomorfe mai nulle. Questo fascio sulla varietà M, altro non è che l insieme dei germi di tali funzioni, e per ogni U M, l insieme O (U) ha una struttura di gruppo data dalla moltiplicazione punto per punto e una restrizione naturale per ogni V U (data dalla restrizione di funzioni). Per definire una coomologia, abbiamo bisogno di definire un complesso. Definiamo le 0-cocatene, C 0 (U, O ) = Π α A O (U α ), le 1- cocatene, C 1 (U, O ) = Π α< O (U α U ) e allo stesso modo possiamo definire le q-cocatene. Definiamo ora un differenziale δ : C 0 (U, O ) C 1 (U, O ) come δ({f α }) = {f f α }, analogamente δ : C 1 (U, O ) C 2 (U, O ) come δ({g α }) = {g γ g αγ + g α } e allo stesso modo le successive; gli elementi a destra delle uguaglianze sono intesi ristretti ad un opportuna intersezione. È proprio questa necessità di usare delle restrizioni che ci porta a considerare i germi di funzioni, che sono 2

3 ciò che si generalizzerà a un fascio. Si dimostra che (C q (U, O ), δ) è un complesso di coomologia, infatti δ 2 = 0, ad esempio δ 2 ({f α }) = δ({f f α }) = {(f γ f ) (f γ f α ) + (f f α )} = 0. Definiamo quindi i cocicli (ciò che è chiuso ), i cobordi (ciò che è esatto ) e dunque consideriamo H q (M, O ) come il quoziente cocicli su cobordi (osserviamo che a priori c è una forte dipendenza dal ricoprimento U; si dimostra però che sotto opportune ipotesi, tale coomologia è indipendente dal ricoprimento). Per approfondire questi argomenti (fasci e coomologia di Čech), rimandiamo a [?], [?]. Torniamo quindi al nostro fibrato lineare. Per quanto detto sopra, abbiamo quindi che le funzioni di transizione {g α O (U α U )} per un fibrato lineare rappresentano una 1-cocatena di Čech su M a coefficienti nel fascio O, C 1 (M, O ); le relazioni di cociclo (1), se scritte in notazione additiva, cioè { g α = g α g α + g γ g αγ = 0, dicono che δ({g α }) = 0, cioè, per l appunto, che le {g α } rappresentano un cociclo di Čech. Infine, per la Proposizione 1.1, due cocicli {g α } e {h α } definiscono lo stesso fibrato lineare se e solo se la loro differenza {g α h 1 α } è un cobordo di Čech; ancora, in notazione additiva {g α h α } = {f f α } = δ({f α }). Allora l insieme dei fibrati lineari su una varietà M altro non è che H 1 (M, O ). Osserviamo che, parlando qui di gruppi abeliani, stiamo usando una terminologia additiva nonostante la notazione sia in modo naturale moltiplicativa. Possiamo dare ai fibrati lineari una struttura di gruppo, con operazione di gruppo il prodotto tensoriale e inverso il duale, infatti L L = Hom(L, L) = M C, il fibrato banale, perché abbiamo una sezione mai nulla del fibrato (data dall identità). Poiché se {g α } sono le funzioni di transizione di L e {g α } quelle di L, abbiamo che le funzioni di transizione di L L e L sono, rispettivamente, {g α g α } e {g 1 α }, la struttura di gruppo sui fibrati coincide con quella del gruppo di coomologia. Allora definiamo il gruppo di Picard di M, Pic(M) = H 1 (M, O ). 2 Classe di Chern di un fibrato lineare Sia M una varietà complessa compatta di dimensione n. La successione esatta di fasci 0 Z O exp O 0, la prima mappa data dall inclusione, dà una mappa di cobordo in coomologia H 1 (M, O ) δ H 2 (M, Z). Se L Pic = H 1 (M, O ), definiamo la prima classe di Chern c 1 (L) = δ(l) H 2 (M, Z). Poiché H 2 (M, Z) = HdR 2 (M), come vedremo meglio in seguito, con un abuso di notazione scriveremo 3

4 c 1 (L) HdR 2 (M) intendendo l immagine tramite l isomorfismo. Ovviamente anche in questo caso potremmo definire la classe totale di Chern, come c(l) = c 0 (L) + c 1 (L), ma essendo c 0 = 1 per ogni fibrato, nel caso di un fibrato in rette parlare di classe totale o prima classe di Chern è assolutamente identico; ci riferiamo quindi a c 1 (L) semplicemente come classe di Chern di L. Dalla definizione, seguono immediatamente le relazioni c 1 (L L ) = c 1 (L) + c 1 (L ), c 1 (L ) = c 1 (L). Inoltre, se f : M N è un applicazione olomorfa tra varietà complesse allora il diagramma H 1 (M, O ) f δ H 2 (M, Z) f H 1 (N, O ) δ H 2 (N, Z) commuta, e quindi se L N è un fibrato lineare, c 1 (f L) = f c 1 (L). Esempio 2.1. Per cercare di capire di cosa stiamo parlando, facciamo un esempio di fibrato lineare. Consideriamo M = P n C e su di essa il fibrato tautologico, L = {([Z], v) P n C C n+1 v CZ}, che è un fibrato lineare (la fibra su [Z] è la retta generata da Z). Qui e di seguito, per comodità di notazione scriviamo [Z] = [Z 0,..., Z n ], coordinate omogenee e v = (v 0,..., v n ). Consideriamo il classico ricoprimento di P n C, U = {U α } n α=0, con U α = {[Z] P n C Z α 0}. Le banalizzazioni del fibrato tautologico sono date da ϕ α : L Uα U α C ([Z], v) ([Z], v α ) con inversa ϕ 1 α ([Z], w α ) = ([Z], wα Z α (Z 0,..., Z n )). Abbiamo quindi che le funzioni di transizione sono ϕ α ϕ 1 ([Z], v ) = ϕ α ([Z], v (Z 0,..., Z n )) = ([Z], v Z α ) Z Z cioè Se consideriamo ora la successione esatta g α = Z α Z. H 1 (P n C; O) H 1 (P n C; O ) δ H 2 (P n C; Z) essendo però H 1 (P n C; O) = 0 e H 2 (P n C; Z) = Z (il primo diamolo per buono, per il secondo possiamo invece ricordare l isomorfismo con la coomologia di de Rham e il fatto che P n ha una 2-cella, che è un P 1 ), otteniamo che la mappa di cobordo è δ : Pic(M) H 2 (P n C; Z) = Z, cioè un fibrato lineare sul proiettivo è univocamente determinato, a meno di isomorfismo, dalla sua classe di Chern. In letteratura, il fibrato tautologico sul proiettivo si indica con O P n( 1), e il motivo è che la sua classe di Chern corrisponde proprio a -1. Vedremo meglio questa corrispondenza nel prossimo seminario. 4

5 Facciamo ora un interessante osservazione. Se leviamo da quanto detto fino ad ora l aggettivo olomorfo e consideriamo quindi i fasci delle funzioni C A, e quelle delle funzioni lisce mai nulle A tutto continua a funzionare allo stesso modo; le funzioni di transizione rappresentano un cociclo di Čech, {g α } C 1 (M, A ) e a meno di isomorfismo un fibrato è determinato in modo unico dalla classe di coomologia [{g α }] H 1 (M, A ). Anche in questo caso abbiamo la successione esatta corta di fasci 0 Z A exp A 0, che dà luogo a successione esatta lunga in coomologia con una mappa di cobordo δ e possiamo dunque definire, per un fibrato lineare C, la sua classe di Chern come c 1 (L) = δ (L) H 2 (M, Z). Poiché O A e O A e le inclusioni sono funtoriali (cioè si comportando bene passando in coomologia), otteniamo il diagramma commutativo H 1 (M, A) H 1 (M, A ) δ H 2 (M, Z) H 1 (M, O) H 1 (M, O ) δ H 2 (M, Z) in cui entrambe le righe sono esatte (gli oggetti che appaiono in questo diagramma sono coomologie a valori in un fascio; ora, non non abbiamo detto cosa significhino esattamente, ma per quello che ci interessa possiamo sorvolare anche su questo). Allora la definzione appena data di classe di Chern coincide con quella precedente nel caso L sia un fibrato olomorfo. Ma il fascio A è fine (non ci curiamo di cosa significhi in questo contesto), e quindi H 1 (M, A) = 0 e quindi δ è una mappa iniettiva. Riassumendo quanto abbiamo detto, otteniamo Proposizione 2.1. Un fibrato lineare complesso è determinato, a meno di isomorfismi C dalla sua classe di Chern. 3 Relazione tra le due definizioni di classe di Chern Riprendiamo ora gli argomenti che abbiamo trattato a lezione. Abbiamo visto che se π : E M è un fibrato di rango k e una connessione su E, allora abbiamo un operatore di curvatura K = K che localmente, relativamente ad una banalizzazione del fibrato ϕ α si rappresenta come una matrice di 2-forme Ω α (l α che usiamo qui sta ad indicare che ci troviamo nell aperto U α, quindi il nostro Ω α corrisponde alla matrice Ω, non alle sue componenti che abbiamo denotato in aula come Ω α). Se ϕ è un altra banalizzazione, abbiamo dunque in notazione matriciale Ω = g α Ω α g 1 α, infatti, se prendiamo come riferimento S α (p) = ϕ 1 α (p, 1), il cambio di riferimento è dato proprio dalle funzioni di transizione. In particolare, nel nostro caso, k = 1, quindi GL(1, C) = C è commutativo e quindi Ω = Ω α = Ω è una 2-forma ovunque definita detta forma di curvatura di E. Inoltre, tale forma è chiusa, perché come abbiamo visto a lezione, se ω α è la 1-forma (ricordiamo che siamo nel caso lineare) associata a in U α, abbiamo Ω = dω α ω α ω α = dω α. 5

6 Infine, la definizione di classe di Chern data in classe per un fibrato lineare, in cui abbiamo osservato la forma di curvatura essere globalmente definita e chiusa, si riduce a c 1 (L) = [ Ω 2πi] H 2 dr (M). Come ci si può aspettare, le due definzioni di classe di Chern per un fibrato lineare coincidono. Per dimostrarlo, abbiamo però bisogno di utilizzare l espressione esplicita dell isomorfismo di de Rham tra la coomologia a valori nel fascio costante Z e la coomologia di de Rham. L isomorfismo richiede però ulteriori strumenti di coomologia a valori in un fascio che non è di nostro interesse sviluppare, quindi cercheremo, nella dimostrazione, di evitare alcune parti tecniche riguardandi la forma esplicita dell isomorfismo, usando al suo posto un idea più intuitiva. Teorema 3.1. Per ogni fibrato lineare π : L M con forma di curvatura Ω, [ c 1 (L) = 1 ] 2πi Ω HdR(M). 2 Dimostrazione. Come al solito, abbiamo U = {U α } α A un ricoprimento aperto di M, banalizzante per L con banalizzazioni {ϕ α } e funzioni di transizione associate {g α }. Possiamo assumere che gli U α siano semplicemente connessi e definiamo Per definizione di δ, se poniamo h α = 1 2πi log g α. z αγ = h α + h γ h αγ = 1 2πi (log g α + log g γ log g αγ ), {z αγ } è un 2-cociclo che rappresenta c 1 (L); i logaritmi sono complessi, quindi le relazioni di cociclo (1) non implicano che la somma faccia 0, ma che quello che otteniamo è un multiplo intero di 2πi e quindi che [z αγ ] H 2 (M, Z). Sia ora una connessione su L e, rispetto al riferimento S α (p) = ϕ 1 α (p, 1), abbiamo visto che localmente si rappresenta con la matrice di connessione, nel nostro caso una 1-forma ω α. In U α U, abbiamo visto che, cambiando riferimento S, vale e quindi ω α = g α ω g 1 α + dg αg 1 α = ω + dg α g 1 α ω ω α = dg α g 1 α = d(log g α), e ricordiamo che abbiamo visto che Ω = dω α. Poichè Ω è una 2-forma chiusa e c 1 (L) è un cociclo di Čech, abbiamo bisogno dell isomorfismo di de Rham per arrivare alla tesi. Nella dimostrazione del Teorema di de Rham si vede che tale isomorfismo è dato in due passi da due mappe di cobordo, grazie a due successioni esatte di fasci. I fasci in questione sono i fasci di k-forme differenziali e l osservazione fondamentale per recuperare la classica coomologia di de Rham è che la coomologia a valori nel fascio delle 2-forme chiuse, quozientata per l immagine della coomologia a valori nel fascio delle 1-forme altro non è che HdR 2 (M), come l intuito ci avrebbe potuto suggerire. Alla luce di ciò, le due mappe di cobordo δ 1 e δ 2 (la cui composizione non è nulla perché sono date da due differenti successione esatte) le possiamo pensare in maniera puramente formale, come 6

7 simili a quella che abbiamo visto in questa sezione, detto grossolanamente tolgo il differenziale e faccio la differenza ciclando gli indici. Abbiamo dunque date da δ 2 δ 1 : H 2 dr(m) = H 2 (M, Z) δ 2 (δ 1 (Ω)) = δ 2 (δ 1 ({dω α })) = δ 2 ({ω ω α }) = il che conclude la dimostrazione. = δ 2 ({ d(log g α )}) = { (log g α + log g γ log g αγ )} = = 2πi[z αγ ] = 2πic 1 (L), 7

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