Nuovi orientamenti terapeutici per l Infezione da Helicobacter pylori: la terapia sequenziale

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1 Number 1/10 MedicinaItalia Nuovi orientamenti terapeutici per l Infezione da Helicobacter pylori: la terapia sequenziale 1 D. VAIRA, 2,3 L. GATTA, 1 G. FIORINI, 1 V. CASTELLI, 1 M. NASUTO, 3 F. DI MARIO 1 Dipartimento di Medicina Interna e Gastroenterologia, Università di Bologna, Bologna; 2 Ospedale Versilia, Lido di Camaiore (LU); 3 Sezione di Gastroenterologia, Dipartimento di Scienza Cliniche, Università di Parma, Parma Introduzione L Helicobacter pylori (H. pylori) è un patogeno a localizzazione gastrica diffuso in tutto il mondo, ed è la principale causa di gastrite e di patologia associata alla gastrite: ulcera gastrica, ulcera duodenale e MALT (Mucose-Associated Lymphoid Tissue) linfoma a basso grado [1]. L infezione è inoltre fortemente associata al cancro gastrico [2]. L eradicazione dell H. pylori ha dimostrato di poter determinare una regressione dell atrofia gastrica, un precursore del cancro gastrico, e la ricomparsa di malattia peptica con le sue complicanze, oltre a curare alcuni linfomi MALT a basso grado [3]. Le attuali linee guida raccomandano per l eradicazione dell infezione, l utilizzo della triplice terapia ovvero la combinazione di due antibiotici (amoxicillina e claritromicina o metronidazolo) in associazione con un inibitore di pompa protonica, della durata non inferiore a 7 giorni. Negli ultimi anni però il successo di questo tipo di terapia si è ridotto, in parte come conseguenza dello sviluppo dell antibiotico-resistenza [3]. Per tale motivo, sono ritenute indispensabili nuove strategie terapeutiche [1]. La terapia sequenziale è un nuovo schema di trattamento che prevede l assunzione per 5 giorni di un inibitore di pompa protonica (2 volte/die) e di amoxicillina (1 g 2 volte/die), seguita per altri 5 giorni dall assunzione di claritromicina (500 mg 2 volte/die) e tinidazolo (500 mg 2 volte/die), sempre in associazione all inibitore di pompa protonica (2 volte/die) [4, 5]. Risultati degli studi clinici Recentemente è stata pubblicata una revisione sistematica della letteratura con meta-analisi, il cui scopo è stato quello di valutare l efficacia della terapia sequenziale rispetto alla classica triplice terapia [6]. Tale studio è stato disegnato secondo le linee guida del QUOROM (Quality of Reporting of Meta-Analysis Conference) [7] e ha ricercato tutti gli studi randomizzati controllati dove la terapia sequenziale è stata paragonata alla triplice terapia. I trial dovevano essere studi randomizzati controllati o indagini cliniche controllate a

2 gruppi paralleli che mettevano a confronto la triplice terapia di durata non inferiore a 7 giorni e la terapia sequenziale, con una presentazione di dati eseguita secondo la intention-totreat analysis. La qualità degli studi è stata valutata secondo la scala di Jadad e coll. [8] e la valutazione è stata eseguita in doppio cieco da due degli Autori. Sono stati valutati tredici studi, tutti italiani a eccezione di due provenienti dall Asia e uno eseguito su popolazione pediatrica proveniente dalla Romania, per un totale di 3271 pazienti trattati. Tre studi sono stati eseguiti su pazienti di età inferiore a 18 anni: 108 trattati con la terapia sequenziale e 152 con la triplice terapia. In uno studio, la terapia sequenziale è stata paragonata a due triplici terapie: una della durata di 7 giorni e l altra della durata di 14 giorni. Negli altri 10 studi sono stati arruolati pazienti di età superiore a 18 anni: 1400 trattati con la terapia sequenziale e 1611 con la triplice terapia. Sei studi erano multicentrici. Otto studi hanno paragonato la terapia sequenziale alla triplice terapia di durata pari a 7 giorni e 4 alla triplice terapia di durata pari a 10 giorni. In 2 lavori, la terapia sequenziale è stata paragonata sia alla triplice terapia di durata pari a 7 giorni che a quella di durata pari a 10 giorni. I risultati negli adulti mostrano che l eradicazione con la terapia sequenziale è stata del 91,0% (95% IC: 89,6 92,1) e del 75,7% (95% IC: 73,6 77,7) per la triplice terapia, determinando un Number Need to Treat (NNT) di 6 (95% IC: 5 7) in favore della terapia sequenziale (Fig. 1). Quando sono stati considerati solo gli studi dove la terapia sequenziale è stata paragonata alla triplice terapia della durata di 7 giorni, la percentuale di eradicazione per la terapia sequenziale era del 91% (95% IC: 89,6 92,3) e per la triplice terapia del 74,5% (95% IC: 72,4 76,5), determinando un NNT di 6 (95% IC: 5 7) a favore della terapia sequenziale. Quando invece sono stati considerati solo gli studi dove la terapia sequenziale è stata paragonata alla triplice terapia della durata di 10 giorni, la percentuale di eradicazione per la terapia sequenziale era del 92,4% (95% IC: 90 94,4) e per triplice terapia del 79,4% (95% IC: 75,9 83,1), determinando un NNT di 8 (95% IC: 6 12) a favore della terapia sequenziale. In due studi eseguiti negli adulti, è stato inoltre possibile valutare inoltre l effetto dell antibiotico resistenza primaria (ovvero quella pre-esistente al trattamento) sulla performance della terapia sequenziale e della triplice terapia. 18 pazienti con ceppi resistenti alla claritromicina sono stati trattati con la terapia sequenziale e 27 con la triplice terapia. La percentuale di eradicazione è stata per la terapia sequenziale dell 83,3% (95% IC: 60,8 94,2) e per la triplice terapia del 25,9% (95% IC: 13,2 44,7), determinando un NNT di 2 (95% IC: 1 3) in favore della terapia sequenziale. Settantuno pazienti con ceppi resistenti al metronidazolo sono stati trattati con la terapia sequenziale e 59 con la triplice terapia. La percentuale di eradicazione è stata per la terapia sequenziale del 95,8% (95% IC: 88,3 98,6) e per la triplice terapia del 78% (95% IC: 65,9 86.6), determinando un NNT di 8 (95% IC: 4 34) a favore della terapia sequenziale. Infine, 14 pazienti che presentavano resistenza doppia (alla claritromicina e al metronidazolo) sono stati trattati con la terapia sequenziale e 12 con triplice terapia, determinando una percentuale di eradicazione per la prima del 57,1% (95% IC: 32,6 78,6) e per la seconda del 33% (95% IC: 13,8 60,9), senza però che questa differenza fosse significativa. Tuttavia, il campione analizzato per le resistenze batteriche è piccolo ed è quindi necessaria cautela nell interpretazione dei risultati. Per quanto riguarda gli effetti collaterali, non sono state riscontrate differenze significative fra le due terapie. p<0.01 p<0.01 p<0.01 Percentuale di Eradicazione Fig. 1. Efficacia della terapia sequenziale vs. triplice terapia

3 Infine, nei bambini la terapia sequenziale ha raggiunto una percentuale di eradicazione del 90,7% (95% IC: 83,8 94,9) e per la triplice terapia dell 82,9% (95% IC: 76,1 88,1). Discussione Il successo della triplice terapia eradicante per H. pylori è in declino: diversi studi eseguiti sia negli Stati Uniti che in Europa hanno evidenziato che la percentuale di eradicazione è calata al di sotto dell 75%, valore che molte linee guida considerano indispensabile [1, 3]. L antibiotico-resistenza nei confronti dei comuni antimicrobici usati è aumentata e ciò risulta essere un importante causa di fallimento del trattamento [9]. Una recente review ha messo in luce che la resistenza alla claritromicina rappresenta un problema importante nella maggior parte dei paesi industrializzati, con poche eccezioni come la Scandinavia [3]. Tuttavia, l antibiotico-resistenza non è l unica causa per comprendere la bassa eradicazione: in uno studio americano, tale fattore è stato dimostrato solo in un terzo dei pazienti che avevano fallito la terapia eradicante [10]. La mancata compliance è un fattore ben riconosciuto, anche se difficilmente misurabile nei trial clinici. Gli effetti collaterali possono influenzare la compliance per tale motivo e importante valutarli quando si considera una nuova terapia. Dai dati presentati si evince che il nuovo trattamento non presenta un incidenza di effetti collaterali diversa da quella determinata dalla triplice terapia. Ciò potrebbe dipendere dal fatto che, anche se più agenti antimicrobici sono usati nella terapia sequenziale, il tempo di trattamento è relativamente più breve. Sono state proposte diverse strategie per migliore la percentuale di eradicazione con le attuali terapie. Ad esempio, è stato suggerito che la maggiore durata della triplice terapia avrebbe potuto determinare un miglioramento dei risultati, ma una recente meta-analisi ha invece dimostrato una mancanza significativa di differenza per i trattamenti di durata superiore ai 7 giorni [11]. La quadruplice terapia (che prevede abitualmente l utilizzo di inibitore di pompa protonica, due antibiotici e bismuto citrato), somministrata per 7 o 10 giorni, è stata inoltre proposta come soluzione alternativa alla triplice terapia. Anche in questo caso, una meta-analisi non ha trovato differenze significative fra i due schemi di trattamento [12]. La triplice terapia con levofloxacina è un altra possibile alternativa, ma l elevata prevalenza di ceppi resistenti è fonte di preoccupazione in molti paesi. In Italia, la resistenza ai fluorochinolonici trovata è del 19,5 % e in Germania del 22% [13, 14]. Esistono comunque poche altre alternative. La triplice terapia basata sulla rifabutina viene adoperata come trattamento di salvataggio, quando altri hanno fallito, ma gli importanti effetti collaterali, quali la tossicità per il midollo osseo, ne limitano l utilizzo [15]. L esatto meccanismo con il quale la terapia sequenziale lavora non è ancora chiaro. Una possibilità è che la ridotta densità batterica nello stomaco determinata dal trattamento iniziale con amoxicillina (nei confronti della quale esistono rari ceppi resistenti) migliori l efficacia della successiva terapia utilizzata. È risaputo che i batteri possono sviluppare canali di efflusso per la claritromicina, che permettono a questi di trasportare all esterno l antibiotico, prevenendo così il legame ai ribosomi batterici [7]. Perciò, un altra possibilità e che l amoxicillina agisca sulla parete batterica, indebolendola e prevenendo la formazione di canali di efflusso. Un ulteriore eventualità è che il vantaggio della terapia sequenziale sia rappresentato dal numero di antibiotici ai quali il batterio è esposto. Sebbene vi siano solo 3 studi, la terapia sequenziale appare migliore anche nella popolazione pediatrica. In conclusione, la terapia sequenziale sembra essere efficace della triplice terapia per l eradicazione dell H. pylori. Bibliografia 1. Malfertheiner P, Megraud F, O Morain C et al (2007) Current concepts in the management of helicobacter pylori infection: The Maastricht III consensus report. Gut 56: IARC working group on the evaluation of carcinogenic risks to humans (1994) Schistosomes, liver flukes and helicobacter pylori. IARC Monogr Eval Carcinogen Risks Hum Lyon, 7 14 June 61: Vakil N, Megraud F (2007) Eradication therapy for helicobacter pylori. Gastroenterology 133: Vaira D, Zullo A, Vakil N et al (2007) Sequential therapy versus Triple Therapy for Helicobacter pylori eradication: a randomized trial. Ann Intern Med 146: Vakil N, Vaira D (2008) Sequential therapy for Helicobacter pylori: time to make the switch? JAMA 300: Gatta L, Vakil N, Leandro G et al (2009) Sequential therapy or triple therapy for Helicobacter pylori: systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials in adult and children. Am J Gastroenterol, 104: Moher D, Cook DJ, Eastwood S et al (1999) Improving the quality of reports of meta-analyses of randomised controlled trials: the quorum statement. Quality of reporting of meta-analyses. Lancet 354: Jadad AR, Moore RA, Carroll D et al (1996) Assessing the quality of reports of randomized clinical trials: is blinding necessary? Control Clin Trials17: De Francesco V, Margiotta M, Zullo A et al (2006) Clarithromycin-resistant genotypes and eradication of helicobacter pylori. Ann Intern Med 144: Vakil N, Lanza F, Schwartz H et al (2004) Seven-day therapy for Helicobacter pylori in the United States. Aliment Pharmacol Ther 20: Fuccio L, Minardi ME, Zagari RM et al (2007) Meta-analysis: duration of first-line proton-pump inhibitor based triple therapy for helicobacter pylori eradication. Ann Intern Med 147: Luther J, Higgins PD, Schoenfield PS et al (2009) Empiric quadruple vs triple therapy for primary treatment of Helicobacter pylori infection: systematic review and meta-analysis of efficacy and tolerability. Am J Gastroneterol, Epub ahead of print 13. Zullo A, Perna F, Hassan C et al (2007) Primary antibiotic resistance in Helicobacter pylori strains isolated in northern and central Italy. Aliment Pharmacol Ther 25: Glocker E, Stueger HP, Kist M (2007) Quinolone resistance in Helicobacter pylori isolates in Germany. Antimicrob Agents Chemother 51: Gisbert JP, Gisbert JL, Marcos S et al (2006) Third-line rescue therapy with levofloxacin is more effective than rifabutin rescue regimen after two Helicobacter pylori treatment failures. Aliment Pharmacol Ther 24:

4 Dimissione programmata dall ospedale per pazienti acuti: una modalità organizzativa per governare i rapporti ospedale-territorio? C. PEDACE Direttore Zona Distretto Arezzo, Segretario Centro Studi FADOI, Arezzo La prospettiva di una riorganizzazione ospedaliera (ma non solo) per intensità di cure incontra notevoli ostacoli nelle caratteristiche stesse della popolazione ospedaliera ricoverata, soprattutto nel caso di pazienti acuti. Infatti, il panorama degli ultimi anni definisce un ospedale che solo in parte (intorno al 20%) è abitato da pazienti acuti puri (giovani con monopatologia grave, solitamente da livello 1, intensivo), mentre in prevalenza (secondo i dati più recenti, per una quota di oltre il 50% delle giornate globali di ricovero) ospita pazienti anziani, con polipatologia, riacutizzati, con durata di degenza protratta e rischio elevato di disabilità severa o morte. Tendenzialmente più si riducono i ricoveri, più aumenta la percentuale di ultrasessantacinquenni che mantengono costante la durata della degenza. I dati sugli indicatori di complessità dei ricoveri confermano il trend fortemente età-correlato nell utilizzo delle strutture ospedaliere e, almeno in parte, con diversa distribuzione per età della popolazione. Pertanto, la riduzione drammatica dei ricoveri, soprattutto nel virtuoso nel Centro-Sud, ha condotto alla selezione della popolazione più grave, non tanto in termini di singola patologia bensì di età e complessità (Tabella 1). Tabella 1. Indicatori di complessità per regione: anno 2007 Regione Indice di case mix % Casi complicati Peso medio (a) Complessivo Età 65 + Regime ordinario Day Hospital Regime ordinario Day Hospital Piemonte 1,13 35,50 1,25 0,85 1,42 0,82 Valle d Aosta 1,03 39,79 1,14 0,87 1,33 0,90 Lombardia 1,07 28,49 1,18 0,86 1,37 0,86 P. A. Bolzano 0,89 27,43 0,99 0,81 1,15 0,76 P. A. Trento (1) 0,93 32,63 1,03 0,81 1,21 0,78 Veneto 1,04 25,25 1,15 0,88 1,29 0,90 Friuli-Venezia Giulia (1) 1,06 32,79 1,17 0,89 1,29 0,94 Liguria 1,10 39,00 1,21 0,83 1,37 0,90 Emilia-Romagna 1,07 33,73 1,19 0,92 1,33 0,94 Toscana 1,10 34,25 1,22 0,85 1,37 0,91 Umbria 1,01 31,70 1,12 0,81 1,29 0,80 Marche (1) 1,01 31,12 1,11 0,77 1,26 0,72 Lazio 0,97 26,45 1,07 0,78 1,22 0,81 Abruzzo 0,94 30,84 1,05 0,77 1,18 0,77 Molise (1) 0,95 33,27 1,06 0,75 1,19 0,71 Campania 0,89 23,30 0,99 0,75 1,17 0,77 Puglia 0,93 29,14 1,03 0,76 1,21 0,74 Basilicata 1,02 35,43 1,13 0,76 1,28 0,79 Calabria 0,87 28,99 0,96 0,76 1,08 0,78 Sicilia 0,93 30,31 1,03 0,75 1,19 0,77 Sardegna 0,89 29,19 0,98 0,79 1,11 0,76 ITALIA (2) 1,00 29,48 1,11 0,81 1,27 0,82 (1): calcolato sul primo semestre (2): Dato Nazionale, con dati mancanti del 2 semestre della Provincia Autonoma di Trento, Friuli-Venezia Giulia, Molise e Marche

5 L appropriatezza Un recente studio qualitativo sulle ammissioni e sulla durata di degenza inappropriata [1] utilizza lo strumento dei focus group per definire le cause della criticità relativa alle Long Term Neurological Conditions (LTNCs) presenti nel 20% dei ricoverati negli ospedali per acuti del Regno Unito. In particolare, vengono identificate come possibili cause: l inadeguatezza delle strutture territoriali; i difetti di comunicazione interprofessionali; la mancanza di cultura della gestione assistenziale del paziente neurologico cronico. Tuttavia, è rilevato che l inappropriatezza clinica non coincide con quella di ricovero, anzi generalmente si ritiene che questa riguardi soprattutto la durata della degenza. Un classico studio canadese del 1998 [2], basato sull analisi dei ricoveri ospedalieri nello stato dell Ontario e tuttora valido, dimostra che a fronte di una possibile inappropriatezza al momento del ricovero (circa il 10%), ben maggior peso ha quella relativa alle giornate successive alla prima, mentre una quota di giorni di degenza intorno al 20 25% potrebbe essere realizzata in un setting diverso da quello dell ospedale per acuti. La possibile strategia Un adeguata strategia per la gestione delle dimissioni difficili e, comunque, per una programmazione ragionevole del processo di uscita dall ospedale deve passare per un inquadramento delle possibili problematiche già dal momento dell accettazione in reparto, se non addirittura dell accesso al pronto soccorso. In particolare, negli ospedali di medie e grandi dimensioni si deve definire un target di popolazione a rischio costituito verosimilmente dai ricoverati urgenti over 65 nei reparti medici (specie quelli generalisti) e in altri, come l ortopedia, in cui più frequentemente si rilevano casi di anziani polipatologici con eventi acuti gravi (traumi). In uno studio pilota in corso di pubblicazione, effettuato presso l ASL 8 di Arezzo [3], dal primo settembre al 31 ottobre 2007 sono stati esaminati i pazienti ricoverati presso le U.O. di Medicina Interna e di Medicina Interna e Geriatria dell Ospedale San Donato di Arezzo, sottoponendoli a valutazione multidimensionale e raccogliendo informazioni anagrafiche, funzionali, cliniche e prognostiche. Sono stati reclutati 317 pazienti con età media di 81 ± 13 anni. La degenza media è stata di 10 ± 7 giorni. Il 34% della popolazione generale aveva un indice prognostico di Flugelman 17 (Tabella 2) [4] e mostrava indice di comorbilità III ed età media di 84 ± 8 anni. Di questi, il 49% aveva valido supporto familiare e il 19% proveniva da RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale). Nel 32% dei casi la famiglia necessitava di aiuto per la gestione del malato. L 87% era giunto in reparto con autonomia già compromessa al Barthel index, mentre l 8% aveva perso l autonomia subito dopo l evento acuto; il 90% aveva declino cognitivo grave. Il 27% dei pazienti con indice di Flugelman 17 è deceduto durante il ricovero, mentre la degenza media dei dimessi vivi è stata di 13 ± 9 giorni. Il follow-up eseguito nel corso dell anno successivo ha confermato il valore prognostico della scala. Pertanto, l indice di Flugelman è stato identificato come elemento utile nella pratica clinica per individuare i fattori che influiscono sulla durata della degenza. Gli strumenti organizzativi In un ospedale di medie dimensioni (400 posti letto) è ipotizzabile che una percentuale compresa fra il 10 e il 15% dei pazienti, in larga misura ospiti dei dipartimenti medici, presenterà problemi di gestione, con relativo allungamen- Tabella 2. Indice prognostico di Flugelman* Mobilità Autonomo (1), con aiuto (2), in carrozzina (3), allettato (4) Ulcere da pressione Assenti (1), Superficiali (2), Profonde (3) Comunicazione Parla e comprende (1), comprende soltanto (2), non comprende (3), comportamento aggressivo e pericoloso (4) Famiglia Famiglia capace di fornire assistenza (1), necessità di sostegno familiare (2), famiglia incapace/non collaborante nella cura del paziente (3), senza famiglia (4) Sfinteri Controllo (1), incontinenza urinaria (2), incontinenza globale (3) Alimentazione Autonoma (1), con aiuto (2), enterale/parenterale (3) Assistenza Non necessita di cure mediche (1), necessita cure mediche o infermieristiche saltuarie (2), necessita cure mediche o infermieristiche 2 volte a settimane (3), necessita cure mediche o infermieristiche quotidiane (4) *Per lo score si tratta di somma Score 17 Individua pazienti con prognosi sfavorevole

6 to inappropriato dei tempi di degenza. In termini quantitativi si tratta di un range di ricoveri fra 500 e 800. Stabilito che possono essere utilizzati score predittivi validati per identificare da subito la popolazione a rischio, rimane il problema di come trasferire prontamente l informazione a un punto organizzato in grado di: valutare rapidamente il bisogno socio-sanitario; identificare gli interlocutori (specialisti, medici di medicina generale, servizi sociali ecc.) e i servizi; elaborare un progetto personalizzato; identificare il case manager del singolo progetto; definire tempi e modi della dimissione; verificare qualitativamente gli outcome procedurali; valutare il percorso post-ricovero. Per realizzare queste molteplici azioni la struttura organizzativa deve essere: stabile; autorevole, cioè riconosciuta dai diversi soggetti responsabili del percorso; a responsabilità territoriale (Distretto) con piena condivisione con la struttura organizzata del Presidio Ospedaliero. L Agenzia di Coordinamento Ospedale Territorio (ACOT) Sul territorio nazionale esistono alcune isolate esperienze di gestione del percorso Ospedale Territorio per le dimissioni difficili (difficult discharge). Alcune partono da un organizzazione dipartimentale, altre dalla definizione di equipe dedicate. Tutte risentono della frammentarietà del rapporto fra ospedale e territorio, anche per l esasperazione della parola d ordine Ospedale per Acuti in assenza di una strategia territoriale che curi in modo organico (programmi di disease management delle patologie croniche) l intervento a domicilio e nelle sempre sottovalutate strutture intermedie (Ospedale di Comunità, RSA, Centri di Riabilitazione). Ammesso e non concesso che il giusto sviluppo dell organizzazione ospedaliera sia quello per intensità di cure, il punto chiave è l inserimento in questa di un tipico modello organizzativo territoriale: l equipe multiprofessionale, o Unità Funzionale, con una minima presenza medica (tutor?) e componenti professionali diverse, prima fra tutte quella infermieristica. La nostra recente esperienza è appunto partita dal presupposto che solo inserendo un equipe multiprofessionale accreditata nel territorio, oltre che in ospedale, era possibile intraprendere una gestione in rete delle patologie ospedaliere più complesse, inappropriate in durata. L agenzia ACOT: gestisce le dimissioni ospedaliere con funzione di programmazione dell accesso all offerta assistenziale territoriale; garantisce il check-out dei pazienti al momento della dimissione e un canale di informazione costante con i medici di medicina generale e i pediatri di famiglia; mantiene collegamenti con pronto soccorso, reparti di degenza, strutture intermedie territoriali, centrale operativa 118, farmaceutica territoriale e ospedaliera, RSA, strutture riabilitative, Punto Unico di Accesso (PUA); rappresenta un integrazione funzionale con i punti insieme dislocati sul territorio. Il progetto è stato avviato nel maggio 2009 e una prima analisi di indicatori verrà effettuata a fine anno Conclusioni Al di là delle formule organizzative scelte, che devono tenere ovviamente conto del quadro estremamente composito della rete assistenziale nel territorio nazionale, sembra che alcuni elementi debbano essere messi in rilievo: la realtà epidemiologica attuale pone al primo posto la gestione complessiva delle patologie croniche; la divisione organizzativa fra aree ospedaliera e territoriale non è funzionale alla gestione di tali condizioni, specie quando la complessità clinico-assistenziale è alta; le soluzioni non sono omogenee: ben diverse sono le scelte da effettuare negli ospedali di III livello (Aziende Ospedaliere ecc.) con scarso legame con il territorio, rispetto a quelli di medie dimensioni (cui comunque bisogna fare riferimento nell elaborazione di modelli ospedale-territorio); le equipe multiprofessionali rappresentano il futuro per la gestione delle patologie croniche sia dentro che fuori l ospedale, gli attuali modelli orizzontali appaiono inadeguati rispetto ai bisogni. Lo slogan veronesiano dell ospedale per acuti è stato ed è di grande utilità ideologica nel definire i macroobiettivi, ma deve sostanzialmente rappresentare l utopia del sistema. Attualmente bisogna contentarsi di realizzare modelli gestionali per un ospedale per cronici riacutizzati e di un territorio per la gestione attiva della cronicità. Bibliografia 1. Hammond CL, Pinnington LL, Phillips MF (2009) A qualitative examination of inappropriate hospital admissions and lengths of stay. BMC Health Serv Res 9:44 2. Flintoft VF, Williams JI, Williams RC et al (1998) The need for acute, subacute and nonacute care at 105 general hospital sites in Ontario. Joint Policy and Planning Committee Non-Acute Hospitalization Project Working Group. CMAJ 158: Bozzano C, Mei E, Lancini L, Pedace C (2010) Studio CESALPINO: analisi del problema dimissioni difficili in ospedale. Ital J Med, in press 4. Flugelman MY, Ben David Y, Harats N, Eliakim M (1986) A simple prognostic index for hospitalized geriatric patients. A prospective study of 70 patients. Gerontology 32:

7 Riso rosso, ipercolesterolemia e danni muscolari 1 A. VANNACCI, 1 E. GALLO, 1 A. PUGI, 1 A. MUGELLI, 1,2 F. FIRENZUOLI, 1 F. LAPI 1 Dipartimento di Farmacologia Preclinica e Clinica, Centro Interuniversitario di Medicina Molecolare e Biofisica Applicata (CIMMBA), Università degli Studi di Firenze, Firenze, farmacovigilanza@unifi.it; 2 Centro Clinico di Medicina Naturale, ASL11 Empoli, Empoli (FI) Per il Sistema di FarmacoVigilanza della Regione Toscana, Area Vasta Centro, Recentemente sono stati proposti alcuni prodotti naturali per il controllo dell ipercolesterolemia. In particolare, tra le varie sostanze presenti sul mercato, una posizione di primo piano è coperta dal riso rosso fermentato. Si tratta di riso comune (Oryza sativa) fermentato con Monascus purpureus, un micete in grado di produrre durante la fermentazione una serie di molecole, tra cui diverse appartenenti alla famiglia delle monacoline. Una di queste, la monacolina K, è strutturalmente identica alla lovastatina, ma anche altre molecole della stessa classe sono in grado di esercitare un azione inibente la idrossimetilglutaril-coa reduttasi (HMGCoA reduttasi), seppure con potenza inferiore. È evidente, quindi, che sebbene il prodotto possa essere considerato a stretto rigore naturale, i principi attivi in esso contenuti non sono molto diversi dai farmaci e, in alcuni casi, ne presentano anche i tipici effetti collaterali. Contenendo una miscela di statine, non è da escludere la possibilità che il riso rosso fermentato possa indurre danni al fegato e ai muscoli, sebbene raramente, come accade con gli analoghi farmaci di sintesi. Il rischio è relativamente basso, ciò nonostante sono presenti diverse segnalazioni nella letteratura medica, le ultime delle quali pubblicate sul British Journal of Clinical Pharmacology provengono dal nostro gruppo di ricerca. In un analisi del database italiano delle reazioni avverse ai prodotti naturali abbiamo infatti identificato 4 casi di miopatia associata a riso rosso fermentato (range di dosaggio da 200 a 1200 mg di estratto al giorno). Tutti i pazienti avevano riferito dolore muscolare con innalzamento delle creatininfosfochinasi (CPK: range UI/L) e tempi di esordio da 2 a 6 mesi. Dopo la sospensione del prodotto, 3 pazienti su 4 hanno ottenuto una guarigione completa, mentre uno (precedentemente intollerante alle statine) ha mantenuto livelli di CPK costantemente aumentati per diversi mesi [1]. Tale analisi mostra come, sebbene il riso rosso fermentato sia un prodotto relativamente sicuro, il suo utilizzo dovrebbe essere sempre condotto sotto il controllo medico, eventualmente valutando periodicamente gli enzimi epatici e quelli muscolari, e mai lasciato all automedicazione. A tale proposito, nell ultimo anno sono stati pubblicati due articoli, entrambi dal medesimo gruppo, che suggeriscono la potenziale utilità del riso rosso fermentato in pazienti intolleranti alle statine [2, 3]. In entrambi i lavori alcuni pazienti con storia di intolleranza alle statine (31 nel primo caso e 21 nel secondo) sono stati trattati con una preparazione a base di riso rosso fermentato (titolata in monacolina K), nel primo studio in aperto e nel secondo contro pravastatina 20 mg (dopo randomizzazione). Lo scopo di entrambe le indagini era quello di valutare la ricorrenza di mialgia in pazienti intolleranti alle statine, quando esposti a riso rosso fermentato. Se sulla base della letteratura ci si poteva attendere una recidiva intorno al 57% [2], i due lavori citati hanno invece individuato un valore intorno al 5 10%, sia per il riso rosso che per la pravastatina, concludendo che il fitoterapico in studio può essere considerato relativamente sicuro in questa categoria di pazienti. A corollario dell articolo di Becker e collaboratori, sullo stesso numero di Annals of Internal Medicine è anche stata pubblicata un informativa per il paziente, che di fatto consiglia questa soluzione naturale agli individui con storia di intolleranza alle statine. Sebbene i dati riportati aggiungano un importante tassello al mosaico della prevenzione cardiovascolare nei pazienti che non tollerano i comuni farmaci antidislipidemici (il cui gold standard di trattamento non è stato ancora ben definito), continuiamo a mantenere molte riserve sulla reale opportunità di consigliare a un prodotto di origine naturale, certamente efficace e probabilmente ben tollerato, che però mantiene dei lati oscuri. Il riso rosso fermentato è, ad esempio, commercializzato da diversi produttori, non necessariamente è titolato alla stessa maniera e, soprattutto, è distribuito come integratore alimentare, potendo di fatto sfuggire al controllo e alla supervisione dei sanitari (come nei casi di tossicità da noi riportati). A nostro giudizio, questo aspetto assume particolare importanza proprio in quei pazienti intolleranti alle statine, i quali, non ricorrendo alla consulenza medica o venendo mal consigliati, potrebbero pensare di aver trovato una soluzione naturale ai loro problemi, senza rendersi conto di assumere, seppure in basse dosi, prodotti di fatto analoghi (se non identici) a quelli per cui hanno mostrato intolleranza [4]. In definitiva, ciò che Becker, Halbert e collaboratori mostrano è che nei loro setting la ricorrenza di mialgie tra riso rosso e pravastatina non è significativamente differente ed è grandemente inferiore a quanto atteso sulla base dei dati finora disponibili in letteratura. Una lettura alternativa potrebbe perciò essere quella di consigliare a questi pazienti l assunzione di pravastatina (non di riso rosso), la quale quantomeno è un farmaco noto, ben codificato nel suo profilo di efficacia e sicurezza e relativamente poco costoso. Restiamo tuttavia del parere che siano necessari ulteriori studi anche per definire tale indicazione terapeutica, dal momento che i due campioni studiati restano a nostro parere insufficienti, nella dimensione e nel tempo di osservazione, per poter fornire informazioni definitive. Bibliografia 1. Lapi F, Gallo E, Bernasconi S et al (2008) Myopathies associated with red yeast rice and liquorice: spontaneous reports from the Italian Surveillance System of Natural Health Products. Br J Clin Pharmacol 66: Becker DJ, Gordon RY, Halbert SC et al (2009) Red yeast rice for dyslipidemia in statin-intolerant patients: a randomized trial. Ann Intern Med 150: , W Halbert SC, French B, Gordon RY et al (2010) Tolerability of red yeast rice (2400 mg twice daily) versus pravastatin (20 mg twice daily) in patients with previous statin intolerance. Am J Cardiol 105: Vannacci A, Lapi F, Gallo E et al (2010) Red yeast rice for dyslipidemia in statin-intolerant patients. Ann Intern Med 152:135 IMPRESSUM Inserto alla rivista "Internal and Emergency Medicine" Vol. 5 Num. 1 Editore: Springer-Verlag Italia Srl, Via Decembrio 28, Milano Copyright SIMI, Società Italiana di Medicina Interna

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