GEOMETRIA 1 seconda parte

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1 GEOMETRIA 1 seconda parte Cristina Turrini C. di L. in Fisica /2016 Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 1 / 52

2 index Applicazioni lineari 1 Applicazioni lineari 2 Nucleo e immagine di un applicazione 3 Isomorfismo di spazi vettoriali 4 La matrice rappresentativa 5 Il determinante 6 Sottomatrici e minori Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 2 / 52

3 Applicazioni lineari Applicazioni lineari Siano V, W spazi vettoriali sullo stesso campo K. Consideriamo un applicazione f : V W. Si dice che f è lineare (o K-lineare) se u, v V, λ, µ K è: 1) f (u + v) = f (u) + f (v), cioè f conserva la somma o f è additiva; 2) f (λu) = λ f (u), cioè f è omogenea di I grado; (1) + 2)) è equivalente a ciascuna delle seguenti: 3) f (λu + µv) = λ f (u) + µ f (v), 3 ) f ( n i=1 λ iu i ) = n i=1 λ i f (u i ) u 1,..., u n, λ 1,..., λ n K. cioè f conserva le combinazioni lineari. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 3 / 52

4 Applicazioni lineari Esempi di applicazioni lineari V spazio vettoriale, si può considerare l applicazione identica id V : V V; l applicazione identica è lineare. V, W, si può considerare 0 : V W, v 0 W. L applicazione nulla è lineare. sia V uno spazio vettoriale su K e B = {b 1,..., b n } una sua base (ordinata: qui e nel seguito parlando di base sottointenderemo sempre che lo sia); l applicazione definita da Φ B : V K n Φ B (v) = λ 1 λ λ n se v = λ 1 b 1 + λ 2 b λ n b n, è lineare. Φ B associa ad ogni vettore le sue componenti rispetto alla base B (dette anche coordinate nella base B). Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 4 / 52

5 Applicazioni lineari V = K n, W = K m, A Mat m,n (K), L A : K n K m, (prodotto riga per colonna) x A x L applicazione L A viene detta applicazione associata alla matrice A e, per le proprietà del prodotto riga per colonna, è lineare. Se A Mat m,n (K) e B Mat n,p (K), allora si hanno le applicazioni L A : K n K m e L B : K p K n per cui si può considerare la composizione L A L B : K p K m. Risulta L A L B = L A B cioè l applicazione composta L A L B è l applicazione associata alla matrice A B Mat m,p prodotto riga per colonna di A per B. Se I = I m Mat m è la matrice identica, allora L I : K m K m è l applicazione identica. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 5 / 52

6 Applicazioni lineari Lo spazio delle applicazioni lineari Siano V e W spazi vettoriali sul campo K. Denotiamo con L(V, W) (o con Hom K (V, W) o Hom(V, W)) l insieme delle applicazioni lineari da V a W. Poniamo L(V, W) = {f : V W f è lineare} + : L(V, W) L(V, W) L(V, W) (f, g) f + g (f + g)(v) = f (v) + g(v) : K L(V, W) L(V, W) (λ, f ) λf (λf )(v) = λf (v) (definizioni puntuali di somma e di prodotto per uno scalare) L(V, W) con queste leggi di composizione è uno spazio vettoriale su K. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 6 / 52

7 Applicazioni lineari Propriet`à elementari delle applicazioni lineari Siano V, W, Z spazi vettoriali sul campo K. 1) f (0 V ) = 0 W (infatti f (0 V ) = f (0 v) = 0 f (v) = 0 W ). 2) g : W Z. Se f, g sono lineari g f : V Z è lineare. (infatti g f (λu + µv) = g(f (λu + µv)) = g(λf (u) + µf (v)) = λg(f (u) + µg(f (v)) = λ g f (u) + µ g f (v)). 3) Se f è biunivoca, l applicazione inversa di f, f 1 : W V è lineare. (infatti si verifica che il vettore λf 1 (u ) + µf 1 (v ) è l inverso di λu + µv infatti f (λf 1 (u ) + µf 1 (v )) = λf (f 1 (u )) + µf (f 1 (v )) = λu + µv ). Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 7 / 52

8 Applicazioni lineari Teorema di esistenza e unicità TEOREMA - Siano V e W spazi vettoriali su K. Sia B = {b 1,..., b n } una base di V e siano w 1,..., w n W vettori comunque presi. Allora esiste una ed una sola applicazione lineare φ : V W tale che φ(b i ) = w i, i = 1,..., n Dimostrazione - Unicità. v V = B, v = α 1 b α n b n ( la scrittura è unica). Dobbiamo costruire f : V W con le condizioni richieste. Deve necessariamente essere: f (v) = f (α 1 b α n b n ) = α 1 f (b 1 ) + + α n f (b n ) = α 1 w α n w n. L unica possibile definizione è allora ( ) se v = α 1 b α n b n. f (v) = α 1 w α n w n Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 8 / 52

9 Applicazioni lineari Esistenza Si deve mostrare che l applicazione f definita in ( ) soddisfa le condizioni richieste dall enunciato. f è lineare. Infatti (ad esempio per l additività) se e allora quindi v = α 1 b α n b n. u = β 1 b β n b n, v + u = α 1 b α n b n + β 1 b β n b n = = (α 1 + β 1 )b (α n + β n )b n ; f (v + u) = (α 1 + β 1 )w (α n + β n )w n = f (v) + f (u). E analogamente per l omogeneità. f (b i ) = w i, i. Infatti b i = 0b b i + + 0b n f (b i ) = 1w i. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 9 / 52

10 Applicazioni lineari Siano sempre V e W spazi vettoriali su K, con V f.g., dim V = n, e siano v 1,..., v k V, e w 1,..., w k W. PROBLEMA - Un applicazione lineare f : V W tale che v i w i i = 1,..., k esiste? È unica? Occorre distinguere due casi 1) Se {v 1,..., v k } è l.i., allora l applicazione f esiste, ma in generale non è unica. Infatti l insieme {v 1,..., v k } si può completare a una base, cioè v k+1,..., v n t.c. {v 1,..., v k, v k+1,..., v n } sia base di V. Presi arbitrariamente w k+1,... w n W, per il teorema di esistenza e unicità!f t.c. f (v 1 ) = w 1,... f (v k ) = w k, f (v k+1 ) = w k+1..., f (v n ) = w n Quest applicazione soddisfa le nostre richieste, ma i vettori w k+1,... w n possono essere scelti arbitrariamente in W quindi in generale f. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 10 / 52

11 Applicazioni lineari 2) Se {v 1,..., v k } è l.d. allora l applicazione f in generale non esiste. Infatti, può esistere un applicazione lineare tale che f (v i ) = w i solo se le relazioni di dipendenza lineare tra i v i sussistono (con gli stessi coefficienti!) tra i w i. Ad esempio, se v 3 = v 1 v 2 f (v 3 ) = f (v 1 v 2 ) = f (v 1 ) f (v 2 ), cioè w 3 = w 1 w 2. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 11 / 52

12 index Nucleo e immagine di un applicazione 1 Applicazioni lineari 2 Nucleo e immagine di un applicazione 3 Isomorfismo di spazi vettoriali 4 La matrice rappresentativa 5 Il determinante 6 Sottomatrici e minori Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 12 / 52

13 Nucleo e immagine di un applicazione Nucleo e immagine di un applicazione lineare Siano V, W spazi vettoriali su un campo K e sia f : V W lineare. Si dice nucleo di f e si indica con ker(f ) l insieme dei vettori di V che hanno per immagine il vettore nullo. ker(f ) = {v V f (v) = 0 W } Si dice immagine di f e si indica con Im(f ) l usuale immagine dell applicazione. Im(f ) = {w W v V : f (v) = w} Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 13 / 52

14 Nucleo e immagine di un applicazione Proprietà a) ker(f ) V è un sottospazio. Infatti f (0 V ) = 0 W 0 V ker(f ); Inoltre, presi λ, µ K, u, v ker(f ) si ha f (λu+µv) = λf (u)+µf (v) = λ 0 W +µ 0 W = 0 W λu+µv ker(f ). b) Im(f ) W è un sottospazio (verificarlo). TEOREMA (caratterizzazione delle applicazioni lineari iniettive)- Siano V, W spazi vettoriali f.g. su un campo K, f : V W lineare. Sono equivalenti: i) f è iniettiva; ii) ker(f ) = {0 V } (ossia dim(ker(f )) = 0; iii) v 1,..., v n l.i. f (v 1 ),..., f (v n ) l.i. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 14 / 52

15 Nucleo e immagine di un applicazione Dimostrazione i) ii) Se esistesse v 0 V tale che v ker(f ), si avrebbe f (v) = 0 W. Poichè però f (0 V ) = 0 W, verrebbe contraddetta l iniettività di f. ii) iii) v 1,..., v n V l.i. Dobbiamo dimostrare f (v 1 ),..., f (v n ) l.i. λ 1 f (v 1 ) + + λ n f (v n ) = 0 W f (λ 1 v λ n v n ) = 0 W λ 1 v λ n v n ker(f ) = {0 V } λ 1 v λ n v n = 0 V λ 1 = = λ n = 0 f (v 1 ),..., f (v n ) l.i. iii) i) Dobbiamo dimostrare che se f (v 1 ) = f (v 2 ) = w allora v 1 = v 2. f (v 1 v 2 ) = f (v 1 ) f (v 2 ) = w w = 0 W Se fosse v 1 v 2 0 V, sarebbe v 1 v 2 l.i. e f (v 1 v 2 ) = 0 W l.d.. Contro l ipotesi iii). Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 15 / 52

16 Nucleo e immagine di un applicazione TEOREMA (caratterizzazione delle applicazioni lineari suriettive)- Siano V, W spazi vettoriali f.g. su un campo K, f : V W lineare. Sono equivalenti: i) f è suriettiva; ii) dim(im(f )) = dim(w); iii) < v 1,..., v n >= V < f (v 1 ),..., f (v n ) >= W. (dimostrazione per esercizio). OSSERVAZIONE - In generale (se anche f non è suriettiva) si ha < v 1,..., v n >= V < f (v 1 ),..., f (v n ) >= Im(f ). OSSERVAZIONE - Abbiamo visto che le applicazioni lineari iniettive sono quelle che mutano insiemi di vettori l.i. in insiemi di vettori l.i. e che le applicazioni lineari suriettive sono quelle che mutano generatori di V in generatori di W. Ne segue che le applicazioni lineari biunivoche sono caratterizzate dal mutare basi in basi. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 16 / 52

17 Nucleo e immagine di un applicazione Teorema della nullità + rango TEOREMA - Siano V, W spazi vettoriali f.g. su un campo K, e sia f : V W lineare. Si ha: ( ) dim(v) = dim(ker(f )) + dim(im(f )). Dimostrazione Anzitutto osserviamo che tutti gli spazi coinvolti dalla ( ) sono f.g. perchè sottospazi di spazi f.g.. Se Im(f ) = {0}, allora f è l applicazione nulla (f (v) = 0, v V) e quindi ker(f ) = V, per cui ( ) è verificata. Possiamo quindi supporre che Im(f ) {0}. Allora Im(f ) ammette una base. Sia {c 1,..., c k } una base di Im(f ). Si prendano (arbitrariamente) vettori b 1,..., b k in V tali che f (b i ) = c i, i = 1,..., k. Se ker(f ) {0}, si prende una base {a 1,..., a r } di ker(f ). Altrimenti non si prende nessun altro vettore. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 17 / 52

18 Nucleo e immagine di un applicazione Dimostriamo che B = {a 1,..., a r, b 1,..., b k } è una base di V. Questo prova la ( ) perchè si ha dim(v) = r + k = dim(ker(f )) + dim(im(f )). B è l.i. Infatti sia ( ) α 1 a α r a r + β 1 b β k b k = 0. ( ) implica f (α 1 a α r a r + β 1 b β k b k ) = f (0) = 0, quindi 0 = f (α 1 a α r a r + β 1 b β k b k ) = α 1 f (a 1 ) + + α r f (a r ) + β 1 f (b 1 ) + + β k f (b k ) = β 1 c β k c k. Ma c 1,..., c k sono l.i. (base di Im(f )), quindi β 1 = = β k = 0, per cui diventa α 1 a α r a r = 0. Ma a 1,..., a r sono l.i. (base di ker(f )), per cui α 1 = = α r = 0. Pertanto tutti i coefficienti di ( ) sono necessariamente nulli, e quindi B è l.i.. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 18 / 52

19 Nucleo e immagine di un applicazione < B >= V Sia v V. Dobbiamo mostrare che v si può scrivere come combinazione lineare dei vettori di B. Si ha f (v) Im(f ) =< c 1,..., c k >, quindi f (v) = γ 1 c 1 + +γ k c k = γ 1 f (b 1 )+ +γ k f (b k ) = f (γ 1 b 1 + +γ k b k ). Quindi f (v) f (γ 1 b γ k b k ) = f (v γ 1 b 1 γ k b k ) = 0. Pertanto v γ 1 b 1 γ k b k ker(f ) =< a 1,..., a r > e perciò v γ 1 b 1 γ k b k = δ 1 a δ r a r. In conclusione v = γ 1 b γ k b k + δ 1 a δ r a r. COROLLARIO - Sia f : V W lineare, con V, W f.g. e dim(v) = dim(w). Allora f è iniettiva se e solo se è suriettiva se e solo se è biunivoca. Dimostrazione f iniettiva se e solo se dim(ker(f )) = 0 se e solo se dim(v) = dim(im(f )) se e solo se dim(w) = dim(im(f )) se e solo se f suriettiva. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 19 / 52

20 index Isomorfismo di spazi vettoriali 1 Applicazioni lineari 2 Nucleo e immagine di un applicazione 3 Isomorfismo di spazi vettoriali 4 La matrice rappresentativa 5 Il determinante 6 Sottomatrici e minori Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 20 / 52

21 Isomorfismo di spazi vettoriali Endomorfismi, isomorfismi, automorfismi ESEMPI Un applicazione lineare biunivoca si dice isomorfismo. Un applicazione lineare da uno spazio in se stesso si dice endomorfismo. Un applicazione isomorfismo ed endomorfismo si dice automorfismo. 1 id V : V V è un automorfismo. 2 se A è una matrice quadrata m m, allora L A : K m K m è un endomorfismo. 3 se A è una matrice quadrata m m invertibile, allora L A : K m K m è un isomorfismo e l applicazione inversa di L A è (L A ) 1 = L A 1 (infatti si ha L A 1 L A = L A 1 A = L I = id). Siano V, W spazi vettoriali su un campo K. Si dice che V e W sono isomorfi, e si scrive V W, se esiste un isomorfismo f : V W. La relazione di isomorfismo è di equivalenza (verificarlo). Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 21 / 52

22 Isomorfismo di spazi vettoriali TEOREMA - Due spazi vettoriali f.g. V e W sullo stesso campo K sono isomorfi se e solo se hanno la stessa dimensione. Dimostrazione Se esiste un isomorfismo f : V W allora f trasforma una base di V in una base di W, quindi dim(v) = dim(w). Se dim(v) = dim(w) = n, allora, fissata una base B = {b 1, b 2,..., b n } l applicazione Φ B : V K n definita da Φ B (v) = λ 1 λ λ n se v = λ 1 b 1 + λ 2 b λ n b n, è un isomorfismo, da cui si deduce che V è isomorfo a K n. Analogamente si costruisce un isomorfismo Φ C : W K n. Di conseguenza (Φ C ) 1 Φ B : V W è pure un isomorfismo. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 22 / 52

23 index La matrice rappresentativa 1 Applicazioni lineari 2 Nucleo e immagine di un applicazione 3 Isomorfismo di spazi vettoriali 4 La matrice rappresentativa 5 Il determinante 6 Sottomatrici e minori Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 23 / 52

24 La matrice rappresentativa Proprietà della trasformazione L A Sia A Mat m,n (K), siano K n, K m spazi vettoriali. Abbiamo visto che si può costruire L A : K n K m lineare, x A x = y. Si ha: ker L A = {x K n : L A (x) = 0 K m } = {x K n : A x = 0} = {soluzioni del sistema omogeneo A x = 0}. α 11 x α 1n x n = 0. α m1 x α mn x n = 0 ImL A = {y K m : x K n : y = L A (x)} = {y K m : x : A x = y} = {termini noti che rendono risolubile il sistema riportato qui sotto} α 11 x α 1n x n = y 1. α m1 x α mn x n = y m Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 24 / 52

25 La matrice rappresentativa Sia {e 1,..., e n } la base standard di K n. Calcoliamo L A (e i ) Per esempio, per i = 1, α 11 α 1n α L A (e 1 ) = 21 α 2n..... α m1 α mn di A = Analogamente, L A (e i ) = i-esima colonna di A. α 11 α 21. α m1 e 1,..., e n = K n quindi L A (e 1 ),..., L A (e n ) = ImL A (generatori di K n sono mutati da L A in generatori di ImL A ), pertanto i vettori colonna di A sono generatori di ImL A. = A (1) = I colonna Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 25 / 52

26 La matrice rappresentativa Costruzione della matrice rappresentativa Siano V, W spazi vettoriali sul campo K, con dim V = n, dim W = m, e siano A = {a 1,..., a n } una base (ordinata) di V, e B = {b 1,..., b m } una base (ordinata) di W. Sia f : V W lineare; f è univocamente determinata da f (a 1 ),..., f (a n ) (teorema di esistenza e unicità): noti f (a 1 ),..., f (a n ) si può ricostruire f. Scriviamo i vettori f (a 1 ),..., f (a n ) W come combinazioni lineari dei vettori della base B : f (a 1 ) = α 11 b 1 + α 21 b α m1 b m f (a 2 ) = α 12 b 1 + α 22 b α m2 b m. f (a n ) = α 1n b 1 + α 2n b α mn b m Gli α ij sono univocamente determinati da f e la determinano univocamente. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 26 / 52

27 La matrice rappresentativa Costruiamo la matrice A Mat m,n (K) le cui colonne sono le coordinate dei vettori f (a 2 ) nella base B: α 11 α 12 α 1n α A = 21 α 22 α 2n α m1 α m2 α mn Vogliamo dimostrare che f = L A. Consideriamo il diagramma f V W Φ A Φ B ( ) K n L A K m in cui Φ A denota l applicazione che ad ogni vettore di V associa le sue coordinate nella base A e Φ B quella che ad ogni vettore di W associa le sue coordinate nella base B. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 27 / 52

28 La matrice rappresentativa Il quadrato ( ) commuta, ossia si ha ( ) L A Φ A = Φ B f. Trattandosi di applicazioni lineari, (per il teorema di esistenza e unicità) basta verificare l uguaglianza ( ) sui vettori di una base. Verifichiamola sui vettori della base A = {a 1,..., a n }. Ad esempio, per a 1, L A Φ A (a 1 ) = L A (e 1 ) = I colonna di A = α 11 α 21. α m1 Φ B f (a 1 ) = Φ B (α 11 b 1 + α 21 b α m1 b m ) = α 11 α 21. α m1. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 28 / 52

29 La matrice rappresentativa In generale, L A (Φ A (a i )) = A (i) = i esima colonna di A Φ B (f (a i )) = A (i) = i esima colonna di A quindi L A Φ A = Φ B f. Ricapitolando: tutti gli spazi vettoriali f.g. sono del tipo K n ; tutte le applicazioni lineari tra spazi vettoriali f.g. sono del tipo L A. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 29 / 52

30 La matrice rappresentativa L applicazione M A B Abbiamo visto che, dati due spazi vettoriali V e W di dimensioni rispettive n e m, e date le basi (ordinate) A e B di V e W rispett., ad una applicazione lineare f : V W può essere associata una matrice A tale che essenzialmente si abbia f = L A. La matrice A si dice associata ad f rispetto alle basi A e B o rappresentativa di f rispetto alle basi A e B e si scrive Abbiamo costruito un applicazione A = M A B (f ). M A B : L(V, W) Mat m,n, f A Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 30 / 52

31 La matrice rappresentativa Siano V, W e Z spazi vettoriali (su K) di dimensioni rispettive n, m e l, con basi rispettive A, B e C e siano f : V W e g : W Z applicazioni lineari. PROPRIETÀ (si omettono le dimostrazioni) M A B è un isomorfismo tra gli spazi vettoriali L(V, W) e Mat m,n. M A C (g f ) = M B C (g) M A B (f ), cioè alla composizione di applicazioni lineari corrisponde il prodotto riga per colonna delle matrici rappresentative. Nel caso m = n, V = W, A = B si ha M A B (id V ) = I m. Nel caso m = n, se f : V W è un isomorfismo, e f 1 : W V è l isomorfismo inverso, allora la matrice M A B (f ) è invertibile e si ha M A B (f ) 1 = M B A(f 1 ). Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 31 / 52

32 La matrice rappresentativa Conseguenza: se V è uno spazio vettoriale e A, B sono due sue basi, e f : V V è un endomorfismo, allora esiste una matrice invertibile N tale che ( ) M A A(f ) = N 1 M B B(f ) N. Infatti basta prendere N = M B A (id V) (verificarlo). Due matrici quadrate A, B Mat n si dicono simili se esiste una matrice invertibile N GL(n) tale che B = N 1 A N. La formula ( ) mostra che le matrici rapprentative rispetto a basi diverse di uno stesso endomorfismo sono matrici simili (si noti però che in entrambi i casi la base deve essere la stessa in dominio e codominio!). OSSERVAZIONE - Nel caso V = K n, W = K m e f = L A, con A Mat m,n, la matrice rappresentativa rispetto alle basi canoniche di L A è proprio A. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 32 / 52

33 index Il determinante 1 Applicazioni lineari 2 Nucleo e immagine di un applicazione 3 Isomorfismo di spazi vettoriali 4 La matrice rappresentativa 5 Il determinante 6 Sottomatrici e minori Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 33 / 52

34 Il determinante Definizione di determinante In questo e nel prossimo capitolo saranno omesse molte dimostrazioni. Ricordo che una permutazione su n elementi è un applicazione biunivoca σ : J n J n, ove J n = {1, 2, 3,..., n}. ( ) n σ : σ(1) σ(2) σ(3) σ(n). Si dice che σ è di classe pari (rispett. dispari) se si passa da (σ(1), σ(2),..., σ(n)) a (1, 2,..., n) con un numero pari (rispett. dispari) di scambi. ESEMPI dispari. ( ) è di classe pari, ( ) è di classe Si dimostra che la definizione di classe pari e dispari è ben posta, ovvero non dipende dal modo con cui σ si ottiene come composizione di scambi. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 34 / 52

35 Il determinante Data σ S n (gruppo simmetrico su n elementi), definiamo { +1 se σ è pari, ε(σ) = 1 se σ è dispari. Sia A Mat n,n (K), A = (α ij ) i=1,...,n. Si definisce determinante di A: j=1,...,n ( ) det A = σ S n ε(σ)α 1σ(1) α 2σ(2) α nσ(n). Esso è composto da n! addendi. Ciascun addendo contiene uno ed un solo fattore preso da ciascuna riga e ciascuna colonna (σ è biunivoca). Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 35 / 52

36 Il determinante Caso n = 1. A = (α 11 ) S 1 = {σ = id} ε(σ) = +1 ( ) 11 σ = det A = +α 11. Caso n = 2. ( ) α11 α A = 12 α 21 α 22 S 2 = {σ 1 = id, σ 2 = ( ) } ε(σ 1 ) = 1 ε det A = +α 1σ1 (1) α 2σ1 (2) α 1σ2 (1) α 2σ2 (2) = α 11 α 22 α 12 α 21. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 36 / 52

37 Il determinante Caso n = 3. ( α11 α 12 α 13 ) A = α 21 α 22 α 23 α 31 α 32 α 33 σ 4 = σ 1 = id σ 2 = ( 1 2 ) #S 3 = 3! = 6 ( 1 2 ) σ 5 = ε(σ 1 ) = ε(σ 2 ) = ε(σ 3 ) = +1 ( 1 2 ) σ 3 = ( 1 2 ) σ 6 = ( 1 2 ) ε(σ 4 ) = ε(σ 5 ) = ε(σ 6 ) = 1 det(a) = α 11 α 22 α 33 + α 12 α 23 α 31 + α 13 α 21 α 32 α 12 α 21 α 33 α 13 α 22 α 31 α 11 α 23 α 32. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 37 / 52

38 Il determinante Data la matrice A Mat n,n (K), indichiamo con A (1),..., A (n) le colonne di A e con A (1),..., A (n) le righe di A : A (1) A = ( A (1),..., A (n)) =.. A (n) Il determinante può essere interpretato in vari modi; a) det : Mat n,n (K) K A det A; b) det : K n K n K n K c) det : K n K n K n K ( A (1), A (2),..., A (n)) det A; A (1) A (2). det A. A (n) Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 38 / 52

39 Il determinante Proprietà del determinante D ora in poi supporremo sempre che sia K = Q, R, oppure C. Siano A, B Mat n,n (K). 1) det( t A) = det A; 2) scambiando tra loro due colonne, il determinante cambia (solo) il segno (idem per le righe) (il determinante è alternante) det( (..., A (i),..., A (j)... ) ) = det( (... A (j),..., A (i),..., ) ); 3) il determinante è lineare in ogni colonna, fissate le altre n 1 colonne (idem per le righe) (il determinante è multilineare); det((..., λb + µc...)) = λ det((..., B,...,)) + µ det((..., C,...,)); Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 39 / 52

40 Il determinante 4) sia I = I n la matrice identica, det I = 1; 5) (teorema di Binet) det(a B) = det A det B; 6) le colonne di A sono l.d. se e solo se det A = 0 (idem per le righe); 7) det(λa) = λ n det A (λ K); 8) A ammette inversa A 1 se e solo se det(a) 0, e inoltre, se det(a) 0, si ha det(a 1 ) = 1 det(a). Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 40 / 52

41 Il determinante Cenno alla dimostrazione di alcune tra le proprietà del determinante viste sopra. La 2) segue dalla definizione di ɛ(σ); la 3) segue dal fatto che in ogni addendo del determinante ( ) compare uno e un solo fattore preso da ciascuna colonna (idem per le righe); la 4) è di verifica immediata; la 7) segue dalla 3) tenendo conto del fatto che moltiplicare una matrice per uno scalare equivale a moltiplicare ciascuna colonna (o riga) per lo stesso scalare; per la 8) si veda dopo. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 41 / 52

42 Il determinante Per la dimostrazione della 6), si osservi anzitutto che LEMMA - Se A ha due colonne uguali allora det(a) = 0 (idem per le righe). Infatti, per la proprietà 2), scambiando tra loro le due colonne uguali, la matrice non cambia eppure il determinante cambia segno. Verifichiamo ora proprietà 6). Anzitutto, se le colonne di A sono l.i., almeno una di esse è combinazione delle altre. Per la proprietà 3) il determinante di A può essere allora scritto come combinazione lineare di determinanti di matrici con due colonne uguali. Dal Lemma segue quindi che det(a) = 0. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 42 / 52

43 Il determinante Viceversa, sia det(a) = 0. Se per assurdo le colonne A (1),..., A (n) di A fossero l.i., esse costituirebbero una base di K n, quindi anche i vettori della base canonica potrebbero essere scritti come combinazione lineare di tali colonne: e i = β 1i A (1) + + β ni A (n). Consideriamo la matrice B = (β ji ) e la matrice prodotto C = A B. La colonna C (i) è C (i) = β 1i A (1) + + β ni A (n) = e i, pertanto C è la matrice identica e 1 = det(c) = det(a) det(b) = 0, assurdo. OSSERVAZIONE - Si potrebbe dimostrare che det è l unica applicazione multilineare alternante det : K n K n K n K tale che det I = 1. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 43 / 52

44 index Sottomatrici e minori 1 Applicazioni lineari 2 Nucleo e immagine di un applicazione 3 Isomorfismo di spazi vettoriali 4 La matrice rappresentativa 5 Il determinante 6 Sottomatrici e minori Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 44 / 52

45 Sottomatrici e minori Sia M Mat m,n una matrice con m righe e n colonne. Si dice sottomatrice di M una qualsiasi matrice che si ottiene cancellando da M alcune righe (eventualmente nessuna) e alcune colonne (eventualmente nessuna). Si dice minore di M il determinante di una sua qualsiasi sottomatrice quadrata. Se A = (a ij ) Mat n,n è una matrice quadrata, si dice minore complementare dell elemento a hk il determinante della sottomatrice M ij di A che si ottiene cancellando la righa h esima e la colonna k esima. Si dice complemento algebrico (o cofattore) dell elemento a hk il numero A ij = ( 1) i+j det M ij K. Si dice matrice dei cofattori di A la matrice cof (A) = (A ij ) Mat n,n ( ) ( ) a b d c Se A = c d, allora cof (A) = b a. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 45 / 52

46 Sottomatrici e minori TEOREMA (I teorema di Laplace - Data A Mat n,n (K), è (per la i-esima riga): (per la j-esima colonna): det A = α i1 A i1 + α i2 A i2 + + α in A in ; det A = α 1j A 1j + α 2j A 2j + + α nj A nj. TEOREMA II teorema di Laplace - Data A Mat n,n (K), è (per le righe): (per le colonne): se i j, α i1 A j1 + α i2 A j2 + + α in A jn = 0; se i j, α 1i A 1j + α 2i A 2j + + α ni A nj = 0. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 46 / 52

47 Sottomatrici e minori Il I teorema di Laplace fornisce una metodo (di tipo ricorsivo) per il calcolo del determinante. Ad esempio, nel caso n = 3, per la prima riga si ha: ( ) a11 a 12 a 13 det a 21 a 22 a 23 = a 31 a 32 a ( 33 ) ( ) ( ) a22 a a 11 det 23 a21 a a 32 a a 12 det 23 a21 a 33 a 31 a + a 13 det a 31 a. 32 (il calcolo di determinanati k k viene ridotto a quello di determinanti (k 1) (k 1)). Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 47 / 52

48 Sottomatrici e minori La matrice dei cofattori cof (A) può essere utile per il calcolo della matrice inversa. Si ha LEMMA - A (cof (A)) T = det A I. Infatti, ad esempio ( per n = 3, a11 a 12 a 13 ) A (cof (A)) T = a 21 a 22 a 23 a 31 a 32 a ( ) 33 det(a) det(a) 0, 0 0 det(a) ( A11 A 21 A 31 A 12 A 22 A 32 A 13 A 23 A 33 e l ultima uguaglianza segue dal I teorema di Laplace (per gli elementi della diagonale) e dal II teorema di Laplace per gli elementi fuori dalla diagonale. Ne segue il TEOREMA - Sia A Mat n,n (K) con det A 0. Allora si ha A 1 = 1 det A (cof (A)) T. ) = Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 48 / 52

49 Sottomatrici e minori Spazio delle righe e spazio delle colonne Data una matrice M Mat m,n, si dice rango per righe di M la dimensione del sottospazio R(M) =< t M (1),..., t M (n) > K n generato dalle righe di M (più precisamente si tratta del sottospazio di K n generato dai vettori colonna che si ottengono trasponendo le righe di M). Analogamente si dice rango per colonne di A la dimensione del sottospazio C(M) =< M (1),..., M (m) > K n generato dalle colonne di M. Nella parte quarta di queste note vedremo che: il rango per colonne dim(c(m)) e il rango per righe dim(r(m)) di una matrice M sono uguali tra loro e coincidono con la caratteristica (o rango) r(m) di A (numero di righe non nulle di una riduzione a scalini di M) dim(r(m) = dim(c(m)) = r(m). Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 49 / 52

50 Sottomatrici e minori Reinterpretazione del TEOREMA (di Rouché Capelli) - Il sistema lineare Mx = b ha soluzioni se e solo se la caratteristica della matrice dei coefficienti M coincide con la caratteristica della matrice completa [M b]. Dimostrazione Mx = b ha soluzioni se e solo b Im(L M ) se e solo se b C(M) =< M (1),..., M (n) > se e solo se < M (1),..., M (n) >=< M (1),..., M (n), b > se e solo se dim(< M (1),..., M (n) >) = dim(< M (1),..., M (n), b >) se e solo se il rango per colonne di M è uguale al rango per colonne di [M b]. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 50 / 52

51 Minori e rango Sottomatrici e minori L uguaglianza "rango per righe = rango per colonne" avrebbe potuto essere mostrata direttamente, come conseguenza di un ulteriore significato della nozione di rango: il rango r di una matrice M è il massimo ordine µ(m) di minori non nulli estratti dalla matrice M, ossia M ha rango r se e solo se esiste un minore non nullo r r di M e tutti i minori s s di M, con s > r, sono nulli. La relazione µ(m) dim(c(m)) è semplice conseguenza della proprietà 6) del determinante (idem per dim(r(m)). Infatti, se in M esiste un minore µ µ non nullo, le colonne di M corrispondenti a quel minore sono l.i.: le colonne del minore sono costituite dagli elementi delle colonne della matrice presi da righe fissate e quindi una relazione di dipendenza lineare tra le colonne di M indurrebbe, in particolare, la medesima relazione tra le colonne del minore. Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 51 / 52

52 Sottomatrici e minori Metodo di Kronecker (o dei minori orlati) per il calcolo della caratteristica. Si cerca un minore non nullo, diciamo h h, di M. Si considerano tutti i minori (h + 1) (h + 1) che "orlano" il minore h h di cui sopra. Se tutti questi minori sono nulli, il rango di A è h, altrimenti il rango è almeno h + 1 ed esiste un minore (h + 1) (h + 1) non nullo. Si considerano tutti i minori (h + 2) (h + 2) che "orlano" il minore (h + 1) (h + 1) di cui sopra,... Cristina Turrini (C. di L. in Fisica /2016) GEOMETRIA 1 52 / 52

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