PRO C E S S I D I I N D U S T R I A L I Z ZA Z I O N E N E L ME Z ZO G I O R N O: LA C O S T RU Z I O N E

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1 PRO C E S S I D I I N D U S T R I A L I Z ZA Z I O N E N E L ME Z ZO G I O R N O: LA C O S T RU Z I O N E D E L T E R R I TO R I O N E L S I S T E M A D I FA B B R I C A IN T E G R ATA Ada Cavazzani PREMESSA Nel 1991 la Fiat, principale gruppo industriale privato italiano, decide di localizzare in Basilicata un nuovo stabilimento per la produzione automobilistica basato sui principi innovativi della fabbrica integrata e della produzione snella, che rappresenta una delle più rilevanti iniziative industriali degli ultimi vent anni nel Mezzogiorno. Il laboratorio di Melfi diventa così un terreno privilegiato non solo per la sperimentazione, da parte della Fiat, di un nuovo modello di organizzazione della produzione, ma anche per l analisi e l interpretazione dei nuovi processi di industrializzazione nel Mezzogiorno, da parte di numerosi enti di ricerca. Nella fase progettuale e di prima attuazione dell intervento diversi studi sono stati svolti dagli organismi tradizionalmente attivi sulle tematiche dello sviluppo del Mezzogiorno (SVI- MEZ, 1993; FORMEZ, 1994; Meridiana, 1994; CENSIS, 1995), oltre che da economisti e sociologi di diverse Università (Cerruti e Rieser, 1991; 1993; Carrieri et al., 1993; Bonazzi, 1993; Cersosimo, 1994). La disponibilità della Fiat, certamente innova t i va rispetto alla tradizione aziendale, a confrontarsi anche con il mondo della ricerca ha stimolato lo sviluppo di analisi direttamente connesse con la crescita dello stabilim e n t o. Tra i gruppi di ricerca che hanno lavorato in questi anni su Melfi, il Dipartimento di Sociologia e di Scienza Politica dell Università di Calabria ha promosso diverse attività, che comprendono cicli di seminari con i responsabili dell organizzazione Fiat (Magnabosco, Costanzo, Massone), tesi di dottorato (Costanzo, Pulignano, Commisso, Caputo, DeAngelis, For- 11

2 Melfi in time tunato), ricerche (Della Rocca, Cavazzani, Fiocco, Oliveri, Sivini, Vitale) e pubblicazioni (Fiocco, 1997; 1998; Pulignano, 1997; 1999; Commisso, 1999; Sivini, 1999). Altrettanto favorevole allo sviluppo delle ricerche è stato l interesse delle istituzioni locali, che hanno promosso alcune indagini finalizzate alla comprensione delle trasformazioni indotte a livello locale dal nuovo insediamento industriale. Un ruolo particolarmente attivo è stato quello della Regione Basilicata, che ha sostenuto sia la pubblicazione di diversi studi, nella fase di avvio del progetto, che lo svolgimento di ricerche empiriche. Anche la Provincia di Potenza ed il Comune di Melfi hanno contribuito allo sviluppo del dibattito. Gli elementi più innovativi degli studi effettuati finora riguardano principalmente le trasformazioni interne alla fabbrica, mentre le ricerche sul contesto territoriale esterno tendono a riprodurre le analisi tradizionali sull impatto territoriale degli insediamenti industriali. Per spiegare le ragioni dell insediamento Fiat a Melfi è opportuno richiamare brevemente il contesto politico ed economico entro il quale l iniziativa si colloca, con riferimento a due questioni: l industrializzazione per lo sviluppo del Mezzogiorno e la riorganizzazione del sistema produttivo Fiat. L INDUSTRIALIZZAZIONE PER LO SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO Nelle regioni del Mez zogiorno l industrializzazione continua ad essere considerata uno dei principali strumenti di promozione dello sviluppo e di riduzione degli svantaggi rispetto alle aree del Centro - No rd. Intorno a questo obiettivo si sono create particolari conve r g e n ze di interessi tra le forze politiche, sia locali che nazionali, e gli imprenditori, per lo più esterni al Mez zo g i o r n o. Lo Stato ha assunto un ruolo centrale nel determinare le condizioni per l industrializzazione delle regioni meridionali, part e n d o dalla considerazione che in tali aree non esistevano sufficienti risorse e capacità impre n d i t o r i a l i. Dopo una prima fase di pre-industrializzazione, avviata nel corso degli anni 50 e finalizzata alla creazione delle infrastrutture necessarie per gli insediamenti industriali, i primi interventi di industrializzazione del Mezzogiorno hanno cominciato ad essere attuati a partire dagli anni 60. Lo Stato è intervenuto direttamente, attraverso l insediamento delle imprese delle par- 12

3 Processi di industrializzazione nel Me z zo g i o rn o tecipazioni statali vincolate a localizzare al Sud il 40 per cento dei propri investimenti, principalmente nei settori di base della siderurgia, petrolchimica e chimica derivata. Ha inoltre favorito, attraverso gli incentivi industriali, il trasferimento di iniziative industriali dalle aree del Nord, dove si erano storicamente determinate le condizioni favorevoli allo sviluppo della grande industria. Nonostante l alto flusso degli investimenti, il sistema industriale meridionale non si è consolidato come struttura stabile ed è rimasto sostanzialmente dipendente dall esterno. Gli studiosi concordano sul fatto che le grandi imprese, operando come cattedrali nel deserto, non sono riuscite a promuovere uno sviluppo del contesto territoriale ed a generare attività indotte localmente (Giannola, 1986). Il limitato impatto a livello territoriale di questo tipo di interventi è stato richiamato in un recente studio, che tende invece a valorizzare le potenzialità dell insediamento Fiat a Melfi per lo sviluppo del territorio (FORMEZ, 1994). A partire dagli anni 80 la politica di industrializzazione si è orientata anche verso il sostegno alle imprese di piccola e media dimensione, con l obiettivo di promuovere nuove forme di sviluppo basate sulla valorizzazione delle risorse locali. Si mirava a riprodurre anche nel Mezzogiorno i modelli di sviluppo realizzati nelle regioni della terza Italia ed in particolare nei distretti industriali (Becattini, 1989). Un ampio dibattito sulle condizioni favorevoli allo sviluppo endogeno nel Mezzogiorno ha accompagnato nell ultimo ventennio le diverse esperienze che in alcune aree si sono prodotte (Trigilia, 1992). Complessivamente, le analisi concordano nel valutare negativamente gli effetti delle politiche di industrializzazione, finora perseguite, sul piano dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno (Jossa, 1991; Del Monte e Giannola, 1997). Il divario Nord-Sud non si è ridotto ma continua ad aumentare; il tasso di disoccupazione al Sud è attualmente tre volte più alto del tasso medio nazionale e per alcune regioni meridionali anche otto volte più alto delle aree più sviluppate del Centro-Nord. Localmente, d altra parte, si continua a considerare qualsiasi investimento economico proveniente dall esterno come una buona opportunità di sviluppo. Inoltre, permane ancora l idea che l industria sia il fattore trainante nello sviluppo economico e sociale. Questa è una vecchia idea difficile da sradicare, soprattutto a livello delle forze politiche meridionali, che continuano a considerare ogni progetto di trasferimento industriale, da parte della grande impresa, come un occasione di sviluppo da non perdere. Dato questo con- 13

4 Melfi in time testo, è evidente che le regioni meridionali costituiscono un terreno di facile penetrazione per le imprese che, per ragioni diverse, decidono di localizzarvi i propri impianti produttivi. LA FIAT DALLA PROTEZIONE NAZIONALE ALLA COMPETIZIONE INTERNAZIONALE: L ADOZIONE DEL MODELLO ORGANIZZATIVO DELLA FABBRICA INTEGRATA Lo sviluppo della Fiat in Italia è strettamente legato alla storia politica del paese nell ultimo secolo (Castro n ovo, 2000). In part i c o l a re la Fiat Auto ha rapp resentato, per l opinione pubblica, un simbolo importante della capacità i m p renditoriale italiana. Grazie alla sua posizione di principale impresa privata, la Fiat ha svolto un ruolo molto influente nelle scelte politiche ed economiche nazionali. Ha quindi potuto, in part i c o l a re per il settore pro d u t t i vo automobilistico, beneficiare di un sistema di p ro t ezione nazionale, che tuttavia negli ultimi anni si è rivelato inadeguato a sostenerla di fronte alla cre s c e n- te competizione internazionale. Le difficoltà di questo settore, contrassegnato da bassi margini, offerta superiore alla domanda, alti costi fissi, hanno determinato una situazione di forte concorrenza tra le grandi aree di pro d u z i o n e (USA, Eu ropa, Giappone, Corea). Ol t re allo sviluppo dell i n n ovazione nei modelli, nelle tecnologie e nell organizzazione pro d u t t i va, si sono avviati processi di concentrazione tra i produttori, tramite acquisizioni e joint ve n t u re s. Anche la Fiat ha recentemente (marzo 2000) sottoscritto un accordo con la General Motors (principale produttore automobilistico mondiale), che ha implicato sul piano finanziario la cessione di una quota del 20 per cento delle azioni di Fiat Auto (in cambio dell acquisto del 5 per cento del capitale GM) e sul piano industriale la costituzione di due joint ventures per la gestione degli acquisti e la produzione di motori e cambi. Questa operazione ha confermato che la Fiat non era più in grado di gestire il settore della produzione automobilistica con le proprie forze e che la protezione nazionale non era più sufficiente a garantire sufficienti margini di profitto. Sebbene per il momento Fiat abbia venduto alla GM solo una quota del settore auto, molti analisti prevedono che in futuro si arriverà alla cessione di tutto il settore (la GM ha un diritto di prelazione sulle future vendite). Nel frattempo anche questo cambiamento potrà essere gradualmente accettato dalla società italiana. 14

5 Processi di industrializzazione nel Me z zo g i o rn o Oltre a queste strategie di concentrazione, la Fiat Auto aveva da diversi anni iniziato a introdurre innovazioni nel proprio sistema di organizzazione della produzione, al fine di controllare la conflittualità interna e di sostenere la concorrenza internazionale. Dopo aver sperimentato in diversi stabilimenti (Termoli, Cassino, Rivalta) l automazione tecnologica sostitutiva della forza lavoro, aveva infine messo a punto il modello della fabbrica integrata, che ha trovato applicazione nello stabilimento di Melfi. Questo insediamento ha rappresentato il più grosso investimento della Fiat in Italia dell ultimo ventennio. Il capitale investito ammonta a circa miliardi, di cui quasi un terzo (1.300 miliardi) è stato coperto con finanziamenti statali. La capacità produttiva media annuale dello stabilimento è di Unita con un totale di addetti. Altri addetti sono occupati nelle imprese di fornitura localizzate all interno della stessa area dello stabilimento, mentre il personale impiegato nell indotto al di fuori del comprensorio ammonta ad altri addetti. Si è trattato dunque di un investimento consistente anche in termini occupazionali. Per la gestione dello stabilimento di Melfi, la Fiat ha promosso la costituzione di una nuova società, la Sata (Società Automobilistica Te c n o l o g i e Avanzate). Questa innovazione istituzionale ha consentito, tra l a l t ro, una m a g g i o re libertà nell organizzazione e gestione delle relazioni di lavo ro. In p a rt i c o l a re, la Fiat ha potuto così negoziare nuovi contratti, parzialmente svincolati dal contratto collettivo nazionale e dai contratti aziendali vigenti negli altri suoi stabilimenti (Vedi Ac c o rdo dell 11 Giugno 93 e del 18 Ma rzo 96). Ma le principali innovazioni hanno riguardato l adozione del modello della lean production, basato su una organica integrazione delle risorse umane e tecnologiche. Anche se la Fiat è stata indotta a introdurre innovazioni radicali nel proprio sistema di produzione automobilistica, riferendosi ai sistemi più avanzati della concorrenza, il sistema di organizzazione del lavoro dello stabilimento di Melfi non è il risultato di una semplice implementazione del modello Toyota, basato sui principi della total qualità e del just in time. In particolare, il tentativo è stato quello di adattare il modello giapponese al contesto italiano e di coniugarlo alla storia organizzativa specifica dell impresa (Bonazzi, 1993). La nuova logica organizzativa del processo pro d u t t i vo, definito dalla Fiat total quality manufacturing, è finalizzata al raggiungimento di due obiettivi fondamentali: ridurre i costi di produzione e migliorare la qualità del pro d o t t o. 15

6 Melfi in time La riduzione pro g re s s i va dei costi di produzione è uno degli obiettivi che il management Fiat ha fin dall inizio esplicitamente dichiarato. Riduzione dei costi significa nel linguaggio aziendale diminuire il peso della stru t t u r a o r g a n i z z a t i va attraverso la riduzione pro g re s s i va dei tempi, sia dei tempi m o rti di produzione, adottando un ciclo continuo di lavorazione, sia dei tempi di immagazzinamento dei materiali di fornitura, attraverso il just in t i m e con i fornitori. Incrementare la produttività degli impianti attraverso l adozione di un ciclo continuo di produzione appariva difficile negli stabilimenti già esistenti, sia perché in Italia c è una forte tradizione sindacale e di lotte sia perché le fabbriche del Nord avevano espresso un forte dissenso a tale progetto di ristrutturazione. L introduzione del ciclo continuo era un obiettivo che la Fiat perseguiva da tempo e che aveva già proposto in passato. Soltanto con il lancio del progetto della Qualità totale e della Fabbrica Integrata fu possibile includerlo nel nuovo modello di produzione, presentandolo come parte integrante e fondamentale della nuova filosofia produttiva ed eliminando in tal modo qualsiasi discussione sugli effetti e sui possibili costi che i lavoratori avrebbero dovuto sopportare. Il secondo obiettivo era il miglioramento della qualità del pro d o t t o. La qualità si era rivelata un problema importante per la Fiat in part i c o- l a re a part i re da quando i concorrenti giapponesi e americani ave va n o cominciato a pro d u r re per gli stessi segmenti di mercato ai quali essa tradizionalmente si rivo l g e va. A questo scopo la nuova organizzazione del lavo ro pre ve d e va la partecipazione attiva al processo pro d u t t i vo di tutti gli operatori, e la Fi a t d e f i n i va come operatori sia i managers di linea che i lavoratori, operai di linea o addetti al funzionamento degli impianti. La struttura pro d u t t i va adottata per l applicazione di questa logica organizzativa è la Un i t à Tecnologica El e m e n t a re (Bonazzi, 1993; Cerruti, 1994b). Questa nuova ideologia part e c i p a t i va, presentata anche come accoglimento delle tradizionali richieste sindacali di a r r i c c h i re il lavo ro, appariva funzionale rispetto alla necessità di integrare risorse umane e tecnologiche per ve l o- c i z z a re il processo pro d u t t i vo ed assicurare un prodotto qualitativa m e n- te competitivo (Sivini, 1999). In o l t re, il modello di fabbrica integrata compre n d e va un sistema di riorganizzazione e controllo dei fornitori dei componenti, attraverso il principio del just in time, funzionale a risolve re il problema delle scort e 16

7 Processi di industrializzazione nel Me z zo g i o rn o ( Pulignano, 1997). L applicazione che ne verrà fatta a Melfi rappre s e n- terà anche un avanzamento verso i processi di terziarizzazione che tendono ad essere sempre più utilizzati dalla Fiat Au t o. Questi pro c e s s i d i venteranno sempre più centrali nel nuovo modello organizzativo della fabbrica modulare (Magnabosco, 1999). LA SCELTA DEL MEZZOGIORNO E DI MELFI PER LA SPERIMENTA- ZIONE DEL MODELLO PRODUTTIVO DELLA FABBRICA INTEGRATA La decisione di localizzare a Melfi, nel Mezzogiorno, lo stabilimento pilota di questo nuovo modello produttivo viene presa dalla Fiat sulla base di un attenta comparazione con altre aree italiane e straniere in cui il progetto di Fabbrica Integrata avrebbe potuto essere realizzato. In Italia la Fiat aveva due alternative possibili: o implementare il modello nei vecchi stabilimenti del Nord Italia, nell area torinese, ma ciò era sicuramente problematico perché significava indurre un cambiamento radicale nell orientamento al lavoro dei lavoratori oppure, più semplicemente, costruire impianto ex novo in un area priva di tradizione industriale, assumendo dei giovani e dando loro una formazione che potesse renderli adeguati alla nuova logica organizzativa, alla nuova filosofia del lavoro. La possibilità di ristru t t u r a re vecchi impianti fu considerata anche per gli altri paesi europei dove la Fiat era già presente con propri stabilimenti o dove si pre s e n t a vano condizioni favo re voli per l implementazione del n u ovo modello. La Spagna, il Po rtogallo e l Eu ropa orientale furono va l u- tate come possibili aree di destinazione. Alcune di esse, come il Po rt o g a l l o, o f f r i vano vantaggi maggiori rispetto all Italia per quanto riguard a va gli incentivi statali. D altra parte, queste aree pre s e n t a vano anche degli sva n- taggi rispetto all Italia, che rimaneva comunque un ambiente più conosciuto e più protetto rispetto ai possibili siti esteri. Costru i re in Italia signif i c a va per la Fiat g i o c a re in casa, sentirsi cioè più sicura nell i n t r a p re n d e- re una nuova e importante avventura come la realizzazione della Fa b b r i c a Integrata. Tra le principali ragioni che hanno determinato la scelta del Sud It a l i a si possono richiamare : 1. l o p p o rtunità di ottenere rilevanti contributi finanziari da part e dello St a t o ; 17

8 Melfi in time 2. la debolezza delle organizzazioni sindacali industriali e l assenza di una tradizione di classe operaia ; 3. il contesto politico favo re vole, con una classe dirigente desidero s a di attrarre investimenti industriali; 4. una strategia di localizzazione tendente a massimizzare i va n t a g g i d e r i vanti dai precedenti insediamenti della Fiat nel Sud. In part i- c o l a re, risultava conveniente localizzare l impianto di assemblaggio in un a rea prossima a quella in cui erano prodotti i motori e altri principali moduli di componentistica; 5. l esperienza più che ventennale della Fiat di produzione industriale nel Sud. Dopo i due primi investimenti in Campania (Napoli, 1956) ed in Sicilia (Termini Im e rese, 1965), a part i re dagli anni 70 gli stabilimenti Fiat, sempre sostenuti da incentivi pubblici, si erano estesi a d i verse altre aree del Sud. Agli inizi degli anni 90 la struttura industriale della Fiat nel Mez zogiorno era articolata in 38 unità pro d u t t i- ve, localizzate in otto regioni meridionali, con oltre addetti. Dato questo contesto, la scelta di Melfi in Basilicata è avvenuta sulla base di una rapida indagine preliminare, affidata alla R&P di Torino, e finalizzata a valutare l idoneità per la localizzazione del nuovo stabilimento. La selezione è stata ristretta alle aree già attrezzate in termini di servizi industriali (Aree di Sviluppo Industriale e Nuclei di Industrializzazione), confermando la strategia adottata anche in passato dalla Fiat per i suoi insediamenti nel Mezzogiorno. Dati i tempi brevissimi a disposizione dei tecnici (tre settimane) fu adottato un metodo di selezione a stadi, per approssimazioni successive, al fine di circoscrivere le aree di potenziale insediamento secondo criteri di idoneità fisica, logistica, economica, e di compatibilità con alcuni vincoli territoriali (SVIMEZ 1993: 25). Delle 14 aree così identificate, quattro erano in Puglia, quattro in Calabria, tre in Campania, dove c era già un alta concentrazione di stabilimenti Fiat, e tre in Basilicata. Infine la scelta si indirizzò su Melfi, che presentava il miglior rapporto relativo tra fattori di forza e fattori di debolezza. I fattori di forza erano: - buona disponibilità di un area vasta, integra e piana; - livello massimo di incentivazione ammessa dalla legge 64; - valida connessione logistica rispetto agli altri stabilimenti Fiat nel Mezzogiorno e costi contenuti di collegamento; - scarsa conflittualità connessa alla struttura prevalentemente agricola dell economia locale. 18

9 Processi di industrializzazione nel Me z zo g i o rn o L area così prescelta, l ASI di S. Nicola a Melfi, è situata nell area settentrionale della Basilicata, in una posizione strategica, poiché vicina a due altri importanti stabilimenti Fiat: gli stabilimenti di Termoli e Pratola Serra (realizzato nel 1990 per la produzione integrata di motori). Entrambi questi impianti forniranno infatti allo stabilimento di Melfi la più importante componente dell auto: il motore. È evidente che la scelta di Melfi è stata operata, oltre che per le idoneità tecnico- logistiche e per le opportunità finanziarie, soprattutto per le condizioni favorevoli dal punto di vista del contesto locale: - greenfield nel senso classico del termine: un contesto rurale privo di una precedente esperienza industriale; - scarsa conflittualità locale; - ampio bacino di forza lavoro giovane e aperta ad assorbire la nuova logica del lavoro e ad essere formata secondo i principi organizzativi della lean production.; - ampia disponibilità di un territorio non ancora congestionato e sovraffollato da altri impianti o grandi industrie. Infine, l area risultava idonea anche dal punto di vista tecnico delle risorse materiali, quali: - soddisfacenti risorse idriche; - efficiente sistema di comunicazioni; - disponibilità di infrastrutture nelle aree di sviluppo industriale, attrezzate con servizi capaci di attrarre investimenti industriali. La presenza di queste infrastrutture risultava essenziale, in particolare, per assicurare i collegamenti dello stabilimento di Melfi con gli altri stabilimenti Fiat e con la catena dei fornitori. IL TERRITORIO DA CONTESTO A SPAZIO PRODUTTIVO La questione del rapporto tra territorio ed insediamenti industriali nel Mezzogiorno è stata per lo più considerata in termini di condizioni contestuali e di impatto territoriale. All impresa veniva riconosciuto un ruolo sostanzialmente indipendente ed in larga misura autonomo rispetto al contesto esterno. L organizzazione specifica degli interventi comunque necessari a livello territoriale, per consentire l insediamento ed il funzionamento dell impianto produttivo, era demandata agli enti pubblici. In particolare per la 19

10 Melfi in time Fiat, questa indipendenza si era tradotta, nel caso dei precedenti insediamenti nel Mezzogiorno, nella chiara distinzione tra le funzioni proprie dell azienda e le funzioni proprie dei soggetti pubblici (SVIMEZ, 1993). A questi ultimi veniva lasciata la responsabilità di contribuire alla creazione delle infrastrutture ed alla riproduzione della forza lavoro, attraverso interventi relativi ai sistemi residenziali, strutture formative, servizi sociali, servizi culturali e del tempo libero. Il principio fondamentale di questo orientamento era che un impresa è un impresa (Giannola, 1990). In tal modo la grande impresa industriale rivendicava il diritto di rimanere estranea rispetto al contesto territoriale, legittimando altresì la classe politica locale alla gestione delle attività connesse con il suo insediamento. Anche nel caso di Melfi, diversi enti pubblici locali sono stati chiamati a svolgere funzioni essenziali per l infrastrutturazione del territorio: la Regione Basilicata, il Consorzio ASI, la Provincia di Potenza ed il Comune di Melfi. La complessità degli interventi, i vincoli burocratico-procedurali cui sono sottoposti gli enti pubblici, lo scarso coordinamento tra i diversi soggetti hanno determinato una serie di ritardi nella realizzazione delle inziative affidate agli enti pubblici, in palese contrasto con la rapidità e l efficienza dell impresa responsabile della costruzione degli impianti produttivi. La questione della modernizzazione della pubblica amministrazione è stata quindi riproposta come esigenza primaria per lo sviluppo locale e considerata in termini di positivo impatto territoriale dell i n i z i a t i va industriale. I sostenitori delle politiche di sviluppo industriale nel Mez zogiorno continuano a pensare il territorio in termini di alterità rispetto alle stru t t u re p ro d u t t i ve che, proveniendo dall esterno, si insediano localmente. L i n t e rvento industriale viene considerato utile per gli stimoli che può prod u r re a livello di iniziative di valorizzazione delle risorse endogene, attrave r- so la diffusione di una cultura dell organizzazione e di atteggiamenti manageriali presso la pubblica amministrazione locale ed alla s e n s i b i l i z z a z i o n e degli ambienti imprenditoriali locali per avviare la creazione di sistemi di piccole e medie impre s e (FORMEZ, 1994: 16). Questo tipo di analisi non coglie la portata dei cambiamenti che, come nel caso di Melfi, si stanno producendo nei rapporti tra impresa e territor i o. Tali cambiamenti, in larga misura imprevisti, appaiono in contraddizione con i tradizionali orientamenti degli operatori pubblici e dei soggetti politici che in modo f a c i l e ave vano coltivato pro s p e t t i ve di sviluppo legate alle risorse endogene (Vainieri, 1996). La concezione dell o r g a n i z z a- 20

11 Processi di industrializzazione nel Me z zo g i o rn o zione pro d u t t i va come Fabbrica Integrata presuppone un rapporto di natura diversa con il territorio, che non si configura più come semplice c o n t e- s t o ma diventa invece uno spazio pro d u t t i vo. In uno dei suoi re c e n t i saggi, Ma rco Re velli sostiene che è attualmente in corso un processo di trasformazione del territorio in uno spazio direttamente capitalistico, stru t- turato secondo le esigenze pro d u t t i ve (Re velli, 1997: 124). In questa idea di sussunzione reale del territorio al capitale si esplicita la va l o r i z z a z i o n e del territorio come f o rza pro d u t t i va sociale e la sua trasformazione da semplice condizione esterna della pro d u z i o n e o c o n t e s t o in fattore prod u t t i vo dire t t o. Tale processo di trasformazione appare chiaramente visibile negli elementi che caratterizzano il modello della fabbrica integrata: reti di comunicazione e di interconnessione, sistemi integrati di fornitura e subfornitura, esternalizzazione di funzioni produttive e di servizi. Le risorse sociali disseminate sul territorio sono messe al lavoro e consumate come materia prima e principio di organizzazione. Per Bonomi (1997) il territorio diventa risorsa strategica per l impresa capitalistica, che incorpora nel suo sistema produttivo anche le risorse tradizionalmente definite come locali (saperi, comunicazioni, reti sociali e istituzionali). Angelo Pichierri sostiene che l impresa snella è condannata a costruire un ambiente congeniale In quest opera di costruzione o di radicale ristrutturazione dell ambiente, l impresa è destinata a incontrare duri ostacoli (Pichierri, 1994: 190). Queste tendenze erano state già identificate negli studi condotti in d i versi contesti in cui era stato introdotto il sistema della pro d u z i o n e snella, come nel caso dell insediamento Nissan in Gran Bretagna, nel Il dominio sul lavo ro nel luogo immediato di produzione era sostenuto da un parallelo dominio sul contesto esterno, inteso in senso non solo territoriale, ma anche economico, sociale e istituzionale (Garrahan e St ew a rt, 1992). I risultati delle ricerche condotte sullo stabilimento Sata di Melfi, presentate in questo volume, confermano le trasformazioni determinate a l i vello dei rapporti tra impresa e territorio dall applicazione del modello di p roduzione snella. L insediamento industriale occupa una superficie totale di circa 2 milioni e 700 mila metri quadrati. Circa un terzo di quest a rea ospita il parc o dei fornitori, costituito inizialmente da ventidue imprese, delle quali ve n t i sono fornitori di prima fascia e due di seconda. Gran parte delle imprese di 21

12 Melfi in time fornitura (53 per cento nel 1995) sono localizzate anche nel No rd Italia ma p roducono componenti minori (circa il 20 per cento in va l o re della ve t t u- ra). Le imprese localizzate nella stessa area dello stabilimento o nelle immediate vicinanze, forniscono just in time componenti importanti dell a u t o- mobile (complessivamente circa l 80 per cento in va l o re). I fornitori presenti nell a rea dello stabilimento sono per lo più imprese trasferite dal No rd. Pochi sono i fornitori locali che, nella quasi totalità dei casi, si collocano al livello più basso (Pulignano, 1997). La forte integrazione tra la casa auto e le imprese di fornitura, oltre che tra i fornitori di diverso livello localizzati intorno allo stabilimento di Melfi, è assicurata dal Consorzio Auto-Componentistica del Mezzogiorno (ACM) che raggruppa anche le 22 imprese di fornitura inserite nel comprensorio di Melfi. Inizialmente costituito per facilitare l accesso ai finanziamenti pubblici, ha assunto in seguito il compito di garantire la gestione omogenea dell organizzazione del lavoro e di contrattare le condizioni di lavoro con il sindacato. Il nuovo assetto produttivo della produzione snella è strutturato come una costellazione il cui centro è rappresentato dal produttore di auto e i nodi dalle imprese di fornitura capofiliera o di primo livello, dalle quali discendono le imprese dei livelli successivi che concorrono alla formazione delle filiere di prodotto (Pulignano, in questo volume). È evidente pertanto che il territorio, inteso come localizzazione delle imprese di fornitura, come principio organizzativo della produzione e come spazio per i trasferimenti delle componenti, assume una funzione centrale per l organizzazione del processo produttivo, regolato dal principio del just in time. L infrastrutturazione materiale e sociale dello spazio determina così un processo di costruzione del territorio da parte dell impresa, definito anche built environment (Harvey, 1995). Dalle analisi sviluppate in questo volume provengono anche altri elementi per la comprensione dei processi che caratterizzano l incorporazione del contesto locale nel sistema produttivo della fabbrica integrata. Le particolari caratteristiche cognitivo-relazionali richieste alla forza lavoro, unitamente alla sua flessibilità e disponibilità ad essere utilizzata nella produzione snella, implicano la valorizzazione, da parte dell impresa, dei contesti sociali, culturali e istituzionali entro i quali i lavoratori sono inseriti. Si determina in tal modo un processo di incorporazione delle capacità relazionali e della socialità più in generale. Uno degli strumenti utilizzati a 22

13 Processi di industrializzazione nel Me z zo g i o rn o questo fine è l ideologia dello sviluppo locale, sostenuta da diversi soggetti istituzionali, che favorisce la penetrazione nel contesto sociale di nuovi codici normativi di collaborazione e partecipazione. La nuova logica di produzione viene ad essere diffusa anche all esterno della fabbrica e interessa in particolare il contesto in cui la forza lavoro si colloca. Le reti familiari e sociali sono indotte a sostenere il singolo lavoratore nella accettazione dei ritmi lavorativi e dello stress mentale connesso con la produzione snella. Tali meccanismi di normalizzazione e disciplinamento della forza lavoro sono necessari per contrastare i processi di destrutturazione sociale e di resistenza che si manifestano a livello locale. Il contesto, così ristrutturato, viene utilizzato dall impresa per prevenire le criticità che inevitabilmente si presentano. Sulla base di queste considerazioni, Vitale reinterpreta la funzione del green - field non solo come condizione per attrarre investimenti industriali, ma come prodotto di una logica organizzativa che presuppone la sua continua riproduzione. Un altro elemento di incorporazione riguarda la dimensione politico-istituzionale e si riferisce al ruolo assunto dai sindacati nel contesto di Melfi. L adozione del modello partecipativo, implicito nel disegno della nuova organizzazione del lavoro, si è rivelato uno strumento particolarmente efficace per la prevenzione ed il controllo del conflitto operaio (Cerruti, 1994b). Oliveri analizza i sottili meccanismi di integrazione del sindacato nella logica di strategia aziendale, che lo riconosce come risorsa necessaria alla valorizzazione del contesto produttivo. Dato questo quadro di valorizzazione delle risorse territoriali, sociali e istituzionali è prevedibile che i processi di resistenza interesseranno non solo i lavoratori direttamente inseriti nel sistema produttivo, ma anche il contesto esterno più allargato. Fino a questo momento sono stati analizzati soltanto i processi interni e si sono riconosciuti i primi elementi delle resistenze esterne, connessi con gli effetti dell insediamento industriale a livello territoriale. Oltre ai problemi di inquinamento ambientale, di congestione del traffico ed aumento degli incidenti, sta emergendo recentemente anche la questione della competizione per le risorse disponibili sul territorio, attualmente monopolizzate dall insediamento produttivo della Sata. 23

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