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Guido Cobò Note di elettomagnetismo Foza di Loentz su un cicuito abitaio e coenti indotte Consideiamo una spia di foma abitaia che si muove in un campo magnetico B. Duante il moto, la foma e la lunghezza della spia possono vaiae a piacimento. È immediato constatae che si foma una foza elettomotice f, dovuta alla foza di Loentz. Vogliamo mostae che vale la elazione f = dφ () dt dove Φ è il usso di B attaveso una qualsiasi supecie che ha come bodo la spia, calcolato con un vesoe nomale che segue la egola della vite ispetto al veso di pecoenza lungo il quale vogliamo calcolae la foza elettomotice. Quest'ultima è data da: f = v B dl (2) dove v è la velocità che compete al tatto di lo dl (gua ). n dl ds=vdt Figua : Una spia si muove (ed eventualmente si defoma) in un campo B. La linea continua appesenta la spia all'istante t e la linea tatteggiata appesenta la spia che, all'istante t + dt, si è leggemente avvicinata all'ossevatoe. Pe cecae di endee più chiao l'aspetto tidimensionale del sistema che stiamo studiando, abbiamo disegnato con un tatto più macato la pate della spia più vicina all'ossevatoe.

Pocediamo nel modo seguente. Pe le popietà del podotto misto possiamo scivee anche così: f = dl v B (3) ovveo f dt = dl ds B (4) D'alta pate, dl ds = dσ n dove dσ è l'elemento di supecie (disegnato in gigio) del cilindoide fomato dalla spia e dalla sua posizione all'istante innitesimo successivo; e n è il suo vesoe nomale che, nella situazione illustata in gua, punta veso l'esteno del cilindoide stesso. Sciviamo dunque così la (4): f dt = dove Σ è la supecie lateale complessiva del cilindoide. Σ B n dσ (5) Costuiamo adesso due supeci S(t) ed S(t + dt) che hanno come bodo la spia agli istanti t e t + dt ispettivamente; con i loo vesoi nomali (gua 2): n dl S(t) n ds=vdt S(t+dt) n Figua 2: Costuiamo due supeci abitaie: S(t) ha come bodo la spia all'istante t ed S(t + dt) ha come bodo la spia all'istante t + dt. 2

Le due supeci S(t) ed S(t+dt), più la supecie lateale Σ del cilindoide, fomano oa una supecie chiusa S. Il usso Φ S di B (entante od uscente che sia) attaveso S deve essee nullo, ovveo: 0 = Φ S = Φ S(t) + Φ S(t+dt) + Φ Σ (6) = S(t) B n dσ + S(t+dt) B n dσ + Σ B n dσ Facciamo oa attenzione: il vesoe nomale alla supecie S(t + dt) segue la egola della vite ispetto al veso di pecoenza stabilito lungo la spia; divesamente dal vesoe nomale alla supecie S(t). Quindi, poiché vogliamo calcolae i ussi seguendo sempe la egola della vite, dobbiamo utilizzae pe S(t) un vesoe n = n, cioè opposto a quello indicato in gua. Dobbiamo scivee dunque: 0 = B n dσ + B n dσ + B n dσ (7) S(t) S(t+dt) Σ = Φ(t) + Φ(t + dt) + f dt dove nell'ultimo addendo abbiamo tenuto conto della (5) ed abbiamo chiamato con Φ(t) e Φ(t + dt) i ussi attaveso le supeci, calcolati nei ispettivi istanti. Dalla (7) segue dunque che ovveo la () che volevamo dimostae. Φ(t + dt) Φ(t) f = dt 3

Guido Cobò Note di elettomagnetismo Soluzione delle equazioni di Maxwell Si tatta di isolvee equazioni del tipo Si veica che la soluzione è: φ(x, t) = φ c 2 2 φ t 2 = s () s(ξ, t /c) dτ (2) dove con x abbiamo indicato il vettoe di componenti x, y e z: e altettanto x (x, y, z) ξ (ξ, η, ζ) appesenta la distanza di un punto geneico nel campo da un punto nel quale è pesente la sogente: = (x ξ) 2 + (y η) 2 + (z ζ) 2 = x ξ (3) Esaminiamo l'azione delle deivate sulla funzione integanda: i s = i s + s i = c s t i + s i Applichiamo ancoa i e sommiamo sull'indice i icodando che: Si ottiene s = c 2 2 s t 2 (4) i = i ; = 2 ; i = i (5) 3 c s t 2 2 + c i 3 i s t + c I te addendi popozionali a /c si cancellano e si ha inne: s = c 2 2 s t 2 + s s t i i 3 + s (6) (7)

Integando in dτ: s dτ = 2 c 2 t 2 ovveo: φ 2 φ c 2 t = 2 Deniamo oa A(x, t, x) = s dτ + s s(ξ, t x ξ /c) x x ξ s(ξ, t x ξ /c) x x ξ dτ (8) dτ (9) dτ (0) La funzione A evidentemente coincide con il secondo membo dell'equazione pecedente quando x = x. Sciviamo intanto A(x, t, x) = s(ξ, t x ξ /c) x x ξ dτ = ( ) s(ξ, t x ξ /c) x x ξ () D'alta pate, vale l'identità geneale f(x) = f(ξ) x dτ (2) x ξ che si dimosta immediatamente dalla conoscenza della soluzione dell'equazione di Poisson; sappiamo infatti che dτ ha soluzione f(x) = ρ(ξ) x ξ e applicando ad entambi membi l'opeatoe x : Sciviamo alloa ρ(x) = x f(x) = x f(x) = ρ(x) (3) x dτ (4) ρ(ξ) dτ (5) x ξ A(x, t, x) = s(x, t x x /c) (6) D'alta pate, icodiamo che il secondo membo dell'equazione di D'Alembet non omogenea è popio A(x, t, x) con x = x. Quindi otteniamo φ 2 φ = s(x, t) (7) c 2 t2 2

Guido Cobò Note di elettomagnetismo Deduzione della fomula di Laplace Vogliamo tovae la soluzione dell'equazione con la condizione Quest'ultima condizione pemette di scivee quindi possiamo scivee la () così: ot B = µj () div B = 0 (2) B = ot A (3) ot ot A = µj (4) D'alta pate, si può facilmente veicae la seguente identità, valida pe pe un abitaio campo vettoiale v: ot ot v = gad div v v. (5) Utilizzando questa identità pe il campo A, l'equazione (4) diventa dunque: gad div A A = µj (6) Osseviamo che lo stesso campo B può essee descitto tanto dal potenziale vettoe A quanto dal potenziale vettoe A = A + gad f, dove f è un campo scalae abitaio, dal momento che ot gad f = 0. Questa libetà nella scelta di A consente di utilizzae un potenziale vettoe A pe il quale div A = 0. (7) Infatti, se patiamo da un potenziale vettoe che ha divegenza divesa da zeo, possiamo iconduci ad un potenziale che ha divegenza zeo se siamo in gado di tovae un campo scalae f pe il quale div (A + gad f) = 0 (8)

ovveo div A = f (9) Ma iconosciamo nella (9) l'equazione di Poisson che, sappiamo, ammette soluzione. Quindi, senza pedita di genealità, l'equazione (6) si scive: A = µj. (0) Componente pe componente la (0) equivale a te equazioni di Poisson che sappiamo isolvee. In foma vettoiale: A = µ dτ j. () In modo più esplicito, pe esempio pe la componente x: A x (x, y, z) = µ dξ dη dζ j x (ξ, η, ζ) (x ξ) 2 + (y η) 2 + (z ζ) 2 (2) Abbiamo quindi isolto il poblema di tovae il potenziale vettoe, una volta assegnata la densità di coente. Dal potenziale vettoe, calcolando ota, otteniamo inne B. Pe avee un'espessione esplicita di B, passiamo ad una notazione più conveniente. Pecisamente, indichiamo con x i (i =, 2, 3) le coodinate x, y, z e analogamente, con ξ i, le coodinate ξ, η, ζ. Nel loo complesso, chiameemo tali coodinate semplicemente con x e ξ ispettivamente. Altettanto, v i indicano le componenti di un geneico vettoe v. Con questa notazione è molto semplice veicae che le componenti di un geneico podotto vettoiale c = a b si scivono così: c i = ε ijk a j b k (3) dove ε è il tensoe di Ricci (completamente antisimmetico con ε 23 paticolae, le componenti del otoe di un campo vettoiale sono: = ). In (ot v(x)) i = ε ijk x j v k (4) dal momento che l'opeazione di otoe ha fomalmente la stuttua di un podotto vettoiale. Pe il campo B abbiamo dunque: B i = (ot A) i = ε ijk x j A k = ε ijk x j 2 µ dτ j k (ξ) t(x t ξ t ) 2 (5)

Possiamo potae j x sotto il segno di integazione, poiché si tatta di una deivata paziale ispetto ad una delle vaiabili x, y, z (e non ξ, η, ζ ispetto alle quali stiamo integando). Inolte j x passa attaveso j, che è funzione delle ξ. Si ha dunque: µ B i (x) = ε ijk dτ j k (ξ) x j t(x t ξ t ) 2 (6) Ricodiamo che x j t(x t ξ t ) 2 = x j ξ j 3 = j 3 (7) Otteniamo alloa: cioè µ B i (x) = ε ijk B = µ dτ j = µ 3 dτ j 3 j k(ξ) (8) dτ j 3 (9) È utile avee un'espessione nella quale la densità di coente è divesa da zeo soltanto lungo un sottile tubo ed è ovunque dietta lungo il tubo stesso (come avviene quando un lo elettico è pecoso da coente). In questo caso, possiamo consideae una sezione otogonale del lo, di aea dσ (molto piccola ma in geneale vaiabile lungo il lo stesso) con un vesoe nomale che denisce il veso di ifeimento pe il uie della coente elettica. Alloa, il usso di j (cioè l'intensità i della coente elettica) calcolato con tale nomale isulta i = j n dσ (20) Nelle condizioni nelle quali ci toviamo, possiamo invetie tale elazione, espimendo la densità di coente in funzione dell'intensità: j = i dσ n (2) Tonando all'espessione (9), vediamo che l'elemento di integazione può essee espesso come dτ = dl dσ (22) dove dl è la lunghezza di un tatto innitesimo di lo. Otteniamo dunque 3

B = µ i dl n 3 (23) Abbiamo potato i fuoi dall'integale poiché, nelle condizioni stazionaie nelle quali ci toviamo, l'intensità di coente ha un valoe costante lungo tutto il lo. A volte, si pone dl = dl n (24) e quindi si tova scitta così quella che è chiamata pima fomula di Laplace: B = µ i dl 3 (25) 4