Le storie di successo per la comunicazione interna ed esterna: il caso Aton

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1 LIBERA UNIVERSITÀ DI LINGUE E COMUNICAZIONE IULM FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE E DELLO SPETTACOLO CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN CONSUMI, DISTRIBUZIONE COMMERCIALE E COMUNICAZIONE D IMPRESA Le storie di successo per la comunicazione interna ed esterna: il caso Aton Docente che ha assegnato l argomento: Chiar.ma Prof.ssa ALESSANDRA MAZZEI Prova finale di: Francesco De Bortoli Matricola ANNO ACCADEMICO 2005/2006

2 INDICE INDICE 2 SINTESI 6 1. IL KNOWLEDGE MANAGEMENT: UN NUOVO MODO DI CONCEPIRE L ORGANIZZAZIONE LA CONOSCENZA: UNA RISORSA PER L ORGANIZZAZIONE IL KNOWLEDGE MANAGEMENT SECONDO DIVERSE PROSPETTIVE LE TEORIE ALLA BASE DEL KNOWLEDGE MANAGEMENT STRATEGIE DI KNOWLEDGE MANAGEMENT LA CONOSCENZA TACITA L ESPLICITAZIONE DELLA CONOSCENZA L APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO LE FORME ORGANIZZATIVE CHE AGEVOLANO IL KNOWLEDGE MANAGEMENT LE ORGANIZZAZIONI KNOWLEDGE-INTENSIVE LE PRATICHE DI KNOWLEDGE MANAGEMENT IL RUOLO DELLA CULTURA ORGANIZZATIVA LA MEMORIA ORGANIZZATIVA TIPOLOGIE DI MEMORIA ORGANIZZATIVA I CONTRIBUTI DELLA MEMORIA ORGANIZZATIVA LE LEARNING HISTORIES, UNO STRUMENTO PER DIFFONDERE LA CONOSCENZA NELL ORGANIZZAZIONE L APPROCCIO ESPERIENZIALE ALL APPRENDIMENTO LO STORYTELLING I VANTAGGI DELLE LEARNING HISTORIES SVILUPPARE LA MEMORIA ORGANIZZATIVA ATTRAVERSO LE LEARNING HISTORIES LA LEARNING HISTORIES PER L APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO LE FASI DI COSTRUZIONE DI UNA LEARNING HISTORY UN NUOVO GENERE NELLA LETTERATURA DI BUSINESS ATON, UNA ORGANIZZAZIONE KNOWLEDGE-INTENSIVE 53 2

3 3.1 LA STORIA DI ATON: LE TAPPE DELL INNOVAZIONE L OFFERTA ATON I SERVIZI DI BASE ALTRI SERVIZI L ORGANIZZAZIONE AZIENDALE MISSION, VALORI GUIDA, VISION E POLITICA PER LA QUALITA MISSION IL METODO VALORE: APPLICAZIONE IN UNA MEDIA AZIENDA LA CARTA DEI VALORI DI ATON VISION POLITICA PER LA QUALITA LA COMUNITA ATON E IL CLIMA AZIENDALE LA COMUNICAZIONE LA SCELTA DELLA COMUNICAZIONE ORGANIZZATIVA LA COMUNICAZIONE INTERNA LA COMUNICAZIONE ESTERNA L ASCOLTO ORGANIZZATO LE STORIE AZIENDALI DI SUCCESSO IL PROCESSO DI RICERCA E IL METODO DEI CASI I CASE STUDIES, UNO STRUMENTO DI RICERCA QUALITATIVA L USO DEL METODO DEI CASI IN ALCUNE RICERCHE PIONIERISTICHE IL PROCESSO DI REALIZZAZIONE DI UNO STUDIO DI CASO L IMPIEGO DEI RISULTATI DI UN CASO AZIENDALE LE CARATTERISTICHE DEI METODI DI RICERCA QUALITATIVI E LA QUALITA DELLA RICERCA I CASE STUDIES IN ATON: IL RACCONTO DELLE STORIE DI SUCCESSO IL PROCESSO DI COSTRUZIONE DEI CASI I CASE STUDY PER LA COMUNICAZIONE INTERNA: SUPPORTO AL KNOWLEDGE MANAGEMENT E APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO GLI STRUMENTI PER DIFFONDERE I CASE STUDIES ALL INTERNO I CASE STUDIES PER LA COMUNICAZIONE ESTERNA: PROMOTION E ADVERTISING GLI UTILIZZI DEI CASE STUDIES PER LA COMUNICAZIONE ESTERNA CONCLUSIONI 142 FONTI 150 3

4 Alla mia famiglia Un primo grande ringraziamento lo voglio dedicare alla professoressa Alessandra Mazzei, che mi ha seguito ed aiutato non solo nella elaborazione di questa tesi, ma in tutto il percorso accademico nei miei cinque anni allo Iulm. Grazie per aver contribuito alla mia formazione con insegnamenti che mi saranno utili nella vita, e non solo in quella professionale. Un grande ringraziamento anche alla Aton S.p.A. di Treviso, in particolare il Presidente Giorgio De Nardi e il Marketing Manager Domenico Marchetti, che mi hanno dato l opportunità di svolgere una straordinaria esperienza di stage e hanno contribuito alla costruzione di questo lavoro. Grazie anche alle ragazze del Reparto Marketing, Anna, Denisa e Martina, che mi hanno costantemente aiutato nella mia permanenza in Aton e con cui ho stretto un forte legame d amicizia. Un ringraziamento speciale alla mia famiglia, che mi ha sempre aiutato e sostenuto, e che ha reso tutto ciò possibile. Questo lavoro è dedicato a voi. Un grande grazie anche a tutti gli amici, in particolare Riccardo e Paolo, che mi sono sempre stati vicini nel momento del bisogno, e a tutte le persone che mi hanno aiutato e sostenuto. Grazie. 4

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6 SINTESI I case studies rappresentano un metodo di ricerca qualitativa utilizzato per raccontare le esperienze aziendali. Si tratta di uno strumento di ricerca descrittiva, che gli studiosi e i ricercatori utilizzano per formulare una teoria. Ma è uno strumento estremamente flessibile che consente di essere adattato ad ogni situazione, e per il raggiungimento di molteplici obiettivi. I casi aziendali sono uno strumento a disposizione del Knowledge Management, la gestione della conoscenza all interno di una organizzazione. Rappresentano infatti una metodologia di raccolta di dati, informazioni, esperienze, opinioni, scoperte ed innovazioni che sono fondamentali per accrescere il valore dei prodotti e servizi offerti, e che, in particolar modo in una organizzazione ad alto livello di specializzazione, possono rappresentare il vero vantaggio competitivo. La metodologia dello studio di caso viene applicata nelle imprese per ricostruire e condividere delle learning histories e delle storie di successo, che rappresentano due strumenti di apprendimento esperienziale. Il primo capitolo di questa tesi propone una panoramica teorica sul Knowledge Management (KM). Vengono approfonditi temi come 6

7 l importanza della risorsa conoscenza, tacita ed esplicita, le varie prospettive e le strategie di KM, la necessità di trasferire la conoscenza creata ed accumulata a tutti i membri dell organizzazione attraverso l apprendimento organizzativo, i ruoli della cultura organizzativa e della memoria d impresa. Nel secondo capitolo viene presentato un primo strumento di raccolta e diffusione di conoscenza e competenze all interno di una organizzazione e di supporto all apprendimento organizzativo: le learning histories. Si tratta di una metodologia di socializzazione della conoscenza e di creazione di un documento che racconta, attraverso la pratica dello storytelling, un particolare evento, storia, esperienza aziendale. Uno strumento particolare e differente dagli altri perché costruito congiuntamente da ricercatori esterni e membri interni: è l organizzazione che racconta a se stessa la propria storia, con le parole di chi ha vissuto tali esperienze, storie ed eventi, con l aiuto e la supervisione di ricercatori esperti. Uno strumento progettato per essere utilizzato principalmente per la formazione interna e l apprendimento. Il terzo capitolo presenta l azienda utilizzata come caso di studio in questa tesi: la Aton di Treviso, leader in Italia nel campo del Mobile Computing, che opera nel business to business (B2b) proponendosi come partner globale in grado di fornire consulenza e servizi software ad alto valore aggiunto in tutte le fasi di automazione della supply chain (produzione, logistica, distribuzione). Un organizzazione knowledgeintensive che opera per progetti, che si rivolge alle imprese, e non al mass market, e deve di conseguenza sviluppare una comunicazione in grado di sostenere la reputazione, asset fondamentale per la creazione di vantaggio competitivo. Un azienda da sempre orientata alla formazione di una forte cultura organizzativa, dove l informalità e lo scambio continuo sono gli strumenti per la circolazione e il trasferimento da una parte all altra dell impresa, e nelle varie sedi, di informazioni, nuova conoscenza, scoperte ed innovazioni. Aton ha trovato nelle storie di 7

8 successo la giusta metodologia per raccontare ciò che accade, cosa si fa e dove si sta andando. Il quarto capitolo rappresenta il cuore di questa tesi: l analisi delle storie di successo come strumento non soltanto di ricerca qualitativa, di KM e di formazione ed apprendimento, ma come vero e proprio strumento di comunicazione. L obiettivo di questo lavoro è di dimostrare come la metodologia delle storie di successo non sia esclusivamente un metodo di raccolta di dati, informazioni ed esperienze, ma rappresenti uno strumento dalla enorme efficacia comunicativa sia all interno dell azienda, sia all esterno. All interno per sedimentare la cultura e la memoria organizzativa, per gestire la conoscenza, trasferire competenze, innovazioni e nuova conoscenza generata nell organizzazione. All esterno per sostenere la brand image, awareness e soprattutto la reputazione: non parlando in prima persona, ma facendo esprimere ai propri clienti i vantaggi apportati dalle soluzioni Aton. 8

9 1. IL KNOWLEDGE MANAGEMENT: UN NUOVO MODO DI CONCEPIRE L ORGANIZZAZIONE In questo primo capitolo viene descritto il quadro teorico in cui si inserisce questa tesi: la risorsa conoscenza e la sua gestione nelle organizzazioni, l apprendimento organizzativo e la memoria organizzativa per creare valore. Lo scopo è quello di introdurre le modalità per una più efficace diffusione della conoscenza, tema che verrà affrontato in seguito in particolare attraverso lo strumento delle learning histories. 1.1 LA CONOSCENZA: UNA RISORSA PER L ORGANIZZAZIONE La conoscenza è un mix di esperienze, valori, informazioni contestuali e insight che forniscono un struttura semplificata per valutare e incorporare nuove esperienze e informazioni. Viene originata e applicata dalle menti delle persone, e nelle organizzazioni si deposita non solo in documenti ma anche nelle routine, processi, pratiche e norme (Davenport, Prusak, 1998). Secondo Nonaka e Takeuchi (1995) la conoscenza è creata dal flusso di informazioni, è legata alle credenze e ai vincoli cognitivi di chi la detiene ed è direttamente connessa all azione umana. Davenport e Prusak (ibidem) sottolineano il bisogno di distinguere tra i concetti di dato, informazione e conoscenza. I dati sono il risultato, mancante del significato, di qualsiasi operazione. È la forma in cui le informazioni e la conoscenza vengono immagazzinate e trasferite. Sono un set di fatti obiettivi e discreti riguardo gli eventi, dei 9

10 record strutturati di transazioni. Quantitativamente l organizzazione valuta la gestione dei dati in termini di costi, velocità (di trasferimento, immagazzinamento, ritrovamento e gestione) e capacità; in termini qualitativi si misurano tempestività e validità nel tempo, rilevanza e chiarezza. I dati diventano informazioni attraverso l interpretazione, la contestualizzazione e la strutturazione. Le informazioni dunque sono dati dotati di una struttura e una organizzazione. Sempre secondo i due autori l informazione è un dato a cui è stato aggiunto un significato, un valore, un dato that make a difference (1998:3) La conoscenza, invece, è il prodotto complesso e strutturato dell apprendimento, formato dall interpretazione di informazioni e credenze su relazioni causa-effetto, e dall utilizzo delle informazioni. Nella produzione di conoscenza attraverso l interpretazione delle informazioni intervengono e influiscono le caratteristiche cognitive degli attori (Profili, 2004). Secondo Nonaka e Takeuchi (1995) infatti, quello che distingue la conoscenza dall informazione è proprio il suo essere collegata all azione umana e al contesto in cui si sviluppa: anche Davenport e Prusak (1998) sottolineano l aspetto pragmatico della conoscenza nella loro definizione di working knowledge. I due autori aggiungono che la conoscenza si sviluppa nel tempo attraverso l esperienza, che include ciò che viene appreso attraverso libri, corsi, mentori e apprendimento informale. L esperienza si riferisce a ciò che è stato fatto e a ciò che c è accaduto nel passato: uno dei suoi principali benefici è che fornisce una prospettiva storica che aiuta a diagnosticare e comprendere nuovi eventi e situazioni. Questo evidenzia la natura intrinsecamente dinamica e relazionale della conoscenza, profondamente diversa da quella statica e atomistica dell informazione. Quest ultima è statica perché composta da dati riguardanti gli stati del mondo e da questi derivanti. La conoscenza invece 10

11 è dinamica perché continua ad avere valore solo se viene continuamente rigenerata ed accresciuta attraverso processi di apprendimento (Rullani, 1994). A livello organizzativo la conoscenza è formata da tutto quell insieme di competenze individuali e di prassi organizzative attraverso i quali le relazioni tra individui, gruppi e componenti di un network sono strutturati e coordinati (Zander e Kogut, 1995). Nelson e Winter (1982, in Profili 2004) riprendono il concetto di routine, che costituisce la memoria delle organizzazioni perché racchiude la conoscenza organizzativa e conserva una rappresentazione del percorso storico dell impresa. Le routine si rafforzano continuamente accumulando conoscenza grazie alle ripetute applicazioni, diventando risposte meccaniche ai problemi di gestione operativa e strategica. Secondo Cavalli (2000) la conoscenza è: la consapevolezza, la coscienza assimilata nel tempo e nello spazio derivata da un continuo processo di apprendimento di nozioni ed esperienze; l uso e l elaborazione efficiente di dati e informazioni unito a capacità, competenze, idee, esperienze, commenti, opinioni e motivazioni delle persone; presente nelle menti delle persone, nelle idee, consuetudini e abitudini, principi e concetti, nei processi, documenti, prodotti e servizi; in ambito aziendale, l utilizzo del capitale intellettuale formato dalle relazioni e attività intangibili con la struttura esterna (stakeholder), la struttura interna (processi, sistemi, brevetti, marchi ecc.) e il capitale umano (competenze e capacità delle persone). Secondo Cavalli dunque il KM è quell insieme di strumenti e metodologie con cui viene creata e scambiata conoscenza all interno dell organizzazione con lo scopo di creare valore per essa. La conoscenza è una risorsa intangibile fondamentale per l impresa: secondo la Resource-based theory of the firm, il presidio da 11

12 parte di una impresa di risorse rappresenta la condizione necessaria per conseguire un vantaggio competitivo sostenibile ed un differenziale di performance (Troilo, 2001). Il perseguimento di questo vantaggio competitivo è possibile se queste risorse sono (Barney, 1991; Boschetti, 1999 in Profili, 2004): critiche, cioè indispensabili per sfruttare le opportunità e prevedere e bloccare le minacce esterne: scarse, ovvero difficilmente reperibili dai concorrenti; non imitabili; non sostituibili con risorse equivalenti, uniche. Le capacità sono dei processi tangibili o intangibili con cui le risorse sono impiegate e combinate per raggiungere un fine (Amit e Schoemeker, 1993, in Profili, 2004). Zander e Kogut (1995), seguendo i lavori di Rogers e Winter, hanno sviluppato cinque costrutti che caratterizzano la conoscenza di una organizzazione a livello di competenze individuali e di capacità organizzative. Questi cinque costrutti sono la codifiability, la teachability, la complexity, la system dependance e la product observability. La codifiability rappresenta il livello di codificabilità della conoscenza, anche se il singolo operatore non ha la possibilità di comprenderla. La teachability, invece, misura il grado con cui gli individui possono essere istruiti, a scuola o al lavoro; essa riflette l insegnamento delle capacità individuali. La complexity rappresenta le variazioni nel combinare differenti tipi di competenze: in breve, la conoscenza aumenta in complessità se vengono combinate ed utilizzate più tipi di competenze distinte. System dependence misura quanto la produzione di competenze sia dipendente dai differenti gruppi di individui con le proprie esperienze. La product observability, infine, è il grado di imitabilità di una conoscenza, cioè la facilità o meno da parte dei competitor di copiarla. 12

13 Questi cinque costrutti rappresentano le differenti qualità della conoscenza e misurano la capacità con cui essa può essere compresa e comunicata all interno dell organizzazione IL KNOWLEDGE MANAGEMENT SECONDO DIVERSE PROSPETTIVE Argote, McEvily e Reagans (2003) hanno recentemente costruito un framework di analisi del KM che si basa sull incrocio di due dimensioni: gli outcome prodotti e il contesto delle attività di KM. Sulla prima dimensione si collocano la creazione, il trattenimento e il trasferimento di conoscenza. Sulla seconda le proprietà del contesto in cui si sviluppano le attività di KM: proprietà degli attori, delle relazioni tra gli attori e della conoscenza. Rielaborando il quadro di Argote, McEvily e Reagans, Profili (2004) individua quattro aree di ricerca in cui possono inserirsi i contributi teorici al KM: dell apprendimento, relazionale, tecnologica e dell innovazione. Figura n.1: le principali aree di ricerca del KM (Profili, 2004:25) PRINCIPALI APPROCCI OGGETTO D ANALISI OUTCOME - individui Acquisizione Apprendimento - organizzazione conoscenza Relazionale Relazioni tra attori Diffusione conoscenza Codifica e Caratteristiche della Tecnologica trasferimento della conoscenza conoscenza - individui Innovazione Creazione conoscenza - organizzazione La prima prospettiva, quella dell apprendimento, deriva dalla necessità delle organizzazioni di sviluppare strutture flessibili, in grado di adattarsi ai cambiamenti e con la capacità di apprendere: le learning 13

14 organization. L apprendimento può essere individuale o organizzativo. Il primo rappresenta condizione necessaria ma non sufficiente a creare l apprendimento organizzativo. Ciò che un individuo apprende all interno dell organizzazione deriva in gran parte da ciò che è conosciuto dagli altri membri e dal tipo di informazioni presenti: in questo modo l organizzazione ha un forte influsso sul processo di apprendimento individuale, perché possiede dei sistemi cognitivi, una memoria, un insieme di regole, princìpi e valori che si sono sviluppati nel tempo e si sono radicati nel tessuto organizzativo. Quindi l apprendimento organizzativo non è solo la somma dell apprendimento individuale: gli individui agiscono, ma sono orientati dall organizzazione attraverso la definizione di ruoli, regole, processi (Hedberg, 1981 in Profili, 2004). Questa prima prospettiva si focalizza sui processi che trasformano l esperienza e la conoscenza organizzativa in possibilità per l azione futura (knowledge as possibility). Questo aspetto la distingue dalla prospettiva dell innovazione, che come vedremo riguarda i processi di creazione di attività nuove quali prodotti, servizi, pratiche (knowledge as action). Secondo Cook e Yanow (Profili, 2004) l apprendimento è l atto di acquisire conoscenza; per Ahmed, Lim e Loh (ibidem) è l insieme di processi in cui viene utilizzata la conoscenza esistente per produrre nuova conoscenza. Il modello di Nonaka e Takeuchi (1997) prevede che il processo di creazione e condivisione della conoscenza avvenga attraverso un processo di conversione della conoscenza da tacita in esplicita, e viceversa. La prima è formata dagli aspetti cognitivi degli individui (modo d agire, opinioni), la seconda è rappresentata dalla conoscenza nota e codificata in un linguaggio formale ed accessibile. Questo sottolinea la fondamentale funzione della comunicazione nel processo di generazione della conoscenza (Mazzei, 2006). I due autori affermano che la creazione di conoscenza avviene ad un livello individuale: l organizzazione deve 14

15 predisporre le condizioni necessarie alla condivisione in tutto il network del know-how di ogni persona, supportando la creatività e l innovazione. Il processo di conversione della conoscenza da tacita in esplicita avviene attraverso le interazioni sociali che coinvolgono i diversi individui, e si articola in quattro fasi: la socializzazione, l esternalizzazione, la combinazione e l interiorizzazione. Nella prima fase, la socializzazione, la conoscenza tacita viene condivisa tra gli individui durante la collaborazione e il work-in-team. In questo modo la conoscenza tacita di un individuo diventa conoscenza tacita posseduta da altri. Durante l esternalizzazione la conoscenza implicita viene trasformata in conoscenza esplicita disponibile per le altre persone attraverso l utilizzo di metafore, schemi concettuali, analogie, modelli e narrazioni, che aiutano gli altri membri a comprendere conoscenze altrimenti difficilmente assimilabili ed elaborabili. Il processo di combinazione permette alle conoscenze esplicite di un gruppo di essere integrate con le conoscenze esplicite di altri gruppi attraverso riunioni, meeting, conversazioni, attività di comunicazione e formazione. Ciò permette alla conoscenza di cristallizzarsi all interno dei sistemi manageriali. Con l ultima fase, l interiorizzazione, la conoscenza esplicita appresa da un individuo viene incorporata nella sua base di conoscenze tacite sotto forma di schemi mentali condivisi, attraverso i processi che Kenneth Arrows ha chiamato learning by doing. Questi processi da soli non assicurano la creazione di conoscenza creativa: è necessario un continuo processo di interazione fra conoscenza implicita ed esplicita affinché le conoscenze acquisiscano valore per l organizzazione e l apprendimento individuale diventi apprendimento organizzativo (Profili, 2004). La prospettiva relazionale affonda le basi sull assunto che l organizzazione è un sistema aperto e vitale (Golinelli, 2001 in Mazzei, 15

16 2006), che sottolinea la natura relazionale dell organizzazione: l organizzazione è vista come una rete di relazioni fra individui. Questo porta alla conclusione che non si può spiegare il comportamento organizzativo prescindendo dalla rete di relazioni che legano i membri interni ad un organizzazione e quest ultima con l ambiente esterno. Oltre alla network theory, un altro approccio che sottolinea la funzione essenziale delle relazioni per la creazione e condivisione di conoscenza sono le così dette Community of Practice: si tratta di un gruppo di persone che hanno in comune una identità professionale, formata da competenze e dalla passione per un attività. Questo permette loro di condividere conoscenze ed esperienze in maniera fluida, informale e creativa, sostenendo la creazione di nuovo sapere (Wenger, Snyder, 2000; Duguid, 2002 in Mazzei, 2006). Per far sì che le comunità di pratica si sviluppino generando nuova conoscenza a favore di tutta l organizzazione è necessario che il top management le individui e le potenzi, sostenendo poi il trasferimento della conoscenza creata verso tutta l organizzazione (Brown, Duguid, 2002 in Mazzei, 2006). La terza prospettiva, quella tecnologica, nasce da diverse ragioni (Zahedi, 2000 in Profili, 2004): la transizione da un economia industriale ad una basata sui servizi; la globalizzazione dei mercato e la necessità di enormi moli di informazioni e strumenti di comunicazione efficaci; lo sviluppo tecnologico ed informatico, dai sistemi software e hardware ai network informatici; il passaggio da forme organizzative gerarchiche a forme più flessibili, basate sui processi e sul coordinamento orizzontale. Per Shapiro e Varian (1999, in Profili, 2004) è informazione tutto quello che può essere digitalizzato, cioè formato da una sequenza di bit. Le tecnologie informatiche (ICT) permettono l accumulazione ed elaborazione di enormi moli di dati, riducendo l incertezza e i rischi connessi ai processi decisionali e permettendo di controllare i processi 16

17 aziendali, accrescendo il valore dell informazione. Queste tecnologie hanno profondamente cambiato le modalità di trattamento dell informazione, con un forte impatto sulle modalità di coordinamento, sul lavoro in gruppo e su tutti i processi all interno dell organizzazione, compresi quelli di apprendimento (Profili, 2004). L avvento di Internet poi ha eliminato totalmente i limiti spazio-temporali alla diffusione delle informazioni. Inoltre le ICT permettono di rendere più veloce ed efficiente la comunicazione e di creare una memoria organizzativa in forma digitale, alla quale tutti possono accedere e contribuire (Goodman e Darr, 1996 in Profili, 2004). Non tutte le conoscenze però possono essere codificate: alcuni aspetti taciti come le competenze, il saper fare, spesso non possono essere immagazzinate digitalmente. L ultima prospettiva, quella dell innovazione, si riferisce come già accennato, a tutte quelle attività di ideazione e creazione di nuovi prodotti, servizi, processi. La conoscenza è la base dei processi di innovazione perché fornisce all organizzazione il potenziale per nuove azioni: le conoscenze vengono combinate ed elaborate per crearne di nuove (Schumpeter, 1934; Hargadon e Sutton, 1997 in Profili, 2004). Questa prospettiva vede dunque l innovazione come quel processo di conversione della conoscenza in azione. La conoscenza rappresenta dunque la possibilità di generazione di nuovi artefatti organizzativi, l insieme di valori, credenze, gli schemi cognitivi degli attori che permettono la creazione di nuova conoscenza LE TEORIE ALLA BASE DEL KNOWLEDGE MANAGEMENT Prusak (2001) afferma che ci sono tre filoni teorici che hanno fortemente contribuito alla affermazione del KM: l information management, la teoria della qualità e quella del capitale umano. 17

18 L information management, sviluppato durante gli anni 70 e 80, è considerato una branca delle scienze sull informazione e sulla IT. Si tratta di un insieme di correnti di pensiero, teorie e casi che si focalizzano su come l informazione venga gestita, indipendentemente dalle tecnologie che la immagazzinano e manipolano. Riguarda temi sull informazione quali le valutazioni, le operazioni tecniche, il governo, gli schemi. Informazione, in questo contesto, generalmente significa documenti, dati e messaggi strutturati. La teoria della qualità, o quality movement come lo chiama Prusak, si focalizza sugli utenti interni, sui processi e sugli obiettivi dichiarati e condivisi. Mentre le tecniche del quality movement hanno avuto un ruolo di successo nei processi manifatturieri, il KM ha un obiettivo più ampio che include i processi che non si prestano ad un chiara misurazione e definizione. Il KM include attività come rendere la conoscenza visibile, sviluppare i processi di condivisione e il governo delle strutture grazie alle tecniche di analisi e perfezionamento elaborate dal qualità movement. L ultimo filone è quello che riguarda il capitale umano, il cui valore però secondo Prusak tende ad essere distorto e dissipato. L importante messaggio degli studiosi di questo tipo di capitale è che investire in esso può portare a vantaggi finanziari. Investire sul capitale umano significa attivare processi di apprendimento e formazione, che danno ritorni sotto forma di maggior produttività, sviluppo delle competenze, capacità d innovazione e la liberà del lavoro mobile. Nonostante ciò molte organizzazioni continuano a pensare che i programmi di formazione ed apprendimento a favore dei dipendenti siano dei costi e non degli investimenti, e l idea che lo sviluppo del capitale umano accresca la produttività e l innovazione si sta diffondendo solo da poco nelle aziende. Per definizione il capitale umano si focalizza sull individuo, mentre il lavoro del KM concerne i gruppi, le community e i network (ibidem). 18

19 1.2 STRATEGIE DI KNOWLEDGE MANAGEMENT La conoscenza è incorporata nelle menti delle persone, rappresenta la base delle loro competenze, sono incise nelle mappe mentali e in parte spiegano il loro comportamento. Le conoscenze sono allo stesso tempo incorporate negli artefatti cognitivi, sono cioè in parte codificate ed esplicitate e immagazzinate in supporti che ne consentono il trasferimento, quali database, manuali, procedure, norme (Rullani, 1994). La conoscenza tacita è incorporata nell individuo mentre la conoscenza esplicita è codificata e disponibile. Non sempre è possibile trasformare la conoscenza tacita in esplicita, perché spesso essa è radicata nell azione. Oltre a questo, la conoscenza esplicita mantiene sempre una componente tacita: è questa componente che la rende efficacemente utilizzabile. Conoscenza tacita ed esplicita rappresentano cioè due caratteristiche della conoscenza che si potenziano a vicenda: la conoscenza implicita crea quel background necessario allo sviluppo e interpretazione della conoscenza esplicita. Questo consente di riflettere sulla possibilità di basare le strategie di KM esclusivamente sull esplicitazione e codificazione della conoscenza: i processi di codificazione possono rappresentare un valido supporto alla diffusione della conoscenza nell organizzazione. Questo può avvenire solo se l organizzazione e il suo contesto sono basati sul network, sulla fiducia e sulla condivisione di valori, esperienze e competenze tra i membri (Profili, 2004). È dunque necessario quello che Alavi e Leidner (2001) chiamano shared knowledge space, uno spazio di conoscenza condiviso tra i membri dell organizzazione LA CONOSCENZA TACITA Gli individui conoscono molto di più di quanto non siano capaci di spiegare. Cercando di raggiungere un obiettivo o nello svolgimento di 19

20 un attività, essi applicano una serie di norme e regole e utilizzano tutto un sistema di conoscenze in modo inconsapevole e inconscio, senza che queste siano del tutto note ed articolate nella memoria. La conoscenza tacita, perciò, riguarda quella parte della conoscenza che un individuo non è in grado di esprimere con i mezzi di rappresentazione disponibili come il linguaggio, la documentazione scritta o la digitalizzazione: essa è più agevolmente trasferibile con la dimostrazione pratica (Polany, 1966 in Brown, Duguid, 2001). Nonaka e Takeuchi (1997) affermano che la conoscenza tacita possiede due dimensioni: quella cognitiva, che si riferisce ai modelli mentali, ai paradigmi, credenze e valori che sostengono gli individui nella percezione e definizione della realtà e sono così radicati da esser difficilmente articolabili e comunicabili; l altra dimensione, quella tecnica, comprende le abilità concrete, definite come know-how, e si formano con l esperienza e l apprendimento. La conoscenza esplicita, invece, può essere trasmessa in una lingua formale e sistematica. Attraverso regole scritte, procedure e politiche, permette di comunicare le modalità di comportamento che ogni membro dell organizzazione dovrebbe adottare, ed ha il vantaggio di consentire la diffusione di un grande numero di informazioni (ibidem). A livello individuale la conoscenza implicita è un concetto strettamente legato a quello di skill (Nelson e Winter, 1982, in Profili, 2004): si acquista attraverso l esperienza, si esplicita inconsciamente ed è difficile se non impossibile da spiegare. Ma la conoscenza implicita è presente anche a livello collettivo (Weick e Roberts, 1993, in Profili, 2004): alcune attività richiedono la collaborazione e il coordinamento di un gruppo di individui in uno spazio temporale limitato. Inoltre, le conoscenze tacite sono profondamente legate al contesto sociale ed organizzativo nel quale sono state generate (Profili, 2004). 20

21 Secondo Leonard e Sensiper (1998, in Profili, 2004) esistono principalmente tre modalità con cui la conoscenza tacita può essere sfruttata dall organizzazione a suo vantaggio: problem solving: è l applicazione più comune. Un esperto può risolvere un problema più velocemente ed efficacemente di un principiante perché possiede un corpo di conoscenze in grado di garantire l individuazione, in maniera inconscia, delle attività più appropriate ad affrontare quel problema; problem finding: la conoscenza tacita consente di individuare non solo le soluzioni ad un problema, ma anche di indagare la natura stessa del problema per poterlo meglio riconoscere e diagnosticare in futuro; predizione ed anticipazione: la conoscenza tacita consente di interpretare, in maniera non del tutto consapevole, le problematiche nella loro globalità. Questo permette all individuo di anticipare e predire gli avvenimenti, sviluppando un ambiente creativo. Perchè la conoscenza tacita possa essere efficacemente e velocemente utilizzata è necessario che l organizzazione predisponga un contesto culturale creativo in cui gli individui ricorrono all esperienza personale e al loro intuito L ESPLICITAZIONE DELLA CONOSCENZA Attraverso il processo di codifica le conoscenze contestuali, cioè quelle prodotte ed adoperate in un dato contesto e che possono essere trasferite solo attraverso la condivisione di esperienze, vengono decontestualizzate, ovvero esplicitate e trasmesse in linguaggi generalmente comprensibili (Rullani, 94). La codificazione viene effettuata con la creazione di manuali, software o linee guida che sintetizzano le esperienze immagazzinate da individui che hanno già affrontato in modo efficace un certo problema e consentono il 21

22 trasferimento di queste esperienze ad un maggior numero di persone (Profili, 2004). Secondo Zander e Kogut (1995) le conoscenze, dopo la loro codifica, possono essere trasferite all interno dell organizzazione consentendo di: ridurre i costi di trasferimento grazie alla riduzione dei contatti necessari; condividere modelli di comportamento che aiutano a coordinare le attività attraverso l allineamento dei comportamenti individuali con gli obiettivi organizzativi; avere una maggiore omogeneità nei comportamenti degli attori, che aumenta il valore della reputazione e dell immagine dell organizzazione nei confronti dei propri clienti. Davenport e Prusak affermano che la prima difficoltà che si incontra nel processo di codifica è come esplicitare la conoscenza senza farle perdere le sue proprietà distintive e senza trasformarla in less vibrant information or data (1998:68). Gli autori sostengono che un organizzazione che vuole codificare la conoscenza deve tenere a mente quattro principi: il top management deve decidere a priori gli obiettivi di business a cui deve servire la conoscenza esplicitata; i manager devono essere in grado di identificare tutta la conoscenza (nelle sue varie forme) esistente e in grado di aiutare a raggiungere gli obiettivi prefissati: codificare tutta la corporate knowledge sarebbe un lavoro immenso ed inutile; i knowledge manager devono saper valutare l utilità e la capacità di essere codificate delle conoscenze; gli operatori addetti alla codifica devono identificare un mezzo di codifica e distribuzione della conoscenza appropriato. Secondo Profili (2004), le difficoltà nell articolare e trasferire le conoscenze tacite sono alla base del vantaggio competitivo detenuto da molte imprese: i vantaggi generati dalla conoscenza implicita sono mantenibili nel tempo perché la conoscenza è una risorsa difficilmente 22

23 imitabile o sostituibile con altre equivalenti. Ostacoli alla diffusione della conoscenza sono rappresentati dall esistenza in molte organizzazioni di micro-culture: la codificazione diventa efficace se il linguaggio adottato per esplicitare le conoscenze è noto e condiviso in tutta la realtà organizzativa. Foray (2000) sottolinea però come sia necessario confrontare i vantaggi conseguenti alla codificazione della conoscenza con i costi e tempi necessari per attuarla. I benefici della codificazione, infatti, sono strettamente dipendenti dal numero di individui che possono utilizzare la conoscenza esplicita e dalla possibilità che tali individui hanno di applicarla efficacemente: il trasferimento efficace della conoscenza codificata può dipendere, ad esempio, dalla motivazione da parte dell individuo a recepire la conoscenza, cioè dal grado di interesse verso la stessa. Secondo Davenport e Prusak (1998) la maggior parte dei progetti di KM hanno in comune uno dei seguenti obiettivi: rendere visibile la conoscenza e il suo ruolo nell organizzazione; generare e sviluppare una cultura knowledge-intensive, stimolando la condivisione di conoscenze tra membri e aree dell organizzazione; creare una infrastruttura di conoscenza, basata non solo su supporti tecnologici ma anche sullo sviluppo di un network relazionale. Ahmed, Lim e Loh (2002, in Profili, 2004) suggeriscono una rappresentazione del KM come combinazione di tecnologie informatiche, processi organizzativi, strategia e cultura organizzativa. Le ICT hanno un ruolo fondamentale nei processi di generazione della conoscenza in quanto agevolano sia la connessione dei diversi attori sia l accumulazione di conoscenze, attività basilari per il successo delle strategie di KM. Gli strumenti di comunicazione favoriscono il collegamento tra membri e aree dell organizzazione indipendentemente dalla loro collocazione geografica, facilitando l accesso ai database di conoscenze organizzative. Nello stesso tempo permettono di catturare e distribuire il know-how, attraverso i 23

24 processi di codificazione, immagazzinamento e recupero delle conoscenze L APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO Già accennato più volte, cercheremo in questo paragrafo di inquadrare il concetto di organizational learning. Le teorie sul learning utilizzate nella documentazione e nella istruzione vedono l apprendimento dal punto di vista pedagogico: l insegnamento è rappresentato dalla trasmissione di esplicita e astratta conoscenza da un individuo che detiene questa conoscenza ad un altro che non la detiene e ne è escluso (Brown, Duguid, 1991). Ma i teorici dell apprendimento rifiutano questo modello trasmissivo, che isola la conoscenza dalla pratica, sviluppando un punto di vista secondo il quale l apprendimento è una costruzione sociale in cui la conoscenza viene riportata nel contesto in cui assume un proprio senso e significato. Da questa prospettiva, gli individui coinvolti nel processo di apprendimento (learners) possono essere visti come attori della costruzione della propria consapevolezza, coinvolti in un ambiente sociale fatto di storie e relazioni. Ciò che viene appreso è quindi profondamente connesso alle condizioni ambientali in cui viene appreso (ibidem). Lave e Wenger (1990, in Brown e Duguid, 1991), con il loro concetto di legittimate peripheral participation (LPP) forniscono una versatile descrizione di questa visione costruttiva dell apprendimento. L LPP non è un metodo di insegnamento ed educazione, ma uno strumento di categorizzazione analitica per comprendere l apprendimento attraverso differenti metodi, periodi storici e ambienti sociali: cerca quindi di descrivere l apprendimento, non l insegnamento. Secondo questa visione, l apprendimento comporta il diventare un insider, entrare cioè a far parte di qualcosa. I learners non ricevono o si costruiscono una conoscenza astratta ed oggettiva, piuttosto imparano a comportarsi e ad operare in 24

25 una comunità. Acquisiscono il particolare punto di vista della comunità ed imparano a parlare il suo linguaggio. In pratica, vengono acculturati. I learners non acquisiscono semplicemente conoscenza, ma imparano a comportarsi come membri di una comunità. La questione centrale dell apprendimento è diventare un professionista, uno specialista delle pratiche, non semplicemente apprendere le pratiche. Questo approccio sposta l attenzione dai processi cognitivi per portarla sulle pratiche e sulle comunità in cui la conoscenza assume senso e significati. Apprendimento, comprensione ed interpretazione sono importanti questioni che non sono esplicite o esplicabili, ma sono sviluppate e incastonate nel contesto comunitario (ibidem). 1.3 LE FORME ORGANIZZATIVE CHE AGEVOLANO IL KNOWLEDGE MANAGEMENT L orientamento al cliente e l esigenza di flessibilità fanno si che l organizzazione per processi sia privilegiata rispetto ad un orientamento gerarchico-funzionale. Il bisogno di adattare i processi interni alle esigenze del cliente richiede, infatti, che la personalizzazione del servizio sia realizzata a partire dalla fase di progettazione (Cercola e Sonetti, 1999, in Profili, 2004). Le diverse attività, perciò, vanno raggruppate non in base alla loro similarità, secondo il criterio di specializzazione funzionale, ma sulla base della loro interdipendenza rispetto allo scopo finale che è la piena soddisfazione del cliente. Questa logica comporta una riduzione delle distanze tra i vari livelli gerarchici della struttura organizzativa, perché la dimensione orizzontale prevale su quella verticale: lo scopo è avvicinare il più possibile al mercato tutti i membri dell organizzazione. Questo porta ad una maggior responsabilizzazione delle risorse umane (empowerment) ed una maggiore enfasi sui processi di learning individuale e collettivo. 25

26 Questo tipo di forma organizzativa sviluppata in orizzontale e in base ai processi aziendali è caratterizzata da meccanismi di coordinamento basati su relazioni laterali di tipo informale (Daft, 2001, in Profili, 2004). A differenza delle strutture gerarchiche, dove la direzione è basata sulla centralizzazione, la specializzazione e l utilizzo dell autorità formale, queste organizzazioni stimolano e supportano l interazione sociale, agevolando il trasferimento e la condivisione di know-how, in particolare nelle situazioni in cui la conoscenze è difficilmente osservabile e fortemente radicata nel contesto sociale (Profili, 2004). O Dell e Grayson (1998, in Profili, 2004) aggiungono che la struttura orizzontale permette agli individui coinvolti in un dato processo di lavorare assieme, eliminando gli ostacoli alla comunicazione e al coordinamento rappresentati dai confini tra le unità organizzative. In definitiva, questo tipo di strutture organizzative sono particolarmente adatte a quelle tipologie di aziende, tipicamente erogatrici di servizi, che collocano il cliente al centro dei propri processi aziendali e in cui l elasticità strategica e strutturale sono dei valori fondamentali per il coordinamento delle attività (Fontana, 1997, in Profili, 2004). Il funzionamento di una struttura orizzontale necessita dell esistenza di una cultura organizzativa incentrata sulla fiducia, la collaborazione, l apertura e la flessibilità: le risorse umane devono acquisire competenze trasversali alle diverse unità funzionali, sviluppando capacità decisionali e autonomia. Questa forma organizzativa, nonostante preveda elevati investimenti in termini di formazione, sviluppo ed incentivazione delle risorse umane, e l attuazione di meccanismi di coordinamento orizzontale, rappresenta il contesto ideale per la diffusione, sviluppo e condivisione della conoscenza. Tutta l organizzazione infatti è orientata alla collaborazione, alla condivisione di esperienze, alla comunicazione: il processo aziendale (sia esso un prodotto, un servizio, un area geografica) rappresenta il locus dell apprendimento e dell innovazione. I responsabili 26

27 del processo (project manager, process owner) ricoprono spesso il ruolo di integratori della conoscenza (Profili, 2004) LE ORGANIZZAZIONI KNOWLEDGE-INTENSIVE Tra le organizzazioni knowledge-intensive ci sono le professional organization: in queste aziende il vantaggio competitivo si crea attraverso la capacità di mobilitare e integrare diversi corpi di conoscenze ed esperienze professionali con lo scopo di generare valore per il cliente (Lowendahl, 1997 in Profili, 2004). Secondo Robertson, Scarbrough e Swan (2003) ciò che distingue le organizzazioni professionali da quelle ad alta intensità di conoscenze è l esistenza di regole e strumenti di controllo professionali, che influenzano i processi di generazione della conoscenza e dell innovazione. Il problema nella gestione di questo tipo di organizzazioni sta nella continua necessità di equilibrio tra le esigenze di formalizzazione, che serve a regolare il coordinamento organizzativo, e l alta autonomia e l indipendenza richiesta per sostenere l innovazione, la flessibilità e la creazione di know-how. Le professional organization sono organizzazione formate da professionals, cioè degli individui con una ampia conoscenza di base e doti spiccate, un ampia indipendenza connessa ad un altro grado di coordinamento e controllo del proprio operato. Si tratta di aziende produttrici di servizi, in cui la maggior parte dei processi viene svolta in presenza o col la partecipazione attiva dei clienti (Chase e Thansik, 1983 in Profili, 2004). La discrezionalità in queste organizzazioni viene riconosciuta e legittimata come parte del lavoro professionale perché legata alla natura stessa delle attività svolte, che non permette l applicazione di sistemi di controllo burocratici (Profili, 2004). Il professionalismo rappresenta il principio organizzativo di divisione del lavoro, differente da quello del mercato o della burocrazia basati rispettivamente su prezzo e autorità; esso è una terza logica di 27

28 coordinamento che sta prendendo sempre più piede non solo in organizzazioni governate da logiche professionali ma anche in altre ad elevato contenuto di conoscenze ed innovazione (Freidson, 2002 in Profili, 1994). Questo tipo di organizzazioni hanno al proprio interno una serie di complessità che rendono problematico l utilizzo di strumenti di coordinamento burocratici efficaci. Bisogna tener conto in primo luogo che l erogazione di servizi professionali richiede la partecipazione di professionalità molto diverse tra loro: competenze, conoscenze, modi di fare, cultura, valori e concetti. I risultati e le performance in queste organizzazioni sono dunque l integrazione e combinazione di diversi saperi e capacità, spesso tacite. In secondo luogo, questa complessità porta spesso ad una iper-specializzazione delle competenze, accompagnata da una forte autonomia e indipendenza nell operato. Questo porta ad un ulteriore bisogno di coordinamento. In terzo luogo, spesso queste organizzazioni sono dislocate geograficamente in zone diverse. Dal punto di vista del cliente poi, la natura dei servizi professionali che non permette una valutazione compiuta prima dell erogazione porta a scegliere in base alla reputazione (dell organizzazione o dei singoli professionisti che vi operano in essa), che diventa un asset fondamentale. Altra caratteristica di queste organizzazioni sono le modalità interne di comunicazione: non vengono utilizzati infatti i canali formali tipicamente verticali, ma quelli orizzontali: le distanze fra i livelli gerarchici sono molto assottigliate (Profili, 2004). Il livello di formalizzazione di una organizzazione varia in base al grado di standardizzazione utilizzato tramite procedure e regole: più standardizzazione corrisponde ad una maggiore formalizzazione. In una organizzazione professionale, risulta difficoltoso, inefficace e controproducente far ricorso ad una rigida standardizzazione, perché la complessità ed imprevedibilità del processo di erogazione del servizio 28

29 professionale costringono il professional ad utilizzare una discrezionalità caso per caso, tipicamente per progetto (ibidem) LE PRATICHE DI KNOWLEDGE MANAGEMENT Come affermano Davenport e Prusak (1998), parlare di KM porta spesso la conversazione su territori astratti e filosofici. Ma c è tutto un mondo reale di KM fatto di budget, politiche, scadenze, prassi operative. Il KM è una pratica in continua evoluzione. I due autori, sperimentandola in più di trenta progetti aziendali, hanno potuto dividerli in tre macrocategorie a seconda degli obiettivi da raggiungere: creazione di depositi di conoscenze, miglioramento dell accesso alle conoscenze, sviluppo di knowledge culture e environments. Il primo gruppo di progetti, che ha come scopo la costruzione di magazzini di conoscenze, tenta di farle diventare delle entità separate dalle persone che le creano ed utilizzano. L obiettivo è estrapolare la conoscenza da documenti, report, presentazioni, articoli ecc. e metterla in depositi dove sia possibile stoccarla e richiamarla facilmente. Gli autori individuano tre tipologie di depositi di conoscenza: conoscenza esterna (ad esempio l intelligence per competere); conoscenza interna strutturata (report di ricerche, materiali e metodi di marketing); conoscenza interna informale (database di discussioni e condivisione). Il secondo gruppo di progetti ha come obiettivo facilitare l accesso alle conoscenze e il loro trasferimento tra gli individui. Questi progetti non si focalizzano come i precedenti sulla cattura della conoscenza, ma sui detentori e i potenziali possessori di tali conoscenze. Se la metafora giusta per i progetti di costruzione di depositi è la libreria, quella giusta per questo secondo tipo di progetti sono le Pagine Gialle: sapere chi e dove detiene la conoscenza, e come entrarne in possesso. 29

30 La terza tipologia di progetti riguarda la costruzione di un ambiente ed una cultura adatti alla condivisione della conoscenza. In questi progetti ricadono gli sforzi di misurare e migliorare il valore del capitale di conoscenza, costruire awareness e ricettività culturale, cambiare i comportamenti riguardo la gestione della conoscenza, sviluppare i processi di diffusione della conoscenza. Si tratta di progetti che hanno come scopo quello di far diventare la conoscenza un altro importante asset per il successo aziendale. Davenport e Prusak ammettono che queste tre macrocategorie sono confinate per lo più nella teoria, perché nella pratica i progetti reali risultavano essere combinazioni delle tre tipologie (ibidem). 1.3 IL RUOLO DELLA CULTURA ORGANIZZATIVA Per Grandori (1995, in Profili, 2004) si parla di coordinamento culturale riferendosi all attività di condizionamento che le norme etiche e i valori fondanti di una data organizzazione esercitano sul comportamento e sulle azioni individuali. La cultura organizzativa, intesa come l insieme di valori e principi di fondo condivisi dai membri di una organizzazione, rappresenta una determinante fondamentale del comportamento organizzativo, in particolare in quelle realtà organizzative in cui risulti difficile osservare efficacemente comportamenti e risultati (Profili, 2004). Nelle organizzazioni orizzontali appena descritte la cultura aziendale assume un ruolo fondamentale in virtù delle difficoltà di coordinare le attività attraverso meccanismi formali come la gerarchia e gli standard. La cultura, fornendo ai membri una identità organizzativa, rappresenta un sistema di coordinamento soft efficace in un contesto in cui i valori professionali hanno una importanza maggiore rispetto alle norme e agli obiettivi aziendali. L utilizzo di strumenti culturali per gestire e coordinare 30

31 le attività si basa sul riconoscimento che la cultura organizzativa, da un lato, viene a galla ed è trasmessa in moto automatico ed inconsapevole, come risultato di un processo di apprendimento e di sedimentazione di consuetudini, modalità operative e valori. Dall altro, rappresenta un costrutto che può essere modellato, comunicato e trasmesso ai membri di una organizzazione attraverso l utilizzo di riti, simboli, strumenti di comunicazione, e in particolare attraverso il comportamento del management che dirige l organizzazione (ibidem). Tutti i componenti della cultura aziendale, e in modo particolare i valori, influenzano il comportamento degli individui e quindi l approccio alla creazione, diffusione e applicazione della conoscenza (De Long e Fahey, 2000, in Profili, 2004). In primo luogo, la conoscenza influisce sul modo di valutare una conoscenza utile, importante o valida all interno di una organizzazione. In secondo luogo, la cultura svolge un fondamentale ruolo di mediatore tra la conoscenza individuale e quella collettiva. Inoltre, la cultura influisce sul contesto di interazione sociale: gli strumenti e i canali di comunicazione utilizzati, la discussione di temi critici, la frequenza delle relazioni, la presenza di comunicazioni bottom-up, lo sfruttamento di conoscenze accumulate, la possibilità di apprendere dal lavoro di colleghi e superiori, sono solo alcune caratteristiche culturali dell organizzazione che influenzano le modalità di interazione e quindi il grado di condivisione della conoscenza (Profili, 2004). Va quindi individuato non la modalità migliore di sviluppo e diffusione della conoscenza, ma la modalità che più si adatta ai valori fondanti e allo stile dell organizzazione. È fondamentale perciò sviluppare una cultura della condivisione, creando una connessione evidente tra il knowledge sharing e i problemi, gli obiettivi, i risultati aziendali e i valori (ibidem) 31

32 1.4 LA MEMORIA ORGANIZZATIVA L approccio affrontato in questo paragrafo, la memoria d impresa, è quello che più esplicita la capacità di una qualsiasi organizzazione di salvaguardare e gestire il proprio sapere e saper fare, in modo da incorporarlo nelle attività, nella cultura e nei valori condivisi dai componenti dell organizzazione stessa (Minguzzi, 2006). La memoria d impresa rappresenta quindi una componente fondamentale del processo cognitivo attuato da una organizzazione attraverso i propri dipendenti, diventando una base, un substrato per l apprendimento organizzativo, che modifica e viene a sua volta modificato dall insieme di risorse e senso condiviso che costituisce la memoria d impresa. Secondo Cross e Baird (2000, in Minguzzi, 2006) esistono svariate modalità con cui l apprendimento delle esperienze aziendali può essere catturato ed integrato nelle pratiche operative e gestionali di una organizzazione: uno di questi è rappresentato dalle tecnologie per la distribuzione della conoscenza. Tuttavia, l impresa può operare ad un livello più soft, ma decisamente più profondo e pervasivo, cercando di far integrare la conoscenza nella vita quotidiana dei membri dell organizzazione, modificando i processi operativi, prodotti e/o obiettivi in modo da incorporare in tali innovazioni la nuova conoscenza acquisita attraverso le esperienze capitalizzate. Tale processo di embeddedment di sapere e apprendimento negli aspetti operativi e pragmatici, culturali, valoriali e di creazione di senso costituisce l operazione-chiave per permettere all organizzazione di costruirsi una propria memoria, a partire dalla quale può ricordare ed apprendere, ma anche dimenticare (Minguzzi, 2006). Nel saggio Organizational Memory, Walsh e Ungson (1991, in Minguzzi, 2006) considerano i rischi di antropomorfizzare in modo fuorviante le organizzazioni. Precisando che le analogie tra memoria umana e organizzativa non possono limitarsi ad analogie di tipo funzionale ma che 32

33 bisogna interrogarsi anche sulla loro validità (le differenze tra memoria umana e organizzativa), comparabilità (come si reperiscono le informazioni dalla memoria organizzativa) e consequenzialità (che cosa comporta per una organizzazione la capacità di immagazzinare la conoscenza di eventi passati per riutilizzarla nelle decisioni presenti), gli autori si basano su tre assunti fondamentali: le organizzazioni sono funzionalmente simili a sistemi che elaborano informazioni provenienti dall ambiente e quindi, come tali, dimostrano di possedere una memoria funzionalmente simile a quella umana; si può desumere l esistenza di una qualche forma di memoria organizzativa anche dal fatto che le organizzazioni devono sviluppare meccanismi e processi per cogliere, interpretare e diagnosticare gli eventi, con lo scopo di gestire la complessità e l incertezza dell ambiente in cui operano; si assume l organizzazione come un network di significati condivisi tra i soggetti e indirizzati allo sviluppo e utilizzo di un linguaggio comune e di interazioni sociali quotidiane. La memoria è un substrato dell organizzazione, più o meno latente, non sempre interrelato alle altre variabili. Gli autori sostengono che, nonostante l acquisizione di informazioni sia una operazione individuale, il processo di condivisione delle conoscenze crei un sistema interpretativo che trascende in parte quello individuale: è per questo motivo che una organizzazione riesce a conservare la conoscenza riguardo al proprio passato anche se alcuni membri-chiave lasciano l organizzazione. La memoria organizzativa rappresenta dunque una serie di informazioni e conoscenze sviluppate ed immagazzinate nel corso della vita di una organizzazione, conservate in modo da poter essere convenientemente richiamate per gestire decisioni presenti, essenzialmente per analogia e attraverso un meccanismo di stimolo/risposta. La memoria si configura 33

34 così sia come uno stock che come una struttura di stoccaggio di informazioni e conoscenze. Tale struttura di conservazione utilizza una logica di funzionamento nelle tre fasi di acquisizione, salvaguardia e ritrovamento delle informazioni. Per Walsh e Ungston nella seconda fase vengono utilizzati cinque contenitori (storage bins) tra loro interconnessi, che compongono la struttura della memoria organizzativa. Questa interconnessione è dovuta al fatto che la memoria è per natura distributiva: questo significa che l informazione non è destinata a rimanere confinata in un luogo centrale, ma che tende a spargersi all interno di tutta l organizzazione. I cinque bins individuati dagli autori sono gli individui, la cultura organizzativa, le trasformazioni, la struttura organizzativa e l ecologia del luogo di lavoro. Gli individui: il loro contributo alla memoria organizzativa è rappresentato dalla loro capacità di ricordare conoscenze ed esperienze e dagli orientamenti cognitivi che essi utilizzano per facilitare il trattamento delle informazioni; la cultura organizzativa, rappresentata da una serie di modalità apprese di percepire, riflettere e trattare i problemi trasmesse ai membri dell organizzazione, incarna le esperienze passate utili per affrontare il futuro; le trasformazioni, i processi di cambiamento che avvengono all interno dell organizzazione; la struttura organizzativa, l insieme di ruoli, norme ed aspettative; l ecologia del luogo di lavoro, la struttura fisica e materiale dell organizzazione, le condizioni di lavoro al suo interno e l ergonomia. A questi cinque contenitori i due autori ne aggiungono un sesto, gli archivi, strumenti utili nel reperimento di informazioni sul passato dell organizzazione. Secondo gli autori questo approccio offre numerosi vantaggi: una riduzione dei costi di transazione e ricerca, a vantaggio dell efficienza 34

35 aziendale, una maggiore accettazione delle decisioni presenti se legittimate da decisioni passate (il ruolo della tradizione ), una facilitazione delle procedure di definizione dei problemi generando alternative, una maggior capacità di conservare knowledge. Ai vantaggi sopraccitati, Walsh e Ungson contrappongono alcuni rischi derivanti dall abuso o dall utilizzo indebito della memoria organizzativa, come ad esempio il ritrovamento di informazioni tali da spingere ad una decisione routinaria quando ne sarebbe necessaria una non-routinaria (o il contrario), o un impiego errato delle informazioni, o un utilizzo di queste volto a rafforzare l autocrazia e il dominio da parte di chi sa servirsene. Per prevenire tali distorsioni la memoria organizzativa deve essere sempre e comunque collettiva, anche se ciò può mettere in discussione la distribuzione del potere all interno dell organizzazione (ibidem). Secondo Cecchinato e Lorenzio (2002, in Minguzzi, 2006) ciò che chiamiamo memoria è un ricostruirsi continuo di forme e non un depositarsi di contenuti. La rievocazione dell esperienza passata è mediata ed elaborata dall interpretazione del soggetto, che le attribuisce un significato e un senso in base al contesto in cui avviene questa rievocazione. In questo senso la memoria è sempre presente e mai passato. Nelson e Winter (1982, in Minguzzi, 2006) affermano che la memoria organizzativa diviene l identità del noi collettivo, non più citata quotidianamente ma assunta, adoperata e cristallizzata nelle routine che guidano inconsapevolmente e inconsciamente gli individui. La memoria organizzativa collettiva che si crea supera le singole memorie individuali, permettendo la formazione e stabilizzazione di una cultura ed identità comune (Minguzzi, 2006). Le routine in cui si sedimentano le interpretazioni comuni possono diventare prassi difficili da modificare o correggere. Tuttavia la memoria organizzativa non si riduce unicamente ai suoi aspetti più conservativi e routinari, perché ne esistono molti altri, dagli archivi ai database, dalle 35

36 regole alle procedure, fino alle memorie individuali. La memoria organizzativa non è quindi statica, ma cresce e si sviluppa tramite gli individui che la costituiscono (ibidem). Anand, Manz e Glick (1998) hanno sviluppato un modello per la costruzione della memoria organizzativa che denominano sistemica. Partendo dalle teorie organizzative che sostengono che le informazioni e le conoscenze acquisite da una parte dell organizzazione devono essere comunicate velocemente alle altri parti, gli autori sottolineano come la mole di informazioni acquisite in una organizzazione sia enorme: se tutte queste conoscenze vengono trasmesse a tutte le parti dell organizzazione, i membri di questa subiscono un overload informativo (ibidem). I tre autori quindi suggeriscono un modello di memoria organizzativa che prevede la creazione di domini informativi riconosciuti, directory e allocazioni di informazioni all interno dell organizzazione. Questo approccio richiede che i dipendenti siano informati riguardo alle tipologie di conoscenze disponibili nei vari domini, e che siano facilitati nell acquisizione, elaborazione ed utilizzo di queste conoscenze. Questo modello prevede: la presenza di informazioni e conoscenze incorporate rilevanti all interno della memoria sistemica; la disponibilità di tali informazioni e conoscenze; la costruzione di processi organizzativi e norme che permettono la condivisione di decisioni, conoscenze e informazioni; che la memoria sistemica sia continuamente modificabile e ricreabile quando i cambiamenti interni o esterni lo rendono necessario. Steinmueller (2000), oltre a ricordare come la memoria d impresa e la condivisione della conoscenza siano particolarmente importanti per le performance innovative di un impresa, sottolinea come sia diversa la gestione della conoscenza tra una piccola e una grande organizzazione. La piccola impresa può infatti sviluppare reti di relazioni e condivisione tra i dipendenti; per la grande impresa, invece, l utilizzo di conoscenza 36

37 precedentemente acquisita per risolvere problemi nuovi si rivela fonte di grandi difficoltà. L autore ne indica tre: l organizzazione deve individuare le caratteristiche principali di un determinato problema per vedere se assomiglia a problemi affrontati in passato; in seguito l organizzazione deve individuare le fonti di tutte le informazioni rilevanti, ovvero gli individui che erano stati in grado di risolvere i problemi precedentemente affrontati; se l identificazione di questi individui risultasse problematica o non possibile, l organizzazione dovrebbe essere in grado di reperire tali conoscenze attraverso altri canali TIPOLOGIE DI MEMORIA ORGANIZZATIVA Allo stesso modo delle conoscenze (le quali, del resto, costituiscono la materia prima della memoria), anche la memoria organizzativa si compone di elementi tangibili ed intangibili, a seconda che ciò che è stato appreso venga formalizzato o meno (Minguzzi, 2006). Da un lato quindi troviamo l esperienza personale acquisita durante l attività lavorativa, la memoria tacita del come e del perché si è imparato qualcosa o si sono prese certe decisioni (know-how, know-why). Dall altro si ha la memoria dichiarativa, esplicita e codificata sotto forma di documenti prodotti individualmente o collettivamente: la memoria del che cosa (know-what) reperibile in archivi, database manuali di procedure, istruzioni, e anche la letteratura grigia, cioè annotazioni, relazioni, brainstorming (ibidem). Un altra classificazione viene fornita da Joanna Pomian (1996, in Minguzzi, 2006). L autrice suddivide la memoria d impresa in tre differenti tipologie, che hanno tra le principali discriminanti le modalità e il tempo di 37

38 costituzione della memoria stessa: le tre categorie di memoria sono quella tecnica, di progetto e manageriale. La memoria tecnica, quella formatasi nel lungo periodo sulla base dell esperienza lavorativa di un soggetto che costituisce un capitale di sapere. In essa rientrano la vita lavorativa, l esperienza e le decisioni prese, le strategie passate, le scoperte, gli errori. La memoria di progetto si sviluppa qualora l impresa basi le proprie attività attorno a progetti circoscritti nel tempo: poiché l esperienza di progetto rischia di dissiparsi una volta esauritasi, la salvaguardia di questo tipo di memoria è fondamentale. La memoria manageriale è rappresentata da quell insieme di apprendimenti localizzati ed effettuati nel breve periodo che contribuiscono al buon funzionamento dell organizzazione I CONTRIBUTI DELLA MEMORIA ORGANIZZATIVA Sono numerosi i benefici che la memoria organizzativa può apportare per migliorare il funzionamento e l efficienza dell organizzazione, sia da un punto di vista difensivo (evitare conseguenze negative) che da uno proattivo (migliorare le performance) (Minguzzi, 2006). In primo luogo va menzionata la necessità, spesso sottovalutata, di evitare perdite di sapere o di savoir-faire a causa della partenza di un esperto o comunque di un detentore di conoscenza pratica potenzialmente critica per l organizzazione. Anticipare i rischi dati dalla perdita di sapere in tali circostanze diventa un obiettivo primario per il management. Il modo di ovviare a tali inconvenienti è di costruire, attraverso metodi qualitativi quali dell audit (interviste), un insieme esplicito delle conoscenze detenute dagli individui il cui sapere è considerato importante e lo si vuole immagazzinare per riutilizzarlo nel futuro: il savoir-faire individuale viene così capitalizzato nella memoria collettiva (ibidem). 38

39 Altrettanto determinante risulta in molte organizzazioni la capacità di sfruttare l esperienza acquisita nei progetti trascorsi e conservare le lezioni derivanti da strategie ed azioni passate: questo serve a evitare il ripresentarsi di errori, malfunzionamenti o ambiguità, e per sfruttare al meglio il retour d experience, ossia il ri-verificarsi in situazioni nuove di alcune caratteristiche già incontrate in progetti passati. Riconoscere questi ritorni d esperienza consente di risparmiare tempo, denaro e fatica. Lo sviluppo di una memoria di progetto consente inoltre la creazione di un forte spirito di condivisione, facilita il riconoscimento dei contributi individuali, incoraggia al dialogo e alla partecipazione attiva, migliora il sentimento di appartenenza al team e all organizzazione (ibidem). In definitiva, la memoria organizzativa consente di costruire una mappa delle conoscenze detenute da una organizzazione, un inventario quotidianamente aggiornato del savoir-faire dell impresa, che comprende anche il chi sa cosa, le reti di distribuzione e condivisione, le fonti e i manipolatori della conoscenza. Questo, favorendo la circolazione del sapere all interno, può aiutare l organizzazione a reagire e ad adattarsi ai cambiamenti (ibidem). 39

40 2. LE LEARNING HISTORIES, UNO STRUMENTO PER DIFFONDERE LA CONOSCENZA NELL ORGANIZZAZIONE In questo capitolo viene descritto uno degli strumenti di KM per diffondere competenze distintive e comunicazionali, elaborato da Art Kleiner e George Roth: le learning histories, un differente approccio all apprendimento istituzionale. 2.1 L APPROCCIO ESPERIENZIALE ALL APPRENDIMENTO In our personal lives, experience is often the best teacher (Kleiner, Roth, 1997:1). Questo detto ha spinto Art Kleiner e George Roth a verificarne la validità nella vita di una azienda, e ad interrogarsi su come gli insegnamenti e le esperienze del passato possono essere trasformate da un organizzazione in un processo al fine di tramutarli in azioni operative. La questione ha interessato un gruppo di studiosi di scienze sociali, manager e giornalisti al Center for Organizational Learning (di cui Kleiner e Roth sono membri) del Mit (Massachusetts Institute of Technology), che hanno sviluppato e testato un mezzo per risolvere il problema dell apprendimento organizzativo, chiamando questo strumento learning history. Una learning history è il racconto di una esperienza aziendale, di un episodio critico, un cambiamento o una riorganizzazione, una nuova iniziativa, una importante innovazione, un successo aziendale, o un evento traumatico come un ridimensionamento. Questo documento descrive l evento raccogliendo le testimonianze di tutte le persone 40

41 coinvolte, utilizzando un linguaggio ricco dal punto di vista emozionale e coerente con la storia raccontata. Le learning histories vengono create attraverso la socializzazione della conoscenza: raggruppano i resoconti di esperienze vissute individualmente, esplicitando la conoscenza tacita attraverso la documentazione della storia e consentendo la combinazione del sapere e la sua interiorizzazione attraverso la diffusione in tutta l organizzazione. La diffusione però non si deve esaurire con la mera distribuzione dei documenti all interno della organizzazione. Le learning histories rappresentano infatti la base per discussioni di gruppo, formati non solo dalle persone coinvolte nella storia ma anche da chi può apprendere qualcosa da essa: la miglior soluzione sarebbe includere tutti i manager e collaboratori dell organizzazione. Le discussioni di gruppo devono essere formate da un numero limitato di partecipanti: questo facilita il dialogo, lo scambio di opinioni e modi di pensare. Lo scopo di questi meeting è quello di raggiungere una migliore comprensione degli eventi e delle decisioni, condividere la conoscenza e la consapevolezza dell apprendimento organizzativo. In questo modo una learning history evolve da prodotto per creare e diffondere know-how a processo per condividerlo all interno dell organizzazione e apprendere da esso per poter affrontare al meglio le problematiche future LO STORYTELLING Dal punto di vista della sua costruzione, la learning history si basa sulla pratica dello storytelling (ibidem), un approccio alla comunicazione che utilizza il potenziale della memorabilità e il forte impatto della narrazione (Barone, Fontana, 2005). Le organizzazioni sono composte da individui, da insiemi di soggetti diversi e in costante interazione tra loro: per questo motivo esse raccontano una molteplicità di storie in cui si mescolano differenti 41

42 linguaggi, vocabolari e registri narrativi. Questi necessitano di integrazione e coerenza, poiché solo in questo modo l'impresa potrà raggiungere un significato comune e un'identità distintiva riconoscibile all'interno e all'esterno. Con l'emergere di una visione delle organizzazioni come costruzioni pluralistiche di storie multiple si afferma quindi anche una nuova concezione della narrazione, che viene oggi rivalutata e considerata una modalità efficace per una diversa ed innovativa comprensione, direzione e gestione delle imprese. Ecco perché la narrazione può diventare uno strumento a disposizione delle imprese per ridefinire la propria identità, approfondire la propria conoscenza e migliorare la comunicazione. Attraverso un'analisi dei racconti di vita e di lavoro delle persone, dei loro vissuti, dei loro modelli di relazione, lo storytelling permette alle imprese di raggiungere importanti obiettivi: rendere espliciti i risultati raggiunti, generare consenso e senso di appartenenza, motivare le persone, far conoscere e comprendere i cambiamenti in atto (ibidem). Kleiner e Roth (1997) ricordano come la pratica della narrazione venga utilizzata dagli albori della civiltà umana, quando i membri delle antiche società tribali si riunivano attorno ad un fuoco per condividere il racconto di importanti eventi, guerre, cambiamenti nella leadership delle tribù o disastri naturali. In queste assemblee tutti i partecipanti raccontavano la personale versione della storia, secondo la propria prospettiva, guidati dal capo tribù o dallo sciamano. Queste figure avevano il compito di commentare la narrazione permettendo di indagare i processi soggiacenti alla formazione dei significati della storia, portandoli alla luce. Rivivendo l evento assieme, e apprendendo collettivamente il suo significato, il gruppo creava un significato condiviso. Attraverso la sperimentazione su casi aziendali delle learning histories, il centro per l Organizational Learnig del MIT può affermare che questa pratica può essere utilizzata e portare a concreti risultati anche in ambito aziendale. 42

43 Lo storytelling quindi è un metodo utile per l emersione della conoscenza, sia individuale che collettiva, distribuita nelle interazioni e, in particolar modo, di tipo implicito (Troilo, 2001:117) I VANTAGGI DELLE LEARNING HISTORIES Ma quali sono gli effetti della costruzione e condivisione di una learning history in una organizzazione? Kleiner e Roth individuano la creazione di fiducia, la libera espressione, il trasferimento di knowledge e la costruzione di un quadro completo. Il primo vantaggio percepibile è la creazione di fiducia. Collaboratori o dipendenti che nel passato credevano che la propria opinione fosse ignorata si rendono conto del contrario vedendola pubblicata in un documento. Si combatte quindi il sentimento di isolamento all interno dell organizzazione, dando la possibilità di far sentire le persone coinvolte in un processo di miglioramento delle performance personali ed aziendali. Inoltre i gruppi di discussione danno l opportunità per una riflessione collettiva: questo aiuta le persone a chiarire paure, perplessità e opinioni, migliorando il grado di confidenza tra loro. Se la fiducia cresce vengono gettate le basi per la costruzione di un ambiente lavorativo predisposto all apprendimento, in particolare all apprendimento collettivo, perché quest ultimo dipende dalla condivisione di idee e opinioni. In secondo luogo, le learning histories appaiono particolarmente efficaci nel far emergere argomenti di cui si vorrebbe parlare ad alta voce ma non si ha il coraggio, incoraggiando alla libera espressione. Il documento, grazie alla anonimità dei commenti dei partecipanti, permette di esprimere liberamente la propria versione dei fatti, portando alla luce considerazioni che altrimenti rimarrebbero tacite e latenti. In terzo luogo, l utilizzo delle learning histories ha particolare successo nel trasferire knowledge da una parte dell organizzazione (divisione, area, reparto) ad un'altra. Le learning histories permettono ai lettori di conoscere 43

44 le ragioni, gli impulsi, gli insight che hanno portato all apprendimento, senza limitarsi alla mera lettura di una lezione imparata da altri ma facilitando la condivisione e l implementazione di questi nuovi insegnamenti. Infine, le learning histories consentono di avere un quadro completo e abbastanza generalizzabile sullo stato della gestione aziendale, cosa funziona e cosa no, individuando persone ed aree di intervento. Questo strumento può essere commissionato per analizzare un evento, ma i suoi risultati spesso vanno oltre. Uno di questi (ed uno dei più ricorrenti) è che risultati di tipo hard (finanziari, produttivi, tecnici) molto spesso dipendono da componenti soft come la cultura aziendale e la fiducia all interno dell organizzazione. Le learning histories, contenendo molti altri temi aziendali ricorrenti, possono così rappresentare delle vere e proprie guide per chi si occupa di scienze manageriali. 2.2 SVILUPPARE LA MEMORIA ORGANIZZATIVA ATTRAVERSO LE LEARNING HISTORIES Una delle sperimentazioni del gruppo di lavoro dell Organizational Learning Center del Mit è avvenuta in una raffineria statunitense (Kleiner, Roth, 1998). E stato deciso di ri-orientare le attività della squadra di produzione di gas butano attivando un processo di apprendimento continuo. E stato costruito un gioco da tavolo interattivo basato sulle operazioni della raffineria. Attraverso il gioco i dipendenti hanno imparato a ragionare assieme riguardo i problemi da risolvere: questo ha galvanizzato in modo inaspettato i partecipanti, spingendoli alla collaborazione. I risultati sono stati una serie di innovazioni, tra cui un sistema di controllo delle apparecchiature che da solo ha portato a risparmiare 1,5 milioni di dollari l anno. 44

45 Ma i membri del team coinvolto non si sono resi conto appieno dei loro sforzi e delle conseguenti implicazioni fintantoché non sono stati invitati a descriverli agli altri dipendenti della raffineria. In un lavoro di gruppo condotto da un esperto di learning histories esterno e in cui partecipavano anche i manager, i membri del team hanno raccontato con parole proprie la storia della loro esperienza di apprendimento, includendo commenti e domande utili alla gestione futura del team. Il risultato fisico, un documento di venti pagine, è stato utilizzato per raggiungere altri successi: problem-solving, credibilità grazie all inclusione di fallimenti e incomprensioni interne, ulteriori risparmi e tagli di costi: il dialogo aperto è stato il motore del processo di cambiamento interno (Kleiner, Roth, 1998:43). Raccontando la propria esperienza di collaborazione, i membri del team sono andati ampiamente oltre una semplice lista di best practices o di miglioramenti di processo: hanno raccolto un insieme di pensieri, opinioni, commenti, sperimentazioni e questioni in modo da essere forzati a riflettere sulla esperienza fatta. Il risultato più evidente di questo processo è, come ogni dipendente e visitatore può attestare, il forte miglioramento del morale della raffineria. Ma questo non è imputabile direttamente alle innovazioni apportate, ma allo sviluppo di una collaborazione che ha portato i dipendenti a rendersi conto di cosa veniva fatto e come, e ad apprendere da questo. Una learning history è un documento che racconta all organizzazione la sua storia in modo sicuro e strutturato. La sua principale intenzione è di generare riflessione e open dialogue. Non offre la risposta alla domanda come può l organizzazione crescere e progredire?, ma è diretta a generare un contesto comune ed una comprensione condivisa che costituirà il terreno fertile da cui potranno nascere le risposte. Ad uno primo sguardo, le learning histories possono sembrare solo un altro strumento di sviluppo organizzativo che utilizza metodologie 45

46 qualitative di indagine come le interviste e la raccolta di feedback per sostenere il cambiamento. Ma le learning histories sono dei documenti semi-pubblici indirizzati all organizzazione nel suo complesso, non al top management o a particolari aree: questo richiede una disciplina diversa rispetto agli interventi tradizionali. Sempre secondo Kleiner e Roth, durante la costruzione di una learning history sono tre gli imperativi che devono essere tenuti a mente: la necessità di restare fedeli ai dati (cosicché tutto nel report sia considerato valido), alla storia (in modo da conferirle una miticità che catturi l attenzione delle persone) e al pubblico (ciò permette di creare un calco che aiuti in modo pragmatico l organizzazione ad evolvere). 2.3 LA LEARNING HISTORIES PER L APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO L idea di creare e sviluppare la learning organization ha preso piede nei primi anni 90, ed è stata adottata da multinazionali statunitensi come Coca-Cola, Shell, Chevron e Tenneco (Kleiner, Roth, 1998). In particolare i top manager di queste aziende hanno sottolineato come l approccio all apprendimento organizzativo permetta all organizzazione di generare continuamente nuovo sapere e capacità per affrontare le avversità. I middle manager sostengono l apprendimento organizzativo perché incoraggia le persone a seguire le proprie ispirazioni e, allo stesso tempo, a migliorare le performance aziendali. Invece di creare contraddizioni, l apprendimento individuale e collettivo si rinforzano a vicenda, creando uno spirito di comunità e di coinvolgimento personale. Ma per molti manager rimane comunque una questione critica (Kleiner, Roth, 1998). Dati gli alti investimenti per sostenere l apprendimento organizzativo, re-ingegnerizzazioni e altri sforzi, come essere sicuri che l apprendimento sia in atto? Come valutare qualcosa così intrinseco, 46

47 soggettivo e tacito come l apprendimento? Come riuscire ad imparare dagli errori commessi nel passato e trovare la chiave per replicare i successi? Gli strumenti tipicamente utilizzati per valutare l apprendimento sono le convenzionali survey. Ma il limite di questo strumento è che le persone consce d esser valutate e giudicate tendono a migliorare le proprie performance, cercando di intuire e soddisfare i criteri sotto indagine invece di focalizzarsi sul miglioramento delle proprie capacità. L intrinseca aspirazione che guida l apprendimento viene spesso soppiantata dal desiderio di sembrare una persona di successo, dalla pressione estrinseca esercitata dai premi e dalla paura di una ammonizione per non aver raggiunto determinati risultati. Questo può limitare gli esperti nella ricerca analitica dei cambiamenti soft che portano a risultati più visibili e facilmente indagabili. È fondamentale in questa fase che le persone coinvolte siano spronate a mantenere l attenzione sull originale entusiasmo riguardo l apprendimento. I membri di un organizzazione conoscono le motivazioni di problemi, fallimenti, l impatto dei cambiamenti nelle politiche interne, e i modi in cui deve muoversi l impresa per progredire: hanno una propria interpretazione dei fatti. Ma questa conoscenza individuale rimane tacita se le persone non hanno l opportunità di esplicitarle: l apprendimento organizzativo è possibile solo se le imprese trovano il modo di istituzionalizzare la riflessione collettiva. La metodologia delle learning histories è nata e si è evoluta come risposta a questo bisogno: stimolare la riflessione e l apprendimento collettivo. Le learning histories vengono solitamente commissionate dal senior management dopo significativi processi di cambiamento. Questo li porta ad esaminare anche il proprio comportamento e a volere una valutazione della propria posizione che vada oltre al quello che il capo vuole sentire. 47

48 Kleiner e Roth individuano una serie di differenti momenti nella vita di una organizzazione, suddivisi in tre macrogruppi, in cui si sente il forte bisogno e desiderio di una riflessione collettiva. Il primo caso è quello di un significativo cambiamento: viene a galla il bisogno di documentarlo, riconoscere un successo e imparare da esso, o comprendere un fallimento e le sue motivazioni. Una learning history in questo caso può fornire, invece di uno strumento di auto-riflessione, un modo per rendere esplicite le proprie considerazioni, il proprio punto di vista a tutta l organizzazione. Il secondo caso è un successo: esso può fornire le fondamenta solide in cui tutta l organizzazione può costruire il suo futuro. Per questo è necessario che tutta l organizzazione sia coinvolta nel processo di riflessione: questo significa dare voce a tutti, compresi gli scettici. Il terzo caso riguarda il bisogno di istituzionalizzare la riflessione riguardo la corporate identity e le strategie future: in definitiva una riflessione sul bisogno di conversare e comunicare tra i vari livelli aziendali. In tutte queste situazioni, per sviluppare la memoria organizzativa è necessario immagazzinare e trasferire nell organizzazione tutte le conoscenze utilizzabili: conoscenze non solo riguardo ad azione da intraprendere e i loro risultati, ma anche riguardo le teorie tacite che ne stanno alla base (vantaggi, svantaggi, pregi e difetti). Ma, notano Kleiner e Roth, la realizzazione pratica della riflessione organizzativa trova molte barriere nel business. La riflessione necessita della difficoltosa attività collettiva di costruzione di auto-consapevolezza: nella maggior parte delle imprese i manager hanno poche opportunità di discutere liberamente riguardo successi e fallimenti del passato. Non solo: anche questa volontà di non parlare di questi argomenti costituisce un taboo. Quindi per evolvere in learning organization sono necessari tutta una serie di deliberati meccanismi per condividere le esperienze individuali. Solo questo può portare le persone ad imparare dai propri successi e fallimenti. 48

49 2.4 LE FASI DI COSTRUZIONE DI UNA LEARNING HISTORY Dopo aver delineato come le learning histories possano aiutare l organizzazione a riflettere ed apprendere, Kleiner e Roth individuano le sei fasi di costruzione di una learning history: planning, reflective interviews, distillation, writing, validation, dissemination. La prima fase, il planning, riguarda la delineazione del tipo di learning history da costruire e per quali scopi. La prima attività da svolgere è l assemblamento del gruppo di lavoro: vengono scelte persone motivate ad investire tempo e sforzi in questo progetto. La seconda fase, le reflective interviews, si svolge attraverso interviste condotte da un esperto esterno, in cui vengono raccolte le opinioni di tutti i punti di vista ritenuti significativi. Durante le interviste vengono identificati i risultati tangibili, gli outcomes associabili ad uno sforzo di infondere l apprendimento e il miglioramento. Vengono condotte dalle cinquanta alle duecento interviste, in relazione alla grandezza dell organizzazione e agli scopi del progetto: è preferibile raccogliere il maggior numero di punti di vista possibili, dagli entusiasti agli scettici. Questo perché l obiettivo è che tutti, leggendo il documento, si sentano coinvolti e vedano esplicitato e considerato il proprio modo di pensare. Mentre in altri tipi di indagini vengono richieste analisi, valutazioni e giudizi, in una learning history si vuole solamente raccogliere la versione della storia di ognuno. I partecipanti vengono spronati a parlare in prima persona, lasciandosi alle spalle i modi di pensare correnti in azienda, e ad esplicitare le proprie percezioni e osservazioni. Parlando apertamente della propria esperienza gli intervistati sono portati a fare nuove riflessioni riguardo agli insight delle proprie e altrui azioni passate. La terza fase, la distillation, riguarda la trasformazione da parte degli esperti e di uno staff di membri interni del materiale raccolto in un coerente set di temi, e la redazione di un report. È stato scelto il termine distillazione dagli autori perché esplicita al meglio l obiettivo di questa 49

50 attività: prendere l enorme volume di dati grezzi, purificarli e raffinarli in modo da renderli facilmente comprensibili a tutta l organizzazione. L essenza di questo lavoro è presentare un documento in cui l organizzazione racconta a sé stessa cosa accade e il significato di questi eventi, non un analisi da parte di esperti esterni. La quarta fase, writing, è la stesura del documento, effettuata da team formati da membri sia interni (dipendenti) che esterni (esperti), suddivisi in base ai diversi temi. In questa attività, gli esperti abbandonano il ruolo di ricercatore e osservatore per assumere quello di partner delle persone che stanno studiando. Il documento viene presentato diviso in due colonne: in quella a sinistra appare la storia raccontata dai partecipanti, in quella a destra si trovano questioni, commenti e valutazioni inserite dagli esperti, che hanno lo scopo di stimolare la riflessione nel lettore. Attraverso questo format, il lettore può trarre una propria conclusione della storia. Ogni partecipante viene identificato col ruolo o titolo, non col proprio nome. Questo permette alle persone di sentirsi libere di esprimere le proprie opinioni. La quinta fase è la validation: il documento ritorna ai suoi autori. Prima della sua diffusione i partecipanti hanno la possibilità di vedere i propri interventi, modificarli ed approvarli. In aggiunta vengono condotti dei workshop con piccoli gruppi di partecipanti: questo permette di rivivere la propria esperienza e di osservare la reazione degli altri membri. L ultima fase è la dissemination: il documento è pronto per essere diffuso all interno della organizzazione e per essere discusso in team: le persone vengono riunite per due o tre ore di riflessione e conversazione, in cui ognuna arriva alla propria conclusione sul significato della esperienza vissuta e lo condivide con gli altri. Ne escono con una maggiore consapevolezza sul senso dell esperienza di team. E soprattutto si crea un atmosfera di innovazione e creatività, grazie alla possibilità di dire qui è dove dobbiamo operare differentemente. 50

51 2.5 UN NUOVO GENERE NELLA LETTERATURA DI BUSINESS Kleiner e Roth credono che le learning history siano uno strumento che rappresenta un nuovo genere della business literature per tre motivi: la forma (il modello a due colonne), i contenuti (il documento contiene la descrizione del processo di apprendimento dei partecipanti e degli esperti) e il processo di creazione (la conduzione interna/esterna nella costruzione e stesura del documento). I tre elementi critici di questo approccio individuati dagli autori sono: 1. La collaborazione tra i membri interni all organizzazione ed esperti esterni di learning history e processi d apprendimento. 2. Utilizzare come base di partenza azioni e risultati rilevanti. 3. L utilizzo della tecnica che gli autori denominano jointly told tale, ovvero la scrittura congiunta del documento da parte di membri interni ed esperti esterni. Le learning histories affondano le radici in varie teorie, tecniche, scienze riguardanti capacità, azioni e interventi come il racconto orale, l antropologia, la sociologia, la letteratura e il teatro. L integrazione di queste teorie e tecniche, utilizzando la filosofia e i princìpi dell apprendimento organizzativo, è ciò che rende questo strumento unico. Uno strumento che permette di portare in superficie, rendere esplicite e trasformare in knowledge base conoscenze tacite, non scritte e codificate. Uno strumento che per funzionare deve essere costruito secondo tre prospettive: la ricerca per dare consistenza e validità attraverso la veridicità dei dati, la miticità per utilizzare tutto il potere della narrazione, e il pragmatismo per sviluppare un senso della storia appropriato ed utilizzabile in modo pratico nella vita organizzativa. Gli autori ammettono che non c è un ordine preciso da seguire, ma che l esperienza ha loro insegnato che è più facile e logico iniziare dalla research prospective. 51

52 Dunque il significato delle learning history è far comprendere l importanza della riflessione riguardo al passato, far capire che per pianificare le strategie ed azioni future bisogna conoscere ciò che è accaduto nel passato, ed imparare da esso. Il learning history process, attraverso la conduzione di interviste di conversazione e riflessione, la distillazione di ciò che le persone hanno detto, la scrittura organizzata tematicamente e congiuntamente, la validazione con i partecipanti e la disseminazione attraverso workshop è finalizzato alla costruzione di un documento che consente di indagare e controllare le azioni e i comportamenti nell organizzazione. Una learning history si basa sul passato, ma non è uno strumento statico. Può essere continuamente revisionato, tramite l aggiunta di modifiche, di ulteriori commenti ed opinioni provenienti dai gruppi di discussione o di nuove informazioni disponibili. Diventa così uno strumento dinamico e in progress, aiutando l organizzazione a riflettere sul proprio passato, sulle strategie elaborate, sulle azioni intraprese, sui comportamenti a livello individuale e collettivo. Permette di valutare cosa ha funzionato e cosa no, le strategie di successo e quelle che hanno portato ad un fallimento, scoprendone le ragioni tacite di ogni individuo nell organizzazione. La reflective organization è condizione necessaria per la creazione della learning organization. 52

53 3. ATON, UNA ORGANIZZAZIONE KNOWLEDGE-INTENSIVE Questo capitolo descrive l azienda oggetto di studio di questa tesi: la sua storia, di cosa si occupa, la sua missione e i suoi valori, la sua comunità aziendale, ed un particolare riferimento alle attività di comunicazione svolte. 3.1 LA STORIA DI ATON: LE TAPPE DELL INNOVAZIONE Nel 1988 Giorgio De Nardi, oggi presidente del Gruppo Aton, fonda Centro Computer: in quegli anni l informatica mobile è ancora un ambito poco sviluppato. Centro Computer nasce a Vicenza, sede in cui vengono realizzate le prime applicazioni di tentata vendita e gestione in real-time della logistica con impianti in radiofrequenza. Il nome odierno dell azienda è stato scelto dopo un viaggio in Egitto compiuto nel 1991 dal fondatore, rimasto colpito ed affascinato dalla figura di Akhenaton, Amenhotep IV faraone della XVIII dinastia del Nuovo Regno che governò dal 1377 al 1362 a.c., che lottò contro la povertà, la corruzione e le ingiustizie di casta. Un pioniere che soppresse le numerose divinità della tradizione egizia sostituendole con una religione monoteistica, quella del Dio sole Aton. L azienda ha quindi ereditato, oltre al nome breve, facile da ricordare e che inizia per A (sta quindi in testa alle liste e agli indici), l impegno a non uniformarsi allo status quo, il battersi per il miglioramento della vita di tutti, l essere innovatore e pronto a mettere in discussione tutto, anche privilegi e poteri consolidati. 53

54 Nel 1993 apre la sede di Aton a Villorba, Treviso, seguita l anno dopo dalla prima filiale a Bologna, nel 1995 dalla seconda filiale a Milano con l acquisizione dell azienda ADS e nel 1997 dalla terza filiale a Roma. Le filiali hanno la funzione di gestire i clienti di Aton in base all area geografica. Gli anni 90 sono tecnologicamente caratterizzati dai primi impieghi del pen computing con il riconoscimento della scrittura per applicazioni di raccolta ordini, tentata vendita, merchandising e magazzino. Nel 2000 si realizzano i primi Vertical Business Portal con trasmissioni a banda larga GPRS/UMTS e Internet per informatizzare in tempo reale la supply chain: dei punti unici di contatto che integrano applicazioni per le attività mobili con le l infrastruttura di information technology della sede centrale. Nel 2000 Aton riceve la certificazione ISO 9001/UNI EN ISO 9001 a scopo di progettazione e sviluppo di software, commercializzazione a marchio del produttore di prodotti hardware e loro integrazione, assistenza tecnica di sistemi informativi. Il 2004 è un anno di svolta: l Aton S.r.l. infatti cambia ragione sociale e diventa società per azioni, aumentando il capitale sociale da 98 mila euro a 2,5 milioni di euro. Nel 2005 Aton compie un altro importante passo nel suo progetto di crescita acquisendo la Infos Italia Srl. di Torino, società nata nei primi anni 80 e primo produttore europeo nel settore dei terminali portatili per la gestione ordini. Con l ingresso di Infos nel Gruppo, Aton acquisisce un migliaio di nuovi clienti ed il controllo di tutti i brevetti sviluppati in oltre vent anni di attività. Viene quindi aperta la quarta filiale, con l obiettivo di gestire i clienti ubicati nel nord-ovest del Paese. Nel primi mesi del 2006 il Gruppo Aton rafforza la propria struttura e punta all internazionalizzazione del business concludendo l acquisizione del 51% dell azienda spagnola Altec SL, che opera dal 1998 a Madrid nel settore 54

55 delle gestione delle infrastrutture di Information Technology e delle applicazioni mobili, in particolare garantendo assistenza specializzata ai dispositivi hardware per la tentata vendita e la raccolta ordini dei clienti Infos in Spagna. Questa ulteriore acquisizione rafforza la presenza di Aton sul mercato europeo del mobile computing, consentendo di esportare prodotti, servizi ed esperienza di altissimo livello in un mercato in forte crescita. Oggi Aton è un azienda di medie dimensioni che conta centocinquanta professional e più di tremilacinquecento clienti attivi, opera in tutta Europa con business units in Italia e Spagna e partner in Portogallo e Germania, e investe l'8% del fatturato annuo in R&D. Fatturato che nel 2005 ammonta a dodici milioni di euro, ma con le ultime acquisizioni (Infos e Altec) e i nuovi clienti è previsto nel 2006 un fatturato di diciotto milioni di euro con un forte aumento del tasso di crescita che negli ultimi cinque anni è stato del 20%. Inoltre Aton ha in programma di continuare la crescita a livello internazionale, puntando a vasti mercati come quello statunitense. Tra i clienti di maggior rilievo spiccano aziende di notevoli dimensioni e con forte brand awareness come Granarolo, Nuova Parmalat, Rana, Sammontana, Mila, Segafredo Zanetti, Hausbrandt, Mionetto, Diesel, Rifle, Furla, Geox, Trudi, Bassetti, Coin, Sara Lee, Api, Henkel, Fischer, Luxottica, Banca Intesa, Banca Popolare Italiana, Credit Suisse, Deutsche Bank, Sony Picture Italia, Haier, Daimler-Chrysler e molti altri. 3.2 L OFFERTA ATON Aton S.p.A. è leader in Italia nel mercato Mobile & Wireless Computing, si occupa quindi di soluzioni informatiche e prodotti hardware con tecnologia mobile. 55

56 Si rivolge a imprese e a operatori proponendosi come partner globale in grado di fornire consulenza e servizi software ad alto valore aggiunto in tutte le fasi di automazione della supply chain (produzione, logistica, distribuzione). Queste soluzioni sono nate da vent anni di innovazione tecnologica e di esperienza verticale nei settori dell'industria e della distribuzione alimentare, dei beni durevoli e di largo consumo. Aton ha stretto negli anni una solida politica di alleanze e partnerships con i principali operatori dell informatica mobile: Accenture, Ibm e Microsoft (fornitura software); Fujitsu-Siemens Computer, Intermec, Symbol e Zebra (fornitura apparecchiature e piattaforme hardware), Tre e Vodafone (telefonia mobile e trasmissione dati). Dal 1979 la missione è informatizzare la forza lavoro che opera in movimento con strumenti di mobility. Con la nuova ri-organizzazione che ha coinvolto anche la rete vendita, Aton ha suddiviso le proprie aree d azione in ASA, Area Strategica d Affari ((Scott, Sebastiani, 2001): food retail, food industry, prodotti e servizi per la persona, prodotti e servizi per la casa, industria, oil-gas & utilities, finanza e altro. Ognuna di queste otto ASA rappresenta una divisione aziendale, formata da un responsabile commerciale, dai venditori, da un responsabile tecnico e da vari project manager. L obiettivo di queste squadre è di presidiare strettamente i mercati verticali a loro assegnati per sviluppare il business Aton in questi specifici settori I SERVIZI DI BASE L offerta Aton si divide in soluzioni ON, caratterizzate da un approccio industriale e ad elevate economia di scala, e soluzioni AT, caratterizzate da un approccio progettuale ad elevate economie di esperienza e livello di personalizzazione. 56

57 Le soluzioni ON, che rappresentano il core business dell azienda, si occupano di tentata vendita, raccolta ordine e logistica di magazzino. ONroad La soluzione Aton per la tentata vendita è ONroad, che si rivolge alle aziende di produzione e distribuzione alimentare e in generale a tutte le organizzazioni la cui logistica distributiva è basata sul metodo della tentata vendita. ONroad utilizza: un hardware specifico per garantire l emissione di documenti fiscali sul campo ed aumentare le performance di vendita; un software dipartimentale a sicurezza elevata contraddistinto da moduli specifici per la tentata vendita nei vari settori; servizi professionali di governo totale dell applicazione, dalla analisi delle esigenze alla gestione in outsourcing. ONroad è basato su software continuamente aggiornati e sviluppati, una scelta adeguata di tecnologie affidabili e una consulenza ad hoc. I vantaggi di questa soluzione sono la riduzione dei costi di gestione (TCO) e l aumento della produttività del processo, la salvaguardia degli investimenti pregressi negli aggiornamenti tecnologici (possibilità di upgrade) e il miglioramento della qualità della relazione venditore-cliente (CRM). I prodotti hardware studiati per questo tipo di soluzione sono terminali portatili Wi-Fi con le ultime tecnologie disponibili (schermo touch screen, Bluetooth. GPRS-GSM), terminali portatili con stampante per documentazione fiscale, palmari e stampanti portatili. Tutti collegati ai server aziendali centrali. 57

58 ONsales La soluzione Aton per la raccolta ordini si chiama ONsales. Questa soluzione supporta e ottimizza i processi di acquisizione ordini ed è rivolta alle aziende che commercializzano articoli finiti, su griglia taglia/colore o prodotti da configurare. ONsales utilizza: un hardware specifico fisso, trasportabile o mobile per favorire l inserimento dei dati in ogni situazione; un software dipartimentale ad alta affidabilità semplice e completo per snellire tutte le procedure di acquisizione ordini; servizi professionali di consulenza, implementazione e mantenimento di tutto il sistema installato. ONsales si basa sul dominio e l integrazione di tecnologie innovative e multi-piattaforma, su capacità di outsourcing sperimentate e sul governo delle reti commerciali internazionali. I vantaggi di ONsales sono l aumento dell efficienza e della qualità nelle relazioni tra l azienda e i suoi clienti, il rafforzamento di tali relazioni nel momento e nel luogo del contatto e la riduzione della possibilità di errore nello scambio dell informazioni tra l azienda e il personale in mobilità. I prodotti hardware specifici per questa soluzione sono i palmari che permettono l acquisizione di dati immediatamente trasferibili ai server in sede tramite reti Tri-band, Wi-Fi e tramite Bluetooth. ONlog La soluzione Aton per la logistica di magazzino è invece ONlog, un sistema integrato rivolto alle imprese che commercializzano beni di largo consumo e in generale a tutte le organizzazioni che hanno la necessità di gestire la logistica di magazzino in maniera informatizzata. ONlog utilizza: un hardware specifico di identificazione automatica (wireless network, bar-code e RFID) per il controllo del movimento prodotti; un software dipartimentale per il controllo dei processi legati alla 58

59 logistica di magazzino; servizi professionali per il supporto in tutte le fasi di progetto, dall analisi ambientale al mantenimento impianto. ONlog si distingue per essere un sistema per gestire e un cruscotto per monitorare i livelli di qualità dei magazzini, è disponibile su qualsiasi piattaforma e si presenta all avanguardia per quanto riguarda le applicazioni 3W (web, wireless and warehouse identification). I vantaggi apportati da ONlog sono: snellire e ottimizzare l organizzazione dei magazzini e dei trasporti; la possibilità di fruire di un servizio interattivo dovunque e in tempo reale, riducendo e variabilizzando i costi; sollevare il cliente dai problemi e dai rischi legati alla gestione delle tecnologie tramite l outsourcing. I prodotti specifici per la gestione di magazzino tramite ONlog sono i terminali a lettore laser di bar-code con impugnatura a pistola, terminali palmari, computer per il fissaggio su carrelli elevatori e veicoli industriali e stampanti termiche per l etichettatura, anche con tag RF-ID (radio frequency identification). Le soluzioni AT sono prodotti integrati non standardizzati ma costruiti ad hoc per i clienti, e riguardano la field automation, il controllo di produzione e la gestione abbonamenti. ATfield La soluzione Aton per la field automation è ATfield, un insieme di prodotti hardware e software realizzati per l ottimizzazione delle attività di servizio svolte dai diversi tipi di operatori sul territorio (field work automation). Queste soluzioni sono caratterizzate da un alto livello di personalizzazione in relazione alle specificità del lavoro svolto; consentono la semplificazione e la guida delle attività del personale in modo da rendere quest ultimo più efficiente, sicuro ed ordinato nel servizio eseguito. 59

60 Due esempi di realizzazione sono ATcare e ATsafe. ATcare consente: la gestione delle attività di manutenzione degli impianti; il controllo e la localizzazione delle flotte sul territorio, migliorando l efficienza del servizio offerto, smistando gli interventi direttamente da call-center di sede; l ottimizzazione degli approvvigionamenti dei pezzi di ricambio controllando puntualmente le giacenze e gli interventi in garanzia; l efficienza nella retribuzione degli operatori e la fatturazione ai clienti, calcolando i tempi effettivi di intervento e di manodopera. ATsafe invece consente: la gestione delle attività di vigilanza territoriale; l interazione continua tra la Centrale Operativa di controllo e il personale di ronda (guardie) attraverso i massimi livelli di sicurezza e di transito delle informazioni e le più innovative infrastrutture di comunicazione oggi disponibili; la registrazione, in tempo reale, delle operazioni di vigilanza e i loro esiti, supportando e predisponendo le azioni correttive a fronte di situazioni critiche (allarmi); il miglioramento del servizio sociale, generando rapporti periodici a disposizione degli Enti Pubblici e dei cittadini. ATpro La soluzione realizzata da Aton per il controllo di produzione si chiama ATpro, un insieme di soluzioni applicative modulari che permettono la pianificazione, il monitoraggio e la gestione dei processi di produzione. ATpro permette: l implementazione dell avanzamento della commessa dal lancio di produzione fino alla sua evasione; l identificazione del pallet e delle confezioni tramite sistemi di stampa e applica, permettendo il versamento automatico nel magazzino gestito da ONlog; l automazione del processo di controllo della qualità, attraverso il rilevamento elettronico dei parametri. 60

61 ATfinance La soluzione Aton per la gestione degli abbonamenti è ATfinance, e si basa su un software gestionale sviluppato esclusivamente per le esigenze di questo servizio e sull utilizzo di Internet come veicolo di transazione dei dati. ATfinance consente di: garantire agli utenti il ricevimento delle testate nelle modalità stabilite ottimizzando la gestione degli abbonamenti interni, riducendo tempi e costi per l azienda; sollevare l azienda dai problemi legati al monitoraggio degli abbonamenti, ottimizzando tempi e costi interni (outsourcing); snellire le procedure amministrative (gestione dei budget, verifica delle fatture, ripartizione sui singoli Centri di Costo). ATfinance è rivolto ad aziende di medie e grandi dimensioni, istituti bancari ed assicurativi, Enti statali e parastatali e in generale tutte le organizzazioni che si caratterizzano per un numero elevato di destinatari di periodici e un numero elevato di testate d interesse interno ALTRI SERVIZI Aton accompagna il cliente garantendo consulenza strategica e supporto tecnico lungo tutto il ciclo di vita delle soluzioni e dei prodotti offerti, offrendo consulenza, un servizio di Help Desk, l ASP, il noleggio operativo, il supporto tecnico e il Service Level Management (SLA). I servizi di consulenza e start-up sono stati studiati per assistere i clienti dalle prime fasi di analisi concettuale di un progetto alla stesura dei requisiti funzionali, allo sviluppo del progetto, fino alla consegna e all'acquisizione finale completa delle relative competenze. Grazie ai servizi di consulenza e start-up Aton è in grado di fornire supporto formativo per diversi tipi di esigenze che possono essere 61

62 presenti nelle diverse strutture organizzative, al fine di migliorarne l'efficienza dei processi legati alla supply chain. L analisi e la consulenza comprendono: sviluppo e manutenzione software, stesura della documentazione, supporto per l interfacciamento dei dati al gestionale/erp (enterprise resource planning), analisi ambientale per la radiofrequenza, installazione e formazione al personale utente e analisi dei costi/benefici nell implementazione di procedure di Application Management. Il servizio di Help Desk garantisce assistenza telefonica, tele-assistenza e formazione tecnica on-site in sette lingue: italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese, greco, e in diciannove nazioni in tutto il mondo (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Italia, Norvegia, Olanda, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera e Sudafrica). All Help Desk si affiancano i servizi di: gestione del parco macchine con invio immediato di unità sostitutive; reporting strutturato per consentire una chiara e precisa fotografia di tutto ciò che si sta verificando nell applicazione sottoposta a tale controllo. L ASP (Application Service Providing) consente di erogare da un server interno servizi in outsourcing degli applicativi lato server evitando al cliente i costi delle licenze, dell'acquisto, della gestione, dell'aggiornamento delle componenti hardware e software. Il servizio viene fornito via web garantendo i massimi livelli di affidabilità e sicurezza. Il noleggio operativo consiste nell'outsourcing completo dell'hardware e del software. Il cliente utilizza i prodotti presso la propria sede senza acquistarli direttamente, ma corrispondendo un canone periodico di affitto. Con questo servizio si garantisce inoltre al cliente l'assistenza sul parco macchine installato e l'aggiornamento tecnologico continuo. 62

63 I servizi di assistenza tecnica offerti sono strutturati su diversi livelli per corrispondere al meglio alle esigenze specifiche di ogni azienda. L assistenza via prevede la presa in carico immediata di ogni richiesta e la relativa risposta direttamente via . L'accesso è gratuito e rappresenta la soluzione ideale per i clienti che non hanno bisogno di un servizio di assistenza continuativo. Il servizio di Assistenza pre-pagata a scalare è disponibile in tagli da ore di assistenza, comprensivi del servizio di Linea Verde. È la soluzione proposta ai clienti che desiderano un servizio di assistenza di tipo spot, quindi un rapporto non ricorrente ma che mantiene per ogni evenienza un filo diretto con il reparto tecnico in sede. Il Contratto di Assistenza invece assicura la gestione centralizzata dell'assistenza, con la copertura di manodopera e parti di ricambio e risposta immediata da parte del tecnico di riferimento. È la soluzione proposta ai clienti che desiderano un servizio continuativo. In aggiunta sono previste numerose opzioni per configurare il servizio secondo le proprie necessità, quali ad esempio la sostituzione rapida, la gestione del parco on-line, il Service Level Agreement e il monitoring delle riparazioni via web. Il Service Level Management consente di monitorare il livello di prestazione dei servizi erogati, concordando azioni correttive attraverso incontri periodici con il cliente. Questo servizio assicura il rispetto dei livelli di servizio pattuiti con il cliente, il quale corrisponde tariffe proporzionali alle performance effettivamente raggiunte. Il servizio è regolato in modo trasparente e collaborativo tramite il Service Level Agreement (SLA) e l'operational Level Agreement (OLA) che descrivono tutti i prerequisiti per l'erogazione dei servizi e definiscono le regole per entrambe le parti, l'ambito di applicazione e di organizzazione. 63

64 3.3 L ORGANIZZAZIONE AZIENDALE L organigramma rappresentato in figura n. 2 riassume la struttura dell azienda dal punto di vista formale, ma non dal punto di vista del funzionamento dell organizzazione. L azienda vede al vertice una direzione formata dal Presidente Giorgio De Nardi e dall Amministratore Delegato Alberto De Nardi. Direttamente collegate alla direzione sono le aree Amministrazione, Organizzazione e Logistica. L area commerciale è suddivisa in ASA (Area Strategica d Affari) ed è formata dagli agenti di vendita, l area Marketing si occupa della comunicazione interna ed esterna. Le aree Product & Project Management, Produzione Hardware e Sviluppo Software si occupano dello sviluppo delle soluzioni e prodotti che Aton propone ai propri clienti. L area Services riguarda tutti i servizi di assistenza al cliente. Al Consiglio di Amministrazione prendono parte tutti i responsabili (soprannominati GX) delle varie aree. Figura n. 2: L organigramma aziendale (rielaborazione da fonti interne) DIREZIONE AMMINISTRAZIONE (CONTABILITA, FINANZA, RECEPTION) ORGANIZZAZIONE (QUALITA,SISTEMI INFORMATIVI,ACQUISTI) LOGISTICA COMMERCIALE ASA Prodotti per la casa MARKETING ASA Food Retail PRODUCT & PROJECT MANAGEMENT ONROAD ONSALES PRODUCT & PROJECT MANAGEMENT ONLOG SVILUPPO SOFTWARE SERVICES Tecnici avv. progetti e assistenza ASA Prodotti per la persona ASA Idrocarburi ASA ICT ASA Finanza RESPONSABILE PRODUZIONE HARDWARE Tecnici hardware Help desk e presidio ASA Food Industry Key Account 64

65 La struttura delle attività aziendali si sviluppa invece secondo un modello organizzativo basato sui processi e sulle competenze (figura n. 2), sulla base del work flow, in cui le fasi di richiesta, negoziazione, erogazione e feedback di ogni commessa coinvolgono l intera azienda. Aton è infatti una professional organization, forma organizzativa descritta nel primo capitolo di questo lavoro. Si è passati quindi dalla singola mansione alla visione collettiva dei processi, con minori controlli formali e maggiore responsabilizzazione che incrementano l attitudine al team working interfunzionale. Il cliente, al centro del work flow, orienta tutte le azioni. Nella prima fase, la richiesta, avviene il primo contatto con il potenziale cliente, in cui l account manager analizza le esigenze e illustra la soluzione Aton appropriata e i vantaggi che essa apporta. Nella fase di negoziazione viene fatta l analisi in dettaglio del progetto da avviare, viene presentata l offerta definitiva, vengono discussi i dettagli del contratto ed acquisito l ordine. Nella fase di erogazione viene creato il team ed avviato il progetto, viene implementata, installata e collaudata la soluzione ed erogate l assistenza e la formazione per l avviamento. Nell ultima fase vengono raccolti i feedback sulla soddisfazione riguardo ai servizi e prodotti forniti. Il rapporto con il cliente non si esaurisce qui, ma continua nel tempo con l assistenza hardware e software, la risoluzione di problemi, l avviamento di progetti supplementari, la realizzazione di interviste e la costruzione di case studies, la fornitura di materiale di consumo (etichette, carta per stampa). 65

66 Figura n. 3: Il modello organizzativo basato sul work flow (da fonti interne) 3.4 MISSION, VALORI GUIDA, VISION E POLITICA PER LA QUALITA MISSION Il primo passo del processo di change management avviato da Aton è stata la definizione della mission aziendale attraverso l analisi situazionale realizzata dal board direttivo con il supporto della consulenza: sono stati studiati storia dell azienda, precedente mission, necessità evolutive, traguardi a breve, medio e lungo termine. Obiettivo principale è stato quello di sintetizzare il processo di evoluzione di Aton per fornire una 66

67 visione corretta della sua realtà odierna e di disegnare un coerente impegno futuro e il percorso di sviluppo. La precedente mission (1998) recitava: Il nostro habitat naturale si chiama Web, mobile computing e identificazione automatica. Siamo orgogliosi di disporre del know-how che non si limita a realizzare pienamente un bisogno, ma anticipa i vostri desideri. Una guida sicura e un servizio davvero collaudato. Nel corso dell analisi è emersa la necessità di aggiornare la mission, incentrata sul know-how e sulle tecnologie al servizio dei clienti, invertendo il rapporto: soggetti principali sono il cliente e il nuovo approccio di consulenza e partnership, gli strumenti sono le competenze tecnologiche. L unico riferimento ai prodotti è la menzione alle tecnologie digitali mobili per indicare il posizionamento di mercato. La mission di Aton, espressa dal suo top management, è così diventata: Vogliamo essere il miglior partner dei nostri clienti, aiutandoli a innovare i loro processi di business, sfruttando la nostra esperienza specifica e tutte le opportunità offerte dalla nuove tecnologie digitali. Crediamo nella responsabilità sociale delle imprese e vogliamo continuare a crescere dando sempre più importanza alle persone, alla cultura, all ambiente, alla qualità del lavoro e della vita IL METODO VALORE: APPLICAZIONE IN UNA MEDIA AZIENDA Aton ha avuto fin dalla sua costituzione una forte attenzione verso le persone e verso l ambiente, consolidandosi come una vera e propria comunità. Via via che le sue dimensioni sono cresciute e il suo successo sul mercato si è consolidato, il vertice imprenditoriale ha maturato la volontà di trasformare la vocazione etica di Aton in una modalità gestionale consolidata da attuare grazie a metodi già sperimentati e in grado di valorizzare al meglio la naturale cultura aziendale (De Nardi, 67

68 2005). Dunque trasformare i valori guida da pratica spontanea a riferimento principe nel patto azienda/collaboratori, anche a fini operativi. La svolta nel processo evolutivo di Aton è stata innescata dall esigenza di aumentare la redditività aziendale, messa in crisi dal fatto che l hardware è sempre più una commodity con bassi margini. Il riferimento del processo di cambiamento aziendale è stato il Metodo Valore, per la prima volta applicato in una media impresa, evidenziando la sua flessibilità. Il Metodo Valore è un programma modulare di interventi di comunicazione, di formazione e di gestione che mira a focalizzare il management e a coinvolgere tutti i collaboratori nei processi di cambiamento, in particolare quelli di tipo culturale e valoriale (Invernizzi, 2000). L acronimo significa: Valori e Azioni al fine di Liberare e Orientare Rapidamente tutte le Energie. Un organizzazione ha a sua disposizione tutte le energie necessarie per realizzare i processi di sviluppo e il Metodo Valore ha lo scopo di attivarle e metterle in gioco per raggiungere gli obiettivi definiti dal top management. Il Metodo Valore si basa sulla convinzione che l efficacia della comunicazione nelle organizzazioni a rete e basate sulla conoscenza dipenda in misura crescente dalla coerenza di tutta la comunicazione con l identità dell organizzazione (ibidem). E come sostiene Invernizzi è dunque indispensabile costituire un sistema organizzativo fortemente coeso attorno ad un unica identità distintiva dell organizzazione. Quest ultima infatti è in grado di assicurare quella coerenza di fondo tra tutte le iniziative di comunicazione in grado di suscitare fra le stesse sinergie (ibidem). I processi di cambiamento strategici, guidati dal top management, sono il mezzo con cui sviluppare e consolidare una cultura e un identità aziendale con caratteristiche precise e con un alto grado di condivisione interno. Il Metodo Valore ha anche importanti effetti all esterno dell organizzazione: dopo il rafforzamento dell identità organizzativa all interno sarà possibile 68

69 attivare iniziative di comunicazione rivolte agli stakeholder esterni, e all attuazione di comportamenti etici e coerenti nel tempo, con lo scopo di contribuire al consolidamento di una buona reputazione aziendale. Il Metodo Valore è composto da sette fasi, o moduli: definizione dei valori guida, workshop con il top management, indagine di clima, convention con tutti i manager, piano di comunicazione e formazione, comunicazione a cascata a tutte le persone, attuazione di interventi gestionali coerenti e audit e monitoraggio (Invernizzi, 2000). 1. Nella prima fase il general manager rende noti i valori guida che rappresenteranno il punto di riferimento per tutte le azioni dei manager e dei dipendenti. I valori guida vengono individuati attraverso interviste in profondità al general management. Per essere significativi è fondamentale che vengano espressi in modo sintetico, chiaro e con linguaggio evocativo. L output di questa prima fase è la bozza della carta dei valori. 2. Il workshop con il top management ha due obiettivi: in primo luogo coinvolgerli sui valori dichiarati dal general management chiedendo loro un contributo per renderli più precisi. In secondo luogo individuare le azioni operative che possano rendere operativi i valori condivisi nell ambito specifico di responsabilità di ciascun manager. Poi ogni manager si impegnerà a realizzare nella sua area di competenza una o più azioni che rendano operativi i valori guida strategici. 3. La terza fase, l indagine di clima interno, serve ad individuare la cultura organizzativa diffusa tra i diversi gruppi di collaboratori al fine di individuare le corrette azioni di comunicazione, gestione e formazione necessarie a diffondere e consolidare la cultura strategica coerente con i nuovi valori individuati dal management. Questa fase viene effettuata con metodi di ascolto qualitativi e quantitativi per rilevare i valori culturali prevalenti, le valutazioni dei collaboratori sull azione del management e il livello di soddisfazione per gli aspetti organizzativi, per la gestione delle risorse umane e per la qualità delle relazioni interne. 69

70 4. La convention con tutti i manager ha come fine quello di comunicare i nuovi valori e le azioni gestionali attraverso le quali verranno resi operativi: è importante che sia progettata in modo da facilitare partecipazione e innescare il processo di cambiamento. Il top management dovrà rendere esplicito il proprio impegno a realizzare il cambiamento auspicato e spronerà tutti i manager a dare il proprio contributo. 5. La redazione del piano di comunicazione e formazione prevede l individuazione, la progettazione e pianificazione delle iniziative e degli strumenti di comunicazione e di formazione opportuni per diffondere la conoscenza dei valori guida e per attivare gli sforzi di tutti i collaboratori per mettere in atto tali valori. La formulazione del piano di comunicazione e formazione prende le mosse dalla esplicitazione della Value Proposition. Quest ultimo precisa i benefici che i valori guida danno ai dipendenti e agli stakeholder esterni, rendendo noto che cosa l azienda si impegna a fare per metterli in pratica e chiarendo che cosa l azienda si aspetta da parte dei collaboratori e come ne premierà i comportamenti coerenti con i valori. 6. La comunicazione a cascata ha l obiettivo di rendere partecipi tutti i collaboratori al cambiamento. Si tratta di uno strumento ingegnerizzato di comunicazione capo-collaboratore che inizia al vertice della gerarchia aziendale e scende con una serie di incontri ravvicinati nel tempo in cui ciascun manager condivide il messaggio con i suoi diretti collaboratori. 7. La settima e penultima fase del Metodo Valore riguarda la messa in atto di interventi gestionali coerenti: si tratta di applicare i valori guida ai singoli processi produttivi e gestionali. Questa fase rappresenta l esplicitazione degli impegni presi dal top management durante il workshop e assicura la coerenza fra la pratica gestionale e i valori dichiarati. E importante sottolineare che tutti gli atti gestionali hanno una componente comunicazionale, in quanto confermano che i valori sono in corso di attuazione. In tale modo questa fase rende il Metodo Valore permanente, assicurando con ogni azione la continuità del processo di 70

71 miglioramento e di sviluppo dei sistemi gestionali per implementare i valori guida. 8. L audit e monitoraggio non deve essere interpretato come la fase finale del Metodo Valore, bensì il suo centro. Infatti in ciascuna delle sette fasi si possono e devono attivare iniziative di ascolto e di monitoraggio qualitative o quantitative. E chiaro che il terzo modulo, l indagine di clima, è esso stesso un attività di ascolto di tipo quantitativo, ma ogni fase deve prevedere una fase di ascolto per verificare il corretto funzionamento del processo. Il Metodo Valore è uno strumento estremamente flessibile e deve essere adattato a ciascuna situazione specifica. Nel caso Aton, per esempio, si riscontrano quasi tutte le fasi descritte, anche se non sono state attuate in maniera standard. Il Metodo Valore in Aton è stato realizzato in quattro fasi (Mazzei, 2006) 1. La definizione dei valori guida ha avuto come base di partenza la mission di diventare partner dei clienti e di crescere dando sempre più importanza alle persone, alla cultura, all ambiente, alla qualità del lavoro e della vita. I valori guida, punto di riferimento per la gestione, per la comunicazione e per i comportamenti, sono stati individuati stimolando la creatività del gruppo dirigente attraverso il brainstorming. Il top management ha poi scelto e validato assieme ai manager i cinque valori da prendere come riferimento: passione, fiducia, innovazione, tempo, relazioni. I valori scelti sono stati poi descritti, in un lavoro che ha coinvolto tutti i manager di Aton, in maniera particolareggiata. Momento fondamentale è stata la definizione dei termini del patto tra l azienda e le persone che la formano: come vedremo in seguito, questo patto specifica, per ciascun valore, in che modo Aton si impegna a rendere attivi ed operativi i suoi valori e cosa si aspetta in cambio dalle persone. Un messaggio forte che indica i 71

72 manager come primi ambasciatori del cambiamento e della attuazione dei valori nella gestione aziendale. 2. La seconda fase riguarda l individuazione di specifiche modalità di applicazione del valori nei sistemi gestionali e nei processi di lavoro. Questa fase è stata resa operativa da tre azioni: in primo luogo Aton ha scelto di ridefinire il proprio sistema d offerta in modo più consono alle aspettative dei clienti, spostando l attenzione generale verso la qualità dell offerta. E stata poi riorganizzata la Direzione Marketing e Commerciale secondo un modello basato sulle competenze, con un forte riferimento ai valori guida. Infine Aton ha deciso di adottare, come abbiamo visto, un modello organizzativo basato sui processi e sulle competenze per attuare tutti i valori definiti ed essere più vicina alle esigenze dei clienti. 3. La terza fase, la redazione del piano di comunicazione, è stata avviata con la stampa e consegna della carta dei valori a tutti i dipendenti e ai neo assunti al loro ingresso in azienda. È stata anche inviata ai principali clienti e fornitori, pubblicata sul sito aziendale e sul portale interno, messa a disposizione nella sale di attesa dell azienda affinché tutti i visitatori potessero prenderla, e poi realizzata sotto forma di quadri appesi negli uffici dei manager. È stata inoltre progettata ed attuata un attività di comunicazione mirata a rafforzare le relazioni con tutti gli stakeholder attraverso la costruzione di case histories su esperienze di servizio di successo volte a rassicurare i nuovi potenziali clienti e a condividere know how all interno dell azienda. Questa parte rappresenta il cuore di questa tesi e sarà approfondita in seguito. Sono state poi attivate relazioni con i media, campagne di co-branding con i partner, attività nel sociale e la pubblicazione del bilancio sociale (in fase di realizzazione). Infine sono stati organizzati dei momenti in comune di vita extra-professionale, che verranno approfonditi in un paragrafo a parte. 4. L ultima fase, la realizzazione di attività di ascolto, è stata portata a termine attraverso la somministrazione di una survey di customer care ad 72

73 un campione di clienti, con lo scopo di rendere noto il loro grado di soddisfazione. L ascolto all interno è stato strutturato attraverso sondaggi e attività di analisi del clima aziendale. E comunque stato facilitato dalle dimensioni ridotte di Aton, che permettono l ascolto interpersonale tramite anche le sole relazioni con i collaboratori, sufficienti a rilevare sia i valori diffusi che l interiorizzazione di quelli nuovi. Il presidente De Nardi indica tra i risultati di questo processo di focalizzazione dei valori una maggiore stabilità dei rapporti di lavoro, un migliore recruitment, la riduzione delle incomprensioni nei processi di comunicazione interna, un passaparola positivo tra clienti attuali e nuovi, il rafforzamento delle relazioni con i clienti. Aton ha cambiato marcia, clienti e progetti sempre più importanti sono guidati meglio sotto tutti i punti di vista (De Nardi, 2005) LA CARTA DEI VALORI DI ATON Rispettando le regole del brainstorming, ogni collaboratore è stato messo nella condizione di poter esprimere la sua opinione nella massima libertà, e ogni aspetto emerso durante la riunione è stato trascritto fedelmente in uno specifico documento. La prima bozza dei valori guida è emersa dall analisi dei tratti distintivi che hanno consentito il successo di Aton (De Nardi, 2005). Il passaggio successivo è stata la selezione, da parte del board direttivo, dei cinque elementi più rappresentativi, che sono stati poi scelti e validati, e che di seguito vengono riportati (tratti dal materiale e dalle documentazioni della Direzione Marketing Aton) Passione, dà l'energia e il coraggio di andare oltre e superare gli ostacoli. Abbiamo una grande passione per il nostro lavoro: amiamo le cose ben fatte e lavoriamo con entusiasmo per realizzarle, cercando sempre di andare oltre, con l'obiettivo di superare le attese dei nostri clienti. 73

74 Cosa fa Aton: la proprietà reinveste gli utili in azienda per consentire il suo massimo sviluppo; s'impegna a considerare i suoi dipendenti come vuole che loro considerino i clienti. Cosa si aspetta: che le persone, pur mantenendo la propria individualità, si considerino Aton al 100% facendo propri missione, valori ed obiettivi aziendali; che tutti trasmettano nel loro lavoro impegno, energie e talento, al fine di ottenere nel contempo la realizzazione propria, dei clienti e di Aton. Fiducia, ogni giorno rinnovata, responsabilizza. Per noi è importante la fiducia creata e coltivata attraverso la trasparenza e la correttezza nei rapporti, il rigoroso rispetto delle persone e l'affidabilità nel mantenere gli impegni che ci assumiamo. Cosa fa Aton: rende noti i propri dati comunicando il fatturato mensile, presentando il pannello di controllo trimestrale e organizzando almeno una convention l'anno sull'andamento dell'azienda; vuole assumersi responsabilmente gli impegni nella massima chiarezza e affidabilità, anche attraverso il sistema qualità (ISO9001). Cosa si aspetta: che le persone sappiano agire con responsabilità, prodigandosi per superare gli ostacoli e conseguire gli obiettivi assegnati; che le persone sappiano agire in modo tale da conquistare e mantenere la fiducia dei loro clienti, sia interni che esterni. Innovazione, nata dall'esperienza consolidata sul campo, è il differenziale competitivo. Ciascuno di noi può e deve essere imprenditivo nel suo ambito di attività e di responsabilità, proponendo innovazioni e mettendo in atto miglioramenti continui, sviluppando e utilizzando tutta la propria creatività. Cosa fa Aton: formazione diretta allo sviluppo dell'imprenditività e dell'empowerment delle persone; apprezza e incoraggia le persone che osano al fine di ottenere migliori risultati. 74

75 Cosa si aspetta: impegno quotidiano a sperimentare idee nuove e migliorative uscendo dagli schemi dei comportamenti abituali; desiderio di partecipare allo sviluppo di Aton con proprie osservazioni e idee, alimentate da interesse e curiosità nei confronti del mondo esterno. Tempo, come velocità di realizzazione e rapido time to market delle nuove tecnologie, è l'elemento chiave per ottenere la piena soddisfazione dei clienti. Vogliamo continuare ad anticipare oggi quello che gli altri faranno domani. Una grande considerazione del tempo ci spinge a essere sempre più efficaci, flessibili, rapidi e puntuali, per ottenere la piena soddisfazione dei nostri clienti. Cosa fa Aton: riconosce premi produttività alle persone che raggiungono e superano gli obiettivi dei tempi di risposta nei servizi ai clienti; aggiornamento costante delle competenze delle persone, considerandolo il migliore investimento per far risparmiare tempo e denaro ai clienti. Cosa si aspetta: che sia ben radicata in tutti la coscienza del valore del tempo: programmazione, puntualità e concentrazione, seguendo i princìpi del time management; la consapevolezza che i tempi di finalizzazione sono uno dei principali fattori competitivi di successo. Relazioni, fondate sull'ascolto e sul rispetto reciproco, mettono al centro le persone e il lavoro di squadra. La nostra attività, fondata sul lavoro di squadra e sulla partnership coi nostri clienti e fornitori, vuole stimolare la cooperazione e consolidare rapporti di fiducia, anche con lo sviluppo della comunicazione e delle relazioni interpersonali. Cosa fa Aton: formazione continua per lo sviluppo delle capacità individuali di comunicazione interpersonale e per il miglioramento delle relazioni; eventi aziendali; iniziative sportive e culturali, per passare del tempo tutti insieme, lontano dagli uffici, anche con i familiari. 75

76 Cosa si aspetta: che le persone insistano sempre sul dialogo collaborativo, cercando di comunicare e relazionarsi con apertura mentale e disponibilità; che le persone si propongano di raggiungere i propri obiettivi professionali in uno spirito di collaborazione con colleghi, clienti e fornitori. Questo processo di re-ingegnerizzazione della struttura di Aton ha avuto come obiettivo porre i valori guida come colonne del cambiamento e indirizzo per lo sviluppo del differenziale competitivo. All interno dell azienda i valori sono dei riferimenti che orientano e motivano le persone, e sono utilizzabili a fini gestionali e di incentivazione. All esterno consentono di migliorare la competitività e favoriscono la costruzione di una salda e coerente reputazione VISION Se la mission è diventare un vero e proprio partner per i clienti, non semplicemente un fornitore ma l unico interlocutore per quanto riguarda l informatizzazione delle attività e della loro gestione, la vision è rappresentata dal Vertical Business Portal: il One Contact Point. Un portale per il supply chain management che permette la centralizzazione ed uniformità dei dati, lo snellimento dell infrastruttura IT, il monitoraggio e controllo in real-time, e che diventa un vero e proprio supporto strategico alle decisioni. Aton quindi si propone e si vede in futuro come unico punto di contatto, come partner scelto per la gestione integrata delle attività di logistica produttiva, distributiva e di magazzino, gestione flotte ed attrezzature, SFA (Sales Force Automation, automazione della forza di vendita), attività di reporting e feedback e total data quality management. 76

77 3.4.5 POLITICA PER LA QUALITA Aton. Di seguito viene riportato il Manifesto della Politica per la Qualità di L obiettivo che la nostra Azienda intende perseguire e garantire nel tempo è la sempre maggiore soddisfazione del cliente nei confronti dei prodotti e dei servizi che gli vengono resi, verso l eccellenza. Al fine di raggiungere tale obiettivo, l Azienda si impone di migliorare continuamente prodotti, servizi ed organizzazione, mirando alla loro completa integrazione, nell ottica di fornire a ciascun cliente la soluzione e il servizio ideale per le sue specifiche esigenze. Per raggiungere la massima soddisfazione del cliente, l Azienda opera affinché la qualità venga percepita e pienamente apprezzata dalla clientela, evitando, ad esempio, di promettere cose che non possono essere garantite. Il vero traguardo aziendale è il superamento, e non solo il raggiungimento, delle aspettative del cliente, essendo la qualità non un parametro assoluto, ma un parametro strettamente legato alla percezione di ciascun cliente. A tal fine l Azienda si fa carico di coinvolgere e affiancare il cliente anche sugli aspetti non strettamente di propria competenza, ma comunque correlati all efficacia delle soluzioni proposte, quali ad es. infrastrutture, software-house, ecc. Questo processo si fonda sulla realizzazione dei seguenti punti. 1. Il coinvolgimento più ampio e la partecipazione di tutti i dipendenti e collaboratori è prerequisito fondamentale per il continuo miglioramento dei prodotti e dei servizi. 77

78 2. Seguire le attività previste dal Sistema Gestione Qualità è di fondamentale importanza per realizzare efficacemente tale coinvolgimento e concorrere tutti al miglioramento dei prodotti e dei servizi. 3. Nell'ambito di queste attività, come in qualsiasi momento lavorativo, saranno favorite idee e proposte migliorative avanzate dai dipendenti. 4. Ogni Responsabile ha il compito di coordinare i propri collaboratori, indirizzandoli verso il miglioramento continuo e la generazione di nuovi spunti qualitativi, attraverso l'utilizzo dei valori guida. 5. Qualità significa un esperienza positiva per il cliente, cioè far bene e in tempo le cose giuste sin dalla prima volta. Ciò comporta un maggiore impegno iniziale, ma una riduzione delle correzioni nei tempi successivi. 6. Ciascun dipendente è inserito in un rapporto di Team all'interno dell'azienda. Come "Cliente" deve cooperare a migliorare il servizio del proprio "Fornitore", (cioè di colui al quale e stata richiesta una certa attività); come "Fornitore" deve fornire il miglior servizio possibile al proprio "Cliente", determinando la sua soddisfazione. 7. La Direzione, a partire dalle esigenze dei clienti e da quelle del mercato, definisce annualmente gli Obiettivi del Sistema Qualità. Ciascun Responsabile di Reparto deve, sulla base di quanto indicato dalla Direzione, sviluppare i propri Obiettivi di Qualità. 8. Tali Obiettivi costituiscono un elemento di priorità, sia per la Direzione sia per tutti i Responsabili, che assicurano quindi un impegno personale costante rivolto al loro raggiungimento. 9. I nostri fornitori devono essere coinvolti nel programma di miglioramento. Essi costituiscono infatti un importante anello della nostra catena produttiva. 10. Il successo dell'azienda richiede il miglioramento professionale e culturale delle singole Risorse a tutti i livelli. Deve essere pertanto prevista l'individuazione di un preciso e coerente Piano di Formazione volto all'effettiva crescita dei collaboratori (documentazione interna Politica per la Qualità Aton, 2004). 78

79 3.5 LA COMUNITA ATON E IL CLIMA AZIENDALE Se la prima parte della missione di Aton riguarda il diventare partner dei propri clienti, la seconda si sofferma su un aspetto molto importante ma spesso trascurato nelle aziende: il capitale umano, riferito allo spirito di collaborazione per raggiungere gli obiettivi aziendali e alla qualità del lavoro e della vita. Aton è fatta di persone che hanno una grande passione per il loro lavoro ma anche per la vita, lo stare insieme e il divertimento sano e responsabile. Fin dalla sua nascita, in Aton è sempre stata fortissima la tendenza alla costruzione di una vera e propria comunità : un sentimento di coesione che porta a collaborare per il raggiungimento di tutti gli obiettivi, non solo aziendali ma anche personali, attraverso un clima lavorativo informale, collaborativo e disteso. Viene incentivato infatti il rapporto diretto e il confronto tra collaboratori, e tra collaboratori e GX (denominazione scelta per i manager, nata dall idea del G8, il gruppo dei paesi più grandi e potenti della Terra). Grazie anche al fatto che l azienda opera per cliente/progetto, tutti in Aton hanno il proprio ruolo, che è fondamentale al fine del successo e della soddisfazione del cliente. Questo porta ad una continua interazione e scambio di informazioni tra tutti i collaboratori, e tra questi e i GX. Numerose sono infatti le riunioni di aggiornamento o di discussione riguardo ai vari aspetti dei progetti: così continuo è lo scambio di informazioni e comunicazione tra i GX e i professionals. Ciò permette di rimanere sempre focalizzati ed allineati sugli obiettivi da raggiungere, e consente anche di gestire in maniera veloce e meno problematica i cambiamenti. La suddivisione dei ruoli, la responsabilizzazione e la fiducia nei collaboratori permette di instaurare un clima interno disteso, nel quale ognuno conosce i propri compiti e gli obiettivi che deve raggiungere, 79

80 senza il bisogno di formalizzazione e standardizzazione dei comportamenti. La responsabilizzazione permette ad ognuno di essere autonomo nel proprio ruolo e conoscere bene i compiti da svolgere: ciò permette di gestire liberamente il tempo e di potersi concedere momenti di pausa in zone appositamente predisposte (le sale caffé). Altro momento di coesione e svago è la pausa pranzo: non c è una mensa aziendale, ma i dipendenti si organizzano a gruppi per mangiare assieme e creare un momento di condivisione extra-lavorativa. Forte è lo spirito di creatività nel promuovere la coesione di gruppo anche al di fuori dell ambiente di lavoro tramite l organizzazione di eventi interni, eventi di sensibilizzazione sociale, attività varie, momenti di ritrovo, a cui vengono invitati oltre ai collaboratori anche i loro familiari. Gli eventi interni che periodicamente vengono organizzati sono ONsummer e NatalON. Un evento di sensibilizzazione sociale è stato SpiaggiON, altre attività sono ONart e AtonCup. ONsummer è la festa estiva di Aton, organizzata prima delle ferie: tutti i GX, collaboratori e familiari sono invitati a questo evento che viene realizzato in una struttura munita di piscine e spazi per mangiare e ballare all esterno. È un evento a tema in cui vengono organizzate grigliate, giochi in acqua, serate danzanti, discoteca. Una delle tematizzazioni utilizzate è stato il Brasile: un gruppo di ballerine e ballerini brasiliani sono stati invitati ad animare la serata e ad esibirsi in balli tipici come la capoeira, la samba e la salsa. NatalON invece è la festa natalizia: ogni anno organizzata in un locale diverso e con tematizzazioni e ambientazioni sempre nuove ed originali, è l occasione per passare del tempo assieme scambiandosi auguri e doni. La serata comincia con aperitivo e cena e prosegue poi con canti e balli. Ma gli eventi Aton sono anche sportivi. AtonCup è il torneo di calcio a cinque inventato ed organizzato interamente da Aton durante il periodo 80

81 estivo. Vengono invitate a parteciparvi le rappresentanze delle aziende di informatica della provincia di Treviso e dintorni. L evento, corredato da cene e serate, ha ogni anno un enorme successo. Ne sono la prova la crescita del numero degli invitati e gli articoli di giornale pubblicati nei quotidiani locali. Aton ha sempre avuto una vocazione etica anche per quanto riguarda la salvaguardia dell ambiente. Un interessante iniziativa ecologica, organizzata da Aton in collaborazione con l Ufficio comunale di Eraclea e col presidio della Protezione Civile, ed aperta a chiunque volesse partecipare (non solo a GX, dipendenti e familiari) è stata SpiaggiON. L azienda ha infatti deciso di passare una giornata a ripulire dai rifiuti la zona della Laguna del Mort, con l obiettivo di tradurre in un azione simbolica ma concreta i princìpi di responsabilità sociale presenti nella Carta dei Valori Aton. Il clima aziendale e la corrispondenza dei comportamenti con i valori guida vengono annualmente monitorati tramite una survey fatta compilare a tutti i collaboratori. L allineamento dei comportamenti nelle attività aziendali con i valori guida è anche oggetto di concorsi interni all azienda: la Best Practice, l Akhenaton e il Golden Book. La Best Practice è un iniziativa che parte dai GX di Aton: in riferimento ad ognuno dei cinque valori, il management propone dei collaboratori che meglio li hanno incarnati attraverso il loro essere ed il loro operato. Confermate le nomination dal Presidente, tutti i dipendenti sono chiamati a esprimere la loro preferenza nei confronti di un nominato per ogni valore tramite voto. Chi riceve più voti vince e viene premiato durante gli eventi aziendali. I nomi dei vincitori e le motivazioni vengono poi stampati in appositi book e distribuiti in tutta l azienda, nonché messi in un apposita sezione di ONportal (AtonPeople/Best Practice). 81

82 L Akhenaton invece è un concorso in cui ogni dipendente propone una persona che si è distinta nel lavoro quotidiano, motivandone la scelta. Anche per questo concorso sono previsti premiazioni per i più votati, che verranno poi segnalati sul portale interno. Il Golden Book infine è una raccolta mensile di segnalazioni fatte dai dipendenti in maniera molto informale sui collaboratori: attività svolte con successo, progetti portati a termine con particolare soddisfazione del cliente, performance eccellenti, risoluzione di problemi, acquisizione di nuovi e importanti clienti. Il Golden Book è presente in versione virtuale sul portale interno. 3.6 LA COMUNICAZIONE LA SCELTA DELLA COMUNICAZIONE ORGANIZZATIVA Quando il vertice Aton ha attivato il processo di cambiamento, l approccio scelto per ri-progettare l organizzazione interna ed il rapporto con il mercato e l opinione pubblica è quello della comunicazione organizzativa. Invernizzi (2000:195) descrive così la comunicazione organizzativa: l insieme dei processi strategici e operativi di creazione, di scambio e di condivisione di messaggi informativi e valoriali all interno delle diverse reti di relazioni che costituiscono l essenza dell organizzazione e della sua collocazione nell ambiente; la comunicazione organizzativa coinvolge tutti i membri interni, i collaboratori interno-esterni e tutti i soggetti esterni in qualche modo interessati o coinvolti nella vita dell organizzazione compresi i suoi clienti effettivi o potenziali; la comunicazione organizzativa costituisce parte integrante dei processi produttivi e decisionali e dei rapporti con gli ambienti esterni; viene usata per definire e condividere la missione, la cultura, i valori d impresa. 82

83 Il concetto di comunicazione organizzativa ha origine come ampliamento della comunicazione interna di cui sottolinea la stretta connessione con tutti gli altri flussi di comunicazione. Essa dunque si riferisce ad un concetto di comunicazione unitario e non divisibile fra interno ed esterno ai confini dell organizzazione. Inoltre la comunicazione organizzativa sottolinea il fatto che la comunicazione è una componente strutturale dell organizzazione, nel senso che nelle imprese che tendono ad essere delle reti le connessioni sono sempre più elemento costitutivo fondamentale. La comunicazione è strumento per il funzionamento e lo sviluppo dell organizzazione perché insita nei processi di lavoro. Non si tratta dunque di una sovrastruttura per far conoscere una nuova immagine. Al contrario la comunicazione è una leva per rendere visibile e trasparente la realtà aziendale e per far funzionare e far evolvere l organizzazione stessa. Infine la comunicazione organizzativa implica il riferimento agli obiettivi da perseguire e dei pubblici da raggiungere (ibidem) La comunicazione organizzativa consente di individuare tre categorie che ne definiscono i contenuti e gli obiettivi prevalenti (Invernizzi, 2000 e 1996, Fiocca, 2002 in Mazzei, 2006). 1. La comunicazione funzionale (o gestionale) è quella che supporta i processi operativi aziendali. 2. La comunicazione strategica (o valoriale) definisce e diffonde i valori distintivi dell impresa, la sua mission, le sue strategie in un processo di continua ricerca di sintonia valoriale fra l ambiente esterno e quello interno all organizzazione. 3. La comunicazione creativa/formativa crea le competenze possedute e le diffonde nell organizzazione: essa coincide con la comunicazione per il knowledge management e sharing, sviluppando il capitale intellettuale dell organizzazione. 83

84 Come si sviluppano queste tre categorie di comunicazione in Aton e con quali strumenti? La comunicazione funzionale corrisponde ad una serie di strumenti che supportano i processi operativi in Aton: gli handbook, i manuali operativi, la documentazione interna e le procedure. Gli handbook, i manuali di settore : lo scopo di questi documenti è avere sempre "sotto mano" la raccolta di tutto quello che sappiamo e abbiamo fatto nei singoli settori; una guida all'uso, alla gestione corretta delle negoziazioni, per portare tutto il valore aggiunto, tutta la conoscenza, che rappresenta la nostra indiscutibile forza; avere a disposizione la "raccolta" documentale, i dettagli dei progetti fatti e le specifiche esigenze di settore facilita inoltre il processo formativo di ognuno di noi (tratto da Esempi sono il Coffee Handbook e il Gas Handbook, i manuali con tutte le attività portate a termine nel settore del caffé e degli idrocarburi. I manuali operativi delle soluzioni Aton (ON e AT): descrizioni tecniche delle soluzioni hardware e software e delle possibili applicazioni. Documentazione interna: documenti che riguardano presentazioni dell azienda e dell offerta, utilizzati dagli agenti commerciali di Aton per proporsi ai potenziali clienti. Le procedure: schede informative sui passi da seguire nelle attività di acquisizione ordini clienti, fornitura e approvvigionamenti, progettazione e realizzazione software, assistenza clienti, gestione delle non conformità, formazione e addestramento, strumenti di controllo, identificazione e rintracciabilità prodotto, responsabilità della direzione e verifiche ispettive interne. La comunicazione strategica riguarda la creazione e la diffusione dei cinque valori cardine di Aton già descritti. Gli strumenti utilizzati per diffonderli sono sia di tipo fisico (carta dei valori su book e quadri) che di tipo digitale (sito istituzionale e portale interno). Esiste naturalmente un sistema di monitoraggio tramite survey che ha lo scopo di supervisionare 84

85 l allineamento dei comportamenti aziendali con i valori. A questo vanno aggiunte le iniziative Akhenaton, Best Practice e Golden Book (descritte nel capitolo sulla comunità Aton). La comunicazione creativo/formativa, che serve a creare e diffondere le competenze distintive e il knowledge aziendale, utilizza strumenti già visti nella comunicazione funzionale come gli handbook, i manuali operativi, la documentazione interna e le schede procedure. Un altro importantissimo strumento è la formazione. Vengono programmati corsi formativi (gestiti internamente o da consulenti esterni) che riguardano tutte le svariate attività aziendali: comunicazione, relazioni fisiche o telefoniche col cliente, lingue estere, analisi e progettazione informatica, sviluppo database e software, prodotti hardware, amministrazione, team building e molti altri. Ma lo strumento principe, che rappresenta il vero oggetto di studio di questa tesi, sono i case studies, il racconto delle esperienze aziendali attraverso lo storytelling. Questo strumento sarà approfondito nel quarto capitolo di questo lavoro. Le prassi operative nelle quali Invernizzi (2000) traduce l impianto concettuale della comunicazione organizzativa sono: 1. il riferimento di tutta la comunicazione a valori guida eticamente fondati: questo è stato il primo passo affrontato in Aton; 2. la ricerca di coerenza e sinergie fra tutte le attività di comunicazione e tra queste e gli atti di gestione; 3. la diffusione di comunicazione interpersonale, dalla consulenza interna e della formazione sulle competenze di comunicazione interpersonale; 4. l impiego di metodi manageriali per gestire la comunicazione, quali l ascolto, la pianificazione e il monitoraggio; 5. il presidio strategico della comunicazione attraverso il coinvolgimento del top management nella definizione delle strategie di comunicazione, la costituzione di una direzione comunicazione e il coinvolgimento del responsabile della comunicazione nella definizione della strategia 85

86 d impresa: con la riorganizzazione aziendale attuata da Aton, la comunicazione è diventata un cardine fondamentale e strutturante di tutta l attività aziendale, il top management è stato coinvolto nella definizione di valori, missione, visione e obiettivi aziendali, e il direttore marketing fa parte del board portando costantemente all attenzione del direttivo la comunicazione LA COMUNICAZIONE INTERNA Nel paragrafo sulla comunità Aton è stato sottolineato quanto l azienda presti attenzione ai suoi collaboratori e con quali attività ed iniziative (soprattutto extra-lavorative). Gli strumenti specifici della comunicazione interna presenti in Aton sono: il portale interno, il bollettino mensile interno e le . L obiettivo principale è permettere a tutti i collaboratori e manager di conoscere in ogni momento cosa fa l azienda nel suo complesso e cosa fanno gli altri reparti, in modo da avere una visione globale e integrata delle attività e facilitarne il coordinamento. Figura n. 4: il portale interno 86

87 ONportal è il sito aziendale interno, dove sono presenti tutte le informazioni e le procedure che servono a supportare i processi interni di tutte le divisioni aziendali (marketing, commerciale e tecnica). Sono poi presenti link ai valori guida, ai casi aziendali, alla rassegna stampa e agli altri strumenti di comunicazione interna. Oltre a questa parte tecnica e formale c è una sezione informale, denominata AtonPeople, dedicata alla community interna. Qui è presente l interattività, che permette la raccolta di feedback, la somministrazione di survey per l analisi del clima aziendale e l attuazione delle iniziative Akhenaton, Best Practice e Golden Book. Inoltre sono presenti foto e testimonianze degli eventi interni, i piani di formazione, i ruoli e i fatti della comunità, la biblioteca interna, il tema e gli obiettivi annuali. Insomma, una vera e propria bacheca virtuale in cui viene descritta tutta la vita aziendale, e non solo. Il bollettino interno, con uscita mensile, è il giornalino interno di Aton. Qui vengono riportate tutte le novità, gli eventi a cui Aton partecipa, gli ordini acquisiti, i progetti avviati, le foto dei protagonisti, le comunicazioni interne, le segnalazioni, la rassegna stampa del mese. Il bollettino viene sia spedito a tutti i collaboratori via mail che messo a disposizione sul portale interno. Le sono lo strumento di comunicazione interpersonale più utilizzato dopo la comunicazione a voce (vis a vis e telefonica). Ogni manager e ogni collaboratore ha un indirizzo aziendale (nome.cognome@aton.it) che gestisce tramite Microsoft Outlook dal proprio PC. Questo strumento permette di scambiare comunicazioni, dati e documenti in real time in modo informale o meno (dipende dal tipo di comunicazione) a costi davvero contenuti. Permette inoltre di inviare a tutti comunicazioni importanti, novità, somministrare le survey e richiedere feedback. 87

88 3.6.3 LA COMUNICAZIONE ESTERNA Aton è un azienda che opera nel B2b: non ha dunque bisogno di utilizzare strumenti di comunicazione che si rivolgono al mass-market, ma sceglie gli strumenti più adatti per raggiungere i propri target. Gli strumenti principali utilizzati sono il sito aziendale, la pubblicità istituzionale su riviste e periodici specializzati, le cartoline, la partecipazione a eventi tematici, il periodico AtoNews, le attività di press relations (che vedremo nel paragrafo dedicato all ascolto organizzato), e gli ONbook, che verranno approfonditi nel quarto capitolo. La strategia comunicazionale di Aton si è basata sulla definizione di una consequenzialità finalizzata a dare risposte progressive a tre domande: Chi è Aton? Di cosa si occupa? A chi si rivolge? Di conseguenza la comunicazione si è sviluppata per diffondere tre diverse tipologie di awareness: corporate, solution e client. La prima è stata portata avanti su quotidiani e testate di business nazionali con appendici a diffusione locale con target i top manager, la seconda sulle principali testate IT con l obiettivo di raggiungere i responsabili IT e i Chief Information Officer, la terza sulle principali testate verticali di settore/mercato con target i responsabili sviluppo del business e organizzazione interna. Figura n. 5: l home-page del sito aziendale 88

89 La comunicazione in un sito non viene somministrata automaticamente, come in televisione, ma assomiglia di più alla stampa: è il lettore, o navigatore, a scegliere se e che cosa vuole e leggere o vedere. In secondo luogo non ha un tempo predeterminato per essere trasmessa e ricevuta: il lettore o navigatore decide quanto tempo vuole dedicare ad ogni pagina. Infine, ancor più della stampa, permette di offrire informazioni precise e dettagliate (Bissat, Livraghi, 1997). L home page, molto chiara e semplice da navigare, mostra chiaramente le funzioni svolte dal sito. In primo luogo informare: parlare in maniera accurata della storia di Aton e della sua missione, dei suoi valori guida, della sua visione, delle AtonPeople, dei partner strategici, dell offerta (soluzioni e prodotti hardware e software, servizi), delle novità, delle aziende che l hanno scelta, delle modalità di risoluzione dei problemi. In secondo luogo un sito di servizio, che permette di acquistare on-line prodotti di consumo (e-commerce), contattare i vari reparti aziendali per avere ulteriori informazioni o per iniziare un rapporto con Aton, risolvere problemi e ricevere assistenza tecnica. Un sito chiaro e pieno di informazioni utili che descrive ampiamente l attività di Aton, la sua filosofia e il suo modo di agire nei confronti di tutti gli stakeholder, e che si propone come vero strumento pubblicitario e promozionale. Un sito che si presenta graficamente in maniera minimalista e coerente con tutto il resto del materiale pubblicitario aziendale, in cui solo l essenziale e il necessario trova spazio. La scelta di mettere le immagini di chi lavora in Aton sottolinea l importanza che hanno le persone ed i loro ruoli in azienda. Durante la navigazione spuntano delle frasi brevi ed evocative sotto forma di fumetti che sottolineano il ruolo di Aton: Aton è innovazione di business, processi e tecnologie, il governo della filiera sempre e ovunque, affidatevi al partner unico per il mobile computing, il nostro impegno con le imprese? Sviluppare con valore l innovazione, un buon motivo per aver fiducia di noi? Da 20 anni assistiamo 3500 aziende 89

90 in ogni settore, sfruttate il vantaggio dell assistenza e dell outsourcing, sappiamo come aiutarvi con tempestività ed efficacia. Le campagne pubblicitarie Aton utilizza testate e riviste specializzate in IT (Computer World, Linea Edp, Wireless, Data Collection), automazione industriale e distributiva ed economia per attuare campagne settoriali di co-branding con clienti e alleati. L idea alla base è proporsi al pubblico specializzato con la descrizione essenziale delle soluzioni Aton, affiancate dai clienti e dai casi di successo di applicazione o dai partner strategici, in modo da sfruttare l awareness e la notorietà dei loro marchi per infondere fiducia nei potenziali clienti, attivando poi il cross-marketing riportando al sito aziendale per approfondimenti. Di seguito vengono riportate alcune pubblicità stampa, uscite su Computer World, il settimanale di informatica per le aziende, il 30 gennaio Figura n. 6: pubblicità stampa ONgas 90

91 Figura n. 7: pubblicità stampa ONmilk Figura n. 8: pubblicità stampa ONsales e Help Desk 91

92 Figura n. 9: pubblicità stampa Aton partner Intermec Questa campagna di comunicazione stampa è stata studiata e realizzata in collaborazione con clienti prestigiosi a cui Aton ha offerto le sue soluzioni (Api, Granarolo, Bassetti) e con uno dei principali partner hardware (Intermec). La struttura di queste pubblicità stampa, posizionate a fondo pagina, è molto semplice ed intuitiva: un titolo/slogan riassuntivo con il logo dell azienda cliente, un visual espressivo ed evocativo e una body copy. Quest ultima è affidata al cliente che, reso esplicito e parlando in prima persona, riassume i vantaggi apportati da Aton alla propria azienda. È presente inoltre l indirizzo e il link del sito Aton in cui il progetto è descritto in maniera più esaustiva, sotto forma di case study. Per il visual sono state utilizzate immagini semplici ma efficaci: un camioncino con il logo della soluzione per la tentata vendita nel settore idrocarburi per Api, una mucca con le onde della radiofrequenza per Granarolo, una giacca con i bottoni con i colori delle bandiere (che evocano il servizio di Help 92

93 Desk in sette lingue diverse) per Basseti, le pedine del subbuteo che simboleggiano il gioco di squadra con i partner. Le campagne di cross-marketing Uno degli strumenti utilizzati per acquisire visibilità in maniera efficace è rappresentato dalle campagne di marketing realizzate per settore merceologico. Grazie all analisi degli studi e delle tendenze di mercato, delle normative e dei feed-back commerciali sono stati individuati i settori strategici su cui concentrare maggiore attenzione: bevande; gelati e surgelati; caffé; abbigliamento; prodotti per la casa, latte e derivati. Lo strumento scelto è la cartolina: vengono utilizzati gli stessi soggetti creati per le pubblicità stampa. La cartolina viene utilizzata come strumento di marketing 1to1: vengono infatti personalizzate e spedite ai clienti target, a cui viene legato il cross-marketing che rimanda ad un area riservata sul sito internet. L area riservata è motivo di attrazione per il target e rappresenta lo strumento interno di verifica sull andamento: i visitatori accedono tramite un codice univoco presente nella cartolina, che consente il monitoring sull efficacia della comunicazione. Figura n. 10: modello delle campagne cross-marketing di settore (De Nardi, 2005) Cartolina Target Feed back Visita Sito t/onxxx 93

94 Figura n. 11: cartolina ONmilk Questa cartolina, che ha come target produttori e distributori di latte e derivati, è composta sul fronte da un visual molto evocativo della soluzione presentata (la mucca sezionata come un codice a barre rappresenta la tracciabilità) e da uno slogan accattivante, sul retro una veloce descrizione della soluzione, un accenno ad una importante azienda che l ha adottata e il link all area riservata sul sito Aton. Gli eventi tematici Aton partecipa ogni anno ad eventi tematici e di settore. La direzione marketing ha deciso di non andare più con propri stand alle fiere di settore, ma di partecipare con dei suoi rappresentanti a tutti gli eventi (convention, forum) inerenti ai suoi campi d azione. Spesso viene invitata a presentare casi aziendali di successo con dei propri clienti o partner. E il caso dell evento La logistica agroalimentare, soluzioni innovative e casi di eccellenza per l efficace gestione della supply chain, organizzato dall Università degli Studi di Parma, a cui prende parte anche la Aton con un intervento del presidente De Nardi dal titolo Sicurezza e qualità, tutelare il consumatore attraverso la tecnologia. 94

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