Progetto di ricerca-azione per ANFFAS Lombardia

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1 INCLUSIONE SOCIALE E PROGETTAZIONE NEI SERVIZI PER PERSONE CON DISABILITÀ INTELLETTIVE E RELAZIONALI Una ricerca-azione nella rete dei servizi a marchio ANFFAS della Lombardia Responsabilità scientifica: - prof. Roberto Medeghini (Professore a contratto di Pedagogia Speciale - Università di Bergamo) - prof. Walter Fornasa (Professore Ordinario di Psicologia dell Educazione - Prorettore delegato per la Responsabilità sociale dell'università - Università di Bergamo) - dott. Giuseppe Vadalà (Dottorando in Scienze Pedagogiche e Cultore di Pedagogia Speciale - Università di Bergamo) Abstract del progetto di ricerca La ricerca mira ad analizzare e valutare, attraverso una metodologia di partecipazione degli operatori e utenti degli stessi servizi, la capacità inclusiva dei servizi del circuito ANFFAS rivolti alle persone con disabilità intellettive e relazionali e costruire linee progettuali in grado di ridefinire gli stessi servizi nella prospettiva inclusiva. Parole chiave Inclusione - Impliciti pedagogici- Servizi - Disabilità Sfondi La relazione fra i processi nei sistemi formativi e educativi, nelle pratiche/progetti dei servizi e l appartenenza sociale ed istituzionale è il tema che oggi sembra segnare e caratterizzare l idea inclusiva: infatti sposta l attenzione dall integrazione di uno specifico in un contesto dato ai processi generali di coesione e/o di espulsione sociale attraverso i quali si definiscono appartenenze e cittadinanze e nei quali si esprimono le aspirazioni, le attese e i significati delle persone con disabilità e delle loro famiglie. In questa dimensione la società, le politiche, le istituzioni ed i servizi sono visti e rappresentati in forte relazione in quanto elementi costituiti dai processi sopra evidenziati. Infatti quando si fa riferimento all inclusione sorge immediato il problema di come un gruppo sociale costruisce i suoi vincoli di appartenenza/non appartenenza e attraverso quali processi definisce possibilità di inclusione/esclusione per persone o gruppi specifici e attraverso quali forme. Il processo di riconoscimento sociale delle persone con disabilità, come persone significanti di un esperienza, è storia recente in quanto, per molto tempo, sono state oggetto sia di occultamento sia di pratiche emarginanti: ne sono esempio l assimilazione della disabilità ad altre categorie come quella dei poveri (Stiker, 1982), e l istituzionalizzazione come pratica di espulsione sociale attraverso la definizione di linguaggi, luoghi specifici e pratiche (Foucault, 1981). Tali forme, radicali nella loro ispirazione emarginante, sono state sostituite nel tempo dalla costituzione di servizi specifici per le persone con disabilità (ad esempio i centri diurni per disabili, i centri per le autonomie e i centri residenziali) e, attualmente, dai loro processi di razionalizzazione che, in generale, lasciano aperto e senza risposta il tema dell appartenenza sociale. La difficoltà dei servizi a costruire risposte in questa direzione, difficoltà causata dalla collocazione delle persone con disabilità in un ottica prevalentemente medico-sanitaria e Gruppo di Ricerca Università di Bergamo - R.Medeghini, W.Fornasa, G.Vadalà 1

2 riabilitativa, ha prodotto diversi tentativi di ricercare uno sfondo al recupero sociale della disabilità: ne sono esempio l assimilazione, la compensazione, la normalizzazione e la valorizzazione dei ruoli sociali; esempi che però rimangono sempre all interno di un modello adattivo. Anche la recente classificazione dell ICF, pur all interno di un evoluzione positiva rispetto alle classificazioni precedenti, evidenzia aspetti contraddittori, sia di natura teorica che lessicale, che rendono l ottica medica ancora predominante nella relazione fra gli elementi biologici psicologici e sociali (approccio bio-psico-sociale). Diversi studi evidenziano, a tal proposito, i seguenti aspetti: - nella classificazione utilizzata predominano ancora le idee e i valori del pensiero medico (Barile, 2003); - le definizioni di abilità e partecipazione risultano ambigue in quanto non si evidenzia una loro relazione (Fougeyrollas e Beauregard, 2001); - l ambigua distinzione fra il concetto di menomazione (o deficit) e quello di disabilità (Imrie, 2004); - l utilizzo della classificazione ICF nell ambito educativo pone l interrogativo di come sia possibile impostare una progettazione educativa su uno strumento diagnostico che fonda i suoi principi su aspetti normativi (D Alessio, 2006; Medeghini, 2009). L idea di inclusione si inserisce quindi in questo clima culturale dove i modelli epistemologici, le politiche istituzionali e dei servizi optano per processi di razionalizzazione e di controllo e non per processi di appartenenza e di cittadinanza. Quali allora gli sfondi di analisi e di azione sui quali si può costruire una prospettiva inclusiva? - Le politiche. Nel sociale, nella formazione e nei servizi il pensiero comune e prevalente rispetto alla disabilità è di tipo compensativo: l utilizzo di risorse ha privilegiato infatti l investimento in relazione al deficit e alla sua gravità, proponendone la gestione alle istituzioni sanitarie, ai servizi e, nella scuola, a figure specializzate. Il riferimento al sanitario e allo specialismo ha prodotto così una frattura culturale nella gestione della disabilità che ha avuto ripercussioni sull inclusione sociale e scolastica in quanto la persona con disabilità non è posta in gestione alle diverse articolazioni del sociale e delle istituzioni ma a strutture, servizi e sostegni che escono dalla logica delle relazioni. In tal senso possono risultare significativi l esempio dei trasporti per le persone con disabilità che è in stretta relazione con le resistenze per il superamento delle barriere architettoniche o quello del progressivo isolamento dell insegnante di sostegno in alcune esperienze di inserimento scolastico. A differenza di questa logica speciale e di separazione, l approccio inclusivo richiede di pensare una ricomposizione fra diversi livelli delle politiche al fine di rendere effettiva l uguaglianza delle condizioni. Per questo il tentativo di ricomposizione (ricomposizione che tenga conto dell insieme delle differenze, della loro condizione ed evoluzione) chiama in causa, ad esempio, l ambito dell economia (i luoghi, l ambiente, il tipo di lavoro, il suo rapporto con il corso della vita e il senso che gli viene attribuito dalle persone), della progettazione urbanistica ed edile (la possibilità di avere spazi che permettano di essere vissuti in rapporto alle diverse condizioni e al loro cambiamento), dei trasporti che superino la logica dello speciale e della separazione, della cultura che ampli il suo riferimento ai modi differenti di utilizzare linguaggi, esprimere significati e visioni dell esistenza. In questo modo può essere evitato il rischio di staticità insito nei processi di normalizzazione e della valorizzazione dei ruoli sociali: le possibilità che si aprono con il cambiamento delle prospettive in cui un contesto si muove non solo offrono spazio alle capacità, ma permettono modi ed espressione di vita che superano lo sfondo dell omogeneità. Gruppo di Ricerca Università di Bergamo - R.Medeghini, W.Fornasa, G.Vadalà 2

3 - Gli attori e i luoghi sociali. La ricomposizione delle politiche sopra prospettata richiede l estensione di un pensiero, riferito a persone e luoghi, che assuma progettualmente il concetto di differenza: questo porta ad una cultura diffusa, cioè ad un pensare, fare ed essere in grado di includere le differenze e superare le barriere alla partecipazione, diventando così la risorsa essenziale sulla quale si possono innescare altre azioni. Il riferimento agli insegnanti curricolari è immediato, ma potremmo riferirci anche, ad esempio, alle persone che gestiscono le politiche e le iniziative culturali e del tempo libero, che decidono la progettazione e i modi di essere teatro, cinema, museo, creando il tipo di utenza media di riferimento. In questa prospettiva assume grande rilevanza il processo di formazione e di educazione continua, sia in riferimento alle diverse fasi dell istruzione che nel corso di vita, finalizzato all assunzione delle differenze come presupposto della cittadinanza. E questo processo formativo deve comprendere anche le persone adulte con disabilità. - I servizi per le persone con disabilità. La prospettiva dell inclusione pone domande immediate anche al pensiero e alle conseguenti progettazioni che guidano i servizi per le persone con disabilità. Uno sguardo alle diverse realtà mette in evidenza un loro incremento quantitativo e diversificato, in base alle diverse tipologie di gravità, con un attenzione rivolta prevalentemente alla persona con disabilità o alla sua famiglia. Ciò può essere vista da molti come una scelta che dà risposte immediate ad una condizione ritenuta deficitaria, ma nella prospettiva inclusiva tale scelta pone un interrogativo: è sufficiente istituire servizi alla persona oppure non sarebbe più opportuno pensare a servizi che, accanto all attenzione alle persone, permettano alla comunità di includere come cittadini le persone con disabilità? Questa prospettiva richiede alla progettazione di modificare l approccio fino ad ora utilizzato, passando da proposte che tendono alla razionalizzazione dei servizi (ad esempio attraverso la loro concentrazione territoriale) a proposte che abbiano come presupposto le relazioni di comunità. Ciò permetterebbe alla comunità di riflettere sul proprio ruolo nei processi inclusivi e consentirebbe di mantenere e costruire esperienze che creano appartenenze. - Il piano legislativo. La riflessione sui servizi non può essere disgiunta da quella relativa alle politiche e alle legislazioni conseguenti non solo nazionali ma anche regionali. In questo ambito la prospettiva inclusiva pone un interrogativo sul ruolo delle politiche sociali e della legislazione nella definizione del corso di vita delle persone con disabilità: infatti l istituzionalizzazione e la standardizzazione dei percorsi di vita attraverso una legislazione, soprattutto regionale (ad esempio la suddivisione dei servizi in centri per le autonomie, diurni, residenziali, basati sul grado di gravità) può non essere un fattore protettivo, ma, al contrario, può diventare elemento di rischio e di emarginazione se costruisce percorsi non modificabili. Per evitare ciò la prospettiva inclusiva richiede alle politiche e alla legislazione di uscire dal vincolo della standardizzazione per assumere politiche differenziate che non facciano riferimento a gruppi omogenei e statici, come, ad esempio, anziani o disabili, ma che si collochino nel territorio, nelle vite, nelle relazioni e nelle esperienze delle persone e abbiano come riferimento la loro possibilità di azione (Saraceno, 2001). I presupposti ora citati mettono in primo piano la possibilità di azione di una persona nel suo legame e appartenenza con il territorio, ma contemporaneamente richiedono di uscire da un ottica deficitaria e di compensazione, superando il concetto di abilità nella sua relazione con il Gruppo di Ricerca Università di Bergamo - R.Medeghini, W.Fornasa, G.Vadalà 3

4 funzionamento individuale. Una possibilità, certamente non l unica, può essere ricercata nelle riflessioni di M.Nussbaum (2007) la quale, rileggendo A.Sen (2001) in una prospettiva filosofica, propone il concetto di capacità fondamentali soprattutto nella prospettiva di capacità combinate, cioè di capacità che prevedono le relazioni fra capacità delle persone (come possibilità e opportunità di agire) e il ruolo dell ambiente materiale, istituzionale e relazionale. Qui il concetto di capacità non ha alcuna relazione con quello di abilismo su base individuale visto lo sfondo interattivo in cui si colloca: l insieme di capacità non viene ridotto infatti al livello di abilità del singolo o di semplice ruolo sociale, ma si configura come possibilità di azione in relazione alla presenza o meno di condizioni sociali che ne permettono o ne negano l attualizzazione. Ad esempio, nell ottica qui espressa, nel caso di una disabilità grave l istituzionalizzazione risulta un impedimento al concetto di capacità in quanto limita la costruzione di una rete sociale in grado di creare le condizioni perché le capacità possano esprimersi. Questo approccio ha quindi un forte legame con il processo di inclusione in quanto è innanzitutto rivolto a tutte le persone e all investimento che le persone fanno su se stesse o su quelle che hanno accanto (nel caso dei familiari, amici, ambiente), a ciò che vogliono e possono fare e non alle limitazioni individuali. Infatti la condizione per l inclusione è intendere le capacità come la possibilità per le persone, con disabilità e non, di vivere la vita la cui condizione sta nella rimozione di quei vincoli, ostacoli, barriere e di quelle strutture che impediscono l attualizzazione delle capacità. Certamente possono sorgere interrogativi soprattutto in relazione a disabilità intellettive o a quelle più gravi, ma il riferimento alle capacità permette di ipotizzare percorsi diversi in virtù di una prospettiva aperta e non ridotta all esempio. Infatti se facciamo riferimento al voto politico potremmo pensare che Luca non è in grado di votare e quindi non è un potenziale elettore: ma su cosa si basa questa constatazione? Si sono attivati percorsi per rendere possibile il voto? Si è pensato ad un accompagnamento? E se, nonostante tutto ciò, il voto è ancora impossibile potremmo chiederci quali altre strade potrebbero esserci per consentire una partecipazione politica e la possibilità di una qualche attività politica (M.Nussbaum, 2007). E questo vale per tutte le altre capacità: gli affetti, la sessualità, il lavoro, la famiglia, il pensiero, l appartenenza sociale, il controllo dell ambiente; sempre con il presupposto insito nell idea di capacità combinate proposto in precedenza nel quale i contesti, l ambiente e la loro strutturazione possono avere un ruolo causale. E questa è la prospettiva per la progettazione inclusiva. Il progetto di ricerca-azione La ricerca che qui si propone non ha uno scopo valutativo esterno (ricerca valutativa) finalizzato cioè a stabilire l efficacia o l efficienza di un organizzazione e delle pratiche in esse attivate: si colloca invece nella prospettiva della ricerca-azione dove risulta centrale la partecipazione dei diversi attori presenti in un organizzazione (responsabili del servizio, educatori, ecc.). Gli obiettivi: a. autoanalisi, attraverso l utilizzo di indicatori, del rapporto fra la mission inclusiva e la natura dei servizi proposti nella rete ANFFAS; b. linee progettuali per la ridefinizione dei servizi nella prospettiva inclusiva; Gruppo di Ricerca Università di Bergamo - R.Medeghini, W.Fornasa, G.Vadalà 4

5 c. condivisione e attivazione di pratiche progettuali ed educative (discorsive e non discorsive) nella prospettiva inclusiva; d. costruzione di tavoli per un confronto istituzionale e scientifico sulla proposta di servizi inclusivi. I primi due obiettivi sono prioritari. Il processo Si presenta come combinazione fra le riflessioni sulle diverse concezioni socio-educative che concorrono a costruire la cultura organizzativa di un servizio, l indagine sui loro presupposti e la costruzione di indicatori inclusivi utili all autoanalisi. 1. L ambito della riflessione cercherà di portare in superficie a. gli impliciti professionali ed educativi presenti nei dirigenti, responsabili di servizio, educatori, consulenti, famiglie, relativi a: - le finalità cioè le mete che i vari approcci si prefiggono; - i modelli teorici di riferimento (compresi quelli di consulenti e specialisti) che ispirano gli indirizzi, il coordinamento, la progettazione individualizzata e le pratiche educative; - le reti di riferimento che ne conseguono; - il focus dell azione, cioè i destinatari delle finalità e delle azioni; - il contesto di riferimento, cioè il luogo privilegiato dell azione; - i modelli educativi e gli stili conseguenti utilizzati nelle interazioni con l interno e l esterno del Servizio. Gli impliciti pedagogici rappresentano forme «tacite» di saperi, conoscenze, pratiche discorsive e atteggiamenti che influiscono sulle interpretazioni e sulle scelte degli educatori. La condizione dell implicito, proprio per la sua natura, produce una scarsa consapevolezza del pensiero e delle radici epistemologiche dalle quali si genera; origina una resistenza a ritrovare ed analizzare le premesse su cui si basa; costruisce un terreno linguistico e comunicativo incerto dove i termini, le frasi, le argomentazioni sembrano indistinte proprio perché sfuggenti alle teorie. Per questo l implicito fatica a modificarsi assieme alle pratiche ad esso collegate; per questo è un generatore di conferme, basate a loro volta su percezioni, piuttosto che di interrogativi. Affrontare l «implicito» da questa prospettiva richiede però di interrogarsi sul suo significato, soprattutto sui discorsi che lo confermano e lo riproducono per poter così decostruire una pretesa neutralità del contenuto; neutralità spesso invocata per temi educativi sensibili quali ad esempio «differenze» ed «integrazione». b. Le percezioni delle persone con disabilità presenti nei servizi come primo passaggio per uscire da un ottica deficitaria, restituendo la voce ai discorsi che fino ad ora sono stati resi al silenzio. Qui si potranno indagare i temi relativi alla socialità, alle prospettive per il dopo e a tutto ciò che può rientrare nell area delle capacità. 2. L ambito degli indicatori cercherà di costruire un insieme di descrittori (ovvero di tracce, di guide all osservazione e alla redazione di protocolli descrittivi delle dinamiche che caratterizzano un servizio) che hanno l obiettivo di agire come attivatori di pratiche inclusive in un certo grado qualitativo. Questa peculiarità dell indicatore inteso anche come descrittore di processi, risponde ad una duplice funzionalità: autoriflessiva, da un lato, e organizzativa dall altro dove, da una parte, gli attori possono esplorare i propri processi «interni», valutarli, modificarli, arricchirli e dall altra possono indagare i vari processi conversazionali (discorsi) e di apprendimento reciproco, fino a delineare culture specifiche e differenti. Gruppo di Ricerca Università di Bergamo - R.Medeghini, W.Fornasa, G.Vadalà 5

6 La metodologia La ricerca sarà condotta nel rispetto delle coordinate tipiche della ricerca-azione e della emancipatory research. Nel primo caso si fa riferimento ad una metodologia di ricerca di tipo processuale, che poggia sulla consapevolezza del proprio agire dei partecipanti alla ricerca (ricercatori, operatori e utenti dei servizi). Tale consapevolezza mette nelle condizioni di rivedere la propria teoria e la propria pratica sia di ricerca sia di azione nei contesti educativi. La metodologia propria della cosìdetta emancipatory research mira a favorire il processo di emancipazione delle persone disabili, attraverso una loro partecipazione attiva nel processo di ricerca e/o nella generazione dei quesiti di ricerca. Tale incrocio metodologico costituisce un ambito e un progetto di ricerca altamente innovativi. Nello specifico, sono previste attività che costituiranno un combinato di azioni interattive per parole chiave e per situazioni. Per questo gli incontri si caratterizzeranno per co-costruzioni progressive dove i gruppi saranno chiamati ad esplicitare idee, punti di vista, sollecitazioni; qui gli sfondi teorici verranno costantemente articolati all interno di pratiche discorsive e non. Queste attività, previste anche per le persone con disabilità, si organizzeranno con gruppi di discussione e laboratori di narrazione e scrittura. Per facilitare le fasi della ricerca e dell autovalutazione si utilizzerà un portale di discussione e di risoluzione di problemi legati alla ricerca. La scelta metodologica di differenziare i piani e gli incontri di formazione è finalizzata a garantire la presenza, la cittadinanza e la partecipazione di tutte le differenze e le differenti pratiche peculiari ad ogni figura presente nei servizi. In tal senso la divisione in gruppi omogenei non muove da ragioni di gerarchizzazione dei diversi operatori ma va nel tentativo di offrire a tutti lo spazio di condivisione per far emergere le differenti prospettive. Va considerato inoltre che in una seconda fase si procederà alla costituzione di un gruppo misto che proseguirà il lavoro di riflessione, studio, analisi e produzione di proposte. Criteri per la scelta delle tipologie dei servizi La ricerca sarà condotta nelle diverse tipologie di servizi (Comunità di accoglienza, Centro Diurno per Disabili, Centro Socio Educativo, Comunità Alloggio Socio-Sanitaria per persone con disabilità, Pronto Intervento, Residenza sanitaria-assistenziale per persone con disabilità, Servizio di Accoglienza e Informazione, Servizio Formazione all'autonomia) in quanto l obiettivo è quello di entrare nelle diverse specificità e ricavare elementi di tenuta e di criticità. La peculiarità dei diversi servizi sarà necessariamente tenuta in considerazione nell analisi e nella costruzione dei descrittori. È ipotizzabile una costruzione della ricerca su diversi ambiti di intervento-riflessione che però riesca a costruire un elemento di forte caratterizzazione per tutti i servizi. Parlare di inclusione infatti in un CDD implica scelte organizzative, progettuali ed operative ben diverse da quelle necessarie per uno SFA. Ciò non toglie che la costruzione di una prospettiva inclusiva permette la condivisione di uno sfondo culturale diverso dall attuale e in grado di perturbare l esistente, implicando nuove forme di gestione e organizzazione dei servizi. È inoltre importante inserire eventuali esperienze innovative da utilizzate come discussione di caso. Resta da definire il numero e la tipologia dei servizi che saranno coinvolte nella ricerca (questo dipenderà dalle scelte del committente e dal numero di ore destinabili alla ricerca). Il numero dei servizi coinvolti inciderà ovviamente anche sul processo della ricerca e sulle ore di Gruppo di Ricerca Università di Bergamo - R.Medeghini, W.Fornasa, G.Vadalà 6

7 formazione necessarie per la costruzione di uno sfondo di condivisione concettuale e culturale. Diverse possono essere le scelte rispetto all individuazione dei servizi: - su base territoriale: tale scelta implica un più facile coinvolgimento delle presenze territoriali (vale a dire gli attori coinvolti nel contesto territoriale, quali associazioni, - tipologia di servizio - tipologia di disabilità (lieve-grave) Articolazione del progetto e tempi di realizzazione Il progetto si articola sulle seguenti fasi: fase Periodo Attività Luglio 2010 Analisi Settembre 2010 Condivisione Analisi dei servizi coinvolti nel progetto: tipologia della struttura, utenza, organizzazione del servizio ( attività, progetti con il sociale ), modelli di progettazione e loro rapporto con progetti di territorio di provenienza, presenza consulenti (tipologia e funzione), rapporti con le famiglie e il territorio. Condivisione del progetto e degli obiettivi con gli attori coinvolti. 1 Da Ottobre a Dicembre 2010 Da Gennaio ad Aprile 2010 Formazione sulla progettazione inclusiva Costruzione di descrittori inclusivi 1.Formazione per i responsabili e i coordinatori di servizi 2.Formazione degli educatori. 3.Formazione/Discussione con i responsabili enti Locali 4.Laboratori di narrazione e scrittura per le persone con disabilità. 1.Costruzione descrittori con i responsabili e i coordinatori dei servizi. 2.Costruzione di descrittori con gli educatori. 3.Costruzione di descrittori con le famiglie. 4.Costruzione di descrittori con le persone con disabilità. 5.Costruzione di descrittori con i volontari (se presenti). 6.Costruzione di descrittori con le realtà territoriali di appartenenza delle persone con disabilità. 7.Costruzione di descrittori con le realtà territoriali dove è presente il servizio Da Maggio a Luglio 2011 Condivisione e sintesi 1.Studio e sintesi delle varie proposte ad opera di un gruppo misto. 2.Proposta e condivisione dei descrittori in assemblea. Gruppo di Ricerca Università di Bergamo - R.Medeghini, W.Fornasa, G.Vadalà 7

8 fase Periodo Attività Da Settembre a Novembre 2011 Utilizzo dei descrittori e autovalutazio ne dei servizi 1.Incontro di formazione metodologico per l utilizzo dei descrittori. 2.Autovalutazione, tramite descrittori, nei servizi coinvolti. 2 Da Gennaio a Marzo 2012 Raccolta dei dati 1.Raccolta dei dati e analisi da parte del gruppo dei ricercatori. 2.Analisi e discussione con gli attori del progetto distinti per gruppi. 3.Condivisione e discussione dei risultati in assemblea. Da Aprile a Luglio 2012 Bozza di Linee Guida per la progettazione e l azione inclusiva 1.Costituzione di un gruppo misto per la bozza di linee guida. 2.Raccolta di osservazioni tramite incontri per gruppi. 3.Condivisione delle Linee Guida in assemblea 3 Da settembre 2012 ad aprile 2013 Sperimentazi one della progettazione inclusiva e delle linee guida Supporto al gruppo misto per il monitoraggio della sperimentazione delle Linee Guida Da maggio a Luglio 2013 Analisi e stesura definitiva 1.Analisi delle osservazioni raccolte dal gruppo misto. 2.Incontro con i gruppi per la discussione. 3.Stesura definitiva Settembre-ottobre 2013 Presentazione Presentazione delle Linee Guida I periodi sono da intendersi puramente indicativi. Trattandosi di ricerca-azione è infatti auspicabile modificare la progettazione e la costruzione della ricerca tenendo conto delle emergenze e delle nuove possibilità che si presenteranno nel corso della ricerca. Ci riserviamo di discutere la parte economica nell incontro del 4 maggio. L équipe di ricerca Prof. Roberto Medeghini Prof. Walter Fornasa Dott. Giuseppe Vadalà Gruppo di Ricerca Università di Bergamo - R.Medeghini, W.Fornasa, G.Vadalà 8

9 Gruppo di Ricerca Università di Bergamo - R.Medeghini, W.Fornasa, G.Vadalà 9

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