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IL COLLEGIO DI ROMA composto dai signori: Dott. Giuseppe Marziale... Presidente Avv. Bruno De Carolis. Membro designato dalla Banca d'italia Prof. Avv. Giuliana Scognamiglio. Membro designato dalla Banca d'italia Avv. Michele Maccarone. Membro designato dal Conciliatore Bancario e Finanziario per le controversie in cui sia parte un consumatore [Estensore] Dott.ssa Daniela Primicerio Membro designato dal C.N.C.U. nella seduta del 23/3/2012, dopo aver esaminato il ricorso e la documentazione allegata; le controdeduzioni dell'intermediario e la relativa documentazione; la relazione istruttoria della Segreteria tecnica, Fatto Il ricorrente lamenta la clonazione della propria carta prepagata, utilizzata per n. 22 pagamenti on line non autorizzati, complessivamente ammontanti ad 2.696,34. Riferisce, in particolare, che: a) in data 18.01.2011, a seguito di un controllo sul sito internet, notava che sulla propria carta di credito prepagata, nel periodo 4.01.2011-18.01.2011, risultavano effettuati n. 17 acquisti on line su siti con sede in Inghilterra ed un operazione di accredito disposta da uno degli stessi siti; b) prontamente, il 18.01.2011, provvedeva a bloccare la carta di credito prepagata e a sporgere denuncia-querela; c) il 19.01.2011 consegnava all intermediario copia della denuncia accompagnata dalla dichiarazione di disconoscimento delle operazioni fraudolente, con riserva di disconoscere le altre operazioni non ancora visibili; d) il 1.02.2011 visualizzava tutte le operazioni fraudolentemente realizzate e, in data 2.02.2011, presentava un integrazione della denuncia, depositandola presso l intermediario. In tale circostanza, il ricorrente ribadiva Pag. 2/7

formalmente il totale disconoscimento di tutte le operazioni evidenziate tra il giorno 04.01.2011 ed il giorno 17.01.2011 per un totale di n. 22 operazioni di addebito per un importo pari ad 2.882,09 ed n. 1 operazione di accredito per un importo pari ad 185,75 e richiedeva il risarcimento di 2.696,34 ( 2.882,09-185,75). In data 29.03.2011 l intermediario comunicava di aver intrapreso la procedura di charge back per sole tre operazioni, a seguito della quale veniva rimborsata in data 13.04.2011 la somma di 460,74. Quanto alle restanti operazioni, l intermediario rifiutava il rimborso adducendo che gli acquisti erano avvenuti su siti aderenti al protocollo di sicurezza 3D Secure con il corretto impiego delle credenziali di esclusiva conoscenza del titolare della carta di credito. In merito al rifiuto di rimborso opposto dalla banca, il ricorrente riferisce di non aver mai risposto ad alcuna mail di phishing, subìto il furto della carta, concesso a terzi il riferito strumento, comunicato i propri codici a terze persone né effettuato acquisti presso i riferiti siti internet. Osserva anche,richiamando in proposito alcune decisioni dell Arbitro, che la sussistenza della colpa grave o di altro inadempimento degli obblighi di custodia della carta e del PIN da parte del titolare non possono desumersi dalla mera circostanza che l utilizzo fraudolento della carta sia stato accompagnato dalla digitazione del PIN da parte del terzo.ritiene poi che è da imputare all intermediario la violazione dell obbligo di diligenza professionale di cui all art. 1176, comma 2, c,c,. per non avere tempestivamente rilevato l anomalia delle operazioni di prelievo eseguite, concretizzando anche un danno non patrimoniale conseguente ad ansia, turbamento, grave limitazione del diritto di autodeterminazione. Alla luce di quanto sopra, il ricorrente chiede che l Arbitro accerti e dichiari la responsabilità dell intermediario, condannandolo a rimborsare la somma di 2.235,60 nonché quella di 200,00 + 20 per le spese legali sostenute. Nelle sue controdeduzioni l intermediario eccepisce, in via preliminare, l imprecisione della materia del contendere, adducendo che alla data odierna non risulta mai essere stata compilata dal ricorrente( )una esatta lista analitica delle operazioni effettivamente cagionevoli di danno economico.evidenzia inoltre che, sulla base degli atti esaminati, la materia del contendere ammonterebbe a 2236,46 curiosamente leggermente superiore a quanto preteso in ricorso. Nel merito del ricorso, l intermediario sottolinea innanzitutto che le operazione on line disconosciute sono state effettuate mediante il corretto inserimento di tutti i codici identificativi del ricorrente e che la sottrazione dei dati necessari alle transazioni oggetto Pag. 3/7

del ricorso è avvenuta completamente al di fuori del proprio controllo, durante le navigazioni internet proprie del titolare. La violazione non sarebbe quindi da ricercare presso i sistemi informatici centrali dell intermediario, bensì presso gli apparati informatici utilizzati dal titolare della carta. Dopo aver ribadito la sicurezza del proprio servizio, garantita da un sistema ampiamente tutelato, protetto e certificato, l intermediario segnala l esistenza di tecniche informatiche di accesso ai dati dell utente (come quella dell apertura delle machine ports ) che, in assenza di adeguati presidi informatici, possono comportare che si acconsenta a richieste d accesso da terze parti senza comprenderne il significato né averne piena consapevolezza.di conseguenza, ad avviso dell intermediario, la dichiarazione di aver ben custodito la carta non assume valore a fronte del fatto che il ricorrente non ha mai dichiarato esplicitamente di aver adeguatamente protetto gli apparati utilizzati per la connessione al web, particolarmente per quanto riguarda i dati finanziari. L intermediario osserva poi che i siti web internazionali su cui sono state effettuate le transazioni disconosciute accettano esclusivamente transazioni completate con l inserimento del codice di sicurezza CW2 (Card Verification Value 2), posto sul retro delle carta e noto solo al titolare e, poiché l inserimento di detto codice presuppone il materiale possesso della carta, o di una sua riproduzione, risulta violato da parte del titolare l obbligo contrattuale di custodire con massima cura anche durante la navigazione on line - gli elementi identificativi riservati delle carte elettroniche. Sul piano contrattuale, la resistente rileva che l uso dei codici personali vale a far riconoscere il cardholder quale legittimo titolare e che di conseguenza, l intermediario è contrattualmente tenuto ad eseguire le transazioni ordinate con la digitazione delle sue credenziali.adducendo la correttezza del proprio operato, l intermediario eccepisce, infine,la mancata prova del proprio inadempimento contrattuale da parte del ricorrente, di cui quest ultimo era onerato a norma dell art. 2697 c.c. e che, ai sensi dell art. 1227, 2 comma, c.c., il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l ordinaria diligenza. Chiede pertanto che l Arbitro respinga il ricorso del ricorrente, in quanto infondato. Diritto L intermediario formula un eccezione preliminare attinente all imprecisione della materia del contendere, giacché non risulta mai essere stata compilata dal ricorrente una Pag. 4/7

esatta lista analitica delle operazioni effettivamente cagionevoli di danno economico. L eccezione appare priva di fondamento atteso che nell estratto conto allegato dal cliente sono evidenziate in modo chiaro e inequivoco le operazioni contestate la cui somma ammonta a 2235,60. La differenza fra l ammontare totale indicato dal ricorrente e quello ricalcolato dall intermediario, oltre che assolutamente esigua e non degna di nota ( 0,86), e probabilmente dovuta a modeste differenze di cambio nella valorizzazione delle operazioni. Ciò premesso e venendo al merito del ricorso, va precisato che la questione da esso posta deve essere valutata alla luce della disciplina recata dal decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, adottato in attuazione della direttiva 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno. L art. 10, comma 2, di tale decreto dispone che Qualora l utilizzatore di un servizio di pagamento neghi di aver autorizzato un operazione di pagamento eseguita, l utilizzo di uno strumento di pagamento. non è di per sé necessariamente sufficiente a dimostrare che. l utilizzatore abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto con dolo o colpa grave a uno o più obblighi di cui all art. 7.Il successivo art. 12, comma 3, aggiunge poi che Salvo il caso in cui l utilizzatore abbia agito con dolo o colpa grave ovvero non abbia adottato le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati che consentono l utilizzo dello strumento di pagamento, prima della comunicazione eseguita ai sensi dell art. 7, comma 1, lettera b), l utilizzatore medesimo può sopportare per un importo comunque non superiore complessivamente a 150 euro la perdita derivante dall utilizzo indebito dello strumento di pagamento conseguente al suo furto o smarrimento Nel caso di uso fraudolento di uno strumento di pagamento, tale disciplina stabilisce quindi una responsabilità oggettiva dell intermediario per le conseguenze dannose verificatesi prima della comunicazione di blocco dello stesso, contemperata dalla previsione di una franchigia a carico dell utilizzatore fissata nella misura massima di 150. Detta responsabilità viene meno nell ipotesi di dolo o colpa grave del cliente al quale il danno economico può essere attribuito per intero. Compete pertanto all intermediario l onere di dimostrare la colpa grave o il comportamento fraudolento del titolare dello strumento di pagamento, in base ai principi che regolano la responsabilità contrattuale (art. 1218 cod. civ.). Nel caso in esame, risulta pacifica fra le parti l origine fraudolenta delle operazioni; si verte invece sulla causa delle stesse, imputando il ricorrente la clonazione della carta alla negligenza dell intermediario e eccependo la resistente l assoluta sicurezza dei propri Pag. 5/7

sistemi e, di conseguenza, la grave negligenza del ricorrente della custodia della carta durante la navigazione on line. Il Collegio non ritiene che le argomentazioni addotte dall intermediario siano idonee a comprovare l asseriva violazione degli obblighi di custodia da parte del ricorrente. Sul punto l intermediario adduce argomenti di tipo presuntivo e formula considerazioni del tutto generiche senza indicare alcun elemento di fatto che possa supportare le proprie osservazioni. Anche l affermazione, senz altro di maggiore valenza, che le operazioni sono state disposte mediante il perfetto utilizzo per l identificazione elettronica del titolare non assume portata dirimente, alla stregua del principio enunciato dal già richiamato art. 10, comma 2, d.lgs. n. 11/10. Del resto questo Collegio in più occasioni, anche sulla scorta della giurisprudenza di merito (cfr., per tutte, dec. n. 665 del 2 luglio 2010), aveva già in precedenza puntualizzato che la colpa del titolare (dello strumento di pagamento) per difettosa custodia del codice personale non può ritenersi in re ipsa per il solo fatto che una tessera Bancomat sia stata utilizzata per prelevare contante facendo uso del PIN (Trib. Roma, Sez. XIII civ. 20 febbraio 2006), atteso che allo stato delle conoscenze tecnologiche, non si può affatto escludere la possibilità di sottrazione al cliente, da parte del frodatore, dei codici identificativi attribuiti al primo per l accesso ai servizi bancari on line o per l utilizzo di strumenti di pagamento, senza che al comportamento del cliente possa riconoscersi alcuna efficienza causale nella produzione del fatto illecito. Anche l asserita sicurezza dei sistemi adottati dall intermediario, a suo giudizio idonea a garantire transazioni on line affidabili e sicure non appare dimostrata non solo per quanto appena sopra rilevato, ma anche per l evidente carenza di procedure di analisi delle operazioni che avrebbero potuto far dubitare della genuinità di quelle poi oggetto di contestazione e soprattutto per la mancata attivazione di sistemi di allert e dei c.d. token, già largamente in uso presso gli intermediari più avveduti, che avrebbero consentito di prevenire il compimento dell azione fraudolenta o quanto meno di contenerne gli effetti. Ritiene infatti il Collegio che tali mancanze configurino un difetto di diligenza della Banca atteso che la diligenza richiesta deve essere valutata tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento e assumendo quindi come parametro la figura dell accorto banchiere (Cass. Civ., Sez I, 12 giugno 2007, n. 13777). Ciò premesso, il Collegio rileva anche che nella vicenda all esame la condotta del ricorrente non vada esente da responsabilità, sia pure ad altro titolo rispetto a quanto prospettato dall intermediario. Dagli atti del procedimento risulta infatti che le operazioni fraudolente si sono protratte dal 4.1.2011 al 18.1.2011, quando il cliente, accortosi della Pag. 6/7

clonazione, ha disposto il blocco della carta e sporto denuncia. Esiste quindi un lasso temporale di 14 giorni fra la prima operazione illecita e il blocco della carta. Tale circostanza, secondo l orientamento del Collegio, appare idonea a configurare una grave negligenza nell operato del ricorrente. Come già rilevato in altra occasione (cfr. dec. n. 544 del 17 giugno 2010), posto che l uso degli strumenti telematici per l esecuzione di operazioni bancarie giova anche al cliente consentendogli l operatività a distanza e perciò un notevole risparmio del proprio tempo, il cliente deve tuttavia essere consapevole della delicatezza del mezzo telematico e della possibilità che attraverso quel mezzo siano perpetrate frodi, tanto più insidiose quanto meno facilmente riconoscibili e quindi è tenuto ad esercitare una costante vigilanza in vista del possibile utilizzo indebito degli strumenti di pagamento. In conclusione, il Collegio ritiene che nel caso in esame debba ravvisarsi una responsabilità concorrente delle parti nella produzione degli effetti dannosi conseguenti alla clonazione della carta da ripartirsi in egual misura fra la banca e il ricorrente. Pertanto, in parziale accoglimento del ricorso, dispone che la banca resistente corrisponda al ricorrente l importo di 1117,80 (millecentodiciasette/80), oltre all importo di 200,00 (duecento/00) per le spese legali da questi sostenute. P.Q.M. Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Dispone inoltre che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 7/7