con le coppie ordinate di numeri reali, sulla base di alcune operazioni convenzionali.
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- Federigo Valli
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1 1 I vettori ordinari In questo capitolo approfondiremo innanzitutto lo studio delle proprieta geometriche del piano cartesiano. I concetti e i risultati di cui ci occuperemo saranno quindi generalizzati, allo scopo di sviluppare una teoria analoga per lo spazio geometrico tridimensionale. 1.1 Vettori di R 2 Abbiamo gia visto come sia possibile identicare i punti di un piano geometrico con le coppie ordinate di numeri reali, sulla base di alcune operazioni convenzionali. Se un punto P corrisponde alla coppia (x y), allora x si dice l'ascissa di P e y l'ordinata di P.Sidiceanche che x e y sono le coordinate (cartesiane) di P. Indichiamo con 0 l'origine del sistema di riferimento, che supporremo ssato una volta per tutte. Denizione 1 Si dice vettore (applicato in 0) un qualunque segmento (eventualmente degenere, cioe ridotto ad un punto) giacente nel piano e che abbia uno dei suoi estremi coincidente col punto 0. Assegnare un vettore equivale ad assegnare: una retta passante per l'origine, un numero reale maggiore o uguale a zero, che corrisponde alla lunghezza del segmento, un orientamento sulla retta, in modo da poter distinguere tra primo e secondo estremo del segmento. In altri termini, un vettore e determinato da un punto del piano e viceversa. Vettori deniti da segmenti giacenti sulla stessa retta si dicono paralleli. Ovviamente ogni retta passante per l'origine e divisa dall'origine stessa in due semirette, ciascuna delle quali identica un orientamento. Vettori giacenti sulla 1
2 2 I vettori ordinari stessa retta deniti da segmenti di uguale lunghezza ma diversamente orientati si dicono opposti. I vettori si indicano spesso con lettere a cui viene sovrapposta una freccia, o anche con lettere sottolineate. Noi, per semplicita tipograca, useremo delle lettere scritte in grassetto. Esempi 1. Il segmento giacente sulla retta di equazione y = x, di lunghezza pari a 1, il cui primo estremo si trova nell'origine e il secondo all'interno del primo quadrante, identica un vettore. Lo stesso vettore si puo identicare assegnado le coordinate del secondo estremo ( p 2 p 2). Il suo opposto e identicato dal punto di coordinate (; p 2 ; p 2). 2. Il vettore identicato dal punto di coordinate (1 0) si indica spesso con il simbolo i ilvettore identicato dal punto di coordinate (0 1) si indica spesso con il simbolo j. 3. Il vettore identicato dall'origine, cioe dal punto 0 di coordinate (0 0), corrisponde ad un segmento degenere e si dice vettore nullo. Il fatto che i vettori applicati nell'origine siano identicabili con i punti del piano potrebbe far apparire inutile la loro introduzione. In realta, a prescindere dalla loro utilita nella rappresentazione delle grandezze siche e dagli sviluppi futuri, parlare in termini di \vettori" rende piu agevole lo studio delle proprieta geometriche, a cominciare dall'introduzione di certe operazioni di tipo algebrico. Somma (regola del parallelogramma). Siano v e w due vettori non giacenti sulla stessa retta. Si chiama somma di v e w il vettore v + w denito dalla diagonale del parallelogramma i cui lati sono i segmenti rappresentativi di v e w.,,,,,!,,,,!!!!! Se v e w giacciono sulla stessa retta, si puo ancora pensare di eseguire la medesima costruzione, ma in tal caso il parallelogramma degenera (risulta schiacciato sulla retta). In particolare, se v e w giacciono sulla stessa retta e dalla stessa parte, v +w giace ancora sulla stessa retta e dalla stessa parte: la sua lunghezza sara uguale alla somma delle lunghezze di v e w. Altrimenti, v +w giace dalla parte del vettore piu \lungo" e la sua lunghezza e uguale alla dierenza tra le lunghezze di v e w.
3 1.1{Vettori di R 2 3 Prodotto per un numero reale. Sia v un vettore, e a un numero reale. Se a>0, il vettore av giace sulla stessa retta e dalla stessa parte di v : la sua lunghezza e pari alla lunghezza di v moltiplicata per a. Se invece a < 0, il vettore av giace sulla stessa retta di v ma dalla parte opposta: la sua lunghezza e pari alla lunghezza di v moltiplicata per ;a. Inne, se a = 0 il vettore av si riduce al vettore nullo. Osserviamo che tutti i vettori della forma av sono paralleli a v, e quindi tra loro. Modulo. La lunghezza del segmento che rappresenta v si chiama modulo o norma e si indica con kvk. In virtu di semplici considerazioni geometriche, si ottengono facilmente le seguenti proprieta del modulo: (i) kvk = 0 se e soltanto se v = 0 (ii) kv + wk kvk + kwk (iii) kavk = jajkvk. Vettori di norma uguale ad uno si dicono anche versori. Se v e un vettore qualunque diverso da zero, allora v=kvk e un versore. I vettori i e j si chiamano anche versori fondamentali. Prodotto scalare. Dati due vettori v, w, si chiama prodotto scalare e si indica con v w, l'operazione che associa a v e w il numero reale kvkkwk cos dove e l'angolo formato dalle semirette su cui giacciono i due vettori v e w. v * w Guardando la gura, si nota che nel caso in cui w e unversore, il prodotto scalare v w coincide con la lunghezza del segmento che si ottiene proiettando ortogonalmente v sulla retta su cui giace w. Il prodotto scalare non cambia se si scambia l'ordine dei due fattori: cio equivale infatti a sostituire con ;. In altre parole, il prodotto scalare gode della proprieta commutativa (i) v w = w v.
4 4 I vettori ordinari Il prodotto scalare cambia segno se si cambia l'orientazione di uno dei due vettori: cio equivale infatti a sostituire con ;. Piu in generale, vale la seguente proprieta: (ii) v (aw) =a(v w) dove a e un qualunque numero reale. A queste proprieta se ne aggiunge una terza, che esprime la distributivita del prodotto scalare rispetto alla somma: (iii) (v + w) u = v u + w u. La (iii) non e cos immediata come le altre: vedremo un po' piu avanti come la si puo dimostrare. Se i vettori v e w sono paralleli e hanno la stessa orientazione, v w = jjvjj jjwjj : In particolare, il prodotto scalare di un vettore per se stesso e uguale al quadrato della sua norma. Si deduce di qui un'ulteriore proprieta del prodotto scalare: (iv) v v = 0 se e soltanto se v = 0. In generale, poiche j cos j 1, vale la seguente disuguaglianza (di Cauchy- Schwarz) jv wj jjvjj jjwjj : (1.1) Il prodotto scalare si annulla evidentemente se uno dei due fattori e uguale a zero, ma si annulla anche quando i due vettori sono entrambi diversi da zero ma disposti su rette perpendicolari. In tal caso infatti risulta uguale a zero il coseno dell'angolo da essi formato. Due vettori v e w non nulli per cui v w =0 si dicono ortogonali. Esempio 4. I due versori fondamentali i e j sono ortogonali. Inoltre, per quanto visto prima, i i = j j =1. Sia v un vettore dato, e siano u 1, u 2 due versori ortogonali. Usando un po' di trigonometria, la denizione di prodotto scalare e la regola del parallelogramma, si stabilisce facilmente la formula v =(v u 1 )u 1 +(v u 2 )u 2 : (1.2) Essa mette in evidenza una delle principali applicazioni del prodotto scalare alla Fisica. Se v rappresenta una forza che agisce su una massa concentrata nell'origine, tale formula consente di decomporre v come somma di due vettori ortogonali. Cio torna particolarmente utile, per esempio, in presenza di vincoli, quando cioe si puo assumere che una \parte" della forza non produca nessun
5 1.1{Vettori di R 2 5 eetto, appunto perche assorbita dalla resistenza del vincolo. Il prodotto scalare risolve il problema di determinare due vettori di direzioni assegnate che, sommati, restituiscono v. Esempi 5. Si consideri un punto materiale obbligato a scivolare su un piano inclinato di 30 o rispetto all'orizzonte, sotto l'azione della forza di gravita. Si suppone che quest'ultima sia costante, ed agisca verticalmente. Collochiamo l'origine degli assi nella posizione in cui, inizialmente, si trova ilpunto, e indichiamo con g l'intensita della forza di gravita: possiamo allora rappresentare tale forza come un segmento disposto verticalmente, di lunghezza g eorientato verso il basso, cioe comeunvettore. Vogliamo calcolare quale forza agisce realmente sul nostro punto, considerato che la spinta verso il basso viene in parte contrastata dal vincolo. Q QQQ Q QQQ Q g Q Qs? QQQ Q Q Introduciamo i due versori ortogonali corrispondenti ai punti di coordinate ( p 3=2 ;1=2) e (1=2 p 3=2). Si tratta, come e facile vericare, dei versori orientati il primo nella direzione del piano (discendente) e il secondo nella direzione ortogonale. La forza di gravita forma un angolo di 60 o col primo versore, e un angolo di 150 o col secondo. In denitiva, la forza che agisce eettivamente sul punto materiale facendolo scendere lungo il piano inclinato ha intensita data dalla formula g cos(=3) = g=2. 6. Un pendolo e costituito da un'asta rigida, ad un'estremita della quale e montato un peso. L'altra estremita e invece ssata, mediante un pernio, ad un piano verticale, nel quale agisce una forza di gravita costante. Il pendolo rimane in quiete quando l'asta viene posta inizialmente in posizione perfettamente verticale, col peso in basso. Se invece inizialmente l'asta si trova in posizione obliqua, il punto al quale e ssato il peso tendera amuoversi, rimanendo nel piano verticale e descrivendo un arco di circonferenza. Supponiamo piu precisamente che l'asta venga sollevata, in modo da formare con la verticale (orientata verso il basso) un angolo '. La forza di gravita tende a trascinare il peso verso il basso ma, come abbiamo osservato, il moto puo avvenire solo lungo una circonferenza. Il vincolo costituito dall'asta e dal pernio tendono cioe a neutralizzare parte dell'eetto della forza di gravita deviando il moto. Vogliamo calcolare qual'e
6 6 I vettori ordinari l'intensita della forza \eettiva". v ; ;; u 1? u 2 A tal ne, supponiamo di aver collocato l'origine del sistema di riferimento nel punto in cui si trova inizialmente il peso e consideriamo due versori u 1 e u 2, il primo orientato secondo la tangente alla circonferenza e l'altro orientato ortogonalmente, rivolto verso l'esterno della circonferenza. Decomponendo la forza di gravita secondo u 1 e u 2,siotterra la parte che viene neutralizzata dal vincolo (e che e evidentemente quella ortogonale) e quella che e invece responsabile del moto (quella tangenziale). Un semplice calcolo mostra che l'intensita della componente tangenziale e data da g sin ', avendo indicato con g l'intensita della forza di gravita. Il secondo principio della dinamica, la cui impostazione corretta viene demandata al corso di Fisica, interpretato matematicamente aerma che la forza agente e uguale al prodotto della massa per la derivata seconda (accelerazione) della funzione che rappresenta istante per istante la posizione della massa stessa. Nel nostro caso, indicato con t il tempo, con x la lunghezza dell'arco di circonferenza descritto durante il moto e con l la lunghezza dell'asta, l'escursione del pendolo viene descritta dalla funzione x(t) = l'(t), dove '(t), che rappresenta la variazione dell'angolo nel tempo, deve essere considerata, per il momento, una funzione incognita. Si ottiene dunque l'identita '(t) = g sin ' (1.3) lm (a meno di un'eventuale costante dipendente dalla scelta delle unita di misura) dove m naturalmente rappresenta la massa. La (1.3) e un'equazione dierenziale del secondo ordine, in generale non risolubile analiticamente. Se pero la posizione iniziale del pendolo (e quindi, si presume, anche le posizioni successivamente assunte) corrispondono ad angoli \piccoli", ricordando che sin ' = ' + o(') sipuo sostituire la (1.3) con la '(t) = g lm ' (1.4) che e lineare, e le cui soluzioni sono del tipo
7 1.1{Vettori di R 2 7 '(t) =A cosr g lm t + B sin r g lm t: Quest'ultima spiega per esempio perche, se si vuol accelerare il movimento di un orologio a pendolo, bisogna alzare il peso accorciando l'asta, mentre se lo si vuole rallentare bisogna abbassare il peso allungando l'asta. 7. Una barca a vela si muove in linea retta e con velocita costante sulla supercie di un lago. Immaginiamo un sistema di riferimento cartesiano, collocato in modo che la direzione del moto della barca coincida con l'asse positivo delle x. Da un punto di vista vettoriale, possiamo dunque rappresentare la velocita della barca come un vettore v =(v 0), dove v = jjvjj > 0. Trascurando la deriva dovuta alle correnti, possiamo ritenere che anche l'asse longitudinale della barca sia allineato con la direzione del moto. Supponiamo che il vento abbia velocita costante, e che sia diretto secondo un vettore w orientato di un angolo rispetto all'asse negativo delle x. La vela giace in un piano ortogonale rispetto alla supercie del lago, che interseca la supercie stessa lungo una retta s. Sia l'angolo formato da s e dall'asse negativo delle x (0 =2). Ai ni della descrizione del nostro modello, e importante considerare la velocita del vento relativa alla barca. Quest'ultima e data dalla dierenza (vettoriale) w ; v = u. Sia l'angolo formato dal vettore u con la retta s (angolo di attacco). s ; ; + ; w u - v Una legge sperimentale dell'aerodinamica aerma che in queste condizioni, il vento imprime alla vela una spinta di intensita proporzionale a jjujj 2 sin, diretta ortogonalmente rispetto alla vela stessa. L'ipotesi che il movimento avvenga nella direzione dell'asse x implica che la componente di questa spinta nella direzione dell'asse y venga neutralizzata dalla resistenza della chiglia. La componente eettiva responsabile del moto e quindi data da c 1 jjujj 2 sin sin : Per completare questo esercizio di modellizzazione, resta da tener conto della resistenza idrodinamica, che tende a rallentare la corsa della barca. Tale resistenza si suppone, in base a leggi sperimentali, diretta in senso opposto al moto,
8 8 I vettori ordinari e proporzionale a v 2. Nelle condizioni in cui il moto si svolge, la somma tra la componente della spinta del vento lungo l'asse x e la resistenza idrodinamica deve essere nulla (se non fosse cos, la barca andrebbe piu lenta o piu veloce). Si ci trova allora ad imporre la relazione dalla quale si ricava c 1 jjujj 2 sin sin ; c 2 v 2 =0 (1.5) v 2 = c 1 c 2 jjujj 2 sin sin : (1.6) Per una migliore interpretazione di questa formula, conviene introdurre un ulteriore angolo, che e quello formato da u con l'asse negativo delle x. Evidentemente = ;, per cui la (1.6) diventa v 2 = c 1 c 2 jjujj 2 sin( ; )sin: (1.7) Si noti che dipende dalla direzione della barca e dalla direzione del vento ed e quindi sso, mentre puo essere facilmente regolato dal navigatore (possiamo cioe interpretarlo come un paramentro di controllo). Immaginiamo ora che lo scopo del navigatore sia quello di massimizzare la velocita della barca. Annullando la derivata in (1.7) si ottiene facilmente = =2. In cima all'albero delle imbarcazioni a vela viene di solito montata una bandierina, il cui scopo e proprio quello di fungere da segnavento. Il nostro modello spiega perche ilnavigatore cerca sempre di mantenere il piano della vela piu o meno a meta tra l'asse della barca e la direzione indicata dalla bandierina. 1.2 Le operazioni sui vettori di R 2 espresse in componenti Sia P di coordinate (x y) ilpunto che corrisponde a v. I due numeri x y si diranno anche le componenti di v. In questo paragrafo cercheremo di \tradurre" in termini di componenti le operazioni sui vettori introdotte precedentemente. Somma. Se v corrisponde al punto P di coordinate (x y) ew corrisponde al punto Q di coordinate ( ), allora v + w corrisponde al punto di coordinate (x + y + ). In altre parole, la somma di vettori di cui siano assegnate le componenti si eettua sommando ordinatamente le rispettive componenti. Prodotto per un numero reale. Se v corrisponde al punto P di coordinate (x y), allora il vettore av corrisponde al punto di coordinate (ax ay). Il prodotto per un numero reale a si esegue cioe moltiplicando per a tutte le componenti del vettore.
9 1.2 { Le operazioni sui vettori di R 2 espresse in componenti 9 Un'applicazione immediata delle due regole appena formulate, ci permette di ottenere la seguente decomposizione di un qualunque vettore v di componenti (x y): v = xi + yj : (1.8) Le componenti forniscono cioe i coecienti mediante i quali e possibile decomporre v come somma dei due versori fondamentali i, j. La (1.8) puo essere interpretata come un caso particolare della (1.2). Modulo. Grazie al Teorema di Pitagora, si verica subito che il modulo di un vettore v corrispondente al punto P di coordinate (x y) e uguale a px 2 + y 2. Piu in generale, se v e w sono due vettori di componenti rispettivamente (x y), ( ), allora il modulo della loro dierenza jjv ; wjj =p(x ; ) 2 +(y ; ) 2 esprime la distanza tra i punti del piano corrispondenti ai due vettori. Prodotto scalare. Dati il vettore v di componenti (x y) e il vettore w di componenti ( ), il prodotto scalare v w e uguale a x + y. Quest'ultima aermazione appare non cos evidente come le precedenti, ed e quindi opportuno suggerirne la dimostrazione. Poniamo per comodita l = jjvjj, = jjwjj. Siano inoltre, ' gli angoli che v, w formano, rispettivamente, con l'asse positivo delle x. y v * x w Un semplice esercizio di trigonometria mostra che x = l cos = cos ' y = l sin = sin ': Quindi, x + y = l(cos cos ' + sin sin ') =l cos(' ; ), che corrisponde a quanto si doveva dimostrare. Si noti che una volta ottenuta la formula del prodotto scalare in componenti, la dimostrazione della proprieta distributiva (iii) diventa immediata.
10 10 I vettori ordinari 1.3 Lo spazio R 3 Il primo passo per generalizzare allo spazio ordinario i metodi della geometria analitica e la nozione di vettore, consiste nell'introdurre un sistema di riferimento che ci consenta di rappresentare i punti mediante i numeri. Anche in questo caso, si comincia ssando convenzionalmente un punto, che chiameremo origine. Scegliamo quindi una terna di rette passanti per l'origine, ma non contenute nello stesso piano. Ancorche non necessario, le tre rette si prendono usualmente a due a due ortogonali (cioe tali da formare tra di loro angoli retti). Possiamo visualizzare questo sistema di riferimento disponendo opportunamente le prime tre dita della mano destra (pollice, indice, medio). Sfruttando questa immagine, possiamo anzi stabilire un ordine convenzionale tra le tre rette: la prima sara quella che corrisponde al pollice, la seconda quella che corrisponde all'indice, la terza quella che corrisponde al medio. Supponiamo che su ciascuna delle tre rette sia stato costruito un sistema di ascisse (se non diversamente specicato, usando la stessa unita di misura) e assumendo, come direzione positiva, quella indicata dalle dita. Useremo rispettivamente le lettere x y z per rappresentare le variabili lungo la prima, la seconda, la terza retta. Avvertiamo tuttavia che qualche volta conviene ricorrere alla notazione alternativa x 1 x 2 x 3. Una terna di riferimento di questo tipo si chiama anche destrorsa, inquanto costruita sul modello della mano destra. La gura mostra la dierenza tra una terna sinistrorsa e una destrorsa. z 6 H * x Hj y z 6 H * y Hj x Sinistrorsa Destrorsa Dato un punto P, vi e un unico piano passante per P e ortogonale alla prima [seconda, terza] retta. Siano rispettivamente P x P y P z i tre punti di intersezione, e x y z le loro ascisse. E evidente che la terna di numeri (x y z) individua completamente la posizione di P. Diremo piu precisamente che x e l'ascissa, y l'ordinata, ez la quota di P. Tutte e tre assieme, (x y z) si dicono le coordinate cartesiane di P. Poiche per determinare un punto e necessario specicare tre numeri, scriveremo R 3 per indicare lo spazio ordinario. Le tre rette sulle quali si basa il nostro sistema di riferimento prendono il nome di assi coordinati. Il piano che contiene l'asse delle x e l'asse delle y e formato da tutti e soli i punti che hanno la terza coordinata uguale a zero. Esso costituisce il primo piano coordinato. Similmente si deniscono il secondo e terzo piano coordinato. I piani coordinati suddividono lo spazio in otto regioni che prendono il nome di ortanti. In particolare, l'ortante positivoe quello costituito dai punti che
11 1.3 { Lo spazio R 3 11 hanno tutte e tre le coordinate positive. Un vettore dello spazio ordinario R 3 (applicato nell'origine) si denisce esattamente come nel piano, assegnando cioe un segmento con un estremo nell'origine. Ogni vettore e determinato da (e a sua volta determina) un punto. Ogni vettore di R 3 sara dunque identicato da tre componenti, cioe dalle coordinate del punto corrispondente. Vettori deniti da segmenti giacenti sulla stessa retta si diranno, come nel piano, paralleli. Per indicare i vettori continueremo ad usare anche nel caso di R 3 lettere scritte in grassetto. Esempi 8. L'origine corrisponde al vettore nullo 0, di componenti (0 0 0). 9. Il vettore v =(1 1 1) corrisponde ad un vertice di un cubo unitario che ha il vertice opposto situato nell'origine e i lati disposti lungo gli assi. 10. I vettori di componenti (1 0 0), (0 1 0), (0 0 1) sono deniti da segmenti giacenti lungo gli assi coordinati. Essi si indicano rispettivamente con i, j, k. La regola del parallelogramma per eseguire la somma di due vettori si generalizza facilmente a R 3 (basta pensare che due vettori giacciono sempre in un piano) cos come la sua interpretazione in componenti. Anche la generalizzazione della regola per moltiplicare un vettore per uno scalare non presta dicolta. Il modulo o norma di un vettore v 2 R 3 si indica ancora con kvk. Se le componenti di v sono (x y z), si ha kvk = p x 2 + y 2 + z 2.Continueremo a chiamare versori ivettori di modulo 1. I vettori i, j, k sono esempi di versori: essi si dicono i versori fondamentali di R 3. Abbiamo gia osservato che due vettori di R 3 giacciono sempre in un piano. La denizione di prodotto scalare di due vettori v e w data nel caso di R 2 (prodotto dei moduli moltiplicato per il coseno dell'angolo formato dalle semirette su cui essi giacciono) mantiene dunque il proprio signicato anche in R 3. In componenti, posto v =(x y z) ew =( ), si ha v w = x + y + z : Le proprieta del modulo e del prodotto scalare studiate nel paragrafo precedente rimangono tutte valide anche in R 3. In particolare, sussiste la possibilita di decomporre un vettore v di componenti (x y z) secondo le direzioni dei versori fondamentali v = xi + yj + zk : (1.9) Le componenti x y z possono essere anche riguardate come i risultati delle operazioni v i, v j, v k. A parte la maggior complessita dovuta all'introduzione della terza componente, la vera novita nel passaggio da R 2 a R 3 consiste nella possibilita didenire nuove operazioni.
12 12 I vettori ordinari Prodotto vettoriale. Il prodotto vettoriale tra i vettori v e w (nell'ordine) si indica con v ^ w (si legge \v vettor w" oppure anche \v wedge w"). Il risultato e un vettore u che e determinato dalle seguenti caratteristiche: a) se v e w sono paralleli, allora u =0 b) in caso contrario, allora la retta su cui giace u e ortogonale al piano denito da v e w, u e orientato in modo che v, w, u formino, nell'ordine, una terna destrorsa, il modulo di u e uguale a kvkkwk sin, essendo l'angolo formato dalle due semirette su cui giacciono v e w (0 <<). Per denizione dunque, v^w si annulla se e solo se uno dei due vettori e nullo, oppure se i due vettori sono paralleli. L'espressione kvk kwk sin rappresenta geometricamente l'area del parallelogramma i cui lati sono, rispettivamente, v e w. v * w In componenti, posto v =(x y z), w =( ), si ha la formula v ^ w =(y ; z z ; x x ; y) che puo essere memorizzata come espressione del determinante della matrice \formale" (nella quale la prima riga e composta non da numeri ma da vettori, i quali pero vengono trattati come se fossero numeri) v ^ w =det i j k x y z Passiamo ora in rassegna le principali proprieta del prodotto vettoriale. Osserviamo prima di tutto che il prodotto vettoriale non e commutativo. Come si capisce subito pensando alla denizione, si ha anzi 1 A : v ^ w = ;u ^ w : Inoltre, il prodotto vettoriale non e associativo: in generale infatti v ^ (u ^ w) 6= (v ^ u) ^ w.
13 1.3 { Lo spazio R 3 13 Esempio 11. Le operazioni i ^ (i ^ k) hanno come risultato ;j, mentre le operazioni (i ^ i) ^ k hanno come risultato zero. Quando si devono eseguire prodotti vettoriali iterati, bisogna quindi fare molta attenzione all'ordine dei fattori. Il prodotto vettoriale si comporta invece in maniera piu naturale nei confronti delle operazioni algebriche: se a e un qualunque numero reale, si ha infatti e (av) ^ w = a(v ^ w) (1.10) v ^ (u + w) =v ^ u + v ^ w : (1.11) L'uso sistematico di (1.10), (1.11) e della formula di decomposizione (1.9), permettono di semplicare notevolmente i calcoli con i vettori. Da questo punto di vista, e conveniente ricordare che: i ^ i = j ^ j = k ^ k =0 i ^ j = k j ^ k = i k ^ i = j i ^ k = ;j k ^ j = ;i j ^ i = ;k : Prodotto misto. ottiene eseguendo il prodotto scalare tra v e u ^ w. Il prodotto misto dei tre vettori v, u, w (nell'ordine) si Non introdurremo un simbolo particolare per indicare il prodotto misto. Il prodotto misto si annulla se uno dei tre vettori e uguale a zero, oppure se essi giacciono in uno stesso piano (e solo in questi casi). Il prodotto misto produce come un risultato un numero reale che rappresenta il volume del parallelepipedo i cui lati coincidono con i segmenti che deniscono i tre vettori. seguenti uguaglianze: e (v ^ u) w =(u ^ w) v =(w ^ v) u (v ^ u) w = v (u ^ w) : Inoltre, posto v =(x y z), u =( ), w =(t s r) siha (v ^ u) w =det 0 x y z A : t s r Valgono le
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