matematica discreta note di Maria Welleda Baldoni Ciro Ciliberto Giulia Maria Piacentini Cattaneo con la collaborazione di A.

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Maria Welleda Baldoni Ciro Ciliberto Giulia Maria Piacentini Cattaneo con la collaborazione di A. Calabri note di matematica discreta parte seconda (capitoli 6 10)

SONO CONTRAFFATTE LE COPIE SPROVVISTE DEL CONTRASSEGNO SIAE Copyright MMIII ARACNE EDITRICE S.r.l. 00173 Roma, via R. Garofalo, 133 a/b tel. 06 93781065 fax 06 72678427 www.aracneeditrice.it info@aracneeditrice.it ISBN 88-7999-457-3 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell Editore. I edizione: febbraio 2003

Capitolo 6 Nuove tecniche algebriche e nuovi metodi di fattorizzazione Le nozioni che introdurremo in questo capitolo, ossia i campi finiti, la legge di reciprocità quadratica, le frazioni continue, sono uno sviluppo naturale di concetti presentati nella prima parte del corso, e sono importanti in sé. Tuttavia la scelta di tali argomenti è stata fatta soprattutto in vista di alcune applicazioni. Ad esempio alla crittografia e ai codici, come vedremo nei prossimi capitoli, o alla fattorizzazione di interi e a test di primalità, questioni sulle quali torneremo più avanti in questo stesso capitolo e nei prossimi. 6.1. Campi finiti In questo paragrafo introdurremo brevemente i campi finiti, cioè i campi con un numero finito di elementi. Abbiamo già visto che ogni anello Z p, con p primo, è un campo finito, dato che ogni suo elemento non nullo è invertibile. È importante osservare che c è una proprietà che distingue i campi Z p dai sottocampi dei numeri complessi. Nel caso dei campi Z p accade che sommando l unità del campo con se stessa un opportuno numero di volte si ottiene lo zero, mentre nel caso dei sottocampi di C questo non avviene mai. Ad esempio, se consideriamo il campo Z 5, se sommiamo 5 volte la classe unità 1 otteniamo la classe 0 cioè 1+ 1+ 1+ 1+ 1 = 0. La stessa cosa accade se sommiamo 10, o 15, o 20 volte 1: otteniamo sempre la classe 0, mentre comunque sommiamo l unità 1 in Q otteniamo sempre qualcosa che è diverso da zero. Formalizziamo questa proprietà nella seguente definizione.

270 6. NUOVE TECNICHE ALGEBRICHE Definizione 6.1.1. Un campo K si dice di caratteristica finita o positiva se esiste un intero positivo m tale che m1=1+1+ +1 }{{} =0, m addendi dove 1 è l elemento unità dik, mentre si dice di caratteristica zero se un tale m non esiste. Indicato con p il più piccolo intero positivo tale che p1 = 0, chiameremo p la caratteristica del campo K. Dunque C, R, Q hanno tutti caratteristica zero, mentre Z 5 ha caratteristica 5, Z 13 ha caratteristica 13, in generale Z p ha caratteristica p (cfr. esercizio A6.2.4). Se ricordiamo (cfr. pag. 108) la nozione di periodo o ordine di un elemento di un gruppo, la caratteristica di un campo altro non è che il periodo additivo dell unità del campo. Si può dimostrare che se un campo ha caratteristica positiva, questa è sempre un numero primo (cfr. esercizio A6.2.5). Se un campo è finito, la sua caratteristica è positiva (cfr. esercizio A6.2.6), ma non è vero il viceversa, cioè non è detto che, se la caratteristica di un campo è positiva, allora il campo è finito. Basti pensare al seguente esempio: sia Z p [x] l anello dei polinomi a coefficienti nel campo Z p e sia Z p (x) def = { f(x) g(x) } f(x),g(x) Z p[x],g(x) 0 l insieme di tutte le funzioni razionali a coefficienti in Z p nell indeterminata x. È facile verificare che si tratta di un campo che contiene Z p ed è di caratteristica positiva (precisamente di caratteristica p) ed è infinito. Dato un qualunque campo K si chiama sottocampo primo o fondamentale di K l intersezione di tutti i sottocampi di K. In sostanza il sottocampo fondamentale di K èilpiù piccolo sottocampo di K. Poiché ogni sottocampo di K contiene 0e1,ilsottocampo fondamentale è altresì ilpiù piccolo sottocampo di K contenente 0 e 1. Tenendo conto di ciò il Lettore verificherà agevolmente che il sottocampo fondamentale di C, R, eq è il campo Q dei razionali mentre il sottocampo fondamentale di un qualunque campo di caratteristica p è il campo Z p (cfr. esercizi A6.2.7 e A6.2.8).

6.1. CAMPI FINITI 271 Una estensione (o ampliamento) di un campo F è un campo K che contiene F. Ad esempio, R è un estensione di Q, C è un estensione di Q edir, Z p (x) è una estensione di Z p. Ogni campo è estensione del suo sottocampo fondamentale. Se in particolare siamo interessati a studiare i campi finiti, questi avranno, come si è visto, caratteristica positiva p e pertanto saranno estensione del loro sottocampo fondamentale Z p. Dato che ogni campo K estensione di un campo F si può pensare come spazio vettoriale su F, ogni campo finito deve avere p n elementi, essendo p un numero primo e n la dimensione dello spazio vettoriale K su Z p : infatti i suoi elementi sono tutte le combinazioni lineari a coefficienti in Z p degli n elementi di una base, e dunque sono esattamente p n. Questo ci dice intanto che non esistono campi finiti con 20 o con 24 elementi, perché né20né24 sono potenze di primi. Se K è un estensione di un sottocampo F, la dimensione di K come spazio vettoriale su F si dice grado dell estensione e si indica col simbolo [K : F]. Il grado [K : F] può essere anche infinito. D ora in poi noi saremo sempre in situazioni in cui invece [K : F]è finito, poiché avremo a che fare con campi finiti. È importante osservare allora che, se K è estensione di F che a sua volta è estensione di H, allora ovviamente K è pure estensione di H e si ha il cosidetto teorema di moltiplicazione dei gradi [K : H] =[K : F] [F : H] (6.1.1) di cui lasciamo la dimostrazione al Lettore (cfr. esercizio A6.2.9). Valgono le seguenti due proprietà: dati comunque un numero primo p e un intero positivo n esiste un campo con p n elementi; due campi con p n elementi sono isomorfi. Accenniamo brevemente a come si fa a costruire un campo con p n elementi a partire da un qualunque primo p e un qualunque intero positivo n. Innanzitutto si osserva che in un campo di caratteristica p vale l identità fondamentale, detta, per motivi che non sfuggiranno al Lettore, sogno della matricola: (a + b) p = a p + b p (6.1.2)

272 6. NUOVE TECNICHE ALGEBRICHE valida per ogni coppia di elementi a e b del campo (cfr. eserc. A6.2.10). Si considera poi il polinomio a coefficienti in Z p f(x) =x pn x. (6.1.3) Tenendo presente il sogno della matricola, si dimostra che l insieme delle radici di questo polinomio costituisce un campo (cfr. esercizio A6.2.11), che è il cosiddetto campo di spezzamento di f(x), ossia un campo K F nel quale f si spezza in fattori lineari e che èilpiù piccolo campo che gode di questa proprietà, nel senso che il polinomio f(x) non si spezza in fattori lineari in nessun altro campo K K. Poiché p = 0 in un campo di caratteristica p, si ha che la derivata di f(x)è 1, e quindi f(x) e la sua derivata non hanno radici comuni. Ne segue che le radici di f(x) sono tutte distinte e quindi sono in numero di p n. Questo completa la dimostrazione dell esistenza di un campo con p n elementi. Notiamo ancora che ogni campo K con p n elementi è un campo di spezzamento del polinomio x pn x su Z p. Ossia i suoi elementi sono tutte e sole le radici del polinomio x pn x. Questo è ovviamente vero per 0. Inoltre se x K è diverso da zero, si ha x pn 1 = 1 e quindi x pn x = 0. Infatti se x 1,...,x h, con h = p n 1, sono gli elementi non nulli di K, siha x h (x 1 x h )=(xx 1 ) (xx h ) Ma xx 1,...,xx h coincidono, a meno dell ordine, con x 1,...,x h e quindi x h (x 1 x h )=x 1 x h da cui segue x h =1. Un teorema fondamentale della teoria dei campi afferma che il campo di spezzamento di un polinomio è unico a meno di isomorfismi. Ne segue che due campi finiti con p n elementi sono tra di loro isomorfi. A parte l aspetto teorico, le considerazioni appena fatte ci permettono, da un punto di vista operativo, di costruire ogni campo finito di ordine p n per ogni primo p e ogni intero positivo n: esso è semplicemente l insieme di tutte le radici del polinomio x pn x. Tale campo finito, unico a meno di isomorfismi, si indica col simbolo F p n. Vediamo ora qualche esempio.

6.1. CAMPI FINITI 273 Campo F 4 di ordine quattro Si tratta di un estensione di grado due di Z 2. I suoi elementi sono le radici del polinomio x 4 x. Notiamo che x 4 x = x(x 1)(x 2 + x +1) Le radici sono quindi 0, 1, e le due radici del polinomio x 2 + x +1. Indicata con α una radice di x 2 + x + 1, risulta α 2 = α + 1 in quanto in un campo di caratteristica 2 si ha 1 = 1. L altra radice di x 2 + x +1 è allora α + 1. Infatti (α +1) 2 +(α +1)+1=α 2 +1+α +1+1=0. Quindi: F 4 = {0, 1,α,β} dove β = α +1 = α 2. Le tavole di addizione e moltiplicazione del campo sono le seguenti: + 0 1 α β 0 0 1 α β 1 1 0 β α α α β 0 1 β β α 1 0 0 1 α β 0 0 0 0 0 1 0 1 α β α 0 α β 1 β 0 β 1 α Possiamo anche trovare il campo di ordine 4 in altro modo, che non comporta la ricerca delle radici del polinomio x 4 x. A tale scopo si usano concetti introdotti nell appendice a questo capitolo. Basta cioè trovare un polinomio irriducibile f(x) di grado 2 su Z 2 e considerare l anello dei polinomi a coefficienti in Z 2 modulo f(x) (cfr. pag. 322). Ora, c è un unico polinomio irriducibile di grado 2 su Z 2, precisamente x 2 + x + 1 (cfr. esercizio A6.2.12). Consideriamo quindi i polinomi di Z 2 [x] con la condizione che x 2 + x + 1 = 0, ossia x 2 = x + 1. Stiamo dunque identificando due polinomi f(x) e g(x) quando la loro differenza è un multiplo di x 2 + x +1: Come già osservato per x = α, siha: f(x) g(x) (mod x 2 + x + 1) (6.1.4) x 2 x + 1 (mod x 2 + x + 1) (6.1.5)

274 6. NUOVE TECNICHE ALGEBRICHE Inoltre: x 3 1 (mod x 2 + x +1) perché x 3 1=(x 1)(x 2 + x + 1). E ancora x 5 + x 4 +1 0 (mod x 2 + x +1) perché x 5 + x 4 +1=(x 3 + x + 1)(x 2 + x +1). Dunque, ogni volta che troviamo x 2 in un polinomio, possiamo semplicemente sostituirlo con x + 1, quando troviamo x 3 possiamo sostituirlo con 1, quando troviamo x 4 possiamo sostituirlo con x e così via. Ad esempio il polinomio x 4 + x +1 viene identificato con il polinomio 1. Analoghe considerazioni si applicano quando si lavora modulo un qualunque altro polinomio. Ad ogni modo, la (6.1.4) è una relazione di equivalenza (cfr. esercizio A6.2.1) e, tenendo presente la formula (6.1.5), si vede che in ogni classe di equivalenza esiste un polinomio lineare (cfr. esercizio A6.2.3). L insieme quoziente si indica con Z 2 [x]/(x 2 + x +1) ed è un campo i cui elementi sono le quattro classi 0, 1, x, 1+x. Campo F 8 di ordine otto Si tratta di una estensione di Z 2 di grado 3. I suoi elementi sono tutte e sole le radici del polinomio x 8 x. La fattorizzazione di x 8 x in fattori irriducibili su Z è x 8 x = x(x 1)(x 6 + x 5 + x 4 + x 3 + x 2 + x + 1) (6.1.6) (cfr. esercizio A6.2.13). Ma l ultimo fattore si spezza in due fattori irriducibili su Z 2, cioè la fattorizzazione di x 8 x su Z 2 è la seguente (cfr. esercizio A6.2.14): x 8 x = x(x 1)(x 3 + x + 1)(x 3 + x 2 +1). (6.1.7)

6.1. CAMPI FINITI 275 Anziché trovare tutte le radici di questo polinomio, conviene scegliere uno dei due polinomi irriducibili di terzo grado su Z 2 della fattorizzazione di x 8 x, ad esempio x 3 + x + 1, e osservare che F 8 è isomorfo a Z 2 [x]/(x 3 + x + 1). Infatti questo quoziente èuncampo con esattamente 8 elementi, e quindi non può essere che F 8. Analogamente al caso precedente, ogni classe modulo x 3 + x +1 è individuata da un polinomio di grado al più due, in quanto possiamo identificare x 3 con x +1,x 4 con x 2 + x, x 5 con x 2 + x +1,x 6 con x 2 +1,x 7 con 1 e così via. Indicata dunque con α una radice di x 3 + x + 1, o tale che α 3 = α +1, il campo F 8 sarà costituito dai seguenti elementi: F 8 = {a 0 + a 1 α + a 2 α 2 a i Z 2 } = = {0, 1,β,β 2, 1+β,1+β 2,β+ β 2, 1+β + β 2 }. Lasciamo al Lettore il compito di scrivere le tabelle di addizione e di moltiplicazione di questi elementi (cfr. esercizio A6.2.15). Notiamo altresì chef 4 non è un sottocampo di F 8 perché questo sarebbe in contraddizione col teorema di moltiplicazione dei gradi, in quanto [F 8 : F 2 ]=3e[F 4 : F 2 ] = 2, e 2 non divide 3. Il Lettore potrà verificare direttamente dalle tabelle di addizione e moltiplicazione scritte dianzi che l unico sottocampo di F 8 è F 2 e che la stessa proprietà vale per F 4. Campo F 16 di ordine sedici È un estensione di grado 4 di Z 2. I suoi elementi sono le radici del polinomio x 16 x. La fattorizzazione di x 16 x in fattori irriducibili in Z[x] è la seguente (cfr. esercizio A6.2.16): x 16 x = x(x 1)(x 2 + x + 1)(x 4 + x 3 + x 2 + x +1) (6.1.8) (x 8 x 7 + x 5 x 4 + x 3 x +1)

276 6. NUOVE TECNICHE ALGEBRICHE ma su Z 2 si ha la seguente fattorizzazione in polinomi irriducibili (cfr. esercizio A6.2.17): x 16 x = x(x 1)(x 2 + x + 1)(x 4 + x +1) (6.1.9) (x 4 + x 3 + 1)(x 4 + x 3 + x 2 + x +1) Il Lettore verificherà facilmente che F 8 non è un sottocampo di F 16, mentre F 4 lo è (cfr. esercizio A6.2.18). Campo F 9 di ordine nove Si parte da Z 3 e si considera il polinomio x 9 x = x(x 4 1)(x 4 +1)= = x(x 1)(x + 1)(x 2 + 1)(x 4 +1)= = x(x 1)(x + 1)(x 2 + 1)(x 2 + x 1)(x 2 x 1) (6.1.10) (cfr. esercizio A6.2.19). Per ottenere F 9 basta considerare, analogamente a quanto fatto dianzi, Z 3 [x]/(x 2 + 1). Ancora una volta ogni classe di equivalenza modulo x 2 + 1 contiene un polinomio di grado al più 1. Se indichiamo con i, come si fa in C, una radice di x 2 +1,siha F 9 = {a 0 + a 1 i a i Z 3 } = = {0, 1,i, 1, i, 1+i, 1 i, 1+i, 1 i}. Il Lettore non avrà difficoltà a scrivere le tabelle di addizione e moltiplicazione degli elementi di F 9 scritti in questo modo (cfr. esercizio A6.2.20). Invece di procedere così, possiamo anche riguardare F 9 come Z 3 [x]/(x 2 x 1). Anche in questo caso ogni classe di equivalenza in Z 3 [x]/(x 2 x 1) contiene un polinomio di grado al più 1. Quindi, se indichiamo con α una radice del polinomio x 2 x 1 irriducibile su Z 3, ovvero un elemento tale che α 2 = α + 1, si vede che F 9 risulta costituito dai seguenti 9 elementi: 0, 1, 2, α,2α, 1+α, 1+2α, 2+α, 2+2α. Si ha allora α = 1 ± i. È interessante notare che gli elementi non nulli di F 9 risultano tutti potenze di α (cfr. esercizio A6.2.21), mentre ovviamente non è vera la stessa cosa in relazione ad i, in quanto le potenze distinte di i sono solo 4 e cioè i 0 =1,i 1 = i, i 2 = 1, i 3 = i,

6.2. CONGRUENZE POLINOMIALI NON LINEARI 277 mentre i 4 = 1. Si dice allora che il gruppo moltiplicativo F 9 = F 9 \{0} di F 9 è un gruppo ciclico generato da α. Ricordiamo che un gruppo G, munito dell operazione, si dice ciclico se esiste un elemento x di G tale che ogni elemento di G si può scrivere come una potenza x n di x. In tal caso l elemento x si dice un generatore di G. L ultima proprietà messa in luce in relazione a F 9 è un caso particolare di un importante fatto generale, espresso dal seguente: Teorema 6.1.2. Il gruppo moltiplicativo di ogni campo finito è ciclico. A titolo di esempio il Lettore può dimostrare l enunciato di questo teorema per i campi F 4, F 8 e F 16 considerati dianzi (cfr. esercizi A6.2.22, A6.2.23 e A6.2.24). Disporre di un generatore del gruppo moltiplicativo di un campo finito è assai utile, specialmente nelle applicazioni pratiche di tipo computazionale, in quanto ogni elemento del campo si può allora scrivere in modo semplice come potenza del generatore in questione. Tuttavia, le considerazioni fatte a proposito di F 9 mostrano che le costruzioni dei campi finiti che possono sembrare le più ovvie non danno in modo naturale un generatore del gruppo moltiplicativo del campo. In generale determinare un tale generatore è un problema computazionale alquanto delicato. 6.2. Congruenze polinomiali non lineari Consideriamo una congruenza del tipo f(x) 0 (mod m) dove f(x) = n i=0 a ix i è un polinomio in x a coefficienti interi del quale cerchiamo soluzioni modulo un intero positivo m arbitrario. Una congruenza di questo tipo è ad esempio la seguente: x 2 +2x 3 0 (mod 121). (6.2.1) Per grado di una congruenza si intende l esponente massimo di x il cui coefficiente non è divisibile per m. Il grado (6.2.1) è2. Nel capitolo 2 abbiamo studiato le congruenze lineari. Quelle che studieremo ora sono le congruenze polinomiali non lineari. La loro

278 6. NUOVE TECNICHE ALGEBRICHE soluzione è uno dei maggiori problemi in teoria dei numeri e presenta ancora molti problemi irrisolti. Accenneremo ora a qualche risultato relativo alle congruenze polinomiali non lineari, con particolare riguardo a quelle di grado 2. Partiamo dal caso in cui m sia un numero primo p. Osserviamo che un polinomio a coefficienti in un campo non può avere più radici del suo grado (cfr. esercizio A5.1.9). Allora la congruenza f(x) 0 (mod p), dove p è primo, non potrà avere più din soluzioni, se n è il grado di f(x), dato che i coefficienti si possono pensare appartenenti a Z p. Ciò non è vero rispetto ad un modulo non primo. Ad esempio la congruenza x 2 1 0 (mod 8) ammette 4 soluzioni, cioè x =1,3,5e7. Facciamo alcuni esempi. Esempio 6.2.1. Risolvere la congruenza x 3 +2x 2 1 0 (mod 5). Per trovare tutte le soluzioni basta sostituire in f(x) =x 3 +2x 2 1 i valori x =0, 1, 2, 3, 4 e vedere se l intero che si ottiene è o no congruo a 0 modulo 5. Si ha dunque: x 0 1 2 3 4 f(x) 1 2 15 44 95 I valori di x che sono soluzione della f(x) 0 (mod 5) sono pertanto x =2ex = 4. Si osservi che sarebbe stato più semplice, dal punto di vista computazionale, scegliere x = 1, 2, 1, 2, avendo così x 0 1 2 2 1 f(x) 1 2 15 1 0 Otteniamo allora le soluzioni x =2ex = 1 4 (mod 5). Esempio 6.2.2. Risolvere la congruenza x 3 +2x 2 1 0 (mod 7).

6.2. CONGRUENZE POLINOMIALI NON LINEARI 279 Calcoliamo f(x) =x 3 +2x 2 1 in corrispondenza ai valori x = 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, ovvero x =0, 1, 2, 3, 3, 2, 1, modulo 7: x 0 1 2 3 3 2 1 f(x) 1 2 15 1 44 2 10 4 1 0 La congruenza ammette la sola soluzione x = 1, cioè x =6. Esempio 6.2.3. Risolvere la congruenza x 3 +2x 2 1 0 (mod 10). Potremmo procedere come sopra, ossia valutando f(x) =x 3 +2x 2 1perx =0, 1, 2,...9 modulo 10, e vedere per quali valori di x si ha che f(x) è congruo a 0. Tuttavia conviene invece procedere al modo seguente. Si ricordi che se m e n sono relativamente primi, allora a b (mod mn) se e solo se a b (mod m) ea b (mod n). Questo significa che la congruenza x 3 +2x 2 1 0 (mod 10) è equivalente al sistema di due congruenze x 3 +2x 2 1 0 (mod 2), x 3 +2x 2 1 0 (mod 5). Ora, è facile vedere che la prima ammette come unica soluzione x =1 (mod 2) mentre la seconda ammette, come si è visto nel primo esempio, le soluzioni x = 2 (mod 5) e x = 4 (mod 5). Allora x è soluzione di x 3 +2x 2 1 0 (mod 10) se e solo se x 1 (mod 2) e x 2 o 4 (mod 5). A questo punto facciamo intervenire il teorema cinese dei resti 2.4.2 (cfr. pag. 91). Sappiamo che ad ogni coppia di soluzioni modulo 2 e modulo 5 corrisponde una unica soluzione modulo 10, dato che MCD(2, 5) = 1. Si tratta allora di risolvere i due sistemi di congruenze lineari x 1 (mod 2) x 1 (mod 2) e x 2 (mod 5) x 4 (mod 5) Si ottengono così le due soluzioni x =7ex = 9 modulo 10. Il Lettore potrà ritrovare questo stesso risultato direttamente valutando f(x) per x =0, 1, 2,...9 (cfr. esercizio A6.2.25).

280 6. NUOVE TECNICHE ALGEBRICHE Esempio 6.2.4. Risolvere la congruenza x 3 +6x 2 +1 0 (mod 12). Si ha 12 = 3 4 emcd(3, 4) = 1, quindi x è soluzione di x 3 +6x 2 +1 (mod 12) se e solo se x 3 +6x 2 +1 0 (mod 3) x 3 +6x 2 +1 0 (mod 4), poi si procede come nell esempio precedente (cfr. esercizio A6.2.26). In questi esempi siamo riusciti a ridurre le congruenze di partenza a congruenze modulo primi o potenze di numeri primi. Nel seguente lemma proveremo che questo è vero sempre. Infatti proveremo che, in generale, data una congruenza del tipo f(x) 0 (mod m) ci si può ricondurre, per risolverla, alla risoluzione di congruenze polinomiali della forma f(x) 0 (mod p α ), p primo, (6.2.2) nonché, come negli esempi precedenti, ad un applicazione del teorema cinese dei resti. Lemma 6.2.5. Sia m = p α 1 1 p α 2 2 p α k k la fattorizzazione dell intero positivo m in primi. Allora la congruenza polinomiale f(x) 0 (mod m) (6.2.3) è risolubile se e solo se è risolubile ciascuna delle congruenze f(x) 0 (mod p α i i ), peri =1, 2,...,k. Dimostrazione. Sia x 0 soluzione della congruenza (6.2.3), cioè sia f(x 0 ) 0 (mod m). Dato che p α i i m per ogni i =1,...,k, ne segue che f(x 0 ) 0 (mod p α i i ) per ogni i =1,...,k. Viceversa, se esiste x i tale che f(x i ) 0 (mod p α i i ), per i =1,...,k, in virtù del Teorema cinese dei resti esiste x tale che x x i (mod p α i i ), per i =1,...,k, e pertanto x è soluzione di (6.2.3).

6.2. CONGRUENZE POLINOMIALI NON LINEARI 281 Osservazione 6.2.6. Applicando il precedente lemma e il teorema cinese dei Resti, appare chiaro che se ogni congruenza f(x) 0 (mod p α i i ) ammette t i soluzioni, allora la congruenza (6.2.3) ha k i=1 t i soluzioni. Faremo ora vedere che, note le soluzioni della congruenza f(x) 0 (mod p), si possono trovare le soluzioni di f(x) 0 (mod p α ), il che ci permette di ridurre ogni congruenza polinomiale ad una congruenza modulo un numero primo. Proveremo questo fatto mostrando che, per ogni intero positivo α, le soluzioni di f(x) 0 (mod p α+1 ) sono ottenibili a partire dalle soluzioni di f(x) 0 (mod p α ). Cominciamo discutendo un semplice esempio. Esempio 6.2.7. Risolvere la congruenza f(x) =x 3 +3x +2 0 (mod 49). (6.2.4) Possiamo evitare di calcolare f( x) per ogni x = 0, 1,..., 48, notando che una soluzione di (6.2.4) è ovviamente anche soluzione di f(x) =x 3 +3x +2 0 (mod 7). (6.2.5) Ma (6.2.5) è priva di soluzioni (cfr. esercizio A6.2.27), per cui anche (6.2.4) non ha soluzioni. Esempio 6.2.8. Risolvere la congruenza x 4 + x +3 0 (mod 25). La congruenza x 4 + x +3 0 (mod 5) ha l unica soluzione x = 1. Ciò nonostante, la congruenza data non ha soluzioni, come si può verificare direttamente. Si può arrivare a questo risultato anche in altro modo, come conseguenza del seguente risultato: Proposizione 6.2.9. Sia f(x) un polinomio a coefficienti interi, p un primo e α un intero positivo. Se x α,con0 x α <p α,è soluzione di: f(x) 0 (mod p α ) (6.2.6)

282 6. NUOVE TECNICHE ALGEBRICHE e t, con0 t<p,è una soluzione di f(x α ) + tf (x p α α ) 0 (mod p), (6.2.7) allora x α+1 = x α + tp α è soluzione di: f(x) 0 (mod p α+1 ). (6.2.8) Viceversa, ogni soluzione x α+1,con0 x α+1 <p α+1, della congruenza (6.2.8) si ottiene nel modo suddetto. Dimostrazione. Dimostriamo la prima parte della proposizione. Per la formula di Taylor 5.5.6 possiamo scrivere: f(x α+1 )=f(x α + tp α )= = f(x α )+tp α f (x α )+ (tpα ) 2 f (2) (x α )+ + (tpα ) n f (n) (x α ) 2 n! f(x α )+tp α f (x α ) (mod p α+1 ) in quanto p α+1 divide p hα per ogni h 2. D altra parte, la (6.2.7) ci dice che f(x α )/p α + tf (x α )=Np,doveN è un intero. Quindi f(x α )+tp α f (x α )=(Np)p α = Np α+1,dacui f(x α+1 ) f(x α )+tp α f (x α ) 0 (mod p α+1 ). Viceversa, ogni soluzione della (6.2.8) è soluzione anche della (6.2.6). Dunque se x α+1, con 0 x α+1 < p α+1, è tale che f(x α+1 ) 0 (mod p α+1 ), allora esiste un x α, con 0 x α <p α, tale che f(x α ) 0 (mod p α ), con x α+1 x α (mod p α ), ossia x α+1 = x α + tp α, con 0 t<p. Usando di nuovo la formula di Taylor come sopra, si vede che f(x α )+tp α f (x α ) 0 (mod p α+1 ). Poiché f(x α ) 0 (mod p α ), f(x α) è un intero N, ossia f(x p α α )=Np α, da cui f(x α ) + tf (x p α α )=Np α + tp α f (x α ) 0 (mod p α+1 ). Dividendo per p α si ottiene N + tf (α) 0 (mod p). La precedente proposizione ci dice che se la congruenza di grado n f(x) 0 (mod p) (6.2.9)

6.3. LA LEGGE DI RECIPROCITÀ QUADRATICA 283 ha ν ( n) soluzioni distinte modulo p, allora in generale la f(x) 0 (mod p α ) ha anch essa ν soluzioni distinte modulo p α. Ad esempio, se α =2,per ogni soluzione x α di (6.2.9), si ottiene un unica soluzione di f(x) 0 (mod p 2 ), sempre che f (x α ) non sia divisibile per p. Esempio 6.2.10. Risolvere la congruenza x 2 +8 0 (mod 121). Ci si riconduce a risolvere l equazione x 2 +8 0 (mod 11) cha ha le soluzioni x 5, 6 (mod 11). Queste conducono alla risoluzione delle seguenti congruenze lineari in t: 3 t 0 (mod 11), 4+t 0 (mod 11), che hanno soluzioni t 3 (mod 11) e t 7 (mod 11) rispettivamente. Corrispondentemente si trovano le soluzioni 5 + 3 11 = 38 (mod 121) e7+6 11 = 73 modulo 121 della congruenza data. 6.3. La legge di reciprocità quadratica Limitiamoci ora a congruenze polinomiali di secondo grado o, come si dice, quadratiche ossia della forma ax 2 + bx + c 0 (mod m). In base ai risultati della sezione precedente possiamo supporre che il modulo m sia un numero primo p. Anzi, dato che il caso p =2è semplice, supporremo senz altro che p sia un primo dispari. Sia data pertanto la congruenza ax 2 + bx + c 0 (mod p), p primo dispari, p a. (6.3.1) Sia a Z tale che 2aa 1 (mod p): un tale a esiste sempre perché 2a 0inZ p. Moltiplicando la (6.3.1) per 2a si ottiene una congruenza equivalente che è del tipo x 2 +2b x + c 0 (mod p)

284 6. NUOVE TECNICHE ALGEBRICHE Essa si può scrivere nella forma equivalente (x + b ) 2 b 2 c (mod p). Ponendo y = x + b e k = b 2 c, la (6.3.1) si riduce alla forma y 2 k (mod p). (6.3.2) Per risolvere la (6.3.1) basta allora risolvere x + b y (mod p) dovey è soluzione della y 2 k (mod p). Si noti che la congruenza x + b y (mod p) ammette sempre un unica soluzione. È stato Gauss il primo a notare che per risolvere congruenze quadratiche è sufficiente risolvere congruenze del tipo particolare (6.3.2). Esempio 6.3.1. Trovare le soluzioni della congruenza quadratica 2x 2 + x +3 0 (mod 5). Utilizzando le stesse notazioni di sopra, determiniamo a Z tale che 2 2a 1 (mod 5). Risulta a = 1. Moltiplicando la congruenza per 2a = 2 si ottiene x 2 2x 1 0 (mod 5) ossia (x 1) 2 2 (mod 5). Posto y = x 1, la congruenza da risolvere è pertanto la y 2 2 (mod 5). Questa non ha soluzioni, e quindi neanche la congruenza originaria ha soluzioni. Esempio 6.3.2. Trovare le soluzioni della congruenza quadratica 3x 2 + x +1 0 (mod 5). La congruenza è equivalente alla (x +1) 2 4 0 (mod 5) ossia a y 2 4 (mod 5)

6.3. LA LEGGE DI RECIPROCITÀ QUADRATICA 285 che ammette due soluzioni y 1 =2ey 2 = 3. Quindi la congruenza originaria 3x 2 + x +1 0 (mod 5) ha le due soluzioni x 1 = y 1 1=1 e x 2 = y 2 1=2. Nei due esempi precedenti abbiamo trovato una congruenza del tipo y 2 k (mod p) che non ammette soluzioni, e una che ammette soluzioni. Vorremmo trovare dei criteri generali che permettano di decidere quando una congruenza quadratica di tipo (6.3.2) ammette soluzioni e quando non le ammette. È quanto ci accingiamo a fare. Definizione 6.3.3. Sia p un primo dispari e a un intero tale che p a. Se la congruenza x 2 a (mod p) è risolubile, allora a si dice residuo quadratico di p, altrimenti a si dice non residuo quadratico di p. In altri termini, un residuo quadratico di p è un elemento del gruppo Z p = Z p \{0} che è un quadrato. Parleremo quindi indifferentemente di residuo quadratico di p o di quadrato modulo p, ovvero di quadrato in Z p. Guardando agli esempi precedenti, vediamo che 2 non èun quadrato modulo 5, mentre 4 lo è. In Z 5 i quadrati sono: In Z 7 i quadrati sono: 1 =1 2 =4 2, 4 =2 2 =3 2. 1 =1 2 =6 2, 2 =3 2 =4 2, 4 =2 2 =5 2. In Z 11 i quadrati sono: 1 =1 2 =10 2, 3 =5 2 =6 2, 4 =2 2 =9 2, 5 =4 2 =7 2, 9 =3 2 =8 2. Da questi esempi sembra di intuire che i quadrati sono esattamente la metà degli elementi di Z p. Vale infatti la seguente proposizione: Proposizione 6.3.4. Sia p un primo dispari. Allora i residui quadratici di p sono esattamente in numero di (p 1)/2 e sono i seguenti: ( ) 2 ( ) 2 p 3 p 1 1 2, 2 2,...,,. 2 2