2014 Annual Meeting ASRM (American Society for Reproductive Medicine) Honolulu, USA, ottobre 2014

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1 2014 Annual Meeting ASRM (American Society for Reproductive Medicine) Honolulu, USA, ottobre 2014

2 2014 Annual Meeting ASRM (American Society for Reproductive Medicine) Honolulu, USA, ottobre )Dilemmi clinici nella gestione della PCOS La sindrome dell ovaio policistico (PCOS) rappresenta l anomalia endocrina più comune nelle donne in età riproduttiva. Tuttavia, nonostante la sua elevata prevalenza, molti aspetti rimangono ancora da chiarire nella gestione diagnostica e terapeutica di questa condizione. Il simposio dal titolo Dilemmas in the care of polycystic ovary syndrome patients, dedicato alla discussione di alcuni di questi dilemmi clinici, si è concentrato su due argomenti principali: le difficoltà diagnostiche che ancora esistono per questa sindrome a 80 anni dalla sua prima descrizione e la gestione dell obesità nelle pazienti che ne sono affette. Gran parte della discussione in questa sessione interattiva è stata dedicata all utilità della prescrizione di metformina nelle donne obese con PCOS e ai criteri per l uso dei contraccettivi ormonali (OC). Le posizioni espresse sono state diverse e l unico Take Home Message che può essere tratto è che nessuno di questi due trattamenti può essere considerato come universalmente adatto a tutte le donne con PCOS, ma deve essere valutato caso per caso. Trattamento dell obesità nella PCOS Il rischio di obesità è aumentato nelle donne con PCOS e la gestione clinica di questa sindrome dovrebbe comprendere la prevenzione e il trattamento del sovrappeso e dell obesità (Lim SS, et al. Hum Reprod Update 2012;18(6):618 37). L eccesso di peso può infatti esacerbare le alterazioni ormonali e metaboliche, provocando un aumento dei livelli di androgeni e di insulina. Le donne affette da PCOS presentano un incremento di base dell insulino resistenza e del rischio di diabete, indipendentemente dal peso, alterazioni che possono essere esacerbate della presenza di obesità. Quali quindi le opzioni di trattamento in queste pazienti? Alcune metanalisi dimostrano che il trattamento con metformina può essere utile per ottenere una perdita di peso e per la regolarizzazione dei cicli mestruali, ha affermato Helena Teede, della Monash University (Melbourne, Australia). Tuttavia, vi può essere un abuso di questo medicinale nelle donne con PCOS. La metformina va utilizzata solo in associazione con le modifiche dello stile di vita, che costituiscono l intervento di base per l obesità, e principalmente per la prevenzione del diabete nelle donne con indicazioni metaboliche di pre diabete. Inoltre, la metformina può essere utile anche nelle donne con cicli irregolari che non vogliono assumere OC e nei casi in cui sia necessaria una riduzione del peso. Un discorso simile può essere utilizzato per gli OC, che possono essere molto utili in alcune categorie di pazienti, come ad esempio nelle adolescenti con problemi di acne, ma la loro prescrizione non deve essere generalizzata né estesa a tutte le pazienti con PCOS, anche in vista di alcuni dati che mostrano un aumentato rischio di sindrome metabolica e dislipidemia nelle donne obese che fanno uso di OC. Diagnosi di PCOS: differenti definizioni e fenotipo eterogeneo Le differenti definizioni di PCOS sono state riassunte da Anuja Dokras dell University of Pennsylvania (USA), che, partendo dalla classica definizione dell NIH del 1990 (iperandrogenemia clinica o biochimica, oligomenorrea cronica o anovulazione, in assenza di altre cause) e dalla definizione di Rotterdam del 2006 (presenza di almeno due criteri fra: oligo ovulazione o anovulazione, iperandrogenismo ed ovaie policistiche) fino ad arrivare ai criteri della AE PCOS

3 (Androgen Excess and Polycystic Ovary Syndrome) Society del 2006 (iperandrogenismo, disfunzione ovarica ed esclusione di altri disordini da eccesso di androgeni), ha sottolineato come indipendentemente dalla definizione la PCOS rimane il disordine endocrino più frequente nelle donne in età riproduttiva, con una prevalenza fino al 15%. Il punto principale è che la PCOS è una malattia eterogenea, in cui i tre fenotipi principali (iperandrogenismo, disordini ovulatori e ovaio policistico) si combinano in modo diverso, in rapporto anche all età e al gruppo etnico di appartenenza, ha affermato Dokras. Per questo, le linee guida dell Endocrine Society del 2013 raccomandano l utilizzo dei criteri NIH nelle adolescenti e nelle donne di età più avanzata e dei criteri di Rotterdam nelle donne adulte. Non solo esistono ancora divergenze nella definizione di PCOS, ma non abbiamo neanche un sistema di scoring clinico standardizzato: lo Score F G, normalmente utilizzato, non è oggettivo e presenta notevoli difficoltà nella riproduzione dei dati, anche in rapporto alle caratteristiche (età, etnia) della paziente. Più definiti sono i criteri ecografici: la AE PCOS Society fissa la presenza di 25 o più follicoli ovarici in ogni ovaia nelle donne di età compresa fra 18 e 35 anni e/o l aumento del volume ovarico (>10 cm) come base per definire una morfologia di ovaio policistico (PCOM) (Dewailly D, et al. Hum Reprod Update 2014;20(3):334 52). In particolare, quando non sono disponibili tecniche ecografiche sufficientemente sensibili per la conta dei follicoli, nella pratica clinica corrente viene raccomandato l utilizzo del volume ovarico per la diagnosi di PCOM. Il dosaggio dell ormone anti mülleriano (AMH) non viene giudicato ancora pronto per sostituire la diagnosi ecografica al di fuori degli studi sperimentali. In definitiva, la grande eterogeneità fenotipica della PCOS e la sua stretta associazione con i problemi di peso e metabolici ne fanno una sindrome multidisciplinare, in cui prevale la problematica riproduttiva nelle donne giovani e la problematica metabolica nelle pazienti più anziane. 2)Un nuovo paradigma per la IVF: ridurre il peso della cura Nonostante i progressi compiuti nel miglioramento della prognosi dei pazienti infertili, le tecniche di fecondazione in vitro (IVF) rimangono ancora metodiche largamente inefficienti. Con queste parole Richard Scott, della Rutgers University (USA), ha introdotto i temi affrontati nel simposio A new paradigm for IVF: reducing the burden of care, dedicato alla discussione dei problemi ancora aperti nell applicazione clinica di queste tecniche e all individuazione di approcci contemporaneamente più semplici e più efficienti. Il problema dei parti gemellari Solo il 7% dei follicoli maturi e il 13% degli embrioni risulta nella nascita di un bambino vivo, ha affermato Scott a dimostrazione della bassa efficienza della riproduzione tramite IVF. Per ovviare a questa bassa efficienza, si utilizza generalmente il trasferimento di embrioni multipli, con il risultato di aumentare anche la frequenza dei parti gemellari. Nelle ultime decadi, negli Stati Uniti, il numero di nascite gemellari è aumentato parallelamente alla diffusione delle tecniche di IVF, con il raddoppio del numero di parti con due gemelli dal 1971 al 2009 (Kulkarni AD, et al. N Engl J Med 2013;369(23): ). Le stesse linee guida dell ASRM, pur raccomandando il trasferimento di un solo embrione nelle donne a buona prognosi, non hanno risolto il problema dei parti gemellari (e comunque fino a 5 embrioni sono raccomandati per il trasferimento nelle donne di età >40 anni)-. I parti gemellari sono gravati da complicanze mediche (maggior rischio di preeclampsia, di prematurità grave e di morte perinatale) e da un maggior peso psicologico per i genitori. D altra parte, la potenziale soluzione basata sul trasferimento successivo di un solo embrione a ogni ciclo non è fattibile in assenza di una valutazione genetica dell euploidia degli embrioni stessi, perché aumenta considerevolmente il numero di cicli necessari per ottenere una gravidanza e quindi il numero di coppie che rinunciano.

4 ESET e analisi genomica preimpianto: la soluzione? Fra le possibili soluzioni proposte per questi problemi, ha continuato Scott, vi è la possibilità di effettuare uno screening cromosomico esteso (Comprehensive Chromosome Screening, CCS) preimpianto e trasferire selettivamente un solo embrione geneticamente euploide (Elective Single Embryo Transfer, ESET). Questo approccio permette di migliorare l outcome ostetrico dei cicli di IVF, rispetto al trasferimento di due embrioni non testati, riducendo l incidenza di basso peso alla nascita, il rischio di nascita pretermine e di ricovero in terapia intensiva, senza compromettere il tasso di nascite (Forman EJ, et al. Am J Obstet Gynecol 2014;210(2):157. e1 6). Tuttavia, anche con questa tecnica l efficienza della IFV rimane bassa, soprattutto nelle donne di età più avanzata, nelle quali aumenta il numero di cicli senza trasferimento e si riduce il tasso di impianto. Le ragioni per le quali anche il 30 40% degli embrioni geneticamente euploidi non si impianta non sono del tutto chiare, ma possono essere legate a fattori relativi all embrione stesso (fattori epigenetici, mosaicismo, eteroplasmia mitocondriale) oppure uterini (recettività e contrattilità endometriale). Inoltre, un ruolo significativo potrebbe essere svolto dal progesterone, la cui finestra di produzione è più precoce nei cicli stimolati rispetto ai cicli naturali, fattore che potrebbe influire negativamente sull impianto. Questo aspetto, fra l altro, potrebbe favorire il trasferimento della blastocisti al giorno 5 6 rispetto al trasferimento di embrioni al giorno 3. Un approccio minimalista alla IVF L accesso alle tecniche di IVF è fortemente ostacolato da costi psicologici ma anche economici, legati all uso di farmaci costosi (gonadotropine e GnRH antagonisti), al costo dei monitoraggi (ecografie multiple e test endocrini durante la stimolazione) e a quelli di laboratorio per la fecondazione e la coltura degli embrioni. Kevin Doody, del Center for Assisted Reproduction (Texas, USA), nell ottica di aumentare l efficienza delle tecniche di IVF riducendo il peso emozionale ed economico per paziente e sistema sanitario, ha presentato una proposta di IVF semplificata, in grado di essere utilizzata da una larga proporzione dei pazienti che necessitano di assistenza alla riproduzione pur rimanendo sicura ed efficiente. L ipotesi che abbiamo voluto testare è quella della fattibilità e dell efficacia di un protocollo di IVF basato su GnRH analoghi e gonadotropine a basse dosi dopo una programmazione con contraccettivi orali. Il dosaggio predeterminato di gonadotropine per la stimolazione viene calcolato sulla base del peso corporeo e dei livelli di AMH (HP hmg 225 UI/die oppure 225 UI/ die ridotte progressivamente a 150 UI/die oppure 150 UI/die), senza micro aggiustamenti ripetuti del dosaggio delle gonadotropine durante la stimolazione stessa. Il monitoraggio può essere basato unicamente su 3 ecografie, eseguite prima dell inizio del GnRH analogo, al termine del trattamento con quest ultimo e al 10 giorno di stimolazione per determinare il giorno del trigger (10, 11 o 12 giorno). Inoltre, gli ovociti fecondati possono essere coltivati per 5 giorni senza necessità di costosi laboratori embriologici e incubatori elettromeccanici utilizzando un sistema di cultura intra vaginale (IVC). I sistemi di coltura intravaginali per gli embrioni sono stati descritti per la prima volta nel 1988 (Ranoux C, et al. Fertil Steril 1988;49(4):654 7), ma recentemente sono stati sviluppati dispositivi (INVOcell) che in studi pilota si sono dimostrati essere provvisti di ottime caratteristiche di sterilità, osmolarità e tollerabilità per la paziente. Su questa base, ha continuato Doody, abbiamo disegnato lo studio CP 006, uno studio randomizzato di non inferiorità per confrontare l efficacia di un protocollo di IVF che utilizzi una stimolazione a dosaggi prestabiliti con minimo monitoraggio (come descritto sopra) e l incubazione intra uterina con INVOcell rispetto a un protocollo tradizionale di fecondazione in vitro. Fino a oggi sono state arruolate 40 pazienti (18 cicli di IVF e 19 cicli di IVC), ottenendo tassi di gravidanza e di nascite equiparabili nei due gruppi.

5 È possibile ridurre il costo economico dei trattamenti per l infertilità? La prospettiva farmaco economica delle tecniche di riproduzione assistita (ART) è stata affrontata da Alexander Dlugi, Medical Director della Optum (USA), che ha ricordato come i determinanti del rapporto fra costi ed efficacia di queste tecniche riposino su alcuni fattori chiave: basare i trattamenti sulle necessità cliniche dei pazienti, utilizzare per la stimolazione ovarica la fecondazione intrauterina e le tecnologie di riproduzione assistita, metodologie basate su linee guida approvate, evitare i trattamenti inutili o non efficaci. I principi guida per l erogazione dei servizi da parte dei Sistemi Sanitari vanno basati su standard di pratica medica generalmente accettati (Generally Accepted Standards of Medical Practice), la cui formulazione può essere adattata alle differenti realtà. In particolare, ha affermato Dlugi, è importante valutare l eleggibilità dei pazienti, riservando i trattamenti per i pazienti con problemi di infertilità che non abbiano superato i limiti di età per il successo delle metodiche, e utilizzare le tecniche più costo efficaci per il singolo caso. Normalmente, si passa alla IVF dopo una media di 3 cicli di stimolazione ovarica controllata/ inseminazione intrauterina (con clomifene o letrozolo o gonadotropine nei casi con ridotta riserva ovarica), ma il numero di tentativi dipende dall età della paziente: non più di 4 cicli per donne di età <38 anni, non più di 2 cicli per donne di anni d età, non più di 1 ciclo per donne di 40 anni o più. Per quanto riguarda la IVF, è indicata nelle condizioni di infertilità inspiegabile, di ridotta riserva ovarica, di fattori di infertilità legati alle tube, di infertilità maschile, di endometriosi, di disfunzioni dell ovulazione o di abortività ripetuta. Anche queste tecniche, però, non andrebbero ripetute per più di 2 cicli nei casi nei quali non si ottiene una risposta adeguata in termini di produzione di ovociti o di fecondazione e nelle donne di 45 anni o più (con ovociti autologhi). Nelle pazienti a buona prognosi, l utilizzo della ESET rappresenta una metodica con profilo favorevole di costo efficacia. In questa prospettiva, minimizzare o eliminare i trattamenti con bassa efficacia clinica e alti costi, diminuire l epidemia di gestazioni multiple, aumentare l utilizzo della ESET e validare le metodologie per la selezione degli embrioni rappresentano tutti interventi in grado di ridurre il carico economico dei trattamenti per l infertilità. 3)Abortività ricorrente e screening genetico preimpianto nella IVF L esecuzione di analisi genetiche preimpianto sugli embrioni all interno delle tecniche di fecondazione in vitro (IVF) è una pratica globalmente diffusa, la cui esecuzione è in aumento nel mondo. Il simposio interattivo Recurrent pregnancy loss and preimplantation genetic screening errors ha discusso le indicazioni e le metodologie disponibili per l attuazione di questa pratica, nell ambito non solo dell identificazione preimpianto di specifiche malattie genetiche, ma piuttosto all interno di un cambio di paradigma in cui dal trasferimento multiplo di embrioni, alcuni dei quali con anomalie genetiche incompatibili con lo sviluppo, si passi al trasferimento di un solo embrione il cui patrimonio genetico sia stato testato preventivamente (Elective Single Embryo Transfer, ESET), in particolare nelle donne di età più avanzata e con storia di abortività ricorrente. È stato infatti riportato che circa il 70% degli aborti ripetuti può essere dovuto ad aneuploidie dell embrione.

6 Analisi genetica del cariotipo dell embrione Come illustrato da Dennis Peffley, dell University of South Carolina (USA), le attuali tecniche di biologica molecolare consentono di effettuare l analisi completa del cariotipo dell embrione (Comprehensive Chromosome Screening, CCS). Questo tipo di analisi può essere utilizzato per la diagnosi di una specifica alterazione genetica presente ad esempio in uno dei genitori (diagnosi genetica preimpianto, PGD) oppure per l individuazione di embrioni portatori di anomalie genetiche e quindi non vitali (screening genetico preimpianto, PGS). La rilevanza clinica dello screening genetico, soprattutto in alcune categorie di donne quali quelle di età più avanzata, risulta evidente quando si consideri che per donne di età >40 anni circa il 75% degli ovociti presenta anomalie genetiche: il trasferimento di questi embrioni porta a tassi di abortività ripetuta particolarmente alti in queste pazienti e alla necessità di trasferire un numero più alto di embrioni per aumentare le probabilità di successo delle tecniche di IVF. Al contrario, la possibilità di individuare gli embrioni euploidi da utilizzare per il trasferimento selettivo di un solo embrione normale potrebbe aumentare considerevolmente l efficacia della tecnica. Screening genetico: quando e come La prima questione tecnica da affrontare nell esecuzione delle diagnosi preimpianto è quando effettuare la biopsia dell embrione. Tradizionalmente, ha spiegato David Wininger, del Premier Fertility Center (USA), questa veniva effettuata al 3 giorno di coltura, tecnica che però comporta il prelievo di un alto numero di cellule rispetto a quelle totali dell embrione (il 13% circa del totale) e risulta in esami eseguiti su un più alto numero di embrioni. Al contrario, la possibilità di effettuare la biopsia diagnostica al 5 o 6 giorno di coltura, sulla blastocisti, permette di prelevare un numero di cellule relativamente minore sul totale (2 6%) e di effettuare il test solo sugli embrioni che sono arrivati allo stadio di blastocisti, garantendo potenzialmente percentuali più elevate di impianto (Scott KL, et al. Fertil Steril 2013;100(3):608 14). Tuttavia, quest ultima tecnica richiede laboratori attrezzati con metodi di coltura adeguati e provvisti del laser necessario per il prelievo delle cellule embrionali. Inoltre, le blastocisti analizzate devono spesso essere criopreservate o vetrificate e trasferite in cicli successivi, per consentire il tempo necessario all esecuzione dei test genetici. Dal punto di vista delle analisi genetiche vere e proprie, ha illustrato Peffley, due tecniche sono attualmente particolarmente utilizzate per la valutazione cromosomica completa dell embrione: la CHG (Comparative Genomic Hybridization), in grado di identificare perdite e acquisizioni di materiale genetico, e la più recente NGS (Next Generation Sequencing), che permette il sequenziamento dell intero genoma embrionale. Si tratta di tecniche dotate di alta sensibilità e specificità (lievemente maggiori per la NGS, con una specificità del 99% e una sensibilità del 100%) e con basso margine di errore (2 3% per CHG e 0,01% per NGS). L identificazione di embrioni senza alterazioni genetiche grazie a queste tecnologie dovrebbe permettere di ridurre significativamente i tassi di abortività ripetuta specie nelle donne di età più avanzata, così come le gravidanze multiple che derivano dal trasferimento di più embrioni. Lo screening genetico nella pratica clinica Riportando queste nuove acquisizioni di laboratorio alla pratica clinica delle donne che si sottopongono a tecniche di IVF, lo scenario che si presenta è quello di poter offrire alle donne che hanno sperimentato già tentativi multipli, corredati da perdita ripetuta della gravidanza, la possibilità di effettuare lo screening genetico degli embrioni prodotti prima del loro impianto.

7 L identificazione di embrioni euploidi, senza anomalie genetiche, permette il trasferimento di un solo embrione, con alte probabilità di impianto e di gravidanza. Se si calcola che in una donna di età >40 anni, solo circa un quarto o meno degli embrioni arrivati allo stadio di blastocisti può essere geneticamente normale, risulta evidente come questo approccio possa ridurre notevolmente il numero di cicli di fecondazione in vitro necessari per l ottenimento della gravidanza, con parallela riduzione dei costi economici e psicologici. 4) Aspetti riproduttivi della PCOS Gli aspetti riproduttivi della sindrome da ovaio policistico (PCOS) non riguardano solo le difficoltà nel concepimento di queste pazienti, ma anche gli esiti della gravidanza e il fenotipo della prole. PCOS e gravidanza Nel corso della gravidanza, le donne con PCOS presentano un aumentato rischio di ipertensione e preeclampsia, oltre a presentare un rischio di 3 volte superiore di sviluppare un diabete gestazionale. Inoltre, vi è un aumento del rischio di nascita pretermine, anomalie della placenta e forse anche incompetenza cervicale, ha dichiarato Richard Legro della Pennsylvania State University (USA) nel corso del Simposio intitolato PCOS from a worldwide perspective svoltosi al 2014 Annual Meeting dell ASRM. Dal punto di vista metabolico, si osserva il peggioramento dell intolleranza glucidica presente all inizio della gravidanza, con lo sviluppo di un diabete gestazionale nel 47% dei casi (verso l 11% delle donne normali) (Dmitrovic R, et al. Obstet Gynecol 2011;118(4):878 85). Per quanto riguarda i livelli di androgeni, questi sono solo leggermente aumentati durante la gravidanza nelle donne con PCOS, mentre le concentrazioni sieriche di SHBG (Sex Hormone Binding Protein) presentano un progressivo incremento. Come risultato, l indice di androgeni liberi nel siero subisce un calo rispetto ai livelli pregravidanza. Questo dato, così come la mancanza di evidenze di una riduzione della crescita fetale nei figli di queste donne, smentisce l ipotesi di una androgenizzazione del feto. Inoltre, sebbene il meccanismo sia ancora da chiarire, i livelli di androstenedione ed E2 nel sangue cordonale di bambini nati da madri con PCOS risultano significativamente ridotti rispetto ai controlli normali. Per quanto riguarda il ruolo della somministrazione di metformina nella prevenzione delle complicanze della gravidanza nelle donne con PCOS, il trattamento preconcezionale non darebbe benefici in termini di riduzione del tasso di abortività (Palomba S, et al. Fertil Steril 2010;94(5): ). Anche somministrata durante la gravidanza, la metformina non riduce l incidenza di preeclampsia, parto pretermine e diabete gestazionale e non sembra quindi essere indicata a questo scopo. Al contrario, la terapia con metformina sarebbe utile per il trattamento del diabete gestazionale conclamato, senza aumento delle complicazioni perinatali e con un alto tasso di accettabilità da parte delle pazienti rispetto alla somministrazione di insulina (Rowan JA, et al. N Engl J Med 2008;358(19): ). Infine, per quanto riguarda le donne con PCOS sovrappeso od obese, le modifiche dello stile di vita, pur riducendo il peso, non sembrano migliorare la fertilità, mentre la combinazione di queste con la somministrazione di contraccettivi ormonali (OC) migliorerebbe la fertilità in queste pazienti, aumentando il tasso di ovulazione e di nascite. Questi due interventi combinati, perdita di pesotramite modifiche dello stile di vita e trattamento con OC, sarebbero quindi raccomandati nelle donne obese con PCOS che desiderano concepire. Abbiamo bisogno di studi che identifichino i fattori di rischio e indichino i migliori interventi da attuare prima e durante la gravidanza per migliorare l outcome riproduttivo di queste pazienti, ha concluso Legro.

8 Impatto dell obesità sul fenotipo della PCOS L obesità viene indicata fra le manifestazioni fenotipiche più frequenti nelle donne affette da PCOS: il 28 60% di queste pazienti presenta un indice di massa corporea (BMI) >30 kg/ m2, verso il 15 25% delle donne senza PCOS, ma l incidenza può essere molto diversa nei diversi gruppi etnici. In generale, vi è una predominanza di grasso nella parte superiore del corpo in queste donne, ha affermato Carlos Moran del Mexican Institute of Social Security (Messico), nella sua relazione sui rapporti fra obesità e PCOS. In particolare l incidenza di alcuni aspetti fisiopatologici della malattia è maggiore nelle pazienti obese, che presentano in maggiore percentuale una disfunzione gonadotropinica, insulino resistenza ed eccesso di androgeni. Hanno anche, rispetto alle pazienti non obese, un diverso profilo androgenico, con maggiori concentrazioni di testosterone e minori di androstenedione (Moran C, et al. Fertil Steril 2008;90(6):2310 7). Inoltre, è stata anche riscontrata una correlazione fra morfologia ovarica e peso corporeo: le pazienti con un fenotipo di PCOS caratterizzato dalla presenza di ovaio policistico sono quelle con più alto BMI, suggerendo che la presenza di ovaio policistico possa indicare un disordine più grave nelle donne con PCOS, associato a più alto BMI e più alti livelli di testosterone. La controprova di un associazione fra obesità e gravità della PCOS sarebbe data dalla dimostrazione che la riduzione del peso nelle donne obese con PCOS migliora la presentazione clinica della malattia, migliorando il disordine metabolico, riducendo l iperandrogenismo e aumentando la fertilità. In particolare, la riduzione del peso sarebbe quindi raccomandata in tutte le donne con PCOS con un BMI >27 kg/ m2 che intendono concepire, insieme all induzione dell ovulazione (Moran C, et al. Int J Endocrinol 2012;2012:317241). A conclusione della relazione, la proposta è stata quella di inserire l obesità fra i criteri per la definizione dei diversi fenotipi di PCOS, accanto a iperandrogenismo, oligoanovulazione e ovaio policistico, dal momento che essa determina un diverso pattern endocrino e ha un impatto significativo su infertilità, outcome della gravidanza e prognosi generale. Fenotipo dei bambini nati da madri con PCOS Allo scopo di stabilire gli effetti dell ambiente intrauterino come fattore ambientale nella genesi della PCOS e di valutare le caratteristiche neuroendocrine e metaboliche dei bambini nati da madri con PCOS, è stato condotto uno studio su bambini e adolescenti figli di donne affette da PCOS e su controlli nati da madri normali, ha illustrato Teresa Sir Petermann dell University of Chile (Cile). L analisi delle caratteristiche ormonali delle figlie femmine nate da madri affette da PCOS dimostra che esse presentano un aumento dell attività dell aromatasi e dei livelli di estradiolo rispetto ai controlli normali durante l infanzia. Inoltre, è presente anche un aumento dell ormone anti mülleriano (AMH), che persiste nella pubertà, spesso associato a un aumento dei livelli di insulina, e che potrebbe riflettere un aumento della massa follicolare in queste ragazze dalla nascita alla pubertà. Nel periodo puberale, le figlie di madri con PCOS presentano alcune caratteristiche della malattia, come aumento delle concentrazioni di LH e testosterone e incremento del volume ovarico. Dal punto di vista metabolico, in queste bambine vi è una riduzione dell adiponectina, indipendente dal BMI, possibile indice di precoce alterazione metabolica. Nell età riproduttiva, la percentuale di figlie di donne affette da PCOS che sviluppano a loro volta la malattia a 3 anni dal menarca è del 50% (verso il 20% dei controlli normali) secondo i criteri della AE PCOS Society e del 33% (verso il 14% dei controlli) secondo i criteri di consenso del Sir Petermann ha poi presentato i dati che riguardano i figli maschi di donne con PCOS, dimostrando come anche questi bambini presentino alcune anomalie specifiche: peso maggiore e testicoli di volume minore rispetto ai nati da madri non affette da PCOS. Nessuna differenza è stata invece osservata nei livelli ormonali, sebbene anche questi bambini abbiano un aumento dei livelli di AMH nella fase prepuberale, possibile indice di un aumento del numero o della funzione

9 delle cellule del Sertoli. Dal punto di vista metabolico, sono state osservate una più alta concentrazione di colesterolo durante l infanzia e una maggiore incidenza di dislipidemia e insulino resistenza in età adulta. Complessivamente, questi bambini costituiscono un gruppo a precoce rischio metabolico e riproduttivo, ha concluso Sir Petermann, rischio che li accomuna alle figlie femmine di donne con PCOS. 5)ART: come confrontarsi con le pazienti poor responder? Le pazienti poor responder ai cicli di stimolazione per le tecniche di riproduzione assistita (ART) rappresentano uno dei problemi principali riscontrati nel corso della pratica clinica, problema la cui frequenza è in aumento a seguito di una serie di fattori, il principale dei quali è il progressivo aumento dell età delle donne che si sottopongono a tecniche di ART. La prevalenza di poor responder durante i cicli di ART è globalmente compresa fra il 9% e il 24%, ha affermato Rony Elias del Weill Cornell Medical College (New York, USA) nel corso del simposio How to deal with poor responders? in occasione del meeting dell ASRM 2014, ma le percentuali aumentano progressivamente con l età, fino a superare il 40% nelle donne di età maggiore di 42 anni, nelle quali si osserva una riduzione della riserva ovarica. Sebbene non esista una definizione universalmente accettata, secondo il Practice Committee of the ASRM una ridotta riserva ovarica identifica le donne in età riproduttiva con mestruazioni regolari la cui risposta alla stimolazione ovarica o la cui fecondità è ridotta rispetto alle donne di pari età (Practice Committee of the American Society for Reproductive Medicine. Fertil Steril 2012;98(6): ). Come predire la risposta alla stimolazione ormonale Uno dei problemi maggiori nella gestione delle donne poor responder è quello di come misurare la riserva ovarica e identificare questi casi. Accanto all età, fra i numerosi metodi proposti negli anni vi sono test biochimici basali (FSH, estradiolo, inibina B, ormone antimülleriano) e provocati (test al clomifene), così come test radiologici (conta dei follicoli antrali, volume ovarico). La classica misurazione dei livelli di FSH al giorno 2/3 presenta problemi di riproducibilità, ha affermato Elias, potendo variare significativamente nei diversi cicli, e pur essendo molto specifico è poco sensibile (donne con normale FSH possono ancora presentare un fenotipo da poor responder). Altri test biochimici utilizzati comprendono il dosaggio dell estradiolo (E2) al giorno 2/3 (anch esso caratterizzato da elevata variabilità e limitata evidenza di associazione con la risposta ovarica) o dell inibina B (scarsa riproducibilità e basso valore predittivo positivo). Maggiore utilità sembra presentare il dosaggio dell ormone anti mülleriano (AMH), la cui concentrazione sierica appare essere proporzionale al numero di ovociti recuperati nei cicli di ART (Seifer DB, et al. F- ertil Steril 2002;77(3):468 71). Nella popolazione generale livelli di AMH <0,2 0,7 ng/ ml sono associati a una ridotta risposta ovarica alla stimolazione. Tuttavia, nella nostra esperienza, bassi livelli di AMH aumentano il rischio di dover cancellare i cicli di stimolazione, ma non sono predittivi della gravidanza. Sempre nella nostra casistica clinica, il migliore fattore predittivo di ridotta risposta ovarica è la conta dei follicoli antrali (AFC), che presenta una buona riproducibilità e una sensibilità e specificità dell 87 89%. Da sottolineare anche che la prognosi delle pazienti classificate come poor responder sulla base del basso numero di ovociti prodotti durante un primo ciclo di stimolazione non è necessariamente negativa: soprattutto nei casi inaspettati, senza indicazioni biochimiche od ormonali di scarsa riserva ovarica, il numero di ovociti prodotti nei cicli successivi può aumentare significativamente (Oudendijk JF, et al. Hum Reprod Update 2012;18(1):1 11).

10 Come trattare queste pazienti? I protocolli proposti per la stimolazione delle donne classificate come poor responder sono numerosi, ha spiegato Suheil Muasher della Duke University (USA), ma non abbiamo vera evidenza della superiorità di uno di questi sugli altri (Kyrou D, et al. Fertil Steril 2009;91(3):749 66). Nella pratica clinica, i possibili interventi comprendono l aumento del dosaggio delle gonadotropine, il protocollo flare con GnRH agonisti, l utilizzo di GnRH antagonisti, il priming con E2, l aggiunta di ormone della crescita (GH), il pretrattamento con androgeni, i cicli naturali di fecondazione in vitro (IVF) e i protocolli di stimolazione minima. Dati clinici dimostrano che l aumento del dosaggio di gonadotropine, pur riducendo il numero di cicli cancellati, riduce anche il tasso di successo in termini di gravidanza e potrebbero aumentare il numero di anomalie cromosomiche, ha affermato Muasher. È stato proposto di individualizzare il trattamento di stimolazione sulla base della risposta prevista, utilizzando GnRH antagonisti con basse dosi di FSH (150 UI) nelle donne da cui ci si aspetta un alta risposta ovarica, GnRH agonisti e 200 UI di FSH nelle donne con risposta normale e GnRH antagonisti con 300 UI di FSH nelle donne con bassa risposta (La Marca A, et al. Hum Reprod Update 2014;20(1):124 40). Questo approccio può essere discutibile ma va ricordato che, sebbene la maggioranza dei Centri di fecondazione assistita non utilizzi più i GnRH agonisti, studi randomizzati non dimostrano alcuna differenza rispetto ai GnRH antagonisti. Fra gli altri interventi studiati, l aggiunta di GH alla stimolazione sembra possedere una certa efficacia, con un aumento del 16% del tasso di gravidanza e del 17% delle nascite (Kolibianakis EM, et al. Hum Reprod Update 2009;15(6):613 22), ma rimane un intervento molto costoso per il quale mancano evidenze su grandi numeri. Protocollo a stimolazione minima Introdotto per il trattamento delle pazienti low risponder, rispondendo al criterio di ridurre il peso della cura in queste pazienti, la stimolazione minima sembra produrre risultati migliori rispetto ai cicli naturali, che non portano a embrioni da trasferire in circa il 50 60% dei casi. Il protocollo si basa sulla somministrazione di clomifene, gonadotropine e GnRH antagonisti, a dosaggi minori rispetto alla stimolazione ad alte dosi, e pur risultando in un minore numero di ovociti raccolti, sembra dare tassi di gravidanza simili, a fronte di un minor numero di cicli cancellati e di minori costi per i farmaci. La stimolazione minima rappresenta una buona alternativa alla stimolazione ad alte dosi nelle donne poor responder, con risultati migliori rispetto ai cicli naturali, ha spiegato Muasher. Una metanalisi di confronto con la stimolazione convenzionale in questa categoria di pazienti mostra percentuali comparabili di gravidanze e di nascite (Figueiredo JB, et al. Arch Gynecol Obstet 2013;287(4):779 90). Tuttavia, essa è poco utilizzata, per il timore dei medici di ridurre il tasso di gravidanze e perché rimane l idea, nel medico come nelle pazienti, che sia meglio ottenere un numero più alto di ovociti. La mia conclusione è che, in assenza di una chiara indicazione a favore di uno specifico protocollo per il trattamento delle donne poor responder, la stimolazione minima può essere utilizzata per ridurre il peso economico e psicologico del trattamento. 6) Prevenzione completa della OHSS: è possibile? La sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS) rappresenta una complicanza temibile dei trattamenti di riproduzione assistita (ART), la cui incidenza è in aumento a causa del progressivo

11 incremento dei dosaggi dei farmaci utilizzati per la stimolazione ovarica. Accanto all aumento di volume delle ovaie e alle emorragie intraovariche, la OHSS è caratterizzata da versamento pleurico, ascite ed edema vulvare, fenomeni legati all aumento della permeabilità vascolare. Le possibilità attuali di prevenire e trattare efficacemente questa condizione sono state discusse dai partecipanti al simposio Complete prevention of OHSS Is it possible?, nel corso del meeting ASRM Caratteristiche cliniche della OHSS La OHSS può essere classificata sulla base del momento di insorgenza in precoce (che compare 3 9 giorni dopo la somministrazione di hcg per l induzione dell ovulazione) e tardiva (fra il 10 e il 17 giorno), ha illustrato Botros Rizk, dell University of South Alabama (USA). Le due forme presentano probabilmente una diversa fisiopatologia. Con insorgenza precoce si possono osservare infatti forme iatrogeniche di OHSS (legate alla somministrazione di dosi eccessive di farmaci stimolanti le ovaie, che compaiono precocemente dopo la somministrazione di hcg e sono legate alla stimolazione dei recettori per l LH e la gonadotropina corionica), mentre forme denominate spontanee (dovute a un ipersensibilità geneticamente determinata dei recettori per l FSH all hcg) compaiono più tardivamente. Infine, la OHSS può essere classificata, sulla base della gravità dei sintomi, in moderata o severa, quest ultima ulteriormente suddivisa in grado A, B e C (Aboulghar MA, et al. Hum Reprod Update 2003;9(3):275 89). La fisiopatologia della OHSS è caratterizzata da due fenomeni: un massivo aumento di volume bilaterale delle ovaie, con follicoli multipli emorragici, cisti luteiniche, necrosi corticale e neovascolarizzazione e versamenti pleurici e addominali dovuti a un aumento della permeabilità capillare. In questi processi, riveste un ruolo importante l aumento della produzione di VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor), stimolata dall hcg, ha spiegato Rizk. Il VEGF, interagendo con i suoi recettori R2, induce l aumento della permeabilità vascolare e provoca i versamenti. Fattori predittivi per lo sviluppo di OHSS Come illustrato da Rizk, lo sviluppo di una OHSS è maggiormente probabile nelle donne giovani, con una precedente storia di OHSS, con PCOS (alto rischio), con elevati livelli sierici di E2 durante la stimolazione ovarica, che presentano all ecografia un alto numero di follicoli >15 cm di diametro, con gravidanze multiple e con basso BMI (ma non tutti gli studi sono concordi su questo ultimo punto). Storicamente, il principale fattore predittivo di OHSS è stato considerato la presenza di elevate concentrazioni sieriche di E2 e il loro rapido incremento durante la stimolazione. Per quanto riguarda l incidenza dell età, è stato riportato che l età media delle donne che sviluppano una OHSS è in media minore di 2 4 anni rispetto ai controlli. L associazione fra PCOS e OHSS è particolarmente forte, con il 40 60% delle donne con PCOS che sviluppano una OHSS (Smitz J, et al. Hum Reprod 1990;5(8):933 7). L incidenza di OHSS aumenta inoltre progressivamente con il numero di follicoli antrali che si sviluppano durante la stimolazione, con un cut off per l identificazione delle pazienti ad alto rischio che può essere fissato a più di 14 follicoli (Kwee J, et al. Reprod Biol Endocrinol 2007;5:9). Va anche ricordato che queste donne vanno facilmente incontro a gravidanze multiple, per cui occorre evitare di trasferire un alto numero di embrioni durante i cicli di fecondazione in vitro (IVF). Prevenzione della OHSS La prevenzione della OHSS deve partire dall analisi dei fattori di rischio, per valutare poi su questa base quali misure mettere in atto, ha dichiarato William Gibbons, del Baylor Family Fertility Program (Houston, USA). Fra le misure che possono essere attuate vi sono: 1) la riduzione dei dosaggi dei farmaci per la stimolazione ovarica: dosaggi più alti implicano unmaggior numero di ovociti prodotti e lo sviluppo di OHSS è più frequente con un numero di

12 ovociti >15. Tuttavia, l utilizzo di stimolazioni blande riduce l incidenza di OHSS (OR 0,27) ma anche il tasso di nascite (15,7% verso 24% con una stimolazione convenzionale) (Matsaseng T, et al. Gynecol Obstet Invest 2013;76(4):233 40); 2)utilizzo di basse dosi di hcg durante l induzione dell ovulazione: la strategia sarebbe quella diinterrompere l FSH quando i follicoli raggiungono i 14 mm di diametro e somministrare 200 UIdi hcg/die, con l intento di ridurre il continuo reclutamento di follicoli da parte dell FSH; 3)utilizzo di tecniche di coasting, che consistono nell interrompere la somministrazione esogenadi gonadotropine e sospendere l hcg fino a discesa dei livelli sierici di E2. Tuttavia, nonsembrano esserci evidenze sufficienti a favore di una riduzione dell incidenza di OHSS inassociazione alle tecniche di coasting (D Angelo A, et al. Cochrane Database Syst Rev2011;(6):CD002811); 4)cancellare il ciclo o non trasferire l embrione: se si è arrivati al prelevamento di ovociti o anchealla formazione di un embrione, questi possono essere congelati e utilizzati successivamente; 5)ridurre il dosaggio ovulatorio di hcg o utilizzare una singola dose di LH ricombinante al postodell hcg: è stato dimostrato che l utilizzo di UI di rlh permette di ridurresignificativamente il rischio di OHSS rispetto a 5000 unità di hcg (dal 12% allo 0%) (J ClinEndocrinol Metab 2001;86(6): ); 6)utilizzare GnRH agonisti per il trigger dell ovulazione: questa tecnica riduce la comparsa di OHSSnelle donne ad alto rischio, sebbene a costo di una evidente riduzione del numero di follicolirecuperati (Chen SL, et al. Hum Reprod 2012;27(5):1351 6); 7)somministrare metformina: la terapia con metformina ha effetto su alcuni dei meccanismipatogenetici della OHSS, poiché riduce i livelli di VEGF, COX 2, NOS e la permeabilità vascolare. Un trattamento con metformina 5 mg x 3/die sembra portare a una riduzione importante delrischio di OSHH; sono stati riportati anche una riduzione degli aborti e un aumento del numerodi impianti, a parità di nascite (Palomba S, et al. BJOG 2013;120(3):267 76); 8)terapia con agonisti della dopamina: questi farmaci inibiscono l azione del VEGF in vitro e si sono dimostrati in grado di ridurre il rischio di OHSS in studi clinici. Un possibile protocollo di trattamento prevede la somministrazione di cabergolina alla dose di 0,5 mg/die per 8 giorni oppure da 2,5 mg/die di bromocriptina per 16 giorni, iniziando dal momento del prelievo; 9)somministrazione di letrozolo durante la fase luteale: pur riducendo i livelli di estradiolo, nonavrebbe effetti sul rischio di OHSS. Ma quali sono di effetti dello sviluppo di una OHSS sull esito della gravidanza? Sebbene vi siano pareri discordanti su questo punto, sembrerebbe che, se la patologia si risolve, essa non dovrebbe avere effetti negativi sulla gravidanza stessa. Trattamento della OHSS La gestione terapeutica della OHSS, una volta che essa si sia sviluppata, è stata riassunta da Rizk, che ha sottolineato come un trattamento ideale dovrebbe comprendere interventi in grado di agire sulla fisiopatologia della sindrome, non ancora tuttavia del tutto conosciuti. La gestione ordinaria di una paziente con OHSS, ha spiegato Rizk, comprende un attento monitoraggio, eventualmente con ospedalizzazione, e un trattamento medico a base di anticoagulanti, plasma expander, diuretici e dopamina. In casi particolari può essere necessario arrivare all intervento chirurgico. Per valutare la necessità o meno di ospedalizzazione bisogna tenere in conto il tipo di paziente (affidabilità, compliance), la gravità dei sintomi, la presenza o meno di grave squilibrio elettrolitico, di oligoanuria, di nausea e vomito intrattabili o di ascite grave. Poiché queste pazienti presentano un emoconcentrazione con aumento del potassio, riduzione del sodio e incremento delle transaminasi, gli interventi da eseguire nel corso del ricovero comprendono: 1) la correzione dello squilibrio elettrolitico (trattamento del ipovolemia con cristalloidi, seguiti da destrosio 5%);

13 2) la somministrazione di anticoagulanti (precocemente se vi è evidenza di tromboembolismo e in generale in tutte le forme di OHSS severa e spesso anche moderata; la tendenza è verso un uso più precoce e aggressivo di questi farmaci, per settimane); 3) la somministrazione di diuretici (il cui uso però è molto controverso, poiché accentuano l ipovolemia e potrebbero aumentare il rischio trombotico). Altri trattamenti che possono avere un ruolo nella gestione della OHSS comprendono gli ACE inibitori, gli antibiotici, l infusione di immunoglobuline, gli antistaminici e gli inibitori della prostaglandina sintetasi (questi ultimi però molto controversi perché possono peggiorare l insufficienza renale). In alcuni casi può essere necessario un trattamento intensivo e l intervento dell anestesista, ha continuato Rizk, con la somministrazione di dopamina (per aumentare il flusso renale e quindi la diuresi) in caso di oliguria o anuria. Il trattamento chirurgico è riservato ai casi in cui sia necessaria la risoluzione urgente di una torsione ovarica o l aspirazione del versamento ascitico (tramite paracentesi addominale o aspirazione transvaginale): quest ultimo intervento è stato molto controverso negli anni passati, ma attualmente ne viene riconosciuta l utilità, poiché migliora la sintomatologia e la funzionalità renale, riduce l ospedalizzazione e agisce positivamente sul ritorno venoso (Aboulghar MA, et al. Fertil Steril 1990;53(5):933 5). WOMN ELON-W-12/2016 Dep. Aifa 19/12/2014 FSH ricombinante follitropina beta MSD Italia S.r.l info@contattamsd.it Ogni prodotto menzionato deve essere usato in accordo con il relativo riassunto delle caratteristiche del prodotto fornitodalla ditta produttrice. Servizio scientifico offerto alla Classe Medica da MSD Italia S.r.l.Questa pubblicazione riflette i punti di vista e le esperienze degli autori e non necessariamente quelli della MSD Italia S.r.l. Testi a cura della redazione scientifica di Edra LSWR SpA

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