In poche parole, il sistema fermo inizialmente nella posizione di equilibrio

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1 Capitolo 5 Oscillazioni 5.1 Nozione di equilibrio Un sistema fisico è normalmente descritto tramite un insieme di coordinate e di velocità (rapidità di variazione delle coordinate stesse). L esempio più semplice è dato dalle usuali coppie coordinate cartesiane - velocità, (x, v x ) ad esempio, che descrivono il moto di una particella. Ma abbiamo visto anche sistemi non meccanici in cui le variabili sono diverse, ad esempio la coppia carica-corrente che incontriamo in un circuito elettrico. In molti di questi sistemi ha importanza il concetto di equilibrio. Questo concetto ha diverse accezioni, la più semplice è la seguente: Un sistema descritto da una coordinata q, si dice all equilibrio se esiste un punto con coordinata q E tale che se il sistema ha questa coordinata e ha anche velocità (rapidità di variazione della coordinata) nulla, la coordinata stessa resta costante al valore di equilibrio q E In poche parole, il sistema fermo inizialmente nella posizione di equilibrio resta fermo. Per semplicità scegliamo un sistema particolarmente semplice con il quale abbiamo già illustrato molti dei principi della meccanica. Pensiamo dunque ad un punto materiale, di massa m, che si muove lungo una retta. La posizione della particella è, dunque, descritta da una sola coordinata x e la velocità è, al solito, definita da v = dx/dt. Sappiamo che il moto di questo corpo è soggetto alla legge di Newton ma = F (1.1) La forza F può essere molto complessa. Per il momento assumeremo che essa possa dipendere solo dalla coordinata x del corpo, cioè il corpo in posizioni 1

2 2 diverse può subire forze differenti. Esplicitiamo ora il contenuto della (1.1), sostituendo la definizione di accelerazione e di velocità e otteniamo il sistema: m dv dt v = dx dt = F (x) (1.2) I moti possibili del corpo soggetto alla forza F sono rappresentati dalla legge oraria x(t) e devono soddisfare il sistema precedente, ossia se si sostituisce la funzione x(t) nel sistema precedente si devono trovare due identità. Se un certo sistema ammette delle posizioni di equilibrio vuol dire che il sistema (1.2) ammette come soluzione il moto di un corpo che resta fermo in un punto di coordinate x E = costante. Formalmente, questo significa che le equazioni del moto (1.2) ammettono come soluzione x(t) = x E Sostituendo nella (1.2) vediamo che una condizione necessaria (e sufficiente) affinché questo avvenga è che F (x E ) = 0 (1.3) Infatti sostituendo nella seconda x(t) = x E si vede che la velocità non cambia (la sua derivata è nulla) se F (x E ) = 0 ossia, la forza nel punto di equilibrio deve essere nulla. È bene chiarire un punto: l esistenza di un punto di equilibrio dice che il corpo può stare fermo in tal punto, non che deve star fermo, per stare fermo anche la velocità iniziale deve essere nulla. Gli esempi di questo tipo di moto sono innumerevoli, si pensi ad una pallina che sta sul fondo di una ciotola, o sulla sommità di una ciotola rovesciata oppure ad un corpo che galleggia in acqua ferma. Es.1 Un corpo di massa m è vincolato a muoversi lungo una retta. Nella posizione individuata dalla coordinata x il corpo è soggetto alla forza F (x) = ax 2 b dove a = 3 N/m 2 e b = 3 N. Trovare le posizioni di equilibrio del sistema.

3 3 Tipi di equilibrio È chiaro dalla figura precedente che, dato un punto di equilibrio, si possono verificare due situazioni diametralmente opposte Se si sposta di poco il corpo la forza tende a riportarlo all equilibrio (è il caso della pallina sul fondo di una ciotola o quello di un corpo galleggiante). Se si sposta di poco il corpo questo si allontana senza ritorno dall equilibrio (è il caso della pallina sulla sommità della ciotola rovesciata). Nel primo caso si parla di equilibrio stabile, nel secondo di equilibrio instabile 1 I due tipi di equilibrio possono essere compresi ricorrendo ancora una volta al moto unidimensionale di un punto materiale. In figura è mostrato il grafico della forza F (x) cui il corpo è soggetto e che dipende dalla posizione del corpo. Il fatto che esista un punto di equilibrio x E è illustrato nel grafico dal passaggio della forza attraverso l asse orizzontale (ossia dall annullamento di F ), per un particolare valore della x. Come è evidente dal confronto tra le due figure il passaggio può avvenire in due modi: andando da forze positive (dirette nel verso positivo della x) a forze negative come è nel grafico di sinistra o viceversa. Consideriamo il primo caso e supponiamo che un corpo sia posto fermo nella posizione di equilibrio e spostiamolo un poco nella direzione positiva delle x. Nella nuova posizione il corpo è soggetto ad una forza negativa che tende a riportarlo verso il punto di equilibrio. Analogamente, se spostiamo il corpo nel verso negativo esso risente di una forza positiva che tende a ripristinare l equilibrio. Quindi in questo caso l equilibrio è stabile. Es.2 Ripetere per il grafico di destra il ragionamento espresso sopra e si mostri perché in questo secondo caso l equilibrio è instabile. 1 Omettiamo, per brevità, l eventualità che ci sia un continuo di punti di equilibrio, come nel caso di un corpo poggiato su un tavolo orizzontale, o altri casi simili.

4 4 È piuttosto intuitivo che il caso di equilibrio stabile è di importanza cruciale in Natura, anche in Biologia. I meccanismi di omeostasi possono essere visti come una generalizzazione del concetto qui sopra esposto. Quando un sistema è spostato dalla sua posizione di equilibrio si sviluppano forze che tendono a ripristinare l equilibrio stesso. L equilibrio instabile è invece importante in quanto segnala appunto una instabilità del sistema e le conseguenze di questa situazione in Biologia possono essere piuttosto drammatiche, come è facile immaginare. Una perturbazione anche piccola che sposti il sistema dal suo stato di equilibrio è seguita dall insorgere di forze che tendono ad allontanare ulteriormente il sistema dall equilibrio. Nel seguito ci occuperemo principalmente degli equilibri stabili. Approssimazione della forza vicino ad un punto di equilibrio La cosa interessante è che tutti i moti in vicinanza di un punto di equilibrio stabile possono essere descritti nello stesso modo ed essenzialmente in termini di un unico parametro. Alla base di questa osservazione vi è una proprietà intuitiva delle funzioni su cui siamo ritornati molte volte. Per illustrarla torniamo al caso del moto unidimensionale di una particella e al grafico della forza che ammette un punto di equilibrio stabile. Come avviene sempre, se non ci allontaniamo troppo da un punto x 0 ogni funzione è approssimabile con una retta. Se la funzione non varia rapidamente questa approssimazione è valida in un ampio intervallo, ma, in ogni caso, pur di fare l intervallo abbastanza piccolo è possibile approssimare ogni funzione, nell intorno di un suo punto x 0 con una retta passante per il punto. Avendo studiato il concetto di derivata sappiamo anche che la retta che meglio approssima la funzione y = f(x) nel punto x 0 ha come coefficiente angolare proprio la derivata f della funzione calcolata nel punto x 0. L approssimazione si scrive dunque: f(x) = f(x 0 ) + f (x 0 )(x x 0 ) (1.4) Es.3 Si adoperi l approssimazione 1.4 per calcolare cos(50 ) conoscendo le funzioni trigonometriche a θ = 45 = π/4 rad. Si ricordi che i calcoli vanno eseguiti con gli angoli espressi in radianti. Controllare la approssimazione ottenuta con il risultato esatto, ottenibile con una calcolatrice. Torniamo allora alla forza dipendente dalla posizione secondo la funzione F (x). Per i nostri scopi basta notare che nei due grafici di F (x), l ordinata di F (x) in x E è nulla e in un caso la derivata è negativa (funzione decrescente) e nell altro la derivata è positiva (funzione crescente). Se chiamiamo k un numero positivo si ha nei due casi illustrati che la forza vicino al punto di equilibrio x E è approssimata da espressioni: F = k(x x E ) = ks equilibrio stabile F = +k(x x E ) = +ks equilibrio instabile (1.5)

5 5 Nei due casi la forza è proporzionale allo spostamento dall equilibrio s = (x x E ), ma solo nel primo caso si ha la stabilità dell equilibrio Moto vicino ad un punto di equilibrio stabile Descriviamo allora il moto di un sistema vicino al punto di equilibrio stabile, tenendo conto della approssimazione lineare della forza secondo la prima delle equazioni (1.5). L equazione del moto si scrive immediatamente: m d2 x dt 2 = k(x x E) ma per semplicità conviene usare come coordinata che descrive la posizione del corpo lo spostamento s = x x E dalla posizione di equilibrio. Esprimendo x in funzione di s si ha: x = s + x E ovvero x ed s differiscono per una costante e quindi hanno le derivate di ogni ordine uguali e in particolare: d 2 x dt 2 = d2 s dt 2 Si può quindi riscrivere l equazione del moto per s: m d2 s dt 2 = ks ovvero, per uno specifico punto di equilibrio, caratterizzato da una costante k, la derivata seconda dello spostamento dall equilibrio dipende dal solo parametro k/m: d 2 s dt 2 = k m s (1.6) come si legge nell equazione precedente k/m ha le dimensioni dell inverso di un tempo al quadrato ed è quindi espresso con le unità sec 2. L inverso della grandezza vale m/k ed ha le dimensioni di un tempo al quadrato. La sua radice ha le dimensioni di un tempo e ci aspettiamo che questo sia un tempo caratteristico del moto attorno ad un punto di equilibrio stabile, almeno per spostamenti non troppo grandi per i quali l approssimazione lineare della forza è soddisfacente Soluzione generale dell equazione del moto Una volta impostata la equazione del moto la possibilità di ricavare tutte le sue soluzioni è un problema matematico che può essere più o meno difficile o in certi casi impossibile. Per il moto unidimensionale si tratta di trovare

6 6 tutte le funzioni che risolvono l equazione e che hanno come parametri che le distinguono la posizione e la velocità iniziale del corpo. Infatti, l equazione di Newton, come ad esempio la (1.6), è un equazione differenziale del secondo ordine (derivata seconda) e, come per ogni moto, per specificare la soluzione occorrerà assegnare la posizione iniziale, che chiameremo s 0, e la velocità iniziale, che chiameremo v 0. L equazione (1.6) ha una proprietà fondamentale che ne consente la soluzione in forma semplice. Questa proprietà discende dal fatto che la funzione incognita s compare sempre al primo grado ovvero l equazione differenziale è lineare. Dunque, se s 1 (t) è una soluzione anche cs 1 (t), con c costante, lo è e, inoltre, se s 1 (t) e s 2 (t) sono due soluzioni, è una soluzione anche la loro somma. Illustriamo questo secondo punto usando le proprietà delle derivate: allora: Se d 2 s 1 dt 2 = k m s 1 e d 2 s 2 dt 2 = k m s 2 d 2 (s 1 + s 2 ) dt 2 = d2 s 1 dt 2 + d2 s 2 dt 2 = k m s 1 k m s 2 = k m (s 1 + s 2 ) Es.4 Mostrare usando le proprietà delle derivate che se s 1 ed s 2 sono soluzioni della (1.6), anche una loro combinazione lineare a coefficienti costanti s(t) = c 1 s 1 + c 2 s 2 è una soluzione. Queste proprietà delle soluzioni della equazione differenziale definiscono ciò che in matematica si chiama uno spazio vettoriale. Siccome abbiamo a disposizione solo due costanti indipendenti per descrivere univocamente la soluzione (posizione e velocità iniziali), devono esistere solo due soluzioni indipendenti e la soluzione generica sarà della forma s(t) = C 1 s 1 (t) + C 2 s 2 (t) Matematicamente, questo si esprime dicendo che lo spazio vettoriale ha dimensione 2, come i vettori nel piano. Occorre ora trovare le due soluzioni indipendenti. Dalla (1.6) si vede che dobbiamo cercare fra le funzioni che derivate due volte riproducono se stesse a meno di un segno. Sono dunque le funzioni trigonometriche seno e coseno. Proviamo quindi una soluzione della forma che, sostituita nella (1.6): s 1 (t) = cos(ωt) ω 2 s 1 = k m s 1 e, quindi la funzione cos(ωt) è soluzione della equazione del moto se k ω = m

7 7 Es.5 Verificare che sin(ωt) è soluzione della (1.6) se ω 2 = k/m La soluzione generale è una combinazione generica delle due soluzioni: s(t) = C 1 cos(ωt) + C 2 sin(ωt) da cui è immediato per derivazione diretta ricavare l espressione associata della velocità v(t) = ds dt = ωc 1 sin(ωt) + ωc 2 cos(ωt) Mediante le due costanti C 1 e C 2 possiamo adattare la soluzione a tutte le condizioni iniziali x 0 e v 0. Basta imporre nelle soluzioni che il tempo sia t = 0 e quindi che il seno si annulla. Dalla prima si trova: e dalla seconda: s 0 = s(0) = C 1 v 0 = v(0) = ωc 2 Riscrivendo la soluzione con C 1 e C 2 espressi in termini delle condizioni iniziali si trova dunque: s(t) = s 0 cos(ωt) + v 0 ω sin(ωt) (1.7) Questa è la soluzione generale per il moto attorno al punto di equilibrio. Essa ha la stessa funzione della legge oraria per il moto soggetto ad una forza costante F : x(t) = x 0 + v 0 t + F/2mt 2, ed è espressa anche nello stesso modo. Infatti contiene la posizione e la velocità iniziali ed i parametri che descrivono la forza e l inerzia della particella. La (1.7) si può usare per calcolare lo spostamento dall equilibrio al tempo t, note lo spostamento iniziale, la velocità iniziale e i parametri della forza. Es.6 Un particella di massa m = 100 g occupa una posizione di equilibrio individuata dalla coordinata x E = 12.5 cm. La forza di richiamo intorno a questa posizione di equilibrio può essere approssimata da un legge lineare con k = 30 N/m. Mediante una forza impulsiva si mette in movimento il corpo con una velocità v 0 = 1 m/s. In che posizione si trova il corpo dopo 42 secondi? Commento alla soluzione Consideriamo dunque la soluzione s(t) espressa dalla (1.7). Vediamo che essa è espressa in termini di funzioni periodiche, seno e coseno, con lo stesso periodo 2π e, quindi, ci aspettiamo che la posizione (e la velocità) riprendano gli stessi valori dopo un periodo T. Questo tempo è fissato dalla costante ω = (k/m) che, come abbiamo visto, dipende dalla rapidità di variazione

8 8 della forza vicino all equilibrio e dalla massa del corpo mobile. Per legare le due grandezze basta osservare che il periodo T è il tempo che corrisponde all incremento di 2π dell argomento delle funzioni trigonometriche: ωt = 2π T = 2π ω = 2π m k (1.8) I parametri del sistema fissano dunque il periodo di oscillazione. L inverso del periodo, chiamato frequenza, indica il numero di oscillazioni al secondo, ad esempio se T = 1/10 secondo, allora si hanno 10 oscillazioni al secondo, etc. Indicheremo la frequenza con la lettera f, o altre volte con la lettera greca ν (ni). Periodo, frequenza e pulsazione ω sono legate dalle relazioni: f = 1 T ω = 2πf (1.9) La frequenza si misura in Hz (Hertz 2.) e i multipli si indicano al solito con khz, MHz, GHz etc. Se necessario indicheremo le unità di misura di ω in rad/s (come se fosse una velocità angolare) ma per evitare confusione cercheremo di specificare sempre f oppure T. Inoltre, la soluzione mostra che le oscillazioni si generano quando almeno una delle due condizioni iniziali è diversa da zero 3. Quindi si può mettere in oscillazione la massa m spostandola dalla posizione di equilibrio e lasciandola andare da ferma (s 0 0; v 0 = 0) oppure imprimendole una velocità, ad esempio con una forza impulsiva quando è nella posizione di equilibrio s 0 = 0; v 0 0) oppure in un caso generale sia spostandola che imprimendole una velocità. Es.7 Quanto valgono frequenza, periodo e pulsazione per il moto oggetto dell esercizio precedente? Ampiezza e fase È spesso molto conveniente scrivere la(1.7) in una forma diversa: s(t) = A cos(ωt φ) dove A è detta ampiezza dell oscillazione ed indica il massimo spostamento dalla posizione di equilibrio durante l oscillazione. La fase φ esprime il 2 In onore del grande scienziato Heinrich Hertz, uno dei fondatori dell elettromagnetismo, allievo di Helmholtz. Suo nipote Gustav fu insignito del premio Nobel per la fisica nel 1925 per un esperimento cruciale per la moderna teoria atomica e il figlio di Gustav, Carl é considerato l inventore della ecografia medica, essendo riuscito all inizio degli anni 50 in Svezia ad osservare usando gli ultrasuoni il movimento della valvola mitralica. Talvolta, quando si sente parlare di nepotismo baronale si ignora che l ambiente familiare può semplicemente avere una positiva influenza sull educazione dei giovani. 3 Quando entrambe sono nulla si ha la soluzione banale s(t) = 0 che corrisponde al moto di un corpo che è posto nella posizione di equilibrio (s 0 = 0) con velocità nulla (v 0 = 0

9 9 ritardo rispetto all istante iniziale a cui la funzione raggiunge l estremo dell oscillazione. In una soluzione scritta come sopra è evidente che il coseno ha il suo massimo per ωt φ = 0 ovvero ad un istante che segue l istante iniziale della quantità t = φ/ω, come si vede nella figura. Per trovare la relazione di A e φ con s 0 e v 0 basta sviluppare il coseno con la formula di addizione 4 : s(t) = A cos φ cos ωt + A sin φ sin ωt e, identificando questa con la (1.7) si trova: A cos φ = s 0 A sin φ = v 0 (1.10) ω Per ricavare A e φ separatamente in funzione di s 0 e v 0 è un a questione di algebra. Ad esempio si può sommare il quadrato membro a membro delle due equazioni, trovando: da cui: 4 A 2 cos 2 φ + A 2 sin 2 φ = A 2 (cos 2 φ + sin 2 φ) = A 2 = s v2 0 ω 2 A = s v2 0 ω 2 cos(α ± β) = cos α cos β sin α sin β

10 10 Per la fase basta dividere membro a membro la seconda delle (1.10) per la prima e si trova subito: A sin φ A cos φ = tan φ = v 0 ωs 0 Un punto estremamente importante è evidente dalle formule precedenti: il periodo di oscillazione (e quindi la frequenza) per piccole oscillazioni dipende solo dal sistema studiato, cioè dal rapporto k/m ma non dipende dall ampiezza delle oscillazioni Una applicazione delle idee precedenti: lo spettro infrarosso Possiamo pensare di disturbare un sistema all equilibrio provocandone un oscillazione, che sarà di diversa ampiezza a seconda del disturbo. Tuttavia, se misuriamo le frequenze di oscillazione otteniamo delle informazioni sul sistema, indipendentemente da quanto lo disturbiamo (sempre per oscillazioni piccole). L analisi delle frequenze di un sistema è uno dei metodi pi potenti e fruttuosi per capire la struttura di sistemi complessi, le cui parti oscillano intorno alle posizioni di equilibrio con frequenze caratteristiche. Una delle applicazioni npiù impressionanti di questa tecnica si ha nella analisi della meccanica molecolare ossia dello studio dei moti intramolecolari mediante modelli di interazione di tipo newtoniano. Ad esempio, si immagina che in una molecola i nuclei degli atomi siano mantenuti intorno a posizioni di equilibrio che determinano la forma della molecola stessa. Possiamo immaginare questa situazione di equilibrio come effetto delle forze di legame con gli altri nuclei e, come avviene per il moto di qualunque corpo in prossimità di un punto di equilibrio stabile, gli atomi possono oscillare intorno a queste posizioni con frequenze caratteristiche della particolare molecola. La presenza di queste frequenze in un campione può indicare spesso senza equivoci la presenza di una particolare specie molecolare nel campione. Una semplice illustrazione della situazione per il gruppo metilene CH 2 è visibile alla voce Spettroscopia infrarossa di Wikipedia nella quale animazioni elementari mostrano vari modi di vibrazione. Le oscillazioni effettive sono una combinazione di questi moti semplici (o normali). Consideriamo il moto di uno degli atomi di idrogeno ed in particolare consideriamo la vibrazione che avviene nella direzione del legame con il carbonio. Chi ha svolto esercizio fisico in palestra comprende perché il moto considerato è detto di stretching. La sua frequenza è legata all intensità della forza di legame vicino al punto di equilibrio. La forza di legame dipende dall ambiente in cui il gruppo metile si trova e le interazioni sono molto complesse. Dobbiamo dunque per forza semplificare l oggetto del nostro studio ed immaginare che in prossimità della posizione di equilibrio la forza

11 11 sia funzione della distanza d tra i nuclei dell idrogeno del carbonio e che per piccoli spostamenti S dalla distanza di equilibrio d E, in direzione della congiungente la forza possa essere approssimata con una forza elastica del tipo F = ks. Conoscere a priori la costante di forza non è cosa semplice: generalmente si trovano tabulate per legami specifici. Il loro valore è espresso spesso in md/å (millidine per Ångstrom) 5 Per il gruppo CH 2 si trova che il legame C H è descritto da una costante di forza k = 4.56md/Å. Sappiamo che la massa dell idrogeno è circa M H = kg. Per convertire il valore della k espresso in md/å nel SI dove l unità di misura è il N/m basta moltiplicare per 100. Per il legame C H vale: 4.56 md Å = 10 5 N m = 456 N/m che, come si vede è un valore enorme su scala atomica e riflette la intensità delle forze elettriche. La frequenza di vibrazione dell atomo di idrogeno associata a questa forza di legame è dunque: f = ω 2π = 1 k 2π M Hz Le frequenze di vibrazione di una molecola possono essere osservate con le tecniche della spettroscopia ossia misurando la dipendenza dalla frequenza delle variazioni della radiazione elettromagnetica incidente su un campione di molecole. Il risultato di questa analisi è normalmente mostrato attraverso un grafico che indica la grandezza che varia (ad esempio la luce trasmessa da un campione) in funzione della frequenza ν (o della lunghezza d onda λ) della radiazione. Ricordiamo infine che sussiste la relazione: λ = c ν tra la lunghezza d onda e la frequenza della luce essendo c = m/s la velocità della luce nel vuoto. Per la frequenza f trovata questo comporta che la lunghezza d onda è: l = c f = m = 3.6 µm La lunghezza d onda di qualche micron appartiene alla regione del vicino infrarosso. Invece della lunghezza d onda in spettroscopia si usa come 5 La dyne è una unità non-standard di forza e vale 1dyne = 10 5 N. L Ångstrom è una unità non-standard di lunghezza e vale 1 Å = m.

12 12 grandezza l inverso della lunghezza d onda che è detto numero d onda e si è soliti esprimerne il valore in cm 1. 1 l = m 1 = (10 2 cm) 1 = 2770 cm 1 Nella figura 6 è mostrato uno spettro vibrazionale del propano in cui è chiara la banda di assorbimento tra 2500 e 3000 cm 1 corrispondente alla vibrazione di stretching nel legame C H. 5.2 Molle ideali Fin qui abbiamo visto che è possibile approssimare la forza agente su un corpo vicino ad una posizione di equilibrio come una forza proporzionale allo spostamento dall equilibrio. Ci si può domandare se esistono in natura oggetti materiali in cui questa approssimazione è più o meno ben verificata e quanto si può rendere meno stringente la condizione che lo spostamento dalla posizione di equilibrio sia piccolo. Un approccio alternativo è di assumere che esistano sistemi nei quali l approssimazione è verificata sempre. In generale si tratterà di sistemi ideali, come l ideale corpo non soggetto a forze del primo principio della dinamica o il corpo rigido. Il fatto che esistano nella realtà sistemi reali che sono bene approssimati da questi oggetti ideali rende tanto più utili il modello e le conseguenze che si possono trarre da esso. Dunque, una molla ideale è un corpo, di massa trascurabile, il cui allungamento s, da una lunghezza a riposo che essa ha in assenza di forze 6 Tratta dal sito del laboratorio di spettroscopia dell università del Maine SFS NOV09/sfs.html.

13 13 applicate, è proporzionale alla forza applicata lungo il suo asse, secondo la relazione, detta legge di Hooke: F = ks La costante elastica k della molla ha dunque le dimensioni di una forza diviso una lunghezza e le sue unità di misura sono i N/m. La misura del k di una molla è, in linea di principio, semplice: si applica una forza nota, ad esempio appendendo una massa nota alla molla posta in posizione verticale e si misura l allungamento della molla. Il rapporto F/x è k. Una buona approssimazione di molle ideali sono le molle di acciaio elicoidali o certe corde elastiche. Es.8 Ad una molla ideale si applica una forza di 15 N e si osserva un allungamento di 12 cm. Quanto vale la costante elastica della molla? Ovviamente per una massa m soggetta alla sola forza di una molla ideale vale la discussione precedente della equazione del moto, senza alcuna condizione sulla ampiezze della oscillazione. per una molla ideale, di costante elastica k il moto è un moto oscillatorio ed il corpo di massa m oscilla intorno alla posizione di riposo della molla con periodo T = 2π m/k. La situazione schematica in cui il moto è di questo genere ed è detto armonico è quella di una molla ideale fissata ad un estremo e collegata ad una massa m che può scivolare senza attrito su un piano orizzontale, come mostrato in figura. La legge oraria (1.7) si applica per calcolare il moto quando si conoscono spostamento iniziale s 0 e velocità iniziale v 0. Es.9 Un corpo di massa m = 1 kg è collegato ad una molla orizzontale di costante elastica k = 1.8 N/m, fissata all altro estremo. Il corpo può scivolare senza attrito sul piano di appoggio. La molla viene spostata di 12 centimetri dalla posizione di riposo e viene lasciata andare imponendo una velocità v 0 = 0.31 m/s nel verso di allontanamento dalla posizione di equilibrio. Calcolare posizione e velocità della massa dopo un tempo di 10 secondi. A quale istante la massa passa per la prima volta dalla posizione di riposo? In che posizione si trova quando la velocità si annulla la prima volta? E quando si annulla la seconda volta?

14 14 Esercizio: molla verticale In questo paragrafo consideriamo il caso immediatamente più complicato in cui oltre alla forza elastica il corpo è soggetto ad una forza costante. La siatuzione schematica è quella di una molla verticale fissata ad un estremo al soffitto. Sul corpo appeso in una posizione generica, individuata dalla coordinata x agiscono la forza peso (costante) e la forza di richiamo della molla. Se l origine delle coordinate è presa nella posizione di riposo della molla (la posizione in cui la molla non è né compressa né estesa e non esercita forze) la forza totale è: F (x) = kx + mg Il segno positivo della forza peso indica che si è preso come verso positivo quello verso il basso. La procedura per scrivere la equazione di moto del corpo soggetto alla forza F (x) consta di tre passaggi. si trova, se esiste, la posizione di equilibrio x E ponendo F (x) = 0 e risolvendo rispetto a x Si calcola la costante elastica nella posizione di equilibrio calcolando F (x E ). Il punto è di equilibrio stabile se F (x E ) < 0. Ponendo F (x E ) = k, si scrive l equazione del moto per lo spostamento s = x x E dalla posizione di equilibrio: m d2 s dt 2 = ks Questa ricetta è valida qualunque sia l espressione della forza risultante F (x) purché questa dia luogo un punto di equilibrio stabile in cui la forza si

15 15 annulla e la derivata della forza è negativa. Chiaramente per una forza generica la approssimazione di oscillazione armonica è buona solo se l ampiezza della oscillazione è piccola. Applichiamo ora la procedura al caso della molla verticale. kx + mg = 0 x E = mg k F (x) = k F (x E ) = k < 0 La costante elastica è la stessa anche per la molla verticale Ponendo s = x x E, lo spostamento dalla posizione di equilibrio soddisfa la equazione d 2 s dt 2 = k m s Quindi la posizione di equilibrio della molla verticale è spostata verso il basso della quantità mg/k rispetto alla lunghezza a riposo della molla (origine delle coordinate x). La legge oraria per lo spostamento è dunque: s(t) = s 0 cos(ωt) + v 0 ω sin(ωt) e la pulsazione ω è la stessa della molla orizzontale. relazione tra s ed x è: Ricordando che la s(t) = x(t) x E = x(t) mg/k si può esprimere la legge oraria per x: x(t) = s(t) + mg k = mg k + s 0 cos(ωt) + v 0 ω sin(ωt) Nauralmente anche le condizioni iniziali s 0 e v 0 possono essere espresse nella coordinata x anziché con s Per la prima vale la stessa relazione s 0 = x 0 mg/k mentre le velocità sono le stesse perché le due grandezze s(t) e x(t) differiscono per una costante e quindi hanno la stessa derivata temporale. Assumiamo, ad esempio che la massa parta dalla posizione di riposo della molla x 0 = 0 e con velocità nulla. In pratica sosteniamo il corpo nella posizione di riposo della molla e poi lo lasciamo andare senza spingerlo. Allora l equazione oraria per la x (basta sostituire x 0 = 0 e v 0 = 0) è: x(t) = mg (1 cos(ωt)) (2.11) k

16 16 Si vede che la massima ascissa raggiunta è dopo mezzo periodo quando il coseno diventa -1 e vale x max = 2mg/k. La ascissa minima si ha dopo un periodo quando il coseno è massimo e vale +1 e vale x min = 0 ed è uguale al valore di partenza. Il punto centrale della oscillazione si ha nel mezzo tra i due estremi per x = mg/k che è appunto la posizione di equilibrio. La soluzione trovata riproduce fedelmente le caratteristiche del moto che avevamo previsto analizzando il problema dinamico. Es.10 Considerando che il sistema descritto sopra parta da fermo dalla posizione di riposo della molla e la sua legge oraria sia la 1.11 calcolare l espressione analitica della velocità quando il corpo passa per il punto di equilibrio Molle in serie ed in parallelo Conviene pensare alle molle ideali come elementi di oggetti più complessi, così come resistenze, condensatori etc. possono far parte di circuiti più complicati. Supponiamo di avere una scatola chiusa da cui fuoriesce un gancio, e di verificare che applicando una forza F si ottiene uno spostamento s del gancio proporzionale alla forza applicata. In questo caso siamo portati ad associare al sistema il modello di molla ideale con una costante elastica l tale che F = ks. Se apriamo il sistema (la scatola) e scopriamo che internamente è costituito da molle, la domanda a cui vogliamo rispondere è: che relazione c è fra le costanti delle molle del sistema e la costante k che abbiamo misurato? Il lettore è invitato a riflettere sul fatto che questo è un esempio della procedura (bottom-up) di cui abbiamo parlato nel capitolo dedicato alle forze elementari secondo la quale si cerca di ricavare comportamenti macroscopici (la costante k di tutto il corpo) da caratteristiche microscopiche (le costanti delle molle che costituiscono il corpo). È sufficiente considerare il caso di due sole molle, il caso generale si ottiene poi facilmente. Ci sono due modi di disporre fra loro due molle, illustrati nella figura: a sinistra due molle in parallelo (con i due estremi in comune) e a destra due molle in serie (una dopo l altra). Consideriamo il primo caso. Il sistema di due molle in parallelo si allunga di una quantità s e ciascuna molla si allunga di quella quantità. La forza esterna F che produce questo allungamento uguaglia la somma delle due forze. In modulo: F = k 1 s + k 2 s = (k 1 + k 2 )s

17 17 La forza esercitata dal sistema delle due molle è, per il terzo principio uguale ed opposta a questa: F m = (k 1 + k 2 )s e le due molle in parallelo sono equivalenti, dal punto di vista della forza vista dall esterno ad una sola molla con costante pari alla somma delle costanti. Se ho più molle il ragionamento segue ugualmente e la costante di un insieme di molle in parallelo è uguale alla somma delle costanti di tutte le molle. In particolare se si hanno n molle uguali in parallelo e ciascuna ha costante k la costante del sistema è: k T = nk Il secondo caso richiede qualche passaggio elementare: se applichiamo all estremità libera una forza F, in condizioni di equilibrio la molla ad essa in contatto si deve allungare di una quantità s 1 tale che la forza da essa esercitata equlibri F. Da questa condizione ricaviamo che: s 1 = F k 1 La molla 1 la esercita sull altra estremità la stessa forza (proprietà delle molle ideali) e per assicurare l equilibrio anche di questo punto di contatto tra le due molle occorre che l allungamento s 2 della molla 2 dia una forza uguale a quella della prima molla e cioè a F : s 2 = F k 2 Ora, l allungamento totale del sistema è la somma degli allungamenti delle singole molle: s = s 1 + s 2 = F k 1 + F k 2 = F ( 1 k k 2 ) In conclusione l inverso della costante globale del sistema è uguale alla somma degli inversi delle costanti delle singole molle: 1 k = 1 k k 2 Allora per n molle uguali in serie si ha: 1 k T = n k k T = k n Queste osservazioni ci permettono nel prossimo paragrafo di connettere il modulo di Young alle costanti elastiche che modellizzano l interazione tra le molecole di un solido cristallino.

18 18 Modulo di Young: punto di vista microscopico Ricordiamo in breve come abbiamo definito il modulo di Young per una sbarra omogenea di sezione A e di lunghezza L ad una estremità della quale è applicata una forza F nella direzione della lunghezza. Per una vasta categoria di materiali e per intervalli opportuni di forza applicata l allungamento s del materiale è proporzionale alla forza e sussiste la seguente relazione: F A = E s L Scritta in termini di una costante elastica k la relazione precedente permette di mettere in relazione quest ultima con una proprietà intrinseca del materiale, il modulo di Young E e la forma della sbarra (sezione e lunghezza): F = E A L s = ks k = E A (2.12) L Per giustificare la dipendenza di k dalla geometria della sbarra immaginiamo che la costante elastica globale sia il risultato della struttura del materiale che possiamo immaginare, per semplicità, formato da un reticolo di atomi identici collegati tra loro da forze microscopiche assimilabili a molle e formato da strati paralleli, ciascuno formato da un reticolo di atomi accoppiati nella direzione dell allungamento da molle di costante elastica atomica k a e a distanza a l uno dall altro. In ogni strato ci sono un numero n s di molle pari all area totale A dello strato diviso per l area a 2, a disposizione di una molla: n a = A a 2 e, essendo tutti gli oscillatori in parallelo, la costante effettiva k s di uno strato è: k s = n a k a = k a A a 2 ossia è proporzionale ad A. Inoltre, in una sbarra di lunghezza L ci sono n s piani reticolari distanti d ossia: n s = L d e dal punto di vista elastico sono collegati in serie. Quindi la costante elastica dell insieme dei piani, ovvero della sbarra è data dalla formula per le molle in serie: k = k s d A = k a n s a 2 L dove si ritrova la dipendenza della (1.12) dai parametri geometrici e si può mettere in relazione la proprietà macroscopica, il coefficiente di Young, con i parametri microscopici, forza di legame e distanze interatomiche: E = k a d a 2

19 19 Esercizio svolto: orologi al quarzo I moderni 7 orologi sono basati sulla oscillazione meccanica di piccoli cristalli di quarzo opportunamente sagomati. Consideriamo, per semplicità, un cristallo come un parallelepipedo di sezione di base A = 4 mm 2 e spessore L = 1 mm. La densità del quarzo è ρ 2.5 g/cm 3 e il modulo di Young E 100 GP a. Stimare la frequenza delle oscillazioni nella direzione perpendicolare alle basi. Anche in questo esercizio siamo di fronte al problema di schematizzare il sistema eliminando i dettagli trascurabili, almeno in prima approssimazione, e cogliendo le similitudini con sistemi più semplici di cui conosciamo già il comportamento. Qui possiamo assimilare il cristallo ad una sbarra omogenea in regime elastico. Come abbiamo visto sopra, la deformazione s della sbarra è simile a quella di una molla ideale con costante elastica: k = E A L La frequenza di oscillazione della molla dipende dalla massa M ad essa collegata. Qui si potrebbe prendere come massa quella della cristallo, almeno come ordine di grandezza anche se l approssimazione non tiene conto del fatto che, in realtà la massa è distribuita all interno della molla stessa. Dato che vogliamo solo avere un idea delle frequenze in gioco possiamo fare il calcolo in queste condizioni poco realistiche. ossia: con i valori dell esercizio: ν = ω 2 = k M = E A L ρal = 1 2π 10 3 m E ρl 2 ν = ω 2π = 1 E 2πL ρ P a 2500 kg/m 3 = Hz che coglie l ordine di grandezza degli oscillatori a cristallo più comuni. In realtà i cristalli commerciali vengono sagomati in forma di forcella (simile ad un diapason) ed il calcolo della frequenza in funzione dei parametri costruttivi è molto piú complessa. 7 I primi brevetti concernenti orologi (oscillatori) basati su cristalli di quarzo risalgono alla seconda decade del secolo scorso.

20 Energia potenziale Prima di aggiungere dettagli, come fatto in altri casi, al modello di oscillatore torniamo sul teorema delle forze vive, cui si è fatto cenno nella lezione 4: La variazione di energia cinetica di un sistema è uguale al lavoro delle forze agenti sul sistema Per ciascuna forza F che agisce sul sistema che si muove dallo stato iniziale i allo stato finale f la competente variazione 8 di energia cinetica Ec(f) Ec(i) = L i f ; L i f = f i F d s (3.13) Precisiamo meglio il significato dell integrale all ultimo membro che definisce il lavoro della forza F che abbiamo già commentato brevemente quando abbiamo introdotto la nozione di lavoro. Dunque, il corpo, per semplicità un punto materiale, soggetto alla forza F si muove dalla posizione iniziale i alla posizione finale f lungo una curva, la cosiddetta traiettoria. La curva può essere suddivisa in elementi molto piccoli, in tutto approssimabili ad segmenti rettilinei rappresentati da vettori d s j. Se la forza F non cambia in modo irregolare, quando lo spostamento elementare d s j è molto piccolo la forza si può considerare in quel tratto costante e di valore F j. Il lavoro compiuto in quel tratto è dunque semplicemente il prodotto scalare: dl j = F j d s j esso può essere volta a volta positivo, negativo o nullo a seconda che la forza faccia un angolo acuto, ottuso o retto con lo spostamento infinitesimo. In figura è mostrato un tratto di curva approssimato da quattro segmenti rettilinei. In ciascuno di questi è indicato il vettore forza all inizio del tratto. Se la forza non cambia troppo rapidamente questo vettore rappresenta la forza costante su tutto lo spostamento elementare. Se l approssimazione non è soddisfacente si può infittire la suddivisione della curva in tratti più piccoli. 8 Per variazione intendiamo, al solito, la differenza tra il valore alla fine ed il valore all inizio.

21 21 L integrale è semplicemente il valore a cui tende la somma di tutti i contributi dl i quando il numero di contributi diventa grandissimo: L i f = N j=1 dl j = N j=1 F j d s j = f i F d s Il teorema dell energia cinetica è sempre vero, cioè vale per qualunque tipo di forza, ma in casi complicati può essere poco pratico da utilizzare: per calcolare il lavoro a secondo membro occorre seguire la traiettoria del corpo, e per avere questa conoscenza occorre in generale risolvere le equazioni del moto. D altronde, se conosciamo la soluzione esatta delle equazioni del moto l uso della (2.13) è abbastanza inutile. La relazione (2.13) è invece veramente utile quando possiamo calcolare il lavoro senza risolvere le equazioni del moto. Questo è quanto abbiamo fatto nei semplici casi in cui abbiamo applicato la (2.13), ad esempio quando il moto è unidimensionale (la traiettoria è fissata dai vincoli) e le forze sono costanti o dipendono solo dalla posizione x lungo la traiettoria unidimensionale (curva). Forze conservative Un caso particolarmente interessante in cui possiamo calcolare il lavoro senza risolvere le equazioni del moto, è quando il lavoro di una forza non dipende dal particolare cammino che il corpo effettivamente percorre nello spostamento i f, ma solo dai punti iniziali e finali. In questo caso possiamo scegliere un cammino qualunque che collega inizio e fine e non dobbiamo conoscere la traiettoria reale. Che questo accada o meno dipende dalla natura delle forze in gioco: quelle per cui vale questa affermazione si dicono forze conservative. La conoscenza di cui abbiamo bisogno non è il particolare moto che ha fatto il corpo soggetto ad un campo di forze conservative, ma le proprietà del campo di forza (direzione verso e modulo della forza in ogni punto dello spazio). Ad esempio, nel caso del campo di gravità vicino alla terra non interessa ai fini del calcolo del lavoro della forza

22 22 di gravità conoscere la particolare traiettoria che ha percorso il corpo, ma solo la posizione iniziale e finale. Questa indipendenza del lavoro dal cammino rende possibile, come spiegamo qui sotto, scrivere il L i f = f i F d s = U(i) U(f) (3.14) dove U(P ) è una funzione scalare del punto, ossia un campo scalare, detta energia potenziale. La procedura di calcolo dell energia potenziale è grosso modo riassumibile in due passi: Si fissa un punto O come punto di riferimento, origine, dell energia potenziale e si assegna a quel punto una energia arbitraria U 0, usualmente posta uguale a zero. Si calcola il lavoro della forza in questione da un punto generico P al punto O, seguendo un percorso qualunque (il più semplice dal punto di vista del calcolo. Definiamo il lavoro calcolato come la differenza tra l energia potenziale nel punto P e l energia del riferimento. Se quest ultima è nulla il lavoro coincide semplicemente con l energia potenziale U(P ). Abbiamo quindi calcolato l energia potenziale di ogni punto rispetto al riferimento. Se dobbiamo calcolare il lavoro di una forza conservativa che agisce su un corpo che si muove tra due punti P e Q basta considerare il cammino da P a Q passante per il riferimento O. Per l additività dell integrale: L P Q = L P O + L O Q = L P O L Q O = U(P ) U(O) dove si è fatto uso anche della proprietà dell integrale per cui se inverto gli estremi di integrazione l integrale cambia segno. Una caratteristica delle forze conservative che discende da questa osservazione è che se considero il lavotro di una forza conservativa lungo un percorso chiuso, ovvero lungo un cammino che parte da un punto A e vi ritorna, il lavoro deve essere nullo. In effetti, il cammino andata e ritorno può essere visto come il risultato di due cammini da A ad un punto B appartenente al circuito. Il lavoro per andare da A a B è lo stesso perché la forza è conservativa. Il lavoro sul circuito può essere visto come la somma dei lavori per andare da A a B e per tornare da B ad A. Per un dato cammino quest ultimo è l opposto del lavoro per andare da A a B sullo stesso cammino per cui la somma dei due lavori è nulla. Il punto chiave è che, data una forza conservativa, basta calcolarsi una sola volta la forma di U(P ), conosciuta tale funzione possiamo usarla in qualunque moto e situazione fisica. Notiamo che se è possibile scegliere un

23 23 cammino che in ogni punto è parallelo ad F l integrando è positivo, quindi l energia decresce. Questo si può esprimere dicendo che le linee di forza (che sono i cammini tangenti in ogni punto al campo di forza) vanno dalla zona di alta energia potenziale alla zona di bassa energia potenziale. In natura tutte le forze vere, e dipendenti solo dalla posizione, sono conservative. Non tutte le forze che si introducono nei modelli lo sono, questo perché costruendo un modello si perdono delle informazioni sul lavoro di alcune forze microscopiche. Un esempio tipico di questa situazione sono gli attriti (forze non conservative). In effetti, se osserviamo che l attrito agisce in direzione opposta allo spostamento esso compie un lavoro sempre negativo per cui non può rispettare la proprietà che su un percorso chiuso il lavoro è nullo. Se consideriamo ad esempio una forza di attrito costante in modulo, ma punto per punto opposta allo spostamento è ovvio che il lavoro della forza d attrito per andare da i f dipende dalla lunghezza della strada percorsa, oltre che dai punti di partenza e di arrivo. Es.11 Dimostrare facendo un disegno e un ragionamento logico che l affermazione che nel testo precede questo esercizio è vera. 5.4 Conservazione dell energia meccanica Supponiamo, per semplicità, che il sistema in esame sia soggetto ad una sola forza e che questa sia conservativa e combiniamo il teorema dell energia cinetica e la definizione di energia potenziale. Sostituendo la (2.14) nella (2.13) si ha: E c (f) Ec(i) = U(i) U(f) ossia portando allo stesso membro le quantità iniziali e quelle finali: E c (f) + U(f) = E c (i) + U(i) (4.15) vale a dire la quantità Energia cinetica + Energia potenziale è conservata (da cui l aggettivo per le forze). Tale somma viene chiamata energia totale meccanica, del corpo, o semplicemente energia in questo contesto. La (3.15) esprime il concetto, che va al di là dell ambito della Meccanica essendo un principio di validità universale della Fisica, di conservazione dell energia. Notiamo esplicitamente che ogni forza conservativa ha la sua energia potenziale, quindi se nel moto agiscono contemporaneamente più forze conservative l energia potenziale totale è la somma delle energie potenziali delle varie forze. Vedremo più avanti alcuni esempi espliciti. Infine se nel moto agiscono sia forze conservative f c che attriti fa la forza è la somma dei due contributi F = f c + f a e il lavoro, per la linearità dell integrale è il lavoro delle forze conservative, scrivibile come differenza

24 24 della energia potenziale, più il lavoro delle forze di attrito (dissipative): L = U(i) U(f) + L attrito e, sostituendo questa nel teorema delle forze vive si trova: E c (f) + U(f) (E c (i) + U(i)) = L attrito ovvero la differenza tra l energia meccanica finale e quella iniziale è uguale al lavoro (negativo) delle forze d attrito. In presenza di queste l energia tende a diminuire, viene dissipata dall attrito Esempi di energia potenziale Si può dimostrare che le proprietà (2.14), (3.15) valgono in particolare per le forze radiali, come la forza gravitazionale di Newton ed elettrica di Coulomb, per le forze costanti (come la gravità in prossimità della superficie terrestre), le forze dovute a campi elettrici statici, le forze elastiche. Consideriamo qui di seguito il calcolo dell energia potenziale quando agiscono alcune di queste forze. Gravità costante: energia potenziale del peso Vicino alla superficie terrestre la forza di gravità che agisce su un corpo di massa m è costante e diretta verticalmente verso il basso. Il lavoro di una forza costante è calcolabile semplicemente come il prodotto scalare della forza per lo spostamento totale. La prima osservazione che si può fare è che i punti che si trovano alla stessa quota rispetto alla superficie terrestre hanno la stessa energia potenziale. Infatti, se prendiamo due punti appartenenti ad un piano ortogonale alla gravità qualunque cammino ha come risultante uno spostamento ortogonale alla forza e, quindi la differenza di energia potenziale tra i due punti è nulla. Questo modo di guardare al campo dell energia potenziale è molto utile. Data una certa regione dello spazio e l energia potenziale in quella regione i punti che hanno eguale energia potenziale appartengono a superfici equipotenziali. In assenza di forze dissipative il moto lungo superfici equipotenziali avviene ad energia cinetica (ossia a velocità) costante. Per il campo di gravità vicino alla terra le superfici equipotenziali sono piani paralleli alla superficie terrestre. Passando da superfici equipotenziali di energia maggiore a superfici a energia minore la energia cinetica aumenta. Applichiamo ora la procedura di calcolo in due passi che abbiamo enunciato sopra. Si prende un punto di riferimento O, ad esempio sulla superficie terrestre, e si considera un generico punto P sulla verticale da O e ad una altezza generica h. La energia potenziale di U(P ) è il lavoro per andare da

25 25 P ad O. Prendendo il cammino verticale P O si ha che la forza è costante e nello stesso verso dello spostamento per cui: U(P ) U(0) = mgh Fissando come nullo il valore dell energia potenziale al suolo e considerando la generica quota z di un punto 9 dal suolo si ha l espressione per l energia potenziale della gravità terrestre: U(z) = mgz La differenza di energia potenziale tra un punto a quota z 1 ed un punto a quota z 2 è semplicemente: U 1 U 2 = mg(z 1 z 2 ) Notiamo che, in accordo con quanto detto sopra in generale, la forza di gravità tende a portare i corpi dai punti ad alta energia potenziale (più lontani dalla superficie terrestre) verso quelli a bassa energia potenziale (con una distanza z dalla superficie terrestre minore). Campo elettrico costante: potenziale elettrico Un caso del tutto analogo è quello di un campo elettrico uniforme E che esercita su una carica q la forza F = q E. Le superfici equipotenziali sono, per la stessa ragione argomentata per la gravità costante, i piani ortogonali alla direzione (costante) del campo elettrico. Prendiamo allora come direzione di calcolo la direzione del campo elettrico e consideriamo due punti che su un asse x orientato come E hanno coordinate x i e x f. Lo spostamento orientato è la differenza tra le coordinate del punto finale e del punto iniziale ed il lavoro della forza costante, ossia la differenza di energia potenziale: L i f = U(i) U(f) = qe(x f x i ) È usuale fare la seguente semplificazione: poiché la forza è proporzionale alla carica, anche il lavoro lo sarà. Conviene allora definire l energia potenziale per q = 1 (ovvero dividendo la forza per q). Si definisce così il potenziale elettrostatico ( o meglio la differenza di potenziale): V (i) V (f) = f i E d s = E(x f x i ) Prendiamo ora uno dei piani equipotenziali come piano di riferimento e assegnamogli il potenziale V 0 e la coordinata x i = 0. La equazione precedente 9 Non importa che il punto sia sulla verticale di O, giacché ogni punto alla quota z ha, per l osservazione fatta all inizio del paragrafo, la stessa energia potenziale di quello che si trova sulla verticale.

26 26 ci dice un punto appartenente ad un piano equipotenziale di coordinata x ha il potenziale elettrico: V (x) = V 0 Ex Si noti il segno differente rispetto alla gravità, qui avevamo preso l asse x nel verso del campo elettrico, mentre nel caso gravitazionale l asse z era stato preso opposto alla direzione della forza.nel linguaggio corrente si dice che se ci si sposta di una distanza d nella direzione del campo elettrico si risente di una caduta di potenziale elettrico: δv = V (0) V (d) = Ed Al solito il campo elettrico va dalle zone ad alto potenziale a quelle a basso potenziale, si faccia attenzione per che le cariche possono essere di entrambi i segni, quindi le forze sulle cariche positive seguono le linee di campo elettrico, quelle sulle cariche negative le seguono al contrario. Quindi le cariche negative, ad esempio gli elettroni in un conduttore metallico, si spostano verso la zona a potenziale più alto. Energia potenziale elastica Per illustrare il calcolo della energia potenziale elastica esaminiamo un sistema particolare: una molla ideale di costante elastica k che è in posizione di riposo vincolata ad un suo estremo e disposta lungo l asse x. Un corpo di massa m con velocità v o viene lanciato contro la molla ed entrambi i corpi, la massa e la molla, sono vincolati a muoversi senza attrito sull asse x. Ci proponiamo di calcolare quale tratto percorre il corpo prima di fermarsi dopo avere incontrato l estremo libero della molla. La situazione è illustrata in figura. Scegliamo di descrivere la posizione dei corpi con un asse orizzontale diretto verso la molla e con l origine nella posizione iniziale, di riposo, della molla stessa. Sulla massa in movimento fino a che non entra in contatto con la molla non agisce nella direzione x alcuna forza, nelle ipotesi del problema (nella direzione verticale agiscono il peso e la forza di vincolo del piano che si equilibrano). Quando il corpo tocca la molla e questa inizia a comprimersi, alle forze precedenti si aggiunge la forza della molla che, se chiamiamo x lo spostamento dalla posizione di riposo (x(0) = 0) vale:

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