Corso di laurea in Comunicazione Interculturale A. A / 2016 Linguistica Generale Prof. Giorgio Francesco Arcodia

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1 Corso di laurea in Comunicazione Interculturale A. A / 2016 Linguistica Generale Prof. Giorgio Francesco Arcodia (giorgio.arcodia@unimib.it) 1. Le funzioni della lingua Il linguaggio umano è caratterizzato dalla plurifunzionalità; con la lingua si può adempiere ad una lista teoricamente illimitata di funzioni diverse (esprimere il pensiero, trasmettere informazioni, risolvere problemi, creare e regolare rapporti sociali, manifestare sentimenti...) Funzioni = scopi che possiamo conseguire tramite un atto linguistico

2 Componenti dell atto di comunicazione linguistica (R. Jakobson): 2. Referente (Contesto) 1. Parlante 3. Messaggio 6. Ascoltatore (Mittente) (Destinatario) 4. Canale (Contatto) 5. Codice referente: contesto, ciò a cui l atto linguistico rimanda, realtà extralinguistica. canale (contatto): fisico (l aria, la linea telefonica ), ma anche psicologico (connessione tra i partecipanti), permette la comunicazione. 2

3 Funzioni della lingua: 2. Referenziale 1. Emotiva 3. Poetica 6. Conativa 4. Fàtica 5. Metalinguistica ogni funzione è associata ad un componente dell atto comunicativo: 1. Emotiva 4. Fàtica 1. Parlante 4. Canale 2. Referenziale 5. Metalinguistica 2. Referente 5. Codice 3. Poetica 6. Conativa 3. Messaggio 6. Ascoltatore 3

4 1. Funzione emotiva / espressiva (parlante): quando il parlante esprime stati d animo, messaggio incentrato sull esprimere, piuttosto che sul comunicare. ess.: sono stufo!! che paura che bella sorpresa 2. Funzione referenziale (referente): funzione informativa, neutra, incentrata sul contenuto informativo. ess.: il volo BA 39 parte alle ore il mango è un frutto tropicale Parigi è la capitale della Francia 4

5 3. Funzione poetica (messaggio): si realizza la funzione poetica quando il messaggio che il parlante invia all ascoltatore è costruito in modo tale da costringere l ascoltatore a ritornare sul messaggio stesso per apprezzare il modo in cui è formulato (per la scelta dei suoni, delle parole, dei giri di frase, ecc.) (Graffi, G. & Scalise, S., 2013, Le Lingue e il Linguaggio [terza edizione], Bologna, Il Mulino) ess.: pubblicità poesia Inclinado en las tardes tiro mis tristes redes a tus ojos oceánicos (P. Neruda) 5

6 4. Funzione fatica (canale): quando si vuole aprire il canale, verificare questo sia aperto e disponibile o chiuderlo; in altre parole, se il destinatario ci sente, ma anche se ci ascolta. ess.: pronto!! mi senti? ci sei? mi stai ascoltando? mi segui? 5. Funzione metalinguistica (codice): uso del codice (lingua) per parlare del codice stesso; funzione realizzata, per esempio, da una grammatica descrittiva (dell italiano, del tedesco, etc.) o da un manuale per l apprendimento di una lingua. ess.: i verbi italiani possono appartenere a tre classi di coniugazione una pizza è l oggetto della frase ho mangiato una pizza cavallo si scrive con due elle 6

7 6. Funzione conativa (ascoltatore): quando si usa la lingua per agire sul comportamento dell ascoltatore, con ordini o esortazioni (spesso associata al modo imperativo, nelle lingue ove è presente tale distinzione) ess.: non parlare a voce così alta non gettare i mozziconi di sigaretta in cortile dai, sbrigati!! N.B.: normalmente, un messaggio assolve a più funzioni; tuttavia, la struttura del messaggio dipende principalmente dalla funzione predominante. ess.: un manuale per l apprendimento dell inglese (metalinguistica, conativa) poesia (poetica, espressiva) un messaggio di protesta (conativa, espressiva) (cf. Jakobson, R., 1960, Linguistics and poetics, trad. it. in Heilmann, L. (a cura di), Saggi di Linguistica Generale, Milano, Feltrinelli) 7

8 2. Lingua e variazione Presupposto: una lingua (storico-naturale) non è un blocco monolitico, conosce una certa articolazione interna e stratificazione; inoltre, il repertorio del parlante comprende almeno una lingua, articolata nelle sue varietà e, eventualmente, uno o più dialetti e/o altre lingue. Nessuna lingua, per quanto piccola sia l unità di agglomerazione considerata, è monolitica, per la semplice ragione che non lo è nemmeno la competenza degli individui che la formano. (Cardona, G.R., 2009 [1987], Introduzione alla sociolinguistica, Torino, UTET) Ogni lingua conosce al suo interno usi diversificati, forme differenti, modi diversi di esprimersi, realizzazioni specifiche, ecc., in relazione a diversi fattori sociali. Mediante tali differenziazioni la lingua si adatta a tutti i vari contesti d impiego possibili in una cultura e società, e permette di esprimere, assieme al significato referenziale dei segni linguistici in quanto tali, anche significati sociali e valori simbolici di varia natura (...). La ragione ultima della variazione linguistica sta quindi nel suo essere funzionale ai diversi bisogni comunicativi e più ampiamente sociali a cui per i suoi parlanti una lingua deve rispondere in un certo periodo storico in una certa comunità (Berruto, G. & Cerruti, M., 2011, La linguistica: un corso introduttivo, Torino, UTET) 8

9 Es.: Richiesta di fiammiferi ad un passante romano non ce n ho non ne ho non ce ne ho nun ce n ho nun ne ho Il significato è sempre uguale e di norma compreso senza problemi; la scelta del parlante permette di collocarlo nello spazio sociale sulla base di diversi parametri (come ad es. provenienza, livello di istruzione, etc.) nun ce l ho n ce ll ho (Cardona, G.R., 2009 [1987], Introduzione alla sociolinguistica, Torino, UTET) 9

10 Se la linguistica teorica si occupa del linguaggio e delle lingue spesso utilizzando, per così dire, modelli idealizzati (parlante nativo ideale, grammatiche normative, tradizione letteraria, etc.), la sociolinguistica si occupa della variazione della lingua negli usi concreti; si basa su parlanti reali, facenti parte di una comunità linguistica stratificata, e mette in relazione lingua, società e usi linguistici. Concetti chiave: (1) Comunità linguistica = insieme di tutte le persone che parlano una determinata lingua o varietà linguistica e ne condividono le norme d uso. (Graffi, G. & Scalise, S., 2013, Le Lingue e il Linguaggio [terza edizione], Bologna, Il Mulino) (2) variabile sociolinguistica = punto o unità del sistema linguistico che ammette realizzazioni diverse, equivalenti dal punto di vista del significato, connesse con fattori extralinguistici danno luogo alle varietà di lingua Ess.: pronuncia della consonante <s> tra due vocali, come in casa (parlanti settentrionali vs. centro-meridionali); diminutivi in uccio (parlanti centro-meridionali), pronome ci in luogo di gli e le (parlanti meno istruiti); padre (formale) vs. papà / babbo (confidenziale nazionale vs. toscano), etc. 10

11 (3) Varietà di lingua = insieme di forme linguistiche, ai vari livelli di analisi, che abbiano la stessa o analoga distribuzione sociale, cioè che cooccorrano (tendano a presentarsi insieme) in concomitanza con certe caratteristiche della società, dei suoi membri, e delle situazioni in cui questi si trovano ad agire (Berruto, G. & Cerruti, M., 2011, La linguistica: un corso introduttivo, Torino, UTET) sottoinsiemi riconoscibili e distinti di forme all interno di una lingua (Cardona, G.R., 2009 [1987], Introduzione alla sociolinguistica, Torino, UTET) la definizione di varietà di lingua tiene conto di fatti linguistici e di fatti sociali una varietà di lingua è costituita, in realtà, da un insieme di varianti solidali (= dotate dello stesso grado e natura di marcatezza sociolinguistica, in quanto tendono a comparire assieme in contesti simili ) una varietà si caratterizza in base a diverse dimensioni della variazione (in base al fattore sociale essenziale che condiziona la variazione) lingua come somma di varietà 11

12 Dimensioni sincroniche della variazione (asse della simultaneità): (1) Variazione diatopica: in rapporto all area geografica in cui viene usata la lingua, alla regione di provenienza dei parlanti e alla loro distribuzione geografica Ess.: italiano standard normativo, italiano regionale piemontese, etc. (2) Variazione diastratica: in rapporto allo spazio sociale (strati sociali, gruppi di parlanti, etc.) Ess.: italiano colto ricercato, italiano popolare etc. (3) Variazione diafasica (o situazionale): in rapporto alla situazione comunicativa in cui si usa la lingua Ess.: italiano formale aulico, italiano informale trascurato, etc. (4) Variazione diamesica: in rapporto al canale attraverso cui la lingua viene usata Ess.: scritto, parlato. 12

13 N.B.: ogni asse è un continuum Nelle reali varietà d'uso della lingua spesso le varie dimensioni si intersecano, e le relative varietà possono determinarsi [...] contemporaneamente secondo più assi di variazione [...]. Un italiano fortemente marcato in diatopia sarà per lo più anche una varietà socialmente bassa; l'italiano popolare, varietà diastratica tipica di fasce sociali non istruite, sarà per i suoi parlanti anche una varietà diafasica, il registro delle occasioni più formali (G. Berruto, 1993, Varietà del repertorio, in A. A. Sobrero (a cura di), Introduzione all'italiano contemporaneo. Vol II: La variazione e gli usi, Roma-Bari, Laterza) N.B./2: ogni parlante non controlla una sola varietà, ma un segmento (più o meno ampio) della gamma di variazione (repertorio linguistico); il parlante può alternare varietà di lingua, con vari gradi di consapevolezza (competenza comunicativa) 13

14 Dimensione diacronica della variazione (asse della successione): La variazione della lingua nel tempo. Ess.: Inglese antico (o anglossassone), antico alto tedesco, italiano contemporaneo, etc. la dimensione diacronica della variazione non viene normalmente tenuta in considerazione nello studio del repertorio linguistico di un parlante o di una comunità (per ovvi motivi ) Ess.: perdita della distinzione tra vocali brevi e lunghe nell evoluzione dal latino all italiano: cfr. lĕvis leggero vs. lēvis liscio mutamenti semantici nel lessico: lat. caballus cavallo da lavoro > it. cavallo nascita di forme verbali: lat. cantare habeo ho da cantare > canterò > *cantarabeo > it. canterò, fr. chanterai N.B.: > sta per diventa ; * indica una forma non attestata direttamente 14

15 3. La variazione diatopica: lingua, dialetti Tre nozioni fondamentali: (1) Italiano standard (normativo) (2) Italiano regionale (3) Dialetto (locale) Italiano standard: a partire dal XVI secolo, costruzione di una lingua letteraria a base toscana (Petrarca modello per la poesia, Boccaccio per la prosa; P. Bembo, 1525, Prose della Volgar Lingua); toscano urbano della classe colta di Firenze. Fino al 1861 non esisterà uno Stato italiano e l italiano bembiano resta perlopiù una lingua letteraria 15

16 in Italia, quella lingua ( ) diventò con il nuovo Stato unitario il modello imposto ( ) a comunità che per l innanzi erano spesso soltanto dialettofone. ( ) in Italia, come in Francia, la lingua nazionale incomincia ad essere sottoposta, proprio nel momento del suo faticoso trionfo, a processi di frammentazione, di divisione, di «destandardizzazione» ( ) ciò avviene soprattutto sul fronte della diatopia, cioè della variabilità spaziale. (T. Telmon, 1993, Varietà regionali, in A. A. Sobrero (a cura di), Introduzione all'italiano contemporaneo. Vol II: La variazione e gli usi, Roma-Bari, Laterza) una convergenza verso lo standard si attua quasi esclusivamente nella lingua scritta; in Italia, nessuno (se non notabili eccezioni del tutto speciali) possiede l italiano standard come lingua materna ( ). La pronuncia standard è il frutto artificiale di apposito addestramento (Berruto, Gaetano, 1987, Sociolinguistica dell italiano contemporaneo, Roma, Carocci) nell interazione quotidiana, nella maggior parte dei contesti, noi utilizziamo una varietà di italiano regionale o, eventualmente, di dialetto (magari in contesti più specifici) 16

17 Italiani regionali: Con la denominazione italiano regionale viene qui colta l ampia gamma di fenomeni compresa fra l italiano della tradizione letteraria e il dialetto; e si mette in rilevo che in Italia la prima fonte di diversificazione degli usi linguistici è quella legata alla distribuzione geografica, lungo l asse diatopico. (...) Gli italiani regionali sono nelle grandi linee il risultato dell influenza del dialetto retrostante sull italiano come si è venuto consolidando nelle varie regioni; questo non significa però che tutti i tratti che li caratterizzano siano frutto d interferenza del dialetto: una certa parte di relementi regionali sono infatti dovuti a tendenze strutturali interne autonome rispetto all influsso dialettale (Berruto, Gaetano, 2012, Sociolinguistica dell italiano contemporaneo (2 edizione), Roma, Carocci) gli italiani regionali sono un livello intermedio tra lingua standard e dialetti; sono influenzati dal dialetto locale (sostrato dialettale) e influenzano a loro volta la lingua nazionale, con l apporto di forme dialettali italianizzate, così come trasmettono ai dialetti elementi dello standard. 17

18 Esempi di tratti caratteristici di varietà regionali di italiano: (1) Realizzazione sonora della <s> tra due vocali (casa, mese); Nord Italia (2) Gorgia toscana (casa hasa) (3) Realizzazione di <e> apertissima accentata (in sillaba aperta o in sillaba chiusa da consonante nasale, ad es. perché, tre, caffè); Lombardia (4) Apocope degli infiniti verbali (faticare faticà, sentire sentì); Lazio, Abruzzo, Molise (5) Uso dell oggetto preposizionale (ho chiamato a Carlo); Centro-Sud (6) Uso quasi esclusivo del passato prossimo (vs. remoto); Nord (7) Uso dell articolo determinativo con i nomi propri di persona femminili (la Claudia); Nord (in Lombardia, anche con i nomi maschili) 18

19 (8) Uso di geosinonimi, lessemi della lingua italiana aventi, come i sinonimi, forma diversa e significato uguale, ma aventi anche, a differenza dei sinonimi comunemente riportati negli appositi dizionari, una diffusione arealmente più limitata, tanto da poter in taluni casi identificarsi in una singola città o poco più (T. Telmon, 1993, Varietà regionali, in A. A. Sobrero (a cura di), Introduzione all'italiano contemporaneo. Vol II: La variazione e gli usi, Roma-Bari, Laterza) ess.: cacio / formaggio, cocomero / anguria / melone, panetteria / forno / prestino (9) Regionalismi semantici scendere per uscire e uscire per estrarre (alcune aree del sud), togliere per riporre (Abruzzo), etc. (10) Regionalismi morfologici suffisso aro (Roma, centro) vs. aio (Toscana, standard), benzinaro vs. benzinaio; scatolo (Sicilia) vs. scatola (standard) (11) uso diffuso di verbi pronominali intensivi (mi sono visto un film); Sud 19

20 Lingua standard: lingua codificata, con una norma d uso e con disponibilità dei relativi testi di riferimento quali grammatiche e dizionari, frequentemente espressione di una tradizione letteraria di prestigio e di lunga data ( non si può dire che sia veramente lingua alcuna favella che non ha scrittore ; P. Bembo, Prose della volgar lingua, 1525); la lingua standard viene tipicamante usata nell insegnamento scolastico. Dialetti: Un dialetto è una lingua che ha un esercito e una marina (M. Weinrich). Dal punto di vista linguistico, non c è sostanziale differenza tra lingua e dialetto ; la distinzione tra di esse è di natura socioculturale. due accezioni diverse: sistema linguistico autonomo rispetto alla lingua nazionale, quindi un sistema che ha caratteri strutturali e una storia distinti rispetto a quelli della lingua nazionale [ma di norma strettamente imparentata ad essa] dialetto/2 (cf. ingl. dialect): varietà di una lingua nata dalla variazione diatopica della stessa (es. British English vs. Australian English; varietà locali di American English) (Marcato, C., 2002, Dialetto, dialetti e italiano, Bologna, Il Mulino) 20

21 Per la situazione italiana, parliamo piuttosto di dialetti (es. milanese) e di italiani regionali (es. lombardo) I dialetti italiani: meglio dire dialetti italiani o italo-romanzi (o dell italia ) che dialetti dell italiano, in quanto questi sono tutti discendenti del latino italiano (standard) emiliano lombardo toscano pugliese NO 21

22 latino emiliano lombardo toscano pugliese italiano (standard) I dialetti italiani sono il risultato di un processo di trasformazione e differenziazione del latino parlato diffuso, attraverso la conquista romana, non solo in Italia ma in buona parte dell Europa e lungo le coste dell Africa settentrionale. (...) non bisogna credere che tra lingua nazionale e dialetti esista una barriera; al contrario dialetto e lingua sono collegati in quanto sviluppi del latino e per i rapporti che da tempo si sono instaurati tra di loro. Esistono pure le varietà locali della lingua nazionale, ovvero l italiano come si parla a Milano, a Torino oppure a Napoli o Palermo, ma non si chiamano dialetti bensì italiano regionale (Marcato, C., 2002, Dialetto, dialetti e italiano, Bologna, Il Mulino) 22

23 Come distinguere una lingua da un dialetto? (a) X è un dialetto di Y se X deriva dalla stessa lingua da cui deriva Y questo è vero anche per italiano e spagnolo, derivate entrambe dal latino (b) X è un dialetto di Y se i parlanti di X e Y si comprendono reciprocamente questo è vero, di nuovo, anche per italiano e spagnolo: per i parlanti di certe zone è più facile comprendere una persona che parla francese o spagnolo di una che parla, ad esempio, dialetto napoletano (c) X è un dialetto di Y se X e Y condividono buona parte del loro lessico questo è vero anche per tutte le lingue sorelle, cioè derivate dalla medesima lingua madre; it. albero, sp. arbol, fr. arbre (d) X è un dialetto di Y se X e Y condividono una buona percentuale della grammatica vedi punto (c) 23

24 La distinzione tra lingua e dialetto non è giustificabile in termini puramente linguistici; i fattori rilevanti, di natura sociolingusitica, sono: (a) sul piano sociale, le lingue hanno un riconoscimento che il dialetto non ha. (b) sul piano funzionale, le lingue hanno un ambito di uso più ampio di quello dei dialetti. (c) sul piano politico, le lingue hanno uno statuto ufficiale (e una conseguente legislazione di riferimento) che i dialetti non hanno. Le lingue sono create per consentire scambi economici e culturali tra gruppi sociali geograficamente distanziati e come strumento imprescindibile per l'assetto amministrativo degli Stati nazionali costituitisi nell'età moderna. I vostri natii dialetti vi costituiscono cittadini delle sole vostre città; il dialetto toscano, appreso da voi, ricevuto, abbracciato, vi fa cittadini d Italia (Anton Maria Salvini, 1724, cit. in Marcato, C., 2002, Dialetto, dialetti e italiano, Bologna, Il Mulino) la gamma di funzioni dell italiano è aperta verso il basso, quella del dialetto è limitata verso l alto 24

25 Un dialetto è una lingua incompiuta? Secondo un opinione diffusa, un dialetto è una varietà della lingua nazionale poco diffusa (cioè diffusa a livello locale), con una modesta tradizione scritta, con una grammatica poco sviluppata, utilizzata da pochi parlanti (soprattutto anziani) e in poche circostanze Nei decenni che precedettero l unità, in tutta la Penisola ai dialetti, soprattutto alle loro varianti illustri elaboratesi nei maggiori centri urbani, competeva una piena dignità sociale: usati dagli strati popolari, lo erano altresì dai ceti più colti, dalle aristocrazie e perfino dai letterati, non soltanto nella vita privata, ma spesso anche nella vita pubblica e in occasioni solenni. In Piemonte si predicava in dialetto; il dialetto era d uso nei salotti della borghesia e dell aristocrazia milanese; a Venezia, il dialetto si affacciava e dominava perfino nelle orazioni politiche e giudiziarie; anche a Napoli il dialetto era d uso normale nella corte (...); il primo re d Italia, Vittorio Emanuele, usava abitualmente il dialetto anche nelle riunioni con i suoi ministri. A Venezia, a Milano, a Napoli, a Palermo si costituirono delle koinài dialettali illustri, entro cui si inalvearono tradizioni letterarie che con Meli, Porta, Goldoni raggiunsero elevati livelli poetici. Alle soglie dell unità, praticamente assente dall uso parlato, l italiano era dunque minacciato persino nel suo dominio dell uso scritto (De Mauro, T., 1970, Storia linguistica dell Italia Unita, Roma, Laterza.) 25

26 i dialetti hanno, dal punto di vista linguistico, la stessa complessità delle lingue nazionali; le lingue nazionali sono, molto frequentemente, dialetti promossi a lingue per ragioni storiche. (...) dialetti (o lingue) non si nasce, ma di diventa. Una qualsiasi varietà linguistica che si affermi in ambiti geografici e funzionali che in partenza non aveva può diventare così una lingua, e contrapporti a dei dialetti: è quello che è avvenuto al fiorentino del Trecento, che è diventato lingua solo imponendosi coi secoli sulle parlate delle altre regioni d Italia; e queste, per converso, sono diventate dialetti solo dopo aver adottato il fiorentino come varietà di riferimento (Basile, G. et al., 2010, Linguistica Generale, Roma, Carocci) È l uso sociale protratto per secoli, è la vicenda storica esterna che di un idioma fa o no una lingua di cultura nazionale (De Mauro, T., 1977, Scuola e linguaggio, Roma, Editori Riuniti) 26

27 l opposizione dialetto-lingua, nel contesto italiano, viene sentita soprattutto a partire dal Rinascimento; era comune l uso di termini come lingua veneziana, lingua bergamasca, etc. (cfr.la Grammatica della lingua toscana di Leon Battista Alberti, ) Individuate le lingue, le altre varietà sono considerate dialetti, con la conseguenza di diatribe di ogni genere e in ogni ambiente. (...) Ai giorni nostri il problema può essere assoutamente vuoto se dietro discussioni che vogliono richiamarsi a una pretesa distinzione scientifica si vogliono sosenere interessi di campanile, da un lato, o, peggio, volontà di sopraffazione dell altro (Cardona, G.R., 2009 [1987], Introduzione alla sociolinguistica, Torino, UTET) Ogni volta che affiora, in un modo o nell altro, la quistione della lingua, significa che si sta imponendo una serie di altri problemi: la formazione e l allargamento della classe dirigente, la necessità di stabilire rapporti più intimi e sicuri tra i gruppi dirigenti e la massa popolare-nazionale, cioè di riorganizzare l egemonia culturale (Gramsci, A., , Quaderni del carcere, Quaderno 29, 3) 27

28 si veda il caso dell ex-jugoslavia: serbo-croato > serbo croato bosniaco montenegrino cfr. British English vs. American English: nonostante le numerose differenze a tutti i livelli (fonologico, morfologico, sintattico, lessicale, ortografico), sono considerate varietà (dialects) di una stessa lingua (e non lingue separate) 28

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