PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

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1 PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO PROGRAMMA DI SVILUPPO PROVINCIALE per la XII Legislatura

2 Il documento è stato elaborato, secondo le indicazioni del Comitato per la programmazione, con il supporto tecnico e scientifico del Comitato per la formulazione dei progetti e dei piani di intervento della Provincia, composto da: Esperti esterni: Esperti interni: Segreteria: prof. Roberto Camagni (Presidente) prof. Carlo Borzaga arch. Piero Cavalcoli prof. Sergio Mariotti prof. Antonio Schizzerotto prof. Enrico Zaninotto dott. Ivano Dalmonego dott. Sergio Bettotti dott.ssa Marina Fambri geom. Attilio Solari dott.ssa Maria Cristina Mirabella dott.ssa Laura Riccadonna Il coordinamento è stato curato dal Servizio Programmazione della Provincia.

3 INDICE Il programma di sviluppo provinciale, da legge ad atto amministrativo Pag Uno scenario realistico e condiviso di sviluppo sostenibile IL CONTESTO DELLE SCELTE SCELTE PROGRAMMATICHE E GOVERNANCE TERRITORIALE I GRANDI PRINCIPI: SOSTENIBILITÀ E RESPONSABILITÀ La sostenibilità dello sviluppo La responsabilità degli organi decisionali e dei diversi livelli di governo LO SVILUPPO SOSTENIBILE UNA SUSSIDIARIETÀ RESPONSABILE ED EFFICIENTE PARTENARIATO E PARTECIPAZIONE GLI OBIETTIVI E GLI ASSI PRIORITARI Il contesto IL TRENTINO COM È: UNA «MODERNIZZAZIONE PROTETTA» LA SITUAZIONE ECONOMICA E I PROCESSI DI INTERNAZIONALIZZAZIONE La situazione economica: un economia di forte specializzazione e imprenditorialità L analisi macroeconomica La struttura produttiva I processi di internazionalizzazione: verso una maggiore apertura 46 1

4 Globalizzazione e localismo Gli indicatori di internazionalizzazione Considerazioni conclusive Pag INNOVAZIONE, TECNOLOGIA E RICERCA: NUOVE MACCHINE, MA POCHE IDEE E POCA INNOVAZIONE DI PRODOTTO LO SVILUPPO IMPRENDITORIALE INDUSTRIA TURISTICA E COMMERCIO Il turismo Il settore commerciale CARATTERI GENERALI E TENDENZE DEL SETTORE AGRICOLO- FORESTALE TRENTINO IL MERCATO DEL LAVORO L ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE DEL CAPITALE UMANO IL SISTEMA DEL WELFARE PROVINCIALE LA COESIONE SOCIALE LA DOTAZIONE INFRASTRUTTURALE E L ACCESSIBILITÀ LOGISTICA E TRASPORTO MERCI Implicazioni di un approccio logistico ai problemi dello sviluppo territoriale Opportunità di sviluppo logistico per l area trentina Domanda e offerta di servizi logistici IL TERRITORIO E L AMBIENTE Le criticità in campo ambientale e territoriale Il governo del territorio ELEMENTI DISTINTIVI DELLA CULTURA E DELLA COLLETTIVITÀ TRENTINA IL RUOLO E LA DIMENSIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Politiche per una modernizzazione sostenibile: 8 2

5 assi strategici UNA MODERNIZZAZIONE EQUILIBRATA E SOSTENIBILE E LA VALORIZZAZIONE DELLA SPECIFICITÀ ALPINA INTERNAZIONALIZZAZIONE E INTEGRAZIONE CON I TERRITORI ESTERNI Pag LA QUALITÀ DEL TERRITORIO E DELL AMBIENTE Le politiche infrastrutturali Una strategia di innovazione logistica per il territorio trentino Una politica per l ambiente La sicurezza del territorio Gli strumenti di pianificazione e il sistema informativo territorio-ambiente LA COMPETITIVITÀ Le politiche di intervento sul sistema economico produttivo locale Linee guida per una politica di sostegno all innovazione Gli orientamenti programmatici nel settore turistico Le politiche per il settore commerciale Competitività complessiva e prospettive del settore agricolo-forestale in Trentino Il settore fruttiviticolo Il settore zootecnico Il settore forestale Difesa e valorizzazione dei prodotti tipici montani Linee guida per una politica locale nel settore dell energia LE POLITICHE IN TEMA DI IMPRENDITORIALITÀ IL CAPITALE UMANO 233 3

6 Le linee di politica del lavoro Le politiche per lo sviluppo del capitale umano LE POLITICHE CULTURALI Centri di eccellenza Pag Le istituzioni culturali orientate al territorio Storia locale, tradizioni e cultura popolare Tutela e promozione delle minoranze linguistiche Il patrimonio edilizio e paesaggistico POLITICHE SOCIALI E DIRITTI DEI CITTADINI Qualità ed efficienza nel welfare provinciale Le politiche per la coesione sociale e la sicurezza Le politiche per i giovani RIORGANIZZAZIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E COINVOLGIMENTO DELLA SOCIETÀ CIVILE SECONDO IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ Le politiche per le esternalizzazioni e le privatizzazioni La riorganizzazione dell amministrazione provinciale Organismi e strumenti per la programmazione, la valutazione ed il controllo La valorizzazione delle proprietà collettive IL QUADRO FINANZIARIO: LE RISORSE L attuale quadro delle risorse Le azioni sul versante delle risorse Le azioni per la politica di spesa INIZIATIVE DI CARATTERE INTERSETTORIALE DA ATTUARE MEDIANTE PROGETTI Progetto Strumenti a supporto delle scelte programmatiche Progetto La società dell informazione (e-society) 316 4

7 Glossario dei termini in lingua inglese contenuti nel testo 327 5

8 Il programma di sviluppo provinciale, da legge ad atto amministrativo Il programma di sviluppo provinciale è uno degli strumenti della programmazione con i quali la Provincia esercita la sua potestà di governo. Non è l unico, perché la legge conferisce queste prerogative anche al piano urbanistico provinciale, al bilancio pluriennale e annuale, ai patti territoriali, ai piani e programmi previsti dalle leggi provinciali, ai progetti e al programma di gestione. Di questa pluriforme gamma di strumenti, il programma di sviluppo provinciale è tuttavia quello cui la legge conferisce una preminenza, quasi a significarne il suo ruolo centrale e di guida degli altri strumenti, la cui matrice, comunque la si guardi anche a latitudine vasta, è fondamentalmente di settore: governo del territorio, uso delle risorse, programmazione di area, programmazione pluriennale e annuale di settore, scelta progettuale. Il programma di sviluppo sottosta soltanto alla legge, mentre rappresenta un di più rispetto a tutti gli altri strumenti di programmazione, i quali sono chiamati a essere coerenti con le sue previsioni. Non a caso, il programma di sviluppo provinciale determina gli obiettivi da conseguire per lo sviluppo economico, per il riequilibrio sociale, per gli assetti territoriali e delinea gli interventi correlati a tali obiettivi, oltre ad essere quadro di riferimento per la predisposizione dei disegni di legge rappresentanti gli strumenti di programmazione finanziaria della Provincia. Gli stessi contenuti del programma di sviluppo provinciale rafforzano la sua valenza di fonte principale della programmazione. Descrivere lo scenario economico e finanziario, stabilire gli obiettivi generali economico-sociali e territoriali dell azione provinciale, determinare le priorità di intervento, individuare le iniziative da attuare con i progetti, individuare gli interventi normativi eventualmente necessari per l attuazione del programma, coordinare gli interventi della Provincia con quelli dei comuni e delle comunità montane, definire gli indirizzi per razionalizzare gli interventi provinciali di settore, accludere nel suo impianto

9 specifici indirizzi, criteri e ordini di priorità per i campi di attività e di intervento demandati da leggi provinciali, sono contenuti che spiegano da soli gli amplissimi confini entro i quali il programma di sviluppo è chiamato a muoversi. In merito alla coerenza fra la programmazione provinciale e quella degli enti locali, va peraltro rilevata l attuale assenza di regole anche formali di coordinamento tra il programma di sviluppo provinciale e lo strumento di programmazione generale dei comuni (Relazione previsionale e programmatica), che si ispira a un modello orientato prevalentemente al breve periodo. Tenuto anche conto della crescente autonomia dei comuni nella gestione delle risorse e del venir meno dei tradizionali controlli della Giunta provinciale sugli atti degli enti locali, si tratta pertanto di individuare idonee procedure di raccordo fra i predetti strumenti, soprattutto per quanto riguarda gli interventi a valenza intercomunale. Con le modifiche legislative apportate di recente, il programma di sviluppo non deve essere più approvato con legge. Se dal punto di vista del formalismo giuridico, ciò può sembrare una caduta di importanza, in realtà con le nuove procedure si mette fine ad una finzione per cui il programma di sviluppo provinciale approvato dal Consiglio della Provincia autonoma rappresentava l espressione della volontà dell intera comunità trentina, anche se a riconoscersi in esso era soltanto una maggioranza consiliare. Oggi il Legislativo esprime la sua volontà attraverso il parere della Commissione consiliare competente, mentre il suggello politico definitivo sul documento spetta alla Giunta provinciale con provvedimento motivato. È pertanto chi governa che si assume in pieno la responsabilità delle proprie scelte di programmazione. Questo non significa escludere le forze economiche, politiche e sociali dal dibattito sulle scelte rilevanti per lo sviluppo del Trentino. Esse, infatti, sono direttamente coinvolte nelle fasi di confronto previste sul documento. 2

10 La delegificazione, dunque, ha fatto soprattutto chiarezza; non ha, per usare il lessico giuridico, derubricato il programma di sviluppo che, anzi, mantiene intatte tutte le sue potenzialità. Ciò è tanto più vero se si pone mente al fatto che recentemente ha ricevuto la sanzione da parte della Corte dei conti il «Regolamento concernente l individuazione degli strumenti e la definizione dei criteri per la programmazione settoriale..», che discende dalla stessa legge che ha semplificato le procedure di approvazione del programma di sviluppo. Con questo atto regolamentare, infatti, si è fatta pulizia dell intrico di piani, progetti e programmi settoriali, stabilendo con chiarezza le caratteristiche dei nuovi strumenti di programmazione di settore, che d ora in poi saranno i piani pluriennali di settore e/o i progetti per gli investimenti pubblici, i programmi annuali per la spesa corrente e il programma di gestione. Ad essi si affiancheranno le deliberazioni con le quali la Giunta provinciale individuerà in via preventiva criteri e modalità inerenti ai trasferimenti, ai contributi o ai finanziamenti a favore delle attività produttive o comunque a carattere continuativo che interessino più soggetti. Ad integrazione e rafforzamento degli strumenti di programmazione provinciale, vi sono quelli europei (per citare quelli più significativi per il periodo : Doc.U.P. obiettivo 2, Programma operativo obiettivo 3, Piano di sviluppo rurale) che, operando all interno degli indirizzi di sviluppo locale, si armonizzano e arricchiscono, in primis, il programma di sviluppo provinciale e, a seguire, tutti gli altri strumenti di programmazione provinciale. Il programma di sviluppo che segue, approvato dalla Giunta provinciale, nel rispetto sostanziale delle previsioni della legge provinciale n. 4/1996, ha raccolto i contributi delle parti sociali, economiche e della società civile, nonché delle rappresentanze delle autonomie locali, a seguito delle fasi di consultazione svolte. Tali contributi hanno portato ad integrare il documento nella sua versione finale. 3

11 Con particolare riferimento alla parte propositiva del documento, il capitolo 3, si evidenzia come essa sia organizzata in forma tale da presentare un diverso grado di dettaglio a seconda degli ambiti considerati. Le ragioni sono in parte intuibili e sono sommariamente riconducibili alla seguente casistica: alcuni ambiti esulano dalle competenze della Provincia, e dunque in tali aree le indicazioni del documento non possono che essere «generalissime»; altri ambiti investono la società civile e su di essi appare inopportuna qualsiasi interferenza da parte dell ente pubblico, per non generare forme di dirigismo che non appartengono alla tradizione di governo della Provincia; in altri casi ancora, il grado di approfondimento delle ricerche, che è stato possibile effettuare in tempi assai ristretti, non ha consentito di formulare proposte basate sufficientemente sulla conoscenza fattuale dei bisogni. Questa indeterminatezza, che si ferma talora al quadro generale senza individuare con precisione sentieri programmatici, muove anche dalla considerazione che oggi la programmazione, a differenza di quanto si credeva in passato, è vista come un processo, il che comporta un suo continuo adattamento alle nuove conoscenze che si vanno accumulando nei vari contesti da essa interessati e alle esigenze che via via emergono. Le varie messe a punto sono anticipazioni di approfondimenti da effettuare anche in futuro oltre che il naturale derivato di un possibile riorientamento della programmazione di sviluppo. La stessa considerazione che il programma di sviluppo provinciale possa attuarsi in alcune sue parti di grande respiro e a valenza fortemente trasversale attraverso degli specifici progetti è un ulteriore forma di proiezione al futuro che dà ragione della «processualità» immanente nell odierno sentire della programmazione di sviluppo. A tale proposito, va detto che l adozione del presente programma di sviluppo ha rappresentato l occasione per un ripensamento del ruolo dei progetti, che in passato costituivano l elemento caratterizzante del documento e che ora vengono 4

12 invece proposti solo laddove sia presente e prevalente il requisito di intersettorialità degli interventi, tale da richiedere strutturalmente una regia unitaria. La pregnanza del progetto intersettoriale, la sua funzione di risolvere i problemi in forme diverse dagli interventi routinari e il concentrato di professionalità creative che presiede alla sua formulazione non devono, tuttavia, prescindere dalle strutture di settore, singole o cooperanti al medesimo fine, che sono chiamate invece direttamente in causa quali responsabili,sia per la sua definizione sia per la sua attuazione. I progetti attuativi del programma di sviluppo, delineati nella versione finale del documento, al termine della procedura di consultazione, necessitano per altro di una formalizzazione successiva all adozione del documento di programmazione generale per una puntuale specificazione degli elementi previsti dalla legge sulla programmazione, quali in particolare le caratteristiche degli interventi, la struttura responsabile, i soggetti attuatori, la durata, le risorse da impiegare e le modalità per l esecuzione, nonché per la futura gestione delle iniziative, che richiede l approvazione della Giunta provinciale. Secondo la nuova impostazione programmatica, che intende superare le difficoltà attuative incontrate nella precedente esperienza di programmazione, il documento di programmazione risulta allora fortemente incentrato sulle aree strategiche (assi), all interno delle quali sono collocati gli interventi di natura tipicamente settoriale la cui responsabilità attuativa rimane in capo alle singole strutture competenti per settore, mentre l individuazione dei progetti viene riservata prevalentemente alla fase attuativa della programmazione. Con provvedimento della Giunta provinciale, infatti, potranno essere comunque approvati ulteriori progetti che, pur non rivestendo le caratteristiche di intersettorialità, possono risultare rilevanti per la programmazione provinciale. Le nuove procedure di programmazione, che trovano adeguato supporto normativo nelle modifiche alla legge provinciale in materia proposte con la collegata al bilancio 2002, risultano inoltre caratterizzate da un ulteriore elemento 5

13 di forte novità: l introduzione di un nuovo strumento, denominato documento di attuazione del programma di sviluppo, da approvare di norma ogni anno contestualmente alla manovra di bilancio, in grado di tradurre in scelte concrete le linee strategiche proposte dalla Giunta, specificando gli interventi prioritari da realizzare per concretizzare le azioni indicate nel programma per le diverse aree strategiche e, al loro interno, per ambiti di intervento ed evidenziando altresì i necessari collegamenti tra le scelte programmatiche e la manovra economico - finanziaria. Accanto agli interventi che direttamente costituiscono traduzione operativa del programma di sviluppo, il documento di attuazione individua anche le principali azioni già in essere finalizzate anch esse ad assicurare uno sviluppo equilibrato e sostenibile del Trentino, in coerenza con gli obiettivi generali. Questa scelta consente, da un lato, di avere un documento di programmazione generale di ampio respiro focalizzato sulle grandi strategie di medio termine e, dall altro, di garantire concretezza alla programmazione, verificandone annualmente la coerenza con la situazione economico-sociale congiunturale. Questo strumento rappresenterà per il futuro l ordinaria modalità di attuazione del programma di sviluppo, consentendo anche il superamento della relazione programmatica che, secondo la previgente normativa di contabilità provinciale, accompagnava il bilancio. Il documento di attuazione può essere successivamente integrato a seguito di approfondimenti effettuati su interventi non ancora compiutamente definiti e presenta, quindi, il carattere di apertura che qualifica il programma di sviluppo e i progetti dallo stesso individuati. Con questi presupposti, il testo che segue manca di quella «definitività» che ha caratterizzato documenti di altre epoche e ben si presta al dosaggio equilibrato degli interessi collettivi rappresentati dalle varie parti in causa alle quali si rivolge per diventare la migliore approssimazione al meglio per l intera comunità trentina. 6

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15 1. Uno scenario realistico e condiviso di sviluppo sostenibile 1.1. IL CONTESTO DELLE SCELTE Questo documento vuole essere insieme un modo per esplorare il complessivo contesto scenariale in cui si muovono l economia e la società trentina, una analisi dei punti di forza e di debolezza del sistema economicoterritoriale della provincia e la proposta di un quadro programmatico coerente con le premesse e innovativo negli obiettivi. Naturalmente, un obiettivo di questo genere non può essere realizzato, e d altra parte non può esaurirsi, in un singolo documento; esso piuttosto rappresenta l esito di un processo continuo, realizzato per fasi successive ma anche continuamente rinnovate, di riflessione, consultazione, condivisione e valutazione. Per questo, quello che qui si presenta è una prima versione del programma di sviluppo per la XII Legislatura, risultato ancora parziale di un lungo periodo di lavoro del Comitato per la programmazione e del Comitato per la formulazione dei progetti e dei piani di intervento della Provincia, ancora aperto ai contributi di idee e di progetti delle rappresentanze delle forze sociali, degli interessi e dei gruppi d opinione. Il contesto scenariale in cui si colloca la società trentina oggi è un contesto caratterizzato da processi potenti di globalizzazione e da sentite esigenze di localismo: due elementi che, se non debitamente interpretati e governati, possono portare facilmente al conflitto e alla crisi delle società locali. Fortunatamente, fra un processo ampiamente ineluttabile e una esigenza apparentemente difensiva e contrastante, esiste un ampia area di compatibilità e finanche di sinergia, come si mostrerà più avanti, a condizione che si adottino rinnovati modelli di decisione e di governance territoriale. I processi di globalizzazione possono essere definiti come una tendenziale integrazione planetaria dei mercati dei beni e dei fattori produttivi, delle 8

16 localizzazioni e delle tecnologie, e una tendenziale omologazione dei modelli di consumo e degli stili di vita. Si tratta di una tendenza che è in atto da alcuni decenni, ma che recentemente ha mostrato importanti accelerazioni per effetto di processi di integrazione politico-istituzionale e monetaria e dell esplosione del nuovo paradigma delle tecnologie dell informazione con le nuove potenzialità di utilizzo della rete delle reti. In un ambito territoriale a noi vicino, come quello europeo, l allargamento ad est dell Unione Europea, quale che sarà la forma istituzionale assunta, e l approfondimento della cooperazione euro-mediterranea porteranno nuovi partner a differente livello di sviluppo all interno dell arena competitiva territoriale. I processi di globalizzazione presentano una duplice natura: allargano il mercato potenziale delle attività esistenti ma riducono al tempo stesso le barriere spaziali all interno delle quali tradizionalmente hanno prosperato e prosperano molti mercati locali. In conseguenza, essi rappresentano insieme opportunità e rischi, ampiamente ineluttabili. La globalizzazione implica due processi maggiori, a diretto impatto con l economia e il territorio della provincia: un aumento del clima competitivo, e dunque la necessità di rispondervi attraverso: il migliore e più rapido utilizzo delle nuove tecnologie dell informazione, la qualificazione del capitale umano, fattore fondamentale per nutrire i processi innovativi, e la qualificazione del capitale ambientale, sempre più importante fattore di localizzazione delle attività più moderne, avanzate e di elevata qualità; un aumento dell integrazione fra territori, dal punto di vista della mobilità delle merci e delle persone. Centrale diviene sempre più: 9

17 l accessibilità locale ai territori esterni, e il controllo delle esternalità negative connesse con i flussi di traffico sulle grandi reti, e in particolare sulla direttrice del Brennero. Per la provincia di Trento, tali esternalità si materializzano in generali esternalità ambientali connesse con i prevedibili aumenti dei flussi di traffico, e nella congestione del corridoio centrale, che costituisce arteria fondamentale dei traffici interni alla provincia. Le recenti decisioni di livello nazionale, riguardanti il corridoio plurimodale Tirreno-Brennero, che apre una nuova direttrice di sviluppo e di traffico di importanza continentale, la Pedemontana veneta, destinata a canalizzare traffici merci su gomma al di fuori dei percorsi autostradali, in larga parte attraverso la Valsugana, e il rafforzamento del corridoio adriatico rappresentano elementi fondamentali che connotano lo scenario programmatico attuale. Il secondo elemento che caratterizza il contesto scenariale ha un carattere maggiormente culturale e politico, ma non è esente da importanti aspetti economici. Ci riferiamo alla crescente domanda di localismo, in parte generata dai timori per troppo rapidi processi di globalizzazione, ma in larga misura appoggiata a solide e perfettamente giustificabili esigenze di: mantenimento di tradizioni, di culture e di identità locali, mantenimento della qualità del contesto fisico-naturalistico, mantenimento della qualità del contesto delle relazioni sociali. Queste esigenze sono tanto più accettabili ed anzi prioritarie quanto più esse sono state alla base, come è il caso del Trentino, del successo economico e del benessere collettivo raggiunto negli ultimi decenni. Esse rappresentano una domanda politica ineludibile, che deve essere tuttavia indirizzata in senso progressivo, perché una identità non divenga artificiale sopravvivenza del passato, semplice nostalgia o folclore; perché un contesto naturalistico di qualità divenga 10

18 spazio di vita e non inaccessibile riserva, perché un contesto solidale di relazioni sociali non divenga chiusura, esclusione, segregazione o peggio. Di più: una difesa statica e conservativa dell esistente potrebbe essere altrettanto nociva per la società locale di una acritica assunzione di modelli «globali», in quanto rischierebbe, indebolendo la competitività del tessuto produttivo, di generare tensioni sul mercato del lavoro, propensioni all emigrazione e all abbandono dei territori più fragili, riduzione delle risorse pubbliche destinabili proprio a garantire quei livelli di socialità e di sostenibilità che si desidera difendere. Una strategia che abbiamo chiamato di «modernizzazione equilibrata e sostenibile» potrebbe invece consentire la coesistenza e la compatibilità fra le due esigenze di convivere in modo positivo con la globalizzazione e di difendere i valori dell equilibrio sociale e ambientale. E che questo non rappresenti un obiettivo contraddittorio è in larga misura dimostrato da due considerazioni a proposito del ruolo del locale nel contesto globale. Innanzi tutto, contesti locali fortemente differenziati, caratterizzati da forti specificità e vocazioni (facilmente traducibili in specializzazioni economiche), e sorretti da una forte struttura sia sociale sia fisico-infrastrutturale costituiscono proprio l elemento che consente ai processi di globalizzazione di espandersi, diffondendo sviluppo: un mondo omologato e omogeneo è un mondo di massima entropia e di minima dinamica potenziale. Il territorio locale ha dunque un ruolo cruciale nel contesto internazionale, in quanto non solo fornisce il capitale fisso, le infrastrutture e i servizi che sono indispensabili per lo sviluppo, ma fornisce soprattutto quello che nella letteratura viene chiamato il «capitale sociale» o il «capitale relazionale», strategico per i processi di innovazione e cambiamento. In secondo luogo, società avanzate come quelle occidentali che hanno raggiunto un livello elevato di benessere materiale sempre più richiedono qualità del contesto ambientale; ed anche le imprese manifestano le stesse esigenze 11

19 nella loro domanda di fattori di localizzazione, non tanto obbedendo a imperativi morali quanto alle esigenze delle persone che vi lavorano, dei loro dirigenti, tecnici e lavoratori, che sempre meno sono disposti ad accettare condizioni di congestione e compromissione ambientale. Ciò appare tanto più vero nel caso del Trentino, una terra la cui economia appare ampiamente legata alla qualità delle risorse naturali e ambientali, traendo essa in gran parte le fonti del suo benessere dal settore turistico, dall agricoltura, dal settore alimentare. A questo proposito, opportunamente si è voluto attribuire nel corso del 2000 alla triade turismo-mobilità-ambiente una forte priorità: con gli Atti di indirizzo concernenti questi tre settori, approvati dalla Giunta provinciale nel mese di luglio, si è voluto anticipare una riflessione su una problematica fortemente integrata, cruciale per l economia e la società trentina. I tre ambiti settoriali dell ambiente, della mobilità e del turismo definiscono infatti, almeno per una parte rilevante delle rispettive aree di intervento, un unica problematica di grande rilevanza per un territorio come quello trentino: quella della sostenibilità economica, sociale, culturale e ambientale di uno sviluppo basato sull offerta di servizi turistici e della sostenibilità dei flussi di traffico che per molteplici motivi e con molteplici destinazioni attraversano il suo territorio. Una problematica di questa portata fatalmente coinvolge principi generali di politica territoriale e tocca i sistemi, istituzionali e operativi, di governo del territorio e del suo sviluppo; per questo, le riflessioni realizzate dal Comitato per la programmazione in quel contesto costituiscono parte integrante del presente documento. 12

20 1.2. SCELTE PROGRAMMATICHE E GOVERNANCE TERRITORIALE L obiettivo generale di questo documento è quello di orientare le decisioni dell amministrazione provinciale in due ambiti relativamente distinti: a. quello delle scelte programmatiche da effettuare nella parte finale della legislatura, e b. quello relativo al sistema di governance territoriale. Se sulle scelte programmatiche e la necessità di definirle in un processo di progressiva messa a fuoco non pare esservi alcun dubbio, la giustificazione della seconda riflessione appare meno scontata, ma pienamente accettabile per le seguenti ragioni: il sistema di governance territoriale ha un effetto diretto sull efficienza delle decisioni programmatiche (i loro contenuti, la loro innovatività, la loro rispondenza alle esigenze dei territori), ha pure un effetto diretto sull efficacia delle stesse decisioni (sulla performance del processo decisionale, la rapidità di esecuzione dei progetti e la coerenza degli esiti rispetto agli obiettivi), e infine ha un effetto sulla democraticità dei processi decisionali pubblici (condivisione degli obiettivi, ascolto dei territori e dei loro bisogni, valorizzazione della progettualità diffusa, attivazione di sinergie locali). Un equilibrato e moderno sistema di governance territoriale, che coniughi partecipazione dal basso e «visione programmatica» dall alto, consenso ed efficienza, ascolto e responsabilità, flessibilità e controllabilità, è precondizione cruciale per un processo di programmazione all altezza delle aspettative di una società avanzata. 13

21 1.3. I GRANDI PRINCIPI: SOSTENIBILITÀ E RESPONSABILITÀ I grandi principi di riferimento per un rinnovato modello di sviluppo, che orientano questo Documento sia in tema di scelte programmatiche che di governance territoriale, sono i principi della sostenibilità e della responsabilità La sostenibilità dello sviluppo La consapevolezza, ormai diffusa, delle condizioni preoccupanti in cui versano le risorse naturali del pianeta, insieme alla constatazione della progressiva erosione dello stesso patrimonio di identità e di cultura dei luoghi che pure è testimonianza del loro necessario utilizzo ai fini del progresso dell umanità, impongono oggi una seria riflessione, per altro sollecitata da tutti gli organismi internazionali di governo, sui limiti e sulle distorsioni degli attuali modelli di sviluppo. Si fa parallelamente strada, per altro, la consapevolezza dei limiti della stessa azione di governo del territorio, limiti connessi alla nuova dimensione globale dei fenomeni di sviluppo e di trasformazione, che travalicano i tradizionali confini locali entro i quali questa azione si è fino ad ora esercitata. Inoltre, ci si rende conto che lo sviluppo di un territorio regionale (cioè di uno spazio autocentrato e organizzato con ampia autonomia dall esterno, pur nella ricchezza di relazioni con l esterno) non coinvolge le sole variabili economiche, ma fa tutt uno con le dinamiche sociali, ambientali, culturali, tecnologiche, demografiche: tutte facce di un unico sistema nel quale solo per questioni di comodo è lecito distinguere dei sotto-sistemi. Ecco dunque che la sostenibilità dello sviluppo significa innanzi tutto garantire delle relazioni virtuose tra sottosistemi che ne mantengano la reciproca coerenza e stabilità, evitando che si determinino tensioni sul mercato del lavoro, che la cultura locale si eclissi incapace di reggere la partita, che si debba ricorrere a massicci spostamenti di 14

22 popolazione, che si desertifichino porzioni di territorio in assenza di sufficienti attrattività economiche, culturali e di servizio. Se è ormai facile capire e far accettare che il valore prodotto da un impresa va decurtato del danno inflitto per la produzione alla qualità ambientale, ogni atto economico va anche valutato nella sua produttività nel costruire capacità auto-organizzativa, auto-centralità, autonomia, coerenza territoriale. Cioè percorrendo la catena di effetti extra-economici sul piano della complessità generale delle interazioni con la società, la cultura e l ambiente. Tutto ciò tenendo sempre in adeguata considerazione che il problema non è la sostenibilità in sé, quanto la capacità di coniugare sostenibilità con sviluppo e che quindi ogni limitazione all utilizzo del territorio e delle risorse va collegata a ben definiti ed espliciti obiettivi, coerenti con l esigenza di crescita economica e sociale, e va corredata da attenta valutazione dei costi in termini di sviluppo che essa comporta La responsabilità degli organi decisionali e dei diversi livelli di governo Sulla necessaria qualificazione dello sviluppo nel senso della sostenibilità è ormai disponibile una vasta letteratura ed un corpo consistente di indirizzi, prodotti da organismi internazionali, a cui è d obbligo fare riferimento. Ma, al di là delle citazioni, stenta a farsi strada una pratica di programmazione e di governo che ponga in corretto equilibrio le componenti, tendenzialmente conflittuali, di questo obiettivo. In particolare nel nostro Paese, così composito per tradizioni e culture, che hanno diversamente interpretato le profonde differenze fisico/morfologiche di questa terra, da un lato la rinata attenzione alla fragilità dell ambiente trova difficoltà ad uscire dalla logica esclusiva del vincolo e del controllo autoritativo, e dall altro le tradizionali discipline di governo del territorio sembrano ancora restie a lasciarsi contaminare dalle giustificate preoccupazioni per lo stato dell ambiente e 15

23 dalle nuove metodiche di analisi e di valutazione che pur vengono affermandosi in campo internazionale. Gioca negativamente, in questa difficoltà, il ritardo che si registra nell affermazione di un fondamentale principio a cui necessariamente il processo di rinnovamento della nostra azione, incalzata dai fenomeni di globalizzazione dell economia, deve ispirarsi: il principio di responsabilità, che deve accompagnarsi strettamente a un altro principio condiviso, quello della sussidiarietà. Quest ultimo principio, che impone che le decisioni in ambito pubblico siano assunte dal più basso livello amministrativo efficiente, rischia di essere banalizzato dalla normale pratica politica e di governo nel nostro Paese; in conseguenza è vissuto da un lato con aperto sospetto e con la preoccupazione che esso rappresenti il grimaldello per la definitiva deresponsabilizzazione sugli effetti (di lungo periodo e di area vasta) delle trasformazioni locali, e dall altro come esasperata ricerca di autonomia del particolare, come affermazione assoluta e incondizionata del diritto allo sviluppo locale. Come è evidente, entrambe le posizioni scindono irragionevolmente le componenti dell unica possibile soluzione alla ricerca di un rinnovato modello di sviluppo, quella della integrazione fra sussidiarietà e responsabilità. Ciò appare possibile attraverso una motivata ridistribuzione delle responsabilità nelle decisioni e la necessaria predisposizione di una parallela e comune strumentazione nella valutazione responsabile degli effetti di queste decisioni. L autonomia locale va comunque sistematicamente integrata nella visione generale, interprete di interessi di più ampia portata: deriva da qui la necessità stessa della concertazione e della dialettica inter-istituzionale (Tab ). 16

24 Tab I PRINCIPI DEL PROGRAMMA DI SVILUPPO E GLI AMBITI DI DECISIONE Ambiti di Decisione Principi SCELTE PROGRAMMATICHE SISTEMA DI GOVERNANCE SOSTENIBILITA' Principio di sviluppo antropocentrico Principio di resource-efficiency Principio di rispetto di massa critica e di economie di scala Principio di precauzione Principio di equità territoriale nella distribuzione delle opportunità Valutazione strategica incorporata nei programmi territoriali e nei progetti integrati Conferenze di Servizi per decisioni a carattere intersettoriale RESPONSABILITA' Sussidiarietà responsabile ed efficiente Negoziazione e concertazione Corresponsabilizzazione finanziaria Decentramento decisionale: Patti territoriali, Accordi di programma, Piani strategici di agglomerazione urbana e Piani regolatori comunali Contaminazione fra programma di sviluppo e piano urbanistico provinciale Interoperabilità negli strumenti di analisi, valutazione e previsione 17

25 1.4. LO SVILUPPO SOSTENIBILE Programmare e pianificare nel senso della sostenibilità territoriale significa innanzi tutto internalizzare il grande obiettivo dello sviluppo sostenibile in tutte le scelte programmatiche, a partire dalla fase di prima individuazione delle strategie e di concezione di larga massima dei piani e dei progetti possibili. Esiste uno strumento largamente innovativo per realizzare questo obiettivo: la Valutazione ambientale strategica (VAS), uno strumento di valutazione non puntuale ma generale sulla sostenibilità di programmi, piani e grandi progetti integrati, effettuata sulla base dell analisi dei possibili effetti indiretti e indotti delle azioni sotto osservazione. L elemento ambientale fa necessario riferimento all utilizzo delle risorse naturali non rinnovabili, ma il punto di vista si sposta dalla tradizionale analisi di impatto e dall ottica della pura conservazione, a quella della valutazione integrata della valenza strategica delle azioni intraprese, sotto il profilo della valorizzazione delle risorse e del perseguimento di finalità di sviluppo economico-sociale di lungo periodo. La valutazione non si limita alla considerazione delle azioni singole, ma si estende alla valutazione di alternative possibili, compresa l opzione zero; quest ultima va valutata anche nei suoi costi di opportunità, evidenziando cioè che il costo sociale del non fare non è nullo, ma può essere ben più rilevante di molte opzioni alternative. Più flessibile, più ampia anche se meno precisa in senso quantitativo della analisi costi-benefici; più generale e maggiormente riferibile a considerazioni di carattere economico e di benessere collettivo della Valutazione di impatto ambientale (VIA), la VAS appare uno strumento assai promettente, ancora ampiamente da sperimentare nella pratica ma certamente alla portata di un governo locale ben strutturato in senso professionale e culturale come quello della Provincia autonoma di Trento. 18

26 A sottolineare l esigenza che la valutazione strategica consideri l intera problematica dello sviluppo territoriale e non solo l impatto sulle variabili ambientali, la stessa UE, nelle dichiarazioni dei ministri del territorio riunitisi a Tampere nell ottobre 1999, ha lanciato il progetto di una evoluzione della VAS in direzione di una valutazione di impatto territoriale VIT (Territorial Impact Assessment), inclusiva degli aspetti di sviluppo economico, sviluppo sociale, difesa del patrimonio culturale e paesistico. Ma il vero passo avanti metodologico rispetto al passato sarà costituito dalla capacità di internalizzare e incorporare tale strumento nelle decisioni programmatiche sia generali (programma di sviluppo e piano urbanistico provinciale), sia settoriali (nelle linee di indirizzo e nelle decisioni dei singoli dipartimenti, e in particolare di quelli più direttamente coinvolti in queste problematiche: mobilità, turismo, urbanistica, economia). Sarà possibile in questo modo superare l impasse paralizzante di decisioni pubbliche assunte in due tempi, da autorità che sarebbero concettualmente in conflitto: le autorità preposte allo sviluppo e le autorità preposte al controllo ambientale. La valutazione di sostenibilità delle strategie di piano deve sostanziare tutto l iter di strutturazione delle proposte, e non essere realizzata expost secondo criteri non commensurabili con quelli ex-ante, e secondo logiche diverse da quelle che hanno portato alla configurazione di strategie, programmi e progetti. Ciò significa che ogni struttura della Provincia dovrà effettuare la valutazione strategica sui propri documenti programmatici. Al proposito, è chiaro il carattere di sussidiarietà e di cooperazione che il Comitato per la programmazione ed ancor più il Comitato per la formulazione dei progetti e dei piani di intervento della Provincia potrà svolgere nei confronti delle strutture organizzative provinciali, in particolare con riferimento alla valutazione strategica dei grandi progetti integrati. La cooperazione consisterà essenzialmente nella messa a punto di una metodologia e di un insieme di indicatori e parametri 19

27 per la valutazione di tali progetti, da individuare anche sulla base dello studio sugli indicatori di sostenibilità promosso dall APPA e recentemente concluso e dei principi ordinatori del nuovo piano urbanistico provinciale. Metodologia e indicatori dovranno tenere conto delle specificità territoriali e ambientali del Trentino, della sua collocazione nel contesto nazionale e internazionale e infine delle competenze amministrative e delle potestà istituzionali della Provincia. Anche le necessarie verifiche a carattere intersettoriale sui grandi progetti integrati che discendono dagli orientamenti programmatici dovranno essere effettuate ex-ante e non più ex-post, attraverso tavoli negoziali e di concertazione (simili alle attuali conferenze di servizi ), in cui si confrontino, direttamente e non successivamente, istituzioni e attori pubblici differenti, e si valutino comparativamente istanze e criteri differenti, chiaramente espressi e simultaneamente discussi. Sempre restando nell ambito delle riflessioni di governance, questo stesso principio della internalizzazione delle preoccupazioni ambientali deve valere per le proposte o le decisioni assunte dai livelli di governo sub-provinciali o dai nuovi strumenti della programmazione negoziata, come i Patti Territoriali un necessario corollario del principio di responsabilità, di cui abbiamo parlato più sopra. In questo senso, fondamentale appare la cooperazione inter-istituzionale a carattere verticale, con un necessario ruolo di indirizzo, di servizio e di supporto tecnico da parte dell ente sovraordinato (che pure partecipa direttamente al processo negoziale). Venendo ai principi che devono informare le scelte concrete di programmazione e di pianificazione, essi possono essere così delineati: a) un principio di sviluppo centrato sulla persona: sono le necessità vitali dell uomo in campo socio-culturale ed economico ad avere la priorità, ad 20

28 esempio allorché appaia un rischio di marginalizzazione o finanche di sopravvivenza di determinate collettività in ambienti periferici per effetto di scarsità di fonti di reddito locale; b) un principio di resource-efficiency, o di efficienza in termini di utilizzo di risorse, in particolare di quelle scarse e non rinnovabili. Questo principio può essere coniugato in diversi modi, con riferimento alle istanze di sviluppo che paiono prioritarie nella provincia: efficienza nell uso della risorsa suolo : significa ad esempio contenere all interno di insediamenti compatti a carattere policentrico lo sviluppo attorno alle città maggiori; favorire il riuso del patrimonio edilizio e delle aree dismesse rispetto a nuove urbanizzazioni o infine minimizzare l uso di suolo implicito nell estensione dei nastri stradali o nelle reti infrastrutturali; efficienza nell uso delle risorse energetiche: significa convogliare verso il mezzo pubblico di trasporto di massa la quota maggiore possibile di spostamenti individuali (in ambito urbano-intercomunale) o di merci (in particolare per i flussi di attraversamento lungo il corridoio del Brennero); efficienza nell uso delle risorse paesistiche e naturali: significa ad esempio integrare i bacini di sfruttamento turistico esistenti piuttosto che aprire nuovi bacini; efficienza nell uso delle risorse di capitale, infrastrutturale e finanziario: significa ad esempio aumentare l efficienza nell uso delle reti di trasporto su ferro esistenti, con strumenti tecnologici o semplicemente organizzativi, piuttosto che incrementare la consistenza delle reti stesse; o anche significa migliorare l accessibilità agli aeroporti esterni esistenti; c) un principio di rispetto della massa critica e delle economie di scala. Ciò significa: 21

29 in campo paesistico-ambientale, il rispetto della continuità delle reti ecologiche e della dimensione delle biomasse per garantire la biodiversità; in campo trasportistico, l orientamento della mobilità di merci su lunga distanza, prevalentemente di attraversamento per la nostra provincia, verso le infrastrutture di massima efficienza, ferroviarie e autostradali; d) un principio di precauzione, che impone di astenersi dall uso o dallo sviluppo di una certa risorsa allorché le conseguenze di lungo termine sull ambiente non sono ragionevolmente note o prevedibili; e) un principio di equità territoriale nella distribuzione delle opportunità, inteso quale equilibrata e sinergica distribuzione delle diverse opportunità di sviluppo, tutte comunque concorrenti a perseguire il generale obiettivo di crescita economica e sociale. Ciò significa: la valorizzazione delle identità e delle capacità locali, intese come «capitale sociale» strategico per i processi di innovazione e di cambiamento; la sperimentazione e la generalizzazione di metodiche di equa e motivata distribuzione territoriale degli interventi di supporto all'economia e alla società; la compensazione, in direzione delle collettività territoriali, per attività che generano forti esternalità collettive: la conseguente internalizzazione di tali esternalità deve consentire il rafforzamento dell'economicità di queste attività vantaggiose per la società e il territorio trentino, e dunque la loro persistenza. Ci si riferisce ad esempio a diverse forme di produzioni agroalimentari di montagna, o ad attività volte esplicitamente alla valorizzazione del paesaggio e del patrimonio culturale diffuso. 22

30 1.5. UNA SUSSIDIARIETÀ RESPONSABILE ED EFFICIENTE Due sono le direzioni programmatiche che si intende percorrere al fine di realizzare il principio di una sussidiarietà responsabile e efficiente: un forte decentramento decisionale, che allarghi la possibilità di valorizzare al massimo la progettualità diffusa e la conoscenza dei bisogni delle popolazioni, nel rispetto della visione complessiva del benessere territoriale espressa dal programma di sviluppo e dalle linee di indirizzo a carattere settoriale espresse dal governo provinciale, e come condizione per realizzare tale decentramento senza frammentare il processo e i contenuti delle decisioni; l assunzione della negoziazione e della concertazione inter-istituzionale come lo stile di governo che realizza potenzialmente il massimo di responsabilizzazione e di cooperazione. La centralità della dimensione locale. Occorre innanzi tutto saper riconoscere le rinnovate dimensioni e caratteristiche delle comunità locali che, prodotte dalle straordinarie trasformazioni della società industriale, devono essere riconosciute come le reali protagoniste delle necessità di sviluppo contemporaneo e futuro. Occorre quindi accettare che l obiettivo della difesa e della valorizzazione delle comunità tradizionali si basa oggi sempre più spesso sulla capacità di ricomposizione di comunità più ampie, connaturate a più complessi ed articolati motivi di identità, sui quali fondare un nuovo statuto di solidarietà, di orgoglio e di competizione - la leva per un nuovo e responsabile sviluppo locale. La centralità della dimensione locale si esprime dunque nella capacità di cooperazione intercomunale, anche per essere in grado di rispondere in modo adeguato alla presenza di due elementi la cui portata va oltre i confini dei singoli comuni: la presenza di fenomeni di spillover territoriale, e cioè di trasmissione di esternalità, negative ma anche positive, dalle attività localizzate in un comune su quelli contermini (ad esempio, esternalità ambientali o di mobilità), e la necessità 23

31 di gestione congiunta delle grandi reti (infrastrutturali, energetiche, idriche e idrogeologiche), per loro natura sopralocali, al fine di estrarre i massimi vantaggi complessivi. Concertazione e negoziazione. Ciò impone, come corollario dell azione responsabile, sussidiaria e sostenibile, l applicazione di tecniche di concertazione e di negoziazione tra i diversi livelli istituzionali, nonché di pratiche di cooperazione e di servizio non solo nella documentazione degli effetti dell agire dei singoli, ma sulle potenzialità di sviluppo delle nuove aggregazioni territoriali. È il terreno principale dell azione di programmazione e di indirizzo della Provincia anche in considerazione della necessità di valutare gli effetti di scala vasta delle decisioni locali. E, sul terreno istituzionale, ciò impone anche l azione di accompagnamento di questa attività di servizio con un decisa rivalutazione dei temi della ricomposizione delle piccole comunità locali, per una più visibile capacità di rappresentanza degli interessi e delle identità in via di definizione, comunità che vanno aiutate ad esprimersi e vanno dotate dei necessari strumenti di efficienza amministrativa, oggi non oggettivamente concepibili al di sotto di una certa soglia demografica. In termini di sistemi di governance, tutto ciò significa: a) avviare e rendere operativo un processo continuo di cooperazione interistituzionale nella definizione degli obiettivi, dei programmi, dei principali progetti. Questo significa in primo luogo attivare all interno del processo di piano una forte interazione con le principali municipalità della provincia, avviandole e sostenendole in processi di Pianificazione strategica, orientati alla definizione di una visione condivisa del futuro della città e delle sue funzioni economiche, nonché alla assunzione di un approccio territoriale alla scala intercomunale. In secondo luogo, questo significa favorire l avvio di accordi territoriali, traducibili nelle diverse forme della programmazione 24

32 negoziata, e di garantirne una efficiente ed efficace integrazione con il processo di programmazione provinciale. Ciò impone un intenso programma di osservazione e di ascolto delle comunità locali, accompagnato da ipotesi di definizione della loro nuova identità, che va profondamente documentata e discussa, come presupposto fondamentale dell assunzione consapevole, duratura ed efficace delle nuove responsabilità che il riordino istituzionale attribuisce a queste identità rinnovate. Ciò potrà sostanziarsi attraverso veri e propri accordi territoriali, che garantiranno da un lato la prospettiva dell attuazione programmata dei piani regolatori comunali, dall altro il necessario consenso e il sentimento di partecipazione delle singole comunità al complessivo processo di programmazione provinciale. La stessa partecipazione dei cittadini, delle loro associazioni, delle istituzioni che operano nel territorio, al processo decisionale pubblico può trarre da questa verticalizzazione e decentramento decisionale una spinta alla sua realizzazione insieme piena, concreta ed efficace; b) avvicinare, integrandoli il più possibile nelle logiche e negli obiettivi, il programma di sviluppo e il piano urbanistico, contaminando positivamente le attività di pianificazione e di programmazione di settore, che devono ritrovare sul terreno delle analisi ambientali e della valutazione degli effetti delle soluzioni funzionali prospettate le condizioni per superare gli aspetti di separatezza e di autoreferenzialità che ancora troppo spesso le caratterizzano; c) predisporre le misure necessarie affinché gli indirizzi prospettati siano perseguiti attraverso strumenti di analisi, valutazione e previsione adeguati alla importanza dei compiti ed al loro carattere innovativo. Particolare importanza assume in questa prospettiva lo sforzo che la programmazione provinciale deve compiere per un ulteriore ammodernamento dei metodi e 25

33 della strumentazione indispensabile per l opera di concertazione, di documentazione e di divulgazione delle scelte di governo territoriale. L attuale stato di sviluppo dei sistemi informativi territoriali, pur giunto nel Trentino ad un grado di maturità impensabile per altre parti del Paese, richiede comunque decisi interventi ai fini di una definitiva integrazione dei sistemi, di una adeguata interoperabilità degli archivi, dell utilizzo generalizzato di modelli, interventi tutti che devono mettere in condizione le pianificazioni di settore di operare quel salto disciplinare e di responsabilità che a loro è richiesto. Non si tratta soltanto di operare nel senso di una maggiore «integrazione orizzontale» dei sistemi. Gli indirizzi esposti presuppongono, quasi con maggior forza, la necessità che questi sistemi si pongano al servizio della concertazione, proiettando le loro potenzialità descrittive e valutative «in verticale», rispondendo ad esigenze di comprensione e valutazione che le comunità locali non sono in grado di soddisfare. L opera di servizio che la Provincia può compiere in questo campo è appena cominciata. 26

34 1.6. PARTENARIATO E PARTECIPAZIONE Come si è detto in precedenza, lo sforzo di cooperazione inter-istituzionale, verticale e orizzontale, è finalizzato alla diffusione verso il basso del potere, ma anche della responsabilità, delle decisioni in materia di sviluppo territoriale, al fine di avvicinare il più possibile la decisione al cittadino e alle sue organizzazioni. Si tratta di indicazioni che autorevolmente vengono da tutti i documenti dell Unione Europea in materia di programmi di sviluppo e di politiche urbane, e che vedono nell avvio di forti processi di partecipazione dal basso uno degli obiettivi più qualificanti dell Unione stessa in questo momento. Non solo il processo di programmazione si arricchisce, da questa apertura, di nuove progettualità e di nuove garanzie di ascolto dei bisogni e delle priorità dei cittadini, attivando nuovi modelli di democrazia partecipativa, ma acquisisce la possibilità di attivare nuove risorse a carattere privato per il finanziamento dei progetti ritenuti prioritari. Forme diverse di partenariato pubblico-privato possono essere identificate: dalla finanza di progetto (project financing), che prevede il finanziamento privato di opere pubbliche a fronte di una concessione di gestione dell opera, a forme miste che possono vedere il privato coinvolto soprattutto nel processo di concezione, progettazione e gestione della fase di investimento. L attività di programmazione provinciale, che si esplica come azione permanente al di là della definizione del Programma di Sviluppo, svolge come suo compito qualificante quello di promuovere e coordinare la progettualità diffusa, attivata prevalentemente da associazioni, istituzioni locali o singoli soggetti, creando sinergie e valore aggiunto fra i diversi progetti e promuovendo l eventuale supporto delle istituzioni sovralocali. Il partenariato fra pubblico e privato può inoltre essere efficientemente esperito nei processi di riorganizzazione della pubblica amministrazione, 27

35 attraverso la privatizzazione di servizi pubblici o la loro concessione condizionata a precisi impegni a carattere pubblicistico. 28

36 1.7. GLI OBIETTIVI E GLI ASSI PRIORITARI Il capitolo seguente è orientato ad una analisi approfondita del contesto attuale, economico e territoriale, sul quale il programma di sviluppo intende incidere in modo sostanziale. A seguito della diagnosi, che in molti casi abbiamo voluto anche impietosa, dei limiti (oltre che, naturalmente, dei punti di forza) dell attuale modello di sviluppo e dei rischi che sono impliciti in una evoluzione lasciata senza guida e senza obiettivi, in un contesto di mondializzazione, sono stati identificati otto grandi assi strategici verso i quali orientare l azione pubblica. Gli assi, di seguito elencati senza volerne stabilire una graduatoria per importanza, sono: internazionalizzazione e integrazione con i territori esterni, qualità del territorio, competitività del sistema produttivo, imprenditorialità, capitale umano, cultura, socialità e diritti dei cittadini, sussidiarietà e riorganizzazione della pubblica amministrazione. Si tratta di grandi assi strategici, che si sostanziano (e ancor più si sostanzieranno a seguito del grande dibattito collettivo che si intende avviare nelle istituzioni e nella società) in misure, programmi e progetti a carattere integrato. Ciascuno di essi, pur facendo riferimento a responsabilità amministrative unitarie, trova nella intersettorialità, e quindi nella necessaria collaborazione fra settori e segmenti differenti dell amministrazione pubblica, la sua giustificazione. 29

37 2. Il contesto 2.1. IL TRENTINO COM È: UNA «MODERNIZZAZIONE PROTETTA» Riassumere in pochi tratti le caratteristiche principali dell economia e della società trentina, offrire una linea di lettura unitaria dei fenomeni in corso, non è facile: molte delle stilizzazioni spesso usate per connotare globalmente il Trentino non reggono alla prova di analisi più attente. Non regge, ad esempio, l idea di un Trentino vicino sotto il profilo culturale, economico e sociale al Tirolo: anche se è vero che sono evidenti alcune connotazioni similari, soprattutto sotto il profilo dell organizzazione sociale e della collocazione geografica, certo non si può dire che quelle connotazioni permeino profondamente i modi del vivere sociale ed economico in modo tale da caratterizzarne uno sviluppo unitario. Non regge, altresì, l idea di una regione «ponte» tra Italia e territorio germanico: profondamente radicata nell economia delle regioni italiane settentrionali, di cui condivide pregi e difetti, il Trentino soffre semmai di maggiore chiusura all esterno e di una minore dinamica innovativa. Non regge nemmeno l idea di un Trentino che ha semplicemente coperto le proprie arretratezze strutturali con una pesante immissione di risorse pubbliche: se questa può essere stata in passato una linea interpretativa accettabile, e se ancora è difficile prescindere dal peso notevole che a tutt oggi riveste il settore pubblico in provincia, l idea di una economia assistita appare fuorviante a fronte dei recenti indirizzi di politica economica pubblica e di una analisi delle nuove caratteristiche che sta assumendo il tessuto industriale e imprenditoriale trentino, orientato verso uno sviluppo autopropulsivo della piccola impresa. Ognuna di queste stilizzazioni contiene, è vero, una parte di verità. Ma il loro uso esclusivo appare del tutto insufficiente se non errato quando si deve interpretare un contesto complesso e in evoluzione, come quello trentino. 30

38 Quali sono dunque i dati di fatto salienti da cui partire? Anzitutto quello di una economia sostanzialmente solida, le cui caratteristiche richiamano, nel bene e nel male, quelle della vicina area padana: una piccola (e piccolissima) impresa estremamente dinamica; un livello di innovazione limitato e sostanzialmente circoscritto all innovazione di processo; una situazione occupazionale invidiabile, con alcune tensioni soprattutto nei comparti maggiormente qualificati del mercato del lavoro. In nessuno degli indicatori economici normalmente impiegati, il Trentino si distanzia in modo decisivo dalle economie dell area padana. È vero: non esistono i distretti industriali, quali sono ormai consolidati in ampie parti dell Italia settentrionale e centrale, ma in un certo senso l intera provincia opera come un distretto sufficientemente coeso, caratterizzato fortemente da alcune filiere di specializzazione che trovano nelle caratteristiche dell ambiente e del territorio trentino il loro vantaggio competitivo: filiera agro-alimentare, filiera delle costruzioni, filiera turistica. Il contesto economico provinciale poi, di dimensioni relativamente ridotte, appare proprio per questa caratteristica assai integrato in un sistema di più vaste dimensioni in cui spiccano Veneto, Lombardia ed Emilia- Romagna. La solidità di fondo del settore industriale trova ulteriori conferme nei buoni andamenti del settore turistico e agricolo: vero motore, il primo, dell economia provinciale, il turismo ha presentato di recente ottimi risultati, soprattutto se comparati con una generale tendenza al ridimensionamento del turismo alpino; capace da parte sua l agricoltura di ottenere risultati estremamente brillanti sotto il profilo della produttività e delle rese. Il tessuto economico si inserisce poi ed è questo un secondo connotato caratterizzante il Trentino in un contesto ambientale per molti aspetti invidiabile e in una struttura sociale solida, caratterizzata da spiccati elementi di integrazione e di autoidentificazione che permettono al sistema sociale di realizzare un processo 31

39 non traumatico di adattamento e transizione dalla società agricola-montana a quella post-industriale, un processo in larga misura compiuto. Giudicata globalmente e con riferimento ai principali indicatori di risultato la società trentina può dunque apparire come una società capace di realizzare un processo di modernizzazione equilibrato, diffuso (anche a motivo della forte presenza di settori come il turismo e l agricoltura intensiva) e a moderato impatto sul contesto ambientale e sul tessuto sociale; una società in cui, insomma, gli elementi di integrazione derivanti dall aumento della ricchezza sono stati di gran lunga maggiori degli effetti di disgregazione che spesso si accompagnano a dinamiche di modernizzazione troppo violente. Anche la sottolineatura di alcuni punti critici dello sviluppo sociale ed economico del Trentino non può dunque prescindere dall evidenza del sostanziale successo di un modello di sviluppo che ha permesso di integrare l economia locale nella forte economia del Nord-Est senza particolari traumi o rotture degli assetti ambientali e sociali talvolta purtroppo evidenti in regioni vicine. Se tutto ciò sembra vero, e costituisce motivo di soddisfazione e di fiducia, non si può nondimeno evitare di porre in luce alcuni elementi che pongono interrogativi sulla compiutezza e sulla stabilità del processo di modernizzazione che sinora si è manifestato. In estrema sintesi, il quadro che si è venuto delineando è quello di un processo di modernizzazione che si è potuto svolgere grazie ad alcune importanti compensazioni e al riparo di alcune barriere a carattere locale. Innanzi tutto alcune compensazioni sono state rese possibili dal settore pubblico, che ha agito da potente redistributore di ricchezza e ha immesso nel sistema una domanda ingente di consumi pubblici e di investimenti. Il ridotto grado di apertura competitiva di buona parte del sistema ha permesso di mantenere all interno dell economia trentina una quota importante dei moltiplicatori di reddito e di occupazione attivati dalla domanda interna, determinando un innalzamento 32

40 generalizzato delle condizioni di vita della popolazione. Il capitale naturale presente nel territorio provinciale ha poi creato una fonte di sviluppo che per molto tempo ha funzionato come una rendita di posizione, generando una domanda turistica quasi spontanea. L economia locale ha inoltre potuto usufruire, da una parte, di un capitale notevole di istruzione professionale e di strutture di formazione capaci di soddisfare uno specifico fabbisogno di qualificazione di base; d altra parte, di un capitale di valori e di integrazione sociale importante, preservatosi più che altrove a motivo di tradizioni culturali più persistenti, della morfologia del territorio o semplicemente del ritardo nell innesco dei processi di crescita economica. Se questo quadro risulta credibile, le questioni di fondo che ora si pongono sono: 1. se i fattori compensativi che hanno permesso di realizzare il modello di modernizzazione equilibrata siano mantenibili nel tempo; 2. e se il livello di modernizzazione raggiunto sia sufficiente a consentirne una sua auto-riproduzione nel futuro, con dinamiche analoghe al passato in termini di velocità di sviluppo e di sostenibilità. Quanto alla prima domanda, si possono sollevare alcuni dubbi. Alcuni elementi essenziali del modello di sviluppo delineato sembrano dover essere profondamente ridimensionati nel medio periodo. È così, anzitutto, del flusso dei trasferimenti pubblici che potrebbe essere significativamente ridotto, o destinato in quote consistenti a far fronte alla crescita delle competenze locali. Ma altrettanto difficile sembra poter mantenere la ridotta esposizione alla concorrenza del passato, per effetto dei processi di integrazione economica e territoriale e in considerazione delle politiche generali di sviluppo della concorrenza promosse a livello nazionale ed europeo. 33

41 L articolata struttura della formazione professionale del Trentino sembra, d altra parte, progressivamente inadeguata a far fronte alle nuove richieste del mercato del lavoro e alla domanda di istruzione superiore e universitaria, cosicché la provincia presenta i sintomi di una preoccupante erosione del capitale culturale. E, infine, alcuni segnali di crisi vengono anche dallo studio delle dinamiche sociali che evidenziano un potenziale di conflitto tra società urbane e zone periferiche, e un progressivo distacco nei valori di riferimento di segmenti della popolazione con diverso grado di esposizione alla modernità. Ci si può tuttavia chiedere ed è questo il senso della seconda questione se la società trentina non sia sufficientemente sviluppata da potere attivare endogenamente processi di aggiustamento e riequilibrio, anche in presenza di una riduzione della presenza pubblica. L impressione che si ha, a questo proposito, è piuttosto ambigua. Lette in modo disaggregato, le forti dinamiche recenti segnalano l esistenza di un dualismo tra settori dell economia abbondantemente autonomi, e parti e settori che, presentando ancora forti debolezze strutturali, continuano a essere fortemente dipendenti dalle caratteristiche originali del modello di sviluppo trentino. Nel settore industriale, ad esempio, è solo la piccola e piccolissima impresa (sotto i 20 addetti) a presentare dinamiche di produttività soddisfacenti e confrontabili con quelle delle imprese venete, mentre le imprese di dimensioni appena superiori presentano significativi deficit competitivi che una maggiore apertura alla concorrenza dell economia provinciale potrebbe evidenziare in modo preoccupante. Un analogo e forse più accentuato dualismo si rileva nel terziario, mentre la modernizzazione del turismo ha riguardato le strutture alberghiere di punta, ma con un aumento delle distanze tra queste e ampi segmenti dell offerta basati sulle strutture alberghiere minori o sulle case in affitto che ancora soddisfano una quota consistente della domanda di ricezione turistica. In presenza poi di una evoluzione 34

42 della domanda turistica in direzione di una maggiore diversificazione del servizio, i fattori di competitività del settore dovranno appoggiarsi sempre più su elementi di innovazione e di organizzazione piuttosto che solo sulle tradizionali amenities naturali. Il passaggio da una modernizzazione «protetta» a una modernizzazione equilibrata basata sulla sostenibilità, cioè sulla capacità endogena del sistema di autoriprodurre le condizioni della propria crescita e di trasmetterle alle generazioni future, sembra essere dunque lo snodo cruciale del Trentino. Ed è significativo che questo snodo cruciale si proponga in un momento in cui, tanto al livello nazionale che a quello regionale e provinciale, si stia riconsiderando lo statuto delle autonomie sulla base del principio di sussidiarietà. 35

43 2.2. LA SITUAZIONE ECONOMICA E I PROCESSI DI INTERNAZIONALIZZAZIONE La situazione economica: un economia di forte specializzazione e imprenditorialità L analisi macroeconomica Dal punto di vista macroeconomico, il Trentino presenta una situazione ampiamente positiva. Il tasso di crescita medio annuo del valore aggiunto provinciale nel periodo , calcolato a lire correnti, è stato pari al 5,1%, e all 1,6% a prezzi costanti, un tasso leggermente inferiore a quello della media regionale, simile a quello medio delle regioni del Nord-Est e nettamente superiore a quello italiano. È solo nell ultimo periodo, a partire dal 1997, che la provincia mostra una accelerazione relativa nei confronti della provincia di Bolzano e delle altre regioni del Nord-Est, superando questi territori in termini di tassi di crescita (Tabb e ). Gli stessi andamenti relativi si registrano nel prodotto pro-capite: il livello attuale si pone leggermente al di sotto rispetto a quello del resto della regione e del Nord-Est, e su un livello di circa il 20% superiore a quello medio nazionale (Tab ). Le esportazioni, soprattutto a partire dal 1994, hanno mostrato solidi tassi di crescita, superiori a quelli della provincia di Bolzano e simili a quelli del Nord-Est: una performance interessante, che dimostra una capacità rilevante di riorganizzazione e rilancio del tessuto industriale, in precedenza segnato da numerosi episodi di crisi (Tab ). Per contro, la crescita degli investimenti a livello regionale 1 è sensibilmente inferiore a quella del Nord-Est italiano. 1 Parliamo qui della crescita degli investimenti a livello regionale, non potendo distinguere le due province. Inoltre, questi dati si riferiscono a investimenti privati e pubblici effettuati dai settori industriali, terziari e 36

44 Tabella VALORE AGGIUNTO AL COSTO DEI FATTORI (variazioni % medie annue - prezzi correnti) Macro-aree/periodi Trentino 6,04 6,88 2,35 4,70 5,07 Trentino Alto Adige 7,24 7,17 2,12 4,60 5,48 Nord Est 6,35 7,04 1,99 4,97 5,10 Italia 5,51 6,00 2,29 4,91 4,59 Fonte: Elaborazioni Servizio Statistica su dati Prometeia - versione luglio 2000 Tabella VALORE AGGIUNTO AL COSTO DEI FATTORI (variazioni % medie annue prezzi 1990) Macro-aree/periodi Trentino 0,82 2,46 1,60 2,57 1,62 Trentino Alto Adige 1,94 2,71 1,35 2,43 2,00 Nord Est 1,27 2,96 1,33 2,86 1,85 Italia 0,50 1,80 1,57 2,80 1,29 Fonte: Elaborazioni Servizio Statistica su dati Prometeia - versione luglio 2000 Variazioni medie percentuali calcolate con la media geometrica delle variazioni rilevate nel periodo delle costruzioni. Più avanti, l analisi degli investimenti è effettuata sui livelli di investimento per addetto nel settore industriale e terziario, escluso quello delle costruzioni. 37

45 Tabella PRODOTTO INTERNO LORDO PER ABITANTE (dati medi per periodo a prezzi correnti) (milioni di lire) Macro-aree/periodi Trentino 31,957 38,177 42,188 48,514 37,441 Trentino Alto Adige 32,292 39,416 43,891 50,105 38,740 Nord Est 31,794 38,558 43,941 50,907 38,098 Italia 26,281 31,042 35,548 41,297 30,957 Fonte: Elaborazioni Servizio Statistica su dati Prometeia - versione luglio 2000 Tabella ESPORTAZIONI DI BENI VERSO L'ESTERO (variazioni % medie annue - prezzi costanti) Macro-aree/periodi Trentino 3,57 9,21 5,26 11,45 7,40 Trentino Alto Adige 6,10 7,75 3,89 11,53 5,99 Nord Est 7,18 8,81 4,09 9,60 7,28 Italia 4,93 8,21 2,48 7,47 5,70 Fonte: Elaborazioni Servizio Statistica su dati Prometeia versione luglio La struttura produttiva L analisi della struttura produttiva della provincia di Trento mostra che il territorio trentino ha una chiara connotazione, con presenza di forti settori di specializzazione produttiva, a naturale localizzazione diffusa, e con una sottorappresentazione di attività legate prevalentemente a localizzazioni centrali- 38

46 metropolitane. La vocazione produttiva dell area ruota intorno a tre filiere di forte specializzazione (Tab ): - la filiera turistica, con presenza ben al di sopra della media nazionale di alberghi, ristoranti, rifugi, affitto di camere, agenzie di mediazione immobiliare; - la filiera delle costruzioni, in parte collegata alla precedente, con la presenza di un forte settore della lavorazione del legno, della produzione di porte, finestre, affiancato da settori di produzione di calcestruzzo, di posa in opera di coperture e costruzione di ossature di tetti di edifici, di lavori generali di costruzione di edifici e di ingegneria civile, di demolizione di edifici e sistemazione del terreno, ed infine di settori a monte, quali lavori di isolamento e commercio all ingrosso di apparecchi e accessori per impianti idraulici e di riscaldamento; - infine, la filiera agro-alimentare, che si estende dalla produzione di carne e prodotti di macelleria, di bevande alcoliche distillate, di succhi di frutta e di altri prodotti alimentari, alla fabbricazione di prodotti per l alimentazione degli animali, al commercio all ingrosso e al dettaglio di prodotti alimentari, alla fabbricazione e installazione di impianti per la refrigerazione e ventilazione dei prodotti alimentari. Queste filiere risultano caratterizzate da una forte incidenza dei sotto-settori citati sull economia locale, in termini di numero di addetti, nonché da una forte dinamica occupazionale che, grazie alla ottima performance delle piccole imprese in questi settori, si presenta più accentuata rispetto alla media nazionale. Più che il concetto di settore è proprio il concetto di filiera che permette di cogliere il grado e le potenzialità di integrazione fra settori e sottosettori apparentemente autonomi, ma che nella realtà sono collegati sia in senso commerciale sia soprattutto perché condividono, per la loro competitività, fattori locali di naturalità, identità, socialità. Se la forte concentrazione settoriale potrebbe far pensare ad una struttura produttiva a distretti industriali, l analisi della distribuzione territoriale di questi 39

47 sotto-settori mostra tuttavia che non esistono forti concentrazioni spaziali di queste attività produttive in filiera. Un risultato di questo genere lascia intravedere un territorio più diversificato in termini di specializzazioni produttive. Dato il collegamento diffuso delle tre filiere col territorio complessivo, possiamo affermare che il Trentino complessivamente costituisce un grande distretto turistico-edilizioagroalimentare, un risultato, questo, che sottolinea l importanza della cura del territorio non solo per il benessere collettivo ma per l economia nel suo complesso. a) Le imprese medie e grandi Se si analizzano i dati delle imprese con più di 20 addetti, nella provincia di Trento le attività industriali mostrano in media uno scarso livello dell indice di valore aggiunto per addetto (produttività) e, nella prevalenza dei settori, anche una dinamica della produttività inferiore alla media nazionale. Questo è vero anche per i settori di specializzazione, eccezion fatta per quattro settori che emergono per una dinamica della produttività superiore alla media nazionale. Questi settori, definibili dinamici proprio per la loro buona performance, sono il settore della carta, della lavorazione dei minerali non metalliferi, estrattivo e dei ristoranti ed alberghi (Tab ). Questi risultati mostrano già la debolezza del sistema produttivo delle grandi imprese della provincia: il settore della carta ha in realtà una concentrazione dell attività in pochissime imprese; il buon andamento del settore delle estrazioni di materiali non metalliferi dipende in realtà dalla natura del prodotto estratto; la lavorazione dei minerali non metalliferi è un settore in filiera con quello delle estrazioni. Rimane in realtà un unico settore, nell ambito di attività prettamente terziarie, quello dei ristoranti e alberghi, legato alla filiera turistica. 40

48 Tabella Filiere di specializzazione nella Provincia di Trento % provincia> % nazionale % provincia< % nazionale QL>4 Addetti > 400 Estrazione di pietre ornamentali Fabbricazione di prodotti per l'alimentazione degli animali da allev. Fabbricazione di bevande alcoliche distillate Fabbricazione di articoli in plastica per l'edilizia Alberghi e motel, con ristorante Alberghi e motel, senza ristorante Estrazione di altre pietre da costruzione Addetti >200 e < 400 Rifugi di montagna Villaggi turistici Produzione di succhi di frutta e di ortaggi Fabbricazione di altri prodotti alimentari: aceti, lieviti ecc. Fabbricazione di utensileria a mano 2<QL<4 Addetti > 400 Produzione di carne di volatili e di prodotti della macellazione Taglio, piallatura e trattamento del legno Fabbricazione di porte e finestre in legno (escluse porte blindate) Segagione e lavorazione delle pietre e del marmo Costruzione autostrade, strade, campi di aviazione e impianti sportivi Tinteggiatura e posa in opera di vetrate Altri trasporti terrestri, regolari, di passeggeri Fabbricazione di altri elementi di carpenteria e falegn. per l'edilizia Rivestimento di pavimenti e di muri Attività delle banche cooperative e mutue Addetti >200 e < 400 Trattamento igienico e confez. di latte pastorizzato e a lunga conserv. Posa in opera di coperture e costruzione di ossature di tetti di edifici Affittacamere per brevi soggiorni, case per vacanze Inconacatura Estrazione di ghiaia e sabbia 1<QL<2 Addetti > 400 Lavori generali di costruzione di edifici e lavori di ingegneria civile Installazione di impianti elettrici Installazione di impianti idraulico-sanitari Commercio all'ingrosso di frutta e ortaggi Commercio al dettaglio di prodotti alimentari vari in altri esercizi Commercio all ingrosso di materiali da costruzione Commercio al dettaglio di mobili Commercio al dettaglio art. sportivi, da regalo, bici, armi, bigiotteria Ristoranti, trattorie, pizzerie, osterie e birrerie con cucina Servizi dei saloni di parrucchiere Fabbricazione di porte, finestre e loro telai, imposte e cancelli metall. Demolizione di edifici e sistemazione del terreno Bar e caffè Studi di architettura Studi di ingegneria Altre attività tecniche Addetti >200 e < 400 Produzione di calcestruzzo pronto per l'uso Fabbricaz. e install. Attrezz. uso non domest. per refrigeraz. e ventil. Fabbricaz. Macchine per la lavoraz. di prod. aliment., bevande e tabacco Altri lavori speciali di costruzione Lavori di isolamento Commercio ingrosso apparecchi e access. per impianti idraulici e riscald. Agenzie di mediazione immobiliare Servizi degli istituti di bellezza Compravendita di beni immobili effettuata su beni propri * Fonte dati: Censimento intermedio 1996 (dati occupazionali) Legenda: - filiera turistica; - filiera delle costruzioni; filiera agro-alimentare 41

49 Tabella Specializzazione e dinamica della produttività a confronto Specializzazione (1996)* Dinamica della produttività ( )** Trento > Italia Trento < Italia QL>1 - Carta ed editoria - Estrattive - Lavorazione materiali non metalliferi - Ristoranti ed alberghi - Alimentari - Energia - Gomma e plastica - Costruzioni - Legno QL<1 - Mezzi di trasporto - Chimica - Commercio - Servizi alle imprese - Cuoio e pelli - Macchine elettriche e ottiche - Tessile e abbigliamento - Prodotti in metallo - Macchinari - Altre industrie manifatturiere - Trasporti e comunicazioni - Servizi alle imprese In corsivo: Settori dinamici * Censimento intermedio 1996 **Fonte: indagine ISTAT su imprese con più di 20 addetti Presentano una dinamica della produttività poco accentuata anche i settori di punta, avanzati, quali ad esempio la produzione di macchine elettriche e ottiche (nella cui categoria ricadono tutti i settori dell alta tecnologia, informatica, telecomunicazioni, strumenti di precisione), che potrebbero rappresentare un elemento di modernizzazione dell economia locale. Allo stesso modo, i settori del terziario avanzato (trasporti e comunicazioni, servizi alle imprese), non sono settori di specializzazione, e hanno scarsa incidenza sull economia locale e sulla sua dinamica. Un quadro non troppo positivo emerge dall analisi del tasso di crescita dell occupazione, quando si guarda alle sole imprese medie e grandi. Molti settori nella provincia non godono di vantaggi comparati dinamici, non mostrano cioè un tasso di crescita dell occupazione superiore al tasso di crescita del settore a livello nazionale. Solo uno dei settori dinamici sembra godere di una buona performance occupazionale, il settore della carta, mentre la maggior parte dei settori di specializzazione produttiva sembra avere una performance occupazionale inferiore alla media nazionale. L analisi del costo del lavoro, sempre per le imprese con più di 20 addetti, evidenzia una condizione di debolezza per quanto riguarda la qualità del capitale umano presente nella provincia. Infatti, il costo del lavoro per dipendente risulta 42

50 per la maggior parte dei settori più basso della media nazionale, ad indicare una qualità del capitale umano in media più contenuta che a livello nazionale. Se la provincia mostra una situazione di debolezza sul fronte della qualità del capitale umano, non altrettanto dicasi per la capacità di investimento. I dati sugli investimenti per addetto 2 registrano una tendenza ad investire superiore alla media nazionale nella maggior parte dei settori di specializzazione. Inoltre, emerge che in molti settori dinamici il buon livello di investimenti è associato ad una forte dinamica della produttività, ad indicare un buon rendimento degli investimenti effettuati, un risultato non generalizzabile a tutti i settori di specializzazione. Infine, come ci si poteva attendere vista la loro scarsa incidenza e scarsa performance, i settori avanzati registrano, purtroppo, bassi livelli di investimento. b) Le piccole imprese Il quadro finora proposto riguarda le imprese con più di 20 addetti. Una situazione diversa emerge dallo studio sulle piccole imprese, con meno di 20 addetti. Al proposito è importante rilevare che questa categoria di imprese ha un peso rilevantissimo nell economia provinciale: rappresenta infatti il 41% dell occupazione manifatturiera della provincia nel 1996 (dati censuari), il 56% del totale dell industria, il 76% degli occupati nel terziario. Un primo aspetto importante che emerge è che per quanto riguarda le piccole imprese il quadro della struttura e della performance produttiva risulta assai migliore che nel caso delle imprese medio-grandi. Questa affermazione è testimoniata innanzi tutto dall analisi sulla produttività (valore aggiunto per addetto), che risulta superiore o al limite in linea con la media nazionale. Inoltre le 2 Questo dato si differenzia rispetto a quello presentato nel paragrafo sull analisi macroeconomica sotto diversi aspetti: 1) rappresenta il livello di investimenti (e non la crescita); 2) è rapportato al numero di addetti; 3) è calcolato per i settori industriali e terziari, ed esclude il settore delle costruzioni. 43

51 piccole imprese registrano una performance in termini sia occupazionali sia di crescita della produttività superiore alla media nazionale, soprattutto nei settori dinamici e di specializzazione, a testimonianza di una viva e dinamica imprenditorialità locale. Un secondo aspetto, altrettanto interessante e positivo, riguarda il buon andamento delle piccole imprese anche negli ambiti ritenuti di debolezza delle imprese medie e grandi. La scarsa qualità del capitale umano e la bassa produttività del lavoro, entrambi punti deboli del sistema produttivo delle grandi imprese, non sono aspetti che caratterizzano l imprenditorialità locale, la quale mostra di reggere senza problemi il confronto nazionale (Tab ). Questa affermazione va letta naturalmente in termini relativi: il confronto infatti è effettuato rispetto a una media italiana che non costituisce certo un benchmark ottimale, scontando inefficienze diffuse e soprattutto una condizione media fra le performance diversificate delle regioni italiane. Tabella Dinamica della produttività e costo del lavoro nelle piccole imprese a confronto Dinamica della produttività ( ) Trento > Italia Trento < Italia Costo del lavoro (1994) Trento > Italia Trento < Italia - Legno - Costruzioni - Altre industrie manifatturiere - Carta e editoria - Lavorazione materiali non metall. - Prodotti in metallo - Alberghi e ristoranti - Gomma e plastica - Macchinari Fonte: indagine ISTAT su imprese con meno di 20 addetti 44

52 L importanza delle piccole imprese appare evidente nel caso di alcuni settori, la cui buona dinamica occupazionale dipende esclusivamente dalla buona performance delle piccole imprese, che riesce sostanzialmente a correggere l andamento negativo dell occupazione delle grandi imprese. La capacità imprenditoriale a salvaguardia dell andamento dell intero settore appare evidente nel caso di due settori di specializzazione, gli alimentari e il legno, la cui performance occupazionale nelle piccole imprese corregge la difficile situazione delle grandi. In conclusione, possiamo comunque affermare che la provincia di Trento, a fronte della crisi storica, solo in parte superata, delle imprese medio-grandi, ha saputo sviluppare un imprenditorialità diffusa, operante in un ventaglio ampio di settori, sufficientemente efficiente e dinamica soprattutto nei settori di specializzazione provinciale. Su questo tessuto imprenditoriale occorre agire con politiche di modernizzazione culturale, manageriale, tecnologica per consentire un rafforzamento dei risultati positivi già ottenuti I processi di internazionalizzazione: verso una maggiore apertura Globalizzazione e localismo In uno scenario di globalizzazione come quello che oggi sta di fronte a tutte le società locali, che concerne mercati, localizzazioni produttive, tecnologie, nonché culture e stili di vita, appare chiaro che il tema della internazionalizzazione dell economia e della società trentina rivesta una forte centralità. La capacità di integrarsi in un contesto internazionale sembra infatti ormai una condizione ineludibile per la continuazione di un processo di sviluppo, e in conseguenza per poter garantire alle popolazioni locali un costante o crescente livello di benessere; d altra parte non vi è chi non veda in questi processi un rischio di omologazione 45

53 culturale, di perdita di identità e di specificità, e finanche di possibile compromissione ambientale. È indubbio infatti che l attuale condizione di forte equilibrio fra le componenti economiche, sociali e ambientali che ha caratterizzato e continua a caratterizzare la provincia è anche il portato della relativa perifericità del suo territorio e di una ridotta integrazione nel contesto mondiale. Il territorio trentino appare decisamente integro, e proprio per ciò, molto attraente; esiste un tessuto economico ben equilibrato sotto il profilo settoriale e privo di problemi occupazionali; e infine la qualità della vita risulta mediamente migliore di quella presente nel resto del territorio nazionale. Pur sgombrando il campo da alcune superficialità che spesso si insinuano nel dibattito sulle strategie di sviluppo, e quindi sottolineando che la compromissione ambientale non è il portato necessario dello sviluppo e della globalizzazione, ma di un cattivo sviluppo e di una distorta globalizzazione, resta comprensibile la cautela di coloro che vedono in una spinta autonomia, in una forte coesione interna, in una difesa dei valori che sono propri del territorio e talvolta in una resistenza alla integrazione con i territori esterni la precondizione per il mantenimento degli attuali livelli di benessere. Per contro, è possibile osservare: che proprio i valori e le specificità di una società e di un territorio, e la difesa di questi valori e di queste specificità, costituiscono la precondizione per una equilibrata e vantaggiosa integrazione nel contesto mondiale; un contesto che queste specificità consente di valorizzare e di porre al centro di processi di sviluppo; che la qualità dei territori è un bene prezioso, sempre più valutato proprio dalle attività più dinamiche e avanzate come fattore essenziale di localizzazione; che l efficienza dei territori, che si esprime non solo attraverso il loro grado di infrastrutturazione e di accessibilità, ma anche attraverso la qualità dei servizi, 46

54 la civiltà dei rapporti sociali, la vivacità della cultura locale, è precondizione essenziale, e perciò da preservare, per la competitività dei territori stessi. In conseguenza, non si vede contraddizione fra cura del territorio e politiche di competitività; che in assenza di una crescente integrazione e internazionalizzazione, l economia del territorio trentino scivolerebbe fatalmente verso una condizione di perifericità, provincialismo e in ultima istanza di impoverimento economico e culturale. In sintesi dunque, si ravvisa l opportunità di porsi l obiettivo di mantenere l equilibrio raggiunto nel passato attraverso una crescente, benché attentamente e razionalmente governata, integrazione con le dinamiche di sviluppo del resto dell Italia settentrionale e d Europa. L isolamento dai processi di internazionalizzazione dell economia e della cultura produrrebbe certamente un processo di decadimento dell attuale situazione economica e sociale della provincia, contraddicendo nettamente l ipotesi di sostenibilità di un modello di marginalità ricca. Quello dell integrazione sembra essere stato comunque il percorso che spontaneamente l economia e la società trentina hanno iniziato a percorrere da alcuni anni, riducendo il tradizionale deficit di internazionalità rilevato in passato da numerosi documenti a carattere politico e scientifico Gli indicatori di internazionalizzazione In questa parte sono presentati in estrema sintesi i risultati dell analisi sul livello di internazionalizzazione della provincia di Trento, basati sullo studio dei flussi di commercio con l estero, sul grado di presenza di imprese multinazionali nella provincia e di imprese trentine a partecipazione estera, ed infine sul grado di apertura al turismo estero della provincia stessa. 47

55 A) L apertura al commercio con l estero Il primo indicatore del grado di internazionalizzazione della provincia di Trento è calcolato attraverso i flussi di commercio con l estero a livello settoriale, e restituisce un quadro interessante. a. La quota di esportazioni ed importazioni sul PIL mostra un grado di apertura della provincia di Trento più limitato rispetto alla media nazionale. Nel 1999 nella provincia le esportazioni rappresentavano solo poco più del 16% del PIL, contro un valore nazionale di più del 20%. Il divario appare più netto nel caso delle importazioni, il cui valore sul PIL a livello della provincia ammonta solo al 12,1% contro il 19,5% del livello nazionale. b. Se tuttavia il grado di apertura della provincia è inferiore a quello nazionale, il suo trend appare in crescita costante dal 1990; infatti, sia sul fronte delle importazioni che delle esportazioni il gap con il livello nazionale è in costante diminuzione, ed è previsto quasi annullarsi nei prossimi anni, soprattutto per quanto riguarda le esportazioni. c. L analisi della quota delle esportazioni a livello settoriale mostra una forte concentrazione in alcuni settori; più del 60% delle esportazioni avviene in quattro settori, quello della meccanica, della chimica, degli alimentari e della carta, mentre le rimanenti quote sono distribuite in modo abbastanza omogeneo tra i rimanenti settori. Alcuni settori mostrano poi anche una buona dinamica delle esportazioni nel periodo : si registra una crescita decisa delle esportazioni nel settore alimentare, chimico, della meccanica, e del legno e carta - gli stessi settori in cui si concentra, come abbiamo detto, la quota maggiore delle esportazioni provinciali nonché nel settore estrattivo. d. Questo risultato è testimoniato anche dai dati sulle importazioni. Anche questo indicatore mostra un livello di concentrazione settoriale molto elevato: la maggior parte del flusso di importazioni si concentra in alcuni settori, e in 48

56 particolare nei settori dei mezzi di trasporto, della chimica e della carta, che da soli rappresentano più del 50% delle importazioni. e. Il grado di specializzazione esportativa registrato nella provincia di Trento (che si osserva comparando le quote settoriali provinciali con quelle nazionali) è massimo in settori quali la carta ed editoria, l industria estrattiva e l alimentare. Mostrano inoltre una sufficiente specializzazione i settori dei macchinari, della lavorazione dei materiali non metalliferi, della chimica, della gomma e plastica, per i quali l indice è quasi una volta e mezza superiore al valore nazionale. f. Allo stesso modo, le importazioni registrano una maggiore apertura con il resto del mondo rispetto alla media nazionale in alcuni settori, quali la carta e l editoria, e il legno, per i quali registrano importazioni più di tre volte superiori alla media italiana. Altri settori quali quello dei mezzi di trasporto e della lavorazione dei materiali non metalliferi registrano anch essi un apertura all estero più elevata della media nazionale. g. Come in parte atteso, il buon livello di specializzazione all export è registrato nei settori di forte specializzazione produttiva (misurata attraverso il numero di addetti): mostrano infatti capacità esportative sopra la media nazionale proprio settori quali la carta ed editoria, il settore delle attività estrattive, la lavorazione dei materiali non metalliferi, la gomma e plastica e gli alimentari, tutti settori di forte specializzazione della provincia. L eccezione è rappresentata dall industria del legno, fortemente presente in termini di addetti ma non di esportazioni, un settore che probabilmente esporta indirettamente attraverso l industria della carta, integrata in filiera. h. I settori che possiamo denominare come dinamici, in quanto settori di forte specializzazione produttiva con una forte crescita della produttività, mostrano una capacità e una dinamica esportativa superiore alla media nazionale; essi sono la carta e editoria, l industria estrattiva con la connessa lavorazione dei materiali non metalliferi e l industria alimentare. 49

57 i. Un analisi della dinamica delle esportazioni mostra che la provincia registra un vantaggio competitivo rispetto alla media nazionale: la maggior parte dei settori ha, infatti, una dinamica superiore alla media nazionale. Distinguendo settori dinamici e settori lenti a livello nazionale, notiamo (Tab ) un vantaggio competitivo nei settori dinamici della carta e legno, alimentare, gomma e chimica, e nei settori lenti dell industria estrattiva, meccanica e nell agricoltura. 50

58 Dinamismo settoriale nazionale Tabella Vantaggi competitivi settoriali Settori dinamici (Dinamica export naz. Settoriale > Dinamica export media nazionale) Settori lenti (Dinamica export naz. Settoriale < Dinamica export media nazionale) Vantaggio provinciale Settori competitivi Prov. Trento > Italia (dinamica export) Settori non competitivi Prov. Trento < Italia (dinamica export) Settori dinamici di vantaggio competitivo - Chimica - Alimentare - Gomma e plastica - Carta e legno Settori dinamici di svantaggio competitivo - Mezzi di trasporto Settori lenti di vantaggio competitivo - Estrattive - Meccanica - Agricoltura Settori lenti di svantaggio competitivo - Altre industrie manifatturiere - Metallurgia - Tessile e abbigliamento In corsivo: settori dinamici j. Per quanto riguarda la dinamica delle importazioni, emerge immediatamente un risultato interessante. La maggior parte dei settori hanno una crescita delle importazioni maggiore della media nazionale. Fanno eccezione i settori della attività estrattiva, degli alimentari, della gomma, della chimica e del tessile, che registrano una crescita inferiore alla media nazionale. k. Interessante risulta la situazione del saldo della bilancia commerciale: attivo nell aggregato provinciale, a livello settoriale permane attivo per la maggior parte dei settori, eccezion fatta per il settore dei mezzi di trasporto. È questo un indice sicuramente positivo, testimone della competitività relativa del sistema trentino, anche se può essere inficiato dalla attribuzione ad altre province delle importazioni effettuate da imprese commerciali di dimensione nazionale. 51

59 B) Gli Investimenti diretti all estero Presentiamo ora alcuni dati sull andamento degli Investimenti diretti esteri (IDE) effettuati da imprese con sede nella provincia di Trento, e da imprese estere verso la provincia. I dati confermano le macro-tendenze evidenziate con l analisi dei flussi di commercio estero. A. Per quanto concerne il numero di imprese della provincia di Trento che investono all estero, i dati mostrano subito che il fenomeno è più contenuto che a livello nazionale. I dati tra il 1993 e il 1997 mostrano che la quota di imprese investitrici all estero nella provincia di Trento si attesta intorno allo 0,7-1,3%, mentre la stessa quota a livello nazionale è pari a 1,8-2,1% (Tab ). Tabella Quota di imprese investitrici all estero con sede nella provincia di Trento (sul totale delle imprese trentine con più di 20 addetti) Alimentare e del tabacco 0,00 0,00 0,00 Tessile e abbligliamento 1,37 5,26 7,02 Cuoio e pelli 0,00 0,00 0,00 Legno 0,00 0,00 0,00 Carta ed editoria 2,00 1,89 1,89 Chimica 0,00 0,00 0,00 Gomma e plastica 10,00 10,71 10,71 Lav. materiali non metall. 0,00 0,00 0,00 Prodotti in metallo 0,71 0,75 1,50 Macchinari 0,00 0,00 0,00 Macch. elettriche ed ottiche 0,00 0,00 0,00 Mezzi di trasporto 0,00 0,00 0,00 Altre ind. manifatturiere 0,00 0,00 0,00 Tot. Industria manif. 0,85 1,19 1,49 Estrattive 0,00 0,00 0,00 Totale 0,77 1,08 1,34 Fonte: Banca dati Reprint, R&P - CNEL Politecnico di Milano 52

60 Tabella Quota di imprese a partecipazione estera nella Provincia di Trento (sul totale delle imprese con più di 20 addetti) Alimentare e del tabacco 4,44 4,44 5,56 Tessile e abbligliamento 1,37 1,75 1,75 Cuoio e pelli 7,69 7,69 7,69 Legno 0,00 0,00 0,00 Carta ed editoria 2,00 1,89 3,77 Chimica 7,69 7,69 7,69 Gomma e plastica 6,67 7,14 7,14 Lav. materiali non metall. 1,72 3,85 5,77 Prodotti in metallo 0,71 0,75 0,75 Macchinari 5,71 5,41 5,41 Macch. elettriche ed ottiche 8,57 10,00 10,00 Mezzi di trasporto 0,00 0,00 0,00 Altre ind. manifatturiere 0,00 0,00 0,00 Tot. Industria manif. 2,70 2,99 3,43 Estrattive 0,00 0,00 0,00 Totale 2,43 2,69 3,09 Fonte: Banca dati Reprint, R&P - CNEL Politecnico di Milano B. Se la quota di imprese investitrici all estero della provincia è inferiore alla media nazionale in tutti e tre gli anni analizzati ( ), la dinamica è positiva, in quanto si registra un passaggio dallo 0,7% di imprese all 1,3%, un trend di crescita più deciso rispetto a quello nazionale. C. Così come nel caso dei flussi di commercio con l estero, anche per gli Investimenti diretti all estero esiste una forte concentrazione settoriale. Nel caso degli IDE in uscita (IDE effettuati da imprese trentine all estero), essi sono concentrati in tre settori, quello della gomma e plastica, della carta ed editoria, ed infine del tessile e abbigliamento. D. Un analisi degli investimenti diretti effettuati da imprese estere nella provincia di Trento presenta invece un risultato differente. Per quanto riguarda l incidenza del fenomeno, esso appare addirittura più consistente nella 53

61 provincia di Trento piuttosto che in Italia. Infatti, la quota di imprese a partecipazione estera con sede nella provincia di Trento si attesta nel 1997 intorno al 3%, mentre in Italia lo stesso valore è circa l 1,8%. Da questi dati, sembra dunque che la provincia dimostri una capacità di attrazione di IDE non trascurabile (Tab ). E. A differenza degli IDE in uscita, nel caso delle imprese estere nella provincia di Trento esiste una maggiore dispersione settoriale; imprese estere sono infatti presenti in settori di specializzazione, quali la carta e editoria, la lavorazione dei materiali non metalliferi, e in settori piccoli e non di specializzazione, quali le macchine elettriche ed ottiche. C) Il flusso turistico Un ultimo indicatore sul grado di apertura della provincia è costruito sul flusso turistico dall estero, che conferma, con dati del tutto diversi dai precedenti, simili tendenze in atto. i. Un analisi della quota di turisti stranieri sul totale dei turisti mostra ancora una volta che la provincia di Trento ha un grado di apertura all estero inferiore alla media nazionale. Sia in termini di arrivi sia di presenze, la provincia mostra un flusso turistico straniero di circa la metà inferiore a quello nazionale; in termini di arrivi, la quota provinciale è intorno al 26%, contro quasi il 43% a livello nazionale. In termini di presenze, si conta una quota del 18% a livello provinciale contro il 40% nazionale. ii. Tuttavia, anche in questo caso la tendenza sembra essere quella di andare verso una maggior apertura; un analisi delle variazioni assolute e percentuali degli ultimi 4-5 anni mostra una crescita provinciale maggiore della crescita nazionale, sia in termini di presenze sia in termini di arrivi. 54

62 Considerazioni conclusive Questa breve analisi sul grado di internazionalizzazione della provincia di Trento ci spinge a sottolineare che esistono delle solide macro-tendenze a livello provinciale: - la provincia di Trento è storicamente una provincia con una scarsa propensione all apertura con l estero. Lo testimoniano la bassa incidenza delle esportazioni e importazioni sul PIL, che in tutto lo scorso decennio è risultata inferiore alla media nazionale, e la bassa propensione ad investire all estero delle imprese con sede nella provincia di Trento. La stessa situazione è testimoniata dai dati sulla quota di turisti stranieri, che nella provincia è senz altro più bassa che in Italia; - inoltre, la propensione all apertura agli scambi con l estero non è solo scarsa, ma concentrata in alcuni settori, sia per quanto riguarda i flussi del commercio con l estero, sia per quanto attiene agli IDE in uscita; - tuttavia, siamo in grado di cogliere alcuni segnali di cambiamento di tendenza. Da un lato, infatti, l incidenza delle esportazioni e delle importazioni sul prodotto interno lordo mostra una forte riduzione del gap che la separa dal valore nazionale e una tendenza alla diversificazione dei mercati di sbocco. Dall altro, alcuni elementi di forza emergono dall analisi settoriale. I settori dinamici e di specializzazione registrano il più alto grado di apertura con l estero rispetto alla media dei settori locali; inoltre la dinamica esportativa e di importazione della maggior parte dei settori è superiore a quella nazionale. Infine, il saldo della bilancia commerciale è positivo e superiore alla media nazionale per tutti i settori. Lo stesso tipo di tendenza è riscontrabile con i dati sugli IDE in uscita, e sulla quota di turisti stranieri; entrambi questi indicatori mostrano una diminuzione del gap che separa la provincia dalla Nazione; 55

63 - infine, un punto di forza della provincia è la sua capacità di attrazione di investimenti diretti esteri; gli IDE in entrata, infatti, registrano una propensione ad attrarre imprese estere superiore alla media nazionale, elemento importante nel panorama della internazionalizzazione, da tutelare e rafforzare nel prossimo futuro. 56

64 2.3. INNOVAZIONE, TECNOLOGIA E RICERCA: NUOVE MACCHINE, MA POCHE IDEE E POCA INNOVAZIONE DI PRODOTTO Il quadro di riferimento L Italia si colloca nella retroguardia del mondo industrializzato per quanto riguarda gli sforzi in attività innovative e di ricerca e sviluppo. Secondo gli ultimi dati disponibili, riferiti al 1997, in Italia le spese in attività di ricerca e sviluppo rappresentano una quota pari all 1 per cento del PIL, contro l 1,9 per cento del Regno Unito, il 2,2 per cento della Francia, il 2,3 per cento della Germania, il 2,7 per cento degli Stati Uniti e il 2,9 per cento del Giappone. Ma se l Italia investe in attività di ricerca e sviluppo meno della metà di quanto investono gli altri paesi europei, le risorse destinate alle attività innovative dalle imprese industriali della provincia risultano anche inferiori alla media nazionale. Secondo i dati dell indagine Istat, nel 1996 la spesa in attività innovativa delle imprese trentine si è attestata a 9,7 milioni di lire per addetto, contro una media nazionale di 13,9 milioni; ponendo la media nazionale pari a 100, per la provincia di Trento si ricava un indice pari a 69,9. Alle attività innovative in senso stretto (attività di ricerca e sviluppo interna; acquisizione di servizi di ricerca e sviluppo; acquisizione di know how, brevetti e licenze; attività di progettazione; produzioni di prova, formazione e ingegnerizzazione; analisi di mercato) le imprese della provincia hanno destinato complessivamente solo 2,8 milioni di lire per addetto nel 1996, contro una media nazionale di 7,4. Punti di forza e di debolezza dell attività innovativa delle imprese trentine Il ridotto impegno di risorse nelle attività innovative si ripercuote negativamente sulla capacità innovativa delle imprese trentine, spiccatamente orientate verso l innovazione di processo e deboli invece nei riguardi dell innovazione di 57

65 prodotto e delle innovazioni più complesse che interessano contemporaneamente prodotti e processi produttivi. La percentuale di imprese trentine capaci di immettere sul mercato prodotti nuovi o migliorati nelle loro caratteristiche funzionali e/o «prestazionali» è inferiore alla media nazionale (numero indice pari a 88,7), così come inferiore alla media nazionale è la propensione ad innovare contestualmente prodotti e processi (numero indice 89,7). Per converso, sensibilmente superiore alla media nazionale risulta la percentuale di imprese che hanno innovato unicamente i processi produttivi (numero indice 176,3). Figura Indicatori dell'attività innovativa delle imprese: Trentino vs. Italia (numeri indice, Italia=100) % imprese innovatrici su totale imprese 111,9 % imprese con innovazione di prodotto 88,7 % imprese con innovazione di processo 176,3 % imprese con innovazione di prodotto e di processo 89,7 % imprese con attività di ricerca e sviluppo 95, Fonte: elaborazioni su dati Istat e Servizio Statistica della Provincia Autonoma di Trento. Le analisi svolte pongono in rilievo come il gap di innovatività delle imprese trentine rispetto al contesto nazionale sia imputabile soprattutto alla scarsa attitudine delle imprese di maggiori dimensioni (250 o più addetti) nei confronti delle 58

66 attività innovative, in particolare di quelle più complesse (di prodotto e processo). Soprattutto, di poco superiore alla metà della media nazionale è la percentuale delle imprese trentine con 250 o più addetti che svolgono attività di ricerca e sviluppo (numero indice 58,1). Il confronto è ancora più penalizzante se si guarda alla consistenza totale della spesa sostenuta per le attività innovative (numero indice 28,4, vale a dire poco più di un quarto della media nazionale). L analisi della composizione della spesa delle medio grandi e grandi imprese trentine sottolinea in media la preoccupante carenza di investimenti nell acquisizione di servizi di R&S, nella progettazione, nella formazione tecnica e manageriale e nel marketing. Il divario con la media nazionale è talmente elevato che non basta certamente a giustificarlo il fatto che sovente le imprese trentine di maggiori dimensioni siano in realtà unità produttive di grandi gruppi industriali con sede al di fuori della provincia, in Italia o all estero. Figura Spesa in attività Trentino i vs. i Italia (numeri indice, Italia=100) Spesa in ricerca e sviluppo per addetto Spesa in ricerca e sviluppo intra muros per addetto 35,2 41,2 Spesa per acquisizione di servizi di ricerca e sviluppo 13,7 Acquisizione di macchinari 106,2 Acquisizione di brevetti e licenze 77,9 Attività di progettazione 26 Formazione tecnica e manageriale 65,1 Ricerche di mercato 24,8 Totale spesa in attività innovative 69,

67 Appena meno fosche appaiono le tinte del quadro dipinto dagli indicatori relativi all attività innovativa delle piccole e medie imprese. Infatti, se nel complesso le risorse da esse allocate alle attività innovative sono solo di poco inferiori alla media nazionale, la composizione della spesa appare anche in questo caso fortemente sbilanciata verso l acquisizione di macchinari ed impianti a sfavore delle attività innovative in senso stretto. In particolare, la spesa in R&S per addetto risulta di poco superiore alla metà della media nazionale e forti carenze si riscontrano anche per quanto riguarda l acquisizione di servizi di R&S, di brevetti e di licenze dall esterno e le attività di progettazione, di formazione e di analisi di mercato. Infine, l analisi per settore di attività evidenzia come la debolezza delle imprese trentine sia particolarmente elevata proprio nei settori a maggiore intensità tecnologica, nei quali lo sviluppo di conoscenze scientifiche e tecnologiche rappresenta un fattore critico di successo per le imprese, come nel caso delle filiere della chimica e dell elettronica/strumentazione. Si può tuttavia osservare per i settori dell ICT (Information and Communication Technology) un positivo trend di sviluppo con riguardo agli emergenti settori dei servizi. La spesa in attività innovative delle imprese trentine risulta nettamente inferiore alla media nazionale, oltreché nei settori indicati, anche nei mezzi di trasporto, mentre appare allineata o addirittura superiore alla media nei settori a minore intensità tecnologica, come tessile abbigliamento, cuoio e calzature, industria del legno, industria cartaria e industria meccanica. Per quanto concerne le risorse specificamente destinate alla ricerca e sviluppo, l unico settore in cui le imprese trentine si collocano nettamente al di sopra della media nazionale è quello del tessile abbigliamento (ove peraltro l attività di R&S è in genere limitata). Ulteriori indicazioni, che complementano e in un certo senso corroborano i risultati delle analisi svolte, emergono anche dall esame delle caratteristiche strut- 60

68 turali dei 59 soggetti individuati attraverso l indagine ad hoc come il cuore delle imprese aventi caratteristiche rivelatrici di elevate potenzialità innovative. Dal punto di vista delle dimensioni d impresa, solo 7 delle 59 imprese individuate dall indagine occupano più di 249 addetti, mentre ben 29 hanno meno di 50 addetti, a conferma della maggiore potenzialità innovativa del tessuto delle piccole e medie imprese nei confronti delle grandi imprese della provincia. Per quanto concerne i settori di attività, si rileva una notevole dispersione che non consente di individuare l esistenza di specifici settori o filiere di eccellenza su cui possa risultare fruttuoso concentrare interventi mirati di policy. L analisi di dettaglio dell attività svolta dalle imprese individuate evidenzia infatti una significativa eterogeneità delle produzioni anche all interno dei settori maggiormente rappresentati, come il meccanico (15 imprese), l elettronico (9 imprese) ed il chimico (8 imprese). I dati raccolti sulle imprese a più elevato potenziale innovativo indicano poi come, anche all interno di tale selezionato insieme, relativamente limitati siano i collegamenti con l Università e gli enti ed istituti di ricerca locali, nazionali ed internazionali; in particolare, una sola impresa può vantare la partecipazione ad un progetto di ricerca europeo. L utilizzo delle tecnologie informatiche e di Internet Dall elaborazione dei dati raccolti dall Istat in occasione del Censimento intermedio effettuato nel 1997 emerge come le imprese trentine evidenzino tassi di utilizzo delle tecnologie informatiche superiori alla media nazionale; tale evidenza conferma per altro il forte orientamento delle imprese trentine verso l innovazione di processo, già emerso dai dati discussi nel precedente paragrafo. Il confronto con il dato nazionale condotto per classi dimensionali premia soprattutto le imprese di minori dimensioni, e in particolare quelle con meno di 9 addetti, mentre per le imprese con 20 o più addetti si ha un sostanziale allineamento con la media italiana. 61

69 Guardando più in dettaglio alla diffusione di tali tecnologie nelle imprese trentine in riferimento alle diverse funzioni aziendali, emerge una penetrazione relativamente modesta dell informatica nelle aree più soft, quali progettazione (funzione la cui criticità era già emersa nel paragrafo precedente) logistica e controllo della produzione e marketing e vendite (in quest ultima funzione, in particolare per quanto riguarda le imprese manifatturiere). Per quanto concerne Internet è possibile ottenere un interessante benchmarking con le altre province italiane rapportando al numero totale di imprese presenti in ciascuna provincia il numero di imprese che hanno segnalato il proprio indirizzo Internet a Infocamere, società di servizi del sistema delle Camere di commercio. Tale iniziativa può essere infatti considerata un utile indicatore dell attenzione prestata a tale tecnologia, pur non consentendo di evincere alcunché circa l effettivo utilizzo delle possibilità applicative di tale strumento. I risultati delle elaborazioni compiute sui dati Infocamere evidenziano comunque un sostanziale allineamento della provincia di Trento con le altre province del Triveneto; in particolare, la percentuale di imprese che hanno segnalato il proprio sito Internet a Infocamere risulta leggermente superiore per la provincia di Trento nel settore manifatturiero (3,1% contro una media del 2,7% per il Triveneto), ma inferiore per l insieme delle attività economiche (5,6% contro 5,9%). Tale allineamento testimonia il crescente interesse delle imprese trentine verso le forme di informazione più avanzate, pur con dei ritardi strutturali comuni a tutto il Nord Est, il quale, in termini di diffusione delle moderne tecnologie dell informazione, si colloca alle spalle non solo delle vicine regioni del Nord Ovest, ma anche a quelle del Centro Italia. 62

70 2.4. LO SVILUPPO IMPRENDITORIALE Premessa Il tema dell imprenditorialità riveste una importanza notevole in un contesto economico generale, come quello presente, in cui l economia sembra richiedere una consistente diffusione dell assunzione del rischio imprenditoriale, sia per la natura dei nuovi settori in sviluppo, sia per le esigenze di ristrutturazione di settori tradizionalmente orientati verso rapporti di lavoro meno responsabilizzanti. Inoltre, non va dimenticato l effetto ammodernamento/innovazione che viene tradizionalmente associato all innestarsi di nuove imprese nel tessuto produttivo locale. I dati aggregati sulla consistenza delle imprese In termini di consistenza imprenditoriale, il Trentino, una volta riassorbito l effetto dell introduzione, nel 1996, dell obbligo di iscrizione per le imprese agricole al registro delle imprese, non si contraddistingue in maniera particolare dalle altre regioni del Nord-Est. La densità imprenditoriale nel Trentino, infatti, si collocava nel 1999 al livello del 10,4, contro una media del Nord-Est del 10,9. Tale livello, pur risultando sensibilmente inferiore a quello della provincia di Bolzano (11,8), risulta comunque superiore a quello di un altra area, il Friuli-Venezia Giulia (9,7), che essendo anch essa regione autonoma e area di confine, presenta importanti affinità con il Trentino. Il confronto con i dati del 1992 indica, in apparenza, un importante recupero sia di Trento, sia di Bolzano: in quell anno, infatti, i tassi di imprenditorialità erano, rispettivamente, del 7,4 e del 7,8, contro una media del Nord-Est dell'8,2 (Friuli-Venezia Giulia: 7,4). Il consistente aumento del tasso di imprenditorialità in tutte le aree risente tuttavia del movimento di iscrizioni delle imprese agricole, sicché lo stesso recupero del Trentino e dell Alto Adige potrebbero essere semplicemente il risultato di una emersione di un fenomeno 63

71 imprenditoriale, quello agricolo, che conserva un maggiore peso in queste province a motivo della composizione strutturale delle due economie 3. Figura Densità imprenditoriale Trento FVG NEST Bolzano Fonte: elaborazione su dati Cidel La dinamica delle imprese Limitatamente al sottoperiodo , intervallo di tempo per il quale è possibile stabilire un raffronto omogeneo con le regioni del Nord-Est, si evidenzia una dinamica di crescita delle imprese attive trentine, al netto del settore agricolo (4,4%), sostanzialmente in linea con la media del Nord-Est (4,5%), e comunque di gran lunga superiore a quella registrata in Friuli-Venezia Giulia (1,4%) 4. Da questo punto di vista, e a differenza delle aspettative, l economia trentina appare vicina a quella del Nord-Est, e comunque sembra presentare una dinamica di crescita delle imprese certamente maggiore di quella presente in una regione, il Friuli- 3 Nel 1999, la percentuale di imprese appartenenti al settore agricolo sul totale delle imprese attive raggiungeva il 31% in provincia di Trento e il 36% in provincia di Bolzano, mentre nel Nord-Est ammontava solo al 26%. 64

72 Venezia Giulia, pure caratterizzata (per la presenza di alcuni importanti distretti) da una struttura industriale in apparenza maggiormente omogenea con il Nord- Est. Tuttavia, se, al fine di pervenire a un più corretto apprezzamento delle dinamiche in oggetto, si scompone il dato della crescita nelle sue componenti di natalità e mortalità si riscontra come, pure con tassi di crescita solo di poco inferiori a quelli del Nord-Est, il Trentino si caratterizzi per una inferiore dinamica di natimortalità. In particolare, il tasso di natalità medio del periodo risulta essere in Trentino (al netto dell agricoltura) pari al 7,7, contro un tasso di mortalità medio pari al 6,2. Per contro, nel complesso del Nord-Est, tali valori risultano essere, rispettivamente, dell 8,7 e del 7,2. Tabella Tassi Tasso medio di natalità Tasso medio di mortalità Tasso medio di instabilità Nord-Est 8,74 7,22 15,96 Trento 7,73 6,21 13,94 Fonte: elaborazione su dati Unioncamere Le dinamiche settoriali La scomposizione settoriale di tali andamenti risulta decisamente più marcata e sembra suggerire l ipotesi che si sia in presenza di una generale minore dinamica di entrata e di uscita in tutti i settori, eccetto quello dei servizi domestici presso famiglie. L indice di instabilità medio del periodo (somma dei tassi di natalità e mortalità) appare, infatti, in Trentino costantemente inferiore rispetto agli stessi settori dell aggregato Nord-Est. Naturalmente, l ipotesi di trovarsi in presenza di una minore dinamica di entrate e uscite dovrebbe trovare la conferma 4 Lo stesso indicatore comprensivo del settore agricolo fa registrare un incremento del numero di imprese attive pari al 52,01 per il Trentino, al 37,79 per il Nord-Est e al 33,90 per il Friuli. 65

73 di più precise scomposizioni della differenza riscontrata nei due andamenti. Tuttavia, ad un primo tentativo di scomporre tali differenze applicando la tecnica shift-share 5, è risultato che le differenze riscontrate tra il Trentino e il Nord-Est, sia nei tassi di sviluppo che di natimortalità, sembrano essere imputabili a un impatto negativo delle determinanti locali dello sviluppo. Figura Tassi di instabilità (valori m edi ) Tot P N K I G E C A TN NEST Fonte: elaborazione su dati Unioncamere Legenda A Agricoltura,caccia e silvicoltura I Trasporti,magazzinaggio e comunicaz. B Pesca,piscicoltura e servizi connessi J Intermediaz.monetaria e finanziaria C Estrazione di minerali K Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca D Attività manifatturiere M Istruzione E Prod. e distrib.energ.elettr.,gas e acqua N Sanità e altri servizi sociali F Costruzioni O Altri servizi pubblici, sociali e personali G Comm. ingr. e dett.; rip. beni pers. e per la casa P Serv. domestici presso famiglie e conv. H Alberghi e ristoranti Nc Imprese non classificate 5 La tecnica shift-share scompone la variazione intervenuta in un periodo di tempo su un fenomeno rilevato su i settori e j aree in componenti che mirano a quantificare il contributo alla variazione da parte di alcuni fattori, quali l andamento dell insieme delle aree considerate, la struttura settoriale e le condizioni di crescita locale (S. Biffignandi, 1993, pag. 1) 66

74 Quindi, per quanto risulti difficile dare una interpretazione delle evidenze fino a qui riscontrate, sembra legittimo osservare che, sebbene il Trentino appaia come una regione con buoni tassi di crescita del numero delle imprese, tali comunque da sostenere la dinamica dell economia, esso registra al contempo un turnover interno minore rispetto a quello riscontrato nel Nord-Est. L ipotesi (che tuttavia deve trovare conferme) è che si sia, quindi, in presenza di una generalizzata ridotta dinamica competitiva. La presenza di barriere all ingresso potrebbe forse giustificare il fatto che nascono poche imprese, che si instauri una dinamica competitiva ridotta e di conseguenza vi siano poche uscite. 6 Questa spiegazione, però, unita al fatto che si riscontrano tassi di sviluppo non disprezzabili, regge solo in una economia chiusa. Nei termini in cui è stata ora riportata, allora, la particolare dinamica imprenditoriale del Trentino non ha tanto importanza in sé, quanto perché potrebbe costituire un indizio di una struttura economica poco efficiente e chiusa, la cui sostenibilità nel tempo potrebbe risultare problematica. 6 Qualora si adotti il punto di vista teorico della population ecology, il nesso causale potrebbe avere anche una direzione opposta: barriere all uscita, o più semplicemente un sistema di convenienza che permette di restare nel settore ad imprese altrimenti poste sotto la soglia di opportunità, riducono i tassi di uscita e ciò potrebbe avere l effetto di riempire l ambiente impedendo l ingresso di nuove imprese. 67

75 2.5. INDUSTRIA TURISTICA E COMMERCIO Il turismo A suffragare l ipotesi di una strutturale debolezza dell economia trentina interviene spesso un giudizio particolarmente pesante sulla situazione di uno dei suoi settori trainanti: il turismo. Il generale declino (o quanto meno il forte rallentamento rispetto ad altre alternative di offerta) del turismo montano porrebbe il Trentino in una posizione particolarmente delicata: si ritiene, infatti, che esso non sia in grado, dati alcuni fattori di crisi strutturale, di aggredire le fasce più ricche e dinamiche del mercato. In realtà riteniamo che questa tesi, nella sua radicalità, vada largamente ridimensionata: fattori di debolezza strutturale esistono ed è senza dubbio necessario intervenire con determinazione per una loro rimozione; ma tali fattori di debolezza si intrecciano, fanno talora un tutt uno con spinte positive all innovazione e alla ridefinizione del posizionamento dell industria turistica trentina. Il rischio, come abbiamo più volte sottolineato, non è tanto di retrocedere complessivamente in una zona di marginalità economica, quanto di ingenerare un marcato dualismo tra alcune aree e settori in grado di restare nel mercato ed altri che, retti sinora da meccanismi compensativi e incapaci di produrre autonome direzioni di sviluppo, rischiano di essere gravemente impoveriti da una riduzione degli stessi. Questo rischio, naturalmente, appare particolarmente grave per alcune aree montane nelle quali un inaridimento dei flussi turistici o un loro consistente impoverimento potrebbe privare le stesse di una risorsa fondamentale per il mantenimento di un equilibrio economico e territoriale locale, provocando marginalità e abbandoni. Nello specifico, le principali dinamiche rilevate possono essere così riassunte: In generale il turismo alpino presenta un rallentamento della crescita dopo un periodo di sviluppo tumultuoso, avvenuto con cadenze diverse nel tempo tra 68

76 turismo estivo e invernale. La riduzione dei tassi di crescita appare naturalmente connessa alla realizzazione di limiti strutturali allo sfruttamento dei territori turistici più facilmente accessibili e attrattivi. Come quasi sempre accade dopo un periodo di rapido sviluppo di un settore, il rallentamento della crescita porta con sé importanti ristrutturazioni. Dal lato della domanda emergono: tendenze a rimodellare la vacanza su periodi più brevi e frequenti nel corso dell anno; sviluppo di nuovi segmenti di domanda di dimensioni anche ridotte e con importanti qualificazioni specifiche e personali, a cui consegue una generale destrutturazione della domanda rivolta alle tradizionali destinazioni; un evoluzione nella domanda di servizi e fattori di attrazione la cui richiesta sembra assumere i connotati della domanda di prodotti di moda (es. calo dello sci da discesa, domanda di fitness, di naturalità, come tendenze di fondo; crescita della domanda di nuovi servizi con cicli di vita brevi e instabili). Dal lato dell offerta si assiste a ridefinizioni del posizionamento di località, sia per quanto riguarda in generale il collocamento della vacanza alpina nell ambito della domanda complessiva di vacanza (non esclusività), sia per le tendenze alla caratterizzazione e specializzazione tra le singole aree; sia infine per la ristrutturazione dei servizi e dell offerta di fattori di attrazione all interno delle singole aree. Queste complesse tendenze alla ristrutturazione delle destinazioni e delle modalità di fruizione dei servizi e fattori di attrazione in esse presenti richiedono strategie e modelli di intervento articolati che contrastano con la gestione delle aree turistiche come destinazioni isolate in cui si costruisce e si svolge per intero il soggiorno e la vacanza. Per quanto importanti, tuttavia, le trasformazioni indicate devono essere correttamente dimensionate, per non perdere di vista le componenti più stabili della domanda e dell offerta, che permangono sotto l onda delle trasformazioni segnalate e dalle quali sono influenzati solo entro periodi di tempo medi e 69

77 lunghi. Quelle componenti stabili costituiscono ancora la quota maggiore del turismo e su di esse si fonda gran parte della economia del settore. L adeguamento del settore alle tendenze in atto va quindi svolto prestando attenzione alle condizioni di stabilità dell economia turistica. In questo contesto la posizione generale del Trentino è emblematica: per esso non si può certo parlare di crisi o di difficoltà; per converso il turismo trentino appare aver adattato la propria offerta alle componenti più stabili della domanda. Ciò mette ovviamente al riparo da bruschi mutamenti e contribuisce a spiegare la generale solidità del turismo trentino. Per contro espone al rischio di perdere i segmenti più dinamici e promettenti della domanda e di ritardare quegli adeguamenti ai modelli emergenti di fruizione della vacanza che probabilmente si diffonderanno nei prossimi anni. Le caratteristiche di fondo del turismo trentino Aumentando il grado di definizione dell analisi, le principali tendenze di fondo dell economia turistica provinciale possono essere così riassunte: Vi è, anche se con oscillazioni congiunturali, una tendenza alla crescita di arrivi e presenze, benché si assista a una riduzione dei giorni di presenza (Figure e ). Tale riduzione corrisponde a una tendenza generale del settore; pur seguendo il trend strutturale di calo delle permanenze, il Trentino continua comunque a caratterizzarsi rispetto ad altre aree alpine per periodi di permanenza leggermente più lunghi: rispetto alle undici regioni dell ARGE ALP il Trentino presenta una distribuzione dei pernottamenti maggiormente equilibrata tra stagione estiva e invernale e periodi di permanenza superiori alla media. Nonostante un aumento degli arrivi dall estero, il Trentino continua a caratterizzarsi per una quota molto rilevante di turismo nazionale (75% degli arrivi e 82% delle presenze, nel 1997). L aumento degli arrivi stranieri si indirizza soprattutto verso il settore alberghiero di categoria media e alta ed è 70

78 caratterizzato da una spesa più elevata rispetto agli ospiti italiani. Quanto a composizione del turismo straniero, dal 1985 la quota degli arrivi provenienti dai paesi non appartenenti all Unione Europea è aumentata e ancora maggiore è la crescita in termini di presenze. Figura Arrivi negli esercizi alberghieri Italiani Stranieri Totale

79 Figura Presenze negli esercizi alberghieri Italiani Stranieri Totale In termini di spesa, vi sono indicatori di consistenti spostamenti, nella sua destinazione, dal vitto e alloggio, all acquisto di prodotti e servizi per lo sport, per gli spostamenti e per lo shopping e l abbigliamento: indizi questi di importanti cambiamenti nelle caratteristiche del consumo turistico che tende a indirizzarsi verso una concezione della vacanza e della destinazione maggiormente ampia e articolata che in passato. Per quanto riguarda l offerta turistica, è opportuno osservare separatamente la componente alberghiera e quella extra alberghiera. Quanto alla prima, anche a seguito di specifiche politiche provinciali, si è attuato un processo importante di concentrazione e di innalzamento del livello qualitativo degli esercizi (Fig ). Questo risultato da un lato va proseguito con specifici programmi per 72

80 la definizione e il controllo di standard di qualità; dall altro, mentre si sottolinea l importanza del processo avviato, non si può non rilevare come questo abbia fatto emergere un marcato dualismo tra strutture in grado di crescere e ristrutturarsi (le quali hanno fatto largo uso degli incentivi provinciali) e strutture progressivamente marginalizzate nelle quali manca anche la capacità di fare ricorso agli incentivi: si consideri al riguardo che mentre tra gli esercizi a tre stelle le domande di contributo per la riqualificazione dell esercizio sono state il 71% del totale, e nei quattro stelle le domande coprono la quasi totalità degli alberghi, nel caso degli esercizi a una stella solo il 20% ha presentato domanda (342 esercizi a una stella non hanno presentato domande di contributo negli ultimi 13 anni). Questo dualismo si riflette con chiarezza sul grado di utilizzo delle diverse strutture (Fig ) Figura Evoluzione del numero degli esercizi e dei posti letto alberghieri Numero esercizi Posti Letto

81 Figura Grado di utilizzo degli esercizi alberghieri stella 2 stelle 3 stelle 4 stelle Totale Caratteristica tipica della composizione dell offerta trentina è il ruolo della componente extra-alberghiera. Le presenze alberghiere coprono, infatti, nel 1998, solo un terzo del totale, pure con una tendenza marcata alla crescita. Esistono evidenti segnali di difficoltà del turismo extra-alberghiero, indicate dalla riduzione particolarmente marcata dei giorni di presenza (i quali comunque si mantengono, ovviamente, più alti rispetto a quelli nel settore alberghiero); ciò tuttavia non deve portare a sottovalutare la notevole attrattività che ancora riveste questa forma di turismo, soprattutto per la clientela italiana. Nonostante la notevole importanza del turismo extra-alberghiero (principalmente composto da affitti di appartamenti e da seconde case e solo in misura minore, benché non trascurabile, da altre strutture ricettive), l attenzione a questa componente dell offerta è stata limitata. Si deve tuttavia considerare che le presenze medie in quelle diverse strutture sono stimate in 17 milioni, e i posti letto in 360 mila, contro 10 milioni di presenze e 90 mila posti letto nel settore alberghiero. Tale componente di offerta appare poi un carattere distintivo del Trentino e, soprattutto in alcune località, offre opportunità 74

82 importanti allo sviluppo locale. Uno dei problemi fondamentali per il settore turistico della provincia sarà certamente nei prossimi anni quello di modernizzare la componente di offerta extra-alberghiera e di una sua collocazione più integrata nel sistema di destinazione turistica provinciale. Persiste ancora una certa debolezza e frammentazione delle strutture dell associazionismo e di promozione dell agire comune imprenditoriale. Nei casi in cui si è riusciti a sviluppare un buona capacità di decisione e di azione comune, le località turistiche sono state capaci di avviare processi di innovazione e crescita qualitativa interessanti; ma tali modelli di azione sono per ora casi isolati. Si è assistito negli ultimi dieci anni a una più precisa articolazione dell offerta turistica trentina, in cui diverse aree hanno progressivamente caratterizzato il proprio posizionamento (si veda l analisi per cluster descritta e commentata nell Atto di indirizzo) contribuendo a definire un insieme variato di offerta di turismo nella provincia. Questa tendenza positiva alla differenziazione dell offerta va senza dubbio incoraggiata e valorizzata, ma soprattutto le offerte locali devono essere integrate per comporre una politica di destination management unitaria: la percezione del Trentino come destinazione turistica in grado di proporre una varietà di offerte non è infatti per nulla scontata. Anzi: la maggiore articolazione dell offerta potrebbe avere come conseguenza di accentuare il dualismo tra aree dinamiche, in grado di inserirsi in reti di destinazione tali da attrarre le fasce maggiormente ricche del turismo, e aree progressivamente marginalizzate ed escluse dal turista nella composizione delle proprie destinazioni. Un elemento di valutazione specifico è costituito dal turismo invernale, soprattutto ai fini di una valutazione dell adeguatezza degli impianti. Mentre nell ultimo decennio la dotazione delle piste da sci è rimasta sostanzialmente invariata quanto a lunghezza ed è cresciuta di poco quanto a portata oraria, si è avuto un aumento consistente del numero delle persone trasportate, come 75

83 effetto di un uso intensivo del territorio generato soprattutto da alcune località. Ciò pone consistenti problemi in termini di capacità del territorio di sopportare sviluppi intensivi (in termini di capacità delle piste, ma anche di accessibilità e parcheggi) qualora si mantenga inalterato il modello puntuale e indifferenziato di accesso alla rete degli impianti e ripropone, ancora una volta, la questione del rapporto tra le scelte strutturali e le innovazioni nel management delle destinazioni. In sintesi, un analisi strutturale del turismo trentino, nel suo complesso, permette di evitare visioni superficialmente allarmistiche dell andamento del settore e di evidenziare direzioni spontanee di sviluppo di notevole interesse. D altra parte emergono alcune aree critiche, nodi che vanno affrontati per poter dare spazio alle direzioni di sviluppo (soprattutto qualitativo) più promettenti. Il rischio non è tanto di una regressione globale del settore, che appare per molti versi solido e capace di produrre autonome risposte ai cambiamenti della domanda turistica, quanto di perdere la dimensione dell equilibrio territoriale e intertemporale nell accesso alle opportunità di crescita fornite dal turismo. Tra questi nodi devono essere sottolineati: 1. il recupero di un rapporto equilibrato con le condizioni di sostenibilità, per evitare che scelte attuali non riducano drasticamente le condizioni di scelta future; tali condizioni hanno a che vedere soprattutto con la gestione dell accessibilità alle località, vero collo di bottiglia delle politiche future nel settore (si veda a questo proposito il paragrafo sulla mobilità); 2. il riordino, in chiave progressiva, del turismo extra-alberghiero che va considerato come un valore importantissimo dell economia turistica locale, ma va al contempo indirizzato attentamente per controllare le esternalità che genera, in considerazione anche della strutturale frammentazione e dispersione delle scelte che si attuano in questo comparto; 76

84 3. la necessità di monitorare attentamente ed eventualmente intervenire sulle eventuali tendenze locali al depauperamento dell offerta e all abbassamento del posizionamento di mercato, soprattutto in alcune aree; 4. la necessità di avviare piani di sviluppo imprenditoriale per rafforzare le aree più deboli dell imprenditoria locale, ma soprattutto per avviare processi di sviluppo dell associazionismo imprenditoriale; 5. una ristrutturazione radicale del management della destinazione che permetta di recuperare flessibilità nella gestione del mercato, avvicinarsi alle nuove domande di servizio turistico, valorizzare la varietà delle offerte territoriali, permettendo comunque al consumatore di disegnare la propria destinazione di riferimento. Un management delle destinazioni progressivo appare per molti aspetti come il perno attorno a cui ruota la ricomposizione dei diversi dualismi di cui soffre il turismo trentino Il settore commerciale La rete distributiva al dettaglio della provincia di Trento ha subito nel corso degli anni Novanta un consistente ridimensionamento, sia nella componente alimentare sia in quella non alimentare (Tab ). In termini strutturali, questa branca del sistema distributivo si caratterizza per una densità commerciale (numero di punti vendita per 1000 abitanti) inferiore sia a quella nazionale sia a quella del Nord-Est e della Regione Trentino Alto Adige, tanto nel comparto alimentare quanto in quello non alimentare. Va notata poi la particolare riduzione che si è avuta nel commercio ambulante e che ha portato, nel 1996, quella componente al 6,8% della rete distributiva totale, dal 10,1% del Quanto alle caratteristiche degli esercizi commerciali, si rileva una rete di vendita fortemente centrata su esercizi di limitate dimensioni, con una caratterizzazione dimensionale posta sempre ai limiti inferiori delle rispettive classi di appartenenza (secondo la tipologia individuata nella normativa provinciale). 77

85 Relativamente ai punti vendita a libero servizio (vale a dire minimercati, supermercati, grandi magazzini, grandi superfici specializzate), dopo il consistente processo di modernizzazione avvenuto durante gli anni Ottanta, nel corso degli anni Novanta non si sono registrati incrementi di rilievo. Tuttavia, a tale proposito, vale la pena sottolineare come relativamente al commercio alimentare la dotazione di servizi commerciali moderni risulti elevata e superiore sia alla media nazionale sia a quella provinciale. Ciò nonostante, si tratta per lo più di servizi di prossimità che offrono una ridotta gamma di servizi commerciali, poco integrati con prodotti non alimentari e che operano spesso, date anche le caratteristiche geografiche del territorio, in condizioni di scarsa concorrenza orizzontale. Per quanto riguarda la rete alimentare, il Trentino presenta ancora un notevole grado di modernizzazione, ancorché centrato prevalentemente sulle piccole dimensioni: nella provincia la dotazione di supermercati era nel 1998 di 200 mq per mille abitanti, contro 147 mq nel Trentino Alto Adige e gli 88 mq dell Italia. Per converso, la ridotta dimensione media degli esercizi e il loro prevalente carattere di vicinato non attiva pesanti fenomeni di concorrenza e di sostituzione dell offerta e offre ai consumatori una ridotta gamma di servizi commerciali. La componente non alimentare a libero servizio ha registrato un consistente e positivo sviluppo negli anni 90, come pure si sono sviluppate le grandi superfici specializzate. Questo sviluppo è stato comunque in larga parte localizzato nell area centro-meridionale della provincia e in particolare un forte ruolo di attrazione è stato esercitato dal capoluogo. 78

86 Tab Provincia di Trento: unità locali del commercio al dettaglio* per attività economica Attività economica Variazioni assolute Variazioni percentuali Despecializzato alimentare ,1 Alimentare specializzato ,2 Totale commercio alimentare fisso ,2 Despecializzato non alimentare ,0 Cosmetici e profumeria ,6 Tessile ,8 Abbigliamento e calzature ,3 Mobili ,4 Elettronica di consumo ,9 Ferramenta ,8 Libri e cartoleria ,2 Altri specializzati ,7 Totale commercio non alimentare fisso ,2 Totale commercio al dettaglio fisso ,2 Ambulante alimentare ,5 Ambulante non alimentare ,5 Totale commercio ambulante ,8 Totale commercio al dettaglio (I) ,6 Tabacchi ,6 Distributori di benzina ,0 Farmacie ,1 Giornali ,9 Totale commercio al dettaglio (II) ,9 Fonte: elaborazioni TradeLab su dati Istat * Escluso commercio e riparazione di autoveicoli motoveicoli compresi parti ed accessori Particolare attenzione merita l analisi della distribuzione geografica della rete commerciale. Significative differenze si registrano, infatti, nei livelli di densità commerciale tra i diversi comprensori provinciali. Tali differenze risultano particolarmente significative nel comparto non alimentare (Tab ), e si manifestano in valori di densità commerciale oscillanti entro un rapporto da uno a tre, con alcuni casi che denotano rischi di preoccupanti vuoti di offerta. Si nota per contro come nei comprensori turistici si sia in presenza di una rete commerciale particolarmente densa, soprattutto com è da attendersi nel non alimentare. 79

87 Tab Densità commerciale (punti di vendita/1.000 abitanti residenti) per comprensorio e comparto merceologico (1996) Comprensori Despecializzato Alimentare Alimentare specializzato Non alimentare Ambulante Totale commercio al dettaglio (1) Vallagarina 1,21 0,72 3,79 0,44 6,16 Alta Valsugana 1,87 0,97 3,46 1,11 7,41 Valle di Non 2,45 1,25 4,26 0,45 8,40 Valle dell Adige 1,16 0,98 5,69 0,65 8,49 Bassa Valsugana e del Tesino 2,41 1,12 4,58 1,08 9,20 Alto Garda e Ledro 1,68 1,09 6,26 0,47 9,50 Giudicarie 2,50 1,12 5,64 0,32 9,58 Valle di Fiemme 1,63 2,30 6,13 0,56 10,62 Valle di Sole 3,26 1,63 7,00 0,14 12,04 Primiero 2,67 1,54 8,10 0,21 12,51 Ladino di Fassa 2,58 3,26 14,49 1,01 21,34 Provincia di Trento 1,69 1,11 5,31 0,60 8,72 Trentino Alto Adige 1,46 1,17 5,90 0,89 9,42 Nord-Est 1,45 1,49 6,72 1,55 11,21 Italia 1,59 1,83 6,71 1,86 11,99 (1) Escluso tabacchi, farmacie, edicole e distributori di carburante Fonte: elaborazioni TradeLab su dati Istat Il commercio urbano, in generale, tende a concentrarsi nei centri storici anche se si registra una certa difficoltà degli operatori a mantenere l attrattività dell offerta commerciale e artigianale del centro a fronte di una crescente competitività sia dei punti di vendita di medio-grandi dimensioni, sia di altri sistemi di offerta a livello locale. In particolare, accanto alla necessità di una maggiore qualificazione e specializzazione dell offerta dei servizi commerciali si evidenzia l assenza di un progetto comune di valorizzazione del centro storico. A tale proposito, è opportuno sottolineare che sebbene il comune di Trento ricopra il ruolo di attrattore nel commercio non alimentare della provincia, in qualche comparto si registrano alcuni ancora limitati fenomeni di evasione dei consumi al di fuori dei confini provinciali. In sostanza, per quanto riguarda il commercio al dettaglio, si possono isolare alcuni interrogativi rilevanti ai fini della programmazione provinciale: 80

88 1. la modernizzazione basata sulla piccola dimensione ha avuto in Trentino un indubbio successo; è però ora opportuno chiedersi quali possano essere i costi (in termini ambientali e di aumento delle tensioni competitive) e i vantaggi (in termini di estensione dell offerta e di prezzi) di una politica meno vincolante nei confronti delle grandi dimensioni (alimentari, non alimentari despecializzate e specializzate); 2. la disomogeneità territoriale dell offerta mostra che, nelle zone alpine che non sono investite da consistenti flussi turistici, vi sono rischi concreti di un depauperamento irreversibile dell offerta commerciale. Da questo punto di vista deve essere valutata la componente di esternalità positiva (e dunque di bene pubblico) che in certi casi riveste la rete commerciale ai fini dell attivazione delle economie locali (ai fini di una estensione dell offerta turistica anche a località minori) ed è necessario considerare politiche innovative di sviluppo dell offerta commerciale; 3. vi è una chiara tendenza a una polarizzazione delle funzioni commerciali urbane attorno al capoluogo; se questo dato è certamente positivo, pone il problema di una perdita di attrattività, quanto a funzioni commerciali, dei centri urbani minori. Passando a considerare il settore del commercio all ingrosso si è registrata anche in quest ambito, durante gli anni Novanta, una riduzione nel numero complessivo di imprese, in particolare di quelle di minori dimensioni. Tuttavia, in termini strutturali, il settore si caratterizza ancora per un elevata presenza di imprese di medio piccole dimensioni, soprattutto nel comparto alimentare (Tab ). 81

89 Tab Provincia di Trento: imprese del commercio all'ingrosso* per attività economica e classi di addetti (1996) -valori in percentuale- Attività oltre 50 Totale Commercio all ingrosso di prodotti alimentari bevande 63,0 18,7 13,0 2,2 3,0 100,0 e tabacco Totale commercio all'ingrosso alimentare 63,0 18,7 13,0 2,2 3,0 100,0 Commercio all ingrosso di prodotti tessili 85,7 0,0 0,0 14,3 0,0 100,0 Commercio all ingrosso di capi di abbigliamento e di 84,8 3,0 12,1 0,0 0,0 100,0 calzature Commercio all ingrosso di elettrodomestici, apparecchi 68,9 22,2 2,2 2,2 4,4 100,0 radio e televisori Commercio all ingrosso di articoli di porcellana e di 76,2 19,0 0,0 4,8 0,0 100,0 vetro di carte da parati e prodotti per la pulizia Commercio all ingrosso di profumi e cosmetici 76,9 23,1 0,0 0,0 0,0 100,0 Commercio all ingrosso di prodotti farmaceutici 66,7 16,7 8,3 0,0 8,3 100,0 Commercio all ingrosso di altri prodotti per uso 71,4 20,0 6,7 1,9 0,0 100,0 domestico Commercio all ingrosso di altri prodotti 63,6 18,2 9,1 4,5 4,5 100,0 Totale commercio all'ingrosso non alimentare 72,9 17,4 5,8 2,3 1,6 100,0 Commercio all ingrosso di materie prime agricole e di 83,3 8,3 4,2 4,2 0,0 100,0 animali vivi Commercio all ingrosso di prodotti intermedi non 63,2 17,1 14,0 4,8 0,9 100,0 agricoli di rottami e cascami Commercio all ingrosso di macchinari ed attrezzature 73,8 15,1 7,9 3,2 0,0 100,0 Totale commercio all'ingrosso interindustriale 68,0 15,9 11,4 4,2 0,5 100,0 Totale commercio all'ingrosso 76,0 13,6 7,3 2,1 1,0 100,0 *escluso commercio, manutenzione e riparazione di autoveicoli e motocicli Fonte: elaborazioni TradeLab su dati Istat Dal punto di vista territoriale esiste una significativa concentrazione di tali attività nel Comune di Trento e nel relativo comprensorio. Per quanto riguarda l attività logistica, nel 1996 in provincia di Trento operavano 20 imprese, sei in più rispetto al In particolare, 4 esercitavano attività di intermediazione dei trasporti, 6 si occupavano di attività di magazzinaggio e custodia delle merci e 10 erano spedizionieri o agenzie di operazioni doganali. Non risultavano presenti nell area imprese specializzate nella movimentazione delle merci. Più del 50% delle imprese che svolgono attività logistica è concentrata nei due principali comuni della provincia: otto sono a Trento e tre a Rovereto. 82

90 Analogamente al commercio all ingrosso anche in questo settore le imprese risultano di dimensioni assai limitate: 15 imprese - pari al 75% del settore avevano meno di 5 addetti (1996), mentre solo un impresa contava più di 10 addetti. In particolare, esistevano solo due imprese di magazzinaggio e custodia con più di 5 addetti e tre imprese di spedizioni. Dal punto di vista strutturale, pur di fronte ad una tendenza di crescita dimensionale delle imprese, permane tuttavia una limitata dimensione dell attività economica che, laddove non inserita all interno di una rete di relazioni aziendali più ampia, finisce per rappresentare un vero e proprio vincolo allo sviluppo di un offerta di servizi adeguata alle modificazioni in atto nelle realtà industriali e distributive locali. In generale però, la limitata infrastruttura di imprese operanti nell ambito del commercio all ingrosso e della logistica pone un problema di adeguatezza del settore rispetto alla nuova domanda di servizi di intermediazione commerciale e logistica che dovranno essere soddisfatte qualora il Trentino voglia candidarsi a punto di interscambio razionale e avanzato nei traffici alpini e non limitarsi a subire passivamente l aumento dei passaggi. 83

91 2.6. CARATTERI GENERALI E TENDENZE DEL SETTORE AGRICOLO-FORESTALE TRENTINO 1 - Il ruolo dell agricoltura nel contesto economico della provincia di Trento È ormai da tutti riconosciuto il ruolo di primaria importanza - sia a livello economico sia sociale ed ambientale svolto dall agricoltura in provincia di Trento. Il settore agricolo trentino pesa per poco meno del 5% in termini di occupazione e attorno al 3% del prodotto interno lordo in relazione all economia provinciale. Tuttavia il peso effettivo è superiore a quello dell occupazione e del valore aggiunto generati direttamente, sia perché, com è noto, il settore agricolo è uno dei settori con più elevati valori nei coefficienti di attivazione diretti ed indotti, sia perché accanto all occupazione a titolo principale vi è un elevata occupazione part-time, sia infine perché le esternalità positive (ma in qualche caso anche negative) del settore sull ambiente sono molto elevate. Va subito osservato che l agricoltura trentina non è omogenea al proprio interno. Si possono distinguere almeno due agricolture: un agricoltura intensiva di fondovalle, o comunque delle aree ad altitudine meno elevata, che ottiene produzioni «ricche» ad elevato valore aggiunto e che occupa una superficie ridotta (circa ha), ed un agricoltura maggiormente estensiva che occupa le aree marginali e ad altitudine più elevata, con produzioni a minor valore aggiunto, ed interessante, sia pure in misura non sempre ben definita, una vasta superficie (circa ha). Infine, il bosco occupa un area molto rilevante, pari al 55,4% della superficie territoriale (il 75% appartiene agli enti pubblici), ed in continua espansione in questi ultimi anni. La Tab mostra le dinamiche evolutive delle superfici boschive sul territorio trentino. È importante evidenziare come la disponibilità di superficie a bosco in Trentino per abitante sia più di sei volte superiore a quella nazionale. La ragione di ciò è che si è assistito ad un continuo aumento della superficie a bosco a scapito delle superficie impiegate dal settore zootecnico 84

92 abbandonate dalla tradizionale agricoltura di montagna. Ciò ha comportato una semplificazione paesaggistica. Allo stesso tempo, nelle aree di fondovalle il bosco ha dovuto lasciare spazio all espansione urbanistica o alla messa a coltura di nuovi terreni. Tabella Superficie forestale - Anno 1999 Ettari % su Italia % su territorio Ha/abitanti Trento ,5 55,4 0,75 Italia ,0 22,6 0,12 Fonte: Servizio Foreste In Trentino la produzione forestale rappresenta a valori correnti circa l 8% della produzione lorda vendibile (PLV) del settore agro-forestale, che, come noto, non ricomprende il settore di prima trasformazione del legname.. Il calcolo degli indici di specializzazione settoriale ha messo in luce l importanza, all interno della più ampia filiera delle costruzioni, di quella del legno.. L analisi della consistenza dei sotto-settori della filiera del legno evidenzia come essa si caratterizzi per l alto numero di imprese globalmente operative - e al tempo stesso per le loro piccole, se non piccolissime, dimensioni unitarie - mediamente intorno ai quattro addetti - un valore, comunque, del tutto in linea con il dato medio nazionale. In sostanza si tratta di una filiera polverizzata di piccola impresa. In base ai dati Inail per l anno 1996, in provincia di Trento operano imprese di lavorazione del legno (per l 89% artigiane) che rappresentano il 24 per cento delle aziende manifatturiere della provincia. In altri termini, un quarto delle imprese industriali trentine è direttamente interessato alla trasformazione del legname. Il totale degli addetti al settore è di unità. Il 53 per cento del fatturato del settore è esportato contro la media delle aziende manifatturiere del 36 per 85

93 cento. L orientamento a mercati esteri di questo comparto è quindi particolarmente significativo. Nello specifico, in Trentino sono attive 120 aziende (di cui 95 artigiane), con 584 addetti, nel comparto della conservazione e lavorazione del legno; aziende (di cui 993 artigiane), con addetti, nel comparto dei lavori in legno e 10 aziende (di cui 9 artigiane), con 29 addetti, nel comparto dei materiali affini al legno. Ma, alla funzione produttiva, anche se molto importante, ne devono essere aggiunte altre, che nel tempo hanno assunto sempre maggiore importanza e che sono essenziali per l esistenza stessa di altri settori ed attività economiche, primo tra tutti il turismo. Oltre a queste, i boschi svolgono importanti funzioni riguardanti il mantenimento della biodiversità, la produzione di biomasse, la difesa idrogeologica, l assorbimento dell anidride carbonica, e via dicendo. In riferimento a tali argomentazioni, il Trentino risulta essere all avanguardia per quanto riguarda la gestione sostenibile delle foreste: infatti l intera superficie boscata provinciale, sia pubblica sia privata, è stata oggetto di una efficace opera di pianificazione. Il settore non solo è stato destinatario di numerosi sostegni finanziari, ma anche dell azione diretta della Provincia, attraverso interventi ed opere eseguite in economia diretta dalle sue strutture su richiesta dei proprietari pubblici. Passando ad analizzare l evoluzione del settore agricolo trentino, si può notare che nel corso degli anni Novanta l agricoltura ha subito un forte ridimensionamento in termini di valore aggiunto. Infatti, mentre nel 1991 rappresentava il 5,3% dell intero valore aggiunto provinciale, nel 1998 tale valore (3,7%) risultava inferiore al valore medio nazionale (3,8%). 86

94 Tabella Alcuni dati dell evoluzione del settore agricolo trentino Descrizione Trentino Valore aggiunto totale ,30% ,75% Variazioni 91/98-1,55% Valore aggiunto per occupato (a prezzi costanti) 1991 (milioni di lire) 37, (milioni di lire) 52,43 Variazioni 91/98 38,33% Produzione lorda vendibile (milioni di lire a prezzi costanti del 1980) Variazioni 90/96 10,85% Fonte: elaborazioni Università su Proiezione Prometeia e Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento (1998) Ma questo ridimensionamento non è associato ad una perdita di produttività del settore. Anzi, il valore aggiunto per occupato in agricoltura nel corso degli anni Novanta ha registrato un incremento ben superiore a quello registrato dagli altri settori (oltre il 38% in termini reali). Tuttavia il valore aggiunto per occupato dell agricoltura, a valori correnti, è di circa un 35% inferiore alla media provinciale e di circa un 40% inferiore rispetto al settore industriale. In termini di produzione lorda vendibile, l agricoltura trentina raggiunge circa i mille miliardi e nel periodo si è registrata una crescita complessiva di circa un 10% a prezzi costanti. Ma questo andamento non è omogeneo all interno dei comparti. Infatti, se la frutticoltura ha registrato un notevole incremento della PLV, la zootecnia registra una perdita di circa un 10%. In ultima analisi, se in termini aggregati e soprattutto dal confronto con la media italiana, l agricoltura trentina esce complessivamente abbastanza bene, è 87

95 nel momento in cui si entra nel dettaglio dei singoli comparti e, come si vedrà, della struttura produttiva dell impresa agricola trentina che emergono talune debolezze. 2 - L impresa agricola in Trentino Nel corso degli anni 90 l agricoltura trentina ha perso circa imprenditori agricoli, passando da a , con una riduzione percentuale del 17%. Dall analisi degli iscritti nelle due sezioni dell Albo degli imprenditori agricoli, si nota come durante gli anni 90 vi è stato un calo degli iscritti nella prima sezione. Ciò mette in luce un progressivo abbandono dell attività agricola a tempo pieno, il che comporta una continua diminuzione del grado di presidio del territorio. L agricoltura viene quindi sempre più affidata a imprenditori agricoli part-time, i quali hanno trovato valide opportunità di reddito integrativo soprattutto nel settore turistico. Altri elementi tipici dell azienda agricola trentina, sempre rilevabili dall Albo, sono la piccola dimensione e l età avanzata degli imprenditori. Ciò può costituire un forte vincolo allo sviluppo del settore. Infine, si registra un preoccupante abbandono dell attività agricola. Infatti, alla fine del 1998 risultavano iscritte all Albo degli imprenditori agricoli aziende, con una riduzione di circa un 14% rispetto al 1990, quando risultavano iscritte aziende. Detto calo è più evidente nel comparto zootecnico. A tutto ciò viene ad aggiungersi il non ancora risolto problema della frammentazione dell azienda agricola trentina, un notevole handicap non solo dal punto di vista dell incremento di costi di gestione dell azienda, ma anche per l inevitabile abbandono di talune particelle. Passando ad una prima indagine economica, l analisi del reddito lordo standard e di alcune componenti di costo e di ricavo aziendali verrà effettuata facendo riferimento all indagine RICA 7. 7 I dati RICA sono i dati strutturali ed economico-reddituali delle aziende che hanno aderito alla rete di informazione contabile agricola (RICA) il cui campo di osservazione è un sottoinsieme di quello 88

96 Anche se la numerosità del campione a disposizione è limitata ed inoltre dall osservazione della Tab emerge immediatamente come nel campione RICA trentino siano ben rappresentate solo le aziende con coltivazioni permanenti ed erbivori 8, si notano alcuni dati piuttosto interessanti. In riferimento alla superficie agricola utilizzata (SAU), per le coltivazioni permanenti si trova conferma delle dimensioni ridotte degli appezzamenti in Trentino, per la zootecnia della maggiore estensività dell allevamento bovino in Trentino rispetto al resto d Italia. Tuttavia, anche in Trentino si registra una tendenza ad adottare tecniche di allevamento più intensive rispetto al passato. Un importante differenza dell agricoltura trentina rispetto a quella nazionale è rilevabile allorquando vengano letti i dati relativi al fattore lavoro. È, infatti, chiarissima l alta intensità di lavoro dell agricoltura trentina, la quale viene espressa sia in termini di addetti, sia di unità lavorative, sia di ore lavoro. CE. Le indagini RICA possono però essere raccordate alle statistiche ISTAT in quanto entrambe le fonti utilizzano lo stesso schema di classificazione delle aziende definito a livello comunitario e basato sui criteri di ordinamento tecnico-economico (OTE) e di Unità di Dimensione Economica (UDE). Il campione di aziende è però molto contenuto (398) ed i dati più recenti sono relativi al triennio L analisi verrà quindi limitata solo a questi due OTE. 89

97 Tabella Alcuni indicatori economici per OTE principale Trentino- Italia 1996 (dati medi aziendali) Italia Trentino Trentino/ Italia Italia Trentino Trentino/ Italia AZIENDE Costi variabili (000 L.) Coltivazioni permanenti ,4% ,2% Erbivori ,9% ,9% TOTALE ,4% ,2% SAU (ha) Costi fissi (000 L.) Coltivazioni permanenti 10,00 5,62 56,2% ,3% Erbivori 36,22 49,26 136,0% ,5% TOTALE 22,50 19,23 85,5% ,8% RLS (UDE) Valore agg. (000 L.) Coltivazioni permanenti 26,06 27,47 105,4% ,2% Erbivori 22,26 23,38 105,0% ,4% TOTALE 27,55 26,30 95,5% ,2% Numero addetti Reddito lordo (000 L.) Coltivazioni permanenti 2,12 3,19 150,5% ,5% Erbivori 2,29 3,21 140,2% ,1% TOTALE 2,12 3,19 150,5% ,8% Unita lavorative Reddito netto (000 L.) Coltivazioni permanenti 1,67 1,84 110,2% ,4% Erbivori 1,94 2,22 114,4% ,8% TOTALE 1,74 1,98 113,8% ,5% Ore lavoro Reddito lav. Tot. (000 L.) Coltivazioni permanenti ,2% ,7% Erbivori ,3% ,9% TOTALE ,0% ,4% PLV (000 L.) Reddito lav. Fam.(000 L.) Coltivazioni permanenti ,2% ,9% Erbivori ,3% ,0% TOTALE ,9% ,6% Fonte: elaborazioni Università su dati RICA, 1998 In riferimento alla PLV il differenziale è sempre positivo per il Trentino. Tuttavia si rilevano costi variabili e fissi molto più elevati rispetto al dato nazionale, soprattutto per gli erbivori. Inoltre, per quanto riguarda il reddito lordo è evidente un differenziale positivo rispetto alla media italiana. La situazione cambia quando si fa riferimento al reddito netto 9, il quale differenziale per gli erbivori diventa addirittura negativo. Infine, sia il reddito da lavoro totale sia il reddito da lavoro 9 La differenza tra reddito lordo e netto è determinato dai costi fissi. 90

98 familiare sono inferiori alla media nazionale. Ciò deriva dalla combinazione di una struttura dei costi sfavorevole rispetto alla media italiana e dalla sostenuta intensità di lavoro che caratterizza l agricoltura trentina. 3 - Il rapporto agricoltura ed ambiente L attività agricola produce nei confronti dell ambiente sia esternalità negative sia esternalità positive. Infatti, quando condotta secondo canoni di ecocompatibilità, l attività agricola produce, come bene congiunto rispetto ai prodotti alimentari, esternalità 10 positive quali paesaggi rurali tipici, protezione dei suoli, tutela della biodiversità. Al contrario, il prodotto congiunto dell agricoltura intensiva è rappresentato da varie forme di inquinamento (esternalità negative). In Trentino, in particolare, da un lato l agricoltura ha contribuito in maniera sostanziale alla realizzazione del paesaggio tipico alpino, dall altro lato ha prodotto anche esternalità negative dovute alle coltivazioni intensive, soprattutto nei fondovalle. Nel corso degli anni Novanta si è assistito, infatti, ad una crescente specializzazione produttiva. Se da un lato la strategia di specializzazione produce evidenti effetti in termini di efficienza, dall altra si nascondono i pericoli tipici della monocoltura e, in un territorio montano come quello trentino, anche della perdita del patrimonio genetico e della biodiversità. La monocoltura, infatti, rispetto ad un agricoltura diversificata, implica un consumo maggiore di prodotti fitosanitari e concimi chimici. Tuttavia, la diffusa adesione ai protocolli d intesa e l incremento di superficie destinata alle colture biologiche evidenziano una crescente sensibilità ambientale da parte dell agricoltore trentino. Le scelte dell agricoltura, soprattutto in questi 10 Un esternalità emerge quando l'attività di un agente economico comporta delle modifiche nella funzione di utilità o di produzione di un altro agente economico, senza che il primo tenga conto di tali effetti nel momento in cui effettua le sue scelte. 91

99 ultimi anni, non si sono, infatti, limitate a considerare esclusivamente la produzione, se pur improntata a criteri di qualità, ma hanno privilegiato soluzioni produttive tese ad assicurare una migliore salubrità dei prodotti sotto l'aspetto igienico sanitario. Sono nati così i protocolli d intesa, vale a dire norme tecniche ed agronomiche che permettono di ottenere produzioni di alta qualità, intesa nel senso più ampio, ovvero nel rispetto dell ambiente di produzione e a difesa della salute sia del produttore sia del consumatore. Sempre nell ottica di una sensibilità crescente nei confronti delle problematiche ambientali si è andata diffondendo l agricoltura biologica anche se, con i suoi 164 operatori e i suoi ettari (pari allo 0,85 % della SAU della provincia di Trento) rappresenta ancora una realtà del tutto marginale nel panorama agricolo trentino, pur se in continua crescita. Infatti, dal 1996 al 1998 le produzioni biologiche sono più che raddoppiate. Ciò è indice sia di una aumentata sensibilità ambientale da parte degli operatori agricoli sia probabilmente della crescente consapevolezza dell esistenza di una nicchia di mercato in continua espansione. Come si è già detto, l agricoltura in Trentino, al di là dell importanza economica, è stata la componente fondamentale nella costruzione di un paesaggio particolarmente vario, che ha conservato le sue caratteristiche tipiche di ambiente montano. In tal senso il settore agro-forestale ha svolto un azione di supporto al settore terziario e turistico in particolare. Notevole è, infatti, la funzione del settore agro-forestale quale fornitore sia di servizi di supporto per lo sviluppo dell intera economia rurale come spazi liberi per usi ricreativi e turistici - sia come fornitore di servizi agrituristici e di turismo rurale. Lo sviluppo dell attività agrituristica trentina non è comunque omogeneo né in riferimento ai servizi offerti né nella distribuzione sul territorio degli operatori e dei servizi agrituristici. Purtroppo in comprensori che hanno da offrire peculiarità ambientali di valore, l attività agrituristica non ha ancora preso piede come dovrebbe. 92

100 Tabella Distribuzione per comprensorio degli operatori e delle strutture agrituristiche (anno 1998) Comprensorio Operatori Locali tipici Posti letto Vendita prodotto N % N % N % N % C.1 Fiemme 14 8, ,1 83 6,8 6 5,5 C.2 Primiero 12 7, ,1 54 4,4 9 8,3 C.3 Bassa Valsugana 6 3,6 5 5,6 32 2,6 5 4,6 C.4 Alta Valsugana 14 8,4 9 10,0 81 6,6 10 9,2 C 5. Adige 39 23, , , ,9 C.6 Non 40 24,0 5 5, , ,3 C.7 Sole 12 7,2 7 7,8 90 7,4 9 8,3 C.8 Giudicarie 7 4,2 4 4,4 53 4,3 6 5,5 C.9 Alto Garda 10 6,0 6 6,7 86 7,1 9 8,3 Ledro C.10 Vallagarina 9 5,4 5 5,6 66 5,4 7 6,4 C.11 Ladino di Fassa 4 2,4 3 3,3 13 1,1 2 1,8 Provincia , , , ,0 Fonte: elaborazioni Università su dati dell Assessorato all agricoltura e cooperazione 4 - Le terre civiche La dimensione e la diffusione delle terre civiche in provincia di Trento fa acquisire ai domini collettivi una importanza sia dal punto di vista politico sia da quello economico. L importanza delle terre civiche è rimarcata anzitutto dal loro carattere di demanialità civica, in quanto l uso civico presenta due elementi caratteristici: di avere normalmente e non eccezionalmente ad oggetto delle utilità del fondo consistenti in uno sfruttamento di esso, e di essere riservato ai cittadini del comune, o addirittura ad una parte di essi. Mentre l uso comune sui beni demaniali è a favore della generalità dei soggetti. Una seconda considerazione a favore e a sostegno della demanialità civica è data dalla imprescrittibilità dei diritti di uso civico, anche se non esercitati. Si tratta di un patrimonio che va osservato sotto una pluralità di aspetti. 93

101 Le terre civiche rappresentano il supporto di risorse naturali ed antropiche, costituiscono fattore di produzione di beni, sono fattore di produzione di servizi naturali finali, delimitano la base territoriale di risorse trasmissibile alla generazione futura. Il patrimonio civico per sua natura e composizione è un sistema multifinalizzato; il che significa che può dar luogo ad utilizzazioni multiple, talora antagoniste. È ormai comunemente ammesso che esso adempie a quattro grandi tipologie di funzione: una funzione ecologica, una funzione economica, una funzione ricreativa, una funzione culturale. La programmazione dell utilizzazione delle risorse naturali è l elemento saliente nei domini collettivi e le amministrazioni deputate alla loro gestione che ne hanno la gestione per conto della collettività territoriale locale proprietaria disciplinano i diversi usi del patrimonio sia da parte dei componenti della collettività locale sia da parte delle persone stabilmente o temporaneamente presenti sul territorio. Talché i domini collettivi sono, in definitiva, strumenti di conservazione e di corretta utilizzazione del patrimonio naturale ed economico in via storica e di fatto. 94

102 2.7. IL MERCATO DEL LAVORO Da più di un decennio, il mercato del lavoro provinciale è caratterizzato da una situazione di eccesso di domanda di lavoro che nel tempo, anche a seguito della ripresa economica, si è fatta progressivamente più stringente. Lo dimostra innanzi tutto un tasso di disoccupazione che si è mantenuto tra i più bassi d Italia per tutto il decennio (16 a provincia nella graduatoria 1999) e si è ulteriormente ridotto nel corso dell ultimo anno attestandosi, secondo la rilevazione trimestrale ISTAT del luglio 2000, al 3,5 per cento (le Fig e riportano i dati sui tassi di disoccupazione per genere); un tasso di attività (50,9% nel 1998) che, benché stazionario, si è mantenuto superiore alla media italiana (47,6% nel 1998) a seguito di un aumento del tasso di attività femminile (dal 35,7% nel 1990 al 39,4% nel 1998) e di una diminuzione di quello maschile (dal 67,0% del 1990 al 63,7% del 1998); un flusso di immigrazione continuo, che ha permesso, fino ad ora, di compensare gli eccessi di domanda soprattutto per le qualifiche mediobasse, senza per altro dar luogo a situazioni di disagio sociale. Figura Andamento del tasso di disoccupazione FEMMINILE Figura Andamento del tasso di disoccupazione MASCHILE luglio luglio 2000 Tasso di disoccupazione Italia Tasso di disoccupazione Nord Tasso di disoccupazione Centro Tasso di disoccupazione Sud Tasso di disoccupazione Trentino Tasso di disoccupazione Italia Tasso di disoccupazione Nord Tasso di disoccupazione Centro Tasso di disoccupazione Sud Tasso di disoccupazione Trentino Fonte: dati ISTAT. 95

103 Prevalgono nettamente gli occupati dipendenti a tempo pieno e indeterminato. Negli ultimi anni, tuttavia, si è assistito ad un aumento delle posizioni lavorative a tempo e dei contratti atipici, soprattutto tra la componente femminile. Nel 1998 risultavano occupati come dipendenti a tempo parziale, in provincia di Trento, l 1,5% dei maschi e il 16,5% delle femmine, contro una media nazionale del 3,3% per i maschi e del 14,2% per le femmine. Gli occupati dipendenti temporanei erano in Trentino l'8% dei maschi e il 16,7% delle femmine; in Italia, il 7,8% dei maschi e il 10,6% delle femmine. La situazione positiva del mercato del lavoro è, inoltre, confermata da diversi indicatori qualitativi, quali la limitata diffusione di situazioni irregolari e il buon livello di soddisfazione dei lavoratori, sia per le remunerazioni sia per il lavoro in generale. La collocazione geografica, la struttura multisettoriale dell economia, una percentuale di occupati nel pubblico impiego superiore al resto d Italia e politiche economiche, del lavoro e sociali diversificate e, nel complesso, efficaci, sono all origine di questa positiva situazione. I punti deboli Da un analisi più approfondita del mercato del lavoro provinciale emergono, tuttavia, alcuni elementi critici, soprattutto se proiettati nel medio periodo. Vi è una carenza ormai evidente di offerta di lavoro. Se essa, fino ad alcuni anni fa era limitata alle professioni a medio-bassa specializzazione, essa si è ormai generalizzata, e interessa anche le qualifiche e i livelli di scolarizzazione più elevati. L offerta di lavoro autoctona è cresciuta meno di quanto ci si poteva aspettare, dato il costante eccesso di domanda: il tasso di attività provinciale è rimasto sul livello di quello delle regioni settentrionali (50,9%), ma resta decisamente inferiore alla media europea (62,2%). Poteva crescere di più, ma ciò non è successo. Se l immigrazione, soprattutto extracomunitaria, ha finora 96

104 compensato gli eccessi di domanda per qualifiche medio-basse, essa non sembra però in grado di far fronte alla carenza di lavoratori più qualificati e scolarizzati. Una recente indagine dell Università sulla domanda di capitale umano delle imprese trentine rivela come queste ultime tendano ad assumere sempre di più persone con livelli medio-alti di istruzione, date le innovazioni tecnologiche e gestionali del sistema. A fronte di questa carenza di offerta di lavoro esplicita, si rileva un sottoutilizzo di una parte non piccola della forza lavoro potenziale. Il tasso di disoccupazione femminile si è mantenuto per tutti gli anni Novanta su valori più alti di quelli rilevati per la componente maschile (Fig e ); tra la componente femminile sembra inoltre in crescita la disoccupazione di lunga durata. Questi dati, unitamente a quelli sul livello e l andamento dei tassi di attività, mostrano che il sistema economico provinciale, pur in presenza di domanda in eccesso, tende a sottoutilizzare la forza lavoro femminile. Ciò può essere la conseguenza sia di una limitata disponibilità dell offerta di lavoro femminile ad accettare determinati lavori, sia di una carenza di forme di lavoro più adatte a favorire la partecipazione delle donne al lavoro (come il part-time, in forte crescita negli ultimi anni, ma ancora poco diffuso); ancora, può essere una conseguenza del persistere di fattori di discriminazione. L argomento risulta cruciale per lo sviluppo futuro della provincia e merita di essere approfondito, anche perché si stanno diffondendo situazioni di povertà dovuta alle difficoltà individuali di accesso al mercato del lavoro, soprattutto per le donne adulte sole. La situazione di diffusa carenza di offerta di lavoro contrasta inoltre con il relativamente elevato numero di lavoratori che beneficiano di forme di impiego, come il progetto di ripristino ambientale, e di interventi di sostegno del reddito, quali indennità di mobilità e di disoccupazione. 97

105 Infine, il numero di incidenti sul lavoro accaduti nei primi otto mesi del 2000, secondo i dati INAIL, sono aumentati del 2,6% rispetto allo stesso periodo del 1999, un dato superiore alla dinamica nazionale (+ 2%). 98

106 2.8. L ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE DEL CAPITALE UMANO In Trentino, la consistenza dei soggetti con basso livello di scolarizzazione si è ridotta sensibilmente nell arco di tutto questo secolo, ma lo ha fatto con particolare intensità durante gli anni Novanta. Mentre all inizio del decennio in parola ancora i quattro quinti della popolazione trentina (contro il 76,5% dell Italia nel suo complesso) possedevano, al massimo, la licenza della scuola dell'obbligo, otto anni dopo solo i tre quinti dei residenti in provincia (contro una media nazionale del 65,4%) dichiaravano di avere arrestato la propria formazione a tale livello di scolarità. Ciò nonostante, nelle fasce superiori dell istruzione il progresso è stato più modesto. Nel 1990, il 2,9% della popolazione trentina era laureata (4,2% in Italia) e il 17,0% possedeva un diploma di scuola secondaria superiore (19,3% in Italia); nel 1998, il 5,3 % era laureato (6,4% in Italia) e il 20,5% era diplomato (23,2% in Italia). Si può presentare un immagine un po più dinamica e puntuale dei cambiamenti intervenuti nei livelli di istruzione della popolazione trentina esaminandone le variazioni per classi di età (vedi Tab e Fig ). In tal modo si nota che, passando dai nati nel periodo ai nati nel periodo , l incidenza dei soggetti con la sola scolarità d obbligo si riduce di quasi i due terzi, mentre aumentano di sei volte le persone in possesso di qualifica professionale e di sette gli individui con diploma di scuola media superiore (vedi Tab ). Il processo di espansione si dimostra, invece, assai più contenuto nel caso delle lauree. Il confronto della situazione del Trentino con quelle del Nord-Est e del resto d Italia mette, però, in evidenza alcune peculiarità della nostra provincia. Così, mentre si conferma che da noi la proporzione dei soggetti con sola scolarità di base è diminuita con maggiore velocità che nel resto del territorio nazionale, si conferma anche che la crescita dei possessori di diplomi di scuola media 99

107 superiore e, ancor più, quella dei laureati è avvenuta con ritmi assai più lenti di quanto non sia accaduto nelle regioni finitime e nell intero Paese (vedi Tab ). Tabella Variazioni secondo le classi di età della composizione per titolo di studio delle popolazioni: i) della provincia di Trento; ii) dell Italia nord-orientale; e iii) dell Italia nel suo complesso Area geografica e titolo di studio Classi di età Trentino Obbligo Qualifica professionale Diploma di scuola media superiore Laurea o diploma universitario (a) N Nord Est Obbligo Qualifica professionale Diploma di scuola media superiore Laurea o diploma universitario (a) N Italia Obbligo Qualifica professionale Diploma di scuola media superiore Laurea o diploma universitario (a) N (a) L assenza di laureati nell ultima classe di età è dovuta al fatto che nessuno dei soggetti appartenenti ad essa ha ancora concluso il proprio percorso formativo. Come si spiegano questi andamenti così disomogenei? Come si spiega, cioè, il fatto che attualmente la provincia di Trento presenti, al contempo, una minore incidenza dei soggetti che si arrestano alla scolarità d obbligo e una più contenuta proporzione di diplomati e di laureati sia rispetto alla media italiana, sia rispetto alle assai simili, socialmente ed economicamente, regioni del Nord-Est? Le informazioni sopra riportate rispondono a questa domanda in modo immediato e inequivocabile. Nella nostra provincia assai più elevata che altrove, e cresciuta 100

108 più che altrove, è la proporzione di individui in possesso di qualifiche professionali (vedi Tab ). Questa affermazione trova conferma nelle indagini ISTAT sulle forze di lavoro. Dall ultima di esse, infatti, traspare che nel 1998 i qualificati ammontavano al 14,1% della popolazione rispetto al 5,0% del resto d Italia. Ma il dato per classi di età mette in evidenza una ulteriore peculiarità del Trentino. Mentre nel Nord-Est e nel resto d Italia la proporzione di qualificati, tra gli appartenenti all ultima classe di età, si riduce sensibilmente, in Trentino lo fa in misura assai più contenuta (vedi Tab ). Figura Composizione dei livelli educativi dei nati tra il 1953 ed il 1970 e residenti in Trentino (a), nel Nord Est (b) e in Italia nel 1997 (ILFI, 1997) % Obbligo Diploma di qualifica (3 anni) Diploma di S.M.S. (4-5 anni) Laurea o diploma post-secondario Trentino Nordest Italia (a) Campione nazionale e sovracampionamento per la Provincia di Trento. (b) Campione nazionale. Da quanto precede si può dedurre che in Trentino la formazione professionale drena una parte non trascurabile della domanda collettiva di istruzione altrove diretta verso la secondaria superiore. Nello stesso tempo, occorre, però, anche riconoscere che la formazione professionale trentina 101

109 recupera quote consistenti di quei soggetti che, nel resto del Paese, abbandonerebbero il sistema scolastico immediatamente dopo l espletamento dell obbligo. I dati fin qui riportati inducono, poi, a ritenere che da noi la propensione a proseguire gli studi all università sia limitata a causa tanto di una contenuta domanda contingente di forza lavoro istruita, quanto di inadeguate percezioni dei vantaggi che già ora derivano dall investimento in istruzione superiore e universitaria. Non c è dubbio, e lo ripeteremo tra breve, che alcuni dei tratti appena citati rappresentino potenziali e, per molti versi, attuali elementi di debolezza del Trentino. Ma se li abbiamo richiamati in queste righe è perché, un po paradossalmente, essi derivano da elementi di forza del sistema di istruzione provinciale. In particolare, va sottolineata l ottima qualità della formazione professionale di base che, a differenza di quanto accade nel resto del Paese, non si configura come un canale di istruzione parallelo, ma di serie cadetta, rispetto alle medie superiori. Non va, poi, nemmeno sottaciuto il fatto che anche le secondarie superiori ad indirizzo tecnico e professionale giuste le osservazioni contenute nel più recente rapporto del Comitato provinciale di valutazione del sistema scolastico garantiscono elevati livelli di preparazione e buone chance di inserimento occupazionale. I punti deboli Detto questo, occorre, però, anche riconoscere che, a dispetto degli elevati livelli di efficacia del suo sistema formativo, la provincia di Trento sta accrescendo con eccessiva lentezza la propria dotazione di forza lavoro altamente istruita. La scarsa disponibilità di quest ultima rischia, anzi, di configurarsi, nel breve periodo, come un severo collo di bottiglia dello sviluppo economico e sociale locale. Una recente ricerca, condotta dall Università degli studi di Trento e finanziata dall amministrazione provinciale, sui maturi locali della leva 1998/99 mostra che, in Trentino, il tasso di passaggio dalle secondarie superiori all università si è attestato, nel 1999, al 55,6%, 15 punti in meno di quello medio nazionale calcolato 102

110 al Tuttavia, i tassi specifici di occupazione per titolo di studio tendono già oggi ad aumentare parallelamente al livello di istruzione: quanto più quest ultimo è elevato, tanto maggiori sono le possibilità di inserimento professionale. Il fatto che il possesso di un titolo di studio superiore faciliti l'ingresso nel mercato del lavoro non pare, però, essere ancora stato percepito dalla generalità della popolazione che continua, come detto, a mostrare un assai limitata propensione all'investimento in istruzione superiore. Questa contenuta propensione, oltre che da una limitata consapevolezza dei vantaggi che conseguono dall investimento in istruzione superiore, deriva dalla presenza, rilevata dalla citata indagine sui maturi della provincia di Trento, di diffusi atteggiamenti negativi verso la prosecuzione degli studi nelle secondarie superiori e nell università. Questi fattori soggettivi sono stati, fino a tempi assai recenti, sostenuti, ancorché in modi più tenui di quanto usualmente si ritenga, da alcuni elementi oggettivi. Tra questi si possono ricordare la ridotta forbice salariale tra operai e impiegati all inizio delle rispettive carriere, la consistente presenza di piccole e piccolissime imprese che hanno per lungo tempo richiesto flussi ridotti di forza lavoro altamente qualificata e l elevata tensione del mercato del lavoro locale che ha fin qui reso poco appetibile, nel breve periodo, la rinuncia a un reddito certo a favore di un investimento in istruzione superiore dagli esiti, almeno in parte, incerti. Ma quello che poteva essere vero fino a ieri, lo è molto meno oggi e sarà completamente falso domani. Un indagine dell Università di Trento sulla domanda di laureati rivela, ad esempio, che anche le piccole imprese stanno rivolgendosi in misura crescente a forza lavoro ad elevato grado di istruzione. Inoltre, secondo una recente ricerca dell Agenzia del lavoro, il tasso di disoccupazione è più elevato tra i qualificati dei centri di formazione professionale (CFP) di quanto non lo sia tra i diplomati della scuola media superiore. E un indagine sui laureati della provincia in età compresa tra 25 e 35 anni ha mostrato che nel 1999 il loro tasso di 103

111 disoccupazione è di gran lunga inferiore a quello medio provinciale. A ciò si aggiungano i tempi assai ridotti di ricerca del primo impiego da parte dei laureati in questione e il sensibile incremento nel tempo della percentuale di costoro che si dichiarano occupati nel settore privato. Che vi sia una crescente necessità di offerta di lavoro altamente istruita da parte dell economia e della società provinciali è, poi, dimostrato dai dati dell Indagine longitudinale sulle famiglie italiane (ILFI), la quale rileva che nel periodo i livelli di scolarità degli immigrati (dopo il compimento del diciottesimo anno di età) in Trentino da altre parti d Italia si sono mantenuti sistematicamente più elevati di quelli dei soggetti residenti in provincia (vedi Tab ). Tabella Composizione per titolo di studio dei residenti (dalla nascita o, al più, prima del compimento del diciottesimo anno di età) e degli immigrati (dopo il compimento del diciottesimo anno di età) in provincia di Trento in alcuni anni Condizione Anno Residenti Obbligo Diploma di qualifica (3 anni) Diploma di S.M.S. (4-5 anni) Laurea o diploma post-secondario N Immigrati Obbligo Diploma di qualifica (3 anni) Diploma di S.M.S. (4-5 anni) Laurea o diploma post-secondario N E in questa stessa direzione si muovono i risultati di una rilevazione condotta presso 30 imprese locali. Da essa emerge, infatti, una crescente domanda di soggetto in possesso di laurea e una altrettanto crescente difficoltà di soddisfarla. In somma: il Trentino si sta velocemente avviando verso una preoccupante situazione di deficit di offerta di forza lavoro altamente qualificata e, dunque, verso 104

112 crescenti difficoltà di tenere il passo con l evoluzione tecnologica e con i ritmi e i modi dello sviluppo economico. 105

113 2.9. IL SISTEMA DEL WELFARE PROVINCIALE Il sistema del welfare è in larga parte, soprattutto per la parte relativa ai trasferimenti (pensioni, indennità di disoccupazione ecc.), di competenza nazionale. Alla Provincia spetta la competenza solo per una parte di trasferimenti (sussidi e rimborsi per soggetti in stato di indigenza, previdenza integrativa ecc.), mentre essa è chiamata in prima persona ad organizzare e finanziare la quasi totalità dei servizi sanitari e socio-assistenziali. Relativamente all offerta sanitaria, la Provincia di Trento ha finora ottenuto risultati decisamente positivi, tali da collocarla tra le realtà territoriali con le migliori performance: la speranza di vita alla nascita, che è una misura del benessere di una società, è passata da 73,9 anni nel 1990 a 76,4 anni nel Un indicatore importante dell'aumento dell efficacia e dell efficienza del sistema sanitario è il tasso di mortalità infantile: nel 1980 era del 9,5 per mille, nel 1990 del 5,2 per mille e nel 1998 del 2,9 per mille. A questi dati si aggiunga che esiste una rete ospedaliera diffusa su buona parte del territorio provinciale, con soddisfacente accesso alle prestazioni. Da qui l elevato gradimento espresso dai cittadini: l'81% si ritiene infatti tutelato sul piano sanitario, pur riconoscendo alcuni difetti del sistema. Il mantenimento di elevati livelli di qualità nel servizio sanitario ha inevitabilmente portato ad una crescita progressiva della voce di spesa relativa, che ha assunto un peso molto rilevante sul totale della spesa pubblica provinciale. La spesa sanitaria è cresciuta dal 1991 al 2000 del 62,3%, passando da 776 a miliardi (Tab. e Fig ). La crescita è stata particolarmente sostenuta a partire dal 1997 per la spesa corrente, con incrementi medi annui di circa il 10%. Per interpretare correttamente questo dato, va tenuto presente che proprio dal 1997 sono state imputate nella spesa sanitaria provinciale nuove voci di spesa relative agli anziani ospiti delle residenze sanitarie assistenziali (precedentemente 106

114 era previsto un intervento integrativo più limitato da parte del fondo sanitario provinciale); in tal modo, oggi la spesa per le RSA incide per circa il 10% sulla spesa sanitaria totale. Dal 1998 al 1999 è cresciuta notevolmente anche la spesa in c/capitale (+129,3%). Per l anno 2000 la spesa sanitaria complessiva ammonta al 21% circa della spesa provinciale (1.259 miliardi su 6.023), mentre la spesa sanitaria corrente costituisce il 32,8% della spesa corrente provinciale (1.173 miliardi su 3.578). Tabella Spesa sanitaria a carico del bilancio provinciale (in milioni di lire). Anni Var. % 91/00 spesa corrente ,7 spesa c/capitale ,2 spesa compless ,3 Figura Andamento della spesa sanitaria (in milioni di Lire) e variazioni totali rispetto all'anno precedente ,9% +5,1% -0,0% +12,6% -7,1% +17,9% +11,7% +5,1% +11,0% spesa corrente spesa c/capitale Fonte: ns. elaborazioni da Servizio Organizzazione Finanziaria, PAT. Il confronto tra spesa sanitaria italiana e spesa sanitaria provinciale per il periodo dal 1993 al (Tab. e Fig ), restituisce una situazione nella quale la provincia di Trento mostra valori pro-capite nettamente superiori a quelli 107

115 nazionali. Il confronto risulta tuttavia problematico, data la disomogeneità tra le voci di spesa considerate a livello provinciale e quelle considerate a livello nazionale. Il dato può comunque essere interpretato come un indicatore di qualità della situazione sanitaria provinciale, per cui livelli di assistenza più elevati e maggiori performance portano ad una maggiore spesa. I differenziali tra Trentino e Italia risultano crescenti a partire dal 1997, anno in cui il fondo sanitario provinciale ha incrementato gli interventi relativi alle residenze sanitarie assistenziali: posta pari a 100 la spesa pro-capite nazionale in ogni anno, nel 1996 quella provinciale era pari a 105,3 e per il 2001 si prevede arrivi a 118,2. Tabella Spesa sanitaria pro-capite (Lire). Anni Var. % 93/00 Italia ,1% Trentino ,2% TN/IT 108,66 107,04 107,63 105,29 108,63 112,98 118,01 114,56 118, Figura Spesa sanitaria pro-capite (Lire) Italia Trentino Non va inoltre dimenticato che anche la spesa privata in servizi sanitari risulta in costante aumento: crescono infatti le risorse economiche che le famiglie destinano per la tutela della salute (fruizione di servizi di assistenza pubblica, visite mediche private, acquisto di farmaci senza ricetta e medicina alternativa). 11 In questo caso si comprende sia la spesa sanitaria a carico del bilancio che quella coperta da tariffe. I dati sulla popolazione del Trentino e dell Italia per il 1999, 2000 e 2001 sono stimati dal 108

116 Anche le spese per l assistenza hanno subito nel corso degli anni Novanta un rapido incremento (Tab ). Esso è stato tuttavia maggiore nei primi anni del decennio considerato; dal 1997 la crescita di questo tipo di spesa risulta rallentata. Questo andamento ha inoltre interessato in modo diverso le varie componenti. Mentre la spesa per l erogazione di servizi è cresciuta in modo costante (con una flessione nel 2000), quella per trasferimenti ha registrato un balzo in avanti nel 1994 (più di quattro volte rispetto all anno precedente), ed è cresciuta fino al Il forte incremento del 1994 è derivato dall assunzione diretta da parte della Provincia delle spese per l erogazione di prestazioni agli invalidi civili, ciechi civili e sordomuti, prima gestite dal Commissariato del governo. Consistente e sostanzialmente in crescita è anche la spesa per strutture ed attrezzature assistenziali. Per l anno 2000, è stata prevista una spesa per l assistenza a carico del bilancio provinciale di circa 381 miliardi di lire (+2,8% rispetto al 1999): la voce principale continua a rimanere quella degli assegni agli invalidi civili, in aumento rispetto al Le proiezioni per il 2001 prevedono tuttavia una riallocazione delle risorse dalla voce invalidi civili a favore del fondo socio-assistenziale (quindi a favore di finanziamenti agli enti socio-assistenziali), stimata in circa 3,6 miliardi di lire. Servizio Economia Sanitaria della PAT. 109

117 Tabella Spesa provinciale per l assistenza (in milioni di Lire). Anni Var. % 91/00 Finanziam. a enti per servizi ,3% socio-assistenziali Provvidenze a ciechi, sordom % e invalidi civili Contrib. c/capit. per strutture % e attrezz. assistenziali Altro % Totale % Variaz. sul totale anno preced. +29,2% +15,9% +76,0% +6,7% +13,5% +3,2% -3,6% -4,7% +2,8% Fonte: Servizio Organizzazione Finanziaria, PAT. A differenza di quella sanitaria, buona parte della spesa per servizi socioassistenziali è destinata al finanziamento di soggetti diversi dalla Provincia, soprattutto privati (in particolare cooperative sociali e organizzazioni nonprofit) che provvedono all erogazione dei servizi, secondo un principio di sussidiarietà orizzontale, che da tempo caratterizza la politica socio-assistenziale della Provincia. A partire dagli anni Ottanta i soggetti privati sono aumentati di numero, soprattutto per far fronte alle nuove forme di disagio e alla nuova domanda di servizi, dando vita ad un vero e proprio sistema, anche con rilevanti risvolti economici ed occupazionali. I punti deboli Le trasformazioni sociali e demografiche in corso hanno influenzato in modo rilevante la domanda di servizi, modificandola sia quantitativamente sia qualitativamente. La vita media della popolazione trentina è cresciuta in modo rilevante: se da un lato essa è indice di un miglioramento dello stato di salute delle persone, dall altro determina una crescente necessità di servizi assistenziali per gli anziani. Nella maggior parte dei casi sono ancora le famiglie ad occuparsi di queste persone ma, nel corso degli anni, si è già notato un raddoppio dei casi in cui l'assistenza viene delegata alle residenze sanitarie e assistenziali o agli istituti; senza contare il ricorso ai servizi di privati, spesso in forme irregolari. 110

118 La riduzione del numero di componenti delle famiglie e l aumento del lavoro femminile costituiscono senz altro due elementi che hanno giocato un ruolo sostanziale nella riduzione della capacità di produrre servizi da parte dei nuclei familiari. D altra parte, la rete di protezione garantita dai servizi, pubblici e privati esistenti, risulta sempre meno adeguata da almeno due punti di vista: a. essa non sembra in grado di far fronte alla crescita di alcuni bisogni (ad esempio di assistenza, soprattutto domiciliare, agli anziani o di asili nido). In alcuni casi, ad esempio nella sanità, i processi di razionalizzazione contribuiscono direttamente alla creazione di nuovi bisogni; b. essa non risulta attrezzata per far fronte, come nel passato, ai nuovi bisogni, spesso molto particolari e localizzati (bisogno economico di famiglie con un solo genitore, integrazione lavorativa di soggetti svantaggiati, bisogni sociali di famiglie a reddito medio che possono conservarlo solo in presenza di servizi di sostegno). A seguito di questa diversa evoluzione della domanda e dell offerta di servizi, sembrano quindi essersi ridotti nel corso degli anni Novanta sia il grado di copertura dei bisogni, sia la propensione all innovazione nelle politiche sociali. Risulta inoltre sempre più evidente la difficoltà a contenere la crescita dei costi delle politiche sociali e sanitarie, dovuta sia alla morfologia del territorio sia ad inefficienze organizzative (come nel caso della sanità, ma anche di alcuni servizi sociali, pubblici o convenzionati), sia al sovrapporsi di interventi, soprattutto di trasferimenti monetari e di prestazioni di servizi sociali. Infine, il coinvolgimento della società civile sembra in diminuzione e sempre più costretto entro logiche burocratiche: l offerta privata di servizi sociali è sempre meno determinata da forme di reazione spontanea ai bisogni ed è sempre più spesso dominata dalle scelte e dalle procedure della pubblica amministrazione. Vi è una crescente disparità nelle modalità di affidamento dei servizi e nel loro 111

119 finanziamento, anche per servizi molto simili o addirittura identici: in alcuni casi si adotta ancora la logica del finanziamento a piè di lista (con le conseguenti inefficienze), in altri si riducono totalmente gli spazi di autonomia nell uso delle risorse con le gare al massimo ribasso. Negli ultimi anni, si sono inoltre ridimensionate le forme di sostegno pubblico agli interventi della società civile più autonomi, più orientati a situazioni specifiche e che coinvolgono maggiormente risorse di volontariato. 112

120 2.10. LA COESIONE SOCIALE Nonostante la società trentina abbia conosciuto un processo di modernizzazione molto simile, nei tempi e nell intensità, a quello delle altre regioni dell Italia settentrionale, essa è riuscita a mantenere una coesione sociale mediamente più elevata. Un indicatore importante del processo di modernizzazione quale la composizione della famiglia ha subito nel tempo mutamenti simili a quelli rilevati a livello nazionale. I matrimoni, religiosi e civili, sono diminuiti (da 2680 nel 1990 a 2214 nel 1999), e le separazioni sono aumentate (da 316 nel 1990 a 664 nel 1999): di conseguenza è cresciuto il numero delle famiglie monoparentali. Secondo l'ilfi (Indagine longitudinale sulle famiglie italiane) del 1997, la percentuale di famiglie monoparentali è leggermente superiore in provincia, rispetto al dato nazionale (6,3% in Trentino, 5,9% in Italia), così come la percentuale di single (24,1% in Trentino, 19,9% in Italia). Il modello di famiglia prevalente, in Trentino come in Italia, è ormai quello della famiglia nucleare, composta dalla coppia, sposata o non, con figli (47,3% in Trentino, 48,3% in Italia) e sempre più spesso con un solo figlio. Nonostante questa evoluzione, si rileva una propensione maggiore e crescente nel tempo, della popolazione locale a trattenere in famiglia i parenti più anziani e una minor propensione, in particolare nei piccoli centri, alla convivenza di fatto. La società trentina gode di condizioni di vita più che dignitose e i fenomeni di marginalità economica sono limitati. Le risorse economiche si distribuiscono tra le famiglie in modo più egualitario di quanto rilevato a livello nazionale: se in Italia il 20% più povero dispone del 6,2% del reddito totale, in Trentino esso detiene il 7,2%, mentre se in Italia il 20% più ricco dispone del 41,7% del reddito totale, in Trentino esso detiene il 38,1%. Il reddito medio pro-capite in provincia di Trento, nel 1999, è stato di Lit. 26,9 milioni (+ Lit. 757 mila rispetto all anno precedente); i 113

121 consumi hanno raggiunto la quota di oltre Lit. 23 milioni (circa Lit. 500 mila in più rispetto all anno precedente) ed è cresciuta la propensione al risparmio (dal 13,9% del 1998 al 14,1% del 1999). Anche il problema della sicurezza sociale appare in Trentino meno preoccupante rispetto alla situazione generale italiana: nel 1998 (Fig ) sono stati denunciati dalle forze dell ordine all autorità giudiziaria delitti ogni residenti, contro i registrati per l Italia. Figura Delitti denunciati ogni residenti. Confronto Italia/Trentino ITALIA TRENTINO Fonte: Transcrime, Università di Trento, "Primo rapporto sulla sicurezza nel Trentino 1998", Un esempio della capacità di creare e mantenere coesione sociale è quello dell accoglienza di cittadini immigrati. Il fenomeno è recente e ha assunto negli anni dimensioni significative. La popolazione trentina, al censimento del 1991, era di residenti; le statistiche relative al 1999 rilevano residenti, con un saldo netto positivo di circa abitanti quasi interamente dovuto al movimento migratorio di stranieri (2.500 unità, in media, all'anno). Dal 1993 al 1999 si è passati da a stranieri residenti in provincia. Nel corso di questi anni si è assistito inoltre a rilevanti modifiche della provenienza degli immigrati, in particolare a seguito di un afflusso crescente di popolazione dall Est 114

122 europeo (Fig paesi extra UE). Il fenomeno dei ricongiungimenti familiari ha portato di recente ad un aumento graduale anche della componente straniera femminile e di minori, con una tendenza alla normalizzazione della struttura per età. Grazie sia all atteggiamento positivo della popolazione, che alle politiche provinciali per l immigrazione, questo rilevante flusso, fondamentale per adeguare l offerta di lavoro alla domanda, è stato assorbito senza particolari difficoltà. Le situazioni di irregolarità degli stranieri in Trentino sono decisamente meno frequenti che nella media nazionale e sono concentrate soprattutto nei servizi alle famiglie, specie di quelle con membri non autosufficienti. Secondo quanto rilevato dal Ministero dell interno, nel 1998 gli stranieri in Trentino presentavano un rapporto di irregolarità (istanze su stranieri con soggiorno regolare) pari al 15% (29% a livello nazionale). Anche i tassi di devianza dei cittadini immigrati sono contenuti. Figura Stranieri residenti in Trentino per cittadinanza (v.a.) Totale Altro Asia Centro-Sud America Nord America, Oceania Africa Magreb Europa extra UE Unione Europea Fonte: Annuario Statistico anno 1999, Servizio Statistica, PAT. A garantire il più elevato livello di coesione sociale hanno certamente contribuito le politiche della Provincia e, in misura minore, della Regione Trentino Alto-Adige. Esse hanno infatti garantito: 115

123 a. interventi di sostegno del reddito addizionali rispetto a quelli previsti dalla normativa nazionale (minimo vitale, assegni integrativi per i disabili, indennità di disoccupazione e di mobilità ecc.); b. servizi sociali e sanitari sia pubblici sia privati (ma con forti sostegni finanziari pubblici) spesso all avanguardia e, in genere, capillari e di buona qualità. A mantenere un soddisfacente grado di coesione sociale ha certamente contributo anche una diffusa cultura solidaristica dell impegno sociale a favore della comunità e, in particolare, dei suoi membri più deboli, cultura che ha trovato espressione nella creazione di un consolidato e capillare movimento cooperativo e di imprenditorialità sociale superiore alla media nazionale. Questa cultura solidaristica è stata mantenuta e stimolata dalla tradizione di sussidiarietà nelle politiche sociali da parte della Provincia. I punti deboli Se, complessivamente, la società trentina sembra godere di un soddisfacente grado di coesione sociale e di qualità della vita, non sono da sottovalutare alcuni aspetti critici. Il numero delle famiglie monoparentali, dato l aumento delle separazioni personali, è cresciuto; le donne che assumono il ruolo di capofamiglia dichiarano un reddito medio annuo decisamente inferiore a quello del capofamiglia uomo (17,3 milioni contro 33,9 milioni), facendo così emergere situazioni di difficoltà economica non trascurabili. Con l aumentare delle famiglie monoparentali si vanno dunque diffondendo vere e proprie situazioni di povertà tra quelle donne che non riescono ad accedere al mercato del lavoro. L indagine Multiscopo della Provincia, rivela inoltre che il 3,5% delle famiglie locali si considera povera rispetto allo status economico medio. La situazione peggiora se il capofamiglia è una donna (il 5,8% percepisce lo stato di povertà, contro il 2,5% dei capofamiglia uomini); peggiora inoltre con l avanzare dell età (0,0% fino ai 35 anni, 4,9% oltre i 116

124 65 anni) e se si risiede in piccoli comuni (si sentono povere il 3,3% delle famiglie dell area urbana e il 3,6% delle famiglie dei comuni inferiori ai 2000 abitanti). La conferma che ad avere maggiori difficoltà economiche siano le donne adulte sole, in età avanzata e residenti nei piccoli paesi, è data dal Servizio attività socioassistenziali della Provincia che gestisce gli interventi di assistenza economica di base per i soggetti in stato di indigenza: il 40% delle richieste di assistenza provengono da famiglie monoparentali, il cui capofamiglia è una donna. Da non sottovalutare inoltre è il problema della sicurezza: sebbene i tassi di criminalità siano risultati inferiori a quelli nazionali durante tutti gli anni Novanta (Fig ), tra il 1998 e il 1999 si è rilevato un aumento del 15% dei delitti denunciati ogni abitanti (che passano da 2338 a 2698, secondo i dati Transcrime). Al tema si collega anche la questione immigrazione: la propensione a comportamenti illegali degli immigrati, ancorché limitata rispetto ai dati italiani, è stata valutata quattro volte superiore a quella della popolazione autoctona. Al di là di questi fenomeni di devianza, rimane il problema dell integrazione della popolazione immigrata nel tessuto sociale locale. Infine, la già richiamata tendenza dell amministrazione provinciale a controllare l offerta di servizi sociali e ad omologare gli standard dei servizi, realizzata anche attraverso la gestione delle risorse finanziarie, unitamente alla disgregazione del tessuto comunitario anche nei centri di minori dimensioni, sembrano incidere negativamente sull autonomia e la spontaneità delle forme di aiuto reciproco tra singoli e gruppi. 117

125 2.11. LA DOTAZIONE INFRASTRUTTURALE E L ACCESSIBILITÀ L accessibilità esterna del territorio trentino si caratterizza, geograficamente e storicamente, in modo sufficientemente chiaro. Tre sono gli aspetti di maggiore rilevanza e di maggiore impatto sulle condizioni di efficienza territoriale e di benessere collettivo: a. la collocazione della provincia lungo un grande corridoio di traffico a carattere interregionale e internazionale, b. la sua collocazione in posizione relativamente periferica, o in posizione di imperfetta integrazione, all interno del grande asse padano, e, c. il prossimo collegamento con il Nord-Est italiano attraverso la Pedemontana veneta, una occasione che richiede un attenta valutazione e una risposta efficiente, ad evitare che possa essere solo fonte di esternalità negative e congestione, o semplicemente banalizzata e sottoutilizzata. Dal primo punto di vista, la provincia subisce un triplice effetto, tendenzialmente negativo: 1. un effetto di spiazzamento geo-politico, nel senso di una dipendenza da decisioni a carattere strategico nazionale, che in parte almeno possono superare la capacità di controllo da parte del sistema politico locale; 2. un effetto di esternalità ambientale, dovuto al fatto di subire una serie di effetti (emissioni, incidenti con morti o feriti ecc.) che derivano da un utilizzo della rete maggiore per una mobilità di attraversamento, una finalità in parte estranea all interesse locale. Un incremento nel 1999 del 5,6% dei veicoli totali in transito sull autostrada del Brennero, e del 6,6% dei veicoli/chilometro, un incremento che sale all 8,5% e al 10,3% rispettivamente nel caso dei mezzi pesanti, configura uno scenario abbastanza allarmante; negli anni , l incremento complessivo dei veicoli/chilometro è stato del 50%, e l incremento dei mezzi pesanti pari al 118

126 58,8%. Il numero di incidenti con morti o feriti si attesta negli ultimi due anni sulle 450 unità; 3. un effetto di diseconomia territoriale, laddove il traffico di attraversamento genera condizioni di minore efficienza della rete per usi interni. Le statistiche sul numero di giornate in cui si è manifestata una condizione di congestione della rete autostradale (oltre transiti alle stazioni, sommando le entrate e le uscite) ci indicano una progressione rilevante: si passa, infatti, dalle 3-4 giornate del alle 26 del 1998 alle 62 del E le statistiche sugli incidenti (Fig ), anch esse indicative della generazione di un malfunzionamento delle arterie stradali, ci indicano un aumento complessivo del 119% fra il 1985 e il 1991, e un aumento del 61% fra il 1991 e il

127 Figura Statistica incidenti Brennero-Modena ,2% 63,8% ,2% 71,5% 74.6% 67,8% 74,6% 72,0% 71,2% 68,9% 60,3% 69,0% 62,7% 66,5% 59,3% 37,5% 29,3% 26,1% 22,0% 28,8% 25,8% 27,0% 23,0% 24,1% 30,9% 33,9% 33,5% 37,1% 29,8% 28,2% 3,6% 3,7% 2,8% 3,4% 2,7% 2,9% 2,2% 2,9% 2,3% 2,2% 1,8% 1,3% 2,4% 2,3% 1,8% INCIDENTI CON MORTI INCIDENTI CON FERITI INCIDENTI SENZA DANNI ALLE PERSONE Il secondo elemento, quello della collocazione geografica relativamente periferica, è evidenziato dalle carte del potenziale di accessibilità alla popolazione europea. Nonostante l esistenza del forte collegamento autostradale nord-sud, l accessibilità su strada del Trentino è limitata, rispetto alle aree della dorsale centro-europea (la cosiddetta blu banana ) e della direttrice Parigi-Lione-Torino- Milano (inferiore paradossalmente a quella di una provincia come l Alto Adige, che si affaccia sui territori densi e ricchi d oltralpe, e simile a quella della direttrice adriatica) (Fig ); l accessibilità su ferro risulta ancora più limitata (ed è 120

128 rilevante come solo Verona spicchi nel quadrante italiano di Nord-Est) (Fig ) e così pure l accessibilità aerea (anche se il dato si riferisce a un anno precedente all apertura dell aeroporto di Bolzano) (Fig ). 121

129 Figura Accessibilità tramite strade, rispetto alla popolazione nel

130 Figura Accessibilità tramite ferrovia, rispetto alla popolazione nel

131 Figura Accessibilità tramite aereo, rispetto al Prodotto interno lordo (PIL) nel

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