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1 Su alcune serie pluviometriche italiane. Questi irrisolti, incongruenze e qualche riflessione generale. Fig. 1 La serie storica dei totali annui al Collegio Romano. A tratto grosso è indicata la media mobile di periodo 3, con 25 iterazioni; a tratteggio il trend lineare, espresso dall equazione riportata nel grafico. RIASSUNTO: Sono discussi vari problemi emersi dall esame della serie pluviometrica del Collegio Romano e di altre relative sempre al territorio italiano. La piovosità annua al Collegio, dopo il 1940, risulta inferiore di oltre il 15% rispetto a quella di tutte le altre stazioni dell area di Roma; una situazione simile riguarda, ad esempio, anche il centro storico di Bologna, dove le due stazioni del Servizio Idrografico mostrano una differenza di 100 mm nella media dei totali annui sul periodo È stato anche notato come alcuni studi in merito alle variazioni temporali dei caratteri dell intensità presentino risultati molto dubbi che devono probabilmente essere addebitati all elaborazione di serie contenenti errori significativi. ABSTRACT: About some Italian rainfall series. Doubts, unsolved questions and some general considerations In this paper the author discusses various problems emerged from the analysis of the rainfall data series of the Collegio Romano (Rome) and of other Italian stations. The average ( ) annual rainfall in the Collegio Romano is lower by more than 15% if compared to that of all other stations in the area of Rome. We can find a similar situation in the historic centre of Bologna, where the two stations of the Servizio Idrografico show a difference of 100 mm in the average annual total over the period It was also noted that recent research on the temporal variations of the precipitation intensity in Italy presents very doubtful results that are probably due to the presence of significant errors in the examined series. 1. INTRODUZIONE Lo scopo del presente lavoro è quello di ragionare in merito a vari dubbi scaturiti dall esame di alcune serie pluviometriche italiane, con particolare riguardo per quella del Collegio

2 Romano, la più lunga che possa essere ricostruita per il nostro Paese. La questione è di importanza senza dubbio rilevante, in quanto i problemi emersi sono tali da poter mettere in discussione i risultati di certe ricerche e, in qualche caso, da rendere difficilmente applicabili talune delle procedure adottate come prassi negli studi di climatologia. 2. LA SERIE DEL COLLEGIO ROMANO L interesse per questa serie deriva dall aver osservato che nella zona di Roma i valori di pioggia sono in genere assai superiori a quelli misurati appunto al Collegio; in merito ad essi esistono già alcuni studi, sui cui risultati sarà quindi importante fare alcune riflessioni, in rapporto con quanto scaturito dalla presente analisi. Come prima fase della ricerca, si è ovviamente provveduto alla ricostruzione delle serie pluviometriche, scegliendo di ricorrere solo a dati ufficialmente pubblicati e quindi di diretta disponibilità per chiunque volesse effettuare una verifica. Il Collegio Romano è sede di un osservatorio meteorologico nel quale le misurazioni sistematiche hanno avuto inizio nel 1782 e sono ininterrottamente proseguite fino ad oggi; l osservatorio del Collegio è stato gestito, a partire dal 1876, dall Ufficio Centrale di Meteorologia, che poi nel tempo ha più volte cambiato denominazione anche in rapporto ai passaggi di dipendenza dello stesso da una struttura statale ad un altra. Sempre nell edificio del Collegio è collocata una stazione di misura del Servizio Idrografico, i cui dati sono perciò reperibili negli Annali Idrologici; tali statistiche iniziano nel 1922, ma le informazioni disponibili non permettono purtroppo di capire se la stazione abbia effettivamente iniziato a funzionare in questo anno, oppure se per un certo periodo siano state riportate sugli Annali le misure operate dall Ufficio di Meteorologia. Sugli Annali suddetti, sezione di Roma, la stazione del Collegio Romano è l unica per la quale non c è stata soluzione di continuità nelle misurazioni durante il periodo Per gli anni successivi i dati pluviometrici giornalieri sono contenuti nell archivio on-line del sito dell attuale Ufficio Idrografico della Regione Lazio, per cui è stata ricostruita la serie completa delle piogge giornaliere dall 1 gennaio 1922 al 31 dicembre A riguardo di questi dati (di seguito indicati con la sigla SI) è importante ricordare che la presenza nelle statistiche delle varie annate di qualche stazione vicina ha permesso un controllo dei valori del Collegio, accertando così l assenza di errori grossolani. Per le misure provenienti dall osservatorio (nel seguito indicate con la sigla UM) il periodo è interamente coperto dalle tabelle del volume di Trevisan V. del 1980; si tratta del testo di sintesi di un lavoro volto alla creazione di un archivio prototipo su supporto meccanizzato e condotto nell ambito del Progetto Finalizzato Promozione della qualità dell ambiente. Per gli anni dal 1993 al 2011 esistono poi i Bollettini editi dalla direzione dell Ufficio (secondo le sigle UCEA, poi CRA-UCEA ed infine CRA-CMA), nei quali sono contenuti tutti i valori giornalieri; rimane quindi scoperto l intervallo In ragione di quanto ora detto, la costruzione della serie ultrabisecolare completa dei totali annui ha richiesto un unione fra le informazioni provenienti dalle due fonti citate. Tale operazione è parsa priva di qualunque controindicazione, in base al raffronto effettuato fra i dati UM e quelli SI per i 78 anni comuni ( e ): da tale verifica è emerso infatti che i valori dei cumulati mensili hanno differenze di entità sempre non superiore alle incertezze nelle misurazioni. L andamento dei totali annui ed il confronto con altre stazioni della zona di Roma Stante la già citata concordanza fra le statistiche UM e SI per quanto concerne i valori mensili, i rispettivi dati dei cumulati annui hanno ovviamente presentato differenze sempre molto contenute, per cui si è deciso di studiare la relativa serie, considerando, per gli anni di contemporanea disponibilità, la media fra le due fonti. La media generale delle precipitazioni annue è stata di 787 mm, con i valori compresi fra un minimo di 319 (nel 1834) ed un massimo di 1485 (nel 1900). Osservando l andamento storico (Fig. 1), si nota una fase asciutta fra il terzo ed il quarto decennio dell Ottocento, seguita da una progressiva crescita che ha portato a raggiungere i livelli più elevati all inizio del Novecento. Successivamente le piogge sono diminuite gradualmente fino agli anni Quaranta, quando si evidenzia un calo più brusco; nei decenni

3 seguenti i totali si sono poi mantenuti su livelli piuttosto bassi. Nel complesso le piogge mostrano una diminuzione, come indicato dal trend lineare negativo, la cui significatività è del 99,9%. (fig.1) Applicando i test di omogeneità di Buishand (1982) e di Pettitt (1979) è risultato, con probabilità del 99,9%, che nella serie è presente un punto di rottura, corrispondente all anno 1941 (Fig. 2). Il decremento generale degli afflussi meteorici dovrebbe quindi essere interpretato non come il risultato di un processo progressivo, bensì come l effetto prevalente di un salto negativo dei valori, in base al quale la serie del Collegio Romano sarebbe perciò considerata secondo lo sviluppo dei due sottoperiodi e Entrambi appaiono caratterizzati da deboli trend positivi degli afflussi totali, di cui quello degli anni è del tutto privo di significatività. Essendo le medie pari a 833 mm per il primo intervallo ed a 686 per il secondo, si calcola una riduzione delle piogge del 17,6%. Per verificare se tale andamento climatico sia congruente con quello regionale, bisognerebbe disporre di ulteriori stazioni vicine con serie di grande lunghezza; dato che ciò non è possibile, ci si limiterà ad altri tipi di considerazi e Fig. 2 L applicazione del test di Pettitt alla serie storica dei totali annui al Collegio Romano; l andamento della relativa statistica (linea rossa, asse di destra) denota un punto di rottura corrispondente all anno A tratteggio sono indicati i trend lineari relativi ai sottoperiodi Un valore delle piogge annue a Roma inferiore ai 700 mm risulta particolarmente basso, come in effetti confermato dal confronto con le statistiche esistenti. Ad esempio, le medie dell Aeronautica Militare riportano per la zona in oggetto: Guidonia 799, Roma Urbe 837 e Roma Ciampino 875; per lo stesso trentennio al Collegio si hanno solo 695 mm. Utilizzando gli Annali Idrologici, si può effettuare un raffronto con le stazioni di Roma Flaminio e Roma Eur disposte praticamente sullo stesso meridiano del Collegio, con la prima nella parte Nord dell abitato e la seconda in quella Sud; con riferimento al periodo , le medie risultano rispettivamente pari a 840 e 837 mm, a fronte di 683 per il Collegio. Da rilevare oltretutto che il quantitativo di quest ultima ha superato quello di Flaminio in soli 5 casi su 54 e quello dell Eur in 2 su 55. Le differenze ora segnalate sono di tale entità da far pensare in prima istanza che il break point nella serie del Collegio sia dovuto a cause non climatiche e quindi a misure in qualche modo erronee; arrivare ad una soluzione certa del problema, è però tutt altro che semplice, visto che la discontinuità nel 1941 è molto chiara sia per i dati UM che per quelli SI, senza contare il fatto che la stazione, per la sua collocazione e per l importanza storica, ha sempre goduto di un livello di controllo certamente molto superiore alla norma. Purtroppo i lavori scientifici già pubblicati non aiutano affatto nel dirimere la questione. Beltrano e Mangianti (1994), considerando che la media è di 685,1 mm, affermano che è molto evidente il calo delle precipitazioni al Collegio, ma non fanno alcun accenno ad eventuali salti e tanto meno a

4 confronti con altre stazioni. Gli stessi Autori nel 1995 commentano un grafico delle piogge , limitandosi ancora ad osservare una decrescita successiva agli anni Trenta del secolo scorso; viene rilevato che la media del sessantennio (711,4 mm) è assai inferiore a quella generale, ma non c è alcun riferimento alla piovosità di località vicine. Nel Bollettino Ucea del 2005, Mangianti e Perini parlano dell andamento delle precipitazioni nel periodo , precisando che è stata evidenziata una netta tendenza alla loro riduzione (addirittura -230 mm sul trend lineare), registratasi soprattutto nella parte finale della serie; anche in questa occasione non ci sono però raffronti con le misure di stazioni contermini e non si parla di discontinuità, nonostante che quella degli anni Quaranta sembri apparire molto evidente anche da un esame qualitativo del grafico da loro proposto (Fig. 3). Fig. 3 Il grafico proposto da Mangianti e Perini (2005). Tali Autori lo commentano dicendo che «è stata evidenziata una netta tendenza che nel corso degli anni, soprattutto quelli più recenti, ha visto diminuire la quantità annuale di pioggia»; un semplice esame visivo indica invece un salto negativo all inizio degli anni 40 con un andamento successivo che pare stabile. Fonte: Bollettino UCEA, 2005 Dalle informazioni disponibili sul testo di Trevisan risulta che la stazione di misura dell Ufficio Meteorologico ha subito nel tempo solo minimi spostamenti, rimanendo sempre nella parte sommitale del Collegio Romano; non sono emerse quindi delle variazioni nelle modalità di misurazione cui imputare una rottura nell omogeneità delle serie. In sostanza non si riesce a capire cosa potrebbe portare agli eventuali errori nelle misure del Collegio Romano, oltretutto presenti anche per i dati SI, ma, d altro canto, sarebbe quasi incredibile che risultassero falsati i dati di tutte le stazioni contermini, di fonte sia Aeronautica sia Servizio Idrografico. È opportuno ricordare che è stato spesso segnalato che i pluviometri posti in posizione sommitale di edifici forniscono valori inferiori di quelli normali (Aguilar et al., 2003), ma anche tale questione non è troppo chiara, visto che in vari casi il fenomeno non è percepibile. Se per il Collegio si trattasse di questo problema, non vi sarebbero allora motivi per escludere che il salto del 1941 sia dovuto a cause climatiche. Un analogia, pur con escursione minore, è stata individuata per le precipitazioni a Pisa (Pinna, 2012), ma ad esempio per Grosseto, cioè in posizione intermedia fra Roma e Pisa, la serie delle piogge annue non ha invece alcun change point. In definitiva non pare al momento possibile formulare alcuna spiegazione convincente, per cui ci si deve semplicemente limitare a supporre che qualche caratteristica del sito generi al Collegio dei dati sottostimati. Altrimenti si dovrebbe ammettere che in un ambito geografico ristretto e sostanzialmente omogeneo possano coesistere dati pluviometrici molto diversi tra loro, generando però ulteriori problemi generali; con una variabilità spaziale così marcata, sarebbe infatti ben difficile effettuare delle classificazioni climatiche secondo le procedure comunemente seguite e, in conseguenza, anche il tracciamento di carte a isoiete risulterebbe piuttosto aleatorio.

5 3. LE PIOGGE NELL AREA URBANA DI BOLOGNA Una situazione in qualche modo similare a quella romana la ritroviamo nel centro urbano di Bologna, dove sono state posizionate due stazioni del Servizio Idrografico denominate Bologna Università e Bologna Idrografico, le cui statistiche sono anche reperibili nell archivio pluviometrico dell Autorità di bacino del fiume Reno. Nel periodo di funzionamento comune ( ), la prima ha mostrato una media annua di 684 mm, mentre la seconda di 784, cioè quasi il 15% in più; forse ancor più rimarchevole il fatto che in uno solo dei 44 anni la pioggia di B. Idrografico è stata inferiore (- 1,3% nel 1959), mentre in due casi ha superato quella dell Università di oltre il 30%. Tenendo conto che la distanza fra le due stazioni è di poche centinaia di metri, le loro differenze nei totali annui non appaiono giustificabili, se non pensando ad un errore sistematico; considerarle entrambe valide, porterebbe a quei problemi di ordine generale prima accennati. Da notare in proposito che un esame della serie di Bologna , disponibile nel grande archivio online dell ECA&D (Klein Tank, 2002), dimostra che essa è basata, salvo alcune correzioni di assai modesta entità, su B. Università fino al 1978 e su B. Idrografico negli anni successivi; nel complesso si evidenzia un andamento fortemente crescente delle precipitazioni annue (+204 mm/secolo per il trend lineare), di certo non in linea con i caratteri climatici generali della pianura Padana e, ad esempio, incongruente con quello della serie di Ferrara (Fig. 4). Fig. 4 Le serie delle precipitazioni annue di Bologna e di Ferrara estratte dall archivio on-line di Eca&d. Appare evidente un andamento del tutto diverso tra loro, con una forte crescita nella prima e un calo nella seconda; assai difficile poter trovare una giustificazione climatica a tale situazione. Fonte: 4. ALTRI PROBLEMI RELATIVI A SERIE PLUVIOMETRICHE ITALIANE Che varie statistiche italiane sulle precipitazioni soffrano spesso di problemi assai sensibili, è dimostrato anche dall esistenza di alcuni dati davvero lontani da ogni possibile realtà; si faranno di seguito due esempi tratti entrambi dall archivio dell ECA&D (Fig. 5). Il primo è relativo alla zona di Alghero, dove nelle due stazioni denominate Alghero e Alghero Fertilia si sarebbero rispettivamente registrati dei cumulati annui pari a mm 2797 e 2849 nel 1984, 2292 e 2272 nel 1985, 2142 e 2115 nel 1986, cioè valori plausibili per una località delle Alpi Apuane, ma non certo per le aree costiere della Sardegna; il secondo riguarda Monte S. Angelo, in provincia di Foggia, che nel periodo avrebbe ricevuto una pioggia media annua di 61 mm, di certo più consona ad una regione Sahariana piuttosto che ai contrafforti del Gargano.

6 Fig. 5 Le serie delle precipitazioni annue di Alghero e di Monte S. Angelo estratte dall archivio on-line di Eca&d. Un semplice esame dei grafici è sufficiente a chiarire la presenza di dati completamente al di fuori della realtà. È probabile che diversi lettori, valutando gli ordini di grandezza di simili errori, trovino la questione soltanto risibile, ma è bene precisare che dati di tal genere permangono per anni negli archivi informatici e che, in ragione delle modalità automatiche di accesso agli stessi, possono talvolta essere acquisiti insieme ad altri e quindi computati come reali, se non vengono effettuate le opportune verifiche. Un gruppo internazionale di ricerca ha pubblicato un articolo (Alpert et al., 2002) dal quale risulterebbe un marcato aumento nella seconda metà del XX secolo degli eventi piovosi estremi nell area mediterranea; lo studio si basa sull analisi delle piogge giornaliere di 265 stazioni, delle quali 3 a Cipro, 38 in Israele, 182 nella Spagna orientale e 42 sul territorio italiano. Non sono fornite informazioni in merito alla loro ubicazione, ma soltanto sulla provenienza dei dati che, nel caso di quelli italiani, si dichiara essere stati forniti dall Aeronautica Militare. A riguardo proprio dell Italia, viene rilevata una netta tendenza all incremento del contributo offerto dalle classi di maggiore intensità, la D1 ( mm/d) e, soprattutto, la D2 (> 128 mm/d), ma un esame del grafico fornito nel lavoro (Fig. 6) evidenzia una situazione a dir poco dubbia. La serie D2, dopo aver oscillato tra 0 e 2% nel trentennio (in ben 10 annate su 30 il dato è pari a 0%), passa negli anni Ottanta a valori completamente diversi, tanto che nel 1985, 1986 e 1987 si attesta rispettivamente intorno a 17, 14 e 9%. Per avere un dato medio nazionale vicino al 15% sarebbe necessario ammettere che episodi di pioggia giornaliera di oltre 128 mm siano capitati in quell anno in tutte o quasi le località censite; ne deriva quindi che, se le statistiche fossero attendibili, gli anni Ottanta rappresenterebbero un momento incredibilmente anomalo dal punto di vista delle piogge intense. Oltretutto soltanto in Italia, visto che, dall osservazione dei relativi grafici contenuti nell articolo, la classe D2 non risulta supera mai il 3% in Israele e in Spagna. In realtà il decennio 80 risulta essere caratterizzato da una frequenza medio-bassa di eventi estremi, tanto che in questo periodo, tra i fatti alluvionali di particolare rilievo, si ricorda solo quello della Valtellina nel 1987 (il disastro della Val di Stava nel 1985 fu infatti dovuto a cause indipendenti dal clima). Una verifica condotta per la Toscana, mediando i dati di 7 stazioni del Servizio Idrologico Regionale (Massa, Pisa, Lucca, S. Marcello Pt, Vallombrosa, Larderello e Grosseto), ha fornito un quadro completamente diverso da quello di Alpert et al. (Fig. 7), con un trend stazionario nel periodo e valori nulli in tutto l intervallo Da rilevare inoltre che, se il massimo del 1966 l anno della grande alluvione in Toscana (un evento di ricorrenza ultrasecolare) è vicino all 11%, arrivare ad un 15-17% addirittura come media nazionale non pare proprio plausibile.

7 Fig. 6 L andamento delle serie del contributo (%) al totale delle piogge per 6 classi di valori dell intensità giornaliera; i dati sono quelli mediati per 42 stazioni del territorio italiano. A tratto grosso è stato evidenziato, in questa sede, il grafico della classe D2 (relativa agli eventi > 128 mm) che presenta un massimo eccezionale negli anni 80. Fonte: Alpert et al., 2002 Fig. 7 Serie del contributo al totale annuo per la componente data dagli eventi giornalieri superiori ai 128 mm. I valori riportati rappresentano la media delle stazioni di Massa, Pisa, Lucca, S. Marcello Pt, Vallombrosa, Larderello e Grosseto; a tratteggio il trend lineare di cui è indicata l equazione. Un ulteriore riprova di ciò è fornita da un altro lavoro scientifico uscito nello stesso periodo. Brunetti et al. (2002), studiando le precipitazioni in 75 stazioni italiane, elaborano anche un indicatore relativo all incidenza annua degli eventi estremi per intervalli di cinque giorni consecutivi. La serie storica di tale indicatore (Fig. 8) chiarisce come gli anni Ottanta rappresentino una fase nettamente al di sotto della media, in totale contrasto, quindi, con quanto scaturito dalla ricerca di Alpert et al.. Nel triennio in oggetto ( ) i valori dell indice, a fronte di una media generale di 82, sono pari a 9, 90 e 48. Fig. 8 Un indicatore dell incidenza delle precipitazioni estreme per periodi di cinque giorni; i dati sono riferiti all intero territorio italiano, in base alle statistiche di 75 stazioni. Fonte: Brunetti et al., 2002

8 Sembra quindi logico ritenere che Alpert et al. abbiano utilizzato per l Italia delle serie pluviometriche contenenti una parte dei dati decisamente erronea, la cui computazione ha condotto a risultati quanto meno discutibili. Interessante infine precisare che ben 51 delle 75 serie studiate da Brunetti et al. provengono anch esse dagli archivi dell Aeronautica Militare, fatto che accentua ancor più le perplessità in merito alle suddette questioni. 5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Gli esempi riportati nei paragrafi precedenti dimostrano che almeno una parte della documentazione climatica disponibile per l Italia è caratterizzata da problemi che possono creare un serio ostacolo alla corretta elaborazione statistica delle serie di dati e perciò al raggiungimento di risultati affidabili dal loro studio. L esempio del Collegio Romano è significativo in questo senso, visto che pure per la serie pluviometrica più lunga (e forse più conosciuta e studiata) del nostro territorio permangono dei dubbi che, come si è prima discusso, non è davvero facile chiarire. Questa situazione di difficoltà, come in genere accade, non è dovuta ad un singolo motivo, ma al concorso di cause diverse, non tutte semplici da individuarsi; di seguito se ne citeranno due ritenute come particolarmente rilevanti nella questione. Per lungo tempo nel nostro Paese gli studi di climatologia (caratterizzazione e distribuzione geografica degli elementi, tendenze temporali ecc.) hanno riscontrato interesse solo in un numero troppo limitato di ricercatori, facendo sì che certe conoscenze di base sull Italia non potessero essere sviluppate appieno. Prima dell avvento degli strumenti informatici che oggi sono di uso costante, l acquisizione e l elaborazione dei dati rappresentavano un impegno considerevole, per cui, stante la ridotta attenzione ora ricordata, molte serie si sono andate creando senza che fossero progressivamente controllate ed esaminate da esperti. Una certa inversione di tendenza si è notata da non più di quindici anni a questa parte, in ragione soprattutto dell obiettivo di verificare alcune indicazioni dell IPCC in merito a modificazioni che sarebbero avvenute in determinati aspetti del clima, con particolare riguardo alla pluviometria. È ovvio però che, col passare del tempo, è sempre più complesso reperire tutte le informazioni necessarie, ad esempio, per capire l origine di eventuali disomogeneità, per cui la ricostruzione di serie affidabili è sovente assai più complessa di quanto si possa pensare. La seconda causa, di certo la più importante, è quella relativa alla storica mancanza nel nostro Paese di un ente nazionale per la climatologia che si occupi della raccolta di misure, in base alle quali creare, verificare ed aggiornare delle serie ufficiali attendibili di lungo periodo. Lo stesso Servizio meteorologico dell Aeronautica militare, nonostante il prestigio dovuto alla sua lunga storia, non ha tutti i caratteri per essere considerato in tal modo, sia per la tradizionale prevalente vocazione alle previsioni meteorologiche, sia soprattutto per l esiguo numero di stazioni censite (circa un centinaio). Fino agli anni Novanta, esisteva una struttura nazionale che gestiva su tutto il territorio alcune migliaia di stazioni di misura: si trattava del Servizio Idrografico, un ente tecnico non prettamente votato a studi climatologici, bensì al controllo dei bacini fluviali, ma che garantiva misure di temperatura e di piogge con una fittezza davvero notevole e con discreta affidabilità. Dotando il Servizio di un comitato scientifico centrale, si sarebbero potuti ottenere anche dei risultati di grande rilievo per le ricerche di climatologia, a fronte di un esiguo investimento di risorse. La disponibilità di molte stazioni avrebbe infatti consentito il fondamentale controllo incrociato dei loro dati (di gran lunga più rapido di prima nell era del computer), al fine di eliminare o ridurre di molto gli errori presenti; scegliendo quindi dall insieme un congruo numero di stazioni di qualità, sarebbe stato allora possibile arrivare alla formazione di serie ufficiali italiane di almeno 80 anni di lunghezza, cui ognuno potesse fare riferimento per motivi pratici o di ricerca pura. Invece di operare in questa direzione, è stato assurdamente deciso di polverizzare il Servizio nazionale in tanti enti regionali privi di qualsiasi collegamento, mettendo la parola fine ad ogni speranza di avere un sistema che fornisse dei dati generali affidabili.

9 In una situazione di questo tipo è ovvio che anche a domande fondamentali del tipo «quali sono state le tendenze delle precipitazioni nelle diverse aree geografiche italiane, durante il XX secolo?» oppure «si sono verificate delle significative variazioni nell intensità delle piogge?» non è attualmente possibile dare delle risposte sicure, contrariamente a quanto molti invece credono. BIBLIOGRAFIA AGUILAR E. et al., 2003, Guidelines on climate metadata and homogenization, WCDMP Guidelines series, WMO/TD n. 1186, p. 52. ALPERT P. et al., The paradoxical increase of Mediterranean extreme daily rainfall in spite of decrease in total values, Geophysical Research Letters, 29, 2002, n. 11, pp BELTRANO M. C., MANGIANTI F., Analisi della serie storica delle precipitazioni rilevate all Osservatorio di Roma Collegio Romano, Atmospheric physics and dynamics in the analysis and prognosis of precipitation fields, Roma, BELTRANO M. C., MANGIANTI F., Le precipitazioni a Roma, Ucea, Roma, BRUNETTI M. et al., Droughts and extreme events in regional daily Italian precipitation series, International Journal of Climatology, 22, 2002, n. 22, pp BUISHAND T. A., Some methods for testing the homogenety of rainfall records, Journal of Hydrology., 58, 1982, pp KLEIN TANK A.M.G. et al., Daily dataset of 20th-century surface air temperature and precipitation series for the European Climate Assessment, International Journal of Climatology, 22, 2002, pp MANGIANTI F., PERINI L., Osservazioni meteorologiche dell anno 2004, Bollettini Ucea, Roma, PETTITT A. N., A nonparametric approach to the change-point problem, Journal of Applied Statistics, 28, 1979, pp PINNA S., 2012, Argomenti di Climatologia Applicata, Roma, Aracne, p. 197.

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