La promozione dell eguaglianza di genere nei processi di sviluppo locale: il caso italiano

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1 La promozione dell eguaglianza di genere nei processi di sviluppo locale: il caso italiano Caso di studio per il progetto internazionale W. In D. Women in Development Davide Barbieri Barbara Bittarelli Flavia Pesce With the support of the European Union - Programme concerning the Community framework strategy on gender equality ( )

2 La promozione dell eguaglianza di genere nei processi di sviluppo locale: il caso italiano Caso di studio per il progetto internazionale W. In D. Women in Development Davide Barbieri Barbara Bittarelli Flavia Pesce Con il supporto dell'unione Europea - Programma relativo alla Strategia-Quadro Comunitaria in materia di Parità tra donne e uomini ( ). Le informazioni contenute in questa pubblicazione (o in altri materiali) non riflettono necessariamente la posizione o l'opinione della Commissione Europea.

3 Caso di studio preparato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità Non citare senza autorizzazione Settembre 2007 IRS - Istituto per la Ricerca Sociale Via Castiglione, Bologna dbarbieri@hsn.it fpesce@hsn.it barbara.bittarelli@alice.it

4 INDICE Premessa V 1. Introduzione 1 2. Il contesto socio-economico La popolazione Il mercato del lavoro 4 Le caratteristiche dell occupazione femminile 6 La disoccupazione femminile 9 L imprenditoria femminile 12 Gender pay gap La partecipazione politica e il decision making Il contesto istituzionale e normativo Pari opportunità e sviluppo locale Pari opportunità in Italia: quadro normativo e organismi Politiche e strumenti per lo sviluppo locale 23 Programmazione negoziata, concertazione e partenariato 23 La Progettazione Integrata 25 Il Fondo per le Aree Sottoutilizzate e Accordi di Programma Quadro 26 III

5 La promozione dell eguaglianza di genere nei processi di sviluppo locale: il caso italiano Altri strumenti La programmazione comunitaria La programmazione comunitaria e la politica regionale unitaria Sviluppo locale e genere: alcune buone pratiche che intersecano tali tematiche I progetti e le iniziative volte a sostenere la partecipazione femminile nei processi di sviluppo locale I progetti e le iniziative volte a sostenere l introduzione del principio di gender mainstreaming nei processi e programmi di sviluppo locale Una progettualità integrata Scenari e prospettive Bibliografia 49 IV

6 Premessa I processi di sviluppo locale non sono fenomeni neutri dal punto di vista del genere ed esistono, oramai, interessanti evidenze sia teoriche che empiriche di una forte correlazione tra Sviluppo locale e Pari opportunità di genere. Numerosi, infatti, sono gli studi che hanno evidenziato la forte correlazione tra crescita economica e presenza femminile nel mercato del lavoro, così come diversi sono anche gli studi che hanno, invece, sottolineato le inefficienze presenti in contesti caratterizzati da situazioni di discriminazione e segregazione che impediscono un miglior utilizzo delle risorse per rilanciare la competitività dei sistemi locali attraverso il ricorso a competenze non solo maschili, ma anche femminili. Tale correlazione comporta, di sicuro, due implicazioni: (a) le Pari opportunità consentono di migliorare lo Sviluppo locale; (b) lo Sviluppo locale consente di migliorare la posizione femminile nel contesto locale. Tale ipotesi non si fonda, evidentemente, su un principio etico (che, pur, avrebbe la sua rilevanza), ma su evidenze di natura socio-economica molto precise. La letteratura lascia pochi dubbi circa il crescente ruolo delle donne nei processi di crescita socio-economica vista la chiara correlazione positiva tra crescita e le pari opportunità nel mercato del lavoro; i Paesi con i tassi di crescita più elevati ed i maggiori livelli del reddito procapite sono anche quelli che presentano i maggiori livelli di partecipazione e occupazione femminile. La direzione di causalità va, soprattutto, dalla crescita alla parità di genere poiché un livello di sviluppo più elevato comporta generalmente più alti livelli di istruzione, democrazia e uguaglianza tra uomini e donne (Lofstrom, 2001), ma c è anche una relazione positiva tra parità di genere e crescita socio-economica: una maggiore partecipazione ed occupazione femminile implica una maggiore produzione corrente, ma anche una maggiore crescita futura, per gli effetti sulle nuove generazioni (maggiore reddito famigliare, maggiore investimento in capitale umano e salute). Secondo stime recenti (Olsson, 2000), l accresciuta partecipazione delle donne al mercato del lavoro spiegherebbe, per il ventennio , circa un quinto della crescita del PIL europeo a fronte di un contributo negativo delle forze di lavoro maschili. Se anche il dato può essere sovrastimato per effetto della maggiore concentrazione delle donne in impieghi part-time e in settori a minore produttività (ad esempio nella Pubblica Amministrazione), in tutti i Paesi europei, una quota sempre maggiore della ricchezza prodotta e dello sviluppo sociale è incontestabilmente imputabile al contributo delle donne. V

7 La promozione dell eguaglianza di genere nei processi di sviluppo locale: il caso italiano In una prospettiva di lungo periodo, i benefici che derivano dal sostegno della partecipazione e dell occupazione femminile diventano evidenti anche in termini di incremento dei livelli di sviluppo visto che, sempre da una prospettiva economica, si innestano alcuni circoli virtuosi che accrescono l efficienza dell utilizzo delle risorse (Humphries, Rubery et al., 1999; Rubery et al., 1999). Quando cresce l occupazione femminile, per esempio, crescono i redditi famigliari con un impatto positivo sulla domanda aggregata e sulle entrate fiscali. Un altro circolo virtuoso è rappresentato dal legame tra la crescita dei livelli di istruzione e dunque dall investimento in capitale umano e la crescita della partecipazione femminile ai percorsi di formazione. Oppure, il sostegno della partecipazione femminile al mercato del lavoro permette di ridurre il deprezzamento dell investimento in capitale umano femminile che si manifesta a seguito dell interruzione dell attività di lavoro per problemi legati alla conciliazione e/o ai fenomeni di segregazione occupazionale e professionale della forza lavoro femminile. Ancora a titolo esemplificativo, il sostegno alla partecipazione e all occupazione femminili attraverso politiche di conciliazione assicurano nel medio e lungo periodo condizioni adeguate di riproduzione sociale, come ad esempio quelle legate alla crescita delle generazioni future. Il beneficio delle politiche di Pari opportunità è inoltre evidente, sia nel breve che nel lungo periodo, anche nella sfera che più a che fare con lo sviluppo sociale di un dato territorio poiché l uguaglianza delle condizioni produttive e riproduttive di uomini e donne ha un impatto positivo sulla qualità della vita, aumentando le possibilità di scelta delle donne; si riducono i rischi di povertà della popolazione femminile, migliorano le condizioni di lavoro di uomini e donne e, più in generale, le condizioni di vita. Il sostegno alla partecipazione delle donne alla vita attiva è allora una forma di investimento sulla risorsa femminile che ha ricadute per la società nel suo complesso e per le sue diverse componenti: si pensi al parallelo miglioramento delle condizioni di vita degli uomini e dei bambini. I tentativi di analisi di efficienza delle politiche di Pari opportunità concludono allora che questo tipo di interventi (Rubery et al., 1999) possono essere considerati, quindi, come un vero e proprio fattore produttivo. Il mondo femminile è una risorsa per lo Sviluppo locale non solo perché contribuisce alla crescita economica del territorio e alla sua riproduzione sociale, ma anche perché promuove e afferma approcci alternativi allo sviluppo. Illuminanti, anche se distanti, sono in questo senso le esperienze di microcredito alle donne in contesti del Sud del mondo che soffrono particolari condizioni di arretratezza e povertà. Le istituzioni di microcredito, infatti, riconoscono nelle donne dei veicoli di promozione sociale più validi ed efficaci degli uomini, individuandone nel legame con i figli e, dunque, con le generazioni future uno dei moventi fondamentali. Oltre alla crescita di consapevolezza femminile, il microcredito ha effetti che si riflettono nei più svariati ambiti di vita sociale e famigliare e evidenziano la maggiore attenzione femminile verso il futuro: dalle scelte sull'educazione e sull'istruzione dei figli (che privilegiano la scolarizzazione e combattono il lavoro minorile) alla pianificazione della procreazione. Inoltre, le donne si dimostrano amministratrici più attente degli uomini del denaro ottenuto in prestito, oltre che evidenziare, soprattutto in alcuni Paesi ad elevata pressione migratoria, minore propensione a lasciare il Paese (Yunus, 2003). Le dinamiche territoriali e locali si confrontano con diversificate istanze del mondo femminile legate alla particolare configurazione della combinazione di ruoli produttivi e riproduttivi che le donne rivestono in un dato contesto territoriale. Elementi che, dunque, devono essere conosciuti (e condivisi) al fine di identificare le possibili risposte in termini di policy (e la partecipazione del territorio alla loro definizione). I fattori di contesto socio-economico - dunque la dimensione locale - rivestono una particolare VI

8 Premessa influenza nel determinare le scelte e i comportamenti partecipativi delle donne, influenza tendenzialmente maggiore di quella esercitata sulle scelte maschili. Assunta come data la generalizzata ineguale distribuzione dei carichi di cura tra uomini e donne, non è possibile ignorare le differenze della condizione femminile e delle problematiche di conciliazione che le connotano, ad esempio, in contesti urbani e in contesti rurali, sia in una prospettiva di sostegno alla partecipazione che in una prospettiva di sostegno alla permanenza nell occupazione. Gli elementi di differenziazione della condizione femminile nella dimensione locale sono legati ad una miriade di altri fattori di contesto: dalla vocazione economica di un territorio (industriale, terziaria, turistica, agricola, specializzata, etc.), ai modelli culturali e relazionali propri di una comunità, dalle risorse disponibili per re-distribuire il lavoro di cura sia istituzionalizzate (servizi per l infanzia, presenza di grandi aziende che più facilmente adottano modelli di riorganizzazione dei tempi di lavoro, radicamento del terzo settore e diffusione di pratiche quali le banche del tempo) che non (rapporti di vicinato e modelli di scambio, strutture famigliari e solidarietà intergenerazionali), alle politiche dei tempi e dei trasporti. È proprio la rilevanza del contesto locale nel disegnare i termini in cui le donne rappresentano una risorsa per lo sviluppo a suggerire che la dimensione locale rappresenti una risorsa per le politiche di Pari opportunità. Infatti, in primo luogo, come le politiche di sviluppo, le politiche di Pari opportunità hanno maggiore probabilità di rispondere alla domanda di intervento quanto più sono progettate e implementate vicino alla popolazione che ne esprime il bisogno. In secondo luogo, la dimensione locale agevola quel processo di integrazione delle politiche che caratterizza l essenza del mainstreaming di genere. Le politiche del lavoro e della formazione hanno infatti maggiori possibilità di venire progettate e attuate in sinergia con le altre politiche che sostengono l inclusione femminile nel mercato del lavoro come le politiche di assistenza (bambini, anziani, malati), le politiche dei trasporti, le politiche degli orari e tutti quegli interventi che impattano sulla qualità della vita e sulla sicurezza sia sul luogo di lavoro che, più in generale, nel territorio. Infine, le politiche di Pari opportunità promosse a livello locale hanno maggiori chances di coinvolgere gli attori rilevanti (autorità locali, imprese, economia civile, parti sociali, popolazione). La questione del capacity building e della mobilitazione degli attori locali è peraltro un elemento centrale nell implementazione di politiche di parità e mette in evidenza la necessità di promuovere la presenza femminile nei processi di policy making a tutti i livelli decisionali (empowerment) sia attraverso un maggior coinvolgimento delle donne nei luoghi delle decisioni sia attraverso il coinvolgimento di organismi di parità e di altre organizzazioni del mondo femminile. Parallelamente gli organismi di parità dovrebbero essere coinvolti in processi di networking sia in connessione con gli altri attori locali sia in connessione con altri livelli di governo, anche attraverso la predisposizione di tavoli di concertazione sul tema e/o protocolli nell ambito, per esempio, dei patti territoriali al fine di prevedere espressamente la promozione del mainstreaming di genere nelle scelte attuate per la promozione dello Sviluppo locale (Campbell, 2003). Purtroppo, se anche il mondo femminile rappresenta una risorsa per il territorio e per il contesto locale, soprattutto quando si adotta una prospettiva di medio e lungo periodo (Rubery, Fagan, 1999), il tema è raramente analizzato, nella sua complessità e multidimensionalità, dal punto di vista di genere. In tale cornice appare, dunque, importante un progetto quale il W. In D. - promosso dal Dipartimento italiano per i diritti e le pari opportunità - Presidenza del Consiglio dei Ministri - che si pone l ambizioso obiettivo di definire un percorso metodologico per verificare il contributo delle politi- VII

9 La promozione dell eguaglianza di genere nei processi di sviluppo locale: il caso italiano che di genere allo Sviluppo locale. Il che significa, in altri termini, verificare l ipotesi circa l influenza negativa che la mancata applicazione del principio delle Pari opportunità ha sullo Sviluppo locale di un territorio e, viceversa, in quale misura il mancato Sviluppo locale limita il miglioramento della posizione femminile. Lo scarso coinvolgimento delle donne nei processi di sviluppo locale, e la poca attenzione riservata al principio di uguaglianza di genere nelle stesse politiche di sviluppo, sono una costante per la maggior parte dei Paesi europei. Il tema è stato posto al centro del V Programma di azione comunitario in materia di pari opportunità tra uomini e donne nell ambito del quale è stato finanziato W. In D. Il progetto muove infatti dalla convinzione che sia necessario promuovere una forte azione coordinata a livello europeo per supportare queste tematiche e contribuire al necessario cambiamento culturale ai fini della concreta applicazione del principio di mainstreaming di genere nei processi di sviluppo socioeconomico. Il partenariato transnazionale del progetto è stato costruito in considerazione dei diversi atteggiamenti culturali e delle diverse esperienze in materia di pari opportunità di genere presenti nel territorio UE, nonché dei differenti assetti organizzativo- istituzionali che caratterizzano i Paesi Membri. La struttura partenariale di W. In D. è la seguente: Promotore con funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività progettuali: Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità - Presidenza del Consiglio dei Ministri, Italia Partners transnazionali: European Policies Research Centre (EPRC) University of Strathclyde, UK Institut de Govern i Polítiques Públiques (IGOP) - University of Barcellona, Spain National Commission for the Promotion of Equality (NCPE), Malta Partner nazionale: Istituto per la Ricerca Sociale (IRS),Italia La presenza di Spagna e Italia ha portato nel progetto le problematiche tipiche dei Paesi mediterranei in tema di pari opportunità di genere anche se inserite in due contesti politico istituzionali piuttosto diversi, soprattutto in materia di decentramento amministrativo. Il partner maltese ha permesso di considerare la prospettiva e l esperienza di un piccolo Paese, con una situazione ancora molto problematica in materia di pari opportunità, per il quale l entrata recente nell Unione Europea rappresenta al tempo stesso una sfida e un opportunità di rapido progresso. Il partner scozzese, infine, garantisce la considerazione della prospettiva anglosassone, caratterizzata da una situazione più avanzata in relazione all uguaglianza di genere e quindi da una logica di intervento in materia più centrata sul principio di mainstreaming e su un concetto ampio del principio di pari opportunità aperto a tutte le forme di discriminazione. Il progetto attraverso una ricerca-azione di tipo comparato ha prodotto un Modello di intervento e Linee Guida per introdurre e potenziare i principi di pari opportunità nei processi di sviluppo locale. Tale strumento intende rispondere ad una duplice esigenza: promuovere e consolidare nei diversi contesti locali strategie che favoriscano la partecipazione femminile ai processi di sviluppo locale; definire un approccio integrato per favorire l internalizzazione del mainstreaming di genere nei processi di sviluppo locale, condiviso da tutti i partner del progetto. Il modello di intervento è stato delineato a partire dai risultati dell attività di ricerca e dalle solle- VIII

10 Premessa citazioni e dalle esigenze emerse nei panel organizzati in ciascuno dei paesi partner - ai quali hanno partecipato attori istituzionali, rappresentanti del partenariato socio-economico, referenti delle buone pratiche analizzate e ha rappresentato il primo passo per la definizione di modalità e strumenti concreti per promuovere il gender mainstreaming come un elemento costitutivo dei processi di sviluppo locale così come declinati nelle Linee Guida. La presente pubblicazione è uno dei prodotti di W. In D. di seguito elencati: Caso di studio italiano; Caso di studio scozzese; Caso di studio spagnolo; Caso di studio maltese; Rapporto finale di ricerca comparativa Strategie ed esperienze realizzate nei processi di sviluppo locale a livello europeo ; Modello e Linee Guida: Un modello di sviluppo locale gender oriented ; Catalogo delle buone prassi. Dipartimento Pari Opportunità Presidenza del Consiglio dei Ministri - Italia IRS - Istituto per la Ricerca Sociale - Italia Bibliografia Campbell M., Local Employment Development in the European Union. Acting Together at the Local Level: More and Better Jobs, Better Governance, Atti del Convegno European Forum on Local Development and Employment, Presidency of the European Union in Rhodes, 16/17 maggio Lofstrom A., A report on gender equality and economic growth, Olsson H., Social Security, Gender Equality and Economic Growth, mimeo, Rubery J., Fagan C., Smith M., Women s Employment in Europe. Trends and Prospects, Routledge, London, Humphries J., Rubery J., Fagan C., Grimshaw D., Smith M., Equal Opportunities as a Productive Factor, Study for the Policy and Perspective Group of DG Employment and Social Affairs European Commission, Yunus M., Il banchiere dei poveri, Feltrinelli, Milano, IX

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12 1. Introduzione Le pagine che seguono rappresentano una analisi relativa all Italia e mostrano sinteticamente la situazione per quanto riguarda aspetti legati al contesto socio-economico e a quello istituzionale e normativo, così come viene proposta una lettura trasversale di alcune pratiche già in essere nel nostro Paese che si stanno muovendo nel tentativo di coniugare il genere al tema dello sviluppo locale sotto diversi aspetti. 1

13 La promozione dell eguaglianza di genere nei processi di sviluppo locale: il caso italiano 2. Il contesto socio-economico 2.1. La popolazione L invecchiamento della popolazione e la crescente presenza di cittadini stranieri sono i fenomeni che più di tutti hanno contribuito al mutamento demografico e sociale dell Italia negli ultimi anni. Al 31 dicembre 2006 la popolazione complessiva italiana risulta pari a di cui il 51,4% donne, con un incremento dello 0,6% rispetto al La crescita della popolazione non è uniforme sul territorio nazionale in conseguenza di bilanci naturali e migratori molto diversificati. Viene confermato anche per il 2006 un movimento migratorio, sia interno che dall estero, indirizzato prevalentemente verso le regioni del Centro e del Nord, mentre solo nelle regioni del Sud e nelle Isole si registra un saldo naturale positivo. La distribuzione della popolazione residente per ripartizione geografica assegna al Nord-ovest il 26,4% del totale, al Nord-est il 18,9%, al Centro il 19,5%, al Sud il 23,8% ed alle Isole l 11,3%. La stima della quota di stranieri sulla popolazione totale è pari a 5 stranieri ogni 100 individui residenti, e risulta in crescita rispetto al 2005 (4,5 stranieri ogni 100 residenti). L incidenza della popolazione straniera è massima nella ripartizione settentrionale (rispettivamente 7,2% e 6,8% nel Nord-est e nel Nordovest), elevata nel Centro (6,4%) mentre nel Meridione la quota di stranieri residenti è solo dell 1,6%. L Italia è uno dei paesi a più elevato invecchiamento al mondo grazie ai progressivi incrementi dellasperanzadivita. Al 1 luglio la percentuale di persone con 65 anni e oltre ha raggiunto la significativa cifra del 19,9%, (era il 17% nel 1996), mentre quella di individui minorenni è scesa al 17,0% (18% nel 1996). I giovani fino a 14 anni sono il 14,1% (15% nel 1996), la popolazione in età attiva, anni, è pari ai due terzi del totale (68% nel 1996). L età media della popolazione sfiora i 43 anni e il rapporto tra le vecchie e le giovani generazioni raggiunge il 141% contro il 117% del È in cre- 1 ISTAT, Bilancio demografico nazionale, Anno 2006, 2 ISTAT, Indicatori demografici Anno 2006, nota informativa 26 marzo

14 Il contesto socio-economico scita anche il rapporto fra le generazioni in età non attiva (minori fino a 14 anni e anziani di 65 anni e più) e generazioni in età attiva (15-64 anni), che passa dal 46% al 51%. Il carico strutturale dei soli ultrasessantaquattrenni sulla popolazione in età attiva passa dal 25% al 30%. Tale processo riguarda inoltre un segmento sempre più femminilizzato della popolazione che, grazie alla maggiore longevità rispetto agli uomini, rappresentano la quota più rilevante del crescente contingente di anziani. In Italia la quota di attesta al 58,8%. La popolazione femminile presenta una struttura fortemente invecchiata. Nel 2006 il 22,4% della donne hanno più di 65 anni (16,9% per gli uomini) e il 6,7% hanno più di 80 anni (3,5% per gli uomini). TABELLA 1 Indicatori di struttura e indicatori demografici della popolazione italiana Indicatori di struttura della popolazione (1 luglio 2006, stime) Italia %pop ,1 %pop ,0 % pop ,1 %pop> 65 19,9 Donne 22,4 uomini 16,9 Indice di vecchiaia* 141 Indice di dipendenza strutturale** 51 Indice di dipendenza anziani*** 30 Età media 42,8 Indicatori demografici Speranza di vita alla nascita Donne 84,0 uomini 78,3 Numero medio di figli per donna 1,35 Italiane (2004) 1,26 Straniere (2004) 2,61 Fonte:ISTAT L invecchiamento della popolazione in termini relativi è da attribuire all eccezionale longevità degli italiani più ancora che al mantenimento della fecondità ancora al di sotto del livello di sostituzione. Anche nel 2006, come negli anni passati, la popolazione ha beneficiato di ulteriori progressi di sopravvivenza. La stima della speranza di vita alla nascita raggiunge i 78,3 anni per gli uomini e gli 84,0 anni per le donne, con una crescita di 0,5 e 0,6 anni, rispettivamente, in confronto al Secondo le più recenti proiezioni, le conseguenze del processo d invecchiamento per l Italia sono tali che entro il 2050 la percentuale di individui con 65 anni e più potrebbe crescere fino al 34%. La situazione di invecchiamento progressivo della popolazione è il risultato certo dell allungamento della vita media degli individui ma anche di cambiamenti dal notevole impatto demografico nei comportamenti riproduttivi. Infatti le donne più giovani e in età riproduttiva tendono a ritardare la maternità, avendo il loro primo figlio a 30 3

15 La promozione dell eguaglianza di genere nei processi di sviluppo locale: il caso italiano anni se abitano nel Nord-Italia e a 28 se vivono al Sud. L Italia è, quindi, uno dei paesi con livelli di fecondità tra i più bassi, anche se nell ultimo decennio sembra aver finalmente invertito la tendenza alla diminuzione. Nel 2006 la stima del numero medio di figli per donna è pari a 1,35 (1,34 nel 2005). Si tratta del livello più alto registrato in Italia negli ultimi 15 anni ed è il risultato del trend crescente iniziato nel 1995, anno in cui la fecondità italiana toccò il minimo storico con un valore di 1,19 figli per donna. Il recupero riscontrato negli ultimi anni è il frutto su scala territoriale di comportamenti riproduttivi in riavvicinamento tra le diverse aree del Paese, in particolare tra Centro-Nord e Mezzogiorno. Tutto il recupero osservato, infatti, è da attribuire alle regioni del Nord e del Centro, considerando che nel periodo il numero medio di figli per donna passa in queste ripartizioni, rispettivamente, da 1,05 a 1,34 e da 1,07 a 1,29. Nello stesso periodo, al contrario, le regioni del Mezzogiorno registrano una diminuzione: da 1,41 a 1,35 figli per donna Il mercato del lavoro Il sostegno alla partecipazione, soprattutto femminile al mercato del lavoro è uno degli aspetti principali sui cui deve puntare l Italia nel prossimo futuro. Il tasso di attività si è assestato nel 2006 su un valore pari al 62,7%. Disaggregando per genere si può osservare che risultano molto più bassi il tasso di partecipazione femminile (50,8%) rispetto a quello maschile (74,6%). Rimane dunque ancora molto elevata la quota di donne inattive, ovvero circa la metà della popolazione femminile over 15 evidenziando la presenza di un interessante bacino di forza lavoro potenziale da poter attivare per sostenere i livelli occupazionali e per rispondere alle crescenti frizioni tra domanda e offerta di lavoro, anche da un punto di vista meramente quantitativo. Il gender gap si caratterizza come un elemento strutturante nel profilo di partecipazione nel mercato del lavoro italiano. FIGURA 1 Italia - Tassi d attività Fonte: ISTAT, Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro 4

16 Il contesto socio-economico Pur in presenza di una forte crescita nella partecipazione femminile al mercato del lavoro che ha caratterizzato l ultimo decennio, il profilo della partecipazione per età evidenzia che il divario di genere nei tassi di attività è ancora presente in corrispondenza di qualsiasi fascia di età, seppure con intensità differenti. La curva dei tassi di attività per età ha assunto la caratteristica forma a campana tipica simile a quella maschile, ma su livelli decisamente inferiori. FIGURA 2 Italia - Tassi d attività per sesso ed età Fonte: ISTAT, Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro Per le donne i tassi di attività più elevati si riscontrano nelle classi e anni, dove si assestano sul 66-67% circa (dati relativi al 2005), ma molto al di sotto dei tassi di partecipazione maschili (per gli uomini nella classe tra i 35 ed i 44 anni il tasso di attività, pari al 94,9%, raggiunge il suo valore massimo ovvero 14 punti percentuali in più rispetto al tasso medio e quasi 18 punti in più di quello femminile). I tassi di partecipazione femminili cominciano a decrescere prima rispetto a quelli maschili, ovvero già a partire dalla classe di età anni e segnalano la presenza di problematiche di conciliazione quale elemento deterrente la propensione a partecipare. La scelta di abbandonare il mercato del lavoro appare peraltro una scelta tendenzialmente irreversibile, se si considera che i tassi di partecipazione femminile dopo i 35 anni si contraggono progressivamente. Sono comunque le trentenni a partecipare in misura relativamente maggiore al mercato del lavoro. Tuttavia appare attenuarsi nel tempo la temporaneità della presenza femminile, in quanto aumenta il numero di donne che rimangono occupate o alla ricerca di lavoro anche dopo il matrimonio e la nascita dei figli. 5

17 La promozione dell eguaglianza di genere nei processi di sviluppo locale: il caso italiano In termini di gap di genere però le differenze più significative si rilevano nella fasce di età più adulte, in particolare, nelle classi di età oltre i 30 anni la differenza tra il tasso di attività maschile e femminile è molto elevata, mentre nelle classi di età sotto 30 anni il comportamento partecipativo appare meno differenziato (per quanto comunque differenziato per genere). Tra i più giovani è verosimile immaginare una maggiore convergenza dei comportamenti di uomini e donne, anche in virtù degli accresciuti livelli di istruzione della popolazione, soprattutto femminile che, come noto, sostengono scelte di partecipazione. Rimangono molto elevate le differenze territoriali nella partecipazione al mercato e nella ricerca di occupazione. Nelle regioni centro-settentrionali il tasso di attività anni femminile è inferiore a quello maschile di circa 20 punti, contro il 24 punti di differenza della media nazionale. Nel Mezzogiorno il gender gap supera invece i 30 punti percentuali, evidenziando la presenza di una quota ancora molto significativa di donne che non entrano nel mercato del lavoro. FIGURA 3 Italia - Tassi d attività per sesso e ripartizione geografica Fonte: ISTAT, Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro Le caratteristiche dell occupazione femminile Negli ultimi anni le donne hanno dato un forte impulso alla crescita occupazionale. Il tasso di occupazione femminile (15-64 anni) è aumentato di 8 punti percentuali negli ultimi 10 anni arrivando al 46,3% nel 2006, ma ancora 14 punti al di sotto di quello maschile. Negli ultimi 5 anni invece il tasso di occupazione femminile ha continuato ad aumentare e fronte di una sostanziale stabilità di quello maschile. 6

18 Il contesto socio-economico FIGURA 4 Italia - Tassi d occupazione Fonte: ISTAT, Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro L aumento dell occupazione femminile si è caratterizzata soprattutto per il fenomeno della terziarizzazione. L aumento dell occupazione femminile si è, infatti, concentrato soprattutto in settori quali la sanità, l istruzione ed i servizi in generale. Ciò si spiega in quanto gran parte dei servizi sociali e personali non sono altro che la professionalizzazione di attività che venivano svolte un tempo esclusivamente all interno della famiglia e che oggi sono svolte, in forma di lavoro, dalle donne stesse (grafico pagina accanto, in alto). L occupazione femminile è inoltre caratterizzata dalla presenza di una quota maggiore di lavoro impiegatizio rispetto a posizioni manageriali, imprenditoriali e libero professionali. Resta comunque ancora alta la presenza di donne operaie, sebbene in misura minore rispetto agli uomini (grafico pagina accanto, in basso). condizione sul mercato del lavoro meno stabile. La quota di donne occupate a tempo determinato rispetto all occupazione alle dipendenze è pari al 14,7% contro il 10,5% degli uomini (2005). L occupazione femminile è inoltre caratterizzata fortemente da forme di lavoro part-time. Nel 2006 la quota di occupazione femminile part-time è pari al 26,4% del totale contro il 4% dei maschi e il 13,5% complessivo. L utilizzo di questa forma di lavoro consente alle donne una maggiore conciliazione fra lavoro e impegni familiari. La domanda di lavoro flessibile sembra trovare in Italia un bacino privilegiato di reclutamento nell occupazione femminile, determinando però condizioni e qualità di lavoro in molti casi più rischiose, ad esempio in mansioni meno qualificate ed in settori a maggiore rischio di precarietà (ad esempio il lavoro stagionale). La popolazione femminile ha, in generale, una 7

19 La promozione dell eguaglianza di genere nei processi di sviluppo locale: il caso italiano FIGURA 5 Occupazione per sesso e settore economico (servizi) - Italia, 2005 Fonte: ISTAT, Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro FIGURA 6 Occupazione per sesso e posizione nella professione - Italia, 2005 Fonte: ISTAT, Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro 8

20 Il contesto socio-economico La disoccupazione femminile Permangono ancora forti differenze di genere nella ricerca di occupazione. Il tasso di disoccupazione, pur in costante diminuzione negli ultimi anni per entrambi i sessi, rimane ancora di 3,4 punti percentuali più elevato per le donne che per gli uomini. Nel 2006 il tasso di disoccupazione femminile è infatti pari all 8,8% contro il 5,4% degli uomini. FIGURA 7 Italia - Tasso di disoccupazione Fonte: ISTAT, Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro Disaggregando i tassi di disoccupazione per età, si rileva che gli scostamenti maggiori si verificano sulle fasce giovanili. Il gender gap fra i 15 e i 24 anni è di circa 6 punti, di 4 punti fra i 25 e i 34 anni e sempre in diminuzione nelle classi di età maggiori. La crescita dell istruzione superiore è stata di gran lunga maggiore fra le donne che fra gli uomini, e ormai le giovani generazioni di donne risultano più istruite dei maschi. Ciò ha avuto in Italia dei notevoli effetti in quanto è stato questo forte aumento della scolarità femminile a determinare la grande crescita della loro presenza sul mercato del lavoro (grafico a pagina seguente, in alto). Permangono, tuttavia, ancora delle differenze di genere rispetto al livello di istruzione fra le persone in cerca di occupazione. Le differenze nei tassi di disoccupazione femminile e maschile sono, infatti, maggiori per i livelli di istruzione più bassi e si attenuano all aumento del livello di istruzione, anche se la componente femminile presenta maggiori difficoltà di quella maschile anche in presenza di titoli di studio più elevati (grafico a pagina seguente, in basso). 9

21 La promozione dell eguaglianza di genere nei processi di sviluppo locale: il caso italiano FIGURA 8 Italia - Tassi di disoccupazione per sesso e livello d istruzione Fonte: ISTAT, Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro FIGURA 9 Italia - Tassi di disoccupazione per sesso ed età Fonte: ISTAT, Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro 10

22 Il contesto socio-economico Sono, inoltre, più alti, per le donne, rispetto agli uomini i tassi di disoccupazione di lunga durata, in particolare nelle classi di età giovanili. La riduzione del gender gap all aumentare dell età sembra, però, dovuto in parte alla rinuncia delle donne alla ricerca di lavoro all aumentare dell età. FIGURA 10 Italia - Tassi di disoccupazione di lunga durata per sesso ed età Fonte: ISTAT, Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro La disoccupazione (soprattutto giovanile) è più concentrata nelle regioni meridionali, e le donne ne sono particolarmente interessate, in misura maggiore degli uomini. Il tasso di disoccupazione femminile nel Mezzogiorno è di 6,6 punti percentuali più alto per le femmine rispetto ai maschi, mentre al centro la differenza è di 3,7 punti e al nord è di 2,3 punti. 11

23 La promozione dell eguaglianza di genere nei processi di sviluppo locale: il caso italiano FIGURA 11 Italia - Tassi di disoccupazione per sesso e ripartizione geografica Fonte: ISTAT, Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro Infine, è necessario aggiungere, per completare il quadro del lavoro femminile, che molte donne si collocano al confine fra attività ed inattività. Sono infatti donne il 67% delle persone inattive (2005) che cercano lavoro anche se non attivamente o che non lo cercano, ma che sarebbero disponibili a lavorare. Si tratta dunque di un segmento di popolazione particolarmene rilevante nell ambito delle politiche che intendono ampliare l offerta di lavoro femminile. L imprenditoria femminile In Italia si è verificato un cambiamento significativo del profilo dei lavoratori autonomi, ed in particolare tra le donne. Nel decennio , infatti, si è modificato ulteriormente il peso delle differenti posizioni professionali all interno dell occupazione autonoma, soprattutto femminile, determinando importanti novità nel profilo delle lavoratrici indipendenti. Il profilo risulta modificato in primo luogo per la crescita consistente delle imprenditrici (le imprenditrici rappresentano tuttavia lo 0,8% dell occupazione totale femminile contro il 2,3% degli uomini) 3 ma anche attraverso un aumento rilevante fra le libere professioniste, più che raddoppiate nel decennio considerato. Sono invece diminuite nettamente, e questa è l altra faccia del cambiamento, sia le lavoratrici in proprio che le coadiuvanti. L immagine che si ricava è dunque quella di un mutamento interno al lavoro autonomo, che ha interessato soprattutto la componente femminile e che è caratterizzato dalla crescita dei profili ad 3 È un periodo molto significativo per i cambiamenti intervenuti nel mercato del lavoro, interrotto dalla statistica poiché la rilevazione trimestrale dell Istat sulle forze di lavoro è diventata continua. Al 30 aprile 2005 la serie storica dei dati era stata ricostruita soltanto per i principali aggregati, senza disaggregazioni per età e con poche per sesso. 12

24 Il contesto socio-economico alta professionalità, come mostra appunto l aumento delle donne nei ruoli imprenditoriali e nelle professioni indipendenti più qualificate, a fronte di una loro riduzione netta nelle attività autonome tradizionali, di tipo manuale e a basso contenuto professionale. Nonostante l interruzione della serie storica determinata con l introduzione della nuova metodologia di rilevazione delle forze di lavoro, le tendenze paiono confermate, sebbene fra il 2004 e il 2005 si registri una riduzione nel numero delle imprenditrici, a fronte però di una riduzione complessiva del lavoro indipendente femminile. TABELLA 2 Occupate per posizione nella professione - Media (in migliaia ) Posizioni nella professione Var. % Var. % Imprenditori ,0% ,2% Liberi professionisti ,0% ,3% Lavoratori in proprio ,5% ,8% Soci di cooperativa ,4% ,9% Coadiuvanti familiari ,5% ,1% TOTALE ,7% ,7% Fonte: Elaborazione su dati ISTAT Il mutamento è più esteso e profondo di quanto i dati disponibili sulle forze di lavoro Istat consentano di delineare, specie per il fatto che il lavoro - non soltanto quello indipendente - costituisce un aggregato sempre meno omogeneo e in continua trasformazione. Se il lavoro autonomo non aumenta più, aumenta invece l autonomia nel lavoro: all innalzamento generale del livello di istruzione e delle competenze viene infatti ricondotta un ampia diffusione di autonomia professionale tra i lavoratori. L aumento delle donne che guidano un impresa o gestiscono una attività indipendente costituisce un fenomeno rilevante e diffuso, che riguarda molti paesi, anche nelle aree del mondo meno sviluppate. Anche in Italia l attività imprenditoriale femminile ha assunto una visibilità crescente negli ultimi decenni. La principale fonte utilizzata per studiare il fenomeno imprenditoriale è la banca dati Movimprese curata da InfoCamere. I dati più recenti prodotti da questa fonte si riferiscono alle imprese iscritte al Registro Ditte delle Camere di Commercio nel Il confronto tra i dati della rilevazione dell Istat sulle forze di lavoro e quelli emergenti dalle iscrizioni alle Camere di Commercio - pur con le difficoltà di comparare informazioni ricavate dall offerta e dalla domanda - suggerisce alcuni elementi sulla consistenza e sulle caratteristiche del fenomeno, a cominciare dal diverso significato che viene attribuito al ruolo imprenditoriale, anche a prescindere dalle specifiche definizioni utilizzate dalle diverse fonti 5. 4 Comunicato Stampa 5 marzo Un importante passo avanti nella disponibilità di dati più affidabili sulle imprese guidate da donne è stato compiuto con l attivazione dell Osservatorio dell imprenditoria femminile, promosso da Unioncamere alla fine del L Osservatorio individua come imprese femminili quelle in cui la partecipazione delle donne è superiore al 50%. Il tasso di partecipazione femminile è ricavato, a seconda della forma giuridica, dalla proporzione di donne titolari dell impresa o di azioni/quote di capitale della società, o che ricoprono la carica di amministratrice. La presenza femminile è distinta in tre livelli: maggioritaria (oltre il 50% di soci o amministratori), forte (oltre il 60%), esclusiva (100% di soci o amministratori o di titolari d impresa per le ditte individuali). 13

25 La promozione dell eguaglianza di genere nei processi di sviluppo locale: il caso italiano TABELLA 3 Imprese attive e imprese femminili per regioni e area geografica al 31 dicembre Valori assoluti e variazioni % Imprese attive Saldo imprese 2006 Var. % Regione Totale di cui imprese % impr. Totale di cui Totale Imprese femminili femminili su imprese imprese femminili totale 2006 femminili NORD-OVEST ,25% ,99% 1,30% NORD-EST ,99% ,53% 0,91% CENTRO ,11% ,25% 1,66% SUD e ISOLE ,50% ,50% 1,29% ITALIA ,94% ,78% 1,30% Fonte: Elaborazione Retecamere su Osservatorio dell imprenditoria femminile, Unioncamere-InfoCamere I principali dati dell Osservatorio consentono di delineare un profilo più preciso delle imprese femminili, mentre ancora poco si può ricavare sulle imprenditrici poiché le uniche informazioni di genere trattate da questa fonte sono quelle riferite alle cariche. Secondo i dati più recenti (31 dicembre 2006), le imprese femminili in Italia sono ( in più del 2005), crescendo a un ritmo più incalzante del totale delle imprese (+1,30% la variazione percentuale contro il +0,78% del totale). L incidenza delle imprese femminili sul totale delle imprese si assesta sul valore di 23,94% del Il dato medio cela come sempre differenze territoriali non trascurabili e in qualche caso perfino inattese: nel Mezzogiorno infatti c è l incidenza più elevata di imprese femminili, con oltre il 26% del totale, mentre nel Nord-Est esse non raggiungono il 21%. Questi primi dati forniscono già qualche indizio circa le caratteristiche delle imprese guidate dalle donne, che risultano più diffuse nei contesti produttivi in cui le aziende sono mediamente di piccole dimensioni e concentrate nei settori più tradizionali (agricoltura, commercio), mentre sono meno presenti nelle aree a più forte industrializzazione e connotate da sistemi di piccolemedie imprese. Una conferma viene dai dati sulla natura giuridica delle imprese femminili: quasi il 70,9% è costituita come ditta individuale (66,6% nel complesso), quindi concentrata in maggioranza nella forma esclusiva, ovvero con una coincidenza totale tra impresa e figura femminile che la governa. Anche le società di persone risultano un po più diffuse tra le imprese guidate dalle donne (19,6%, contro la media del 17,5%), in quanto a loro volta costituiscono una forma semplice di società, adatta all esercizio di attività commerciali o di attività produttive di piccole dimensioni. Nel complesso, dunque, il 92% delle imprese femminili rientra in queste due tipologie giuridiche, mentre le società di capitale sono l 8,2%, contro una media del 13,8%. 14

26 Il contesto socio-economico TABELLA 4 Imprese attive per sesso e natura giuridica e regioni al 31 dicembre 2006 Società di capitale Società Imprese individuali Altre forme di persone % 13,8% 17,5% 66,6% 2,1% Totale % 8,2% 19,6% 70,9% 1,3% Femminili Fonte: Elaborazione Retecamere su Osservatorio dell imprenditoria femminile, Unioncamere-InfoCamere Gender pay gap Un ultimo elemento di analisi relativo alla presenza femminile nel mercato del lavoro è dato dalla condizione salariale (gender pay gap). L esistenza di un differenziale retributivo tra uomini e donne è una caratteristica sistematica dei mercati del lavoro di tutti i paesi. Il differenziale retributivo 6 tra uomini e donne è dovuto, da un lato, alla composizione dell occupazione femminile, più concentrata in posti di lavoro a bassa retribuzione e dall altro ad un trattamento sfavorevole delle donne anche a parità di posto di lavoro. Le retribuzioni degli uomini italiani nel 2004 sono, infatti, superiori a quelli delle donne di circa il 7%. Il differenziale è più elevato in particolare nel settore dell industria in senso stretto, inferiore nel settore dei servizi. Per quanto riguarda il lavoro impiegatizio, sul salario femminile pesa in particolare la mancanza o la riduzione delle voci accessorie dei salari quali i premi di produttività e gli straordinari. Tra gli effetti più significativi di tali discriminazioni c è il cosiddetto soffitto di vetro, ovvero la possibilità per le donne di vedere posizioni alte di carriera, ma senza la possibilità di potervi accedere concretamente. ll differenziale retributivo di genere medio europeo indica che nell Unione nel 2004 le occupate vengono pagate circa il 15% in meno degli uomini. L Italia con il 7% si pone ai livelli più bassi della graduatoria europea insieme a Malta, Portogallo e Belgio, mostrando quindi una maggiore equità nelle retribuzione di uomini e donne. Il segnale, apparentemente positivo, è in parte legato al fatto che nei mercati del lavoro in cui relativamente poche donne sono occupate, come in quelli dei paesi mediterranei, le donne con bassi salari potenziali scelgono di non lavorare, come abbiamo già avuto modo di sottolineare. Per questo la Strategia Europea dell Occupazione ha introdotto l obiettivo di una sostanziale riduzione di questo differenziale entro il 2010 in tutti gli Stati membri. Per far ciò occorre tentare di risolvere i fattori che determinano tale differenziale: la segregazione occupazionale e settoriale, le differenze nella formazione e i meccanismi retributivi La partecipazione politica e il decision making Le donne sono fortemente sotto rappresentate nell ambito della rappresentanza politica, nazionale e locale, ed in generale nelle posizioni 6 ISTAT, Statistiche di genere, 7 marzo 2007 Il differenziale retributivo di genere è la differenza tra il guadagno medio orario lordo di un omo e di una donna pagato dati datori di lavoro come percentuale del guadagno medio orario lordo di un un occupato dipendente tra i 16 e i 64 anni che lavora almeno 15 ore alla settimana. 15

27 La promozione dell eguaglianza di genere nei processi di sviluppo locale: il caso italiano di decision-making, sia nel settore pubblico che in quello privato. I dati della presenza femminile al Parlamento italiano (Camera dei Deputati) nella attuale legislatura vedono la presenza di 108 donne, pari al 17% del totale. La media europea raggiunge il 23% circa e l Italia è al 18 posto della classifica nell Europa a 27, mentre al Parlamento Europeo le donne rappresentano oltre il 30% dei membri. Le donne rappresentano inoltre il 21% dei membri dell attuale governo (ministri, vice-ministri e sottosegretari), vicino alla media del dato europeo (22%) ma al 12 posto della graduatoria dell Europa a 27. Inoltre le donne non sono rappresentate per niente nelle più alte cariche dell Amministrazione centrale, utilizzando l indicatore comparato definito come Proportion of women civil servants in the two highest ranking positions (after the Minister) of the ministries (appointed, elected or nominated)(central government) and the respective levels in the European Institutions (Director General, Deputy Director General, Director, Principal Advisor or equivalent). I dati non migliorano scendendo a livelli territoriali inferiori. La presenza delle donne impegnate nella politica, nella Pubblica Amministrazione nell economia e nelle professioni in posizioni di primo piano è molto bassa a tutti i livelli territoriali. Per contro, la presenza delle donne in posizioni impiegatizie, aumenta soprattutto nella Pubblica amministrazione. FIGURA 12 Proporzione di donne nella camera bassa/unica del Parlamento nazionale/federale Fonte: UE, DG Occupazione, Affari sociali e pari opportunità 16

28 3. Il contesto istituzionale e normativo 3.1. Pari opportunità e sviluppo locale La possibilità di integrare obiettivi di pari opportunità con il tema dello sviluppo locale si scontra con la difficile definizione di questo ambito di intervento, sia per la molteplicità di accezioni di cui può essere oggetto, sia per la varietà di politiche che possono concorrere a promuoverlo. La progettazione di interventi di sviluppo locale è infatti, nella tradizione italiana, molto differenziata e frutto di variegate esperienze di carattere pilota, basate su un approccio di tipo bottom-up, che rendono difficile l individuazione di una definizione univoca. Il percorso dello sviluppo economico italiano si contraddistingue per il suo marcato carattere di differenziazione territoriale e per una idea di sviluppo fortemente legata alla capacità del territorio di produrre ricchezza. I numerosi studi sul tema dall analisi sui distretti industriali alle più recenti sui sistemi produttivi locali - hanno messo in evidenza come la prosperità di una economia sia legata, oltre che alla competitività delle singole imprese, anche ad una più generale competitività del territorio. Questo significa che lo sviluppo socioeconomico non dipende esclusivamente dalla disponibilità di fattori materiali (come le infrastrutture) e dall esistenza di un vantaggio competitivo per il sistema produttivo, ma anche dai cosiddetti fattori relazionali che sono propri delle realtà locali (la fiducia nei rapporti tra attori economici, istituzionali, sociali, la condivisone di norme e valori) e che vengono sintetizzati dal concetto di capitale sociale 7. Le principali dimensioni che qualificano lo sviluppo locale possono quindi essere ricondotte: alla territorialità del processo perché le relazioni tra attori sono spazialmente delimitate; alla capacità di mobilitazione degli attori e delle risorse del territorio, economiche, ambientali, sociali e culturali; all integrazione verticale (tra diversi livelli di competenza, locale nazionale, comunitario) e orizzontale (tra le diverse tipologie istituzionali, economici, sociali) dei diversi attori coinvolti; all innovatività e all apprendimento a favore degli attori coinvolti; alla sostenibilità nel tempo. La presenza della 7 Il capitale sociale può essere considerato come il pattern di relazioni tra gli attori che facilitano il raggiungimento di interazioni cooperative riducendo i comportamenti opportunistici e consolidando i rapporti di fiducia. 17

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