UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI ECONOMIA GIORGIO FUÀ

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1 UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI ECONOMIA GIORGIO FUÀ Corso di Laurea in Economia e Management IL VALORE DELLA CONOSCENZA. DALLA TEORIA AL KNOWLEDGE MANAGEMENT APPLICATO Relatore: Chiar.mo Tesi di Laurea di: Prof. Gabriele Micozzi Laura Paoletti Anno Accademico INDICE Introduzione pag. I VERSO UNA KNOWLEDGE BASED ECONOMY CAPITOLO PRIMO 1.1 La nascita di un nuovo capitalismo economico pag Cosa si intende per economia della conoscenza? pag Alcuni pregiudizi da riconoscere e da correggere pag Perché si parla soltanto ora di capitalismo cognitivo? pag. 10

2 1.1.4 Il sentiero di sviluppo della nuova disciplina pag La conoscenza come fattore produttivo: proprietà e originalità pag Dati, informazioni e conoscenza pag Caratteristiche di una risorsa sui generis pag Alcune possibili tassonomie pag Perché gestire la conoscenza aziendale? pag Motivazioni di tipo esogeno ed endogeno pag. 38 CAPITOLO SECONDO CONOSCENZA AL LAVORO: IL KNOWLEDGE MANAGEMENT 2.1 La gestione della conoscenza: alcuni concetti introduttivi pag Cos è il knowledge management? pag Una breve storia della disciplina pag Il modello di Nonaka e Takeuchi pag Le implicazioni per l assetto d impresa pag I knowledge workers pag La Learning Organization pag Le tecnologie di gestione della conoscenza pag Un nuovo modello di creazione del valore pag Il sogno e il disincanto del knowledge management pag Le attività di un sistema di gestione della conoscenza pag I benefici economici, tecnologici ed organizzativi pag Le cause di un possibile insuccesso pag. 107 CAPITOLO TERZO AL DI LA DEL KNOWLEDGE MANAGEMENT: LIBERARE LE POTENZIALITA NASCOSTE DI UN SISTEMA DI GESTIONE DELLA CONOSCENZA 3.1 Il knowledge management in cifre pag La rilevanza del fenomeno pag L Unione Europea e la Strategia di Lisbona pag E l Italia? pag KM significa soltanto gestione della conoscenza? pag Il KM come mezzo di apprendimento pag. 145

3 3.2.2 Il KM per il potenziamento della strategia di marketing pag Il KM a servizio dell innovazione e della creatività pag Il KM come nodo di legame con il territorio pag Alcune prospettive future pag La domanda e l offerta del KM che verrà pag. 166 CAPITOLO QUARTO IKNOW: LA FANTASIA CHE DIVENTA REALTA 4.1 La società Nautes e l azienda iguzzini Illuminazione: il successo di una originale collaborazione pag L azienda iguzzini Illuminazione pag La società Nautes Srl pag Il knowledge management applicato pag IKnow: per saper fare uso di ciò che si conosce pag Le origini del nuovo sistema pag Il metodo, la strategia e la tecnologia Nautes pag Le fasi di realizzazione del progetto pag Come lavora iknow? pag I benefici attesi pag Alcuni segreti da svelare pag Una possibile visione per gli anni a venire pag. 249 Conclusioni pag. 253 Allegati pag. 257 Bibliografia pag. 263 Webliografia pag. 273 Ringraziamenti pag. 275

4 INTRODUZIONE Lo studio della conoscenza è uno degli elementi più profondi e sfuggenti della storia, che economisti, sociologi e psicologi cognitivi hanno in passato affrontato sotto ogni aspetto, senza peraltro pervenire a risultati accettati da tutti 1. La stessa Penrose nel testo La teoria dell espansione dell impresa cita: E chiaro che gli economisti hanno sempre riconosciuto il ruolo dominante della conoscenza nei processi economici, tuttavia nella maggior parte dei casi hanno ritenuto che il tema fosse troppo scivoloso per essere affrontato e non sono giunti pertanto a risposte significative ed univoche. Per molti anni, infatti, il legame tra economia e conoscenza è rimasto praticamente assente dalla teoria economica: la conoscenza era una risorsa del tutto invisibile; esistente ed importante certo, ma non analizzabile in modo concreto, per le sue proprietà specifiche di mutevolezza e dinamicità. Da qualche tempo però le cose sono cambiate. Impercettibilmente, ma progressivamente, l economia dei nostri giorni sta diventando un economia cognitiva: da ogni luogo ci viene annunciato che stiamo entrando a far parte di quella che viene definita knowledge era. Un era nuova, nuovissima, destinata a durare a lungo e a cambiare il mondo, cominciando proprio dal modo di funzionare della stessa economia. La conoscenza è infatti diventata, nell immaginario collettivo dei nostri giorni, il deus ex machina del capitalismo contemporaneo, capace di fornire alla stesso idee, soluzioni e linguaggi per innovare in profondità i processi produttivi e di consumo. Al contempo, però, anche il contributo del mondo economico è stato significativo: esso ha corredato la risorsa-conoscenza dei mezzi necessari a far avanzare la frontiera del sapere in campi sempre più vasti e impegnativi. Questa forte sinergia e la continua e crescente interdipendenza tra economia e conoscenza conducono necessariamente a considerare quest ultima come un fattore chiave, come un elemento indispensabile a cui si ricorre per spiegare le differenze tra imprese, tra regioni e tra paesi; il volano che ogni anno alimenta la crescita del prodotto e della produttività, proponendo nuove tecniche, nuove soluzioni e nuovi bisogni. A getto continuo. L era del lavoro e della proprietà sta finendo e con essa è la società industriale creata dalla rivoluzione delle macchine e del capitale, ad uscire progressivamente dall orizzonte della contemporaneità. Le forze tradizionali non sono più il motore della crescita economica e delle attività che generano valore 2. 1 Cfr. MOKYR J., I doni di Atena. Le origini storiche dell economia della conoscenza, IL MULINO, Bologna, 2004, pag. 5

5 Questo grande cambiamento, già avviatosi da qualche tempo, sembra doversi consolidare nei prossimi anni, divenendo anzi processo inevitabile e fulcro del futuro funzionamento dei sistemi economici. Ed è proprio da tale consapevolezza che parte la necessità di gestire e di coordinare le forze che si manifestano all interno di questo complesso fenomeno in corso: occorre dotarsi di nuovi strumenti che sappiano far fronte ed amministrare una risorsa sui generis che è, appunto, quella della conoscenza; trasformare le organizzazioni in organizzazioni che apprendono, gestire in modo adeguato una nuova categoria di lavoratori. Si tratta, in definitiva, di predisporre un idoneo sistema di knowledge management che possa conferire alle imprese tutti i vantaggi che derivano da pratiche di condivisione della conoscenza. Nel 2008, sostiene il Gartner Group, tre quarti degli aumenti di produttività delle imprese saranno realizzati grazie al knowledge management e grazie ad altri miglioramenti nel lavoro basato sulla conoscenza. Non si tratta, però, di una tendenza che può essere data per scontato, né tanto meno di un fenomeno di facile gestione: la convergenza tra due mondi che continuano ad essere tenacemente disallineati richiede competenze e capacità del tutto nuove, che occorre saper creare e coltivare per procedere con successo nella attività d impresa. Il knowledge management, più che una disciplina, si configura pertanto come un modo nuovo, ma obbligato, di vedere la trama e i significati sottostanti la produzione di valore nella società contemporanea. Per utilizzare una metafora, che lo stesso Carlo Sorge ha addotto in una conferenza da lui tenuta nel 2005: Il knowledge management è una nuova e particolare panoramica sul mondo esistente, che ci consente di leggere con occhi inediti e critici la realtà che si sta delineando (Canevacci, 1995), una realtà nuova, all interno della quale le regole di riferimento sono costituite dalla globalizzazione, dall information technology, dalla smaterializzazione del valore d impresa. Impossibile non essere d accordo con le parole di Sorge: anche il mondo accademico si sta muovendo in questa direzione. In coerenza con l ormai consolidata resource based view si assiste alla nascita di una vera e propria fabbrica dell immateriale (Rullani, 2005): di una fabbrica dove agli aggettivi di concreto e reale si è appoggiato quello di intangibile, dove all attenzione al concetto di costo e di prezzo si è affiancato quello di conoscenza e di informazione. Alla fine, scoperte, studi, articoli e dibattiti finiscono sempre per parlare di conoscenza 3 : ed è proprio l importanza e la fatidica irrinuciabilità che ha assunto questa nuova risorsa nell odierno contesto competitivo, che ci ha condotto alla scelta di un simile tematica quale argomento di approfondimento per la tesi di laurea. Scrivere una tesi sulla gestione della conoscenza è tutt altro che semplice: riteniamo però che l ottenimento di risultati d eccellenza per qualsiasi tipo di azienda siano sempre più legati ad un oculata gestione dei propri saperi, ad un serio coordinamento delle informazioni che sono presenti nell organizzazione, ad una marcata valorizzazione delle conoscenze degli individui. L economia della 2 Cfr. RULLANI E., Economia della conoscenza. Creatività e valore nel capitalismo delle reti, CAROCCI, Roma, 2004, pag Cfr. AZZARITI F., MAZZON P., Il valore della conoscenza. Teoria e pratica del knowledge management prossimo e venturo, ETAS, Milano, 2005, pag. 193

6 trasformazione materiale è ormai soltanto lo zoccolo di base su cui è cresciuta un economia dell immateriale diventata col tempo più importante e decisiva della sua matrice originaria. Da queste consapevolezze nasce il nostro lavoro. La tesi si suddivide in quattro capitoli, di cui l ultimo dedicato ad un case history: riteniamo, infatti, che una profonda comprensione degli aspetti teorici del knowledge management sia di fondamentale importanza per sapersi muovere all interno del nuovo contesto che si sta delineando, ma siamo fermamente convinti che la capacità di capire gli aspetti più profondi dello stesso possa avvenire unicamente stando dentro le organizzazioni e mettendo in atto le teorie e le tecniche che sono state fino ad ora elaborate. Vediamo più in dettaglio i contenuti dell elaborato. Il primo capitolo si dedica all analisi dei tratti salienti dell economia della conoscenza: la comprensione del fenomeno del knowledge management, ma soprattutto la giustificazione dell urgenza di gestire la conoscenza aziendale possono essere afferrati soltanto delineando il contesto macroeconomico all interno del quale ci troviamo a vivere, contesto che per le sue caratteristiche dimostra e spiega il perché sia ad oggi tanto importante mettere in atto pratiche di knowledge management. In particolar modo passeremo in rassegna, una possibile definizione del concetto di economia della conoscenza, per poi addentrarci nello studio dell evoluzione storica della stessa e dei principali contributi teorici che hanno caratterizzato lo sviluppo della disciplina. Verranno poi analizzate le proprietà, le caratteristiche, le anomalie e le originalità del nuovo motore del capitalismo cognitivo, alcune tassonomie della risorsa-conoscenza, per andare, quindi, a concludere con l analisi delle motivazioni che sottendono la nascita di un qualsiasi sistema di knowledge management. Il primo capitolo costituisce il framework di riferimento, o meglio il presupposto di base dell intero elaborato: esso consente di dare significatività alle tematiche affrontate e di avere la certezza che la nascita di una knowledge era non sia ascrivibile ad un fenomeno di scarsa rilevanza o ad una moda manageriale passeggera. La conoscenza e il sapere sono, ad oggi, effettivamente le uniche risorse su cui l impresa dovrebbe fondare le proprie strategie per l ottenimento di un successo durevole e stabile nel tempo 4. Il secondo capitolo, partendo appunto da questa consapevolezza, si dedica alle vere e proprie dinamiche del knowledge management. Anch esso apre con una possibile definizione della questione in oggetto, per poi affrontare ed analizzare il pensiero e gli studi di alcuni dei più importanti autori in materia, con particolare attenzione al modello di Nonaka e Takeuchi. Il capitolo prosegue poi con la descrizione dell impatto sull organizzazione d impresa derivante dall introduzione di sistemi di knowledge management e pertanto affronta le tematiche relative ai knowledge workers, alla learning organization, alle tecnologie di gestione della conoscenza e al modello di creazione del valore. La sezione si conclude, quindi, con un paragrafo dedicato ad alcuni aspetti più prettamente pratici della disciplina che concernono le fasi del ciclo di vita della conoscenza, i benefici che vengono addotti da pratiche di 4 Quando si parla di moda manageriale passeggera si fa riferimento a tutti quei fenomeni che presentano una durata non maggiore ai tre o quattro anni e che lasciano il campo senza apportare alcun beneficio significativo all assetto d impresa. Sicuramente non si tratta di aspetti che possono essere riferiti al knowledge management.

7 knowledge management e le cause che potrebbero decretare un possibile insuccesso dello stesso. La parte conclusiva del capitolo apre, in parte, la strada alla terza sezione. Il terzo capitolo esordisce, infatti, con alcune pagine dedicate ad una panoramica numerica in merito alla rilevanza del fenomeno knowledge management per addentrarsi poi nello studio della posizione europea ed italiana nella partita dell economia della conoscenza. L elaborato prosegue quindi con l esame di quello che abbiamo definito approccio soft alla gestione della conoscenza: approccio che riteniamo possa consentire alle imprese di scoprire alcune potenzialità nascoste di un sistema di knowledge management. Si parlerà, quindi, di sistemi di gestione della conoscenza come mezzi di apprendimento, come strumenti di marketing, come nodo di legame con il territorio e infine come sistemi di sviluppo dell innovazione e della creatività. Si tratta, a ben vedere, di un metodo nuovo ed originale di approcciare i saperi e le informazioni che permeano le nostre organizzazioni 5, che non mette in discussione i principi cardine del knowledge management ma che anzi, proprio partendo da questi, li migliora e li arricchisce di contenuti ed aspetti fin ora poco considerati, che potrebbero permettere di ottenere risultati ancor più positivi rispetto a quelli ottenuti in passato. Ovviamente non abbiamo la pretesa di aver elaborato un nuovo criterio o una nuova teoria del knowledge management, ma sicuramente va riconosciuto che abbiamo cercato di far emergere alcuni degli aspetti latenti di un sistema di gestione della conoscenza che rischierebbero altrimenti di essere sottovalutati. Il quarto capitolo, infine, si propone di dare valenza pratica a quanto teorizzato nelle parti precedenti del lavoro e prende quindi in esame un interessante caso di studio al quale ho avuto possibilità di partecipare in prima persona: la realizzazione di un sistema di gestione della conoscenza (iknow) da parte della società Nautes srl per l azienda iguzzini Illuminazione. Come accennato anche in precedenza il semplice racconto e la spiegazione delle tematiche del knowledge management non basta più, serve un valore aggiunto che dia concretezza e pragmaticità all approccio concettuale che verrà tratteggiato nei primi capitoli 6. Per questo motivo abbiamo deciso, nell ultima parte dell elaborato, di proporre ed analizzare un interessante caso di studio che completi e valorizzi gli aspetti teorici della disciplina. L esperienza che viene qui proposta non fa riferimento alla semplice descrizione di un case history già svolto, del quale ci limitiamo a descriverne le dinamiche, ma di un progetto appena nato e tutt ora in fase di evoluzione al quale ho avuto possibilità di partecipare direttamente. Durante lo stage della durata di due mesi che ho effettuato presso la società Nautes srl ho avuto l opportunità di partecipare in modo attivo alla realizzazione del sistema, potendo di fatto prendere parte a quella che è stata per me una splendida esperienza professionale e personale che, fortunatamente, continuerà anche dopo la laurea. 5 Quello che verrà trattato nel terzo capitolo è frutto di una nostra elaborazione a partire dagli studi compiuti in merito all argomento: abbiamo pensato ad un sistema di knowledge management non soltanto come sistema di gestione della conoscenza. 6 Non a caso ogni capitolo sarà accompagnato da molti esempi e casi pratici, proprio perché a nostro avviso il knowledge management deve essere più fatto che spiegato.

8 Il capitolo si articola nella seguente maniera: dopo una breve introduzione in merito alla storia e ai prodotti delle aziende coinvolte nel progetto (Nautes e iguzzini appunto), si prenderanno in esame i sistemi di knowledge management ad oggi esistenti presso l azienda illuminotecnica, per poi passare alla vera e propria analisi di iknow. Verranno descritti la strategia, il metodo e la tecnologia che sono stati progettati, i benefici attesi dal nuovo sistema, le fasi di realizzazione del progetto e, in coerenza con quanto espresso nel terzo capitolo, esamineremo i risvolti futuri e le potenzialità nascoste del nuovo applicativo. Le conclusioni del lavoro saranno dedicate al decretamento di un punto d arrivo del percorso che abbiamo compiuto. Da ultimo ci preme ricordare che il presente elaborato costituirà oggetto di pubblicazione all interno della rivista Economia & Management, in collaborazione con il Professor Azzariti e con il Professor Rullani dell Università Cà Foscari di Venezia, i quali hanno vagliato l elaborato e decretato che si tratta di un approccio del tutto originale al knowledge management che merita di essere oggetto di ulteriori approfondimenti. Parteciperò, inoltre, ad un convegno che si terrà il 23 Novembre 2007, nell ambito dell iniziativa Campionaria per le qualità italiane, sempre con il presente lavoro. Ulteriori pubblicazioni avverranno entro il 2007 sulla rivista Incontroluce dell azienda iguzzini e sul quotidiano Italia Oggi.

9 CAPITOLO PRIMO VERSO UNA KNOWLEDGE BASED ECONOMY Knowledge itself is power Bacone 1.1 La nascita di un nuovo capitalismo economico Il 70% del valore di una società come Philips non è contabilizzato, è invisibile, immateriale. E conoscenza, sostiene Di Benedetto, presidente e amministratore delegato di Philips Italia: In passato Philips focalizzava l attenzione sulla produzione materiale di prodotti tangibili. Adesso, invece, è la conoscenza ad essere il prodotto finito, l output del processo produttivo d azienda. Questa visione, di primo acchito un po insolita e curiosa dell organizzazione d azienda, costituisce in realtà il contesto all interno del quale gli odierni imprenditori devono sapersi muovere: la conoscenza è divenuta il più prezioso fattore produttivo da gestire, l unico in grado di consentire il raggiungimento di risultati eccellenti, il presupposto imprescindibile, insomma, della strategia di ogni realtà imprenditoriale. Lo stesso Benjamin Franklin sostiene che l investimento in conoscenza è quello che, oggi, paga il più alto tasso d interesse 7, per tutte le imprese e perfino Marshall, nei suoi studi, ha affrontato questo tema quando si è reso conto che il vero interesse dell economia risiedeva nella dinamica dei fatti e nelle conoscenze degli individui. Ancora molte sarebbero le citazioni da ricordare a tal proposito 8, ma quanto appena detto ci sembra sufficiente per giustificare il forte incremento d attenzione verso la nascita di un nuovo mondo, un mondo affascinante e complesso, difficile e concreto, talvolta incomprensibile e talaltra scontato: il mondo basato sull economia della conoscenza. Questo capitolo si propone proprio di analizzare quella che ad oggi viene definita knowledge based economy, attraverso un percorso semplice e lineare: dall analisi delle origini storiche della disciplina si passerà ad un attenta disamina delle caratteristiche della risorsa conoscenza, per poi concludere con le motivazioni che sottendono la necessità di gestire i saperi d azienda. Come già ribadito nell introduzione del lavoro il core element di questa trattazione è costituito dal knowledge management, nelle sue vesti pratiche e teoriche: riteniamo però, che una sua efficace comprensione ed analisi non possa prescindere dal contesto macroeconomico di riferimento. Capire in che cosa consiste l economia della conoscenza, quando essa ha avuto origine e tutti gli altri aspetti che verranno di seguito analizzati, costituisce il presupposto fondamentale nell approccio alla gestione dei saperi aziendali, il framework di riferimento che contestualizza e da significatività alla disciplina del knowledge management. Ecco perché dedicare alcune pagine del lavoro allo studio della knowledge based economy. L importanza dell argomento in questione è ormai palese, ma verrà ulteriormente ribadita nel corso del lavoro: Alla fine, scoperte, studi, articoli e dibattiti finiscono sempre per parlare di conoscenza 9. Non ci si può più permettere di ignorare la disciplina: si può essere più o meno d accordo con le interpretazioni della stessa; ma abbracciare i processi sottostanti l economia della conoscenza e le sue implicazioni per il sistema d azienda è divenuto un must, un obbligo al quale gli imprenditori non possono mancare se intendono procedere con successo nella loro attività. 7 Questa affermazione è tratta da un discorso pronunciato da Benjamin Franklin nel Egli fu uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d America che partecipò alla stesura di tutti e tre i più importanti documenti che hanno caratterizzato la storia degli USA. 8 Altre citazioni a riguardo verranno citate nel proseguio del lavoro. 9 Cfr. AZZARITI F., MAZZON P., Il valore della conoscenza. Teoria e pratica del knowledge management prossimo e venturo, ETAS, Milano, 2005, pag. 193

10 Il presente capitolo vuole offrire una breve ma chiara panoramica del contesto che ha dato origine e che tutt ora caratterizza un sistema di knowledge management Cosa si intende per economia della conoscenza? In linea generale, possiamo parlare di economia della conoscenza ogni volta che ci troviamo di fronte ad un segmento del sistema economico in cui il valore (utilità per i soggetti economici) viene prodotto attraverso la conoscenza 10. Più in particolare con il termine economia della conoscenza si intende 11 : - Un economia nella quale la quota di occupazione ad alta intensità di conoscenza è preponderante o comunque sensibilmente più alta rispetto al passato; - Un economia in cui il peso economico dei settori legati all informazione è diventato determinante; - Un economia in cui la quota di capitale intangibile nello stock di capitale totale è diventata maggiore di quella del capitale fisico. Analizziamo più approfonditamente ognuno di questi aspetti 12. In merito alle caratteristiche occupazionali, gli ultimi decenni si sono caratterizzati per una profonda trasformazione delle funzioni aziendali e del loro contenuto intrinseco. Esse sono diventate nella maggior parte dei casi lavoro cognitivo, in cui le risorse umane non trasformano più la materia prima, ma generano conoscenze innovative che con il loro impiego saranno usate per trasformare la materia in utilità e valore per il cliente. Il grafico seguente evidenzia questa tendenza per alcuni Paesi dell OCSE. Se la tendenza generale è assai evidente (il grafico mostra un marcato aumento della quota di lavoratori qualificati sul totale degli occupati), i fattori alla base di una distribuzione così marcata a favore del lavoro qualificato sono difficili da individuare in modo altrettanto preciso. Italia ( ) Francia ( ) Germania ( ) Stati Uniti ( ) Giappone ( ) Canada ( ) -0,5 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 lavoro non qualificato lavoro qualificato 10 La definizione è tratta da un intervista condotta dal Sole 24 ore ad Enzo Rullani, Tale definizione è tratta da: FORAY D., L economia della conoscenza, Il MULINO, Bologna, anno 2000, pag. 9. In realtà occorre considerare come molte sono le definizioni elaborate dagli studiosi e dagli autori in merito al significato di economia della conoscenza. La scelta di questa definizione (piuttosto che un altra) si giustifica per il fatto che è in grado di illustrare in modo più significativo e opportuno i tratti salienti e le caratteristiche rilevanti della disciplina. Per la sua completezza essa si configura come il manifesto di questa nuova materia. 12 L approfondimento dei tre punti appena citati è tratto da FORAY D., L economia della conoscenza, Il MULINO, Bologna, anno 2000, pag. 38. E proprio dalle trasformazioni intervenute in ambito macroeconomico che si comprende la nascita di una knowledge based economy e quindi anche la definizione appena citata di economia della conoscenza.

11 Grafico 1.1 Crescita dell occupazione per lavoratori qualificati e non qualificati Fonte: OCSE (1996) Certo è che le tecnologie dell informazione e della comunicazione favoriscono la sostituzione della manodopera non qualificata con quella qualificata, anche se in realtà non è sempre scontato: alcuni studi empirici dimostrano come l effetto degli investimenti in tecnologia dell informazione sulla dinamica dell occupazione siano molto variabili ed aleatori e dipendano, quindi, in misura rilevante dalla natura della tecnologia introdotta e dalla forma organizzativa scelta. Non esistono risultati univoci. Quindi per spiegare la crescita della quota di manodopera qualificata sull occupazione totale occorrono motivazioni più generali della semplice diffusione delle tecnologie informatiche; bisogna considerare l impatto dell avvento di una knowledge era che comporta una maggiore esigenza delle imprese in termini di competenze e attitudini. I knowledege workers rappresentano, attraverso le loro capacità e le loro conoscenze, il bene principale dell azienda e possono, a differenza dei lavoratori manuali addetti alla manifattura, possedere i mezzi di produzione: la conoscenza è immagazzinata nelle loro teste e possono quindi portarla con sé, ovunque vadano 13. Con riferimento al secondo aspetto sopra citato si coglie, invece, tutto il peso che la rivoluzione digitale iniziata già a partire dagli anni 70 ha esercitato sul nostro sistema economico. La nascita di nuovi strumenti in ambito comunicativo e di nuovi metodi di elaborazione delle informazioni ha innescato una forte crescita di imprese ad elevato contenuto di conoscenza. Come dimostra la figura Italia Australia Germania Olanda UE Regno Unito Norvegia Danimarca Svezia spesa pubblica per l'istruzione R&S software Grafico 2.1 Investimenti in conoscenza, 1995 (percentuale Pil) Fonte OECD (1999) Ai dati di questo grafico bisogna aggiungere alcune informazioni che riguardano la crescita annuale media delle voci analizzate, dal 1985 ad oggi. Spicca fra tutti la Danimarca con una crescita di investimenti in innovazione pari al 4.4%, seguita poi da Finlandia, Giappone, Norvegia e Stati Uniti che si attestano intorno al 3.7%. Dati poco confortanti per Olanda, Belgio e Italia che crescono rispettivamente al 0.9%, 0.1% e 1.3%. Gli altri Paesi si trovano in una situazione intermedia Tratto da: DRUCKER P. F., Il grande cambiamento, SPERLING & KUPFER, Una trattazione più approfondita dei knowledge worker e in particolar modo dei nuovi ruoli e delle nuove figure che sono nate con l avvento dell economia della conoscenza verrà effettuata nel capitolo Grazie ad alcuni recenti lavori dell OCSE si è giunti ad una certa stabilizzazione delle stime sulle categorie di investimento in conoscenza per un dato Paese o settore. La figura evidenzia le disparità tra Paesi OCSE in termini di investimento in istruzione pubblica, R&S, e programmi informatici. Ulteriori informazioni in merito allo stato di avanzamento e recepimento dell economia della conoscenza verranno trattati nel proseguo del lavoro. 15 In realtà si può affermare che c è una convergenza in termini di crescita annuale media degli investimenti suddetti per i Paesi dell OCSE. Dal 1985 ad oggi hanno speso in media tra l 8 e l 11% del loro PIL in investimenti legati alla conoscenza.

12 L ultimo aspetto che rimane da analizzare riguarda la nascita di una nuova economia, un economia destinata a rendere visibili e analizzabili i processi attraverso cui le conoscenze generano valore passando o meno attraverso la trasformazione materiale, nella consapevolezza che solo il patrimonio intangibile dell impresa costituisce fonte di successo per la stessa. La tabella n. 1.1 conferma quanto appena detto. Componenti dello stock reale Capitale tangibile totale Strutture e macchinari Stock Risorse naturali Capitale non tangibile totale Istruzione e formazione Saluta sicurezza mobilità Tab 1.1 Stock di capitale reale lordo negli stati Uniti. (mld di dollari) Fonte: Kendrik 1994 Mentre nel corso della metà del diciannovesimo secolo la crescita del capitale fisico ha contribuito per i due terzi all aumento della produttività del lavoro a livello mondiale, tale contributo nel ventesimo e ventunesimo secolo è sceso ad un valore tra un quarto e un quinto della crescita della produttività 16. Questa è l economia della conoscenza Alcuni pregiudizi da riconoscere e da correggere Dopo aver analizzato cos è l economia della conoscenza ed aver approfondito i tratti salienti della stessa disciplina occorre soffermarsi su cosa non è questa nuova realtà, o meglio con che cosa non deve essere confusa 17. Ne forniamo una breve illustrazione nella tabella seguente. L economia della conoscenza Non è Economia della ricerca né economia dell informazione (pregiudizio settoriale) Non è Economia dell innovazione (pregiudizio storico) Non va ad esclusivo vantaggio del produttore (pregiudizio competitivo) Non è solo produzione ma anche propagazione di conoscenza (pregiudizio epistemologico) 16 Kendrick mostra come lo stock di capitale intangibile diviene equivalente allo stock di capitale fisico intorno al 1973 e che esso è oggi largamente dominante. Kendrick dimostra inoltre come il rapporto tra capitale intangibile e capitale tangibile è più che raddoppiato tra il 1929 e il In particolar modo Rullani parla non soltanto di che cosa non è l economia della conoscenza ma anche della necessità di riconoscere e superare quattro pregiudizi sui quali gli studiosi e l intera società rischiano di inciampare, dando così luogo a rappresentazioni errate della nuova materia. I quattro pregiudizi sono: pregiudizio settoriale, pregiudizio storico, pregiudizio competitivo, pregiudizio epistemologico. Ognuno di essi verrà meglio analizzato nel proseguo del lavoro.

13 Tabella 2.1. Gli errori da evitare nella definizione di economia della conoscenza. Fonte: nostro adattamento ad uno schema proposto da RULLANI, Economia della conoscenza, CAROCCI, Roma, 2004 L economia della conoscenza non dovrebbe essere scambiata con l economia della ricerca, perché non ha come scopo principale la produzione di conoscenza tecnologica; a seconda del settore e dell impresa che vengono presi in considerazione la quota di ricerca formale sulla produzione totale di conoscenza può andare da enorme a trascurabile, e ovviamente altre attività possono svolgere un ruolo importante. Non c è ragione di ritenere che la conoscenza che conta sia soltanto quella che nasce nel sistema scientifico-tecnologico o nella sfera delle professionalità alte, intellettuali e teoriche. Anche le conoscenze pratiche che non hanno legittimità scientifico-intellettuale, costituiscono un sistema organizzato, hanno una capacità accumulativa e una dimensione economica non effimera. La loro presenza non è meno importante della conoscenza messa in circolo dalla tecnologia. Anzi, molto spesso è il sapere pratico che rende un sistema capace di evolvere cambiando la sua struttura e il suo comportamento in funzione delle necessità competitive di volta in volta incontrate. L economia della conoscenza non dovrebbe nemmeno essere confusa con l economia dell informazione perché lo scopo dell economia della conoscenza è lo studio della conoscenza come bene economico e non dell informazione in sé 18. Nella complessità dell ambiente in cui operiamo non bastano più i bit e i software destinati all intelligenza dei computer e delle macchine. Si necessita sempre dell intervento dell uomo e dell apprendimento tipico dell uomo 19. Il pericolo, in questo senso, è quello di non riuscire a superare quello che Rullani definisce pregiudizio settoriale, ovvero quel pregiudizio che non rende capaci di riconoscere che l economia della conoscenza riguarda tutta l economia attuale, non solo qualche settore specifico della stessa (ovvero quelli legati alla legittimazione scientifica e alla codificazione del sapere). Non esiste, come sostengono Gibbons e collaboratori (1994), un solo mode one di produzione della conoscenza, (che è quello che si appoggia ai settori high tech, e dell innovazione), ma anche un mode two, che ha un applicazione trans-disciplinare, facendo di fatto configurare la nuova economia come economia che riguarda tutto il mondo attuale. L economia della conoscenza non dovrebbe essere assimilata neanche all economia dell innovazione, visto che non è centrata esclusivamente sullo studio di condizioni, modalità ed effetti del cambiamento tecnologico ed organizzativo. Non cadere in questa confusione significa superare quello che Rullani definisce pregiudizio storico. O meglio. Gli attori del processo nell economia della conoscenza non sono solo i mitici innovatori schumpeteriani (in particolare gli imprenditori), ma tutti coloro che imparano qualcosa di nuovo, che prima o poi produrrà un effetto utile per l economia. Le proprietà tipiche della conoscenza emergono soltanto se si ha in mente il circuito cognitivo nel suo insieme. Esse scompaiono se questo circuito viene spezzato in singoli atti di innovazione, atomistici e indipendenti dal resto. La produzione di conoscenza è un fatto sociale, non del singolo e attiene al sistema culturale che sta a monte della singola impresa o del singolo settore che innova. Inoltre la dinamica della conoscenza non risponde soltanto all obiettivo utilitaristico di creare immediatamente valore (attraverso l atto di innovazione), ma ha anche altre finalità. Essa nasce dal passato, attraversa il futuro e si propaga nel presente (singolo atto di innovazione), ma non si ferma qui. Ancora due aspetti rimangono da analizzare. Uno è quello che Rullani definisce pregiudizio competitivo e l altro è quello che viene denominato pregiudizio epistemologico. Il primo si sostanzia in un sillogismo mai dimostrato, ma che molto spesso viene implicitamente assunto come valido da parte di studiosi ed operatori. Esso presuppone che, essendo la conoscenza la principale risorsa impiegata nella società della conoscenza 20, essa vada a vantaggio di chi la produce rispetto a chi la utilizza acquisendola da altri attraverso il mercato o per imitazione o per apprendimento dall esperienza altrui. Alcune recenti indagini hanno dimostrato però che le performance migliori sono avvenute in quei Paesi che sono entrati per 18 La distinzione tra conoscenza e informazione verrà trattata nel paragrafo Anche la mera replicazione di un informazione o di un programma richiede un processo di apprendimento che mette in campo elementi di incertezza, di valutazione, di chiarificazione e di azione da parte di uomini e gruppi di uomini. Ciò riduce gli spazi disponibili per l automatismo dell informazione e aumenta la capacità di propagazione della conoscenza. 20 Il concetto di produzione di conoscenza a mezzo di conoscenza verrà approfondito nel proseguo del lavoro.

14 ultimi, e proprio per questo hanno tratto maggior beneficio dalla moltiplicazione della conoscenza, grazie a pratiche imitative di varia natura. In poche parole si possono acquisire vantaggi nella gara competitiva sia producendo nuove conoscenze che lavorando nelle retrovie: non è affatto detto che la quota maggiore del valore tocchi al primo (produttore), rispetto al secondo (utilizzatore). Tutto questo è particolarmente vero se si considera come, ad oggi, il sapere sia meno firm specific rispetto al passato. L investimento hard in tecnologia è altamente aleatorio, quanto a convenienza e vantaggi competitivi e molto spesso tende a produrre benefici a favore dei follower e degli users, ovvero di chi sa usare bene la conoscenza degli altri 21. L ultimo pregiudizio da cui occorre liberarsi è di tipo epistemologico e consiste nel primato attribuito alla ricerca di nuova conoscenza rispetto alla propagazione della conoscenza disponibile. Ma anche in questo caso opporre la produzione alla diffusione risulta molto spesso una guerra di religione, poiché se prendiamo per esempio due sistemi Paese come gli Stati Uniti e il Giappone, è noto a tutti che quest ultimo è cresciuto, nel secondo dopoguerra, con vantaggi competitivi notevoli, grazie dapprima ad un ossessiva copiatura e poi a un miglioramento incrementale. Ma allargando la prospettiva a un economia della conoscenza è quasi ovvio che la propagazione è il terreno sul quale si gioca la vera partita, soprattutto in un economia interconnessa e globalizzata come quella odierna. La propagazione di conoscenza consente di portare a maturità il ciclo di vita della stessa attraverso lo sfruttamento sistematico dello stock esistente e attraverso ricombinazioni originali delle conoscenze. Non si parla più soltanto di exploration (del nuovo), ma anche expliotation (ri-uso) e extraction (del profitto) da conoscenze già esistenti 22. Il miglior uso della nuova conoscenza è il suo impiego come stimolo e occasione per l acquisizione di nuovo sapere Perché si parla soltanto ora di capitalismo cognitivo? Questo breve paragrafo ha l intento di rispondere ad un quesito che tutti gli economisti e gli studiosi dell economia della conoscenza si sono posti almeno una volta addentrandosi nell applicazione della materia 23. L enigma in questione può essere agevolmente riassunto con la seguente espressione: Economia della conoscenza: radicalmente nuova o dejà vu? (volendo dirla con le parole di Rullani). Essa sembra essere apparentemente una scoperta o un invenzione degli ultimi anni, ma in realtà la conoscenza è sempre stata una risorsa importante ai fini della produzione. Una risorsa sempre nuova, sorprendente, ma al contempo che affonda le sue radici nel vecchio, nel già noto 24. Analizzando il carattere di novità della disciplina, occorre fare riferimento a due grandi cambiamenti che sono avvenuti negli ultimi anni: - Sono enormemente aumentati gli investimenti fatti nella produzione e nella trasmissione delle conoscenze (istruzione, formazione, R&S, management) 25 ; - Si sono grandemente ridotti i costi di codificazione, trasmissione e acquisizione delle conoscenze grazie al recente progresso tecnologico (ICT, Internet) 26. Ma in realtà la conoscenza, come sostengono gli scettici, non è così nuova come può sembrare a prima vista. Essa è sempre stata un elemento fondamentale della vita dell uomo e dunque anche della sua economia. Basti pensare che perfino la produzione dell homo sapiens è stata considerata un attività sapiente, perché si distingueva da tutte le altre attività produttive, naturali o animali, in quanto impiegava nel lavoro le capacità intellettuali del cervello umano. 21 Questa considerazione è tratta da: AZZARITI F., MAZZON P., Il valore della conoscenza. Teoria e pratica del knowledge management prossimo e venturo, ETAS, Milano, 2005, pag Questi termini sono stati proposti da March, La produzione di conoscenza è legata infatti alla propagazione della stessa non solo dall ovvia necessità di ripagare il costo del produttore, ma anche perché avanzamenti importanti nel sapere sono effettuati dalla capacità di muoversi in campo aperto senza obiettivi troppo vincolanti, potendo così trovare cose molto diverse da quelle inizialmente cercate. 23 Verrà demandato al paragrafo successivo lo studio particolareggiato del ruolo della conoscenza nel corso della storia. Si è ritenuto opportuno dedicare un paragrafo alla nascita dell economia della conoscenza poiché essa non risulta esse particolarmente chiara e semplice da comprendere. 24 Cfr. RULLANI E., L economia della conoscenza, CAROCCI, Roma, anno 2004, pag Si vedano le tabelle e i grafici illustrati nel paragrafo Cfr. FORAY D., L economia delal conoscenza, IL MULINO, Bologna, anno 2000, pag. 9

15 Partendo da questi presupposti, la tesi che si propone in questo elaborato costituisce una sintesi, o meglio una diversa visione del dualismo appena delineato. E nel momento in cui la conoscenza diventa il principale motore dell economia moderna che siamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione, destinata ad incidere profondamente sulla pratica e sulla teoria economica 27. L economia della conoscenza non si limita a vestire con abiti nuovi la consueta economia delle merci, ma introduce davvero qualcosa di radicalmente innovativo nel meccanismo di produzione del valore, cambiando il funzionamento dell inner core del sistema economico. La novità non è che la conoscenza produce valore ma che lo produce in altro modo. Pertanto, come si vedrà in seguito, non è vero che la conoscenza non è esistita fino a questo momento, ma soltanto che la sua gestione avveniva in modo inconsapevole e senza considerare l importanza della relazione tra conoscenza e valore. Tuttavia il nuovo che abbiamo di fronte non è la soluzione a tutti i problemi e i dilemmi nati nella società industriale. Semmai è fonte di nuovi conflitti che i futuri economisti e imprenditori dovranno essere in grado di risolvere. Detto questo rimane ora da sciogliere un altro fondamentale quesito: Perché si scopre ora e soltanto ora l uso della conoscenza come forza produttiva, quando, come appena detto, essa ha caratterizzato tutta la storia della modernità industriale? Ci sono almeno due rilevanti ragioni 28. Prima di tutto il ritardo ha a che fare con le difficoltà che si incontrano nel ricondurre la conoscenza entro i canoni disciplinari prescelti dall economia tradizionale. L economia (intesa nel senso più classico e letterale del termine) nasce con un programma scientifico deterministico, che sta seguendo tutt ora 29. La conoscenza, invece, è intrinsecamente complessa, non deterministica. L economia della conoscenza non può stabilirsi fin dall inizio come disciplina adeguata a rappresentare il capitalismo industriale perché le due polarità del suo oggetto (l economia da una parte e la conoscenza dall altra) si contraddicono sul terreno metodologico. Una sua accettazione e comprensione è un passo che ha richiesto del tempo. La seconda ragione rilevante risiede nei cambiamenti succedutisi nel mondo economico. Essi possono essere sintetizzati in tre fattori principali ed hanno di fatto confermato la necessità di leggere il mondo economico in chiave cognitiva. Si fa riferimento a: - La velocità del mutamento tecnologico, - La globalizzazione dell economia, - L incremento della competizione fra le organizzazioni. L economia della conoscenza comincia dunque ad operare due secoli e mezzo fa, attraverso la meccanizzazione, per svilupparsi poi nel fordismo, nell economia dei distretti, nella new economy. Oggi ereditiamo tutto questo. Non possiamo dunque dire che sia una novità. Il capitalismo moderno è stato, è sempre stato, un economia della conoscenza, nel senso che il valore è stato prodotto, in gran parte, dalla propagazione e degli usi delle conoscenze disponibili. Vediamo ora, in maniera più approfondita, l iter logico-storico che l economia della conoscenza ha compiuto nel corso del tempo Il sentiero di sviluppo della nuova disciplina Scopo di questo paragrafo è quello di fornire un breve excursus storico e logico sul ruolo che la risorsa conoscenza ha avuto nel corso del tempo, a partire dall economia pre-moderna per arrivare alla net economy dei nostri giorni. In ogni periodo storico preso in considerazione verranno analizzati brevemente i più importanti contributi teorici in merito. Uno schema renderà più agevole la lettura dell intero paragrafo. 27 La conoscenza così come noi oggi la intendiamo diventa vera e propria forza produttiva fondamentale solo con l età moderna, verso la fine degli anni 90 (come si vedrà meglio nel seguito del lavoro). 28 Le motivazioni per cui si scopre solo ora l economia della conoscenza sono state riprese e adattate da quanto sostenuto e affermato da RULLANI E., L economia della conoscenza, CAROCCI, Roma, 2004, pag. 285 e AZZARITI F., MAZZON P., Il valore della conoscenza. Teoria e pratica del knowledge management prossimo e venturo, ETAS, Milano, 2005, pag Con il termine programma deterministico si intende un programma per cui le variabili ambientali sono razionalmente governabili, un programma basato su tecniche di produzione ripetitive che tendono a ridurre i livelli di complessità.

16 PERIODO STORICO Economia pre-moderna Capitalismo liberale Economia fordista Economia post-fordista Economia cognitiva STILE DI CONOSCENZA Sistema apprendista-maestro Meccanizzazione del sapere Conoscenza firm specific Condivisione del sapere Digitalizzazione e globalizzazione della conoscenza Tab. 3.1 La suddivisione storica dell economia della conoscenza. Fonte: nostro adattamento da RULLANI, La fabbrica dell immateriale, CAROCCI, Roma, 2005, pag. 133 Analizziamo ora ognuno di questi aspetti 30. Nell economia pre-moderna, prevalgono le conoscenze empiriche di natura strettamente personale, ricavate dalla tradizione. Esse sono sedimentate nelle pratiche professionali e vengono trasmesse di persona in persona tramite l apprendistato diretto. In questo modo, oltre alle conoscenze di base, vengono propagati anche quei modi di lavorare e quei piccoli segreti che ogni maestro, o comunque ogni persona esperta di un mestiere, aveva imparato nel corso degli anni di pratica 31. Tutto cambia con l avvento del capitalismo liberale. La rivoluzione industriale di inizio 800 accelera fortemente l utilizzo del sapere scientifico meccanizzando la produzione delle aziende e utilizzando la forza-vapore come energia di base. Si vuole far fronte, in questo periodo, al paradigma di apprendimento diretto dell epoca precedente, andando ad incorporare tutto il sapere presente in azienda (nella mente delle persone) all interno delle macchine, che vengono, pertanto, considerate il nucleo portante dell intera economia 32. L utilizzo, poi, dell energia elettrica e delle tecnologie legate all uso del petrolio tra la fine del 800 e i primi del 900 inaugurano un nuovo periodo di sviluppo capitalistico che assumerà la forma dell impresa fordista 33. Essa nasce anche e soprattutto dalla consapevolezza che le macchine del capitalismo liberale non possono essere impiegate per lo svolgimento di operazioni complesse e quindi per produrre, oramai, la maggior parte degli oggetti di consumo e la maggior parte dei servizi richiesti. Essi sono troppo 30 Consapevoli che la vastità dei contributi teorici in merito impedisce una trattazione completa degli stessi, gli autori e le considerazioni che verranno approfonditi sono quelli che più di altri hanno contribuito alla nascita di questa nuova economia. A conferma dell impostazione che abbiamo dato al paragrafo accorre un articolo pubblicato dalla Harward Business Review ( ), che distingue cinque fasi consecutive nell evoluzione della teoria della gestione: management scientifico (dal 1922 al 1946), marketing e diversificazione (dal 1946 al 1960), strategia e cambiamento sociale (dal 1960 al 1972), sfida competitiva e ristrutturazione (dal 1972 al 1988), globalizzazione e conoscenza (dal 1988 al?). L impostazione che viene abbracciata in questo paragrafo è piuttosto particolare. Di solito vengono elencate le fasi storiche dello sviluppo della disciplina e distaccatamente gli autori che hanno contribuito alla stessa. In quest ambito abbiamo voluto conciliare i due aspetti per comprendere meglio l intero lavoro. 31 BOTTIN A.., Il knowledge management, anno Nel capitalismo liberale ritroviamo il contributo di Schumpeter, che con il termine di innovazione spiegato nel testo: Teoria dello sviluppo economico, intende anche l utilizzo di nuovi macchinari, nuove tecnologie oltre che nuovi prodotti, apertura di nuovi mercati e introduzione di nuove modalità organizzative. 33 Tratto dal primo workshop sull Economia della conoscenza tenutosi a Ravenna nel Novembre del 2002

17 intricati per poter essere fabbricati dalle macchine rigide e ripetitive messe a punto dal capitalismo liberale. La fabbrica fordista si caratterizza per alcuni aspetti fondamentali: - La produzione di massa, - La parcellizzazione del lavoro, - La struttura verticale della catena di produzione, - L organizzazione fortemente gerarchica, - La catena di montaggio. Il fordismo, grazie a questo tipo di organizzazione, realizza un regime di uso della conoscenza che lo contraddistingue nettamente dal paradigma precedente, ma che costituisce al contempo il suo principale limite, il motivo per cui si necessiterà di andare al di là del paradigma taylorista 34. Le conoscenze in quest ambito hanno natura firm specific e pertanto la loro propagazione è estesa solo ed esclusivamente all interno dell azienda. Il loro uso rimane gelosamente salvaguardato inside the factory wall. E questo, inoltre, il periodo 35 in cui si esprimono: Hayek (The use of knowledge in society, 1945) e Penrose (Theory of the growth of the firm, 1959). Hayek ha trattato i problemi posti dalla diffusione di massa della conoscenza (volendo, quindi, in qualche modo far fronte all esclusività del paradigma appena citato) e dell impossibilità di trasferire la conoscenza a un agenzia di pianificazione centralizzata. Egli identifica due principali livelli di possesso della conoscenza: quello personale, dove risiedono le notizie e le informazioni sui fatti, cose o avvenimenti, e quello di mercato, dove interagisce e viene sintetizzata tutta la conoscenza distribuita tra i singoli. La Penrose invece mette in evidenza l importanza delle risorse umane e di quelle materiali nel servizio che rendono quando una conoscenza adeguata le mette in movimento. L autrice distingue tra esperienza, vale a dire la conoscenza non accessibile a tutti, perché specifica di un contesto e conoscenza oggettiva, ossia l insieme delle nozioni e delle informazioni che giungono a tutti i membri di una comunità in modo univoco e codificato 36. L importanza di questi contributi teorici non può essere messa in discussione. Ciò che, invece, è stato oggetto di successivo dibattito concerne i limiti connessi al modello fordista: il processo dell interiorizzazione delle conoscenze non funziona più. Il punto di svolta si è avuto, quindi, con la crisi del fordismo, quando il sapere produttivo ha iniziato ad assumere forma socialmente distribuita. Le conoscenze hanno cioè cominciato a fluire nello spazio 37. Esse sono uscite dal recinto in cui erano state confinate, cominciando a manifestare il loro carattere distribuito, fluido, pervasivo, separandosi dai supporti materiali del passato e presentandosi nella loro autonomia di risorse distinte che vengono prodotte, scambiate, vendute, acquistate, imitate, condivise ed impiegate secondo leggi che eccedono o contraddicono il concetto tradizionale di merce 38. Inizia così una 34 E in questo periodo che si parla di Management scientifico: la conoscenza è applicata al lavoro umano e alla progettazione dei processi lavorativi (per esempio attraverso l analisi del lavoro e gli studi su tempi e metodi ), vi è separazione tra pianificazione ed esecuzione del lavoro, la semplificazione e standardizzazione dei compiti, l individuazione della migliore modalità di esecuzione dei processi lavorativi. I principi del Management Scientifico sono ancora oggi applicati in settori quali fast foods e call centres. 35 Il fordismo ricopre gli anni che vanno dal primo decennio del Novecento fino alla fine degli anni La Penrose è in realtà il precursore della Resourece based Theory, filone diffusosi a partire dagli anni 80, il quale sostiene che il vantaggio competitivo dell impresa si fonda sulle competenze e capacità distintive che ogni azienda possiede al suo interno. Secondo questa teoria l impresa è una collection of resources ottenute dalla esperienza e dalla conoscenza accumulata. Essa si è poi evoluta diventando knowledge based theory. 37 La crisi del fordismo e l ingesso del post-fordismo sono stati ripresi e adattati da: RULLANI E., La fabbrica dell immateriale, CAROCCI, Roma, 2005, pag E a questo particolare momento che molti autori fanno risalire la nascita dell economia della conoscenza. Ovvero quando ci si libera dal paradigma fordista. Essa naturalmente non rimarrà immutata

18 nuova era: quella che viene comunemente chiamata la fase del capitalismo post-fordista o reticolare. Post-fordismo significa: - Produzione snella, - Piccola e media impresa (la quale può tranquillamente rimanere tale senza ostacolare la propagazione delle conoscenze perché la contiguità fisica e culturale del sistema consente di specializzarsi nelle filiere), - Lavoro indipendente e individualizzazione del lavoro, - Territorio come fabbrica diffusa (esso costituisce il contesto comune, il legame che consente alle imprese relazionarsi tra loro) 39. La crescita sempre più appariscente di innovazioni che deriva dall uso più accentuato di conoscenza spinge a poco a poco le imprese a rompere l integrazione verticale delle fasi di produzione per concentrarsi sempre più su elementi di core business, lasciando ad altri soggetti lo sviluppo delle fasi precedentemente internalizzate (lean production). La struttura gerarchica comincia a sfaldarrsi e diventano molto più efficienti strutture organizzative di tipo reticolare. I distretti industriali costituiscono una delle espressioni più significative di questo periodo. Come per il modello fordista, anche in quest ambito vanno ricordati alcuni contributi teorici: Simon (Adaption Theories, 1978), Machlup (Knowledge and knowledge production, 1980) e Richardson (The organization of industry, 1972). Simon ha studiato molti dei temi propri dell economia della conoscenza, come il ruolo della memorizzazione nei processi di apprendimento, e può a giusto titolo essere considerato il vero precursore dell economia legata alla tecnologia dell informazione. In coerenza con l approccio territoriale dell economia post-fordista egli evidenzia due tipi di conoscenza/razionalità. Quella sostantiva e quella procedurale. La prima rappresenta la consapevolezza che le azioni scelte rispondono alle esigenze contingenti d impresa. La seconda individua l efficacia nei processi di scelta alla luce delle opzioni possibili e dei limiti cognitivi umani. Egli rappresenta l organizzazione come una macchina che processa informazioni e che consente di alleggerire il lavoro dell uomo. Il lavoro di Machlup si applica, invece, ad un ambito molto vasto. Ciò deriva da una concezione estremamente estesa dell economia della conoscenza, che comprende i problemi dell informazione, e conseguentemente i problemi legati alla teoria delle decisioni. Definendo l informazione come un tipo particolare di conoscenza, Machlup si trova in modo naturale ad estendere il proprio campo di investigazione fino a definire come economia della conoscenza non solo l analisi dei settori dell informazione, l esame della produzione di nuova conoscenza e lo studio dei meccanismi di acquisizione e trasferimento delle competenze (andando talaltro ad aggiungere alle categorie del knowhow e del know-that anche quella del know-what), ma anche l indagine sul vasto ambito della teoria delle decisioni e delle aspettative in situazioni di incertezza e di incompletezza dell informazione. Il contributo di Richardson infine è particolarmente interessante da analizzare, essendo il primo ad introdurre il concetto di capacità (capability), identificando la stessa come l insieme di conoscenze, nel corso del tempo, ma come si vedrà nel proseguo del paragrafo si andrà pian piano modificando per giungere a quello che noi oggi definiamo capitalismo cognitivo. 39 Una trattazione più specifica, o meglio una chiave diversa di lettura della variabile territorio verrà effettuata nel terzo capitolo.

19 esperienze ed abilità combinabili nello svolgimento dei processi produttivi 40. Secondo l autore esse sono diffuse in modo eterogeneo per cui è opportuno operare una divisione del lavoro, proprio in ragione delle capacità su cui ciascuna impresa possiede un vantaggio comparato. Se è vero, come sopra citato, che esiste un divide che separa l economia fordista dall economia territoriale/postfordista, è che cambia il ruolo della conoscenza, estraendola dal chiuso delle organizzazioni proprietarie e mettendola in circolazione nei territori e tra i territori, è anche vero che questo divide diventa più profondo e irreversibile con l avvento della rete di comunicazione a distanza (Internet), che trasforma i luoghi in piattaforme di interazione con altri luoghi, aprendo i circuiti territoriali all economia globale 41. Con questo processo attivatosi alla fine degli anni 80 si apre di fatto l ultima fase dell iter logico che abbiamo fin qui descritto: la fase del capitalismo cognitivo. Internet, le tecnologie ICT, la globalizzazione permettono una propagazione della conoscenza istantanea e globale. Cambia pertanto con esse il modo di operare delle economie e della vita individuale e sociale di ciascuno. Il concetto di distanza e di mercato locale vengono radicalmente trasformati. In questo modo si arriva al superamento del più grande limite dell economia post-fordista: il confinamento della conoscenza all interno dell area locale di operatività dell impresa e la necessaria ed eccessiva focalizzazione sulla materialità dei beni prodotti. Nell economia cognitiva 42 la logica industriale fondata sulla produzione materiale arretra: il nuovo luogo di creazione del valore non è più l impresa, ma la società, la cooperazione, gli accordi. I prodotti sono sempre più intangibili, usa e getta e sostituibili. L economia delle materie prime, dei fattori produttivi capitale, terra e lavoro è stata soppiantata dall economia della conoscenza. O meglio. Il lavoro e il capitale, ritenuti dagli economisti classici gli elementi fondanti alla base della produttività, devono essere riletti con un approccio di tipo cognitivista: il lavoro infatti tende a diventare lavoro intellettuale (e di conseguenza i lavoratori diventano sempre più knowledge workers), mentre il capitale assume la forma di asset immateriale (brevetti, marchi, saper fare). Il fatto di vivere nell era della conoscenza, è ormai una certezza. Studi, incontri, dibattiti, articoli hanno evidenziato che il valore di un azienda non è soltanto la somma dei suoi asset fisici (impianti, macchine, stabilimenti), ma è costituito soprattutto da elementi intangibili o di natura immateriale, cioè dallo stock di conoscenze possedute dall organizzazione nel suo insieme (competenze distintive, capacità operative, know how, etc ) 43. Con questa affermazione si può dire che il cerchio è chiuso : abbiamo spiegato la nascita dell economia della conoscenza. 40 E il periodo in cui si inizia a diffondere la resource based theory. Richardson non può essere propriamente considerato uno dei padri fondatori di questo filone, ma sicuramente egli propone un impostazione del lavoro coerente con l approccio resource based. 41 RULLANI E., La fabbrica dell immateriale, Carocci, Roma, 2005, pag Il termine economia cognitiva è stato coniato da Rullani e reso formale dopo l attribuzione del premio Nobel agli economisti Venron Smith e Kahnemam nel A testimonianza di quanto appena asserito sembra utile citare il contributo di un autore odierno: Volle (Economia della conoscenza ed economia delle reti di comunicazione, 2001). Egli sostiene che la conoscenza è il fattore di produzione essenziale, il vero patrimonio di ogni impresa. La ricchezza delle aziende risiede nelle conoscenze accumulate e disponibili. Da qui egli teorizza il passaggio e l avvento di una nuova economia. Oltre al contributo appena citato occorre ricordare come molte teorie sono state elaborate in questi ultimi anni in merito all economia della conoscenza, ognuna valida in sé ma molto differente dalle altre. Sicuramente un contributo fondamentale è quello di Rullani (L economia della conoscenza, 2004 e La fabbrica dell immateriale, 2005) in merito alla teoria di creazione del valore (di cui verrà effettuata trattazione nel 1.2.4), nonché quello di Nonaka e Tacheuci che verrà approfondito nel secondo capitolo.

20 1.2 La conoscenza come fattore produttivo: proprietà e originalità Molto spesso la conoscenza (dal greco epistème, conoscenza) viene presentata come un concetto self evident, che non ha bisogno di ulteriori specificazioni. Per chi si addentra nello studio della materia, infatti, è sorprendente constatare quanto poco definita sia la nozione di conoscenza, nonostante tutti i riferimenti che si fanno ad essa come risorsa chiave della società e dell economia contemporanea. A nostro avviso però nulla può essere dato per scontato, specialmente quando si parla di una nuova risorsa della quale si conosce ancora ben poco. L Oxford English Dictionary, definisce la conoscenza nel seguente modo: The fact of knowing a thing; familiarity gained by experience; acquaintance with a fact; consciousness of anything; intellectual acquaintance with, or perception of, fact or truth, certain mental apprehension; the fact, state, or condition of understanding. The sum of what is known 44. Un ulteriore definizione di conoscenza, che ci sembra utile riportare è la seguente 45. La conoscenza è: - Consapevolezza, ovvero coscienza acquisita nel tempo e nello spazio che deriva da un processo continuo di apprendimento basato sull acquisizione di nozioni sul piano logico e dell esperienza, - Utilizzo efficiente di dati e informazioni, insieme alle potenziali capacità e competenze, idee, intuizioni, esperienze, commenti e motivazioni delle persone. Essa, inoltre è: - Presente nelle idee, attitudini e consuetudini, esperienze, talento, relazioni, percezioni, concetti, ed è immagazzinata nelle menti delle persone, nei processi, documenti, prodotti e servizi, - E l utilizzo del capitale intellettuale. Avere la consapevolezza di quanto appena citato significa riconoscere che: La conoscenza aziendale è il fulcro delle operazioni d azienda, costituendo la base sulla quale gli operatori economici possono formare obiettivi, prendere decisioni e sviluppare conseguenti operazioni. La conoscenza è rappresentata tanto da elementi ben identificabili come i brevetti, quanto da elementi privi di una forma specifica, come contatti con interlocutori ambientali o procedure consolidate di svolgimento dei processi 46. Dopo questa breve ma doverosa introduzione andiamo ad analizzare più in dettaglio le caratteristiche del nuovo motore del capitalismo cognitivo Dati, informazioni e conoscenza Knowledge is different from information esordisce Verna Allee, nella sua opera del Questa considerazione apparentemente banale e scontata è in realtà fondamentale per circoscrivere il significato e l ambito di applicazione della risorsa conoscenza. Una risorsa che troppo spesso viene configurata come una black box, come un qualcosa di indistinto e complesso all interno del quale far confluire significati eterogenei e poco chiari. Presentiamo nella pagina successiva uno schema utile per comprendere il senso della risorsa conoscenza. 44 Il fatto di sapere una cosa, la familiarità acquisita con l esperienza, la conoscenza di un fatto, la coscienza di qualche cosa, l apprendimento intellettuale o la percezione di un fatto o di una verità, la comprensione mentale certa, il fatto, lo stato o la condizione di comprendere. La somma di ciò che è conosciuto. 45 Questa ulteriore definizione è stata da noi elaborata sulla base dell analisi di diversi contributi teorici, fra cui quello di Rullani, Quagli, e Foray. 46 Tratto da AZZARITI F., MAZZON P., Il valore delal conoscenza. Teoria e pratica del knowledge management prossimo e venturo, ETAS, 2005, Pag.10

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