La leadership nell imprenditoria femminile. Specificità di genere nel contesto locale bresciano. di Vera Lomazzi 1

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1 La leadership nell imprenditoria femminile. Specificità di genere nel contesto locale bresciano. di Vera Lomazzi 1.. Nell economia dello sviluppo niente ha un importanza pari a quella di un riconoscimento adeguato della partecipazione e della funzione direttiva, politica, economica e sociale, delle donne. Si tratta di un aspetto cruciale dello sviluppo come libertà. (A. Sen) Nonostante l evoluzione della condizione femminile nella società occidentale, la donna si ritrova a fronteggiare le medesime sfide di un tempo. La disparità salariale, il soffitto di cristallo, l esigua rappresentatività, le difficoltà strutturali nella conciliazione dei ruoli professionali e privati assunti, sono ormai questioni classiche e al contempo attuali. Si fa sempre più urgente la necessità di riflettere sul ruolo che la donna esercita e sulle potenzialità che il suo contributo può offrire alla società contemporanea. Una società in cui la crisi economica, il pluralismo dei valori di riferimento, la frammentarietà e la complessità diffusa (Bauman, 2002), chiamano necessariamente ad una maggiore apertura verso il pensiero della differenza, una differenza che trascende tutte le altre: quella di genere. Esplorare i vincoli culturali e strutturali che ancora limitano la piena espressione e valorizzazione femminile può consentire l elaborazione di nuove strategie finalizzate non solo alla realizzazione della donna in quanto persona, ma anche della società in quanto democratica. In Italia, la presenza femminile nel mondo del lavoro è ancora troppo bassa, soprattutto se confrontata con i livelli europei, e lo è ancora di più se riferita ai livelli più elevati delle posizioni organizzative e di rappresentanza. Il contributo si propone di indagare alcuni nodi cruciali dello sviluppo della leadership femminile attraverso lo sguardo sociologico. Dopo aver brevemente illustrato i principali riferimenti teorici, si descriveranno alcuni tratti caratteristici del percorso di carriera e dello stile di leadership concernenti la differenza di genere con particolare riferimento al contesto bresciano. Oltre alla dimensione fondamentale del contributo femminile alla società, al centro dell attenzione vi è una questione delicata: la conciliazione tra i tempi di vita, troppo spesso considerato un problema da donne e che frena lo sviluppo delle carriere femminili. La leadership al femminile rappresenta un fenomeno particolarmente interessante da questo punto di vista perché l analisi delle difficoltà e delle risorse messe in campo, le strategie attuate per conciliare vita professionale e vita familiare, può offrire importanti spunti per elaborare proposte di intervento in favore dello sviluppo della cultura lavorativa e della possibilità di esercitare un ruolo fattivo nella vita sociale e democratica. Si farà particolare riferimento al contesto locale bresciano, attraverso i dati relativi all indagine empirica svolta in provincia di Brescia attraverso una metodologia prevalentemente qualitativa. 1. Donne e lavoro: fattori segreganti Rispetto al passato, in cui l attività lavorativa era considerata un esperienza di natura transitoria (prima del matrimonio, della nascita del figlio o in situazioni di forte necessità economica), oggi sempre più rappresenta una parte irrinunciabile e strutturale dell identità femminile e del progetto di vita personale. 1 Dipartimento di Sociologia, Università Cattolica del Sacro Cuore- Sede di Brescia 1

2 Tuttavia, permangano stereotipi e limiti che contribuiscono al mantenimento dei ruoli di genere tradizionali che limitano ed ostacolano le possibilità delle donne non solo di crescere nell esperienza professionale, ma anche di partecipare alla vita economica della società. Spesso ciò accade sin dal livello micro, all interno della famiglia attraverso il mancato riconoscimento del lavoro femminile, sia domestico sia extradomestico, come lavoro vero : il contributo al reddito famigliare da parte della donna è spesso inteso come un surplus accessorio, indipendentemente dall effettiva entità della retribuzione percepita, mantenendo così il modello del male breadwinner. I vincoli legati alla differenza di genere che ostacolano la realizzazione professionale della donna si manifestano attraverso fenomeni come: - la segregazione orizzontale, che indica la distribuzione, maschile e femminile, non omogenea nelle diverse attività produttive e si manifesta con l ingresso e la concentrazione delle donne nel mondo del lavoro in alcuni ambiti lavorativi (sex typing); - la segregazione verticale, che indica una disomogeneità nella distribuzione gerarchica tra donne e uomini; - lo svantaggio retributivo, che vede un trattamento economico differente per eguale mansione svolta da uomini e donne; - la segregazione intraoccupazionale, che rappresenta una segregazione informale delle mansioni effettivamente svolte, per esempio l assegnazione di compiti più o meno prestigiosi. Particolare attenzione merita il fenomeno della segregazione verticale, identificato anche con l espressione anglosassone glass ceiling, che indica quell insieme di barriere invisibili contro cui, al pari di un soffitto di vetro, le donne si scontrano quando intendono sviluppare le proprie prospettive di carriera, salendo la scala gerarchica all interno di un organizzazione, e che quindi blocca la loro mobilità verso l alto (Davidson e Cooper, 1992). A. Cancedda e L. D Andrea (1996) identificano cinque categorie di fattori segreganti: 1. Fattori antropologici, derivanti dall incompatibilità tra carriera professionale e alcuni tratti radicati nella storia del genere femminile, come l orientamento alla cura familiare e l attenzione alle relazioni umane. Si possono distinguere fattori endogeni, come l estraneità alla concezione culturale maschile di potere, la riluttanza a rinunciare al tempo dedicato a sé e alla propria famiglia, e fattori esogeni, tra cui spiccano le limitazioni derivanti dalla difficoltà di conciliazione famiglia-lavoro: orari inadeguati, mancanza di servizi, elevate responsabilità in entrambi gli ambiti. 2. Fattori socio-culturali, che nascono dalla presenza di stereotipi o pregiudizi sulle donne dirigenti (come la presentazione della donna manager in chiave caricaturale, sottolineandone nevrosi e insoddisfazione verso la vita privata) che tendono a scoraggiarle o escluderle dai percorsi di carriera. Si rileva inoltre la presenza di reti di relazione informali necessarie per accedere a posizioni di alto livello e dalle quali le donne tendono ad essere escluse. Da sottolineare anche la scarsa solidarietà femminile all interno delle medesime professioni o organizzazioni. 3. Fattori socio-economici, relativi all accessibilità a risorse e opportunità materiali ed immateriali necessarie per intraprendere un itinerario sociale ascendente, come l accesso al credito, alle informazioni, al capitale sociale e la tendenza ad incanalare le risorse intellettuali delle giovani generazioni in base al genere: le ragazze vengono maggiormente orientate agli studi umanistici, i ragazzi verso quelli scientificotecnologici. 4. Fattori psicologici, che originano atteggiamenti di auto-limitazione da parte delle donne stesse in presenza di opportunità di carriera o in seguito a stress psicologico. Tra i fattori rilevanti si registra un diffuso senso di colpa, nella maggior parte dei casi connesso con la sensazione di delegare le proprie responsabilità familiari e materne, e una frequente carenza di auto-legittimazione all esercizio di potere. 5. Fattori fisiologici, circoscrivibili alla maternità, identificata come fattore fortemente vincolante in virtù dell allontanamento dal lavoro che esso comporta. 2

3 La maternità si delinea come elemento di criticità, non in quanto tale, ma a fronte dell insufficienza dei servizi alla famiglia, della mancanza di efficaci strategie di conciliazione e dall assenza di strumenti legislativi adeguati, sintomi di una cultura che implicitamente suggerisce ancora ruoli e modelli tradizionali. 2. Oltre il glass ceiling. Esiste una leadership femminile? Gli studi sulla leadership si consolidano nella metà del Novecento (Stogdill, 1948; Lewin, 1939; Likert, 1967; Fiedler, 1967), partendo da concezioni innatiste per giungere a concettualizzazioni relazionali e situazionali. Negli anni Novanta si assiste ad un vero e proprio salto di paradigma, collegato alle istanze del nuovo contesto socio-economico, ed in particolare alla nuova parole chiave cambiamento che, da momento eccezionale nella vita organizzativa, diventa costante e necessario. La leadership dovrà saperlo fronteggiare in modo efficace, ri-orientando e rinforzando le motivazioni nei collaboratori. Secondo la definizione di Bass (1990), la leadership diventa trasformazionale. Diventano fondamentali elementi come il comportamento simbolico del leader, la comunicazione verbale e non verbale, il richiamo ai valori, la motivazione dei collaboratori, l empowerment, la fiducia e la guida. Fino a questo momento la leadership è considerata neutrale: le differenze di genere non vengono prese in considerazione e i riferimenti sono studi e ricerche fatte da uomini su uomini: Fig. 1 Ricerche sulla leadership: confronto tra genere dei ricercatori (knower) e dei soggetti studiati (known) KNOWER KNOWN Uomini Prima degli anni 70: non c è interesse verso il genere Fine anni 70: è il periodo della parità, ma le donne vengono confrontate con l esistente modello maschile, normativo Donne All inizio degli 80: Le scrittrici femministe sfidano i costrutti tradizionali Dopo gli anni 90: la categoria delle sognatriciinnovatrici (prospettive nuove, nuove metodologie di ricerca, nuovi paradigmi interpretativi) Fonte: S. W. Jacobs e R. Jacques (1990), nostra elaborazione Negli anni Novanta la differenza di genere inizia ad attirare l attenzione di più studiosi. Rosener (1990), intervistando donne e uomini con ruolo di manager, rilevò che le donne risultavano assumere in misura maggiore comportamenti trasformazionali. Lo studio condotto da Bass, Avolio e Atwater (1996) confermò che le donne presentano alcuni aspetti chiave della leadership trasformazionale più frequentemente degli uomini. Anche altri studi (Alimo-Metcalfe, 1998; Eagly, Johannesen-Schmidt e Van Egen, 2003) si muovono in questa direzione. Una ricerca effettuata in Italia (Rebora, Minelli, Turri, 2003), riguardante i profili di management e di leadership nelle aziende italiane, rileva, stratificando per genere ed età, che i capi d azienda più anziani presentano una maggiore propensione ad accentrare il potere: sono infatti leader unici nel 63% dei casi. I capi giovani e le donne sembrano essere culturalmente vicini ad una leadership condivisa. Pare quindi affermarsi il concetto che la leadership non è neutra, ma che esistono caratteristiche ed inclinazioni più facilmente riscontrabili nelle donne rispetto agli uomini. Queste particolarità sono prossime agli elementi che descrivono la leadership trasformazionale, considerata la più efficace in contesti di rapido mutamento come quello attuale. Ma da cosa deriva questa diversa propensione? La socializzazione al ruolo femminile è uno dei fattori più influenti: sin dall infanzia le donne apprendono ad assumere atteggiamenti altruistici, cooperativi, di sostegno, ma anche a mostrarsi vulnerabili, emotive e dipendenti (Rosener, 1995; Piccone Stella, Saraceno, 1996). Nonostante oggi abbiano 3

4 conquistato posizioni di potere, le donne tendono a condividerlo e a mettersi al servizio degli altri. In questo modo vanno incontro alle esigenze più forti della forza lavoro dell epoca contemporanea: sentirsi importanti e sentirsi sostenuti nella propria crescita personale. Le donne nel mondo della leadership e del management rappresentano le nuove arrivate, caratteristica che le accomuna ai leader giovani e per questo sono portate più facilmente ad aderire ai nuovi trend contemporanei del management. Lo stile trasformazionale non è quindi ontologicamente legato al dato biologico, ma si manifesta come una caratteristica culturale. Lasciarsi tentare dall assumere posizioni legate all innatismo o al determinismo sarebbe un grave errore perché non si terrebbero in considerazione le caratteristiche del rapporto tra individuo e società: il dinamismo comunicativo tra la realtà soggettiva e la cornice di significati, valori e modelli di riferimento, permette di costruire la propria identità in modo flessibile e unico (Blumer, 1986, Besozzi, 2006). La socializzazione al genere e quella lavorativa rappresentano quindi esperienze cardine, in cui il soggetto deve interpretare, rielaborare e ricomporre la propria identità alla luce di molteplici stimoli e opzioni possibili. 3. Un particolare tipo di leadership: l imprenditoria femminile L imprenditoria femminile non è storicamente stata oggetto di particolare interesse di studio. Ruggerone (2000) suggerisce come motivazione principale il fatto che, negli anni Settanta, gli studi si sono concentrati sugli aspetti negativi delle esperienze lavorative delle donne, tendendo a mettere in luce le situazioni di discriminazione e di segregazione. Inoltre, la riflessione ha raramente coinvolto le posizioni più alte in azienda, ma si è focalizzata soprattutto sulle lavoratrici dipendenti. Con i primi studi sul fenomeno si cerca di indagare le circostanze in cui le donne decidono di avviare un impresa, le particolarità dei percorsi di carriera, il sistema di vincoli e opportunità. Lo scenario tratteggiato dagli studi è complesso ed eterogeneo per la profonda diversità dei casi esaminati. Al fine di comprendere meglio il mondo dell imprenditoria femminile, diversi autori hanno tentato di individuare alcune profili di imprenditrici. Di seguito si propone una sintesi di alcuni modelli elaborati in base alle differenti dimensioni prese in esame: Fig. 2 Profili di donne imprenditrici secondo le diverse categorie adottate dagli autori. Autore Dimensioni analizzate Profili di imprenditrici Goffee e Scase (1985) Cromie e Hayes (1988) a) Adesione ai tratti tipici dell imprenditoria (competitività, interesse al guadagno..) b) Adesione ai ruoli tradizionali di genere a) Autonomia e conciliazione dei ruoli b) Autorealizzazione 1. Le tradizionali: donne fortemente coinvolte in entrambi i ruoli, la loro motivazione è legata soprattutto al fattore economico (arrotondare il reddito familiare); 2. Le casalinghe: vivono fortemente il ruolo familiare, l impresa è un aspetto marginale della propria vita; 3. Le innovatrici: sono donne scarsamente legate ai ruoli tradizionali e sono proiettate soprattutto alla realizzazione degli obiettivi di impresa; Le radicali: si identificano poco in entrambi i ruoli, sono mosse da un desiderio di gratificazione personale e da fattori ideologici (per esempio promuovere gli interessi delle donne nella società). 1. Le innovative: donne che utilizzano l impresa per sviluppare la propria carriera lavorativa. Sono in genere senza figli e l impresa rappresenta una possibilità di esprimere la propria autonomia. 2. Le dualiste: imprenditrici con figli che riescono a conciliare i 4

5 due ruoli e non vogliono scegliere tra famiglia e carriera. 3. Le imprenditrici di rientro: donne che, dopo aver interrotto il lavoro a seguito del matrimonio o della nascita dei figli, decidono di rientrare nel mercato del lavoro attraverso l impresa. E molto forte il desiderio di recuperare la propria autonomia e di trovare gratificazioni personali. Particolare enfasi viene posta alla categoria della flessibilità, garantita dal lavoro part-time o dal impegno imprenditoriale, che permette alla madre lavoratrice di combinare più facilmente le responsabilità familiari con quelle lavorative. Franchi (1992) a) Ricerca di flessibilità (autodeterminazione e gestione del tempo) b) Desiderio di autoaffermazione e di valorizzazione della propria professionalità 1. Le creatrici, in cui la scelta imprenditoriale esprime l idea di autoaffermazione e autonomia, sia sul piano professionale sia su quello personale; 2. Le professioniste, in cui l imprenditoria è un passaggio evolutivo di percorso lavorativo dipendente dove sono state maturate competenze e abilità; 3. Le rientranti, che tornano nel mondo del lavoro dopo essersi dedicate alla famiglia e l impresa viene considerata come possibilità migliore per gestire meglio i tempi; Carrera (2008) a) Rappresentazione dei propri ruoli lavorativi e personali b) Strategie di conciliazione adottate 4. Le tradizionali, che, imprenditrici per tradizione familiare, percepiscono l impresa come parte della loro vita. 1. La selettiva, che rinuncia ad uno dei due ambiti poiché ritiene impossibile la conciliazione; 2. La conciliante, che si muove tra i diversi ruoli come una pendolare. Può essere organizzata, nel caso si avvalga di una rete di supporto, oppure accentratrice, se concentra su di sé la maggior parte degli impegni relativi ai diversi ruoli. Fonte: Goffee e Scase (1985), Cromie e Hayes (1988), Franchi (1992), Carrera (2008), nostra elaborazione I modelli presentati evidenziano come il mondo dell imprenditoria femminile sia eterogeneo e complesso, in virtù dei numerosi fattori intervenienti: diverse motivazioni, diverse strategie di conciliazione, diversi percorsi di carriera, diverse esperienze personali e professionali incidono profondamente le traiettorie di vita delle donne. E interessante notare come la letteratura registri i cambiamenti negli approcci all imprenditoria femminile: i primi modelli sembrano leggere il fenomeno soprattutto come una risposta alle rigidità del mercato, i più recenti colgono invece maggiormente l aspetto soggettivo del desiderio di autonomia e di autodeterminazione insito nelle scelte delle imprenditrici. 4. I numeri delle imprese femminili L Osservatorio sull imprenditoria femminile di Unioncamere rileva una crescita dell 1% su base annua dell imprenditoria femminile del nostro Paese. Le imprese femminili sono (alla fine di marzo 2011) e rappresentano il 23,4% del totale delle imprese esistenti. Centro e Mezzogiorno d Italia restano le aree a maggior diffusione delle imprese rosa e le regioni più dinamiche sono la Toscana (+2%), il Lazio (+1,9%) e la Puglia (+1,7%). Considerando invece le province, ai primi posti si trovano Prato (+3,6%), Messina(+3,0%) e Arezzo (+2,7%). La provincia di Brescia, oggetto dello studio empirico, si colloca al 23 posto con un incremento annuo del 1,7%. 5

6 Sebbene i tassi di femminilizzazione più elevati si registrino ancora in settori tradizionalmente caratterizzati dalla presenza femminile si evidenzia una tendenza delle donne imprenditrici ad invadere anche ambiti tradizionalmente appannaggio degli uomini, come il settore scientifico. Tab.1 Tasso di femminilizzazione e incidenza delle imprese femminili per settore produttivo,dati nazionali e della provincia di Brescia, anno 2010 Dati nazionali Dati provincia di Brescia Settore Ateco 2007 Tasso di Incidenza Tasso di Incidenza femminiliz zazione del imprese femminili femminiliz zazione del imprese femminili settore sul totale settore sul totale (N= ) (N= ) Agricoltura, silvicoltura, pesca 29,2% 17,4% 21,1% 6,7% Estrazione di minerali da cave e miniere 10,5% 0,0% 9,4 % 0,1% Attività manifatturiere 18,7% 8,2% 16,1% 15,4% Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria 7,1% 0,0% 5,5% 0,2% condiz. Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di gestione 12,9% 0,1% 11,5% 0,2% d... Costruzioni 7,2% 4,6% 4,9% 5,1% Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione 26,7% 29,0% 24,6% 22,2% di aut... Trasporto e magazzinaggio 10,8% 1,4% 8,3% 1,3% Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione 32,3% 8,7% 34,4% 12,0% Servizi di informazione e comunicazione 22,1% 1,9% 23,6% 2,4% Attività finanziarie e assicurative 22,6% 1,9% 24,0% 2,1% Attività immobiliari 23,4% 4,6% 22,3% 10,2% Attività professionali, scientifiche e tecniche 21,7% 2,9% 20,8% 4,0% Noleggio, agenzie di viaggio, 30,1% 3,2% 27,2% 2,9% Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione 13,1% 0,0% 8,3% 0,0% sociale... Istruzione 31,5% 0,6% 24,9% 0,5% Sanità e assistenza sociale 40,4% 0,9% 32,7% 1,2% Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e 25,8% 1,2% 21,6% 1,2% divertimento Altre attività di servizi 47,6% 7,7% 54,4% 7,1% Imprese non classificate 21,8% 5,7% 20,2% 5,2% TOTALE 23,4% 100,0% 20,8% 100,0% Fonte: Unioncamere; CCIAA Brescia, nostra elaborazione La presenza femminile bresciana si concentra soprattutto nel terziario, in particolare nei servizi alla persona (54,4%), nelle attività di alloggio e ristorazione (34,4%), nei servizi sociali e sanitari (32,7%). I dati risultano essere in generale inferiori ai dati nazionali, superati di qualche punto percentuale solo nel settore dei servizi, della ristorazione, dell informazione e delle attività finanziarie. Complessivamente il tasso di femminilizzazione è inferiore di 2,6 punti percentuale. Negli ultimi anni si registra un forte aumento dell imprenditoria femminile straniera, sia a livello nazionale che locale: in Italia si contano circa imprese di donne straniere che investono soprattutto nel settore terziario (70%), nei settori del noleggio e delle agenzie di viaggio(13,5%) e nella ristorazione e commercio (15%). A Brescia, il 6,8% delle imprenditrici sono di nazionalità estera, con dati abbastanza in linea con il trend nazionale. L età delle imprenditrici caratterizza il contesto bresciano come particolarmente giovane rispetto al dato nazionale, infatti si rileva una bassa percentuale di oltre settantenni e dati superiori alla media nazionale per le più giovani: 6

7 Fig. 3 Distribuzione per età delle imprenditrici, confronto tra dati nazionali e provinciali. Anno 2010 Fonte: Unioncamere; CCIAA Brescia, nostra elaborazione 5. Uno sguardo qualitativo all imprenditoria femminile bresciana L esplorazione nel mondo dell imprenditoria femminile bresciana è stata svolta attraverso interviste in profondità a nove donne leader della provincia di Brescia. Oltre alla problematizzazione teorica delle questioni presentate attraverso un approfondimento della letteratura italiana ed internazionale, la ricerca adotta la seguente strategia di indagine: Tipo di analisi Fonte 1) Analisi secondaria ISTAT, CCIAA Brescia, Osservatorio Imprenditoria Femminile Unioncamere 2)Analisi di interviste in 9 donne leader (madri) nel mondo del lavoro in provincia di Brescia. profondità Le intervistate si differenziano per settore economico, produttivo e culturale, in cui esercitano il proprio ruolo; per status famigliare, vi sono infatti donne sposate, single, separate. Un ulteriore differenza è riscontrabile nel percorso di carriera, questo mette in luce come le esperienze, le motivazioni e vissuti che soggiacciono alle scelte di queste donne siano profondamente diversi e si combinano con una serie di fattori esterni (famiglia di origine, educazione ricevuta, possibilità economiche, ambiente circostante più o meno facilitante) per dare vita a percorsi esistenziali e lavorativi unici. I nodi tematici affrontati nelle interviste sono: - il percorso di carriera: esperienza lavorativa pregressa e modalità di accesso; - lo stile di leadership: modo di condurre l azienda, di relazionarsi, di prendere decisioni; - la leadership e le differenze di genere; - il possibile ruolo del contesto locale nello sviluppo delle carriere femminili; - la coppia e la famiglia; - la conciliazione tra i diversi ruoli esercitati; - il tempo per sé; - l immagine di sé. E stata effettuata un analisi ermeneutica delle interviste e un analisi di tipo quantitativo sul corpus del testo usando il software T-Lab. 7

8 Il confronto tra i dati statistici riferiti alla provincia di Brescia e i dati regionali e nazionali, e tra quelli ottenuti dall analisi delle interviste e quelli relativi a indagini svolte nella realtà di Cuneo e Carpi, permette di individuare alcuni elementi di peculiarità della leadership femminile bresciana. 5.1 Leadership e differenza di genere Tra i temi affrontati, quello della percezione della differenza di genere nella leadership è stato particolarmente dibattuto. Le intervistate non ravvisano differenze nelle competenze di leadership in base al genere: ritengono piuttosto che si tratti, in primo luogo, di differenze a livello personale; secondariamente, di una diversa distribuzione e modulazione delle medesime competenze e di un approccio maggiormente partecipativo alla realtà organizzativa ed alle relazioni. «.. a livello di competenze, sia gli uomini sia le donne hanno le stesse competenze: le linee guida su come si fa azienda ci sono. Io credo che la diversità di fare impresa tra un uomo e una donna sta nell applicare il proprio lato femminile ed il proprio lato maschile, che è un lato psicologico: è la modalità di approccio che cambia.» [LWBS4] Per quanto riguarda la strategia, ad esempio, viene sottolineato come proprio la storia di genere abbia determinato il fatto che nell uomo prevalga una tendenze impositiva, mentre alla donna appartiene maggiormente la dimensione persuasiva, che si traduce poi negli stili dirigenziali, gli uni volti ad una maggior verticalizzazione e autorità, gli altri caratterizzati da una maggior cura dell ascolto e del dialogo, del confronto e del rendere consapevoli. Le peculiarità femminili della leadership descritte sono sintetizzabili in due elementi: le competenze relazionali e il saper essere multitasking. Componenti basilare delle competenze relazionali sono l ascolto, la mediazione, la cura. Queste vengono esplicitate quotidianamente, nel rapporto con i clienti, ma anche con i propri dipendenti e collaboratori. Una propensione alla cura che dalla predisposizione alla maternità trascende la dimensione strettamente domestica per divenire una competenza trasversale. «.. la preoccupazione di dare ascolto, molto ascolto alle persone.. essere attenta.. il bambino piange, tu non puoi non ignorarlo, allora quando sai che una persona ha un problema (in azienda), tu non puoi ignorarlo!» [LWBS1] Con l espressione essere multitasking si intende la capacità di svolgere più azioni contemporaneamente: la simultaneità operativa. Le intervistate hanno sottolineato il fatto che la donna è abituata ad avere una visione globale delle situazioni e a dover gestire più cose nello stesso tempo, una competenza che deriva proprio dalla necessità storica di conciliare più compiti domestici e successivamente domestici e lavorativi. «.. questa è una capacità che ha la donna: tenere sotto controllo più cose contemporaneamente. Questa è una cosa molto importante per il lavoro.. qualunque lavoro, non solo per la leadership. Tenere la mente su diversi piani è proprio una caratteristica femminile.» [LWBS1] Questa atavica attitudine si dimostra come una risorsa estremamente funzionale nel gestire i rapporti interni ed esterni all azienda, mantenendo sempre vivo l orientamento alla produttività, ponendo così punti di congiunzione tra due orientamenti, quello alla relazione e quello al compito, che nella letteratura sono stati spessi posti in antitesi. 8

9 «.. anche sotto stress la donna reagisce meglio, ma questo perché per tradizione storica ha l abitudine ad affrontare tre problemi insieme.. voglio dire: una arriva a casa, cucina, fa la lavatrice e mette a letto il bambino e intanto pensa alla lista della spesa!» [LWBS4] Tuttavia, la capacità di dare così tanta attenzione all altro può celare alcuni rischi, se manca una piena padronanza di tali competenze: «.. mi vivono come una chioccia perché cerco sempre di difenderli e capirli. Non riesco ad essere un capo troppo direttivo.» [LWBS3] L uomo leader, invece, viene descritto come maggiormente finalizzato e vive con maggior naturalezza il fatto di delegare. Tornando alla domanda iniziale, ovvero se esista o meno un modo femminile di essere leader, urge sottolineare che molte caratteristiche della leadership, le competenze oggettive dell essere leader, provengono dalla storia maschile della leadership. Si tratta di passaggi propri dello stile maschile che sono emersi perché funzionali alla guida di un organizzazione. D altro canto però, bisogna anche ricordare che il lato femminile dell imprenditoria è storia relativamente recente. Questo significa che, da un lato, devono ancora affermarsi in modo solido quelle peculiarità distintive che potranno divenire anch esse competenze oggettive della leadership; dall altro, che le donne hanno pochi modelli a cui far riferimento: se nella managerialità maschile è, per esempio, diffuso il mentoring, nel caso delle donne questa pratica è ancora poco adottata. 5.2 Il contesto locale Nella riflessione sul contesto bresciano, dalle narrazioni delle intervistate emergono due dimensioni rilevanti: una prima considerazione viene fatta rispetto al contesto produttivo che storicamente caratterizza l economia bresciana, in secondo luogo le imprenditrici fanno riferimento alla rete femminile che negli ultimi anni si sta consolidando sul territorio. Il settore produttivo maggiormente diffuso nella provincia di Brescia è quello manifatturiero. Ciò implica determinati ritmi di produzione e di conseguenza specifiche richieste ai lavoratori in termini di orario: spesso le lavorazioni richiedono una continuità, che si traduce nell organizzazione del lavoro su turni. Di conseguenza è chiaro che, ad esempio per quanto riguarda la flessibilità d orario, alcune buone pratiche non possano essere messe in atto indistintamente, senza cioè tenere in considerazione la compatibilità con le esigenze della produzione. Negli anni si è così consolidata una manodopera industriale tendenzialmente maschile: un minor accesso di donne nel mondo del lavoro pone una base più esigua perché ci siano quantitativamente possibilità che una donna emerga con iniziative imprenditoriali. Realtà in cui l attività produttiva è diversa, come per esempio nel caso di una prevalenza del settore terziario, anche le possibilità per le donne cambiano. Oltre alla situazione milanese, possiamo citare anche la realtà laziale (Cancedda, 2006), in cui le donne sono ai vertici di molti enti che erogano servizi. Oltre alla contestualità territoriale, le intervistate fanno anche riferimento alla cultura, ponendo in evidenza le ritrosie che ancora oggi persistono quando si parla di leadership al femminile: «.. quando ho cominciato prendevano indicazioni solo da uomini. Da una donna dà fastidio» [LWBS3] «.. (il mondo lavorativo) più che abituato ad averti fuori, non è abituato ad averti dentro!» [LWBS4] 9

10 «.. in Germania troviamo una Merkel. In Italia gli italiani sarebbero disposti a farsi guidare da una donna?.» [LWBS9] Le intervistate riconoscono il territorio come variabile potenzialmente significativa per lo sviluppo del lavoro e delle carriere femminili, sebbene venga percepito più come vincolo che come possibilità. Le imprenditrici, infatti, elencano una serie di elementi di criticità, tra cui: - la mancanza di servizi adeguati, in particolare si fa riferimento ai servizi per le famiglie e quelli relativi alla mobilità; - la permanenza di stereotipi e un diffuso attaccamento ai ruoli di genere tradizionali; - lo scarso riconoscimento sociale del lavoro femminile (retribuito e non); - una cultura d impresa ancora ancorata alla tradizione e restia al cambiamento; - un attività culturale principalmente accentrata nel capoluogo e più limitata in provincia. Forse anche per reazione a questa rigidità, la realtà bresciana si distingue per la vivacità di numerosi gruppi femminili: dall Associazione DPI-Donne Politica Istituzioni, al gruppo AIB Femminile Plurale, alle delegazioni di ANDE- Associazione Nazionale Donne Elettrici, EWMD-European Women s Management Development, AIDIA-Associazione Italiana Donne Ingegneri e Architetti fino alla Rete delle Associazioni Femminili Bresciane, che sostiene e valorizza l associazionismo femminile, favorisce la circolazione di buone prassi, promuove iniziative e progetti comuni a vari livelli, rappresenta gli interessi e le istanze comuni delle associate nei confronti delle istituzioni locali. Accanto alla sfera dell associazionismo va citato anche il Comitato per l Imprenditoria femminile, istituito presso la Camera di Commercio di Brescia che organizza puntualmente incontri informativi e formativi sulle opportunità relative all imprenditoria femminile. E opportuno segnalare che le donne intervistate fanno parte, a diverso titolo e con differente grado di coinvolgimento, di questa fitta rete di relazioni formali ed informali che alimentano il capitale intellettuale e sociale, stimolano nuove sinergie tra imprese e territorio e favoriscono una maggiore consapevolezza tra le donne protagoniste di queste reti. «.. è una cosa nata da me e dalle mie colleghe, abbiamo costituito questo gruppo, primo nucleo, a cui si sono aggiunte altre imprenditrici.. è una cosa che sentiamo nostra..» [LWBS1] «.. noi dobbiamo fare da stimolo alle istituzioni politiche!» [LWBS1] «.. nessun uomo si è mai preso in carico lo studio della legislazione (sulla maternità). E una cosa che con il nostro gruppo stiamo facendo.. faccio parte anche di un network internazionale che lavora su queste cose, quindi abbiamo uno scambio di materiale con la Germania e altri paesi che sono molto più avanti di noi.» [LWBS4] «.. fare rete è importante. Io amo far conoscere le persone perché sono convinta che in ogni persona c è la ricchezza di qualche cosa, dall incontro di potenzialità può sempre nascere qualcosa di importante.» [LWBS7] Le imprenditrici bresciane, grazie anche questa laboriosa attività relazionale, riescono a sfuggire all isolamento e all improvvisazione rilevate invece da altre indagine in diverse realtà produttive come quella cuneese (Bertolini, Goglio, 2011). 10

11 5.3 Progetti di vita e percorsi lavorativi Mentre il percorso lavorativo maschile tende ad essere piuttosto lineare e continuo, quello delle donne è meno prevedibile e più complesso essendo soggetto ad interruzioni, accelerazioni, rallentamenti, in corrispondenza degli avvenimenti della vita famigliare, in cui le sub-identità lavorativa e famigliare si intrecciano saldamente (White, 1995) nella continua sfida della conciliazione. I percorsi professionali delle intervistate confermano questa discontinuità, ravvisabile anche nelle esperienze lavorative pregresse. Sono state rilevate quattro diverse istanze motivazionali: 1- Le radici: se l impresa è di famiglia l attività imprenditoriale rappresenta l occasione per portare avanti la cultura d impresa e valoriale della famiglia di appartenenza, oltre che per realizzarsi. 2- La svolta personale: non esiste un progetto d impresa a monte e il passaggio all imprenditoria rappresenta un forte cambiamento descritto come risultato di una ricerca personale o come risposta ad un imprevisto. 3- La sfida: l intervistata esplicita la curiosità verso l esperienza che si prefigurava e il fatto di averla vissuta come sfida personale. 4- Il progetto professionale in continuità: l attività attuale risulta essere frutto della continuità nel progetto professionale. Nel descrivere le proprie esperienze di doppia presenza, le intervistate esprimono una naturalezza che richiama la normalità definita da Piazza (1992). Sono madri che, come tutte le madri lavoratrici, corrono per non mancare nei momenti importanti per i figli. La qualità della presenza materna viene precisata nella dimensione dialogica e nel dedicare tempo, nell essere con, nella partecipazione e nei valori che segnano la quotidianità. La sfida della conciliazione viene condotta con creatività per elaborare strategie adeguate ai propri ritmi di vita. E importante segnalare anche il ruolo esercitato dal marito delle imprenditrici sposate, che non solo offre solidarietà e consigli, sostiene la promozione professionale della moglie, ma collabora attivamente nella gestione della vita domestica e dell educazione dei figli. L analisi delle interviste condotte da Bassoli e Caldaro nel distretto carpigiano (2003) ha rilevato che, tanto nelle imprenditrici concilianti (che autogestiscono la conciliazione) quanto nelle deleganti (che si avvalgono di un supporto per i compiti di cura), è presente una dimensione soggettiva che va oltre l esigenza di conciliare tempi lavorativi e tempi privati in cui emerge in modo intenso un senso di sofferenza dovuto alla rinuncia di parti di sé per poter conciliare i tempi. Nei racconti delle imprenditrici bresciane incontrate, invece, non si rileva questa amarezza. Le bresciane appaiono soddisfatte degli esiti dei loro sforzi di conciliazione e sono emersi diversi significati che le donne attribuiscono alla propria stanza per sé, che viene identificata come un fattore protettivo per l identità. Rappresenta un momento di crescita (attività auto formative, sviluppo del pensiero riflessivo, ecc.), di valvole di sfogo contro lo stress (attività fisiche e rilassanti), di cura degli affetti (dedicare tempo alle amicizie, ai nipoti). Sono, in definitiva, momenti in cui potersi ritrovare e rigenerare, da cui poter trarre nuove energie da investire negli altri ambiti di vita. A questo proposito è particolarmente significativa la restituzione offerta dal programma T-Lab nell analisi delle associazioni alla parola tempo. 11

12 Fig.4 Analisi delle associazioni alla parola tempo. Elaborazione TLab. Alla parola tempo vengono associati termini riconducibili alla sfera pubblica, lavorativa e sociale (in giallo), a quella domestica (in celeste) ed anche ad una dimensione più personale e relativa al proprio tempo libero (in verde). Significativi anche i verbi utilizzati, che riconoscono la fatica ( stress, energia ) che la sfida conciliativa comporta, ma al contempo esprimono un significato positivo ( riuscire, orientare, arrivare, dedicare ). Presenza ed appartenenza ad un mondo sono strettamente collegate. In riferimento alle duplici presenze delle donne, Bassoli e Caldaro parlano di appartenenze multiple. Questa definizione deriva dal fatto che le donne da loro incontrate transitano costantemente da un mondo all altro, dalla vita domestica a quella lavorativa, sia fisicamente sia mentalmente. Questa non continuità si traduce nei vissuti delle imprenditrici carpigiane come una difficoltà nel gestire, in termini di identità, l appartenenza a mondi simbolici distinti. Le intervistate dichiarano inoltre un senso di imbarazzo quando devono parlare pubblicamente del proprio ruolo (Bassoli, Caldaro, 2003: 127). Nelle narrazioni delle imprenditrici della provincia di Brescia traspare un senso di orgoglio e di forte auto legittimazione del proprio ruolo. Il pendolarismo tra ambito lavorativo e domestico non viene raccontato come passaggio tra dimensioni completamente disgiunte: i mondi simbolici delle due sfere d esperienza hanno un saldo trade d union: il nodo identitario della donna stessa che si esprime, in modulazioni differenti nei diversi ambiti, con continuità. In questo caso, piuttosto che di appartenenze multiple, pare più opportuno parlare di un appartenenza unica. 12

13 6. Considerazioni conclusive Il confronto tra la realtà bresciana e altri contesti locali come quello carpigiano (Bassoli, Caldaro 2003) e quello cuneese (Bertolino, Goglio, 2011) e il riferimento ai dati nazionali, permettono di identificare alcuni elementi di continuità e tratti di specificità dell imprenditoria femminile bresciana. In continuità con la letteratura si riscontrano: - La scarsa linearità dei percorsi lavorativi e di carriera femminili. - Il ruolo dell agency maschile: i partner delle imprenditrici spesso favoriscono l accesso alle risorse materiali e immateriali (capitale economico, sostegno, corresponsabilità educativa verso i figli..). - La creatività delle strategie di conciliazione: in molti casi sono le aziende femminili a promuovere le best practices perché per prime le imprenditrici si sono trovate protagoniste della sfida conciliativa, con un maggior ricorso al welfare mix. - La comunanza tra i tratti della leadership femminile e la leadership trasformazionale: la tendenza alla flessibilità, alla qualità totale, l attenzione alle relazioni e lo stile cooperativo si confermano come caratteristiche strategiche. Rispetto ai dati statistici, il contesto bresciano si pone in sintonia con la cornice regionale, collocandosi con minori presenze femminili rispetto al territorio italiano. Tuttavia l imprenditoria femminile bresciana appare più giovane e con una variazione positiva superiore: Tab.2 Imprese femminili: intesi dati nazionali, regionali, provinciali. Anno 2010 Italia Lombardia Brescia Incidenza imprese femminili 23,4% 20,1% 20,8% Imprenditrici straniere 6,5% 7,1% 6,8% Imprenditrici < 50 anni 57,3% 55,4% 60,3% Variazione % ,0% +0,6% + 1,7% Fonte: Osservatorio sull Imprenditoria Femminile di Unioncamere 2011; Rapporto imprenditoria femminile 2011 CCIAA Brescia, nostra elaborazione I dati e il clima poco favorevole allo sviluppo dell imprenditoria femminile rilevato dalle imprenditrici bresciane possono sembrare in disaccordo con l esperienza positiva narrata nelle interviste e con il trend di crescita. Per spiegare tale situazione è interessante considerare l apporto delle reti formali e informali che negli ultimi anni si sono consolidate a Brescia. L ipotesi emergente, che andrebbe ulteriormente approfondita da un indagine con basi empiriche più ampie e confrontata con ulteriori contesti produttivi per parlare propriamente di specificità bresciana, è che la relazionalità diffusa e il sistema fiduciario instaurate grazie all attività delle diverse associazioni femminili (momenti di formazione, informazione, orientamento, riflessione, studio, momenti conviviali) ed il senso di appartenenza a questa rete, contribuiscano a favorire la legittimazione del proprio ruolo sociale ed una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie competenze. Permettono, inoltre, l incontro tra realtà diverse (imprese, università, enti locali, persone) e la costruzione di inedite sinergie. In questo modo i soggetti appartenenti alla rete aumentano il proprio capitale sociale e possono accedere e mobilitare maggiori risorse per raggiungere i propri obiettivi (Bourdieu, 1980), alimentando un circolo virtuoso comune (Coleman,1990; Putnam, 2000). Se lo sviluppo dell imprenditoria locale è frutto dei comportamenti aggregati degli attori razionali (Bagnasco, 2006), allora è possibile supporre che le relazioni di reciprocità e cooperazione che si instaurano tra le donne facenti parte di questa rete, forte di comuni obiettivi, favoriscano non solo lo sviluppo economico (aspetto macro), ma anche la consapevolezza della propria leadership (aspetto micro). 13

14 L approccio del capitale sociale si pone come interessante frame di analisi per lo studio della leadership femminile nei contesti locali e, al contempo, come prospettiva direzionale di sviluppo, affinché il potenziale femminile trovi piena espressione ed arricchisca con le proprie risorse le imprese, contribuisca all economia e favorisca lo sviluppo socio-culturale del nostro Paese. 14

15 Bibliografia di riferimento Alimo-Metcalfe B. (1998), Effective Leadership, Improvement & Development Agency, London. Alimo-Metcalfe B. (2002), Leadership and Gender: a masculine past; a feminine future?, Thematic paper for ASDO project, University of Leeds. Bagnasco A. (2006), Imprenditorialità e capitale sociale: il tema dello sviluppo locale, in Stato e Mercato, 78, pp Balbo L. (1978), La doppia presenza, in Inchiesta, 32 Bass B.M. (1990), Bass and Stogdill s Handbook of leadership, New York, Free Press. Bass B.M., Avolio B.J., Atwater L. (1996), The transformational and transactional leadership of men and women, in Applied Psychology: An International Review, 45, pp Basso L., Cecconi S., Neve E. (2007) Donne, famiglia, lavoro, welfare, Fondazione Zancan, Padova. Bassoli M., Caldaro M. (2003), Essere imprenditrici: fenomenologia di storie femminili d'impresa, Milano, Franco Angeli. Bauman Z. (2002), Modernità liquida, Editori Laterza, Bari. Bertolini S., Goglio V. (2011), L imprenditoria femminile come strumento di innovazione locale, in Sociologia del Lavoro, 122, pp Besozzi E. (2006), Educazione e società, Roma, Carocci. Bianco M.L. (1997), Donne al lavoro. Cinque itinerari fra le disuguaglianze di genere, Torino, Paravia. Bimbi F. (2003), Differenze e disuguaglianze: prospettive per gli studi di genere in Italia, Bologna, Il Mulino. Blandino G. (1996), Le capacità relazionali. Prospettive psicodinamiche, Utet, Torino. Blumer H. (1986), Symbolic interactionism: perspective and method, Berkley, University of California Press,. Borghi V. (1998), Il lavoro tra economia e società. Metamorfosi del lavoro, processi di globalizzazione e trasformazioni del legame sociale, Franco Angeli, Milano, 1998 Bourdieu P. (1980), Le capital social. Notes provisoires, in Actes de la recherche en sciences sociales, n.31. Cacace C., Mastropietro E. (2003), Il tetto di vetro, in Sintesi Europea, 2, pp Cancedda A., a cura di (2006), Donne e successo professionale. Raccolta e disseminazione di buone prassi relative alla leadership femminile nel modo del lavoro nella provincia di Roma, Dossier degli studi preparatori, Roma, ASDO. Cancedda A., D Andrea L. (1996), Ricognizione sulla partecipazione delle donne al processo decisionale in Italia, Roma, ASDO. Carrera L. (2008), Donne oltre la soglia. Una rivoluzione incompiuta, in Studi di Sociologia, 2, pp CCIAA Brescia (2011), L imprenditoria femminile. Provincia di Brescia, Anno 2010, Quaderni di approfondimento, 4/2011 Coleman R. (1990), Foundation of social Theory, Cambridge, Cambridge University Press. Cromie S., Hayes J. (1988), Towards a typology of female entrepreneurs, in The Sociological Review, 36, pp Davidson M.J., Cooper C.L. (1992), Shattering the Glass Ceiling. The woman manager, London, Chapman Publishing. Di Pietro P., Piccardo C., Simeone F., a cura di (2000), Oltre la parità : lo sviluppo delle donne nelle imprese: approcci ed esperienze, Milano, Guerini e Associati. Eagly A., Johannesen-Schmidt M.C., Van Engen M. (2003), Transformational, transactional and laissez faire leadership styles: a meta-analysis comparing women and man, in Psychological Bulletin, 129, 4, pp Fiedler F.E. (1967), Theory of Leadership Effectiveness, New York, McGraw-Hill. Franchi M., a cura di (1992), Donne imprenditrici: le regole del gioco, Milano, Franco Angeli. Goffee R., Scase R. (1985), Women in charge. The experience of female entrepreneurs, London, Allen & Unwin. Grossi G., Ruspini E. (2007), Ofelia e Parsifal. Modelli e differenze di genere nel mondo dei media, Raffaello Cortina Editore, Milano. 15

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