Gruppo di lavoro: Prof.ssa N. Buratti Dott. P. Bonetti Dott.ssa S. Cepolina

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1 ANALISI DELLE STRATEGIE REGIONALI DI INNOVAZIONE: VALUTAZIONE COMPARATIVA, INDIVIDUAZIONE DI BEST PRACTICES, SUGGERIMENTI DI POLICY RAPPORTO DEFINITIVO MARZO 2005 Gruppo di lavoro: Prof.ssa N. Buratti Dott. P. Bonetti Dott.ssa S. Cepolina

2 INDICE INTRODUZIONE 1 I PARTE OBIETTIVO E METODOLOGIA L INDIVIDUAZIONE DELLE REGIONI PER L ANALISI COMPARATIVA LA FORMULAZIONE DELLA STRATEGIA REGIONALE PER L INNOVAZIONE: UNA METODOLOGIA DI RIFERIMENTO ALCUNI PRINCIPI-GUIDA LE ANALISI PER LA DEFINIZIONE DELLA STRATEGIA 28 II PARTE ANALISI DELLE POLITICHE REGIONALI PER L INNOVAZIONE LA REGIONE LAZIO IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO OBIETTIVI E RUOLI DELLA POLITICA REGIONALE PER L INNOVAZIONE LA PROGRAMMAZIONE REGIONALE: AZIONI E FINALITÀ I FINANZIAMENTI COMUNITARI: MISURE, FINALITÀ ENTITÀ DELLE RISORSE LA STRATEGIA PER L INNOVAZIONE LA REGIONE EMILIA ROMAGNA IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO OBIETTIVI E RUOLI DELLA POLITICA REGIONALE PER L INNOVAZIONE LA PROGRAMMAZIONE REGIONALE: AZIONI E FINALITÀ I FINANZIAMENTI COMUNITARI: MISURE, FINALITÀ, ENTITÀ DELLE RISORSE LA STRATEGIA PER L INNOVAZIONE LA REGIONE CAMPANIA IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO 93 II

3 2.3.2 OBIETTIVI E RUOLI DELLA POLITICA REGIONALE PER L'INNOVAZIONE LA PROGRAMMAZIONE REGIONALE: AZIONI E FINALITÀ I FINANZIAMENTI COMUNITARI: MISURE, FINALITÀ ENTITÀ DELLE RISORSE LA STRATEGIA PER L INNOVAZIONE LA REGIONE TOSCANA IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO OBIETTIVI E RUOLI DELLA POLITICA REGIONALE PER L INNOVAZIONE LA PROGRAMMAZIONE REGIONALE: AZIONI E FINALITÀ I FINANZIAMENTI COMUNITARI: MISURE, FINALITÀ, ENTITÀ DELLE RISORSE LA STRATEGIA PER L INNOVAZIONE LA REGIONE VENETO IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO OBIETTIVI E RUOLI DELLA POLITICA REGIONALE PER L INNOVAZIONE LA PROGRAMMAZIONE REGIONALE: AZIONI E FINALITÀ I FINANZIAMENTI COMUNITARI: MISURE, FINALITÀ, ENTITÀ DELLE RISORSE LA STRATEGIA PER L INNOVAZIONE LA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO OBIETTIVI E RUOLI LA PROGRAMMAZIONE REGIONALE: AZIONI E FINALITÀ I FINANZIAMENTI COMUNITARI: MISURE, FINALITÀ, ENTITÀ DELLE RISORSE LA STRATEGIA PER L INNOVAZIONE: ANALISI ALLA LUCE DEI CRITERI ESPRESSI AL CAP LA REGIONE PIEMONTE IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO 201 III

4 2.7.2 OBIETTIVI E RUOLI LA PROGRAMMAZIONE REGIONALE: AZIONI E FINALITÀ I FINANZIAMENTI COMUNITARI: MISURE, FINALITÀ, ENTITÀ DELLE RISORSE LA STRATEGIA PER L INNOVAZIONE: ANALISI ALLA LUCE DEI CRITERI ESPRESSI AL CAP LA REGIONE LIGURIA IL CONTESTO REGIONALE E I PROBLEMI EMERGENTI LA POLITICA REGIONALE PER L INNOVAZIONE IN LIGURIA OBIETTIVI E RUOLI DELLA POLITICA REGIONALE PER L INNOVAZIONE I FINANZIAMENTI COMUNITARI: MISURE, FINALITÀ ENTITÀ DELLE RISORSE LA STRUMENTAZIONE REGIONALE LA STRATEGIA PER L INNOVAZIONE: ANALISI ALLA LUCE DEI CRITERI ESPRESSI AL CAP I 259 BIBLIOGRAFIA 264 IV

5 INTRODUZIONE Lo scenario di riferimento: il ruolo delle regioni nella politica per l innovazione Dal vertice di Lisbona in poi, le Istituzioni Europee hanno sottolineato due importanti linee di tendenza destinate a modificare in misura sostanziale il ruolo delle regioni nelle politiche per lo sviluppo economico e produttivo: da un lato, viene enfatizzata la centralità dell innovazione, della ricerca e della conoscenza nell ambito del processo di qualificazione dell economia, e più in generale, della società europea; dall altro, viene sottolineata la dimensione locale e partecipativa dei processi di innovazione. In questo contesto, le amministrazioni regionali sono state chiamate a svolgere un ruolo sempre più incisivo e centrale nell ambito delle iniziative per il sostegno e lo sviluppo dell innovazione. In Italia, a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione, le regioni sono state investite di nuove responsabilità e risorse per la pianificazione e lo sviluppo dei sistemi regionali di ricerca ed innovazione, con la necessità di avviare un processo di apprendimento in tal senso, dotandosi di competenze e strumenti per molti aspetti nuovi ed estranei alla tradizionale cultura di governo dell economia regionale: l UE invita infatti le regioni ad assumere un orientamento di tipo strategico nella determinazione della politica per l innovazione, suggerendo di utilizzare metodologie e approcci tipici del management. Obiettivi, fasi della ricerca e articolazione del lavoro In questo contesto, si inserisce il progetto di ricerca commissionato nel marzo 2004 dal Parco Scientifico e Tecnologico della Liguria (PSTL) al Dipartimento di Tecnica ed Economia delle Aziende dell Università degli Studi di Genova (DITEA), dal titolo: Analisi delle strategie regionali di innovazione: valutazione comparativa, individuazione di best practice e suggerimenti di policy. 1

6 La ricerca, coordinata da N. Buratti e svolta da un gruppo di lavoro composto da S. Cepolina e P. Bonetti, è nata dall esigenza della committenza di disporre di un quadro conoscitivo approfondito sui percorsi realizzati in tema di politiche per l innovazione in Italia, allo scopo di individuarne direttrici di sviluppo e fattori di successo, ma anche eventuali problemi emersi in fase di implementazione. In altri termini, si trattava di evidenziare potenzialità e limiti delle esperienze affrontate dagli organi di governo di regioni che avessero già avviato significativi progetti di sviluppo dei sistemi di innovazione regionale, in una prospettiva coerente con le linee-guida della politica dell Unione Europea. Per rispondere a questi obiettivi, il lavoro del gruppo di ricerca è proceduto secondo due direzioni, distinte ma strettamente interrelate, rivolte rispettivamente a fornire: 1. un insieme di principi guida per l elaborazione e la gestione della strategia regionale per l innovazione 2. un quadro aggiornato delle politiche regionali per l innovazione adottate da regioni assunte a riferimento per una analisi orientata all individuazione di best practice. Per quanto riguarda il primo punto, dopo una estesa ricognizione delle principali fonti bibliografiche sull argomento, si è ritenuto opportuno focalizzare l attenzione su alcuni documenti ufficiali elaborati dalla DG Regio e dalla DG Impresa, in seno alla Commissione Europea. Da questi documenti, è stato possibile desumere alcune linee-guida di particolare rilevanza, perché elaborate sulla base di una analisi rivolta a razionalizzare ex post le principali esperienze condotte nell ambito dei Paesi dell UE e a fornire, sulla base di tale analisi, un modello di riferimento. I principali documenti dai quali sono state desunte le linee-guida per l analisi, sono due: Management of a RIS project (1999) e il più recente Blueprint for Foresight Actions in the Regions (2004). Il primo affronta il problema della progettazione di una Strategia Regionale di Innovazione in termini pragmatici, ricostruendo i percorsi concretamente affrontati da molteplici amministrazioni, di cui analizza i principali fattori di successo; il Blueprint for Foresight Actions in the Regions ha invece un carattere maggiormente prscrittivo/normativo, in quanto definisce le linee-guida per l adozione di un esercizio di prospettiva nella definizione dei percorsi di sviluppo di una economia regionale, e fornisce anche importanti spunti sotto il 2

7 profilo delle modalità di definizione degli obiettivi di politica dell innovazione e delle relative soluzioni gestionali. Per quanto concerne il secondo filone di analisi, rivolto a costruire un quadro aggiornato delle politiche regionali per l innovazione adottate da regioni italiane da assumere come best practices, si sono dovuti superare alcuni problemi di carattere metodologico, riguardanti: a. la definizione dei criteri in base ai quali selezionare un insieme significativo di casi; b. la formalizzazione di uno schema di analisi, in base al quale selezionare le informazioni rilevanti ai fini della ricostruzione del percorso realizzato; c. la definizione dell arco temporale di riferimento; d. la selezione delle fonti informative e dei documenti da considerare prioritari nell analisi. La definizione dei criteri per l individuazione e selezione delle regioni, è stata un operazione piuttosto complessa sotto il profilo metodologico, anzitutto perché le difficoltà connesse alla valutazione dell impatto delle politiche per l innovazione rendono aleatoria, se non addirittura irrealistica la ricerca di percorsi ottimali, mentre appare più ragionevole e senz altro più utile - isolare, di volta in volta, approcci, progetti, singole esperienze che si siano rivelati appropriati alla realizzazione degli obiettivi proposti e che, pertanto, possano essere considerati esempi di buone pratiche non tanto in un ottica di imitazione acritica, quanto piuttosto per ragionare sulla loro effettiva utilità ed applicabilità in contesti differenti da quello di origine. Per limitare il più possibile l influenza di criteri soggettivi, che avrebbero potuto rendere estremamente complesso il processo di lettura critica ed interpretazione dei casi, si è deciso di basare l individuazione delle regioni sulla classificazione proposta da uno studio promosso dalla Commissione Europea nell ambito del programma Innovation SMEs e denominato Regional Innovation Performance1, orientato alla segmentazione delle regioni Europee in funzione del livello di innovatività. La selezione delle regioni è stata successivamente concordata con il Committente, anche in funzione di specifiche esigenze conoscitive da questi espresse, giungendo quindi alla determinazione di considerare cinque regioni comprese nel cluster 5 (Piemonte, Emilia 1 Per un approfondimento si rimanda a EU (2003), Regional innovation performances, European Innovation Scoreboard, Technical Paper No 3, November 28 3

8 Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Lazio), e due regioni del cluster 6 (al quale appartiene, come già detto, la Liguria). La ratio va ricercata da un lato nell esigenza di analizzare in dettaglio i percorsi di sviluppo e le politiche per l innovazione attuate da regioni che possono essere oggettivamente considerate esempi di best practice, in quanto appartenenti al cluster delle regioni italiane più innovative ; dall altro, di approfondire la conoscenza di casi che, pur appartenendo allo stesso cluster, tuttavia presentano significative specificità. Queste considerazioni sono appunto alla base dell inclusione, nell analisi, della Regione Toscana e della Regione Campania. Più in particolare, la regione Toscana è stata inserita nell analisi perché presenta le migliori performance nell ambito del cluster 6 ed inoltre perché l impegno dell amministrazione regionale sul tema dell innovazione si snoda lungo l arco di un decennio (i primi interventi possono infatti essere ricondotti ai primi anni 90), e ciò la rende una importante fonte di esperienze da cui trarre utili indicazioni e insegnamenti, specie per chi si muova con un relativo ritardo rispetto al problema. Una riflessione a parte merita la Campania, regione caratterizzata da profonde differenze rispetto a tutte le altre considerate, in gran parte riconducibili al fatto che si tratta di una regione del Mezzogiorno, appartenente alla c.d. area Obiettivo 12; tuttavia è stata inserita nel campione di indagine in quanto si tratta dell unica regione italiana dotata di un vero e proprio Assessorato per la programmazione e gestione della politica per l innovazione, di cui è apparso necessario approfondire le caratteristiche e le relazioni con gli altri organi di governo regionale. Per quanto riguarda lo schema di analisi, si è ritenuto opportuno anzitutto tracciare un quadro sintetico del contesto socio-economico di riferimento, evidenziando punti di forza e di debolezza del sistema innovativo regionale e, per ogni regione, la posizione relativa per 2 L obiettivo 1 si pone la finalità di sostenere la crescita e l adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo, promuovendo una politica di coesione a livello europeo. Le aree territoriali incluse nel nuovo obiettivo 1 coinvolgono circa il 20% della popolazione europea, ubicata in regioni il cui PIL (prodotto Interno Lordo) procapite è inferiore al 75% della media Comunitaria. In Italia, le regioni interessate per il periodo di programmazione sono: Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania. 4

9 ciascuna famiglia di indicatori di innovazione considerati ai fini della classifica nazionale dell Innovazione3. In secondo luogo, si è proceduto all identificazione degli obiettivi della politica regionale per l innovazione, espressi nei documenti di programmazione ed attuazione ed alla successiva illustrazione degli strumenti di programmazione utilizzati e delle istituzioni competenti sul tema, distinguendo fra organi politici ed amministrativi istituiti nell ambito del governo regionale, e agenzie partecipate dalla regione in tutto o in parte. In terzo luogo, si sono individuate le principali fonti di finanziamento utilizzate, distinguendo, ove possibile, in base alla provenienza dei finanziamenti. Infine, si è fornita una sintetica descrizione ed analisi critica della strategia regionale per l innovazione. A questo proposito va osservato peraltro che non sempre è stata seguita la raccomandazione dell'ue di elaborare un documento unitario, formalmente definibile in termini di strategia regionale per l innovazione, ma più spesso questa scaturisce dalla combinazione di elementi rinvenibili in documenti complementari. L arco temporale considerato va dalla fine degli anni 90, epoca della prime sperimentazioni in materia di programmazione regionale in tema di innovazione tecnologica (si fa riferimento in particolare all esperienza della Toscana), fino ai progetti di legge ancora in fase di discussione (per esempio il disegno di legge della Regione Piemonte). Definita la cornice di riferimento entro la quale procedere, si è avviata una sistematica ricerca, raccolta ed analisi di documenti (in forma cartacea e/o digitale), sulle politiche dell innovazione elaborate dalle regioni oggetto di analisi, e ad una prima stesura di articolate schede per ciascuna regione, che sono state successivamente integrate e realizzate in forma definitiva, attraverso l attivazione di contatti diretti con osservatori privilegiati, ossia interlocutori inseriti nelle strutture regionali di riferimento e/o studiosi che hanno svolto attività di consulenza e supporto alla elaborazione di programmi regionali di innovazione. 3 Più specificamente, vengono assunti a riferimento le classifiche elaborate dall Osservatorio Filas istituito dalla Regione Lazio, denominate Innovation Scoreboard Italia. 5

10 Si è quindi pervenuti alla stesura del Rapporto di Ricerca4, articolato in tre parti. Nella prima parte, dopo avere richiamato gli obiettivi del lavoro, si illustra la metodologia adottata sia nella fase di individuazione e selezione delle regioni oggetto dell analisi comparativa, sia nella fase di ricostruzione ed analisi delle politiche regionali attuate. La seconda parte del lavoro contiene una analisi dettagliata, per ciascuna regione selezionata e inserita nel campione, delle politiche per l innovazione attuate nell arco dell ultimo quinquennio ed estendendo l analisi, ove ritenuto opportuno, agli interventi progettati nel corso degli anni 90. Infine, è stata condotta una analisi focalizzata sulla Regione Liguria, attraverso la ricostruzione delle componenti fondamentali del sistema regionale di innovazione, con l obiettivo di evidenziarne i principali punti di forza e di debolezza. Il caso ligure è poi completato dall analisi del percorso realizzato in tema di politiche di sostegno all innovazione e al trasferimento tecnologico, evidenziando in particolare l approccio seguito nell elaborazione della strategia regionale per l innovazione. Nelle riflessioni che seguono si cercherà di fornire, in estrema sintesi, i principali risultati emersi dall analisi, rimandando alla lettura del Rapporto per eventuali approfondimenti. Una analisi trasversale dei percorsi emergenti Dall analisi effettuata, emergono alcune considerazioni. Anzitutto, non è possibile identificare un caso di eccellenza, ma piuttosto emerge una varietà di percorsi, caratterizzati da fattori positivi, di eccellenza, relativamente ad alcune dimensioni. Viene quindi confermato l assunto che le caratteristiche e le performance di innovazione di un sistema regionale sono da considerarsi come la risultante di numerosi fattori, interagenti fra loro e solo in parte riconducibili all approccio adottato nella formulazione e nell implementazione delle politiche per l innovazione. Per quanto riguarda più specificamente lo stile adottato, va sottolineato che, fra i due estremi del modello dirigista e 4 Il rapporto completo è reperibile sia presso la Segreteria del Parco Scientifico e Tecnologico della Liguria, sia presso il Dipartimento di tecnica ed Economia delle Aziende dell Università degli Studi di Genova. 6

11 del modello partecipativo, vi sono svariate opzioni possibili e di fatto perseguite concretamente dalle amministrazioni regionali, sia a livello nazionale, sia a livello europeo5. La Commissione Europea, negli studi e documenti analizzati, sembra suggerire che l adozione di un approccio partecipativo rappresenta lo stile maggiormente appropriato di definizione della strategia regionale di innovazione e, nell ambito di questa, di gestione dei singoli progetti di sviluppo del sistema innovativo regionale, in quanto garantirebbe sia un maggiore allineamento fra le esigenze di innovazione espresse dalle imprese e gli obiettivi individuati dalle amministrazioni regionali, sia un maggiore coinvolgimento in fase di attuazione degli operatori che a vario titolo - all interno del sistema regionale possono giocare un ruolo essenziale nel processo di innovazione, elevando le probabilità di successo dei progetti. Va da sé, quindi, che in questa prospettiva non è tanto rilevante individuare la regione migliore, da imitare acriticamente, quanto piuttosto tentare una valutazione dell impatto che lo stile di gestione della politica di innovazione può avere esercitato sui risultati conseguiti6. Sotto questo profilo, emerge il secondo limite dell applicazione di una metodologia di benchmarking al campo oggetto di studio: tale approccio infatti, per poter generare risultati apprezzabili, presuppone 5 L approccio di tipo bottom up, che privilegia le spinte provenienti dal basso, ossia dall insieme degli attori del sistema di innovazione locale, potrebbe alimentare de facto un percorso di innovazione di carattere incrementale, ossia un percorso radicato nei comparti che costituiscono l ossatura del sistema produttivo regionale, ma incapace di cogliere tempestivamente eventuali opportunità di sviluppo innovativo emergenti in ambiti diversi. Per questo motivo, sarebbe più opportuno integrare questa prospettiva con una di respiro più ampio, capace di elaborare una visione, di individuare obiettivi ambiziosi, imprimendo anche svolte significative, ad esempio evidenziando all interno del sistema innovativo regionale aree di eccellenza in ambito scientifico/tecnologico che potrebbero dare luogo ad applicazioni industriali sfruttabili anche in ambiti lontani da quelli che caratterizzano la struttura produttiva attuale. 6 In effetti, andrebbe valutato non solo il tipo di approccio seguito nell elaborazione della strategia di innovazione (dirigista vs. partecipativo), ma anche l entità e la natura delle risorse di cui la regione dispone: assumere come benchmark una regione dotata strutturalmente di risorse economiche, finanziarie, umane significativamente diverse rispetto a quella oggetto di studio, potrebbe risultare un esercizio interessante dal punto di vista teorico, ma di limitata utilità pratica: il gap da colmare potrebbe infatti risultare talmente elevato da rendere inefficace qualunque tentativo di acritica imitazione del percorso adottato. 7

12 come passaggio successivo l individuazione puntuale delle cause che hanno generato le performance eccellenti. In tema di innovazione, specie a livello di sistemi aggregati, è difficile ricondurre i risultati ottenuti ad una sola causa, essendo invece più ragionevole ritenere che essi siano il risultato dell interazione fra molteplici fattori, che riguardano tutti i vari aspetti della strategia per l innovazione (dalla determinazione degli obiettivi all articolazione di un programma di attuazione puntuale, alla disponibilità di risorse finanziarie adeguate, al coinvolgimento degli attori presenti sul territorio, alla creazione del consenso.). Date queste premesse, nello studio effettuato si è rivelato estremamente utile disporre di una metodologia di riferimento per l analisi della strategia regionale per l innovazione, così come suggerito dallo studio della Commissione Europea richiamato al punto precedente. L idea sottostante, ossia che il successo della strategia di sviluppo possa essere in larga parte determinato dall approccio seguito nella fase di formulazione ed implementazione a partire dal grado di conoscenza del contesto di riferimento, dal grado di coinvolgimento dei soggetti a vario titolo interessati dalla sua applicazione, dall equilibrio fra obiettivi della strategia di innovazione e specificità del sistema produttivo regionale ha infatti consentito di individuare, per ciascun caso analizzato, gli aspetti più significativi da considerare come altrettanti elementi di riferimento. Sotto questo profilo, possiamo ritenere che i concetti-chiave nell elaborazione di una strategia regionale dell innovazione sono: L analisi del contesto regionale di riferimento, considerato in un ottica sistemica Il coinvolgimento degli stakeholder nella definizione degli obiettivi Di fondamentale importanza ai fini del successo è la fase di analisi del contesto. A tal fine, l Ue suggerisce di adottare il concetto di sistema regionale dell innovazione, che induce ad interpretare i processi di innovazione come la risultante dell interazione fra più elementi autonomia ed interdipendenti (sistema economicoproduttivo, sistema scientifico-tecnologico e sistema della P.A.); così come estremamente utile è l individuazione delle specificità tecnologiche e sociali dei contesti di riferimento. Entrambi forniscono anche una guida metodologica all elaborazione della strategia di innovazione: da un lato, l analisi e la 8

13 conoscenza delle specificità socio-economiche e tecnologiche della regione diventa inevitabilmente il punto di partenza per l identificazione degli obiettivi della strategia regionale, sia per valorizzare le preesistenze e/o rivitalizzare situazioni insoddisfacenti, sia per identificare prospettive di sviluppo future che viceversa si allontanino anche significativamente da tali preesistenze, per realizzare ambizioni motivate da trend di sviluppo nazionale e/o comunitario. Dall altro, l adozione del concetto di sistema regionale di innovazione induce a ritenere prioritaria sia in fase di elaborazione della strategia sia in fase di attuazione, il coinvolgimento dei vari attori presenti sul territorio (e la selezione degli attori prioritari), la creazione del consenso, la comunicazione. Anche la stessa realizzazione di obiettivi ambiziosi, richiede l adozione di un approccio partecipativo alla elaborazione di una visione condivisa, che valorizzi la rete di interazioni e sia sostenuta dal consenso. L analisi dei percorsi seguiti dalle regioni nell arco temporale considerato evidenziano abbastanza chiaramente che, pur con tutte le difficoltà connesse alla realizzazione delle politiche per l'innovazione, in svariati casi si è puntato ad un rafforzamento del sistema di innovazione regionale prevedendo linee di intervento su più fronti: sono tali ad esempio il caso dell Emilia Romagna, del Veneto, della Toscana, per citare solo quelli con un programma maggiormente articolato. Infine, per quanto riguarda la gestione della strategia di innovazione, va considerato che, pur nella consapevolezza che non esiste un modello ideale, tuttavia è possibile riscontrare alcuni fattori ricorrenti che caratterizzano i casi di maggiore successo: l adozione di un forte orientamento all azione la presenza di una struttura organizzativa ad hoc per la gestione del progetto la qualità delle azioni di comunicazione Si è già richiamata la necessità di adottare un approccio alla definizione della strategia che si basa su una approfondita conoscenza del contesto di riferimento; sul coinvolgimento dei principali attori al processo di definizione degli obiettivi strategici: si tratta di presupposti che, seppure con vari gradi di approfondimento, possiamo ritenere presenti nella totalità delle esperienze analizzate. Senza entrare nel dettaglio dell illustrazione delle soluzioni adottate in fase 9

14 di analisi del contesto di riferimento e soprattutto in merito al coinvolgimento degli attori rilevanti, per i quali si rimanda al Rapporto di Ricerca, può essere utile qui richiamare sinteticamente la soluzione dello Steering Committe7, peraltro caldeggiata anche dall Ue nello studio più volte richiamato Guida Metodologica all Elaborazione di un Progetto Ris, ed esplicitamente previsto nei casi della Toscana e del Lazio. Ma il successo della strategia dipende in misura significativa da fattori legati all implementazione della stessa: l orientamento all azione implica infatti non solo l esplicitazione di linee di azione coerenti con la definizione degli obiettivi strategici e una congrua attribuzione di risorse per conseguire tali obiettivi, ma soprattutto una gestione forte, ad elevato coordinamento, capace di esercitare un controllo effettivo sui risultati. Da ciò ne consegue l utilità di attribuire ad una struttura organizzativa ad hoc la responsabilità dell implementazione, e di predisporre azioni di comunicazione incisive, al fine di garantire visibilità e ottenere il consenso delle parti coinvolte. Di grande interesse, sotto questo profilo, i casi dell Emilia Romagna e del Veneto: entrambe caratterizzati, pur nella loro specificità, dalla presenza di un organismo (rispettivamente Aster e Veneto Innovazione), con significative responsabilità amministrative in tema di politica dell innovazione. Si tratta di vere e proprie Agenzie, compartecipate dai vari enti regionali e locali, con ampio mandato sull attuazione degli indirizzi di politica dell innovazione e sulla gestione delle varie misure di riferimento. Significativa è l impegno profuso da queste regioni nelle azioni orientate alla creazione del consenso: nel caso del Veneto la concertazione appare come il punto centrale delle politiche per l innovazione, con un sistematico coinvolgimento delle parti sociali, la creazione di reti fiduciarie per la condivisione di conoscenze, progetti, investimenti; l'emilia Romagna ha puntato sulla comunicazione attraverso la creazione di un ampio portale (F1rst) di servizio ed 7 Si tratta di un team formato da esperti, manager e rappresentanti delle amministrazioni coinvolte, con il compito di stabilire modalità e limiti del processo di valutazione del contesto settoriale e tecnologico (che può essere esteso a livello nazionale, comunitario, globale), tenendo presente che l obiettivo dovrebbe comunque essere quello di favorire lo sviluppo dell economia regionale attraverso un aumento di competitività dei settori-chiave di fronte alla competizione globale. 10

15 informazione alle aziende; la Campania ha favorito la diffusione e la conoscenza sulla propria strategia attraverso la disponibilità on line dell intero documento di strategia regionale per l innovazione. Alcune specificità della politica per l innovazione nella Regione Liguria In questo contesto, la Liguria appare in una posizione intermedia, con significativi risultati realizzati nell ambito delle politiche per l innovazione, e alcune importanti sfide da affrontare nel prossimo futuro. Come argomentato nell ambito del Rapporto di ricerca, cui si rimanda per un approfondimento, la Regione Liguria è una delle poche regioni ad avere elaborato un vero e proprio documento di Strategia Regionale per l Innovazione; inoltre, ha dimostrato una notevole capacità di attrazione e di spesa dei finanziamenti comunitari destinati all innovazione e al trasferimento tecnologico, qualificandosi ai primi posti nella classifica nazionale, il che le ha consentito anche di conseguire un premio di produttività, in termini di incremento dei finanziamenti erogati. Tuttavia, lo scenario si presenta non esente da difficoltà e sfide di un certo rilievo: come viene ampiamente documentato nell ambito del lavoro, la struttura produttiva regionale è caratterizzata dalla presenza di imprese di piccole e piccolissime dimensioni operanti per lo più in settori tradizionali, con una scarsa vocazione all innovazione e allo sviluppo tecnologico. Per quanto riguarda il settore manifatturiero, la presenza della grande impresa capace di stimolare un indotto di qualità, contribuendo per tale via allo sviluppo dell intera filiera, è stata bruscamente ridimensionata con il processo di dismissione delle partecipazioni statali. Al momento della chiusura del rapporto era incerto anche il futuro di uno degli ultimi gioielli dell industria ligure, operante nel settore biomedicale. A fronte di ciò, emergono alcuni segnali incoraggianti, provenienti da iniziative di sviluppo in comparti ad alta tecnologia, fra le quali ci sembrano particolarmente degne di nota la creazione del distretto dei Sistemi Intelligenti Integrati e la decisione assunta in ambito nazionale, ma con importanti ricadute per l economia regionale di localizzare nell area metropolitana genovese l Istituto Italiano di Tecnologia. 11

16 La concomitanza dei trend delineati rende cruciale l adozione di una chiara e definita politica dell innovazione che, stabilendo una direzione strategica, sia capace di fronteggiare le numerose minacce, sfruttando concretamente le opportunità emergenti. Più in particolare, fra i fattori di debolezza della politica regionale per l innovazione, vanno segnalati da un lato l esistenza di legami ancora troppo deboli fra le tre componenti del sistema innovativo regionale, dall altro la necessità di un maggiore coordinamento fra le iniziative di sostegno all innovazione e al trasferimento tecnologico, specie per quanto concerne la coerenza fra il momento dell elaborazione/individuazione delle linee di intervento e il momento dell attuazione/gestione delle misure. Riflessioni conclusive e interrogativi emergenti Sono numerosi gli spunti di riflessione che emergono dall analisi condotta, sia sotto il profilo metodologico sia sotto il profilo dell analisi trasversale dei percorsi seguiti dalle varie amministrazioni regionali. Di seguito si fornisce un elenco di punti, senza alcuna pretesa di completezza, sui quali ci sembrerebbe opportuno stimolare ulteriori riflessioni: 1. le politiche pubbliche regionali per l innovazione di maggiore successo sembrano articolarsi secondo una duplice prospettiva: da un lato, si indirizzano alle specifiche esigenze di innovazione tecnologica delle imprese locali, con particolare enfasi ai fabbisogni delle Pmi, fornendo loro assistenza e servizi qualificati di supporto all innovazione, e stimolando la creazione di nuove attività produttive basate sui più recenti sviluppi tecnologici; dall altra, adottano una prospettiva di ampio respiro, basata sull analisi dei trend di sviluppo delle tecnologie a livello globale e sulla conseguente individuazione delle modalità più appropriate per inserirsi nei circuiti globali di generazione, sviluppo, diffusione dell innovazione; 2. in questo ambito, particolarmente critica appare la politica per i distretti, specie quella orientata alla creazione/riconoscimento di realtà distrettuali sulla base di una razionalizzazione ex post di sistemi produttivi territoriali e/o di aggregazione di imprese operanti in settori high tech. Come sembrano dimostrare i percorsi seguiti da alcune 12

17 regioni (si pensi, a titolo di esempio, al Veneto, all Emilia Romagna, al Piemonte), la politica per i distretti rivela la sua efficacia più in termini di sostegno allo sviluppo di distretti maturi che non come strumento di sostegno alla nascita e/o alla crescita di nuovi distretti; ed in ogni caso i risultati conseguibili sono strettamente connessi, come è naturale attendersi, all entità delle risorse impiegate. Occorre pertanto un chiaro impegno in tal senso da parte delle amministrazioni regionali, sia in termini di identificazione delle priorità, sia in termini di concentrazione delle risorse; 3. sotto il profilo metodologico, a seguito della politica europea di sostegno allo sviluppo e all innovazione, si è assistito negli ultimi anni anche in Italia ad un ampio uso di metodologie ed approcci di tipo partecipativo alla definizione di piani e programmi finalizzati allo sviluppo regionale (si pensi alle aree classificate come Ob. 1 e 2 dalla Commissione Europea). In molti casi si è ricorso a strumenti (quali ad es. Accordi di Programma, Accordi Territoriali e Contratti d Area) costruiti attraverso un ampia consultazione delle più rilevanti parti in causa nell ambito dell economia e delle istituzioni locali. Questo approccio ha consentito agli organi pubblici di governo di raccogliere i bisogni e le richieste di intervento provenienti dal basso : dalle imprese (spesso di piccole e medie dimensioni), dalle autorità locali, dalle associazioni di categoria, etc. La partecipazione al processo di definizione degli obiettivi di sviluppo ha contribuito a rendere la programmazione pubblica maggiormente orientata alla soddisfazione delle esigenze della società e del territorio; 4. tuttavia, specie in tema di innovazione, nella maggior parte dei casi manca ancora la creazione di una visione condivisa di quali modelli e quali obiettivi debbano essere perseguiti nel medio-lungo termine. L assenza di una visione condivisa e prospettica per il futuro del territorio ha alcune ripercussioni negative sull efficacia dei processi di pianificazione: tematiche strategiche vengono trattate con un approccio di breve periodo; in assenza di obiettivi chiaramente definiti la selezione fra richieste concorrenziali di finanziamento risulta problematica; l allocazione delle risorse finanziarie rischia di essere frammentata e dispersa su un ampia gamma di iniziative di respiro limitato e con scarsa coerenza interna. La partecipazione, la comunicazione ed il consenso diventano quindi fondamentali elementi di successo nella definizione della strategia regionale, specie se tale strategia si riferisce ad uno scenario di medio-lungo termine condiviso dalle principali componenti del sistema socio-economico locale; 13

18 5. un altro aspetto critico della strategia regionale dell innovazione è il controllo di efficacia delle misure e degli interventi realizzati: sono poche le regioni che hanno esplicitamente considerato tale attività, identificando i momenti e le modalità relative. Tuttavia, è evidente che l adozione di un approccio manageriale alla gestione della politica per l innovazione, secondo una prospettiva strategica, deve necessariamente affrontare il problema del controllo. Spesso tuttavia tale attività, oltre ad essere intrinsecamente complessa, sconta la difficoltà di disporre di un quadro di informazioni precise ed estese sulla struttura socioeconomica e produttiva regionale. La predisposizione di una struttura dedicata a tale attività, come ad esempio nel caso del Lazio, con l istituzione dell Osservatorio Filas, può favorire tale processo; 6. forti criticità emergono anche sul fronte della qualità delle strutture preposte all implementazione, coordinamento e controllo delle azioni conseguenti all attuazione degli indirizzi e degli obiettivi definiti a livello politico. Malgrado varie importanti iniziative, il livello di sviluppo delle istituzioni e dei processi regionali destinati ad orientare le decisioni e ad integrare e rafforzare i processi politici ed amministrativi, come necessario presupposto all elaborazione di una politica dell innovazione secondo criteri di efficienza/efficacia appare caratterizzato da disomogeneità: in alcune regioni vi sono strutture sofisticate ; in altre non esistono ancora strutture ad hoc o vi è una eccessiva frammentazione delle attribuzioni di responsabilità e dei compiti. Spesso gli attori regionali tendono a trincerarsi in una divisione delle responsabilità a compartimenti stagni, con una rigida suddivisione delle competenze su una data materia. Anche nell ipotesi di efficacia delle azioni compiute dai singoli enti, è evidente che questa frammentazione di competenze e attribuzione di responsabilità può costituire un rilevante fattore di debolezza specie a fronte di nuove sfide poste da un ambiente a crescente complessità. Sotto questo aspetto, emergono con evidenza i casi dell Emilia Romagna e del Veneto, già più volte richiamati. Va da sé che non si tratta di un processo semplice, né indolore: significativo, a questo proposito, il caso della Toscana, dove la proposta di creazione di un unico organismo, responsabile dell intera politica dell innovazione, non ha avuto alcun seguito, ed il problema sta ancora attendendo una soluzione. 14

19 I PARTE OBIETTIVO E METODOLOGIA Questo rapporto costituisce un risultato del progetto di ricerca commissionato dal PSTL al Ditea, ed avente per oggetto l analisi comparativa delle Strategie di Innovazione e Sviluppo Tecnologico elaborate da un numero limitato di Regioni Italiane, assunte come termine di riferimento rispetto alla Liguria. Dal vertice di Lisbona in poi, le Istituzioni Europee hanno sottolineato la centralità dell innovazione, della ricerca e della conoscenza nell ambito del processo di qualificazione dell economia, e più in generale, della società europea. Il progetto si inserisce in questo contesto, ed in una fase critica della politica dell innovazione in ambito regionale: le regioni sono infatti chiamate a svolgere un ruolo sempre più incisivo e centrale nell ambito delle iniziative per il sostegno e lo sviluppo dell innovazione, in un contesto istituzionale, nazionale e comunitario, che presenta forti discontinuità rispetto al passato la regione Liguria, in particolare, è in una fase molto delicata. La situazione regionale presenta stadi di sviluppo diversi, che vedono il processo di dismissione delle partecipazioni statali coesistere con iniziative auto-propulsive ad elevata intensità tecnologica (in particolare nel campo dell elettronica, della robotica e dell ICT). Al contempo si stanno configurando opportunità molto importanti per lo sviluppo economico della regione (quali il distretto dei sistemi intelligenti e l Istituto Italiano di Tecnologia). La concomitanza dei trend delineati rende cruciale l adozione di una chiara e definita politica dell innovazione che, stabilendo una direzione strategica, sfrutti concretamente le opportunità esistenti. Finalità ultima di questo progetto di ricerca è di disporre di un quadro di riferimento per l elaborazione e realizzazione della strategia regionale per l innovazione in Liguria. L analisi comparativa ha infatti lo scopo di fornire un quadro delle best practices nazionali, e di offrire alcuni spunti di riflessione critica sullo status quo a livello regionale. Si è quindi proceduto secondo due direzioni, distinte ma strettamente interrelate, con l obiettivo di: 15

20 1. disporre di un quadro aggiornato sulle politiche regionali per l innovazione adottate da un numero definito di regioni assunte a riferimento per una analisi di benchmark 2. disporre di una metodologia di riferimento per l elaborazione del documento di strategia regionale per l innovazione: l UE invita infatti le regioni ad assumere un orientamento di tipo strategico nella determinazione della politica per l innovazione, suggerendo di utilizzare metodologie e approcci tipici del management Sotto il profilo metodologico, il primo problema che è stato affrontato riguarda la definizione dei criteri per la selezione delle regioni, al fine di individuare un insieme significativo dal punto di vista dell applicazione della metodologia di benchmarking. Successivamente, si è proceduto alla elaborazione di un modello di riferimento per la selezione delle informazioni ritenute rilevanti ai fini della ricostruzione dei percorsi realizzati dalle regioni oggetto di analisi, con particolare enfasi al modello seguito nell elaborazione del documento di strategia regionale dell innovazione, relativamente al quale si è predisposta una griglia di valutazione quanti-qualitativa. In terzo luogo, si è avviata una sistematica ricerca, raccolta ed analisi di documenti (in forma cartacea e/o digitale), sulle politiche dell innovazione elaborate dalle regioni oggetto di analisi. Le informazioni sono state completate ed integrate, ove possibile, tramite contatti diretti con interlocutori inseriti nelle strutture regionali di riferimento. 1.1 L individuazione delle regioni per l analisi comparativa Prima di procedere all analisi comparativa delle politiche per l innovazione in ambito nazionale, occorre definire un quadro di riferimento per individuare le regioni oggetto di studio. L obiettivo è di individuare regioni significative sotto il profilo della capacità innovativa e dello sviluppo del sistema locale. Si auspica infatti di poter beneficiare dall esperienza pregressa di queste regioni per individuare alcuni modelli di riferimento sia relativamente alla fase di formulazione della strategia sia nella fase operativa di applicazione e misurazione. Al fine di operare la scelta si è adottata la clusterizzazione sviluppata dalla Commissione Europea, nell ambito del programma 16

21 Innovation SMEs 8, che prendendo in considerazione quattordici indicatori (13 dei quali sono di derivazione dall European Innovation Scoreboard ai quali viene affiancato il PIL pro capite), individua sei raggruppamenti di regioni caratterizzate da livelli crescenti di innovatività. Gli indicatori utilizzati sono riconducibili a quattro dimensioni chiave. Qualità delle risorse umane Tertiary education Life long learning Employment medium high technology manufacturing Employment high tech services Entità delle risorse impiegate nel processo di creazione di conoscenza Public R&D Business R&D High tech patents Patents Capacità di dar luogo a processi di trasmissione e applicazione di conoscenza e degli output generati dal processo stesso Innovative enterprises in manufacturing Innovative enterprises in services Innovation expenditures in manufacturing Innovation expenditures in services Finanza innovativa output e mercati 9 Sales of new to firm products in manufacturing. Gli indicatori adottati, sono stati elaborati nell ambito dell European Innovation Scoreboard, e quindi pensati a livello nazionale. Il passaggio al livello regionale ha imposto di ridurne il numero a causa della limitata disponibilità di dati Per un approfondimento si rimanda a 2003 European Innovation Scoreboard: Technical Paper No 3, Regional innovation performances, November 28, L European Innovation Scoreboerd prevede ben 8 indicatori per la dimensione Finanza innovativa output e mercati, (High-tech venture capital investment; New capital raised on stock markets; 'New to market' products; Home internet access; A Home internet access; ICT expenditures; Percent of manufacturing value-added from high technology; A Stock of inward FDI). 10 In base all EIS gli indicatori sono complessivamente 21. Per un esame approfondito si rimanda al seguente sito web: 17

22 Sono inoltre stati sviluppati indicatori compositi 11 per misurare l innovatività complessiva a livello regionale e poter effettuare confronti infraregionali. Il Regional Summary Innovation Index, in particolare, consente di individuare la regione che ha la leadership tecnologica a livello complessivo europeo. Diventa quindi possibile confrontare regioni a prescindere dal paese di riferimento. Regional Summary Innovation Index 12 Vengono di seguito esposte le principali caratteristiche dei cluster. Il cluster 6 è formato da 56 regioni europee e presenta i livelli più bassi relativi ad ogni indicatore considerato. Si tratta per lo più di regioni dell Europa meridionale o mediterranea. La Liguria, come si avrà modo di approfondire in seguito, appartiene a questo raggruppamento. Il cluster 5 raccoglie 65 regioni europee e si caratterizza per un PIL prossimo alla media europea ma livelli inferiori di R&S e attività brevettuale. La maggior parte delle regioni si collocano nell Europa centrale; con un elevata concentrazione in Germania, Francia e Austria in particolare. Il cluster 4 è formato da 28 regioni europee, e si caratterizza per un PIL prossimo alla media europea e un buon livello di formazione. Gli indicatori relativi a R&S e attività brevettuale sono invece mediamente bassi. La collocazione geografica è spostata a nord con una maggiore concentrazione in UK, Paesi Bassi e Svezia. Il cluster 3 raccolglie 16 regioni europee e si caratterizza per un PIL prossimo alla media europea e elevati livelli di formazione, R&S, attività brevettuale e occupazione in settori manifatturieri medium high e high tech. Si registra una concentrazione rilevante delle regioni 11 Altri indici elaborati sono il Regional National Summary Innovation Index e il Reveald Regional Summary Innovation Index. 12 è il valore dell indicatori (i) per la regione (j) del paese (K) e (m) è il numero di indicatori per cui sono disponibili i dati regioanli. 18

23 in Germania (10 delle 16 regioni che compongono il cluster sono tedesche). Fig.1 Distribuzione delle regioni per cluster e paese (aggiornato al 2002) Fonte: European Commission, L high-tech cluster 1 raccoglie solo 3 regioni europee (due delle quali in Svezia e una in Finlandia) e si caratterizza per un orientamento al terziario e elevati livelli di occupazione nei servizi high tech (l indicatore relativo ha valori pari a circa due volte quelli dell occupazione nei settori manifatturieri medium high e high-tech). L high-tech cluster 2 raccoglie anch esso tre sole regioni europee (due delle quali in Germania e una nei Paesi Bassi) e si caratterizza per elevati livelli di tutti gli indicatori. Questo studio costituisce uno strumento utile e importante in quanto consente di individuare gruppi omogenei di regioni, costruiti sulla base della prossimità dal punto di vista della attività innovativa. Un vantaggio considerevole è riconducibile all unicità e affidabilità della base dati (Eurostat) che fornisce dati raccolti sulla base di una metodologia comune. Va sottolineato che le regioni europee sono concentrate nei cluster 5 e 6, che da soli raccolgono più della metà delle regioni totali (121 regioni su 171). A livello nazionale, la distribuzione delle regioni si esaurisce in questi due raggruppamenti: appartengono al cluster 6 14 regioni (tra cui la Liguria); mentre le restanti 6 fanno parte del 5. 19

24 Tenuto conto di questa distribuzione, si è posto il problema di selezionare le così dette best practices, per poter effettuare un analisi di benchmarking. Si tratta di una tecnica diffusa per lo più in ambito manageriale, basata sul confronto sistematico tra l organizzazione in oggetto e la best practice individuata come termine di riferimento (benchmark). Una rigida applicazione di questa metodologia al campo delle politiche per l innovazione potrebbe infatti risultare inadeguata, per vari motivi. Un primo ordine di problemi è riconducibile all individuazione del caso da assumere come benchmark: se è possibile individuare, sulla base dei criteri adottati dall UE e richiamati in sintesi al punto precedente, la regione più innovativa, sia a livello comunitario che a livello nazionale, appare però altrettanto evidente che tale risultato è il portato di numerosi fattori, interagenti fra loro, solo in parte riconducibili alle politiche per l innovazione. Inoltre, è da considerare che queste ultime esercitano i loro effetti su un arco di tempo più o meno ampio, a seconda degli obiettivi perseguiti e degli strumenti adottati. In secondo luogo, va osservato che assumere come benchmark una regione dotata strutturalmente di risorse economiche, finanziarie, umane significativamente diverse rispetto a quella oggetto di studio, potrebbe risultare un esercizio interessante dal punto di vista teorico, ma di limitata utilità pratica: il gap da colmare potrebbe infatti risultare talmente elevato da rendere inefficace qualunque tentativo di acritica imitazione del percorso adottato. In terzo luogo, va comunque osservato che, anche supposto di avere superato i limiti precedenti, l applicazione della metodologia di benchmarking presuppone l individuazione puntuale delle cause che hanno generato le performance eccellenti. A questo proposito, va ricordato che non solo è difficile ricondurre i risultati ottenuti ad una sola causa, ma è invece più opportuno ritenere che essi siano il risultato dell interazione fra molteplici fattori, che riguardano tutti i vari aspetti della strategia per l innovazione (dalla determinazione degli obiettivi all articolazione di un programma di attuazione puntuale, alla disponibilità di risorse finanziarie adeguate, al coinvolgimento degli attori presenti sul territorio, alla creazione del consenso.), ma anche e soprattutto che non esiste un modello ideale di politica per l innovazione. Questo aspetto, su cui sembra esservi ampia convergenza da parte degli studiosi, vanifica almeno in parte lo 20

25 sforzo di identificazione di una best practice, inducendo ad allargare la prospettiva di analisi verso un maggiore numero di casi, alla ricerca di possibili soluzioni alternative che possano offrire utili spunti di riflessione per l elaborazione di una propria originale soluzione. BENCHMARKING Tra le diverse definizioni di benchmarking esistenti in letteratura, una di quelle più accreditate lodescrive come un processo continuo e sistemico di misurazione dei prodotti/servizi/processiattraverso il confronto con le aziende riconosciute come leader nel proprio settore, finalizzato adeterminare i business e i processi migliori e a stabilire obiettivi razionali di performance (Kearns ecamp, 1996).Il benchmarking è una metodologia di management, che consente, attraverso un processo sistemicodi confronto tra aziende volto all individuazione delle migliori modalità organizzativo-gestionali, diottenere cambiamenti in grado di assicurare la sopravvivenza e la crescita dell azienda e di condurremisurazioni sulla base di obiettivi orientati al futuro, prescindendo dai risultati conseguiti in passato.in letteratura e nelle applicazioni aziendali si rileva l esistenza di cinque diversi approcci albenchmarking:benchmarking interno: confronta i processi o funzioni simili tra differenti unità della stessa azienda,allo scopo di individuare il livello di servizio migliore da erogare in quel contesto;benchmarking esterno (o competitivo): confronta lo stesso processo in aziende dello stesso settore,per verificare come operano i propri concorrenti diretti;benchmarking funzionale: confronta lo stesso processo in aziende reputate eccellenti quale che sial ambito della loro attività;benchmarking generico: confronta processi con processi di altra natura. Costituisce la forma piùevoluta di benchmarking prescindendo dall oggetto d indagine (confronto tra processi differenti) e dalsettore di appartenenza (le imprese possono far riferimento a settori differenti);benchmarking internazionale: confronta lo stesso processo in aziende dello stesso settore, ma operantiin mercati nazionali diversi.va inoltre sottolineato che l attività di benchmarking può essere svolta secondo due diverse modalità:la prima, Data benchmarking, consiste in un confronto su indicatori di performance; la secondainvece, Process benchmarking, prevede il confronto tra processi. Quest ultima categoria può essere asua volta suddivisa a seconda della tipologia di processo: processi operativi/primari, processigestionali e processi strategici. In questo ambito, potrebbe infatti essere utile, attraverso la ricostruzione degli elementi principali su cui si fonda la politica per l innovazione di alcune regioni individuate come termine di riferimento sulla base di criteri il più oggettivi possibile, evidenziare capacità superiori in specifici ambiti, quali ad esempio: 21

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