2 Alcuni elementi di Teoria degli insiemi e di Logica matematica

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1 ISTITUZIONI DI MATEMATICA e APPLICAZIONI per L URBANISTICA prima parte Elementi di insiemistica, logica, algebra lineare e geometria piana a.a. 2015/16 Luigi Serena 1

2 1 Premessa Queste note raccolgono gli argomenti delle lezioni del corso di Istituzioni di Matematica e Applicazioni per l Urbanistica. La prima parte inizia con alcuni richiami di teoria degli insiemi e logica matematica, utili per la comprensione degli argomenti successivi. Vengono successivamente richiamate le proprietà dei numeri razionali e reali rispetto alle operazioni di somma e moltiplicazione. Sono quindi studiati i sistemi lineari utilizzando il linguaggio matriciale e sono poi forniti alcuni elementi di calcolo vettoriale con applicazioni alla geometria. La seconda parte concerne principalmente lo studio di elementi di calcolo differenziale delle funzioni reali di una variabile reale. Questo argomento è sostanzialmente il linguaggio base per l analisi di molte tematiche che si presentano nelle scienze applicate. Nella terza parte si forniscono infine alcuni elementi di statistica e calcolo delle probabilità che sono utili nello studio di argomenti di urbanistica. Infine un invito allo studente che sa di avere alcune lacune nella propria preparazione di base: si ricordi che non esistono scorciatoie nell acquisizione delle conoscenze e che le eventuali lacune tornano sempre a galla, specialmente negli esami. Quindi un consiglio: quando ci si accorge di non sapere un argomento, si fa un passo indietro e si va a consultare un libro che lo contenga o si chiede chiarimento al docente. 2

3 2 Alcuni elementi di Teoria degli insiemi e di Logica matematica Iniziamo questa parte richiamando alcuni concetti di teoria degli insiemi 1 che lo studente ha già incontrato durante gli studi svolti nelle scuole secondarie. Questa teoria, che riguarda i fondamenti della Matematica, non è, in generale, di facile assimilazione, ma in queste note svilupperemo solo parte della cosiddetta Teoria ingenua degli insiemi che non presenta troppe difficoltà e che può essere vista come un utile linguaggio per trattare questioni di algebra, di analisi e di geometria. Consideriamo i concetti di insieme, di elemento e di proprietà come primitivi, cioè non definibili mediante altri concetti. Possiamo pensare un insieme come una collezione (oppure gruppo, aggregato, famiglia, collezione etc.) di oggetti ben determinati, che sono detti elementi dell insieme. Esempi 2.1 L insieme dei numeri naturali, l insieme dei numeri interi, l insieme dei numeri razionali, l insieme dei numeri reali (indicati rispettivamente con Nl, Z, Ql, Rl ), l insieme delle città italiane, l insieme degli studenti della Scuola di Architettura di Firenze, l insieme degli studenti del primo anno della Scuola di Architettura di Firenze etc. Gli insiemi vengono indicati con lettere latine maiuscole, mentre gli elementi si scrivono con lettere latine minuscole. Specifichiamo un insieme o elencandone gli elementi o fissandone delle proprietà che li caratterizzano nell insieme stesso. Esempi 2.2 A = {2, 3, 5}, A = {x : x è un numero primo minore o uguale a 5} Per indicare che un elemento a appartiene (sta in) ad un insieme A scriviamo a A. 2 Se invece a non appartiene ad A si scrive a / A. Esempi Nl ; 2 3 / Nl. Due insiemi A e B sono uguali se consistono degli stessi elementi e in tal caso si scrive A = B. In caso contrario gli insiemi si dicono diversi e si scrive A B. Un modo per rappresentare gli insiemi consiste nei cosiddetti diagrammi di Eulero-Venn in cui un insieme è rappresentato da una regione del piano delimitata da una linea chiusa 1 L introduzione della teoria degli insiemi si deve al matematico tedesco George Cantor ( ) 2 L introduzione del simbolo si deve al matematico italiano Giuseppe Peano ( ). Il simbolo deriva dalla lettera greca ε che è l iniziale del verbo εστι = sta 3

4 Figura 1: Diagramma di Eulero-Venn. a A, b / A 2.1 Qualche elemento di logica matematica Proposizione Spesso nel linguaggio comune utilizziamo espressioni che possono dar luogo ad interpretazioni ambigue. In matematica vogliamo evitare ciò. Per questo motivo, in questo capitolo, forniamo succintamente qualche elemento di logica matematica che servirà nella comprensione delle deduzioni logiche. Nella logica matematica una frase del tipo Anna ha i capelli biondi viene detta affermazione ( o anche enunciato o asserzione). Un affermazione è una frase di cui possiamo asserire con certezza che è vera oppure è falsa. Non dobbiamo preoccuparci che sia vera oppure falsa, ma solamente del fatto che sia soddisfatta una delle due condizioni. Per esempio le frasi 2 < 3 e 5 2 = 7 sono due asserzioni di cui la prima è vera mentre la seconda è falsa. Una frase interrogativa oppure esclamativa non è un asserzione. Nella logica matematica un espressione che contenga delle variabili prende il nome di predicato. Per esempio la frase x è un numero intero minore di 20 è un predicato). Per evitare di dover sempre distinguere tra i concetti di asserzione e predicato, in questa parte delle note useremo talvolta la parola proposizione che potrà indicare un asserzione oppure un predicato. Nel pa- 4

5 ragrafo 2.2, dove tratteremo di tavole verità, useremo la parola asserzione come comunemente si fa in Logica matematica. Dovendo fornire regole per la composizione delle proposizioni, abbiamo bisogno di simboli per rappresentare in modo sintetico le formule proposizionali. Per questo motivo indicheremo le proposizioni con lettere greche Implicazioni ed equivalenze Siano α e β due proposizioni. La scrittura α β si legge La proposizione β è conseguenza della proposizione α o anche α implica β. La scrittura α β si legge La proposizione α è equivalente alla proposizione β o anche vale α se e solo se vale β. (Oppure condizione necessaria e sufficiente affinché valga α è che valga β ). Due proposizioni α e β sono equivalenti se e solo se sono entrambe vere oppure entrambe false. Esempi 2.4 α = Giorgio è uno studente del primo anno del corso di laurea in Architettura quinquennale. β = Giorgio è uno studente della Scuola di Architettura. Allora α β. Osserviamo che non possiamo scrivere α β perché ci sono studenti di Architettura che frequentano corsi successivi al primo o diversi dal corso di laurea in Architettura quinquennale. α : 1 è soluzione dell equazione x + 1 = 0. β : 1 è soluzione dell equazione x 2 1 = 0. Allora α β. α : Esiste un intero positivo che è soluzione dell equazione x 2 4 = 0 β : Esiste un numero intero positivo che è soluzione dell equazione x 3 4x = 0. Allora α β. Infatti x 3 4x = 0 (x 2 4)x = 0 ed il numero 2 è soluzione di x 3 4x = 0 se e solo se è soluzione di x 2 4 = 0. α : x è un numero intero maggiore strettamente di 7. β : x è un numero intero maggiore o uguale a 7. Allora α β ma β α. α : x è un numero intero divisibile per 2 β : x è un numero intero divisibile per 4 Allora β α ma α β. Infatti 6 è divisibile per 2 ma non per 4. 5

6 2.1.3 Quantificatori L espressione esiste un... si indica con..., mentre qualunque sia... ( o per ogni... ) si scrive.... Esempi 2.5 La proposizione : Esiste un numero reale a che è soluzione dell equazione 3x + 1 = 0 si scrive a Rl : 3a + 1 = 0. La proposizione: Comunque si prenda un numero reale x si ha 0 x = 0 si scrive x Rl, 0 x = 0. Il predicato: Ogni numero intero è razionale si scrive x Z x Ql La proposizione: Esiste un numero reale che non è razionale si scrive x Rl tale che x / Ql. si dice quantificatore universale, mentre è detto quantificatore esistenziale Congiunzione e disgiunzione Se α e β sono due proposizioni, con α β si intende una nuova proposizione che è vera se e solo se α e β sono entrambe vere. Il simbolo si chiama congiunzione e corrisponde al connettivo grammaticale e. Esempi Consideriamo le affermazioni: α : 7 è un numero primo β : 6 è un numero dispari α β si legge: 7 è un numero primo e 6 è un numero dispari. L affermazione α β è falsa perché β è falsa. 2. Consideriamo le affermazioni: α : 7 è un numero primo β : 7 è minore di 10. L asserzione α β ossia 7 è un numero primo ed è minore di 10 è vera perché entrambe le affermazioni α e β sono vere. 6

7 Siano α e β due proposizioni. Si chiama disgiunzione delle proposizioni α e β una nuova proposizione indicata con α β che è vera se e solamente se una delle affermazioni α o β è vera. L affermazione α β è falsa se e solamente se entrambe le asserzioni α e β sono false. La notazione α β si legge α oppure β. 3 Esempi α: 3 è minore di 8 β : 5 è maggiore di 7 L asserzione α β ossia 3 è minore di 8 oppure 5 è maggiore di 7 è vera perché l affermazione α risulta essere vera α : 3 è un numero intero β : 7 è minore di 5 L affermazione α β ossia 2 3 è un numero intero oppure 7 è minore di 5 è falsa perché entrambe le asserzioni sono false. 3. α: Ogni numero razionale è reale ( x Ql x Rl ). β : Ogni triangolo isoscele è equilatero. Allora α β ossia Ogni numero razionale è reale oppure ogni triangolo isoscele è equilatero è vera pur essendo falsa l affermazione β Come si nega una proposizione che contiene quantificatori? Se α è una proposizione, si dice negazione di α e si indica con α, una nuova proposizione che è vera se e solo se α è falsa. Consideriamo la proposizione: esiste un elemento x di A che soddisfa la proprietà P. Questa si scrive nella forma: x A : P. La sua negazione, ossia è falso che esiste un elemento x di A che soddisfa la proprietà P è equivalente al seguente predicato: qualunque sia x appartenente ad A, x non soddisfa P (o anche x A : P ) Così se consideriamo la proposizione: qualunque x appartenente ad A soddisfa la proprietà P, (o anche x A : P ) si ha che la sua negazione, ossia è falso che qualunque x di A soddisfa la proprietà P è equivalente a: esiste un elemento x di A che non soddisfa P (o anche x A : P ). 3 La lettera o va intesa come in latino vel 4 Notiamo che le due proposizioni non hanno legami tra loro, ma ciò che interessa, al fine della veridicità della proposizione α β è che almeno una delle due proposizioni sia vera. 7

8 Esempi 2.8 Qualunque soluzione intera dell equazione x 2 4 = 0 è minore di 1. La sua negazione è : esiste un numero intero soluzione dell equazione x 2 4 = 0 che non è minore di 1. (ossia che è maggiore od uguale ad 1. C è uno studente di dieci anni tra gli studenti della Scuola di Architettura. La sua negazione è : ogni studente della Scuola di Architettura non ha dieci anni. Vogliamo negare la proposizione : (*)Tutti i cani sono di color marrone. La sua negazione, ossia Non è vero che tutti i cani sono di color marrone è equivalente a: (**) c è almeno un cane che non è di color marrone. Osserviamo che la frase : nessun cane è di color marrone è più forte dell affermazione (**) ma non è la negazione di (*). Infatti per far vedere che (*) è falsa, basta trovare un cane che non ha il color marrone. Consideriamo la proposizione α: ogni numero intero è razionale ( che scriviamo x Z x Ql ). La sua negazione, ossia α : è falso che ogni numero intero è razionale è equivalente a : esiste un numero intero che non è razionale (che scriviamo x Z tale che x / Ql ) 5 Sia α una affermazione, allora α α, ossia la negazione della negazione di una asserzione α coincide con α La negazione di una proposizione che contiene una disgiunzione o una congiunzione Siano α e β due proposizioni, allora (α β) α β, 6 ossia la negazione di una proposizione che è la congiunzione di due proposizioni α e β è equivalente con la disgiunzione delle negazioni delle proposizioni α e β. Esempi Osserviamo che α è vera mentre α è falsa 6 Proveremo piú avanti, utilizzando le tavole di verità, l equivalenza di queste due asserzioni. 8

9 1. Sia α l affermazione: 3 è minore di 7 Sia β l affermazione :5 è maggiore di 7 La negazione della congiunzione α β è : è falso che 3 sia minore di 7 e che 5 sia maggiore di 7. Per quanto affermato precedentemente, questa proposizione può essere detta nel seguente modo: è falso che 3 sia minore di 7 oppure è falso che 5 sia maggiore di Sia α la proposizione: x Nl si ha x 2 0. Sia β la proposizione: x Ql tale che x 2 = 2. La negazione della proposizione (α β) ossia x Nl si ha x 2 0 ed x Ql tale che x 2 = 2 risulta essere: non è vero che x Nl si ha x 2 0 ed x Ql tale che x 2 = 2. Questa proposizione può essere riscritta nel seguente modo: x Nl tale che x 2 < 0 oppure x Ql si ha x 2 2. Siano α e β due proposizioni, allora (α β) ( α) ( β), ossia la negazione di una proposizione che è la disgiunzione di due proposizioni è equivalente con la congiunzione delle negazioni delle due proposizioni date. Esempi Sia α l affermazione: 3 è minore di 7 Sia β l affermazione :5 è maggiore di 7 La negazione dell affermazione: 3 è minore di 7 oppure 5 è maggiore di 7 risulta essere: è falso che 3 sia minore di 7 o che 5 sia maggiore di 7 che può essere detta nella forma: è falso che 3 sia minore di 7 ed è falso che 5 sia maggiore di 7 2. Sia α la proposizione: x Nl si ha x 2 0. Sia β la proposizione: x Ql tale che x 2 = 2. Allora la negazione della frase: x Nl si ha x 2 0 oppure x Ql tale che x 2 = 2 può essere detta nella forma: x Nl tale che x 2 < 0 e x Ql si ha x Dimostrazioni, esempi e dimostrazioni per assurdo In matematica si deve decidere se certe proposizioni siano vere oppure false. In certi casi, per stabilirlo basta un esempio, in altri anche centomila esempi possono essere inutili. In questo caso è necessaria una serie di deduzioni 9

10 logiche (cioè un ragionamento) che tenga conto di tutti i casi possibili, ossia occorre una dimostrazione. L idea di fondo è che la dimostrazione è legata al per ogni a succede... mentre l esempio a esiste a tale che.... Per controllare che l affermazione per ogni a succede... sia vera si deve dimostrarla con deduzioni logiche correte per ogni valore di a. Invece per vedere se l affermazione esiste un a per cui succede questo... sia vera, basta determinare un singolo esempio per cui questo succeda. Esempi Supponiamo di voler vedere se l affermazione ogni aviatore italiano possiede una divisa celeste è vera. In questo caso gli esempi sono inutili. Anche se controllassimo la divisa di migliaia di aviatori non potremmo escludere che ci sia un aviatore senza divisa celeste. Ci serve un ragionamento. Possiamo per esempio dire che il regolamento militare prescrive che ogni aviatore possegga una divisa celeste. 2. Se vogliamo stabilire la validità dell affermazione Talvolta piove a Firenze basta un giorno di pioggia a Firenze per dire che l affermazione è vera. Un metodo per dimostrare la validità di un teorema consiste nella cosiddetta dimostrazione per assurdo. Si tenga conto che un teorema consiste di una ipotesi e di una tesi. Il modo di operare nella dimostrazione per assurdo è il seguente. Si suppone che la tesi non sia vera. Se, operando con deduzioni logiche corrette, si trova una contraddizione con l ipotesi (cioè un affermazione in disaccordo con l ipotesi) fatta o con proprietà vere dedotte dall ipotesi, allora vuol dire che la tesi è vera. Quanto affermato qui sopra discende dal fatto che la proposizione α β è equivalente alla proposizione β α. Esempio 2.12 Dimostriamo per assurdo un classico risultato di teoria dei numeri. Vedremo successivamente altre situazioni in cui si fanno dimostrazioni per assurdo. Consideriamo l insieme P di tutti i numeri primi (ipotesi). 7 Vogliamo dimostrare che l insieme P è infinito (tesi). 8 7 Ricordiamo che un numero intero positivo p diverso da 1 si dice primo (in Z) se è divisibile (nell insieme dei numeri interi Z) solamente per 1, 1, p, p 8 La dimostrazione di questo risultato si deve ad Euclide, matematico greco vissuto nel IV secolo a. C. Si ignora il luogo della nascita e della morte. Sembra abbia studiato in Atene con Socrate e che abbia avuto come allievo Platone. È immortale per i suoi Elementi che costituiscono la più grande opera matematica dell antichità. 10

11 Dimostrazione Supponiamo per assurdo che l insieme P dei numeri primi sia finito (cioè supponiamo che non sia vero che i numeri primi siano infiniti). Siano quindi 2, 3, 5, 7,..., p n 1, p n tutti i numeri primi. p n sta ad indicare il più grande dei numeri primi. Consideriamo il numero m = ( p n 1 p n ) + 1. Il numero m così costruito non è divisibile per alcuno dei numeri 2, 3,..., p n. Infatti, se p i indica uno dei numeri primi sopra elencati, allora m = (2 3 5 p i 1 p i p i+1 p n ) + 1 = (2 3 5 p i 1 p i+1 p n 1 p n )p i Quindi il resto della divisione per p i non è nullo (in quanto è 1). Ciò vuol dire che il numero m non è divisibile per alcuno dei numeri primi 2, 3, 5, 7,..., p n 1, p n. Pertanto abbiamo trovato un numero intero che non è divisibile per alcuno dei numeri primi, ma ciò è in contraddizione col teorema fondamentale dell Aritmetica Tavole di verità In questo paragrafo usiamo la parola asserzione (o affermazione) come comunemente si fa in logica matematica, ossia come configurazione linguistica per la quale ha senso affermare che è vera oppure è falsa. Per esempio la frase Anna è una studentessa della Scuola di Architettura dell Università di Firenze è una asserzione. 11 A partire da due o più asserzioni è possibile costruire una nuova asserzione mediante i connettivi logici che abbiamo incontrato nel paragrafo precedente, ossia la congiunzione e, la disgiunzione o, la negazione, l implicazione e l equivalenza. Le proposizioni che non sono costruite con i suddetti connettivi logici si dicono asserzioni semplici o atomi, 12 mentre un asserzione che contiene connettivi logici si dice composta. Il calcolo proposizionale è il modo di studiare la composizione delle asserzioni mediante i connettivi logici. 9 Ricordiamo che dati due numeri interi positivi a e b sono univocamente determinati due numeri interi positivi q ed r con r < b tali che a = bq + r 10 Il teorema fondamentale dell Aritmetica afferma che ogni numero intero positivo diverso da 1 si fattorizza nel prodotto di numeri primi e, a meno dell ordine dei fattori, tale decomposizione è unica 11 La frasi interrogative ed esclamative, per esempio È vero che fuori piove? non sono asserzioni. In questo paragrafo frasi come x è un numero intero minore di 10, che non sono asserzioni (nella logica matematica si dicono predicati), non verranno trattate. 12 Esempio: 7 è un numero primo è un atomo. 11

12 Un utile strumento per verificare se un asserzione composta è vera o falsa a partire dalla verità o falsità delle affermazioni che la compongono sono le tavole di verità. Il loro modo di operare verrà chiarito esaminando gli esempi seguenti. Come abbiamo già visto, la negazione di una affermazione α è una nuova affermazione, indicata con α che è vera se e solo se α è falsa. L operazione di negazione è caratterizzata dalla seguente tavola di verità dove la lettera V sta per vero e la lettera F sta per falso. α α V F F V La tavola di verità (1) è stata costruita nel seguente modo. Nella prima riga, sotto α compare V e quindi sotto α compare F. Analogamente, nella seconda riga, sotto α compare F e quindi sotto α si ha V. Con l operazione di congiunzione si forma, a partire da due affermazioni α e β una nuova asserzione indicata con α β. Abbiamo visto che la congiunzione di due asserzioni è vera se e solo se sono entrambe vere. Pertanto, la tavola di verità è la seguente α β α β V V V V F F F V F F F F Analogamente a quanto fatto in (1) la tavola di verità (2) è stata costruita nel seguente modo. Nella prima riga, comparendo V sia sotto α che sotto β, allora si ha V sotto α β. Nella seconda riga, avendo V sotto α ed F sotto β allora si ha F sotto α β. Analogamente, nella terza riga, essendo F sotto α e V sotto β si ha F sotto α β. Infine nella quarta riga essendo F sia sotto α che sotto β, allora si ha F sotto α β. La disgiunzione di due asserzioni è vera se almeno una delle due è vera ed è falsa se e solo se sono entrambe false. Ne segue che la tavola di verità della disgiunzione di due asserzioni α e β è la seguente (1) (2) α β α β V V V V F V F V V F F F (3) 12

13 L implicazione α β ha la seguente tavola di verità. α β α β V V V V F F F V V F F V Osserviamo che tra la premessa e la conclusione può non esistere una relazione di causa ed effetto. Tuttavia questo fatto non implica la verità o la falsità dell implicazione. Per esempio l asserzione se 5 è un numero primo, la bisettrice dell angolo al vertice di un triangolo isoscele è una mediana è vera benché, secondo il senso comune, la seconda asserzione non discenda dalla prima. Così è ugualmente vera l asserzione se = 5 allora = 9 perché la conclusione è vera. Nei casi in cui la premessa è falsa, l implicazione è vera indipendentemente dal valore di verità della conclusione. Due asserzioni α e β si dicono equivalenti (e si indica con α β ) se ammettono la stessa tavola di verità qualunque siano i valori che assumono le affermazioni semplici che compongono α e β. L asserzione α β ha la seguente tavola di verità. α β α β V V V V F F F V F F F V Per esempio l asserzione 2 > 5 se e solamente se 4+0 = 5 è vera essendo l equivalenza di due asserzioni false. Esempio 2.13 Nel paragrafo abbiamo visto come si nega un asserzione che contiene una disgiunzione o una congiunzione ma non l abbiamo giustificata. Proviamo adesso, utilizzando le tavole di veritá, che è vera l affermazione (α β) ( α) ( β) dove α β sono due asserzioni. Consideriamo la tavola di verità di (α β) (4) (5) 13

14 α β α β (α β) V V V F V F V F F V V F F F F V Esaminiamo ora la tavola di verità di ( α) ( β). Si ha α β α β α β) V V F F F V F F V F F V V F F F F V V V Le due tavole di verità sono uguali nel seguente senso. Per gli stessi valori che assumono le affermazioni α e β abbiamo gli stessi valori per ( α β) e (α β). Pertanto, essendo uguali le due tavole di verità, possiamo asserire che le due asserzioni sono equivalenti. Proviamo che sono equivalenti le affermazioni (α β) e (α) (β) Consideriamo la tavola di verità di (α β). α β α β (α β) V V V F V F F V F V F V F F F V Ora esaminiamo quella di (α) (β) α β α β α β V V F F F V F F V V F V V F V F F V V V Per l uguaglianza delle due tavole di verità si ha l equivalenza delle due affermazioni. Un asserzione composta si dice una tautologia se la sua tavola di verità è sempre vera, qualunque siano i valori delle asserzioni semplici che la compongono. Un asserzione composta α si dice una contraddizione se la sua 14

15 tavola di verità è sempre falsa qualunque siano i valori delle affermazioni semplici che la compongono. Esempio 2.14 Sia α un asserzione e consideriamo l affermazione β : α α. Allora β è una tautologia, infatti α α α α V F V F V V Per esempio, sia α: Giorgio ha i capelli biondi, allora l asserzione α α, ossia Giorgio ha oppure non ha i capelli biondi è una tautologia. Se α è una affermazione, allora l asserzione α α è una contraddizione. α α α α V F F F V F L asserzione: Giorgio ha e non ha i capelli biondi è una contraddizione. l affermazione α α è una contraddizione. Infatti α α α α V F F F V F Si osserva che se α è una tautologia, allora α è una contraddizione. Siano α, β e γ tre affermazioni. Proviamo che α (β γ) = (α β) (α γ). Infatti si hanno le seguenti tavole verità α β γ β γ α (β γ ) V V V V V V F V V V V V F V V V F F F F F V V V F F F V V F F V F V F F F F F F 15

16 α β γ α β α β (α β) (α γ) V V V V V V V F V F V V V V F V F V V F F F F F F V V F F F F F V F F F F V F F F F F F F F F F Poiché le ultime colonne sono uguali per gli stessi valori di α, β e γ, si ha che le due affermazioni sono equivalenti. 2.3 Sottoinsiemi ed operazioni sugli insiemi Un insieme privo di elementi si dice insieme vuoto e si indica con. Definizione 2.15 Siano A e B due insiemi. Diciamo che A è un sottoinsieme di B se ogni elemento di A appartiene a B ( o anche x A x B). Se A è un sottoinsieme di B, si scrive A B. Osservazione: L insieme vuoto si pensa sottoinsieme di ogni insieme. Se A è un insieme non vuoto, allora A possiede certamente almeno due sottoinsiemi: l insieme vuoto ed A stesso. Questi si dicono sottoinsiemi banali di A. Se A non è un sottoinsieme di B si scrive A B. Esempi Sia Nl l insieme dei numeri naturali e Z quello dei numeri interi. Allora Nl Z. 2. Sia Z l insieme degli interi e sia Ql + l insieme dei numeri razionali positivi. Allora Z Ql +. Definizione 2.17 Diciamo che A è un sottoinsieme proprio di B se A B ed b B : b / A. In tal caso si scrive A B. Un altro modo di indicare che A è un sottoinsieme proprio di B è A B. Esempi 2.18 Nell esempio 1) di 2.16 possiamo scrivere Nl Z perché esistono numeri interi che non sono numeri naturali. Per esempio 1 Z ma 1 / Nl. 16

17 Figura 2: A B Spesso capita di dover dimostrare l uguaglianza di due insiemi. La seguente osservazione suggerisce come si deve procedere. Siano A e B due insiemi, allora A = B (A B) (B A) (6) ossia A = B è la congiunzione delle due affermazioni A B e B A. Definizione 2.19 Siano A e B due insiemi. Si dice unione di A e B e si indica con A B, l insieme di tutti gli elementi che appartengono ad almeno uno degli insiemi A o B. (Si scrive anche A B = {x : x A oppure x B}). Esempi 2.20 Siano A = {1, 3, 5} e B = {3, 4, 5, 6}. Allora A B = {1, 3, 4, 5, 6}. Sia A l insieme delle persone di età inferiore od uguale a 20 anni. Sia B l insieme delle persone di età maggiore od uguale a 15 anni. Allora A B è l insieme di tutte le persone. Definizione 2.21 Dati due insiemi A e B si chiama intersezione di A e B (e si indica con A B ) l insieme degli elementi che appartengono sia ad A che a B. 17

18 Figura 3: sin: A B, centro: A B, destra: A \ B Esempi 2.22 Siano A = {1, 3, 5, 6} e B = {2, 4, 5, 7}. Allora A B = {5}. Sia A l insieme degli uomini di età inferiore od uguale a 18 anni e B l insieme degli uomini di età maggiore od uguale a 10 anni. Allora A B è l insieme degli uomini di età compresa tra 10 e 18 anni. Definizione 2.23 Siano A e B due insiemi. Si dice differenza di A e B l insieme A\B = {x A : x / B}. Esempi 2.24 Sia A = {1, 2, 3, 4, 5} e B = {2, 4, 7}. Allora A\B = {1, 3, 5} Se A è un insieme e B A, diciamo anche che A\B è il complementare di B in A. Se è chiaro che pensiamo B come sottoinsieme di un insieme U, allora scriviamo semplicemente C (B) anziché U\B. ( C (B) viene indicato anche con B C ) Definizione 2.25 Sia A un insieme. Indichiamo con Pl (A) l insieme i cui elementi sono i sottoinsiemi di A. Pl (A) è detto l insieme delle parti di A. Esempi 2.26 Sia A = {1, 2, 3}. Allora Pl (A) è costituito dai seguenti sottoinsiemi: {{1}, {2}, {3}, {1, 2}, {1, 3}, {2, 3}, {1, 2, 3}, { }} Esercizi 1. Negare le seguenti proposizioni: Tutti i numeri interi positivi minori di 100 sono primi. C è un numero naturale divisibile per 4 che non è divisibile per 2 18

19 Comunque si prenda un numero reale x esiste un numero reale y tale che x + y > È vero che la negazione della proposizione: Tutti gli studenti della Facoltà di Architettura hanno i capelli biondi è la seguente: Nessuno studente della Facoltà di Architettura ha i capelli biondi. 3. Siano A e B due insiemi. Provare l equivalenza delle seguenti affermazioni: A = B A B = A B. A B = A = e B = A \ B = A B \ A = B Siano A e B due insiemi. Provare le seguenti proposizioni: 4. a) A B A B = A b) A B A B = B 5. Negare le seguenti proposizioni: Ogni multiplo di 6 è divisibile per 3. Esistono numeri pari che non sono divisibili per 8. Esistono numeri reali che non sono razionali. Sia A l insieme dei numeri reali che soddisfano la disequazione x 2 +2x+1 0 e sia B l insieme dei numeri reali che sono soluzioni della disequazione x 2 2 > x + 2. Determinare A B, A B, A \ B Risposte agli esercizi La negazione della proposizione Tutti i numeri interi positivi minori di 100 sono primi è la seguente: Esiste un numero intero positivo minore di 100 che non è primo Vogliamo precisare che in questo esercizio come in altri contesti che abbiamo già esaminato o che considereremo successivamente, non ci preoccupiamo della verità della proposizione o della sua negazione, ma solamente di come si scrive la negazione di una proposizione. Comunque in questo particolare esercizio possiamo dire che è vera la negazione perché il numero 4 che è minore di 100 non è primo. 19

20 La negazione della proposizione: C è un numero naturale divisibile per 4 che non è divisibile per 2 è la seguente: Tutti i numeri naturali divisibili per 4 sono anche divisibili per La negazione del predicato α: x Rl y Rl tale che x + y > 0 è : x Rl tale che y Rl x + y La negazione della proposizione: Tutti gli studenti della Facoltà di Architettura hanno i capelli biondi è la seguente: C è uno studente nella facoltà di Architettura che non ha i capelli biondi 3. A = B A B = A B. Soluzione Supponiamo A = B. Allora A B = A = B = A B. Viceversa supponiamo A B = A B e proviamo che A = B. Verifichiamo dapprima che A B. Sia quindi a A. Essendo A A B si ha a A B e poiché A B = A B si ha a B, ossia A B. Sia ora b B. Ripetendo lo stesso ragionamento si ha b A ossia B A. Pertanto A = B. A \ B = A B \ A = B Soluzione Supponiamo A \ B = A. Chiaramente B \ A B. Dobbiamo quindi provare che B B \A. Sia quindi b B. Basta osservare che b A. Ciò discende dal fatto che A \ B = A. Un analogo ragionamento mostra che da B \ A = B discende A \ B = A. 4. Siano A e B due insiemi. Provare le seguenti proposizioni: a) A B A B = A b) A B A B = B Soluzione Proviamo a). Supponiamo dapprima A B e dimostriamo che A B = A. Per questo dobbiamo verificare sia che A B A che A A B. Facciamo vedere che A B A. Sia quindi x A B. Allora x deve appartenere ad entrambi gli insiemi A e B. In particolare x A. Cioè A B A. Proviamo che A A B. Quindi sia x A. Poiché A B segue x B. Pertanto x sta sia in A che in 14 In questo caso è vera la negazione di α. 20

21 B, ossia x A B, quindi A A B. Dalle due inclusioni segue A B = A. Supponiamo ora A B = A e facciamo vedere che A B. Poiché ogni elemento dell intersezione sta in entrambi gli insiemi e A = A B, se x A, si ha quindi x B, cioè A B. Proviamo adesso la proposizione b). Supponiamo A B. Facciamo vedere dapprima che A B B. Per definizione di unione si ha x A oppure x B. Poiché A B segue x B. Proviamo che B A B. Sia quindi x B. Per definizione di unione x A B. Pertanto A B = B. Supponiamo A B = B e verifichiamo A B. Sia x A. Quindi x A B. Poichè A B = B si ha x B 5. Negare le seguenti proposizioni: a) Ogni multiplo di 6 è divisibile per 3. b) Esistono numeri pari che non sono divisibili per 8. c) Esistono numeri reali che non sono razionali. Soluzione La negazione di a) è : esiste un multiplo di 6 che non è divisibile per La negazione di b) è :Ogni numero pari è divisibile per La negazione di c) è : ogni numero reale è razionale Sia A l insieme dei numeri reali che soddisfano la disequazione x 2 +2x+1 0 e sia B l insieme dei numeri reali che sono soluzioni della disequazione x 2 2 > x + 2. Determinare A B, A B, A \ B. Soluzione Prima di tutto osserviamo che x 2 + 2x (x + 1) 2 0 e quindi ogni numero reale è soluzione di detta disequazione. Inoltre l insieme delle soluzioni della disequazione x 2 2 > x+2 coincide con l unione delle soluzioni dei seguenti sistemi: 15 Osserviamo che è vera a) 16 È vera b) 17 È vera c) { x 2 2 > (x + 2) 2 x { x x + 2 < 0 21

22 { x < 3 2 x 2 { x 2, x 2 x < 2 {x : x < 3 2 }. Pertanto A = Rl e B = {x Rl : x < 3 2 }. Ne segue che A B = Rl, A B = {x : x < 3 2 } e A \ B = {x : x 3 2 }. 22

23 3 Funzioni e relazioni 3.1 Funzioni Definizione 3.1 Dati due insiemi A e B si dice prodotto cartesiano di A e B e si indica con A B, l insieme i cui elementi sono le coppie ordinate (a, b) con a A e b B. Esempi 3.2 Sia A = {1, 2, 3} e B = {2, 4}. Allora A B = {(1, 2), (1, 4), (2, 2), (2, 4), (3, 2), (3, 4)}. Definizione 3.3 Dati due insiemi A e B si dice funzione ( o anche applicazione o mappa) f da A in B una legge che ad ogni elemento di A associa uno ed un solo elemento di B. Indichiamo tale legge con f : A B. A è detto dominio della funzione e B codominio della funzione f. Se all elemento x A è associato l elemento y B, si dice che y è il corrispondente di x mediante f (oppure che all elemento x corrisponde l elemento y o anche che y è l immagine di x mediante f e si scrive y = f(x) L elemento x si chiama variabile indipendente mentre y prende il nome di variabile dipendente. L insieme di tutti gli elementi di B della forma f(x) al variare di x in A, prende il nome di immagine di A mediante f ed è indicato con Im(A) o anche f(a). Esempi Siano A = {1, 2, 3, 4} e B = {2, 3, 5}. Sia f : f è una funzione e f(a) = {2, 5}. Il simbolo i j indica che il corrispondente dell elemento i è l elemento j Siano A = {1, 2, 3} e B = {2, 5, 6} e sia f : Questa legge non è una funzione perché al numero 1 sono associati due numeri e precisamente 2 e 5. 23

24 Figura 4: Una funzione f : A B può essere visualizzata mediante i diagrammi di Eulero-Venn Sia A = B = Nl e sia f : x x 2. Osserviamo che con il simbolo x x 2 intendiamo la legge f che ad ogni numero naturale x associa il proprio quadrato. Tale funzione è indicata anche nella forma y = x 2 con x Nl. f(a) è il sottoinsieme di Nl che consiste dei quadrati. Sia A l insieme degli uomini sposati e sia B l insieme delle donne. La legge f che ad ogni uomo sposato associa la propria moglie (secondo la religione cattolica) è una funzione. In questo caso f(a) è l insieme delle donne sposate. Osserviamo che, invece, secondo la religione islamica f non è una funzione. Sia A = B = Z e sia f : x 3x. Allora f è una funzione. f si indica anche nella forma y = 3x. Sia A = B = Rl + = {l insieme dei numeri reali positivi o nulli} e sia f la legge che ad ogni elemento a di A associa la propria radice quadrata aritmetica. 18 Allora f è una funzione e f(a) = B. Tale funzione è indicata nella forma y = x con x Rl +. Siano A = {4, 9} e B = Z. Sia f la legge che ad ogni elemento a di A associa l insieme degli elementi di Z il cui quadrato coincide con a. (Tale legge è la radice algebrica). Allora f non è una funzione perchè al numero 4 sono associati sia il numero 2 che il numero 2 (analogamente al numero 9 sono associati i numeri 3 e 3). 18 Ricordiamo che dato un numero positivo o nullo a, si dice radice quadrata aritmetica di a l unico numero positivo o nullo b tale che b 2 = a e si scrive b = a. 24

25 Definizione 3.5 Sia f : A B una funzione da A in B. Si dice grafico di f il sottoinsieme di A B costituito dalle coppie ordinate (x, f(x)) con x A, cioè {(x, f(x)) : x A}. Esempi 3.6 Siano A = {1, 2, 3, 4} e B = {2, 3, 5}. Sia f : Allora il grafico di f consta delle coppie {(1, 2), (2, 2), (3, 5), (4, 5)} Sia A = B = Nl e sia f : x x 2. Allora il grafico di f è l insieme delle coppie (x, x 2 ). Uno degli scopi di questo corso è quello di imparare metodi per studiare alcune proprietà delle funzioni da Rl in Rl. Il prodotto cartesiano Rl Rl può essere identificato con i punti del piano euclideo P se in P si fissano due rette tra loro perpendicolari nelle quali sono dati un verso di percorrenza ed una unità di misura. Definizione Sia f : A B una funzione di dominio A. Diciamo che f è iniettiva se comunque presi due elementi a 1 e a 2 di A con a 1 a 2 si ha f(a 1 ) f(a 2 ). 2. Sia f : A B una funzione di dominio A. Diciamo che f è suriettiva se, comunque preso un elemento b B a A tale che f(a) = b. 3. Sia f : A B una funzione di dominio A. Si dice che f è biunivoca se è contemporaneamente iniettiva e suriettiva. Esempi 3.8 Siano A = {1, 2, 3, 4} e B = {1, 2, 4, 5, 6}. Sia f : f : A B è iniettiva ma non suriettiva

26 Figura 5: Grafico della funzione y = x 2 1 con x Rl. Sia A = {1, 2, 3, 4, 5} e B = {2, 4, 5, 6}. Sia f : f : A B è un applicazione suriettiva ma non iniettiva Sia A = {1, 2, 3, 4, } e B = {2, 4, 5, 6}. Sia f : In questo caso f : A B è una funzione biunivoca. Sia A = B = Nl e sia f : A B con n n 2, n Nl. Allora f è iniettiva ma non suriettiva. Dimostrazione Infatti se n 1 n 2 allora n 2 1 n2 2 e quindi la funzione è iniettiva. D altra parte esistono numeri naturali (per esempio il numero 2) che non sono quadrati di alcun numero naturale. 26

27 Sia A = B = Z e sia f : A B con x x + 1, x Z. In questo caso f è un applicazione biunivoca. Dimostrazione Infatti se x 1 x 2 allora x x e quindi l applicazione è iniettiva. Sia ora x un qualunque numero intero, allora x = (x 1) + 1, cioè x è l immagine di x 1 e pertanto l applicazione è suriettiva. Funzioni composte Definizione 3.9 Siano A, B e C tre insiemi e siano f : A B e g : B C due funzioni, la seconda delle quali con dominio B. Definiamo funzione composta delle due funzioni date la funzione h : A C tale che h(a) = g(f(a)). La funzione composta si usa indicare anche con il simbolo g f Esempi 3.10 Siano A = {1, 2, 3, 4, 5}, B = {2, 3, 5, 7} e C f : A B tale che: e sia g : B C tale che: Allora g f : A C tale che: = {4, 6, 7, 8}. Sia Sia A = B = C = Nl e siano f : A B tale che n n 2, con n Nl e g : B C tale che n 2n. Allora g f : A C è tale che n 2n 2. 27

28 Figura 6: Funzione composta Funzione inversa Definizione 3.11 Sia A un insieme. Si dice identità su A e si indica con id(a) : A A l applicazione che ad ogni elemento a A associa a stesso. Esempio 3.12 Sia A = {1, 2, 3, 4} Allora è l identità su A Siano ora A e B due insiemi e supponiamo che esista un applicazione biunivoca f : A B. Sia a A un generico elemento di A e b = f(a) l immagine di a mediante f. Costruiamo adesso una funzione g : B A che ha dominio B e codominio A. Si b un elemento di B e sia a l elemento di A tale che f(a) = b. Osserviamo che un tale elemento esiste ed è unico, tenuto conto della proprietà di biunivocità della funzione f. Allora costruiamo la funzione g : B A tale che all elemento b associa l elemento a. L applicazione g è detta la funzione inversa di f ed è indicata on f 1. L applicazione composta f 1 (f(a) = id(a). Infatti a f b = f(a)f 1 a Inoltre f(f 1 (a)) = id(b). Infatti b f 1 a f b 28

29 In particolare se f : A A è una funzione biunivoca di A in sé stesso, allora f 1 (f(a)) = f(f 1 (a)) = a Inoltre si ha f(id(a)) = f(a) = id(f(a)). Esempi Sia A = {1, 2, 3, 4} e sia f : Allora f è un applicazione biunivoca da A in sè. L applicazione g : A A così definita g : è l applicazione inversa di f. Si noti che g f = f g = id(a) Sia A = B = Ql e sia f : x x 2 corrispondenza biunivoca di Ql legge f 1 : x 2x. Infatti con x Ql. Allora f determina una in sé. La funzione inversa di f è la 19 x f x f 1 2 2(x 2 ) = x 3. Sia A = {1, 2, 3, 4} e sia B = {A, B, C, D}. Allora f : 1 B 2 C 3 A 4 D è una funzione biunivoca di A in B. La sua inversa è la funzione f 1 : A 3 B 1 C 2 D 4 19 Non si confonda la funzione inversa di una funzione data f con la funzione reciproca 1. Infatti la funzione inversa di y = x è la funzione y = 2x mentre la sua reciproca è la f 2 funzione y = 2 x 29

30 La cardinalità Definizione 3.14 Due insiemi A e B si dicono equipotenti ( o anche che hanno la stessa cardinalità ) se esiste una corrispondenza biunivoca tra A e B. Tramite la cardinalità è possibile dare la seguente definizione di insieme infinito. Definizione 3.15 Si dice che un insieme è infinito se ha la stessa cardinalità di un suo sottoinsieme proprio. In altri termini un insieme A è infinito se esiste un sottoinsieme proprio B di A ed una corrispondenza biunivoca (cioè una funzione biunivoca) da A in B. Esempio 3.16 Consideriamo l insieme dei numeri naturali Nl ed il sottoinsieme P di Nl costituito dai numeri pari. Consideriamo la seguente funzione da Nl in P f : Nl P così definita f(n) = 2n. Questa funzione è biunivoca. Infatti se n 1 n 2 allora 2n 1 2n 2 e quindi la funzione è iniettiva. Inoltre se prendiamo un qualunque numero pari m allora m = 2 m 2 con m 2 intero positivo. Allora la funzione è suriettiva e pertanto è biunivoca. Se un insieme è finito, allora non è possibile metterlo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio. La cardinalità di un insieme finito è il numero di elementi che compongono l insieme. Un insieme si dice numerabile se è possibile metterlo in corrispondenza biunivoca con i numeri naturali. Si dimostra che i numeri interi sono numerabili e più in generale che i numeri razionali sono numerabili. In altri termini, i numeri naturali Nl, i numeri interi Z ed i numeri razionali Ql hanno la stessa cardinalità, pur essendo i naturali un sottoinsieme proprio degli interi e gli interi un sottoinsieme proprio dei razionali. Si dimostra, invece, che i numeri reali Rl, dei quali tratteremo più avanti, non sono numerabili. 30

31 3.2 Relazioni Definizione 3.17 Sia A un insieme non vuoto. Una relazione binaria in A è un sottoinsieme R del prodotto cartesiano A A. Se (a, b) R scriviamo ar b. Esempio 3.18 Il grafico di una funzione f da A in A, cioè l insieme delle coppie (a, f(a)) è un esempio di relazione in A. Introduciamo adesso due relazioni di notevole importanza, ossia la relazione d ordine e la relazione d equivalenza. Definizione 3.19 Sia A un insieme non vuoto. Diciamo che R è una relazione d ordine in A se R è una relazione binaria soddisfacente le seguenti condizioni: 1. a A ar a (proprietà riflessiva). 2. Se ar b e br a a = b (proprietà antisimmetrica). 3. Se ar b e br c ar c (proprietà transitiva). Esempi 3.20 Sia Z l insieme degli interi. Diciamo che ar b se b a è un intero positivo o nullo. Proviamo che R è una relazione d ordine. Dimostrazione Poiché a a = 0, a Z si ha che vale la proprietà riflessiva. Se ar b allora b a è un numero positivo o nullo. Se inoltre br a allora anche a b è un numero positivo o nullo. Poiché a b = (b a) ed un numero intero coincide con il suo opposto se e solo se è 0, si ha che a b = 0 ossia a = b. Supponiamo ora ar b e br c. Allora b a e c b sono numeri positivi. Quindi c a = (b a) + (c b) è un numero positivo. Pertanto ar c. Comunemente questo tipo di relazione si usa indicarla. Quindi diremo che a b se e solo se b a è un numero positivo o nullo. Sia A un insieme e Pl (A) l insieme delle parti di A. Allora la relazione essere sottoinsieme di... è una relazione d ordine tra gli elementi di Pl (A), cioè tra sottoinsiemi di A. (Verifica lasciata allo studente). 31

32 Definizione 3.21 Sia A un insieme non vuoto. Diciamo che R è una relazione d equivalenza in A se R è una relazione binaria soddisfacente le seguenti condizioni. 1. a A ar a (riflessiva). 2. Se ar b allora br a (simmetrica). 3. Se ar b e br c allora ar c (transitiva). Esempi Sia A l insieme degli studenti della Facoltà di Architettura di Firenze. Diciamo che due studenti sono in relazione R tra loro se sono iscritti allo stesso anno di corso. R è una relazione d equivalenza. Soluzione Chiaramente è verificata la proprietà riflessiva. Siano ora A e B due studenti della Facoltà. Supponiamo che B sia iscritto allo stesso anno di corso di A, allora è vero che anche A è iscritto allo stesso anno di corso di B. Infine se B è iscritto allo stesso anno di A e lo studente C è iscritto allo stesso anno di B è vero che C è iscritto allo stesso anno di A. 2. Si consideri l insieme A di tutte le rette del piano. Consideriamo la relazione di parallelismo o coincidenza tra rette. Allora tale relazione è d equivalenza. Soluzione Chiaramente è verificata la riflessiva, perché una retta coincide con sé stessa. Se la retta A è parallela o coincidente con la retta B è anche vero che la retta B coincide o è parallela ad A. Infine se la retta A è parallela o coincidente con la retta B e la retta B è coincidente o parallela con la retta C è vero che la retta A è coincidente o parallela alla retta C. 3. Si consideri l insieme dei triangoli nel piano. La relazione di similitudine è d equivalenza. Soluzione Ricordiamo che due triangoli si dicono simili se hanno gli stessi angoli. Banalmente sono verificate che condizioni affiché la relazione di similitudine sia d equivalenza. Definizione 3.23 Dato un insieme A ed una relazione d equivalenza R in A, si chiama classe d equivalenza un sottoinsieme di A formato da tutti e soli quegli elementi di A che sono in relazione tra loro. 32

33 Esempi 3.24 Se si considera il caso 1) di 3.22 allora una classe d equivalenza è formata da tutti gli studenti che afferiscono allo stesso anno di corso. Nel caso 2) di 3.22 una classe d equivalenza è formata da tutte quelle rette del piano che sono tra loro parallele. Nel caso 3) di 3.22 una classe d equivalenza è costituita da tutti quei triangoli aventi gli stessi angoli. 3.3 Esercizi 1. Quali tra le proprietà iniettiva, suriettiva e biunivoca sono soddisfatte dalle seguenti funzioni? a Siano A = {1, 2, 3, 4, 5} e B = {3, 5, 8} e sia f : A B tale che: 1 3, 2 5, 3 8, 4 3, 5 8, b) Siano A = {1, 2, 3, 4, 5} e B = {2, 3, 5, 7, 9}. Sia f : A B tale che: 1 3, 2 2, 3 5, 4 7, Provare che, in generale, la composizione tra funzioni non gode della proprietà commutativa, cioè g f f g. 3. Sia f : Z Z tale che f : x 2x, e g : Z Z tale che g : x x 3. Come operano le funzioni f g e g f? La funzione f g è suriettiva? La funzione g f è iniettiva? 4. Sia f : x 2x + 5. Provare che se f : Z Z, allora f è iniettiva ma non suriettiva, mentre se f : Ql Ql, allora f è biunivoca. 5. Sia Nl l insieme dei numeri naturali e siano a, b Nl. Diciamo che ar b se a è divisibile per b (cioè a = b c con c Nl ). Provare che R è una relazione d ordine. 6. Sia Z l insieme dei numeri interi e siano a, b Z. Diciamo che ar b se b a è divisibile per 5. Provare che R è una relazione d equivalenza. 7. Fornire un esempio di relazione binaria che gode delle proprietà simmetrica e transitiva ma non di quella riflessiva. 33

34 8. Fornire un esempio di relazione binaria che gode delle proprietà riflessiva, simmetrica ma non transitiva. 9. Fornire un esempio di relazione binaria che gode delle proprietà riflessiva e transitiva ma non di quella simmetrica 10. Tra le relazioni seguenti determinare quelle che sono funzioni: a) {(x, y) : x, y Nl e y = x 2 } b) {(x, y) : x, y Nl e x < y x + 1 c) {(x, y) : x, y Z e x = y 2 } 11. Sia A = {0, 1, 2} e B = {0, 1}. Determinare tutte le applicazioni da A in B. Ci sono applicazioni biunivoche? 12. Sia A un insieme e B e C due suoi sottoinsiemi. Fornire un e- sempio f di funzione da A in un insieme D tale che l affermazione f(a B) = f(a) f(b) non è vera. 13. Verificare se le seguenti funzioni sono biunivoche ed in caso positivo determinarne l inversa. f : Z Z così definita, y = 2x + 2 f : Z Z così definita, y = x Soluzioni degli esercizi Risolviamo a). La funzione f è suriettiva perché un qualunque elemento di B è l immagine di almeno un elemento di A. Non è iniettiva perché 1 e 4 hanno la stessa immagine 3 B. Chiaramente non può essere biunivoca perché non è iniettiva. Risolviamo b). La funzione f è sia iniettiva che suriettiva, quindi è biunivoca. 2. Provare che, in generale, la composizione tra funzioni non gode della proprietà commutativa, cioè g f f g. Soluzione Basta far vedere con un esempio che non vale la proprietà commutativa. Consideriamo le funzioni f : x x 2 e g : x x

35 Allora si ha mentre g f : x x 2 x f g : x x + 1 (x + 1) 2 = x 2 + 2x + 1 Pertanto g f : x x mentre f g : x x 2 + 2x Sia f : Z Z tale che f : x 2x, e g : Z Z tale che g : x x 3. Come operano le funzioni f g e g f? La funzione f g è suriettiva? La funzione g f è iniettiva? Soluzione Si ha g f : x 2x (2x) 3 = 8x 3 e f g : x x 3 2x 3. Pertanto le due funzioni f g e g f sono distinte. Questo esempio come quello dell esercizio precedente ci mostra che, in generale, non vale la proprietà commutativa nella composizioni di funzioni. La funzione f g : x 2x 3 non è suriettiva perché l immagine dell applicazione è costituita da numeri pari. la funzione g f è iniettiva perchè se x 1 x 2 allora 8x 3 1 8x3 2 essendo x 3 1 x Sia f : x 2x + 5. Provare che se f : Z Z, allora f è iniettiva ma non suriettiva, mentre se f : Ql Ql, allora f è biunivoca. Soluzione Siano x 1 e x 2 due numeri interi. Allora 2x 1 +5 = 2x x 1 = 2x 2 x 1 = x 2. Pertanto l applicazione è iniettiva. Osserviamo che un numero della forma 2x + 5 con x Z è un numero dispari. Quindi un numero pari, per esempio 2, non può esprimersi nella forma 2x Se guardiamo l applicazione x 2x + 5 come una funzione da Ql in Ql, allora risulta essere biunivoca. Infatti si prova, come nel ragionamento precedente, che è iniettiva. Inoltre se 2x + 5 = a b con a b Ql allora x = 1 2 ( a b 5) che è un numero razionale. Pertanto l applicazione è anche suriettiva. Ne segue che è biunivoca Se 2x + 5 = 2 allora x = 3 che non è un intero Questo esempio mostra che le proprietà di una funzione dipendono non solo dal tipo di legge, ma anche dagli insiemi ove opera 35

36 5. Sia Nl l insieme dei numeri naturali e siano a, b Nl. Diciamo che ar b se a è divisibile per b (cioè b = a c con c Nl ). Provare che R è una relazione d ordine. Soluzione Sia a un qualunque numero naturale. Allora a = a 1. Pertanto ar a. Sia ar b e quindi b = a c e supponiamo che anche br a, cioè a = b d. Allora b = a c = (b d) c = b (d c). Ne segue che deve essere d c = 1, ossia d = c = 1 perché nell insieme Nl un prodotto è 1 se e solo se entrambi i fattori sono 1. Quindi a = b. Supponiamo ora che ar b e br c. Allora b = a h e c = b m. Ne segue che c = (a h) m e quindi a è un divisore di c ossia ar c. 6. Sia Z l insieme dei numeri interi e siano a, b Z. Diciamo che ar b se b a è divisibile per 5. Proviamo che R è una relazione d equivalenza. Soluzione Infatti ar a perché a a = 0 = 0 5. Se ar b allora b a = k 5. Quindi a b = (b a) = (k 5) = ( k) 5, cioè br a. Supponiamo ora ar b, cioè b a = k 5 e br c cioè c b = h 5. Quindi c a = (k h) 5, ossia ar c. La relazione R sopra scritta si dice congruenza modulo 5. Tale relazione può essere generalizzata considerando un qualsiasi intero positivo n anziché 5. In tal caso si parlerà di congruenza modulo n. Osserviamo che due interi a e b sono congrui modulo n se e solo se divisi per n hanno lo stesso resto. Per provare ciò ricordiamo che dati due interi a e b con b > 0 è sempre possibile determinare due interi q ed r con 0 r < b tali che a = bq + r. I numeri q ed r sono univocamente determinati da tale decomposizione. Supponiamo quindi che a e b siano congrui modulo n. Allora b a = k n. Sia b = qn + r 1. Allora a = qn + r 1 + kn = (q + k)n + r 1. Se abbiamo a = ln + r 2, allora l unicità della decomposizione di a ci dice che l = q + k ed r 1 = r 2. Il viceversa è immediato. 7. Fornire un esempio di relazione che gode delle proprietà simmetrica e transitiva ma non di quella riflessiva. Soluzione Consideriamo nell insieme degli uomini la relazione R di essere fratelli. R gode delle proprietà simmetrica e transitiva ma non di quella riflessiva ( un uomo non è fratello di se stesso). 36

37 Un altro esempio ci è fornito dalla relazione di parallelismo tra rette, cioè non consideriamo la coincidenza di rette. 8. Fornire un esempio di relazione che gode delle proprietà riflessiva, simmetrica ma non transitiva. Soluzione Consideriamo l insieme delle rette nel piano. Diciamo che due rette sono in relazione I se sono incidenti cioé se si intersecano almeno in un punto. La relazione I gode delle proprietà riflessiva e simmetrica ma non di quella transitiva. Infatti siano R ed S due rette parallele e sia T una trasversale a R e S. Le rette R e T come pure le rette T ed S sono tra loro incidenti, ma le rette R ed S non sono chiaramente tra loro incidenti. 9. Fornire un esempio di relazione che gode delle proprietà riflessiva e transitiva ma non di quella simmetrica. Soluzione Consideriamo l insieme Z dei numeri interi e sia la relazione di minore od uguale. gode delle proprietà riflessiva e transitiva ma chiaramente non di quella simmetrica ( si pensi per esempio ai numeri 2 e 3. Si ha 2 3 ma chiaramente 3 2.). 10. Tra le relazioni seguenti determinare quelle che sono funzioni: a) {(x, y) : x, y Nl e y = x 2 } b) {(x, y) : x, y Nl e x < y x + 1 c) {(x, y) : x, y Z e x = y 2 } Soluzione La relazione a) è una funzione. Infatti essa ci dice che al numero x Nl è associato un solo numero e precisamente il suo quadrato x 2. Per quanto riguarda la relazione b), anch essa è una funzione. Infatti al numero x Nl è associato un solo numero e precisamente il suo successivo, ossia x + 1. Infine la relazione c) non è una funzione. Infatti, per ogni x accettabile (ossia un numero intero che sia un quadrato), ad esso vengono associati due numeri interi, ciascuno l opposto dell altro. Per esempio al numero x = 4 vengono associati sia 2 che 2. 37

38 11. Sia A = {0, 1, 2} e B = {0, 1}. Determinare tutte le applicazioni da A in B. Ci sono applicazioni biunivoche? Soluzione Verifichi lo studente che l insieme delle funzioni da A in B ha cardinalità 9. Non possono esserci applicazioni biunivoche tra A e B poiché i due insiemi finiti hanno cardinalità diversa. 12. Sia A un insieme e siano B e C due suoi sottoinsiemi. Fornire un esempio f di funzione da A in un insieme D tale che l affermazione f(b C) = f(b) f(c) non è vera. Soluzione Il seguente esempio mostra che l affermazione non è vera. Siano A = {1, 2, 3, 4, 5} e D = {2, 3} e sia f : Consideriamo B = {1, 2, 3} e C = {3, 4, 5}. Allora B C = {3} e quindi f(3) = 2. D altra parte f(b) = {2, 3} ed f(c) = {2, 3}. Ne segue che f(b C) f(b) f(c). 13. Verificare se le seguenti funzioni sono biunivoche ed in caso positivo determinarne l inversa. a) f : Z Z così definita, y = 2x + 2 b) f : Z Z così definita, y = x 3 Soluzione Nel caso a) la funzione non è biunivoca perché non è suriettiva. Infatti, essendo x = y 2 2 si ha che se consideriamo, per esempio, y = 3, allora non esiste alcun numero intero la cui immagine è 3. Nel caso b), la funzione f è biunivoca, essendo suriettiva e iniettiva. La sua funzione inversa è la funzione x = y

39 4 I numeri razionali ed i numeri reali 4.1 Il principio d induzione Supponiamo che lo studente abbia una certa familiarità coi numeri naturali ed i numeri interi che ha studiato nelle scuole secondarie. In questo capitolo richiamiamo le proprietà principali dei numeri razionali ed introduciamo per via assiomatica (ossia diamo le proprietà che li caratterizzano) i numeri reali. Prima di trattare l argomento dei numeri razionali ricordiamo il principio d induzione che è uno degli assiomi 22 che caratterizzano i numeri naturali ed è un utile metodo per dimostrare proprietà che dipendono dagli stessi numeri naturali. Principio d induzione Supponiamo di avere una proprietà P(n) che dipende dai numeri naturali Nl. Verifichiamo che la proprietà sia vera per il numero 1 (cioè P(1) è vera) e supponiamola vera per il numero n 1 (cioè supponiamo che P(n 1) sia vera). Se siamo in grado di dimostrare che è vera per il numero n (cioè dimostriamo che è vera la proprietà per il numero n visto come successore di n 1 ) allora possiamo affermare che la proprietà P è vera per tutti i numeri naturali. Vediamo adesso in due esempi come si usa il principio d induzione. Esempi Sia A un insieme finito costituito da n elementi. Proviamo che Pl (A) consta di 2 n elementi. Soluzione Per prima cosa osserviamo che se fissiamo un elemento a A allora il numero dei sottoinsiemi di A che contengono a è uguale al numero dei sottoinsiemi di A che non contengono a. Allora si ha Pl (A) = Pl 1 (A) Pl 2 (A) dove Pl 1 (A) rappresenta il sottoinsieme di Pl (A) formato da quei sottoinsiemi di A che non contengono a e Pl 2 (A) rappresenta il sottoinsieme di Pl (A) formato da quei sottoinsiemi di A che contengono a. Chiaramente Pl 1 (A) Pl 2 (A) = ed inoltre la cardinalità di Pl 1 (A) coincide con quella di Pl 2 (A). Verifichiamo che la proprietà è vera quando A = 1. In tal caso A consta del solo elemento a. I possibili sottoinsiemi di A sono e 22 Gli assiomi che caratterizzano i numeri naturali Nl sono detti di Peano, da nome del matematico italiano ( ) che si distinse particolarmente nel campo della logica matematica. 39

40 a stesso. Osserviamo che in questo caso Pl 1 (A) = e Pl 2 (A) = a. Essendo Pl (A) = 2 = 2 1 si ha che la proprietà è vera per il numero Consideriamo adesso A costituito da n elementi con n > 1 e fissiamo un elemento a di A. Pl 1 (A) può essere pensato come l insieme delle parti di un insieme di cardinalità n 1 (cioè A \ {a}). Pertanto per ipotesi induttiva Pl 1 (A) = 2 n 1. Ne segue che, essendo Pl 1 (A) = Pl 2 (A) si ha Pl (A) = Pl 1 (A) 2 = 2 n. Quindi si è dimostrato la validità della formula per un insieme di cardinalità n ed allora possiamo asserire che la formula è vera in generale. 2. Siano dati i primi n numeri naturali 1, 2, 3,..., n. Allora n = n(n + 1). 2 Dimostrazione Osserviamo per prima cosa che Pl (1) è vera perché in questo caso dobbiamo considerare solo il numero 1. Supponiamo ora che la formula sia vera quando sommiamo i primi n 1 numeri e dimostriamola per i primi n numeri. Notiamo prima di tutto che, supponendo la formula vera per la somma dei primi (n 1) numeri si ha (n 1) = (n 1)((n 1) + 1) 2 = (n 1)n. 2 Consideriamo adesso la somma dei primi n numeri e teniamo conto della formula che esprime la somma dei primi n 1 numeri. Allora si ha (n 1) + n = (n 1)n 2 + n = n(n + 1) 2 Quindi, poiché siamo riusciti a dimostrare la formula per la somma dei primi n numeri, supponendola vera per la somma dei primi n 1 numeri, possiamo concludere che qualunque sia il numero naturale n, la formula è vera per la somma dei primi n numeri naturali. Per esempio, se sommiamo i primi 100 numeri naturali si ha = = Se A è un insieme finito, allora indichiamo con A il numero degli elementi di A ossia la sua cardinalità 40

41 4.2 Osservazioni sui numeri razionali Nell insieme dei numeri interi Z non è possibile risolvere equazioni del tipo: 2x + 1 = 0. Per questo si considera un ampliamento (ossia un insieme più grande) degli interi dove tali equazioni abbiano soluzioni. Presentiamo adesso, in forma sintetica, il procedimento per costruire un ampliamento dove equazioni del tipo suddetto ammettono soluzioni. Consideriamo l insieme M costituito dalle coppie ordinate (a, b) ( cioè coppie in cui è fissato un ordine degli elementi a e b ) di numeri interi e supponiamo che il secondo elemento b sia non nullo. Per comodità scriviamo la coppia ordinata (a, b) nella forma a b. a è detto numeratore e b denominatore. Precisiamo che, per le ipotesi fatte, non hanno senso nel a nostro ambiente le frazioni b in cui il denominatore è nullo. Quindi non consideriamo le frazioni del tipo a 0. Nell insieme M consideriamo la seguente relazione che indichiamo con. La frazione a b è in relazione con la frazione c d e scriviamo a b c d se e solo se ad = cb. Per esempio perché 2 6 = 3 4. Si dimostra e lasciamo la verifica come esercizio che Esercizio 4.2 La relazione sopra indicata è una relazione d equivalenza in M. Indichiamo con [ a b ] la classe d equivalenza che contiene la frazione a b. Allora si ha la seguente Definizione 4.3 L insieme delle classi d equivalenza [ a b ] nell insieme M, rispetto alla relazione sopra indicata, si dice insieme dei numeri razionali e viene indicato con Ql. Anziché usare la scrittura con la parentesi quadra usiamo scrivere un numero razionale [ a b ] nella forma a b, pensando con questa scrittura al numero razionale individuato dalla frazione a b. Definizione 4.4 Si definisce somma (indicata con +) di due numeri razionali a b e c ad+cb d il numero razionale rappresentato dalla frazione bd. Tale definizione è ben posta, nel senso che non dipende dal particolare rappresentante 24 che si considera. Si prova infatti la seguente proprietà che lasciamo per 24 Si dice rappresentante di una classe d equivalenza B un qualunque elemento di B. 41

42 Esercizio 4.5 Supponiamo che a b a 1 b 1 e che c d c 1 d 1. Allora ad + cb bd a 1d 1 + c 1 b 1 b 1 d 1. Per esempio = 7 6. D altra parte , e = Si ha a Definizione 4.6 Si definisce prodotto di due numeri razionali b e c d ( e si indica con a b c d oppure con a b c d ) il numero razionale individuato dalla frazione ac bd. Per questo, come per la somma, si indica il prodotto nella forma a b c d = ac bd. Tale definizione è ben posta, cioè non dipende dai particolari rappresentazioni scelti. Si prova infatti la seguente proprietà che lasciamo per Esercizio 4.7 Siano a b a 1 b 1 e c d c 1 d 1. Allora ac bd a 1c 1 b 1 d 1. Per esempio e Si ha = 3 8, = e Il sottoinsieme dei numeri razionali individuati dalle frazioni a 1 coincide con i numeri interi e queste frazioni vengono indicate semplicemente con a. Inoltre rispetto alle operazioni sopra definite valgono le seguenti proprietà (le lettere a, b, c rappresentano numeri interi): a b + c d = c d + a b (proprietà commutativa della somma). a b + ( c d + e f ) = ( a b + c d ) + e f (proprietà associativa della somma). 0+ a b = a b per ogni numero razionale a b (esistenza dell elemento neutro 0 rispetto alla somma. L elemento 0 sta ad indicare le frazioni b con b 0 ). Per ogni numero razionale a b esiste un unico numero razionale a b tale che a b + ( a b ) = ( a b ) + a b = 0 (esistenza dell opposto). a b c d = c d a b a b ( c d e f ) = ( a b c d ) e f ( proprietà commutativa del prodotto). (proprietà associativa del prodotto). 42

43 1 a b = a b per ogni numero razionale a b ( esistenza dell elemento neutro a rispetto al prodotto. L elemento 1 sta ad indicare le frazioni a con a 0). Per ogni numero razionale a b con a b 0 esiste un unico numero razionale indicato con ( a b ) 1 tale che a b ( a b ) 1 = 1 ( si nota che ( a b ) 1 = b a ). a b ( c d + e f ) = a b c d + a b e f rispetto al prodotto). (proprietà distributiva della somma Assiomi relativi all ordine. È definita una relazione d ordine, indicata con rispetto alla quale valgono le seguenti proprietà: Per ogni coppia a b, c d Ql si ha o a b c d o c d a b (legge di dicotomia). In altri termini due qualunque elementi di Ql sono sempre confrontabili. Ciò si dice affermando che si ha un ordine totale. Se a b c d allora a b + e f c d + e f, e f Ql Se 0 < a b e 0 < c d allora 0 < a b + c d e 0 < a b c d Osservazione Notiamo che Ql esiste la soluzione dell equazione 2x + 1 = 0. In questo caso essa è x = Perché si estendono i numeri razionali? Ci sono equazioni che non ammettono soluzioni in Ql, per esempio l equazione x 2 2 = 0 non ammette soluzioni razionali, come vedremo qui sotto. Per questo, in analogia con quanto spiegato nel paragrafo precedente, si introduce un insieme numerico, detto insieme dei numeri reali ed indicato con Rl in cui si possa risolvere un equazione del tipo suddetto. Più avanti verranno forniti gli assiomi di Rl, ossia le proprietà che caratterizzano l insieme dei numeri reali. Come nel passaggio dagli interi ai razionali, così anche per l ampliamento dai razionali ai reali, è possibile fornire un metodo costruttivo. In queste note, però, non ci preoccupiamo di conoscere tale metodo, ma ci occuperemo solamente di apprendere le proprietà dell insieme dei numeri reali. Data una retta R, un punto O, un unità di misura ed un verso di percorrenza su R possiamo associare ad ogni punto P di R la misura del segmento OP con segno + se P è alla destra di O, altrimenti associamo il segno se P è alla sinistra di O. Comunque preso un numero razionale a esiste un 43

44 Figura 7: Il punto P non ha coordinata razionale punto P di R al quale è associato a. Tuttavia esistono punti di R ai quali non è possibile associare alcun numero razionale, come vedremo qui sotto. L idea intuitiva dell insieme dei numeri reali è quella di avere un insieme numerico che possa essere messo in corrispondenza biunivoca con la retta R. Proveremo che l equazione x 2 2 = 0 non ha soluzioni razionali. Ciò ha la seguente interpretazione geometrica. Se consideriamo un quadrato di lato a e diagonale b e se sulla retta R fissiamo come unità di misura il lato a, allora non è possibile associare al segmento 0P = b un numero razionale. 2 non è razionale. Proviamo adesso che x 2 2 = 0 non ha soluzioni razionali. Ciò equivale ad affermare che 2 non è razionale, ossia è irrazionale. Il tipo di ragionamento che viene fatto in questa dimostrazione è per assurdo, cioè si nega la tesi e si determina una contraddizione con l ipotesi. Supponiamo per assurdo che 2 = p q Possiamo fare in modo che (p, q) = 1 25 (cioè il M.C.D. tra p e q è 1.) 26. Allora p2 = 2. Ossia q 2 p 2 = 2q 2. Ne segue che p 2 è divisibile per 2. Pertanto anche p è divisibile 25 Basta dividere p e q per i fattori in comune. 26 Ricordiamo che il simbolo M.C.D tra a e b (ossia (a, b)) sta ad indicare il massimo comun divisore dei due numeri interi a e b, ossia quel numero intero positivo m, tale che m divide sia a che b ed ogni altro divisore di a e b risulta essere un divisore di m. Se (a, b) = 1 si dice che i due numeri interi a e b sono primi tra loro. In particolare due numeri primi sono anche primi tra loro, ma due numeri interi primi tra loro possono non essere primi. Per esempio 4 e 15 sono primi tra loro ma non sono numeri primi. 44

45 per 2 e quindi possiamo scrivere p = 2r per un r intero opportuno. Allora si ha p 2 = 4r 2 = 2q 2 2r 2 = q 2. Poiché il primo membro è un numero pari, anche q 2 e quindi q è un numero pari. Pertanto (p, q) 1 e quindi otteniamo una contraddizione. Ne segue che è assurdo supporre che 2 sia razionale. 4.3 Gli assiomi dei numeri reali Diamo adesso gli assiomi che caratterizzano i numeri reali Rl. Definizione 4.8 Si chiama sistema dei numeri reali un insieme (indicato con Rl ) nel quale sono soddisfatti i seguenti assiomi: 1. Assiomi relativi alle operazioni. Sono definite due operazioni +, rispetto alle quali valgono le seguenti proprietà: (a + b) + c = a + (b + c) a, b, c Rl ( proprietà associativa della somma). a + b = b + a a, b Rl ( proprietà commutativa della somma). 0 + a = a a Rl somma). ( esistenza dell elemento neutro rispetto alla a Rl, ( a) : a + ( a) = 0 ( esistenza dell opposto). a (b c) = (a b) c a, b, c Rl prodotto). (proprietà associativa del a b = b a a, b Rl (proprietà commutativa del prodotto). 1 a = a a Rl ( esistenza dell elemento neutro del prodotto). a 0 a 1 tale che a a 1 = 1 (esistenza dell inverso). (a + b) c = a c + b c a, b, c Rl ( proprietà distributiva). 2. Assiomi relativi all ordine. È definita una relazione d ordine, indicata con, rispetto alla quale valgono le seguenti proprietà: per ogni coppia a, b Rl accade che o a b o b a (legge di dicotomia). In altri termini si ha un ordine totale. Se a b allora a + c b + c c Rl Se 0 < a e 0 < b allora 0 < a + b e 0 < a b 45

46 3. Il seguente assioma è quello che differenzia l insieme dei numeri reali dall insieme dei numeri razionali. Più avanti nel corso, daremo un altra formulazione di tale assioma ad esso equivalente. 27 Assioma di completezza Siano A e B due sottoinsiemi non vuoti di Rl. Supponiamo che a A e b B si abbia a b. Allora esiste almeno un numero c Rl tale che a c b a A e b B. 27 Alcune conseguenze degli assiomi Dagli assiomi precedentemente scritti è possibile dedurre una serie di proprietà che elenchiamo qui sotto e di alcune diamo la dimostrazione come esercizio. 1. a + c = b + c a = b. Soluzione Infatti: a + c + ( c) = b + c + ( c) a + 0 = b + 0 a = b. In particolare se a + b = a allora b = 0 Inoltre da tale proprietà si può dedurre l unicità dell opposto. Infatti sia a + ( a) = 0 e a + a = 0. Allora a + ( a) = a + a a = a. 2. a 0 = 0. Soluzione Si ha a 0 = a (0 + 0) = a 0 + a 0 a 0 = 0 3. ( a) b = (a b). Soluzione ( a)b + ab = (( a) + a)b = 0b = 0 ( a)b = (ab) (qui si usa l unicità dell opposto) 4. Proviamo adesso l unicità dell inverso. Sia a a 1 = 1 e a a = 1. Allora a a 1 = a a a 1 (a a 1 ) = a 1 (a a) 1 a 1 = 1 a a 1 = a. 5. Siano a, b due numeri reali e supponiamo che a b = 0. Allora o a è nullo oppure b è nullo. Soluzione Sia a b = 0 e supponiamo che a 0 (un analogo ragionamento si fa se b 0). Allora, come conseguenza di uno degli assiomi, si ha che a ammette inverso a 1, ossia a 1 a = 1. Consideriamo a b = 0 e moltiplichiamo entrambi i membri dell espressione per a 1, ossia si ha 6. ( a)( b) = ab. Soluzione Si ha a 1 (a b) = a 1 0 (a 1 a) b = 0 1 b = 0 b = 0 ( a)( b) + ( (ab)) = ( a)( b) + ( a)b = ( a)( b + b) = a0 = 0 ( a)( b) = ab 7. Se a > 0 a < 0. Soluzione Infatti se a > 0 ( a) + a > ( a) > a 8. a 2 > 0 a lra 0 : Se a > 0 la proprietà segue dagli assiomi. Supponiamo a < 0. Allora a > 0 a 2 = ( a)( a) > 0 46

47 4.4 Esercizi 1. Provare che se p è un numero primo, allora p è irrazionale. 2. Sia n Nl con n 2. Provare che n 2 è irrazionale 3. Il numero è irrazionale? 4. Il numero 2 2 è irrazionale? 5. È vero che comunque presi due numeri irrazionali a e b la loro somma a + b è irrazionale? 6. È vero che comunque presi due numeri irrazionali a e b, il loro prodotto è irrazionale? 7. È vero che l inverso di un numero irrazionale è irrazionale? 8. Il numero è razionale o irrazionale? ( Sapete qual è la sua interpretazione geometrica?) 9. Senza far uso della calcolatrice, verificare quale dei seguenti numeri è il più grande 6 e e Soluzione degli esercizi Provare che se p è un numero primo, allora p è irrazionale. Soluzione Riadattiamo la dimostrazione fatta per dimostrare la irrazionalità di 2 per provare la irrazionalità di un qualunque numero primo. Supponiamo per assurdo che p = a b con a e b interi. Possiamo considerare (a, b) = 1 ( ricordiamo che (a, b) rappresenta il M.C.D. tra a e b). 9. Se 0 < b < a 0 < a 1 < b 1 : Soluzione Per prima cosa proviamo che a 1 > 0 : Infatti a 1 = a 1 1 = a 1 (a 1 a) = (a 1 ) 2 a > 0 a 1 > 0 Se a > b > 0 a b > 0 (a b)a 1 > 0a 1 = 0 aa 1 ba 1 > 0 (1 ba 1 ) > 0 b 1 (1 ba 1 ) > 0 b 1 b 1 ba 1 > 0 b 1 a 1 > 0 b 1 > a Osservazione Notiamo che 1 = 1 1 > 0. 47

48 Allora si ha p = a2 pb b 2 = a 2. Ne segue che p divide a 2 e pertanto 2 p divide a. Allora a = pr per un opportuno numero intero positivo r. Ne segue pb 2 = p 2 r 2 b 2 = pr 2. Si ha quindi che p divide b 2 da cui segue che p divide b. Allora b = ps per un opportuno numero intero positivo s. Ne segue (a, b) 1 e ciò è una contraddizione con le ipotesi fatte. Pertanto p è irrazionale. 2. Sia n Nl con n 2. Provare che n 2 è irrazionale Soluzione Supponiamo per assurdo che n 2 = a b con a e b interi. Possiamo considerare (a, b) = 1. Allora 2 = an b 2b n = a n. Ne segue che n 2 divide a n = aa n 1 Allora 2 divide uno dei due fattori a o a n 1. Supponiamo per assurdo che 2 non divida a. Allora 2 deve dividere a n 1. Scrivendo a n 1 = aa n 2 si ha che 2 deve dividere a n 2. Così proseguendo si ha che 2 deve dividere a, in contraddizione con l ipotesi fatta. Pertanto 2 divide a e quindi a = 2r per un opportuno intero positivo r. Ne segue 2b n = 2 n r n b n = 2 n 1 r n = 22 n 2 r n. Pertanto 2 divide b n e con un ragionamento analogo al precedente si ha che 2 divide b. Allora b = 2s per un opportuno intero positivo s e quindi (a, b) 1 contro le ipotesi fatte. Pertanto n 2 è irrazionale. 3. Il numero è irrazionale? Soluzione La risposta è affermativa. Supponiamo per assurdo che = a b sia razionale con a e b interi. Allora 2 = a b 2 è razionale, ma ciò è assurdo, perché è stato dimostrato che 2 è irrazionale.. Pertanto è irrazionale. 4. Il numero 2 2 è irrazionale? Soluzione La risposta è affermativa. Supponiamo per assurdo che 2 2 = a b sia razionale con a e b interi. Allora 2 = a 2b è razionale, ma ciò è assurdo e quindi 2 2 è irrazionale. 5. Il numero è razionale o irrazionale? ( Sapete qual è la sua interpretazione geometrica?) Soluzione 48

49 Il numero è irrazionale. Infatti, supponiamo per assurdo che sia razionale, ossia = a b dove a ed b sono interi. Si deduce quindi, con facili calcoli, che 5 = 2( a b ) ossia che 5 è razionale, che è una contraddizione. Il numero rappresenta il rapporto tra la sezione aurea di un segmento L ed L stesso. Ricordiamo che, dato un segmento L di lunghezza l si dice sezione aurea di L il segmento medio proporzionale tra tutto il segmento e la parte rimanente, ossia se x rappresenta la misura della sezione aurea di L si ha l : x = x : (l x) Da tale proporzione ricaviamo l 2 lx = x 2 x 2 + lx l 2 = 0. La soluzione positiva di tale equazione di secondo grado è x = l( ). In particolare si ottiene x l = l l = Il rapporto x l che non dipende da l si dice rapporto aureo. Tale quoziente viene indicato con la lettera φ, dalla lettera iniziale di Fidia, il famoso scultore greco che usò il rapporto aureo nelle sue opere. Talvolta viene indicato con φ il reciproco di , ossia = 2(1 + 5) (1 + 5)( 1 + 5) = = Il rapporto aureo ricorre abbastanza frequentemente in geometria. Nel pentagono regolare e nel pentagramma emerge naturalmente e questa peculiarità venne scoperta dai greci: nel rapporto fra il lato e la diagonale nel primo caso, mentre fra il lato del pentagono interno e il lato della punta stellata nel secondo caso. Il rapporto aureo si ritrova pure nel decagono regolare come rapporto fra la misura del lato e quella del raggio della circonferenza circoscritta, o ancora, trasferendoci nella geometria solida, perfino nel dodecaedro, un poliedro a dodici pentagoni, e nell icosaedro, entrambi solidi platonici (v. figura 8). Esistono inoltre dei poligoni definibili aurei, poiché presentano in alcune delle loro parti il rapporto aureo; il caso più emblematico è senz altro il rettangolo aureo, seguito dal triangolo aureo : Nel rettangolo il rapporto è rintracciabile fra il lato corto e quello lungo, mentre nel triangolo fra la misura di uno dei lati uguali e la base.. L equilibrio armonico che si percepisce nelle opere dell arte classica e rinascimentale è il risultato di un impostazione che si realizza in alcuni principi compositivi come l utilizzo della sezione aurea. In realtà vari esperimenti suggeriscono che la percezione umana mostra una naturale preferenza per le proporzioni in accordo con il rapporto aureo. Gli artisti, quindi, tenderebbero quasi inconsciamente a disporre gli elementi di una composizione in 49

50 Figura 8: I solidi platonici: tetraedro, cubo,ottaedro, dodecaedro, icosaedro 6. È vero che comunque presi due numeri irrazionali a e b la loro somma a + b è irrazionale? Soluzione La risposta è negativa. Per dimostrare ciò è sufficiente fornire un controesempio, cioè determinare due numeri irrazionali la cui somma è razionale. Consideriamo quindi i numeri 2+ 2 e 2 che sono irrazionali. Allora = 2 che è razionale. 7. È vero che l inverso di un numero irrazionale è irrazionale? Soluzione La risposta è affermativa. Sia a un numero irrazionale e supponiamo per assurdo che 1 a = m n con m e n interi. Allora a = n m è razionale, in contraddizione con l ipotesi fatta. base a tali rapporti. I greci lo usarono ampiamente nella costruzione di molti templi, tra cui il Partenone. La sua facciata si può inscrivere perfettamente in un rettangolo aureo. Il rapporto aureo suscitò grandi interessi tra gli artisti e i matematici del rinascimento, tra i quali Leonardo da Vinci, Piero della Francesca e Leon Battista Alberti. Era allora noto come la Divina proporzione e veniva considerato quasi la chiave mistica dell armonia nelle arti e nelle scienze. In molti quadri, soprattutto del Rinascimento, questa proporzione veniva usata moltissime volte all interno dell opera. Si dice, ad esempio, che nella rappresentazione di un panorama l orizzonte deve dividere l altezza del quadro secondo la sezione aurea per ottenere un risultato più soddisfacente. È curioso notare che anche le carte napoletane sono rettangoli aurei. 50

51 8. Senza far uso della calcolatrice, verificare quale dei seguenti numeri è il più grande 6 e e Dimostrazione Osserviamo che 6 e 3 15 sono numeri positivi e che ( 6) 6 = 6 3 = 216 e ( 3 15) 6 = 15 2 = 225. Si ha quindi ( 6) 6 = 216 < 225 = ( 3 15) 6. Notiamo che se a e b sono numeri reali positivi si ha a b a 6 b 6. Possiamo utilizzare questa proprietà per concludere dicendo che 6 < Ragioniamo come nell esercizio precedente. Osserviamo che 3 7 e 4 17 sono numeri reali positivi, essendo radici aritmetiche. Poiché ( 3 7) 12 = 7 4 = 2401 e ( 4 14) 12 = 14 3 = 2744 ed essendo 2401 < 2744 si ha che 3 7 < Nell esercizio utilizziamo la seguente proprietà dei numeri reali. Se ae b sono due numeri reali positivi, allora a b a n b n qualunque sia n Nl. 51

52 5 Sistemi lineari La teoria dei sistemi lineari riveste un importante ruolo non solo all interno della matematica ma soprattutto nelle sue applicazioni. Lo studente dovrebbe aver studiato, nelle scuole secondarie, i sistemi di due equazioni lineari in due incognite. Qui ci proponiamo di affrontare il problema più generale di sistemi di m equazioni lineari in n incognite ed utilizzeremo la teoria delle matrici e dei determinanti. Richiamiamo prima di tutto i seguenti concetti: 5.1 Equazioni lineari Un equazione del tipo ax = b dove a e b sono numeri reali di cui a 0, si dice equazione algebrica lineare a coefficienti reali nella variabile x. Per esempio 2x = 3 e πx = 2 sono esempi di equazioni algebriche lineari a coefficienti reali. Un equazione del tipo ax + by = c con a, b, c numeri reali ed uno tra i coefficienti a, b è diverso da 0, si dice equazione algebrica lineare a coefficienti reali nelle variabili x ed y. Le equazioni 3x+4y = 2 e 2x+ 3 4y = 5 sono esempi di equazioni algebriche lineari nelle variabili x ed y a coefficienti reali. Più in generale si dice equazione algebrica lineare ( o anche equazione lineare) nelle n variabili {x 1, x 2,..., x n } a coefficienti reali un equazione del tipo a 1 x 1 + a 2 x a n x n = b (7) dove almeno uno dei coefficienti a 1,..., a n è diverso da 0. L equazione 2x x 2 + 4x 2 + 3x 3 + 5x 4 + πx 5 = 6 è un esempio di equazione algebrica lineare nelle variabili x 1, x 2, x 3, x 4, x 5 a coefficienti reali. Osservazione: Quando il numero delle variabile è n, cioè un numero fissato ma arbitrario, allora si preferisce indicarle con x 1, x 2,... x n. Se invece il numero delle variabili è un numero sufficientemente piccolo e ben precisato, allora si preferisce indicarle con lettere distinte. Per esempio se le variabili sono quattro, si usa indicarle con x, y, z, w. Definizione 5.1 Si dice soluzione dell equazione (7) una n-pla ordinata a 1, a 2,..., a n di numeri reali tale che, sostituita al posto delle variabili x 1, x 2,... x n, soddisfa l equazione (7). Il numero a i con i = 1,... n si dice coordinata o componente della n-pla a 1,... a n nella posizione i. Esempio Si consideri l equazione 2x + y = 1. Allora la coppia (0, 1) è una soluzione. Se poniamo x = t allora tutte e sole le soluzioni dell equazione 52

53 possono essere scritte nella forma (t, 1 2t) con t che varia nell insieme dei numeri reali. Per esempio, se t = π, allora una soluzione è (π, 1 2π). 5.2 Sistemi lineari: analisi di alcuni semplici esempi Cominciamo considerando alcuni semplici esempi di sistemi lineari cioè sistemi costituiti da 2 equazioni algebriche lineari in 2 incognite. Lo scopo è quello di determinare tutte ( se esistono) le possibili coppie ordinate di numeri reali che sono soluzioni delle 2 equazioni del sistema. Due sistemi lineari di due equazioni in due incognite li diremo equivalenti se ammettono le stesse soluzioni. Se ax + by = c e dx + ey = f sono le due equazioni allora il sistema si scrive nella forma: { ax + by = c dx + ey = f Una strategia per risolvere (se possibile) il sistema suddetto è quello di ricondurci ad un sistema equivalente di cui è facile determinarne le soluzioni. Vediamone alcuni esempi a) Consideriamo il sistema: { x y = 1 2x y = 0 Si nota prima di tutto che, il coefficiente dell incognita x nella prima equazione è diverso da zero. Un metodo per risolvere il sistema consiste della seguente strategia. Si sostituisce la seconda equazione con un altra che abbia il coefficiente della x uguale a 0 e tale che non si abbiano alterazioni nelle soluzioni del sistema. Per questo si somma al primo membro della seconda equazione il primo membro della prima equazione moltiplicato per 2 ed al secondo membro della seconda equazione il secondo membro della prima equazione moltiplicato per 2. Vediamo i passaggi. { x y = 1 2x y = 0 { x y = 1 2x y 2(x y) = { x y = 1 y = 2 53

54 Adesso, per determinare la soluzione si sostituisce y = 2 nella prima equazione. Si ottiene quindi { y = 2 x = 1 Per essere certi di aver fatto bene i conti, basta fare la verifica, ossia si sostituisce x = 1 e y = 2 nelle due equazioni. Se queste sono soddisfatte dalla coppia ( 1, 2) vuol dire che abbiamo fatto bene i conti. Infatti si ha { 1 ( 2) = 1 2( 1) ( 2) = 0 Ripetiamo lo stesso procedimento in quest altro esempio: b) { x y = 2 3x 3y = 6 { x y = 2 3x 3y 3(x y) = { x y = 2 0x + 0y = 0 x y = 2. In questo caso il sistema si riduce ad un unica equazione, precisamente all equazione x y = 2, perché la seconda equazione ammette come soluzioni tutte le coppie ordinate di numeri reali. Pertanto si hanno infinite soluzioni. Se poniamo x { = t, allora tutte le soluzioni del x = t sistema si descrivono nella forma con t Rl, o anche y = 2 + t come coppie (t, 2 + t). Analizziamo adesso quest altro esempio: c) { x y = 2 3x 3y = 4 { x y = 2 3x 3y 3(x y) = { x y = 2 0 = 2 In questo caso si giunge ad una contraddizione perché non può essere 0 = 2. Un tale sistema si dice inconsistente. Ciò vuol dire che non ci sono soluzioni. 54

55 Volendo studiare il problema di sistemi lineari di m equazioni in n incognite, possiamo utilizzare un metodo che generalizza quello esaminato negli esempi precedenti e che è detto di Gauss, 30 ma in queste note utilizzeremo un altro metodo, cioè faremo uso delle matrici e dei determinanti che hanno applicazioni anche in altri contesti. Prima di affrontare il problema dello studio di un sistema lineare di m equazioni in n incognite forniamo alcuni esempi che ci fanno intuire come questo strumento intervenga in molti contesti. Esempi 5.2 a) Il seguente problema è attribuito ad Euclide. Un asino ed un mulo viaggiano insieme, portando un carico di sacchi di grano. L asino si lamenta per il carico eccessivo ed il mulo dice: di che ti lamenti? se tu mi dessi uno soltanto dei tuoi sacchi io ne avrei il doppio di te. Ma se ti dessi uno dei miei sacchi, ne avremmo lo stesso numero. Dimmi, o sapiente lettore, quanti sacchi porta l asino e quanti il mulo. Il problema si imposta nella risoluzione del seguente sistema lineare, dove x rappresenta il numero di sacchi dell asino ed y il numero di sacchi del { mulo. Svolgendo i calcoli si vede che deve essere x = 5 e y + 1 = 2(x 1) y = 7. y 1 = x + 1 b) Consideriamo il seguente problema di traffico. Sia data una maglia di strade come indicata in figura (9). Supponiamo che in un nodo valga le legge di Kirchhoff (ossia la somma algebrica dei flussi di traffico in un nodo è nulla). Si suppone per comodità che il traffico in arrivo in un nodo sia indicato col segno +, mentre quello in uscita da un nodo venga indicato col segno. Si chiede di determinare i flussi indicati con le lettere x 1, x 2, x 3, x 4 (per flusso si supponga di intendere il numero di macchine che passano in un ora. Tenendo conto della legge di Kirchhoff il problema è ricondotto a risolvere il seguente sistema lineare 30 Carl Friedrich Gauss ( ) è stato uno dei più grandi matematici di tutti i tempi. 55

56 che è equivalente a quest altro x 1 x = 0 x 1 + x = 0 x 3 + x = 0 x 2 x = 0 x 1 + x 4 = 70 x 1 + x 2 = 30 x 3 + x 4 = 40 x 2 + x 3 = 60 La risoluzione del suddetto sistema non è difficile ma un pò più complicata di quella dell esercizio precedente. Si capisce quindi come, volendo risolvere esercizi di questo tipo, possano subentrare problemi di risoluzione di sistemi di m equazioni in n incognite. Dobbiamo quindi imparare dei metodi per risolvere tali sistemi. Questi metodi devono essere efficienti, cioè ci devono mettere in condizioni di sapere nel minor tempo possibile, se ci sono soluzioni ( e quindi di determinarle ) oppure di capire che non ci sono. Per questo motivo introduciamo lo strumento delle matrici che trova applicazioni anche in altri contesti. 5.3 Come si scrive un sistema lineare Se abbiamo un sistema lineare di m equazioni in n incognite, in cui sono dati i coefficienti delle incognite e sono precisati esattamente m ed n, allora il sistema si scrive come abbiamo fatto negli esempi precedenti. Quando, però, dobbiamo studiare le proprietà generali di un sistema lineare, senza specificare esattamente i coefficienti delle incognite né chi sono m ed n, allora dobbiamo usare una opportuna notazione. Consideriamo quindi il caso generale, ossia un sistema di m equazioni lineari nelle n incognite x 1, x 2,..., x n. Il sistema lineare si scrive nella forma a 11 x 1 + a 12 x a 1n x n = b 1 a 21 x 1 + a 22 x a 2n x n = b 2 (8) =... a m1 x 1 + a m2 x a mn x n = b m 56

57 Figura 9: maglia di strade Gli elementi che abbiamo indicato con a 11, a 12 etc. ( si leggono a uno uno, a uno due e così via) rappresentano numeri reali e sono detti coefficienti del sistema. Il modo di rappresentarli è il seguente. a 11 sta ad indicare il coefficiente della incognita x 1 che è nella prima equazione. a 12 indica il coefficiente della seconda incognita x 2 nella prima equazione. In generale la scrittura a ij sta ad indicare il coefficiente dell incognita x j che si trova nella i esima equazione. Così, per esempio, se scriviamo a 25, intendiamo il coefficiente dell incognita x 5 che si trova nella seconda equazione. Definizioni Una n pla ordinata di numeri reali (a 1, a 2, a n ) è una soluzione del sistema (8) se, sostituito x 1 con a 1, x 2 con a 2, x n con a n si ha che tale n-pla soddisfa tutte le equazioni del sistema (8). 2. Due sistemi lineari in n incognite si dicono tra loro equivalenti se ammettono le stesse soluzioni. Esempi 5.4 2x + 3y z + 3t = 2 x + 4y + 2z t = 1 x + 4y 5z 4t = 0 è un sistema di 3 equazioni in 4 incognite. 57

58 x + 2y z = 2 2x + 3y + 4z = 0 x + 5y + z = 3 y + 2z = 1 è un sistema lineare di 4 equazioni in 3 incognite. Si osservi che nella quarta equazione del sistema lineare non compare l incognita x. Ciò vuol dire che il coefficiente della x è 0. { 2x 2 + 2y = 1 x y = 2 non è un sistema lineare perché nella prima equazione l incognita x compare all esponente 2. 58

59 6 Matrici e determinanti 6.1 Matrici Definizione 6.1 Si dice matrice A di m righe ed n colonne ( in breve d ordine m n) a coefficienti reali una tabella di numeri reali della seguente forma: a 11 a 12 a 1n a 21 a 22 a 2n A =. (9) a m1 a m2 a mn Il numero reale a ij è l elemento di posto (i, j) dove i indica la riga e j indica la colonna. Nel seguito scriveremo semplicemente matrice d ordine m n per matrice d ordine m n a coefficienti reali 31 a 1j a La m-pla 2j con 1 j n si dice colonna j -esima ( o anche a mj vettore colonna ( j -esimo). ) La n-pla a i1 a i2 a in con 1 i m si dice riga i-esima ( o anche vettore riga i-esimo). Se poniamo a 11 a 1n A 1 a = 21,, An a = 2n a m1 a mn allora la matrice può essere scritta nella forma A = (A 1 A n ) dove A 1,, A n sono le colonne di A. In modo analogo se A 1 = (a 11, a 12,..., a 1n ) A 2 = (a 21, a 22,..., a 2n ).. A m = (a m1, a m2,..., a mn ) 31 Si possono considerare matrici in cui i coefficienti appartengono a insiemi numerici diversi dai reali, ma in queste note ci limitiamo a considerare matrici a coefficienti reali. 59

60 rappresentano le righe, allora la matrice può essere scritta nella forma: A 1 A A = 2. A m Sia A una matrice d ordine m n. Se m coincide con n, diciamo che A è una matrice quadrata d ordine n Esempi 6.2 Consideriamo la tabella Questa è una matrice d ordine 3 3 ( o anche matrice quadrata d ordine 3). Si noti che il numero 0 è nella posizione (1, 2) ossia nell intersezione tra la prima riga e la seconda colonna, mentre il numero 3 è nella posizione (2, 1) ossia nell intersezione tra la seconda riga e la prima colonna. La terna (2, 0, 1) rappresenta la prima riga (o primo vettore riga) mentre la terna (4, 1, 1) indica la terza riga. Così la terna rappresenta la seconda colonna. La tabella ( è una matrice rettangolare d ordine 2 3 (perché il numero delle righe è diverso dal numero delle colonne. 6.2 Operazioni sulle matrici: somma, moltiplicazione per uno scalare e prodotto righe per colonne Somma di matrici Definizione 6.3 Siano date due matrici A e B dello stesso ordine m n : A = a 11 a 1n.. a m1 a mn B = 60 ) b 11 b 1n.. b m1 b mn.

61 Allora definiamo Esempi Sia A = 2. A = A + B = ( ) e B = a 11 + b 11 a 1n + b 1n.. a m1 + b m1 a mn + b mn e B = ( ) allora A + B =.. Allora A + B = ( a 11 a 1n Definizione 6.5 Data una matrice A =.. a m1 a mn m n ed un numero reale k si definisce ka 11 ka 1n ka =.. ka m1 ka mn la matrice che ha come elemento di posto (i, j), l elemento ka ij. ). d ordine Esempi Sia A = 2. Sia A = ( ). Allora 2A =. Allora 3A = ( ) Proprietà della somma e della moltiplicazione per uno scalare Lemma 6.7 Siano A, B e C tre matrici dello stesso ordine (cioè del tipo m n) e siano c e d numeri reali. Allora (10) 61

62 1. A + B = B + A (proprietà commutativa) 2. A + (B + C) = (A + B) + C (proprietà associativa) 3. A + O = A (O rappresenta la matrice con tutti gli elementi 0) 4. A A : A + A = O 5. (c + d)a = ca + da 6. c(da) = (cd)a 7. c(a + B) = ca + cb 8. 1A = A Dimostrazione Verifichiamo le proprietà 1) e 4) e lasciamo le altre come esercizio. Proprietà 1): a 11 a 1n.. a m1 a mn b 11 b 1n a 11 + b 11 a 1n + b 1n +.. =.. = b m1 b mn a m1 + b m1 a mn + b mn b 11 + a 11 b 1n + a 1n b 11 b 1n a 11 a 1n.. = b m1 + a m1 b mn + a mn b m1 b mn a m1 a mn Verifichiamo ora la 4) a 11 a 1n Sia A =.. a m1 a mn e poniamo ( A) = a 11 a 1n a 11 a 1n a m1 a mn a m1 a mn = = 0. a 11 a 1n... a m1 a mn a 11 a 11 a 1n a 1n... Allora a m1 a m1 a mn a mn = 62

63 6.2.3 Prodotto righe per colonne Definizione 6.8 Siano date due matrici a 11 a 1p A =.. a m1 a mp e B = b 11 b 1n.. b p1 b pn con A d ordine m p e B d ordine p n. Allora definiamo la seguente matrice d ordine m n, detta prodotto righe per colonne delle due matrici c 11 c 1n date, nel seguente modo: C = A B =.., dove l elemento c m1 c mn di posto (i, j) nella matrice C, cioè c ij, è così ottenuto: c ij = a i1 b 1j + a i2 b 2j + a i3 b 3j + + a ip b pj Osservazione: Notiamo che è possibile effettuare il prodotto righe per colonne tra due matrici A e B se e solo se il numero delle colonne di A è uguale al numero delle righe di B. Esempi Siano A = 2. Siano A = ( AB = ) B = ( ). Allora ( e B = ) = = ( Allora = )

64 3. Consideriamo la matrice colonna A = ( ) B = 1 2 Allora AB = ( 1 2 ) ( 1 2 ) = ( 1 2 ) ( e la matrice riga ) e ( BA = 1 2 ) ( 1 2 ) = = 5 Osservazione: L ultimo esempio mostra che non vale la proprietà commutativa nel prodotto righe per colonne = ( 1) = ( ( ) = ( 1) ) ( = ) Definizione La matrice quadrata I d ordine n I = che ha 1 sulla diagonale principale ( cioè a 11 = a 22 = = a nn = 1) e 0 negli altri posti si dice matrice unità d ordine n. Se A è una matrice quadrata d ordine n allora AI = IA = A 64

65 2. Data una matrice quadrata A d ordine n si dice che A è invertibile se esiste una matrice quadrata, indicata con A 1 e detta matrice inversa di A, tale che AA 1 = A 1 A = I. Si veda nel paragrafo 7.5 un metodo per calcolare A Determinante di una matrice quadrata ( ) a11 a Definizione 6.11 Data una matrice quadrata A = 12 d ordine a 21 a 22 2 si dice determinante di A il numero a 11 a 22 a 12 a 21 che si indica con A o det(a). Per esempio si ha = 2 1 = 1 Definizione 6.12 Se A è una matrice quadrata d ordine n allora definiamo A ij la sottomatrice di A ottenuta cancellando la riga i-esima e la colonna j -esima. A ij si dice complemento algebrico dell elemento a ij. Definizione 6.13 Se A = a 11 a 12 a 13 a 21 a 22 a 23 a 31 a 32 a 33 allora definiamo A = a 11 A 11 a 12 A 12 + a 13 A 13. (11) La formula (11) può essere riscritta nella forma Esempi 6.14 A = ( 1) 1+1 a 11 A 11 + ( 1) 1+2 a 12 A 12 + ( 1) 1+3 a 13 A 13 Calcoliamo il seguente determinante: = = 0. 65

66 6.3.1 Caso generale Diamo adesso la definizione, in generale, di determinante di una matrice quadrata d ordine n. Definizione 6.15 Se A è una matrice quadrata d ordine n a 11 a 12 a 1n a 21 a 22 a 2n A =.... a n1 a n2 a nn Si definisce determinante di A il numero A = ( 1) 1+1 a 11 A 11 + ( 1) 1+2 a 12 A ( 1) 1+n a 1n A 1n dove A 1j {j = 1,..., n}, 33 rappresenta il determinante del complemento algebrico dell elemento a 1j. Osservazione Il determinante di A 1j per 1 j n si calcola per ricorrenza, cioè facendo ricorso al calcolo dei determinanti dei complementi algebrici d ordine inferiore. Esempio 6.16 Calcoliamo il determinante della matrice Allora si ha = Quando abbiamo la somma di n termini, per esempio a 1 + a a n allora si scrive n ai. Tenendo conto della notazione appena introdotta, il determinante di A i=1 si scrive nel seguente modo: n A = ( 1) 1+j a 1j A 1j. j=1 66

67 Adesso dobbiamo calcolare il determinante dei complementi algebrici, ossia il determinante delle sottomatrici d ordine 3. Si ha A 11 = = ( 1) = Analogamente si prova che A 12 = 0, A 13 = 1 A 14 = 3. Pertanto A = ( 1) 3 = 3. Nota Questo esempio ci mostra che il calcolo dei determinanti può essere molto lungo. Per questo motivo è indispensabile individuare alcune proprietà dei determinanti che ci permettano di calcolarli ricorrendo al minor numero possibile di operazioni Proprietà del determinante Iniziamo con la seguente Prima proprietà Sia A una matrice quadrata d ordine n A = a 11 a 1n a n1 a nn Allora il determinante può essere calcolato sviluppandolo rispetto agli elementi della riga i-esima oppure agli elementi della colonna j -esima. 34 Più precisamente Esempi n A = ( 1) i+j a ij A ij. j=1 n A = ( 1) i+j a ij A ij. (12) i=1 34 Questa regola prende il nome di sviluppo del determinante secondo Laplace. Pierre- Simon de Laplace ( ) è stato un grande astronomo e matematico francese. 67

68 1. Calcoliamo il seguente determinante sviluppandolo secondo gli elementi della prima riga A = = = 1 2 = Calcoliamo ora il determinante sviluppandolo secondo gli elementi della terza riga. Allora si ha 2 0 A = = = 1 3. Adesso sviluppiamo il determinante secondo gli elementi della seconda colonna. Allora si ha 2 1 A = = = Dalla proprietà (12) si deduce facilmente il seguente Corollario 6.18 Sia A una matrice quadrata e supponiamo che gli elementi di una riga oppure di una colonna siano tutti zero. Allora A = Per esempio 1 0 = 0 Forniamo adesso altre proprietà del determinante che ci faranno comodo più avanti. Delle prime riportiamo solamente l enunciato, mentre delle ultime scriviamo anche la dimostrazione. Prima, peró, ricordiamo che se A è una matrice d ordine m n allora si indica anche con A 1. A = A i dove A 1, A 2,..., A m rappresentano le m righe oppure si. A m denota con A = (A 1, A 2,..., A i,..., A n ) dove A 1, A 2, A n rappresentano le n colonne. Seconda proprietà Sia A una matrice quadrata d ordine n. Se moltiplichiamo una colonna ( oppure una riga ) per un coefficiente k allora il determinante risulta moltiplicato per k, ossia se 68

69 A = (A 1, A 2,, A i,, A n ) allora Se A = allora A 1. A i. A n, A 1, A 2,, ka i,, A n = k A. A 1. ka i. A n = k A. Esempi 6.19 ( ) 2 1 Consideriamo la matrice A =. Allora A = 3. Moltiplichiamo la seconda colonna per 3. Allora si ha B = con 5 1 ( ) B = 6 15 = 9 = Terza proprietà Sia A una matrice quadrata. Sia A = (A 1, A 2,, A i,, A n ). Supponiamo che la colonna A i = B i +C i, allora si ha A = A 1, A 2,, A i,, A n = A 1, A 2,, B i + C i,, A n ) Sia A = A 1. A i. A n A 1, A 2,, B i,, A n + A 1, A 2,, C i,, A n (13) e supponiamo che A i = B i + C i, allora 69

70 A = A 1. B i + C i. A n A 1 A 1.. = B i + C i.. A n A n (14) Esempio 6.20 ( ) 1 5 Consideriamo la matrice A =. Pensiamo la seconda colonna 2 3 ( ) 5 come somma delle colonne 3 ( 5 3 ) = ( 2 1 ) + ( 3 2 ) Allora si ha A = = Quarta proprietà Sia A una matrice quadrata d ordine n. Se A possiede due colonne oppure due righe proporzionali allora A = Pertanto se A = (A 1, A 2,, A i, A j,, A n ) con A i = ka j, i j, allora A = 0. Analogamente se A = A 1. A i. A j. A n con A i = ka j allora A = Due righe (oppure due colonne) A i e A j si dicono proporzionali se A i = ka j per un opportuno k lr 70

71 Da questa proprietà discende facilmente quanto segue Corollario 6.21 Sia A una matrice quadrata d ordine n. Supponiamo che due colonne (oppure due righe) siano uguali tra loro, allora A = 0. Quindi se A = (A 1, A 2, A i, A j,, A n ) con A i = A j allora A = 0. Se A = Esempio 6.22 Sia A = A 1. A i. A j. A n con A i = A j allora si ha A = Poiché la seconda e la terza colonna sono uguali tra loro possiamo affermare, senza bisogno di far conti che A = 0. ( ) 1 2 Consideriamo la matrice A =. Le righe (le colonne) sono tra loro proporzionali e si ha 1 2 = 0 Quinta proprietà Sia I la matrice identica, ossia la matrice in cui i coefficienti a ii sono uguali ad 1 e tutti gli altri sono zero. Allora I = 1 Questa proprietà si verifica facilmente utilizzando la regola di Laplace. Dalle proprietà sopra enunciate possiamo dedurre queste altre conseguenze. Sesta proprietà Sia A una matrice quadrata d ordine n. Se si scambiano due colonne (oppure due righe) allora il determinante cambia di segno. 71

72 36 A 1, A 2,, A i,, A j,, A n = A 1, A 2,, A j,, A i,, A n. Se si scambiano due righe allora, con una dimostrazione analoga alla precedente, si dimostra che A 1 A 1.. A i A j. =. A j A i.. A n A n Esempi = 1, mentre = 1. Settima proprietà Sia A una matrice quadrata d ordine n 36 Dimostrazione della sesta proprietà Sia A = (A 1, A 2,, A i,, A j,, A n ) e consideriamo la matrice  = (A 1, A 2,, A i + A j,, A j + A i,, A n ) dove alla colonna i-esima aggiungiamo la colonna j -esime ed alla colonna j -esima aggiungiamo la colonna i-esima. Allora,tenendo conto del corollario 6.21 e della proprietà 13 si ha 0 = A 1, A 2,, A i + A j,, A j + A i,, A n = A 1, A 2,, A i,, A j + A i,, A n + A 1, A 2,, A j,, A j + A i,, A n = A 1, A 2,, A i,, A j,, A n + A 1, A 2,, A i,, A i,, A n + A 1, A 2,, A j,, A j,, A n + A 1, A 2,, A j,, A i,, A n Tenendo conto ancora del corollario 6.21 si ha A 1, A 2,, A i,, A i,, A n = 0 e A 1, A 2,, A j,, A j,, A n = 0. Quindi si ottiene ossia 0 = A 1, A 2,, A i,, A j,, A n + A 1, A 2,, A j,, A i,, A n A 1, A 2,, A i,, A j,, A n = A 1, A 2,, A j,, A i,, A n 72

73 Se alla colonna A i della matrice A si somma un altra colonna A j (con i j ) moltiplicata per un numero reale k, allora il determinante non cambia. Analogamente se alla riga A i si somma la riga j -esima (i j ) moltiplicata per un numero reale k allora il determinante non cambia. Ossia si ha A 1, A 2,..., A i,..., A j,..., A n = A 1, A 2,, A i +ka j,..., A j,..., A n. (15) 37 Con una dimostrazione analoga alla precedente si ha che A 1 A 1.. A i + ka j A i. =. A j A j.. A n A n (16) Esempi 6.24 ( ) Consideriamo la matrice. Allora = 1. Moltiplichiamo la seconda colonna per 2 e sommiamola alla prima colonna Allora si ha = = Dimostrazione della settima proprietà. Sia data la matrice A = (A 1, A 2,..., A i,..., A j,..., A n ) e consideriamo la matrice  = A 1, A 2,..., A i + ka j,..., A j,..., A n ottenuta da A aggiungendo alla colonna A i la colonna ka j. Allora, tenendo conto della terza proprietà si ha A 1, A 2,..., A i + ka j,..., A j,..., A n = A 1, A 2,..., A i,..., A j,..., A n + A 1, A 2,..., ka j,..., A j,..., A n = A 1, A 2,..., A i,..., A j,..., A n + k A 1, A 2,..., A j,..., A j,..., A n. Tenendo conto del corollario 6.21 applicato all ultimo addendo si ha A 1, A 2,..., A i + ka j,..., A j,..., A n = A 1, A 2,..., A i,..., A j,..., A n = A 73

74 Consideriamo la matrice A = Se calcoliamo il determinante sviluppando per gli elementi della prima riga si vede che A = 1. Sommiamo adesso la terza colonna alla seconda colonna. Allora, per la proprietà sopra enunciata, si ha A = = = Ora calcoliamo il determinante sviluppandolo secondo gli elementi della seconda colonna. In questo caso facciamo un numero di operazioni inferiore al caso precedente. Quindi si ha = = 2 3 = 1. Osservazione: L ultima proprietà ci suggerisce la seguente considerazione. Quando si deve calcolare il determinante di una matrice quadrata d ordine sufficientemente alto conviene procedere nel seguente modo. Si operano alcune delle trasformazioni sopra indicate (cioè(16) e (15) ) per fare in modo che una riga o una colonna presenti il maggior numero possibile di zeri. Esempio 6.25 Vogliamo calcolare il determinante della seguente matrice. A = Aggiungiamo la terza riga alla seconda. Allora si ha A =

75 Adesso aggiungiamo la terza riga alla quarta riga. Allora si ha A = Ora moltiplichiamo la terza riga per 3 e la sommiamo alla prima riga. Si ha A = = Adesso moltiplichiamo la seconda riga per 1e sommiamola alla prima riga Quindi si ha A = Moltiplichiamo ora la prima colonna per e sommiamola alla terza. Allora si ha A = = La regola di Sarrus Diamo adesso una regola (detta di Sarrus) che permette di calcolare in un altro modo ( che talvolta è più semplice di quello definito precedentemente) il determinante di una matrice quadrata d ordine 2 o 3. Nota bene: Si precisa che la regola, che adesso definiamo, vale solo per le matrici quadrate d ordine 2 e 3, cioè non è soddisfatta dalle matrici quadrate d ordine superiore a 3.. Sia A = a 11 a 12 a 13 a 21 a 22 a 23 a 31 a 32 a 33 una matrice quadrata d ordine 3. Consideriamo una matrice d ordine 3 5 ( nel caso delle matrici d ordine 2, una nuova matrice d ordine 2 4) ottenuta 75

76 aggiungendo alla matrice A le prime due colonne di A. Allora A = a 11 a 12 a 13 a 11 a 12 a 21 a 22 a 23 a 21 a a 31 a 32 a 33 a 31 a 32 ovvero si ottiene dalla somma algebrica dei prodotti lungo le diagonali discendenti con segno positivo e dei prodotti lungo le diagonali ascendenti con segno negativo, cioè: A = a 11 a 22 a 33 +a 12 a 23 a 31 +a 13 a 21 a 32 a 31 a 22 a 13 a 32 a 23 a 11 a 33 a 21 a 12 Esempi 6.26 Calcoliamo il determinante delle seguenti matrici con la regola di Sarrus. 1. A = = A = = ( ) = = = ( ) = = = ( ) ( ) = 3 Esercizi Calcolare il determinate delle seguenti matrici 76

77 Risposta 24 Risposta 54 Risposta Risposta 21 Risposta 0 Risposta

78 Risposta Date le matrici A = determinare la matrice AB ( ) e B = Si può fare il prodotto righe per colonne BA? Soluzione Il prodotto AB si può fare perché la matrice A ha tante colonne quante sono le righe di B. Allora AB risulta essere una matrice 2 4, ossia si ha AB = ( ) = ( Il prodotto BA non si può fare perché la matrice B possiede quattro colonne, mentre la matrice A ha due righe. ( ) Date le matrici A = e B = 1 determinare AB Soluzione Si ha ( ) = ( Siano A e B due matrici quadrate d ordine n. Mostrare con un esempio che non è vera la seguente affermazione ). ) A + B = A + B. 78

79 Soluzione ( ) ( ) Consideriamo le matrici A = e B =. Allora ( ) 3 1 A + B = con A + B = 1, mentre A + B = Per quali valori del parametro λ il determinante della seguente matrice è nullo? λ λ Soluzione Calcoliamo il determinate della matrice sviluppandolo secondo gli elementi della seconda colonna. Conviene operare in questo modo, anziché svilupparlo secondo la regola di Sarrus, perché nella seconda colonna sono presenti due zeri e quindi si fanno meno calcoli rispetto alla regola di Sarrus. Allora si ha λ λ = 1 λ 2 1 λ = (λ2 2). Pertanto il determinante si annulla per λ 2 2 = 0 ossia per λ = ± Abbiamo sottolineato precedentemente che la regola di Sarrus si applica solamente alle matrici quadrate d ordine 2 e 3. Provi lo studente a costruire esempi di matrici d ordine 4 e 5 per i quali non vale tale regola (chiaramente un controesempio si può esibire per ogni ordine maggiore di 3). Qui sotto diamo un esempio di matrice d ordine 4 per la quale non vale tale regola. Consideriamo la matrice Osserviamo prima di tutto che la quarta riga è proporzionale alla prima. Quindi, senza far calcoli, possiamo affermare che il determinante, 79

80 secondo la regola che abbiamo introdotto, è nullo. D altra parte, se lo calcolassimo, applicando la regola di Sarrus otterremmo = ( ) ( ) = 4 che è una contraddizione. Il seguente teorema mostra che il determinante del prodotto di due matrici coincide col prodotto dei determinanti delle singole matrici. Una analoga proprietà ( come indicato negli esercizi ) non vale per la somma. Teorema 6.28 (Binet) Siano A e B due matrici quadrate d ordine n, allora AB = A B. Esempi 6.29 Sia A = ( ) e B = A B = ( ) Allora = 1 1 = 1. D altra parte ( e 1 2 = 1. ) ( ) = ( ) 80

81 7 Applicazioni dei determinanti allo studio dei sistemi lineari 7.1 Minori e caratteristica di una matrice Adesso utilizziamo la teoria dei determinanti allo studio dei sistemi lineari. Per questo motivo abbiamo bisogno di introdurre alcuni concetti. Iniziamo con la seguente Definizione Data una matrice A d ordine m n si dice sottomatrice di A una matrice M d ordine s t (con s m, t n) che possiede come coefficienti gli elementi in comune a s righe e a t colonne date di A. 2. Data una matrice d ordine m n, si dice minore d ordine r di A (r min(m, n)) 38 una sottomatrice quadrata M di A d ordine r. Esempi 7.2 Sia A = Consideriamo la prima( e terza riga ) e la seconda e quarta colonna. Allora 1 3 otteniamo il minore M =. 2 3 Prendiamo adesso gli elementi in comune alle tre righe della matrice ed alla prima, terza e quarta colonna, allora otteniamo il seguente minore d ordine tre: Definizione 7.3 Sia data una matrice A d ordine m n. Allora si dice caratteristica di A il massimo ordine dei minori con determinante non nullo La scrittura r min(m, n) significa che r è minore od uguale al più piccolo tra m ed n. Per esempio r min(3, 4) significa r La definizione ci dice che deve esistere in A una sottomatrice M d ordine r con M = 0 e tutti i minori M d ordine s di A con s > r (se esistono) hanno determinante nullo. 81..

82 Esempi 7.4 Sia data la matrice A = Si vede facilmente che A = 1 (ciò può essere calcolato, per esempio, con la regola di Sarrus). In questo caso la caratteristica di A è Prendiamo adesso in considerazione la seguente matrice A = Si ha A = Quindi la caratteristica ( non ) può essere 3. Si osserva che 1 2 la seguente sottomatrice quadrata ottenuta dalle prime due righe e dalle prime due colonne, ha determinante diverso da 0. Quindi la 1 1 caratteristica della matrice è 2. Prima di analizzare altri esempi sul calcolo della caratteristica di una matrice, diamo la seguente definizione ed enunciamo un lemma che è di notevole utilità. Definizione 7.5 Sia A una matrice d ordine m n e sia M un minore di A d ordine r con r min(m, n). Si dice orlato di M una sottomatrice quadrata L di A d ordine r + 1 che contiene M come sottomatrice. Esempio 7.6 Sia A = e si consideri la seguente sottomatrice M d ordine 2, ottenuta considerando le prime due righe e le prime due colonne: ( ) M =. Allora la sottomatrice L = ottenuta dalle prime tre righe e prime tre colonne, è un orlato di M. Teorema 7.7 ( degli orlati o di Kronecker) Sia A una matrice d ordine m n. Allora A ha caratteristica r se e solo se esiste un minore M d ordine r con determinante non nullo e tutti gli orlati di M (se esistono) hanno determinante nullo. 40 Si noti che la prima e la terza colonna sono uguali 82

83 Esempi Vogliamo determinare la caratteristica della matrice A = In questo caso, per la determinazione della caratteristica di A, conviene procedere nel seguente modo: per prima cosa si guarda se la caratteristica è almeno ( 2. ) Si vede facilmente che, se consideriamo 1 1 il minore M = allora M = Prendiamo adesso in esame gli orlati di questo minore. Cominciamo con l orlato M 1 = Allora si ha M 1 = 17. Poiché un minore di A non può avere ordine maggiore di 3 ed abbiamo trovato un minore di A d ordine 3 con determinante diverso da 0 si ha che la caratteristica di A è Determiniamo adesso la caratteristica della matrice A = Consideriamo M = ( in esame il seguente orlato di M : M 1 = M 1 = 0. ) si ha M = 4. Prendiamo adesso Si ha Per la determinazione della caratteristica dobbiamo controllare se c è un minore d ordine 3 di A con determinante non nullo. Nel calcolo precedente abbiamo considerato un orlato d ordine 3 di M con determinante nullo. Questo fatto non ci dice che la caratteristica è 2 perché può esserci un altro minore d ordine 3 non nullo. Osserviamo che la matrice A, che è d ordine 3 4, possiede 4 sottomatrici quadrate d ordine tre. Queste si ottengono dalla matrice A cancellando 41 Questo minore si ottiene considerando gli elementi in comune alle prime due righe ed alle prime due colonne 83

84 una colonna. Tuttavia, per il lemma degli orlati, non abbiamo bisogno di analizzare tutti e quattro i minori di A, ma possiamo prendere in esame solamente gli orlati della matrice M che in questo caso sono solo 2. M 1 è uno dei due orlati di M. L altro orlato di M è il minore M 2 = Si vede che M 2 = 4. Pertanto abbiamo trovato un minore d ordine 3 con determinante non nullo. Poichè l ordine di un minore non può essere superiore a 3 si ha che la caratteristica di A è Determiniamo adesso la caratteristica della matrice A = ( ) 1 1 La sottomatrice M = ha determinante 2. Consideriamo l orlato M 1 = Si prova che M 1 = 0. Prendiamo adesso in esame l altro orlato di M, cioè M 2 = Anche in questo caso si vede che M 2 = 0. Pertanto, per il Lemma di Kronecker possiamo asserire che la caratteristica di A è Il Teorema di Rouché-Capelli Sia dato un sistema lineare di m equazioni in n incognite a 11 x 1 + a 12 x a 1n x n = b 1 a 21 x 1 + a 22 x a 2n x n = b 2 (17) =... a m1 x 1 + a m2 x a mn x n = b m Al sistema ( 17) associamo le seguenti due matrici 42 Questo minore è ottenuto considerando gli elementi in comune alle tre righe ed alle seguenti colonne: la prima, la seconda e la quarta.. 84

85 e A = L = a 11 a 12 a 1n a 21 a 22 a 2n a m1 a m2 a mn a 11 a 12 a 1n b 1 a 21 a 22 a 2n b 2 a m1 a m2 a mn b m La matrice A è detta matrice incompleta associata al sistema ( 17) e la matrice L è detta matrice completa associata al sistema ( 17). Talvolta la matrice L viene scritta nella forma L = AB dove B sta ad indicare il vettore colonna B = b 1. b m. Il teorema di Rouché-Capelli che adesso enunciamo e di cui omettiamo la dimostrazione ci fornisce una condizione necessaria e sufficiente sull esistenza di soluzioni di un sistema lineare. Attenzione: il teorema di Rouché- Capelli ci fornisce solo informazioni sull esistenza di soluzioni ma non sulla loro determinazione. Teorema 7.9 (di Rouché-Capelli) Sia dato un sistema lineare di m equazioni in n incognite a 11 x 1 + a 12 x a 1n x n = b 1 a 21 x 1 + a 22 x a 2n x n = b 2 (18) =... a m1 x 1 + a m2 x a mn x n = b m Detta A = a 11 a 12 a 1n a 21 a 22 a 2n a m1 a m2 a mn 85

86 la matrice incompleta associata a (18) e AB = a 11 a 12 a 1n b 1 a 21 a 22 a 2n b 2 a m1 a m2 a mn b m la matrice completa associata a (18) si ha che il sistema (18) ammette almeno una soluzione se e solo se la caratteristica della matrice A coincide con la caratteristica della matrice AB. Esempi Consideriamo il sistema 2x + y z = 1 3x + y z = 1 x + 2y z = 2 Prendiamo in esame la matrice incompleta A = Si ha A = 1. Quindi la caratteristica di A è 3. Consideriamo adesso la matrice completa AB = Poiché la caratteristica della matrice incompleta è tre e la matrice incompleta è una sottomatrice della matrice completa AB che non può avere caratteristica superiore a tre, si conclude che anche la matrice completa ha caratteristica tre. Pertanto, per il teorema di Rouché- Capelli, il sistema ammette soluzioni. 2. Sia dato ora il seguente sistema x + y z = 1 2x + y z = 0 4x + 3y 3z = 1 86

87 1 1 1 Consideriamo la matrice incompleta A = Si prova ( ) 1 1 che A = 0. Poiché la sottomatrice M = ha determinante si deduce che la caratteristica di A è Esaminiamo ora la matrice completa AB = La matrice incompleta è un orlato della sottomatrice M. L altro orlato di M in AB è la matrice che ha determinante Quindi la caratteristica della matrice completa è 3. Ne segue, per il teorema di Rouché-Capelli, che il sistema non ammette soluzioni. 3. Consideriamo il sistema x + y + z = 2 3x y + 2z = 2 5x + y + 4z = 6 (19) Sia A = la matrice incompleta associata a (19). Allora ( ) 1 1 A = 0. Il minore M = ha determinante 4 e quindi la 3 1 caratteristica di A è 2. Consideriamo ora la matrice completa AB = L altro orlato del minore M L = contenuto in AB è la sottomatrice il cui determinante è 0. Poichè la caratteristica di A coincide con quella di AB, possiamo asserire che il sistema ammette soluzioni. 87

88 7.2.1 Osservazione Sia dato un sistema lineare del tipo (18) e supponiamo che le caratteristiche delle matrici incompleta e completa associate a (18) siano entrambe uguali ad r con r min(m, n). Allora, per il Teorema di Rouché-Capelli il sistema (18) ammette soluzioni. Sia M un minore d ordine r della matrice incompleta con determinante non nullo (chiaramente tale minore esiste). Siano L i1 = b i1, L i2 = b i2,... L ir = b ir 43 le r equazioni del sistema (18) tali che la matrice incompleta associata al sistema L i1 L i2. L ir = b i1 = b i2. = b ir (20) ammetta M come sottomatrice. Allora si prova che il sistema (18) è equivalente al sistema (20). Si noti che l osservazione precedente ci dice che se abbiamo un sistema di m equazioni in n incognite con m > n (cioè il numero delle equazioni è superiore a quello della incognite) e se il sistema ammette soluzioni, allora possiamo ricondurci ad un sistema equivalente in cui il numero delle equazioni è minore od uguale a quello delle incognite. Infatti, se m > n e se il sistema ammette soluzioni allora, detta r la caratteristica della matrice incompleta, si ha che r min(m, n) cioè r n ( perché per ipotesi m > n). Quindi per l osservazione precedente possiamo ricondurci ad un sistema equivalente con r equazioni, ossia ad un sistema in cui il numero delle equazioni è inferiore od uguale al numero delle incognite. Esempio 7.11 Esaminiamo il seguente sistema x + y + z = 1 2x + y z = 2 x + y z = 3 4x + 3y + z = 4 (21) 43 Con L ij = b ij s intende l equazione a ij 1x 1 + a ij 2x a ij nx n = b ij 88

89 Consideriamo la matrice incompleta A = minore M = Si noti che il ha determinante 2 e quindi la caratteristica di A è 3, non potendo essere superiore a 3 perchè la matrice A è d ordine 4 3. Prendiamo adesso in esame la matrice completa AB = Si ha che AB = 0. Pertanto la caratteristica della matrice AB è 3. Ne segue che il sistema (21) ammette soluzioni. Poiché M è un minore della matrice incompleta A, che ha determinante non nullo ed è ottenuto considerando le prime tre righe della matrice A, si ha che il sistema (21) è equivalente al seguente sistema, ottenuto considerando le prime tre equazioni di (21), ossia x + y + z = 1 2x + y z = 2 x + y z = 3 Osservazione Se il sistema (17) ammette soluzioni ( ed abbiamo visto sotto quali condizioni ciò avvenga per il Teorema di Rouché -Capelli), allora nasce il problema di determinarle. Vediamo quindi con quale metodo possiamo far ciò. 7.3 Il teorema di Cramer e le applicazioni per la determinazione delle soluzioni di un sistema lineare Il seguente teorema ci fornisce un metodo per la determinazione della soluzione di un sistema di n equazioni in n incognite quando il determinante della matrice incompleta è non nullo. Prima di enunciare il Teorema di Cramer precisiamo quanto segue. Sia a 11 x 1 + a 12 x a 1n x n = b 1 a 21 x 1 + a 22 x a 2n x n = b 2 (22) =... a n1 x 1 + a n2 x a nn x n = b n 89.

90 un sistema lineare di n equazioni in n incognite. Sia A = a 11 a 12 a 1n a 21 a 22 a 2n a n1 a n2 a nn la matrice incompleta associata a (22) e sia B = b 1. b n il vettore colonna costituito dai termini noti del sistema, allora indichiamo con B i la matrice ottenuta sostituendo all i-esimo vettore colonna di A il vettore B, cioè se A = (A 1, A 2,..., A i 1, A i, A i+1,..., A n ) allora Esempio 7.12 Consideriamo il sistema. Sia A = Allora B 1 = B i = (A 1, A 2,..., A i 1, B, A i+1,..., A n ) x + y z = 1 x + y 3z = 2 2x + y + z 1 prima colonna di A con la colonna B B 2 = (23) la matrice incompleta associata al sistema (23). è la matrice ottenuta da A sostituendo la è la matrice ottenuta da A sostituendo la seconda colonna di A con la matrice B. Infine B 3 = ottenuta sostituendo la terza colonna di A con B è la matrice 90

91 Teorema 7.13 (Cramer) Sia dato un sistema di n equazioni in n incognite x 1, x 2,, x n. Supponiamo che la matrice (quadrata) incompleta A associata al sistema abbia determinante non nullo. Allora il sistema ammette un unica soluzione (a 1, a 2,, a n ) che si ottiene nel seguente modo: ( i {1, 2,, n} a i = Bi A dove B i è la matrice ottenuta sostituendo in A la colonna i esima con la colonna dei termini noti Per lo studente curioso, riportiamo qui sotto la Dimostrazione del teorema di Cramer Consideriamo il sistema lineare a 11x 1 + a 12x a 1nx n = b 1 a 21x 1 + a 22x a 2nx n = b =... a n1 x 1 + a n2 x a nn x n = b n (24). Usando le notazioni scritte precedentemente, ossia A i = possiamo riscrivere il sistema (24) nella forma a 1i. a ni e B = b 1.. b n, x 1 A 1 + x 2 A x n A n = B (25) Per ipotesi il determinante della matrice incompleta è diverso da 0 e quindi, poiché la caratteristica della matrice completa non può essere superiore ad n, si ha che le caratteristiche della matrice incompleta e di quella completa sono uguali tra loro. Ne segue, per il teorema di Rouché-Capelli, che il sistema ammette almeno una soluzione. Sia (a 1, a n) una tale soluzione. Consideriamo adesso il determinante della matrice (A 1, A i 1, B, A i+1,, A n ) (26) ottenuta dalla matrice incompleta sostituendo la colonna i-esima con la colonna dei termini noti B. D altra parte, poiché esiste almeno una soluzione si ha a 1 A 1 + a 2 A a n A n = B. Quindi si ha A 1, A i 1, B, A i+1, + A n = A 1, A i 1, a 1 A 1 + a 2 A a n A n, A i+1,, A n. Tenendo conto della seconda e della terza proprietà dei determinanti si ha (A 1, A 2, A i 1, a 1A 1 + a 2A a na n, A i+1,, A n = a 1 A 1, A 2,, A i 1, A 1, A i+1,, A n + a 2 A 1, A 2,, A i 1, A 2, A i+1,, A n + + a i A 1, A 2,, A i 1, A i, A i+1,, A n + + a n A 1,, A i 1, A n, A i+1,, A n. 91

92 Esempi Consideriamo il sistema La matrice incompleta { 2x + y = 1 x y = 1. ( Pertanto la soluzione è data da x = ) = 2 3, y = ha determinante = Consideriamo il sistema 2x + y z = 1 x + y + z = 1 x y z = 0. Nell ultima sommatoria tutti gli addendi, eccetto al più l addendo A 1, A 2, A i 1, A i, A i+1,, A n sono uguali a 0, perché presentano due colonne uguali. Pertanto si ha A 1, A i 1, B, A i+1,, A n = a i A 1, A i 1, A i, A i+1,, A n, i {1,, n} Ne segue che a i = A1, A 2, A i 1, B, A i+1,, A n, i {1,, n}, A 1, A 2, A i 1, A i, A i+1,, A n ossia, posto B i = A 1, A i 1, B, A i+1,, A n si ha a i = Bi, i {1,, n}. (27) A Notiamo che la formula (27) ci dice che esiste un unica soluzione del sistema (24), cioè un unica n-pla (a 1,, a n) che è soluzione di detto sistema. 92

93 Detta A = Quindi la soluzione è data da: la matrice incompleta, si ha A = 4. x = = 1 2, y = = 1 4, z = = Applicazioni della regola di Cramer alla determinazione delle soluzioni di un sistema lineare Sia dato il sistema lineare (17). Supponiamo che le caratteristiche delle matrici incompleta e completa siano uguali tra loro. Allora, per il teorema di Rouché-Capelli il sistema ammette soluzioni. Vediamo come possiamo utilizzare la regola di Cramer per determinarne le soluzioni. Supponiamo che la caratteristica della matrice incompleta A sia r e sia M un minore di A d ordine r avente determinante non nullo. Tenendo conto dell osservazione (7.2.1) consideriamo quelle equazioni del sistema per cui M risulta essere sottomatrice della matrice incompleta associata al sistema formato da queste equazioni. Scriviamo a primo membro quella parte delle equazioni che coinvolgono le incognite i cui coefficienti costituiscono la matrice M ed a secondo membro i termini noti e quei monomi delle equazioni che coinvolgono le restanti variabili. Applichiamo quindi la regola di Cramer in cui il ruolo della colonna dei termini noti è giuocato dalla colonna costruita come indicato qui sopra. Vediamone adesso alcuni esempi. Esempi 7.15 { ( ) 2x + 3y z = Consideriamo il sistema di cui x y + z = è la matrice incompleta. ( Il minore ) associato ai coefficienti della x e 2 3 della y è il minore che ha determinante 5. Notiamo 1 1 che il sistema ammette soluzioni per il Teorema di Rouché-Capelli. Portiamo a secondo membro i monomi che contengono la variabile z i cui coefficienti { non fanno parte di M. Scriviamo quindi il sistema 2x + 3y = 1 + z nella forma Applichiamo la regola di Cramer x y = 1 z 93

94 al sistema pensando alla colonna termini noti. Si ha quindi ( 1 + z 1 z ) come alla colonna dei 1 + z z 1 z z 1 1 z x = = ; y = = 1 3z { ( x + y z + w = Consideriamo il sistema di cui A = x 2y + z + w = è la matrice ( incompleta. ) Se prendiamo in considerazione il minore 1 1 M = (formato dagli elementi in comune alle due righe ed 1 2 alla prima e seconda colonna) si ha che M = 3. Pertanto la caratteristica di A è due. Chiaramente è anche 2 la caratteristica della matrice completa. Quindi, per il Teorema di Rouchè-Capelli, il sistema ammette soluzioni. Poiché M = 0 portiamo a secondo membro quei monomi che non contengono le variabili x ed y. Allora il sistema può essere riscritto nella seguente forma { x + y = 1 + z w ) x 2y = 2 z w ( 1 + z w Adesso applichiamo la regola di Cramer dove la colonna 2 z w ha la funzione della colonna dei termini noti. Pertanto si ha ) x = 1 + z w 1 2 z w 2 3 = 4 z + 3w ; y = z w 1 2 z w 3 = 1 2z 3 { x + y + 2z + w = 1 3. Esaminiamo il sistema lineare x + y + z + 2w = 2. ( ) ( ) Sia A = la matrice incompleta. Il minore ottenuto considerando le prime due colonne ha determinante nullo. 94

95 ( ) 1 2 Tuttavia il minore ottenuto considerando la prima e la terza colonna ha determinante non nullo. Pertanto il sistema ammet- 1 1 te { soluzioni per Rouché-Capelli. Riscriviamo il sistema nella forma x + 2z = y w + 1. Applicando Cramer otteniamo x + z = y 2w + 2 y w y w + 1 y 2w y 2w + 2 x = 1 2 = y 3w+3; z = 1 2 = w Osservazione: Notiamo che nel sistema suddetto non possiamo determinare le variabili x, y in funzione delle variabili z, w perché il determinante della matrice dei coefficienti di x, y è nullo. Tuttavia il sistema ammette soluzioni e possiamo determinare le variabili x, z in dipendenza delle variabili y, w. 7.4 Sistemi omogenei Un sistema lineare della forma a 11 x a 1n x n = 0 a m1 x m + a mn x n = 0 (28) si dice lineare omogeneo ( cioè la colonna dei termini noti è costituita tutta da zeri). Certamente esso ammette almeno la soluzione nulla, ossia la n- pla 0 = (0,..., 0). In particolare sono uguali le caratteristiche delle matrici }{{} n incompleta e completa. Le considerazioni fatte nell osservazione (7.2.1) ci dicono che il sistema è equivalente ad un sistema S in cui il numero delle equazioni è inferiore od uguale al numero delle incognite. Si hanno quindi i seguenti casi i) La caratteristica r delle matrici incompleta e completa del sistema (28) è uguale al numero delle incognite (r = n). In tal caso il sistema (28) ammette solo la soluzione nulla (0,..., 0). }{{} n 95

96 ii) La caratteristica r delle matrici incompleta e completa del sistema (28) è minore del numero della incognite. In tal caso il sistema lineare (28) ammette infinite soluzioni. 45 Esempi Consideriamo il sistema La matrice incompleta x + y z = 0 2x + y z = 0 x y + 2z = l unica soluzione è la terna nulla (0, 0, 0). ha determinante 1. Quindi 45 Per lo studente interessato riportiamo la Dimostrazione Se la caratteristica r del sistema (28) è uguale ad n, allora il sistema (28) è equivalente ad un sistema S in cui il numero delle equazioni è uguale al numero delle incognite. In tal caso il determinante della matrice incompleta del sistema S deve essere necessariamente non nullo. Infatti, in caso contrario, la caratteristica della matrice incompleta di S sarebbe inferiore ad n ed il sistema sarebbe equivalente ad uno con il numero di equazioni strettamente più piccolo del numero delle incognite. Pertanto, essendo il determinante della matrice incompleta di S non nullo si ha, per il Teorema di Cramer, che l unica soluzione è quella nulla. Supponiamo ora che la caratteristica r del sistema (28) sia strettamente più piccola di n. Possiamo supporre (eventualmente cambiando l ordine delle equazioni) che il sistema si riduca alle prime r equazioni e (eventualmente cambiando l ordine delle incognite) che un minore d ordine r con determinante non nullo ( che esiste perché la caratteristica è r ) sia costituita dai coefficienti delle prime r incognite. Sia ha quindi il sistema { a11x a 1rx r + + a 1nx n = 0 a r1 x a rr x r + + a rn x n = 0 con a 11 a 1r a r1 a rr 0. Allora il sistema può essere riscritto nella forma { a11 x a 1r x r = a 1,r+1 x r+1 a 1n x n a r1 x a rr x r = a r,r+1 x r+1 a rn x n Poiché uno dei coefficienti a secondo membro delle equazioni è non nullo si ha che il sistema ammette infinite soluzioni. 96

97 2. Consideriamo il sistema x + y z = 0 3x + y + z = 0 5x + 3y z = 0 7x + 5y 3z = 0 Vediamo di determinare la caratteristica della matrice incompleta A = Si osserva che il minore M = ( ). ha determinante 2. Con ha sideriamo quindi gli orlati di M. Si ha che M 1 = determinante nullo. Così pure M 2 = ha determinante nullo. Pertanto per il teorema di Kronecker la caratteristica di A è 2. Possiamo subito asserire che il sistema ammette infinite soluzioni. Se vogliamo determinare queste soluzioni, possiamo limitarci a considerare il sistema equivalente { x + y z = 0 3x + y + z = 0 le cui soluzioni sono x = z; y = 2z. 97

98 7.5 La matrice trasposta e la matrice inversa Definizione 7.17 Sia A una matrice d ordine m n. Indichiamo con A T la matrice trasposta di A, ovvero la matrice in cui l elemento di posto (ij) coincide con l elemento a ji della matrice A. Ne segue che la riga i-esima della matrice A coincide con la colonna i-esima della matrice A T. In particolare A T è una matrice d ordine n m. Esempi Consideriamo la matrice A = 2. Consideriamo la matrice A = ( Allora A T = ). Allora A T = Si ha che se A è una matrice quadrata, allora A T = A. Ciò dipende dal fatto che il determinante di una matrice si può calcolarlo sia sviluppandolo secondo gli elementi di una riga che di una colonna. Definizione 7.19 Sia A una matrice quadrata d ordine n. Si dice che A è invertibile se esiste una matrice B tale che AB = I 46. In tal caso la matrice B si dice inversa della matrice A e si indica con A 1. Per il teorema di Binet una matrice invertibile deve avere determinante non nullo. Infatti si ha AA 1 = I = 1. D altra parte AA 1 = A A 1 = 1. Ne segue che A = 0. Per vedere come si determina la matrice inversa di una matrice data con determinante non nullo, dobbiamo dare le seguenti definizioni. Sia A una matrice quadrata d ordine n. Indichiamo con A ij la sottomatrice quadrata di A ottenuta cancellando la riga i-esima e la colonna j -esima. Esempio La matrice I rappresenta la matrice identica, ossia la matrice in cui a ii = 1, i {1,..., n} e a ij = 0 se i j.. 98

99 Consideriamo la matrice A = Allora si ha, per esempio, A 22 = ( ) 3 1 A 13 =. 2 1 ( Indichiamo con ((b ij ); i, j = 1... n) una matrice quadrata d ordine n in cui b ij rappresenta l elemento di posto (i, j). Si prova che se A è una matrice quadrata d ordine n con determinante non nullo, allora A 1 = ((b ij ); i, j {1... n}) T dove ((b ij ); i, j {1... n}) = (( ( 1)i+j A ij ); i, j {1... n}) A ) e Esempi 7.21 ( Consideriamo la matrice A = 1 3 Calcoliamone l inversa. Osserviamo che ). Si ha che A = 5. Allora A 11 = 3, A 12 = 1, A 21 = 2, A 22 = 1. A 1 = ( Consideriamo la matrice A = è 1. Allora si ha 1 1 A 11 = 1 2 = 1; A 12 = ) 1 T ( ) = il cui determinante = 1, A 13 = = A 21 = 1 2 = 5, A = 1 2 = 3, A = 1 1 = A 31 = 1 1 = 2, A = 0 1 = 1, A = 0 1 = 1. 99

100 Allora si ha A 1 = T =

101 7.6 Esercizi 1. Calcolare la caratteristica delle seguenti matrici: A = ; B = ; C = Risposta Carat. di A= 2, carat. di B = 2, carat. di C = 3. A = ; B = Risposta Carat. di A = 2, carat. di B = Risolvere il seguente sistema lineare x + 2y + z = 1 x + y + z = 1 2x + y + 2z = 0 Soluzione Consideriamo la matrice incompleta A = Si osserva prima di tutto che la prima e la terza( colonna ) sono uguali e quindi 1 1 A = 0. Consideriamo il minore M = che ha determinante e quindi non nullo. Un orlato di M è la matrice incompleta A L altro orlato di M nella matrice completa è il minore che ha determinante 2. Pertanto, essendo le caratteristiche della matrice incompleta e della matrice completa diverse tra loro si ha che il sistema non ammette soluzioni. 3. Risolvere i seguenti sistemi lineari. 101

102 x + 2y + z = 1 x + y + z = 1 2x + y + 2z = 0 Risposta Non ci sono soluzioni 2x + 2y z = 1 x + y z = 2 x + 2y z = 1 Risposta x = 0, y = 1, z = 3. x + y 3z = 1 2x + y 2z = 1 x + y + z = 3 x + 2y 3z = 1 Risposta Non ci sono soluzioni x + y z + w = 1 2x + 4y + w = 3 5x + 9y z + 3w = 7 Risposta x = 2z + 1 3w 2 y = z + w+1 2. Risposta Risposta 2x + y + z + w = 1 x + 2y + 2z + w = 0 3x + w = 1 Non ci sono soluzioni x + 10y + z = 1 x y + 2z = 2 x + 5y z = 2 3x + ( 2 + 5)y + 3z = 6 x =

103 y = z = x + 2y + z = 1 x + y + z = 1 2x + 3y + 2z = 0 Risposta Non ci sono soluzioni x + y + z + w = 1 2x y + z w = 1 x y + z + w = 0 Risposta x = 1 + 2w y = 1 2 z = 6w+1 2. x + y z + w = 0 2x 2y + 2z + w = 0 5x 3y + 3z + 3w = 0 Risposta x = 3w 4 y = z w

104 7.7 Esercizi sui sistemi lineari contenenti parametri In molte situazioni compaiono sistemi in cui alcuni dei coefficienti delle incognite sono variabili. Vediamo adesso come si procede nella loro analisi. 1. Discutere il seguente sistema lineare al variare del parametro λ : 2x + λy = 1 x + y = 2 λx + y = 3 Soluzione Consideriamo il determinante della matrice completa 2 λ = 2λ 2 4λ + 3 λ 1 3 Allora l equazione 2λ 2 4λ + 3 = 0 non ammette soluzioni reali. Quindi, λ Rl la caratteristica della matrice completa è 3, mentre la caratteristica di quella incompleta non può superare 2. Pertanto, per il teorema di Rouché-Capelli, λ Rl il sistema non ammette soluzioni. 2. Discutere il seguente sistema lineare al variare del parametro λ. λx + 2y + z + 2t = 1 2x + y + λz t = 5 3y + λz + 5t = 3 λx + 5y + 2z + 7t = 0 Soluzione Consideriamo il determinante della matrice incompleta λ λ λ 5 λ = R 4 (R 4 R 1 ) λ λ λ = λ 1 λ 1 3 λ λ = = 8(λ 1)

105 Ne segue che il determinante della matrice incompleta si annulla per λ = 1. Allora per λ 1 il sistema ammette una ed una sola soluzione che si determina con la regola di Cramer. Se A(λ) indica il determinante della matrice incompleta per un λ 1, allora si ha x = z = λ λ A(λ) λ λ A(λ) ; y = ; t = Vediamo adesso cosa succede per λ = 1 Allora si ha il sistema: x + 2y + z + 2t = 1 2x + y + z t = 5 3y + z + 5t = 3 x + 5y + 2z + 7t = 0 λ λ λ 5 λ A(λ) λ λ λ 3 λ A(λ) Chiaramente per λ = 1 il determinante della matrice incompleta è 0 e quindi la caratteristica della incompleta è minore od uguale a 3. Vediamo ( ) di determinarla e consideriamo gli orlati della sottomatrice 1 2 il cui determinante è non nullo. Allora si ha = = = Ne segue che la caratteristica della matrice incompleta è 2. Calcoliamo adesso la caratteristica della matrice ( completa. ) Dobbiamo quindi considerare gli orlati della matrice che non fanno parte della = 0 105

106 matrice incompleta. Quindi si ha = = 6. Poiché abbiamo trovato un minore d ordine 3 della matrice completa il cui determinante è non nullo, si ha che la caratteristica della completa è 3. Ne segue che per λ = 1 le caratteristiche della incompleta e della completa sono diverse tra loro. Pertanto il sistema non ammette soluzioni per λ = Discutere il seguente sistema lineare al variare del parametro λ λx + 2y + 3z + λt = 2 2x λy + λz + 2t = 3 3x 4y λz + 3t = 4 Soluzione Consideriamo il minore λ λ λ 3 4 λ. Si vede (applicando per esempio la regola di Sarrus) che il determinante è λ 3 +4λ 2 +19λ 24. Tale polinomio (nella variabile λ) si scompone nel seguente modo: 47 λ 3 + 4λ λ 24 = (λ 1)(λ 2 + 5λ + 24). Il discriminante = = 71 dell equazione λ 2 + 5λ + 24 = 0 è minore di 0 e quindi tale equazione non ammette soluzioni reali. Ne segue che l unica soluzione dell equazione λ 3 + 4λ λ 24 = 0 è λ = 1. Per λ 1 le caratteristiche delle matrici incompleta e completa, sono uguali e precisamente 3. Possiamo quindi riscrivere il sistema nella forma: λx + 2y + 3z 2x λy + λz 3x 4y λz = 2 λt = 3 2t = 4 3t ed applicare la regola di Cramer a questo sistema, pensato nelle variabili x, y, z e con la colonna dei termini noti dipendente da t. 47 basta osservare che 1 è uno zero del polinomio, cioè è soluzione dell equazione λ 3 + 4λ λ 24 = 0, e poi si fa la divisione per il polinomio λ

107 Posto A(λ) il determinante della matrice dei coefficienti di x, y, z con λ 1 si ha 2 λt 2 3 λ 2 λt 3 λ 2 2 λt 3 2t λ λ 2 3 2t λ 2 λ 3 2t 4 3t 4 λ 3 4 3t λ t x = ; y = ; z = A(λ) A(λ) A(λ) Nel caso λ = 1 il sistema diventa: Prendiamo in esame il minore C = x + 2y + 3z + t = 2 2x y + z + 2t = 3 3x 4y z + 3t = 4 ( 1 2 ) 2 1 in cui determinante è non nullo. Consideriamo quindi gli orlati di C sia nella incompleta che nella completa e ne calcoliamo il determinante. Allora si ha = = = Pertanto la caratteristica della incompleta coincide con quella della matrice completa, ossia 2. Ne segue che il sistema si riduce a due equazioni. Poiché il determinante del minore C, che coinvolge le prime due equazioni, è non nullo, il sistema si riduce a quello che coinvolge la prima e la seconda equazione. Allora si ha { x + 2y + 3z + t = 2 2x + y + z + 2t = 3 che possiamo riscrivere nella forma { x + 2y = 2 3z t 2x y = 3 z 2t. Applicando la regola di Cramer si ha 2 3z t 2 3 z 2t 1 x = = 5z + 5t

108 e y = 1 2 3z t 2 z 2t 5 Pertanto le soluzioni si esprimono nella forma = 5z z 5t + 8 (, 1 5z, z, t) 5 5 dove z e t variano in modo arbitrario. Avremmo potuto ottenere lo stesso risultato, applicando la regola di Cramer in modo opportuno. Osservazione: Il tipo di analisi che abbiamo svolto negli esercizi precedenti ci suggerisce le seguenti considerazioni, al fine di arrivare alla completa discussione dello studio del sistema nel minore numero possibile di calcoli. Se nel sistema considerato il numero delle incognite è maggiore od uguale al numero delle equazioni, conviene partire dall analisi della matrice incompleta. Se invece, il numero delle equazioni è superiore a quello delle incognite, allora conviene iniziare con lo studio della matrice completa. In ogni caso ciò che conta sono i ragionamenti, che devono portare ad una discussione chiara e completa dello studio del sistema: ossia si deve sapere sotto quali condizioni sui parametri dati si hanno soluzioni, ed in questo caso si deve darne una descrizione; inoltre si deve determinare quali sono le eventuali condizioni sui parametri che non permettono di avere soluzioni. 4. Discutere il seguente sistema lineare al variare del parametro λ. λx + 2y + 3z = 1 2x + λy + z = 2 3x + z = 3 2λx + 4y + 6z = 2 Soluzione Per l osservazione precedente iniziamo considerando il determinante della matrice completa. Il determinante della matrice completa si annulla per ogni valore di λ. Quindi la caratteristica della matrice completa è minore o uguale a 3 λ Rl. Consideriamo ora il seguente minore della matrice incompleta 108

109 (e quindi anche della matrice completa). L = λ λ Il determinante di L è dato da λ 2 + 9λ 10 che ammette come zeri i numeri λ = 10 e λ = 1. Si deduce dunque che per ogni λ con λ 10 e λ 1 il sistema ammette un unica soluzione. Il sistema si riduce quindi alle prime tre equazioni. La soluzione (che dipende da λ 10, 1) si determina con la regola di Cramer e si ottiene. x = λ λ λ λ 1 3 λ λ y = λ 2 3 z = λ λ 1 2 λ Si verifica inoltre che per λ = 10 il sistema non ammette soluzioni, mentre per λ = 1 il sistema ammette infinite soluzioni e precisamente x = 3+z 3 e y = 5 3 z. 5. Discutere il seguente sistema lineare al variare del parametro λ Soluzione λx + 2y + 3z + 2t = 4 x + 2λy + z t = 1 2x + 2z + 3λt = 3 In questo caso partiamo dall analisi della matrice incompleta. Prendiamo in esame il minore costituito dalle prime tre colonne, ossia L = λ λ Allora L = 4(λ 2 3λ + 2) che ammette come zeri i numeri 2 e 1. Si deduce quindi che per ogni λ, con λ 1 e λ 2, il sistema può essere riscritto nella seguente forma che ci consente poi di applicare la regola di Cramer per determinarne le soluzioni. 109

110 λx + 2y + 3z x + 2λy + z 2x + 2z = 4 2t = 1 + t = 3 3λt Il sistema ammette dunque le seguenti infinite soluzioni x = 4 2t t 2λ 1 3 3λ 0 2 dove D(λ) = D(λ) ; y = λ λ λ 4 2t t λt 2 D(λ) ; z = λ 2 4 2t 1 2λ 1 + t λ D(λ). Ora consideriamo λ = 1. Il minore della matrice incompleta, ( ottenuto ) dalle prime due righe e dalle prime 1 2 due colonne, ossia ha determinante non nullo. Gli orlati 1 2 di tale minore sia nella matrice incompleta che in quella completa hanno determinante nullo. Pertanto il sistema si riduce alle prime due equazioni, che possiamo riscrivere nella forma { x + 2y = 4 3z 2t x + 2y = 1 z + t Otteniamo quindi le seguenti infinite soluzioni x = 3(1 t) 2 z y = 5 t 4 z Se ora consideriamo λ = 2, il minore ottenuto( considerando ) le prime due righe e le prime due colonne diventa. In que sto caso, però, il seguente orlato nella matrice incompleta, ossia ha determinante 40 e quindi possiamo riscrivere il sistema nella seguente forma e poi applichiamo la regola di Cramer per determinarne le soluzioni. x + 2y + 2t x + 4y t 2x + 6t 110 = 4 3z = 1 z = 3 2z

111 Il sistema ammette quindi le seguenti infinite soluzioni 4 3z z 2 1 z z 1 3 2z z 6 x =, y = ; t = z z z 6. Discutere il seguente sistema lineare al variare del parametro λ. 2x + 2y + λz = 1 2x + λy z = 1 3x + y + z 2 x + 2y z = 2 Soluzione Scriviamo qui sotto solo le conclusioni. Per ogni λ con λ 1 e λ 13 8 il sistema non ammette soluzioni. Per λ = 1 il sistema ammette un unica soluzione e precisamente x = 3 7, y = 4 7, z = 9 7. Per λ = 13 8 il sistema ammette un unica soluzione e precisamente x = 2 3, y = 8 9, z = Discutere il seguente sistema lineare al variare del parametro λ. λx + y + 2z t = 1 2x + 2y + λz + 3λt = 1 4x + 4y + 5z + t = 4 Soluzione Si verifica facilmente che la caratteristica della ( matrice) incompleta 1 2 è almeno 2, per esempio considerando il minore. Prendiamo il seguente orlato nella matrice incompleta 2 2 λ il cui 4 5 λ determinante è 4λ λ Esso ammette come zeri i numeri 1 e 5 2. Per λ 1, 5 2 il sistema ammette soluzioni che si determinano applicando la regola di Cramer al sistema λx + y + 2z = 1 + t 2x + 2y + λz = 1 3λt 4x + 4y + 5z = 4 t

112 (la descrizione delle soluzioni è lasciata allo studente) Per λ = 1 il sistema diventa x + y + 2z t = 1 2x + 2y + z + 3t = 1 4x + 4y + 5z + t = 4 Si prova che la caratteristica della matrice incompleta è 2 mentre quella della matrice completa è 3. Pertanto il sistema non ammette soluzioni. Si lascia allo studente di verificare che la caratteristica della matrice incompleta è 3 per λ = 5 2 e di descrivere le soluzioni del sistema. 8. Discutere il seguente sistema lineare al variare del parametro λ. Soluzione λx 2y + z + 2t + λw = 3 3x + λy + 2z + λt + 2w = 1 5x + 4y + 3z + 3w = 5 La matrice incompleta ( ha caratteristica ) almeno 2, come si vede considerando il minore. Esaminiamo adesso un suo orlato λ 2 1 L = 3 λ 2 che ha determinante 3λ 2 13λ Esso ammette come zeri i numeri 1 e Verifichi lo studente che per λ = 1 il sistema si riduce alle prime due equazioni e ne determini le soluzioni. Per λ = 10 3 la caratteristica della matrice incompleta è 3 e lo studente ne descriva le soluzioni. 9. Discutere i seguenti sistemi lineari al variare del parametro λ.. 2x + 2y + λz = 1 2x + λy z = 1 3x + y + z 2 x + 2y z = 2 112

113 λx y + 2z + 3t = 1 2x + λy z + t = 3 4x 5y + 5λz + 3t = 0 2x + 2y + 3z + λt = 2 λx + 2y z + 2t = 1 3x + 2y + 7z = 3 113

114 8 Sistemi di riferimento 8.1 Retta cartesiana Sia data una retta R sulla quale fissiamo un punto O (detto origine), un unità di misura OU ed un verso di percorrenza. In tal caso è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra R ed Rl. In tale corrispondenza al punto M R si associa la propria coordinata (o ascissa) che rappresenta la misura del segmento OM con segno + se OM è orientato come R, oppure è la misura di OM con segno se OM è orientato in verso opposto rispetto a quello fissato si R. Per questo pensiamo ad Rl come ai punti di R un volta fissato un sistema di riferimento su R. Siano M 1 e M 2 due punti di R e siano m 1, m 2 le loro ascisse. Allora m 2 m 1 rappresenta la misura del segmento M 1 M Esempio 8.1 Siano dati due punti M 1 e M 2 della retta Rl di coordinate rispettivamente 3 e 2, 49 allora M 1 M 2 = 3 ( 2) = Piano cartesiano Siano date nel piano euclideo P 50 due rette X ed Y tra loro perpendicolari e sia O il loro punto d intersezione. Supponiamo che su ciascuna delle due rette sia fissato un verso di percorrenza e la stessa unità di misura e si consideri O come origine delle coordinate su entrambe le rette. Le rette X ed Y sono dette rispettivamente asse delle ascisse ( o asse delle x) ed asse delle ordinate ( o asse delle y ). Per convenzione scegliamo gli assi X ed Y in modo tale che la minima rotazione, affiché l asse X venga a sovrapporsi all asse Y, sia quella antioraria. Il sistema di riferimento si dice cartesiano ortogonale ed è indicato con (O, X, Y ). Si stabilisce una corrispondenza biunivoca tra i punti del piano P avente (O, X, Y ) come sistema di riferimento e gli elementi di Rl Rl nel seguente modo. Detto P un punto di P si considerano la proiezione ortogonale P x di P sulle ascisse X e la proiezione ortogonale P y di P sulle ordinate Y. Dette rispettivamente x ed y le coordinate di P x e P y si associa a P la coppia ordinata (x, y). Tale corrispondenza è una funzione biunivoca da P a Rl Rl 48 La misura del segmento M 1M 2 viene indicata con M 1M 2 49 In questo caso scriviamo M 1 3 e M Nella geometria euclidea il concetto di piano si intende primitivo, cioè non definibile mediante altri concetti. Intuitivamente una lavagna illimitata può pensarsi come piano euclideo 114

115 che per comodità indichiamo con Rl 2 e scriviamo P (x, y). Il piano col sistema di riferimento (O, X, Y ) si dice cartesiano. Il sistema di riferimento (O, X, Y ) si dice positivamente orientato se la minima rotazione affinché l asse delle X si sovrapponga a quello delle Y è quella antioraria. Si dice invece negativamente orientato se la minima rotazione affinché l asse delle X si sovrapponga a quello delle Y è quella oraria. Nel seguito considereremo sistemi di riferimento positivamente orientati. La distanza tra due punti P 1 (x 1, y 1 ), P 2 (x 2, y 2 ) di P è data da (x 2 x 1 ) 2 + (y 2 y 1 ) 2 (29) 51 Se in Rl 2 definiamo distanza di due coppie il numero ( 29) e teniamo conto della corrispondenza biunivoca tra i punti di P e gli elementi di Rl 2, possiamo identificare P avente sistema di riferimento (O, X, Y ) con Rl 2, e quindi pensare ai punti di P, una volta fissato (O, X, Y ), come alle coppie ordinate di numeri reali. Esempio 8.2 Siano dati i punti P 1 (1, 2) e P 2 (3, 2), allora P 1 P 2 = (1 3) 2 + (2 ( 2)) 2 = Spazio cartesiano Analogamente a quanto fatto in P consideriamo nello spazio euclideo S 52 tre assi X, Y e Z mutuamente ortogonali, passanti per lo stesso punto O, aventi la stessa unità di misura e con un fissato verso di percorrenza. Gli assi X, Y e Z si dicono rispettivamente asse delle ascisse ( o delle x), asse delle ordinate (o delle y ) e asse delle quote ( o delle z ). Un tale sistema si dice sistema di riferimento cartesiano ortogonale ed è indicato con (O, X, Y, Z). Un sistema di riferimento (O, X, Y, Z) si dice orientato positivamente (o destrorso) se un osservatore disteso lungo l asse positivo delle z che guardi verso il piano contenente gli assi X ed Y, veda quella antioraria, come la minima rotazione del semiasse positivo delle x per sovrapporsi al semiasse positivo delle y. 51 La distanza di due punti P 1 e P 2 di lr 2 viene indicata con P 1 P 2 52 Per spazio euclideo si intende l ambiente in cui sono validi gli assiomi di euclide e che traduce in termini precisi l immagine intuitiva che abbiamo dell ambiente in cui si svolge la nostra esperienza sensibile. 115

116 Se P è un punto di S allora consideriamo le proiezioni ortogonali di P sugli assi coordinati. Detta P x quella sull asse X, P y quella sull asse Y e P z quella sull asse Z, siano x, y, z le coordinate di P x, P y, P z sui rispettivi assi. In questo modo si stabilisce una corrispondenza biunivoca tra i punti di S e gli elementi di Rl Rl Rl che per comodità scriviamo Rl 3 e indichiamo P (x, y, z). La distanza tra due punti P 1 (x 1, y 1, z 1 ) e P 2 (x 2, y 2, z 2 ) di S è data da (x 2 x 1 ) 2 + (y 2 y 1 ) 2 + (z 2 z 1 ) 2. (30) 53 Se in Rl 3 definiamo distanza tra due terne il numero dato da ( 30) e teniamo conto della corrispondenza biunivoca sopra indicata allora possiamo identificare S avente il sistema di riferimento (O, X, Y, Z) con Rl 3 e quindi pensare alle terne di punti come ai punti di S una volta fissato un sistema di riferimento cartesiano ortogonale (O, X, Y, Z). Esempio 8.3 Siano dati i punti P 1 (2, 1, 3) e P 2 ( 2, 2, 4), allora P 1 P 1 = (2 ( 2)) 2 + ( 1 2) 2 + (3 4) 2 = la distanza di due punti P 1 e P 2 di lr 3 viene indicata con P 1P 2 116

117 Figura 10: Retta, piano e spazio cartesiani 117

118 Figura 11: Vettore applicato di estremi A e B 9 Elementi di algebra vettoriale 9.1 Vettori Definizione 9.1 Dati due punti A e B nel piano o nello spazio euclidei, si chiama vettore applicato di estremi A, B la coppia ordinata (A, B) (indicata anche con AB ). A si dice primo estremo o punto d applicazione e B secondo estremo o punto finale. Possiamo pensare ad AB come ad un segmento di estremi A e B ed orientato da A verso B. Si dice direzione di AB quella della retta passante per i punti A e B. Si chiama lunghezza (norma o modulo) di AB e si indica con AB la misura del segmento AB. Il verso di AB è l orientazione da A verso B. Il concetto di vettore ha notevole importanza nelle scienze applicate, soprattutto nella fisica dove risulta essere uno strumento fondamentale per rappresentare grandezze quali ad esempio la forza, la velocità, l accelerazione ed il momento. In queste note verrà usato per studiare proprietà geometriche. Nel seguito penseremo di essere nel piano o nello spazio cartesiani che, per quanto abbiamo visto in precedenza, possiamo identificare con Rl 2 o Rl 3 rispettivamente. Considereremo vettori applicati nell origine del sistema 118

119 di riferimento. Ciò ci consentirà di fare delle semplici verifiche algebriche sulle proprietà delle operazioni sui vettori. Va osservato però, che si può dimostrare che queste proprietà non dipendono dal sistema di riferimento scelto, ma solo dalla natura geometrica delle operazioni. Consideriamo quindi l insieme dei vettori di Rl 2 (di Rl 3 ) che sono applicati nell origine. Tali vettori sono individuati dai loro punti finali. Pertanto possiamo pensare al punto P Rl 2 (o in Rl 3 ) come al vettore OP. Quindi, quando scriviamo il vettore P, intendiamo il vettore di primo estremo O e secondo estremo P. Ne segue che un vettore applicato nell origine ed avente secondo estremo P è individuato dalla coppia (o dalla terna) che rappresenta P se siamo in Rl 2 (o in Rl 3 ). Ad esempio se consideriamo O (0, 0, 0) e P (1, 2, 1), per indicare il vettore OP scriveremo semplicemente P (1, 2, 1) Osservazione: Da quanto è stato scritto qui sopra discende che le coppie (le terne) ordinate rappresentano o punti o vettori di Rl 2 (di Rl 3 ). A seconda del contesto in cui opereremo verrà precisato se la coppia (o la terna) ordinata rappresenta un vettore od un punto. Scriviamo adesso le definizioni di somma e prodotto per uno scalare tra vettori. Queste definizioni sono un caso particolare di quelle date per le matrici, perchè possiamo vedere i vettori di Rl 2 (di Rl 3 ) come matrici d ordine 1 2 (o 1 3). Definizione 9.2 Dati due vettori A (x 1, y 1 ) e B (x 2, y 2 ) si definisce somma di A e B il vettore A + B (x 1 + x 2, y 1 + y 2 ). Analogamente se A (x 1, y 1, z 1 ) e B (x 2, y 2, z 2 ), allora A + B (x 1 + x 2, y 1 + y 2, z 1 + z 2 ). 54 Esempi (1, 2) + (3, 4) = (4, 6) 2. (1, 4, 5) + (2, 3, 4) = (3, 1, 9) Osservazione: Il vettore O (0, 0) (O (0, 0, 0)) si dice vettore nullo. Riportiamo qui sotto le proprietà della somma che sono chiaramente le stesse elencate per la somma tra matrici. 54 Geometricamente questa definizione di somma corrisponde a considerare la diagonale di un parallelogrammo di lati adiacenti OA e OB ( detta anche regola del parallelogrammo). Il motivo per cui si considera la regola del parallelogrammo nella somma di due vettori, risiede nel fatto che l azione di più grandezze fisiche che operano su un corpo, quali ad esempio la forza e la velocità, e che sono rappresentate da vettori, danno risultante ottenuta secondo la regola del parallelogrammo. 119

120 Figura 12: Vettori applicati Figura 13: somma e prodotto per uno scalare di vettori 120

121 Proprietà della somma 1. A + B = B + A Proprietà commutativa 2. A + (B + C) = (A + B) + C Proprietà associativa 3. O + A = A Esistenza dell elemento neutro 4. A Rl 2 (Rl 3 ) ( A) : A + ( A) = O Esistenza del vettore opposto 55 Definizione 9.4 Dato un numero reale c ed un vettore A (x, y) (risp.a (x, y, z)) si definisce ca il vettore di componenti (cx, cy) ((cx, cy, cz))(ossia ca (cx, cy) (risp.(cx, cy, cz)) Se c > 0 il vettore ca rappresenta un vettore avente lo stesso verso di A e modulo c A. Se c < 0 allora ca ha verso opposto a quello di A e modulo c A. Proprietà del prodotto per uno scalare 55 Dimostrazione Riportiamo qui sotto la dimostrazione delle proprietà per i vettori di lr 2 e lasciamo come esercizio la verifica delle medesime proprietà per i vettori di lr 3. Siano A (x 1, y 1), B (x 2, y 2), C (x 3, y 3) tre vettori di lr 2. Allora si ha A + B = (x 1, y 1 ) + (x 2, y 2 ) = (x 1 + x 2, y 1 + y 2 ) = (x 2 + x 1, y 2 + y 1 ) = (x 2, y 2 ) + (x 1, y 1 ) = B + A A + (B + C) = (x 1, y 1 ) + [(x 2, y 2 ) + (x 3, y 3 )] = (x 1, y 1 ) + (x 2 + x 3, y 2 + y 3 ) = (x 1 + (x 2 + x 3 ), y 1 + (y 2 + y 3 )) = ((x 1 + x 2 ) + x 3, (y 1 + y 2 ) + y 3 ) = 3. Si ha O (0, 0). Allora [(x 1, y 1) + (x 2, y 2)] + (x 3, y 3) = (A + B) + C O + A = (0, 0) + (x 1, y 1) = (0 + x 1, 0 + y 1) = (x 1, y 1) 4. Dato il vettore A (x 1, y 1 ) si consideri il vettore ( A) ( x 1, y 1 ). Allora si ha A + ( A) = (x 1, y 1 ) + ( x 1, y 1 ) = (x 1 x 1, y 1 y 1 ) = (0, 0) = O. Analogamente a quanto fatto per la somma, riportiamo la definizione di prodotto per uno scalare e ne riscriviamo le proprietà che sono chiaramente le stesse di quelle date per le matrici. 121

122 1. Se c, d Rl e A Rl 2 (Rl 3 ) allora (c + d)a = ca + da 2. (cd)a = c(da) 3. Se c Rl e A, B Rl 2 (Rl 3 ) allora c(a + B) = ca + cb 4. 1A = A Vettori liberi Equipollenza tra vettori Definizione 9.5 Dati due vettori applicati AB e CD diciamo che sono equipollenti se B A = D C. 56 Dimostrazione Diamo le dimostrazioni per i vettori di lr 2 le verifiche delle proprietà per i vettori di lr 3. Siano A (x 1, y 1) e B (x 2, y 2) due vettori di lr e lasciamo come esercizio (c + d)a = (c + d)(x 1, y 1 ) = ((c + d)x 1, (c + d)y 1 ) = (cx 1 + dx 1, cy 1 + dy 1 ) = (cx 1, cy 1 ) + (dx 1, dy 1 ) = c(x 1, y 1 ) + d(x 1, y 1 ) = ca + da (cd)a = (cd)(x 1, y 1) = ((cd)x 1, (cd)y 1) = (c(dx 1 ), c(dy 1 )) = c(dx 1, dy 1 ) = c[d(x 1, y 1 )] = c(da) c(a + B) = c[(x 1, y 1 ) + (x 2, y 2 )] = c(x 1 + x 1, y 1 + y 2 ) = (c(x 1 + x 2 ), c(y 1 + y 2 )) = (cx 1 + cx 2, cy 1 + cy 2 ) = (cx 1, cy 1 ) + (cx 2, cy 2 ) = c(x 1, y 1 ) + c(x 2, y 2 ) = ca + cb 4. 1(x 1, y 1 ) = (x 1, y 1 ) 57 lo studente abituato a consultare altri testi, noterà che le dimostrazioni che abbiamo fornito per dimostrare le proprietà della somma e del prodotto per uno scalare, sono, in generale, più semplici rispetto a quelle che compaiono in altri testi. Il motivo di ciò risiede nel fatto che generalmente la presentazione dei vettori e delle loro proprietà è essenzialmente geometrica e prescinde dal sistema di riferimento. In queste note, invece, si è preferito lavorare nel piano e nello spazio aventi un dato sistema di riferimento. Ciò ha consentito di tradurre proprietà geometriche in proprietà algebriche che sono di più semplice verifica. Va osservato, però che, volendo provare l equivalenza tra le definizioni date in queste note e quelle geometriche, dovremmo provare che queste operazioni non dipendono dal sistema di riferimento scelto, ma ciò non verrà affrontato in queste note. 122

123 Figura 14: Vettori equipollenti Si prova che questa condizione è equivalente ad affermare che i vettori AB e CD hanno la stessa direzione, lo stesso verso e lo stesso modulo. La relazione d equipollenza è una relazione d equivalenza. Le classi d equivalenza si dicono vettori liberi. Sia v un vettore libero. Allora esiste un solo vettore A applicato in O con A v. Siano v e w due vettori liberi. Allora definiamo v + w il vettore libero tale che se A v e B w allora A + B v + w. Inoltre se c Rl allora c v rappresenta il vettore libero che contiene ca. Osservazioni: Volendo esprimere in altro modo la definizione di vettore libero, possiamo dire che un vettore v è libero se prescindiamo dal suo punto di applicazione e teniamo conto solamente della direzione, del verso e del modulo. Esercizi 9.6 In ciascuno dei casi seguenti determinare quali vettori applicati AB e CD sono equipollenti a A (1, 1), B (4, 3) C ( 1, 5), D (5, 2) b A (1, 4), B ( 3, 4) C (5, 8), D (1, 8) c A (2, 3, 4), B ( 1, 3, 5) C ( 2, 5, 1), D ( 5, 5, 8) Soluzione a) B A (3, 4) e D C (6, 3). Quindi non sono equipollenti. b) B A ( 4, 0), D C ( 4, 0). Pertanto AB e CD sono equipollenti. c) B A ( 3, 0, 9) e D C ( 3, 0, 9). Quindi AB e CD sono equipollenti. 123

124 9.3 Centro di massa ed applicazioni Definizione 9.7 (di centro di massa). Siano dati n punti P 1, P 2,..P n. Supponiamo che a ciascuno di essi sia associata una massa m i, 1 i n. Si definisce centro di massa il punto P di coordinate dove M = n i=1 m i P 1 n M ( m i P i ) (31) Osservazione: la somma va pensata tra i vettori applicati nell origine che possiedono i punti P i (i = 1,..., n) come punti finali. Esempi 9.8 i=1 1. Siano dati due punti P 1 (1, 2) di massa 1 e P 2 (2, 0) di massa 2. Allora il centro di massa è dato da P 1 3 (1(1, 2) + 2(2, 0)) = (5 3, 2 3 ) 2. Supponiamo che i punti P 1 (x 1, y 1 ) e P 2 (x 2, y 2 ) abbiano la stessa massa m. Allora P ( x 1+x 2 2, y 1+y 2, 2 ). In questo caso il centro di massa è il punto di mezzo del segmento di estremi i punti dati. 3. Consideriamo tre punti P 1, P 2, P 3 non allineati. Allora il centro di massa associato a questi tre punti, pensati con la stessa massa, è il baricentro del triangolo avente i tre punti come vertici. Determiniamo il baricentro P del triangolo di vertici (2, 1), (1, 1), (3, 2). Si ha P 1 3m (m(2, 1)+m(1, 1)+m(3, 2)) = m 3m (6, 4) = 1 3 (6, 4) = (2, 4 3 ). Nota: ricordiamo che il baricentro di un triangolo è il punto d incontro delle mediane. Diamo le seguenti Definizioni 9.9 con c Rl. a) Due vettori A e B si dicono collineari se A = cb b) Due vettori applicati AB e CD si dicono paralleli se i vettori B A e D C sono collineari. 124

125 9.4 Esercizi 1. In ciascuno dei seguenti casi determinare quali vettori applicati AB e CD sono equipollenti a A (1, 1), B (4, 3) C ( 1, 5), D (5, 2) Soluzione no b A (1, 4), B ( 3, 5) C (5, 7), D (1, 8) Soluzione si c A (2, 3, 4), B ( 1, 3, 5) C ( 2, 4, 1), D ( 5, 4, 8) Soluzione si 2. In ciascuno dei casi seguenti determinare quali vettori applicati AB e CD sono paralleli. a) A (1, 1), B (4, 3) C ( 1, 5), D (7, 1) Soluzione no b) A (1, 1, 5), B ( 2, 3, 4) C (3, 1, 1), D ( 3, 9, 17) Soluzione si 3. Dati i punti P 1 (1, 2, 4), P 2 (2, 0, 5) e P 3 (1, 1, 4), verificare che sono vertici di un triangolo. Determinare quindi il baricentro di detto triangolo. Soluzione Condizione necessaria e sufficiente affinché tre punti P 1, P 2, P 3 siano i vertici di un triangolo è che i tre punti non siano allineati. D altra parte i tre punti P 1, P 2, P 3 non sono allineati se e solo se i vettori P 2 P 1 e P 3 P 1 non sono collineari. Poiché P 2 P 1 (1, 2, 1) e P 3 P 1 (0, 1, 0) e non essendo i due vettori collineari, possiamo asserire che i tre punti sono i vertici di un triangolo. Il baricentro del triangolo si ottiene con la formula (31) C 1 3 [(1, 2, 4) + (2, 0, 5) + (1, 1, 4)] = (4 3, 1, 13 3 ) 4. Siano A (1, 1, 2), B (2, 1, 3) C (1, 2, 2) tre punti di Rl 3. Determinare il quarto punto D del parallelogrammo di cui AB e AC sono due lati adiacenti. Soluzione 125

126 Possiamo operare in questo modo. Si tenga presente che, essendo la figura di vertici A, B, C, D un parallelogrammo ed essendo adiacenti i lati AB e AC si ha che i vettori AB e CD sono equipollenti. Quindi B A = D C ossia D = B + C A, ossia D = (2, 1, 3) + (1, 2, 2) (1, 1, 2) = (2, 2, 3). Un altro modo per arrivare al medesimo risultato è il seguente. Notiamo prima di tutto che il vettore AB è equipollente al vettore B A mentre il vettore AC è equipollente al vettore C A. Ne segue che il parallelogrammo di vertici A, B, C, D è ottenuto dalla traslazione del parallelogrammo di vertici B A, C A, 0, D A. Poiché D A = (B A) + (C A) 58 si ha D = A + (B A) + (C A) = B + C A. Pertanto le coordinate di D sono D [(2, 1, 3) + (1, 2, 2) (1, 1, 2)] = (2, 2, 3) 5. Verificare se i punti seguenti sono vertici di un triangolo ed in caso affermativo determinarne il baricentro. P 1 (1, 2, 4) P 2 (2, 3, 1) P 3 (3, 2, 1). P 1 (2, 0, 1), P 2 (3, 1, 0) (6, 4, 3). 58 Ciò dipende dalla interpretazione geometrica della somma di vettori, che è la diagonale del parallelogrammo avente i due vettori come lati adiacenti 126

127 9.5 Prodotto scalare Definizione 9.10 Siano A (x 1, y 1 ), B (x 2, y 2 ) (risp. A (x 1, y 1, z 1 ), B (x 2, y 2, z 2 )) due vettori di Rl 2 (risp. di Rl 3 ). Allora definiamo prodotto scalare il numero A B = x 1 x 2 + y 1 y 2 (risp. A B = x 1 x 2 + y 1 y 2 + z 1 z 2 ) Esempi Siano dati i vettori A (1, 1) e B (2, 1). Allora A B = = A (1, 2, 1) B (1, 2, 0) allora A B = ( 2) = Proprietà del prodotto scalare Il prodotto scalare tra due vettori gode delle seguenti proprietà. Lemma 9.12 Siano A, B, C tre vettori di Rl 2 (o di Rl 3 ). Allora 1. A (B + C) = A B + A C 2. A B = B A 3. c(a B) = (ca) B = A (cb) = 0; A A > 0 se e solo se A 0 59 Lemma 9.13 Siano A, B Rl 2 (Rl 3 ). Allora 59 Dimostrazione Proviamo la proprietà 2). Siano A (x 1, y 1 ) e B (x 2, y 2 ) due vettori di lr (analogamente si opera in lr 3 ). Allora A B = x 1x 2 + y 1y 2 = x 2x 1 + y 2y 1 = B A. Sia ora A (x 1, y 1 ), allora A A = x y Ne segue che A A = 0 se e solo se x 1 = 0 e y 1 = 0. Una analoga dimostrazione si fa per A lr 3. Pertanto abbiamo dimostrato la 4). Lasciamo la verifica delle altre proprietà come esercizio

128 Figura 15: Angolo convesso a) (A + B) (A + B) = A A + 2(A B) + B B b) (A B) (A B) = A A 2(A B) + B B. c) A A = A Angolo tra vettori Notazione: Due vettori A e B tra loro perpendicolari vengono indicati con A B. 60 Dimostrazione a) 1) Applichiamo la proprietà 1) del lemma Si ha (A + B) (A + B) = A (A + B) + B (A + B) = A A + A B + B A + B B = A A + 2A B + B B. b) la proprietà b) si dimostra in modo analogo al caso a). c) Sia A (x 1, y 1 ). Allora A = x y2 1 e quindi, essendo x2 1 + y 2 1 = A A si ha A = A A. 128

129 Definizione 9.14 Dati due vettori non nulli A e B si dice angolo tra A e B, l angolo convesso ϕ formato da due semirette uscenti da O ed aventi la stessa direzione e lo stesso verso di A e B. 61. Enunciamo il seguente Lemma 9.15 Siano AeB due vettori di Rl 2 (Rl 3 ). Allora A B A+B = A B. Lemma 9.16 Siano AeB due vettori di Rl 2 (Rl 3 ) Allora A B A B = Esempi Consideriamo i vettori A (1, 2) e B ( 2, 1). Poiché A B = 0 si ha che i vettori sono perpendicolari 2. Siano dati i vettori A (1, 2, 1) e B ( 1, 1, 1). Poichè A B = 0 si ha che A e B sono perpendicolari. 9.7 Proiezione ortogonale di un vettore A su un vettore B Siano dati due vettori non nulli A e B. Sia P la proiezione ortogonale di A su B, ossia P è il vettore che ha l origine O come punto iniziale e la proiezione ortogonale P del punto A sulla retta contenente il vettore B, come punto finale. Allora P = cb. Il vettore applicato P A risulta essere perpendicolare al vettore B e quindi il vettore A P che è equipollente ad esso, risulta essere perpendicolare a B. Pertanto (A P ) B = 0 (A cb) B = 0 A B c(b B) = 0 c = A B B B Ne segue P = A B B B B 61 Date due semirette S 1 e S 2 uscenti dallo stesso punto O, allora il piano P viene diviso in due regioni. Si dice angolo convesso determinato da S 1 e S 2 quella parte P del piano P tale che comunque presi due punti A e B di P si ha che tutto il segmento AB è contenuto in P. 62 Dimostrazione del lemma Per il Lemma 9.15 si ha A B A+B = A B. Pertanto basta provare A + B = A B A B = 0. Se A + B = A B A + B 2 = A B 2 (A + B) (A + B) = (A B) (A B) A 2 + 2A B + B 2 = A 2 + B 2 2A B A B = 0. Viceversa sia A B = 0. Allora si ha (A B) (A B) = A 2 + B 2 2A B = A 2 + B 2 e (A + B) (A + B) = A 2 + B 2 + 2A B = A 2 + B 2. Pertanto (A + B) (A + B) = (A B) (A B) A B = A + B. Poiché A B = A + B A B si ha A B = 0 A B. 129

130 Figura 16: Vettori perpendicolari Figura 17: Proiezione di un vettore A su un vettore B Esempi 9.18 Determiniamo la proiezione di A (1, 2, 1) su B (1, 1, 1). Allora si ha P (1,2,1) (1,1,1) (1,1,1) (1,1,1) (1, 1, 1) = 4 3 (1, 1, 1) = ( 4 3, 4 3, 4 3 ) Come si determina l angolo tra due vettori Sia ϕ l angolo tra i vettori A e B e sia P la proiezione (ortogonale) di A su B. Tenendo conto del fatto che P = cb = A B B B B si ha cosϕ = c B A A cosϕ = A B B B B A B cosϕ = A B (32) 130

131 63 Osservazione: si nota che la formula ( 32) fornisce un altro modo di rappresentare il prodotto scalare. Dalla formula ( 32) si deduce la seguente uguaglianza Esempi 9.19 cosϕ = A B A B (33) 1. Determinare l angolo tra i vettori A (1, 2, 1) e B (1, 3, 2). Soluzione Utilizzando l uguaglianza ( 33) si ha quindi cosϕ = = , da cui si deduce ϕ = arcos A B A B 2. Dati i punti A (1, 1, 1), B (2, 1, 1) e C (1, 2, 3) verificare che sono i vertici di un triangolo e determinarne il baricentro e gli angoli. Soluzione I punti A, B, C sono i vertici di un triangolo perché i vettori B A (1, 0, 2) e C A (0, 1, 2) non sono collineari. Il baricentro M si ottiene applicando la formula (31), ossia M 1 3 [(1, 2, 1) + (2, 1, 1) + (1, 2, 3)] = (4 3, 5 3, 1). Sia α l angolo corrispondente al vertice A. Si ha B A (1, 0, 2) e (C A) (0, 1, 2). Allora ossia cosα = (B A) (C A) B A C A = 4 = , α = arcos 4 5 Determiniamo ora l angolo β relativo al vertice B. Si ha A B ( 1, 1, 2) e C B ( 1, 1, 4). Quindi si ha cosβ = (A B) (C B) A B C B = 10, Questa è la formula con la quale, generalmente, viene introdotto il prodotto scalare. Ricordiamo che in Fisica, il lavoro compiuto da una forza F che agisce su un corpo puntiforme P che si sposta lungo il vettore AB, si rappresenta mediante il prodotto scalare F AB cosϕ dove ϕ è l angolo tra F e AB. 131

132 ossia β = arcos Calcoliamo ora l angolo γ relativo al vertice C. Si ha B C (1, 1, 4) e A C (0, 0, 2). Allora ossia cosγ = (B C) (A C) B C A C = 8, γ = arcos Prodotto vettoriale Definizione 9.20 Siano dati due vettori A (x 1, y 1, z 1 ), B (x 2, y 2, z 2 ) di Rl 3. Si dice prodotto vettoriale di A e B il vettore indicato con A B che ha le seguenti componenti: A B = (y 1 z 2 z 1 y 2, (x 1 z 2 x 2 z 1 ), x 1 y 2 y 1 x 2 ). Un modo per ricordarselo Osserviamo che se chiamiamo I = (1, 0, 0), J = (0, 1, 0) e K = (0, 0, 1), allora ogni vettore (a, b, c) può scriversi nella forma 64 (a, b, c) = ai + bj + ck. Per determinare le componenti del prodotto vettoriale, senza dover fare sforzi di memoria, basta calcolare questo pseudo-determinante. I J K A B = x 1 y 1 z 1 x 2 y 2 z 2 Esempio 9.21 Siano A (1, 2, 1) e B (2, 1, 2). Allora I J K = (4 + 1)I (2 + 2)J + (1 4)K = (5, 4, 3) La rappresentazione del vettore (a, b, c) come combinazione lineare di I, J, K è unica. Ciò verrà chiarito meglio nel capitolo degli spazi vettoriali. 132

133 9.8.1 Proprietà del prodotto vettoriale Iniziamo col seguente lemma. Lemma 9.22 Siano A, B, C tre vettori in Rl 3 e sia c Rl. Allora 1. A B = B A 2. A (B + C) = A B + A C 3. (B + C) A = B A + C A 4. c(a B) = ca B = A cb. 65 Lemma 9.23 Siano A, B due vettori in Rl 3 sia ad A che a B.. Allora A B è perpendicolare Dimostrazione del Lemma 9.22 Siano A (x 1, y 1, z 1) e B (x 2, y 2, z 2) e C (x 3, y 3, z 3). Allora mentre Quindi A B = B A. A B = (y 1z 2 y 2z 1), (x 1z 2 x 2z 1), (x 1y 2 y 1x 2) B A = (y 2 z 1 y 1 z 2, (x 2 z 1 x 1 z 2 ), x 2 y 1 x 1 y 2 ). A (B + C) = (x 1, y 1, z 1) (x 2 + x 3, y 2 + y 3, z 2 + z 3) = (y 1 (z 2 + z 3 ) z 1 (y 2 + y 3 ), (x 1 (z 2 + z 3 ) z 1 (x 2 + x 3 ), x 1 (y 2 + y 3 ) y 1 (x 2 + x 3 )) = (y 1z 2 +y 1z 3 z 1y 2 z 1y 3, (x 1z 2 +x 1z 3 z 1x 2 z 1x 3), x 1y 2 +x 1y 3 y 1x 2 y 1x 3) = ((y 1 z 2 z 1 y 2 )+(y 1 z 3 z 1 y 3 ), [(x 1 z 2 z 1 x 2 )+(x 1 z 3 z 1 x 3 )], (x 1 y 2 y 1 x 2 )+(x 1 y 3 y 1 x 3 )) = (y 1z 2 z 1y 2, (x 1z 2 z 1x 2), x 1y 2 y 1x 2)+(y 1z 3 z 1y 3, (x 1z 3 z 1x 3), x 1y 3 y 1x 3) = A B + A C Si lascia la verifica delle altre proprietà allo studente. 66 Dimostrazione Basta far vede che (A B) A = 0 e (A B) B = 0. Proviamo la prima. Siano A (x 1, y 1, z 1 ) e B (x 2, y 2, x 2 ). Allora (A B) A = (y 1 z 2 z 1 y 2, (x 1 z 2 x 2 z 1 ), x 1 y 2 y 1 x 2 ) (x 1, y 1, z 1 ) = (y 1 z 2 z 1 y 2 )x 1 (x 1 z 2 x 2 z 1 )y 1 + (x 1 y 2 y 1 x 2 )z 1 = y 1z 2x 1 z 1y 2x 1 x 1z 2y 1 + x 2z 1y 1 + x 1y 2z 1 y 1x 2z 1 = 0 In modo analogo si prova che (A B) B =

134 Si ha il seguente Lemma 9.24 Siano Ae B due vettori in Rl 3. Allora A B = A B senϕ. 67 Corollario 9.25 Due vettori A e B non nulli sono collineari se e solo se A B = O. Dimostrazione Due vettori A e B sono collineari se e solo se l angolo tra essi è 0 oppure π. Poiché A B = A B senϕ si ha che se ϕ = 0 oppure ϕ = π allora A B = 0. Viceversa se A B = 0 allora deve essere senϕ = 0 e quindi ϕ = 0 oppure ϕ = π. Esempi 9.26 I vettori (1, 1, 1) e (2, 2, 2) sono collineari essendo (2, 2, 2) = 2(1, 1, 1). Inoltre si verifica che A B = O. 67 Dimostrazionedel Lemma 9.24 Siano A (x 1, y 1, z 1 ) e B (x 2, y 2, z 2 ). Per prima cosa proviamo che Infatti si ha D altra parte (A B) 2 = (A A)(B B) (A B) 2. (34) (A B) 2 = (y 1z 2 z 1y 2) 2 + (x 1z 2 z 1x 2) 2 + (x 1y 2 y 1z 2) 2 (A A)(B B) (A B) 2 = (x y z 2 1)(x y z 2 2) (x 1x 2 + y 1y 2 + z 1z 2) 2 Sviluppando i calcoli si verifica l equazione (34). L equazione (34) può essere riscritta nella seguente forma A B 2 = A 2 B 2 A 2 B 2 cos 2 ϕ = e quindi A 2 B 2 (1 cos 2 ϕ) = A 2 B 2 sen 2 ϕ A B = A B senϕ. Tenendo conto della definizione di angolo tra vettori si ha A B = A B senϕ. Generalmente, il prodotto vettoriale di due vettori dati A e B viene definito come il vettore perpendicolare ai due vettori dati, con verso dato dalla regola della mano destra (che definiremo più avanti) e con modulo dato dalla formula accanto. Ricordiamo che anche questo concetto ha notevole interesse nella Fisica. Per esempio il momento di una forza che agisce su un asse incernierato è rappresentato dal prodotto vettoriale della forza per il vettore che rappresenta l asse. 134

135 9.8.2 Area del parallelogrammo Il modulo del prodotto vettoriale di due vettori A e B rappresenta l area del parallelogrammo avente A e B come lati adiacenti. Soluzione Riguardiamo O, A, B, A + B come vertici del parallelogrammo di cui i vettori A e B sono lati adiacenti. Allora l area a del parallelogrammo è data da A h dove h è l altezza del parallelogrammo relativa al lato rappresentato dal vettore A. Se 5ϕ rappresenta l angolo determinato dai vettori A e B, allora h = B senϕ. Pertanto si ha Esempi 9.27 a = A B senϕ = A B 1. Siano A (1, 1, 2) e B (1, 1, 1). Allora A B = ( 1, 1, 0) A B = 2 68 che è l area del parallelogramma avente A e B come lati adiacenti. 2. Dati i punti A (1, 2, 1), B (2, 1, 1) e C ( 1, 0, 1), determinare l area del triangolo di vertici A, B, C. Soluzione B A (1, 1, 0), C A ( 2, 2, 0). Allora Area = 1 2 (B A) (C A) = 1 (0, 0, 4) = Possiamo utilizzare il prodotto vettoriale per determinare un vettore perpendicolare ad un dato piano. Se A, B, C sono tre punti non collineari, allora esiste esattamente un piano α che li contiene. I vettori B A e C A sono paralleli ad α. Quindi (B A) (C A) è perpendicolare ad α. 9.9 Regole della mano destra e della mano sinistra Supponiamo che, nel sistema di riferimento scelto, la minima rotazione del semiasse positivo delle x verso il semiasse delle y sia vista in senso antiorario da un osservatore posto nel semiasse positivo delle z. Un tale sistema di riferimento si dice destrorso. Se, invece, la minima rotazione dell asse delle x verso l asse delle y è vista in senso orario, allora parliamo di sistema di riferimento sinistrorso. Il sistema di riferimento destrorso si caratterizza 68 Si noti che in questo caso non abbiamo verificato che i tre punti fossero allineati, perché l area è venuta un numero positivo. Infatti se i tre punti fossero stati allineati avremmo ottenuto area nulla. 135

136 anche nel seguente modo: si pone il pollice della mano destra come il verso dell asse delle x e l indice orientato come l asse delle y, allora il medio ha il verso dell asse delle z. Il sistema di riferimento sinistrorso si caratterizza invece utilizzando la mano sinistra. Supponiamo adesso di avere un sistema di riferimento destrorso e siano A e B due vettori. Poniamo il pollice della mano destra orientata come A e l indice della mano destra orientato come B, allora A B risulta avere il verso come il medio della mano destra. ( Se il sistema di riferimento è sinistrorso, allora il verso di A B si ottiene con la regola della mano sinistra) Prodotto misto Definizioni Siano A, B, C Rl 3. Allora l espressione A B C si dice prodotto misto di A, B, C. 2. Tre vettori A, B, C si dicono complanari se esiste un piano che li contiene. Osservazione Non è la stessa cosa affermare che tre vettori A, B, C sono complanari oppure che i tre punti A, B, C sono complanari. Infatti, tre punti sono sempre complanari mentre tre vettori possono non essere complanari. Si pensi ad esempio ai tre vettori I (1, 0, 0), J (0, 1, 0) e K (0, 0, 1). Chiaramente essi non sono complanari, mentre i tre punti I, J, K sono complanari. In effetti richiedere la complanarità dei tre vettori A, B e C significa imporre la complanarità dei quattro punti O, A, B, C. Lemma 9.29 Siano A, B, C tre vettori non nulli di R 3. Allora A, B, C sono complanari se e solo se A B C = Dimostrazione Supponiamo A, B, C complanari. Allora (A B) e perpendicolare sia ad A che a B, cioè è perpendicolare al piano che contiene A e B. Quindi anche a C ossia (A B) C = 0. Viceversa se (A B) C = 0 allora C (A B). Ma A B A e A B B, cioè A B è perpendicolare al piano contenente A e B. Poiché C (A B) C sta nel piano contenente A e B. 136

137 Figura 18: Complanarità di tre vettori Rappresentazione determinantale del prodotto misto Siano A (x 1, y 1, z 1 ), B (x 2, y 2, z 2 ) e C (x 3, y 3, z 3 ) tre vettori in Rl 3, allora è facile verificare che il loro prodotto misto si rappresenta nella forma x 1 y 1 z 1 A B C = x 2 y 2 z 2 x 3 y 3 z 3 Esempi Siano A (1, 0, 1), B (1, 3, 1) e C (2, 1, 1) tre vettori in Rl 3, Allora il loro prodotto misto è dato da = Pertanto A, B, C non sono complanari. 2. Siano A (1, 2, 1), B (0, 3, 2), C (2, 7, 0) tre vettori in Rl 3 allora si ha = Ne segue che A, B e C sono complanari. 137

138 9.11 Esercizi 1. Determinare il lavoro compiuto da una forza equipollente ad F (2, 3, 3) quando il suo punto di applicazione si sposta da P (1, 3, 4) a Q (2, 3, 5) lungo la retta contenente P Q. Soluzione l = (2, 3, 3) [(2, 3, 5) (1, 3, 4)] = 5 2. Siano dati i punti A (1, 1, 1), B (1, 2, 1) e C (2, 0, 1). Verificare che sono vertici di un triangolo. Determinarne quindi gli angoli. Soluzione Poiché B A (0, 3, 0) e C A (1, 1, 0) non sono collineari, si ha che i tre punti sono vertici di un triangolo. Inoltre cosâ = (0,3,0) (1,1,0) 3 =  = π 4.70 cos B = (0, 3,0) (1, 2,0)) 3 5 = 2 5 B = arcos 2 5. cosĉ = ( 1, 1,0) ( 1,2,0) 2 5 = 1 10 Ĉ = arcos Siano A (1, 1, 2), B (2, 1, 0) C (2, 3, 1) vertici di un parallelogrammo di cui AB e AC sono due lati adiacenti. Determinare le coordinate del quarto vertice D, gli angoli e il baricentro del parallelogrammo. Soluzione Il punto D, visto come punto finale del vettore applicato nell origine è dato da D = (B A) + (C A) + A = B + C A (3, 3, 1) Essendo B A (1, 0, 2) e C A (1, 2, 1) si ha cosâ = (B A) (C A) B A C A = Tenendo conto delle proprietà degli angoli di un parallelogramma 71 dobbiamo avere cos B = In effetti si ha A B ( 1, 0, 2) e D B (1, 2, 1) e quindi cos B = Il baricentro M è dato da 1 4 [(1, 1, 2) + (2, 1, 0) + (2, 3, 1) + (3, 3, 1)] = (2, 2, 1 2 ). 70 Indichiamo con  l angolo relativo al vertice A ed analogamente usiamo la stessa notazione per gli angoli relativi agli altri vertici. 71 Gli angoli sono supplementari, ossia la loro somma è 180 o. Inoltre si ha che cosα = cos(180 o α) 138

139 4. Verificare se i tre vettori A (1, 2, 1), B (2, 1, 1) e C (4, 5, 3) sono complanari. Soluzione Si 5. Verificare se i quattro punti A (1, 2, 1), B (1, 2, 3), C (1, 3, 0) e D (3, 3, 1) sono complanari. Soluzione B A (0, 0, 4), C A (0, 1, 1) e D A (2, 1, 2) Essendo (B A) (C A) (D A) = = 8 si ha che i quattro punti non sono complanari. 6. Provare che se A, B, C sono tre vettori non complanari, allora A B C rappresenta il volume del parallelepipedo avente i tre vettori come lati adiacenti Soluzione Consideriamo i vettori A e B ed il parallelogrammo P avente A e B come lati adiacenti. Allora l area di P è data da A B. Consideriamo ora il vettore C. Il volume v del parallelepipedo è dato dal prodotto dell area di P per l altezza h di C relativa al piano π contenente A e B. Sia ϕ l angolo che il vettore A B forma col vettore C, ossia l angolo che il vettore C forma con la retta perpendicolare al piano π e passante per l origine. Allora h = C cos ϕ. Ne segue che v = A B C cosϕ = (A B) C. 7. Dati i punti A (1, 2, 2) B ( 1, 2, 1) e C (2, 1, 3) determinare la misura dell altezza relativa al lato BC. Soluzione Per determinare la misura dell altezza relativa al lato BC dobbiamo determinare la proiezione ortogonale P del punto del punto A sulla retta contenente il lato BC e successivamente calcolare la distanza tra A e P. D altra parte per determinare P basta considerare la proiezione ortogonale CP del vettore CA sul vettore CB. Si tenga presente che CA è equipollente al vettore A C e che CB è equipollente a B C. Quindi, per determinare P si determina la proiezione P di A C su B C e a questa si somma C. Si ha A C ( 1, 1, 5) e B C ( 3, 1, 2). proiezione P di A C su B C è data da P = Pertanto la (A C) (B C) (B C) = ( 3, 1, 2) = ( 3, 1, 2). (B C) (B C) Ne segue che P = B C. Ciò ci dice che P = B. Pertanto l altezza h del triangolo relativa alla base BC coincide con la distanza tra A e 139

140 B. Allora si ha h = = 13. Notiamo che la proiezione ortogonale di un vertice sul lato opposto coincide con uno dei vertici di questo lato se e solo se il triangolo è rettangolo. Verifichiamo quindi che l angolo in B è rettangolo. Consideriamo il vettore C B (3, 1, 2) e A B (2, 0, 3). Allora si ha (C B) (A B) = (3, 1, 2) (2, 0, 3) = 0 Quindi, in accordo coi calcoli precedenti, il triangolo di vertici A, B, C è rettangolo con l angolo in B retto. Un altro modo per determinare l altezza h relativa al lato BC si ottiene osservando che il modulo del prodotto vettoriale (A B) (C B) rappresenta l area A del parallelogrammo P avente i lati BA e BC adiacenti. Quindi si ha (A B) (C B) = (C B)h da cui si ricava h = (A B) (C B) C B). Si ha A B = (2, 0, 3) e C B = (3, 1, 2) e quindi (A B) (C B) = I J K = ( 3, 13, 2) = 182. Da ciò segue h = =

141 10 Rette Sia R una retta in Rl 2 (Rl 3 ) e sia V R un vettore avente la stessa direzione di R. 72 Sia P un punto fissato di R e sia X un punto arbitrario di R. Possiamo pensare X e P come punti finali di vettori applicati in O. Ne segue che possiamo scrivere X = P + (X P ). Poichè X P è collineare a V R si ha X P = tv R con t Rl. Viceversa consideriamo i punti della forma X = P + tv R con t che varia nell insieme dei numeri reali. Per t = 0 si ha X = P. Se t 0 allora X P = tv R cioè il vettore P X che è equipollente a X P è parallelo al vettore V R ed è applicato in P. Quindi X sta sulla retta parallela alla retta contenente V R e passante per P. V R prende il nome di vettore direttore della retta R e l espressione X = P +tv R si dice equazione vettoriale di R. Posto X = (x, y), ((x, y, z)), P (x o, y o ) ((x o, y o, z o )) e V R (l, m) ((l, m, n)) allora da segue (x, y, z) = (x o, y o, z o ) + t(l, m, n) x = x o + lt y = y o + mt z = z o + nt che si dicono equazioni parametriche della retta R. (x, y) = (x o, y o ) + (l, m)t segue t Rl (35) Analogamente da { x = xo + lt y = y o + mt t Rl. (36) 73 Esempi Consideriamo il vettore V R (1, 2) ed il punto P (1, 1). Determiniamo l equazione vettoriale della retta passante per P con V R come vettore direttore. Si ha (x, y) = (1, 1) + t(1, 2) { x = 1 + t y = 1 + 2t 72 Nel seguito di queste note indicheremo un vettore, avente la stessa direzione di una data retta R, col simbolo V R anziché semplicemente con la lettera V 73 Nel seguito, per semplicità di notazione, scriveremo spesso le equazioni parametriche di una retta omettendo t l R. 141

142 Figura 19: Rette 2. Dato il punto P (1, 1, 2) ed il vettore V R (2, 3, 1) l equazione vettoriale della retta R passante per P con vettore direttore V R è data da (x, y, z) = (1, 1, 2) + t(2, 3, 1). Osservazione Notiamo che una retta R in Rl 2 (oppure in Rl 3 ) è suscettibile di infinite rappresentazioni parametriche diverse. Infatti possiamo scegliere infiniti vettori direttori della retta R (tutti tra loro collineari) ed infiniti punti da cui passa R. Esempi Consideriamo la retta R che passa per P (1, 2) ed ha V R (2, 3) come vettore direttore. Una sua rappresentazione vettoriale è data da (x, y) = (1, 2) + t(2, 3). Per t = 1 si ha il punto Q (3, 5). Inoltre un qualunque vettore collineare con (2, 3) è vettore direttore di R. Per esempio (4, 6). Allora (x, y) = (3, 5) + t(4, 6) è un altra rappresentazione vettoriale di R. 2. Sia R la retta di equazione vettoriale (x, y, z) = (1, 2, 3) + t(2, 4, 1) che possiamo pensare passante per P (1, 2, 3) con vettore direttore V R (2, 4, 1). Per t = 2 si ha il punto Q (5, 10, 1). Il vettore W R (8, 16, 4) è un altro vettore direttore di R. Quindi (x, y, z) = (5, 10, 1)+t(8, 16, 4) è un altra rappresentazione vettoriale di R Equazione vettoriale di una retta passante per due punti Una retta R è individuata da due punti distinti diciamo P 1 e P 2. Consideriamo il vettore P 1 P 2 che è equipollente al vettore P 2 P 1. Quindi 142

143 possiamo pensare R come una retta passante per P 1 (oppure per P 2 ) ed avente P 2 P 1 come vettore direttore. Esempi Scriviamo l equazione vettoriale della retta R passante per P 1 (1, 3) e P 2 (2, 2). Allora V R = P 2 P 1 (1, 5) è un vettore direttore di R. Ne segue che una sua rappresentazione vettoriale è data da (x, y) = (1, 3) + t(1, 5) 2. Sia R la retta congiungente i punti P 1 (1, 2, 2) e P 2 (2, 3, 1). Sia ha che V R (1, 1, 3) è un vettore direttore di R. Quindi (x, y, z) = (1, 2, 2) + t(1, 1, 3) è una rappresentazione vettoriale di R Bisettrice dell angolo formato da due vettori Siano A e B due vettori in Rl 2 ( oppure in Rl 3 ), allora la bisettrice dell angolo ϕ formato da A e B ammette il vettore 1 A A + 1 B B come vettore direttore. Dimostrazione Osserviamo prima di tutto che, dato un vettore A, 1 allora il vettore A A è un vettore collineare con A, con lo stesso verso di 1 A e di modulo 1 (detto anche versore). La somma dei vettori A A+ 1 B B è un vettore che, per la regola del parallelogrammo, è la diagonale del parallelogrammo avente A e B come lati adiacenti. In particolare, il parallelogrammo è un rombo perché i lati sono uguali. Ne segue che la diagonale del parallelogrammo è un vettore direttore della bisettrice dell angolo formato 1 da A A e 1 B B, che coincide con l angolo formato da A e B. Esempi Siano dati i vettori A (1, 2) e B (3, 4). Allora un vettore direttore della bisettrice dell angolo formato da A e B è dato da 1 5 (1, 2) (3, 4) = ( 5+3 5, ). Ne segue che la bisettrice ha { x = 5+3 equazioni parametriche 5 t y = t Esercizi Determinare l equazione vettoriale della retta R che passa per il punto P (1, 2, 4) e possiede V R (1, 1, 2) come vettore direttore. 143

144 x = 1 + t Soluzione y = 2 t z = 4 + 2t 2. Provare che le seguenti rappresentazioni parametriche rappresentano la stessa retta: { { x = 1 + 3t x = 7 + 6t R : t Rl ; S t Rl y = 2 + 4t y = t Soluzione Osserviamo che (7, 10) = (1, 2) + 2(3, 4) e quindi (7, 10) è un punto della retta R. Inoltre (6, 8) = 2(3, 4) e quindi le due rette, avendo un punto in comune e vettori direttori proporzionale, sono coincidenti. x = 1 + t y = t z = 2 + 4t t Rl x = 2 + 3t y = 3 + 3t z = t t Rl 3. Date le seguenti coppie di punti, determinare le equazioni parametriche delle rette che passano per essi. P 1 (1, 2) P 2 (2, 0) Risposta (x, y) = (1, 2) + (1, 2)t P 1 (2, 4) P 2 (1, 3) Risposta (x, y) = (2, 4) + (1, 7)t P 1 (2, 1) P 2 (2, 3) Risposta (x, y) = (2, 3) + (0, 4)t P 1 (2, 1, 5) P 2 (2, 0, 2) P 1 (2, 2, 3) P 2 (2, 3, 4) P 1 (2, 3, 1) P 2 (2, 3, 5) P 1 (1, 1, 3) P 2 (1, 4, 3) 4. Determinare la bisettrice dell angolo formato dai vettori A (1, 1, 0) e B (0, 1, 1) Soluzione Un vettore direttore della bisettrice è V R ( 1 (1, 1, 0) + 1 (0, 1, 1)) = ( 1 1, 0, ) Ne segue che la bisettrice ha equazioni parametriche x = 1 2 t y = 0 z = 1 2 t 144

145 Figura 20: Retta nel piano 10.2 Rette nel piano Abbiamo visto che una retta in Rl 2 o in Rl 3 si può rappresentare mediante equazioni parametriche. In questo paragrafo forniamo un altro modo di descrizione di una retta in Rl 2. Più precisamente proveremo che una retta R in Rl 2 si rappresenta mediante un equazione algebrica di primo grado in due indeterminate, detta equazione cartesiana della retta. Sia R una retta e sia P o (x o, y o ) un punto che le appartiene. Siano ora X (x, y) un punto arbitrario di Rl 2 e sia P o T un vettore ortogonale ad R. Allora il punto X sta su R se e solo se il vettore P o T è perpendicolare al vettore P o X, ossia se e solo se X P o è perpendicolare a T P o. Vediamo adesso di tradurre questa condizione geometrica in una algebrica, utilizzando le proprietà del prodotto scalare. Poniamo N = T P o (a, b). Allora X sta su R e solo se (a, b) (x x o, y y o ) = 0 a(x x o ) + b(y y o ) = 0. (37) L equazione (37) può essere riscritta nella forma ax + by + c = 0 dove c = ax o by o (38) (38) è una equazione algebrica di primo grado nelle variabili x, y. Nasce ora il problema di vedere se le soluzioni di un equazione del tipo (38) rappresentano punti che stanno su una retta. Sia data quindi 145

146 l equazione (38) e sia (x o, y o ) una soluzione di (38), cioè ax o + by o + c = 0. (39) Allora se dall equazione (38) sottraiamo (39) si ottiene a(x x o ) + b(y y o ) = 0 (40) Notiamo prima di tutto che un punto di coordinate (x, y) è soluzione di (40) se e solo se è soluzione di (38), ossia le due equazioni sono tra loro equivalenti. Possiamo pensare la scrittura a(x x o ) + b(y y o ) come il prodotto scalare (a, b) (x x o, y y o ). Quindi scriviamo a(x x o ) + b(y y o ) = 0 nella forma (a, b) (x x o, y y o ) = 0, ossia una coppia (x, y) è soluzione di (38) se e solo se il vettore (x x o, y y o ) è perpendicolare al vettore (a, b). Pertanto un punto di coordinate (x, y) è soluzione di (38) se e solo se sta sulla retta che passa per P o (x o, y o ) e che è perpendicolare alla retta avente la stessa direzione del vettore (a, b). In conclusione, abbiamo provato che le coordinate dei punti di una retta R soddisfano un equazione del tipo (38) e viceversa una qualunque equazione del tipo (38) ammette come soluzioni tutte e sole le coordinate (x, y) che rappresentano punti di una retta. Il ragionamento che abbiamo fatto ci dice anche che se consideriamo una fissata retta R, le coordinate dei suoi punti soddisfano un equazione del tipo (38) e tale equazione è soddisfatta da tutte e sole le coordinate dei punti di R. Per questo motivo si dice che R è rappresentata dall equazione (38) o anche che (38) è l equazione cartesiana della retta R. 74 Prima di riassumere i risultati precedenti diamo la seguente Definizione 10.6 Sia R una retta in Rl 2 e sia N (a, b) un vettore di Rl 2. Diciamo che N è normale ad R se la retta che contiene N è perpendicolare ad R. Osservazione 10.7 Le considerazioni che abbiamo scritto qui sopra possono riassumersi nel seguente modo: Sia R una retta in Rl 2 che passa per un punto P (x o, y o ) con vettore direttore V R (l, m), allora: 74 Notiamo che due equazioni ax + by + c = 0 e ax + by + c = 0 rappresentano la stessa retta se e solo se a = at b = bt, c = ct, ossia i coefficienti delle due equazioni differiscono per un fattore di proporzionalità. 146

147 a) La retta si può rappresentare mediante le sue equazioni parametriche oppure { x = xo + lt y = y o + mt t Rl (41) La retta può rappresentarsi mediante un equazione algebrica di primo grado in due variabili ax + by + c = 0. (42) dove N (a, b) rappresenta un vettore normale ad R. 75 In particolare un punto di coordinate (x, y) è soluzione di (42) se e solo se è soluzione dell equazione a(x x o ) + b(y y o ) = 0 (43) Esempi 10.8 Scriviamo l equazione cartesiana della retta R passante per P (1, 2) ed avente V R (1, 1) come vettore direttore. Soluzione Essendo (1, 1) un vettore direttore di R si ha che (1, 1) ne è un vettore normale. Quindi applicando ( 40) si ha (x 1) + (y 2) = 0 x + y 3 = Retta per due punti Sia R la retta congiungente i punti P 1 (x 1, y 1 ) e P 2 (x 2, y 2 ), allora possiamo pensare R come la retta passante per P 1 (oppure P 2 ) ed avente P 2 P 1 come vettore direttore. Si ha P 2 P 1 (x 2 x 1, y 2 y 1 ). Allora la coppia (y 2 y 1, (x 2 x 1 )) rappresenta un vettore normale ad R. Applicando quindi la formula (40) si ha (y 2 y 1 )(x x 1 ) (x 2 x 1 )(y y 1 ) = 0. (44) In particolare, se (y 2 y 1 )(x 2 x 1 ) 0 allora l equazione (44) assume la forma x x 1 = y y 1 (45) x 2 x 1 y 2 y 1 75 Se (l, m) rappresenta un vettore direttore di R, allora per determinare un vettore normale ad R basta prendere un vettore (a, b) che abbia prodotto scalare nullo con (l, m). In particolare possiamo considerare a = m e b = l. Infatti (l, m) (m, l) = 0 147

148 Osservazione 10.9 Ribadiamo che l equazione (44) ha sempre senso, mentre la formula (45) si può scrivere se e solo se i denominatori non sono nulli. Per esempio consideriamo la retta che passa per i punti P 1 (1, 2) e P 2 (1, 3). Allora x 2 x 1 = 1 1 = 0. In questo caso non possiamo applicare la formula (45), ma possiamo utilizzare la formula (44) ed otteniamo (3 2)(x 1) (1 1)(y 2) = 0 x 1 = 0. Questa equazione rappresenta la retta parallela all asse delle y e passante per il punto P 1 (1, 2) 76. Esempio Determinare l equazione cartesiana della retta congiungente i punti P (1, 2) e Q (2, 1). Soluzione Possiamo applicare la formula (45). Quindi si ha x = y x + y 3 = 0 2. Determinare l equazione della retta che passa per i punti P (1, 2) e Q (3, 2). Soluzione In questo caso non possiamo applicare la formula (45), ma possiamo utilizzare la formula (44) e si ha 0(x 1) 2(y 2) = 0 y = Passaggio dalle equazioni parametriche all equazione cartesiana e viceversa { Supponiamo che una retta R sia rappresentata dalle equazioni parametriche x = xo + lt, t Rl. Vogliamo determinarne l equazione cartesiana. Se y = y o + mt l m 0 allora possiamo scrivere x xo l = t e y y o x xo m = t e quindi l = y y o m è l equazione cartesiana della retta R. Se uno tra i numeri l o m è uguale a zero, per esempio supponiamo che sia l = 0, allora x = x o è l equazione cartesiana della retta. Se m = 0, allora y = y o ne è l equazione cartesiana. Se ( ) : ax + by + c = 0 è l equazione cartesiana di una retta R allora per determinarne le equazioni parametriche abbiamo bisogno di un vettore direttore e di un punto da cui passa. Poiché la coppia (a, b) rappresenta un vettore normale alla retta R, basta prendere un qualunque vettore 76 Possiamo pensarla passante per un qualunque punto di coordinate (1, y) con y un qualunque numero reale 148

149 perpendicolare ad (a, b) per avere un vettore direttore di R. Per esempio possiamo considerare il vettore (b, a). Per determinare un punto di passaggio, si sostituisce un qualunque numero x o al posto della variabile x (oppure y o al posto della variabile y ) in (*) e si determina la seconda coordinata { y o (la prima coordinata x = x o ). Le equazioni parametriche sono x = xo + bt quindi t Rl. y = y o at Esempi Consideriamo la retta R di equazioni parametriche Allora si ha x+1 della retta R. 2 = y 3 1 { x = 1 + 2t y = 3 t, ossia x + 2y 5 = 0 è l equazione cartesiana 2. Consideriamo ora la retta R di equazione cartesiana x + 2y 5 = 0. Osserviamo che la coppia (1, 2) rappresenta un vettore normale alla retta R. Ne segue che la coppia (2, 1) rappresenta un vettore direttore della retta R. 77 Determiniamo ora un punto di passaggio della retta R. Se poniamo y = 0 nell equazione della retta, otteniamo x = 5. Pertanto il punto di coordinate P (5, 0) è un punto da cui passa { la retta R. Ne segue che la retta R ha equazioni parametriche x = 5 + 2t t Rl. y = t Problemi angolari e coefficiente angolare Siano a 1 x + b 1 y c 1 = 0 e a 2 x + b 2 y + c 2 = 0 le equazioni delle rette R 1 ed R 2 rispettivamente. Allora, per quanto visto precedentemente le coppie N 1 (a 1, b 1 ) e N 2 (a 2, b 2 ) rappresentano due vettori normali rispettivamente ad R 1 e R 2. Ne segue che le rette R 1 ed R 2 sono parallele (cioè non hanno punti in comune) oppure coincidono se e solo se N 1 e N 2 sono collineari cioè se e solo se 78. t 0 : a 2 = ta 1, b 2 = tb 1 (46) 77 Basta osservare che il prodotto scalare (1, 2) (2, 1) è nullo 78 In molti testi la condizione di parallelismo o coincidenza viene scritta nella forma a 2 a 1 = b 2 b1. Si tenga presente che questa uguaglianza ha senso se e solo se i denominatori 149

150 R 1 ed R 2 sono perpendicolari se e solo se N 1 e N 2 sono perpendicolari. Quindi, tenendo conto del fatto che N 1 e N 2 sono perpendicolari se e solo se N 1 N 2 = 0 si ha la seguente condizione necessaria e sufficiente per la perpendicolarità delle due rette: Esempi a 1 a 2 + b 1 b 2 = 0 (47) 1. Data la retta R d equazione 2x + y = 1 determinare la retta S parallela ad R e passante per P (1, 1). Soluzione (2, 1) è un vettore normale alla retta R e quindi anche alla retta S. Pertanto l equazione di S è data da 2(x 1) + (y 1) = 0 2x + y 3 = Data la retta R d equazione 2x + y = 1 determinare la retta S perpendicolare ad R e passante per P (1, 1). Soluzione Tenendo conto di (47) si ha che un vettore normale alla retta S è dato dalla coppia (1, 2) e quindi l equazione cartesiana di S è data da (x 1) 2(y 1) = 0 x 2y + 1 = Dati la retta R d equazione 2x + y = 1 ed il punto P (1, 1), determinare sia la retta M perpendicolare ad R e passante per P che la retta S parallela a R e passante per P. Soluzione Tenuto conto della formula (47) si ha che un vettore normale ad M è dato da N (1, 2). Pertanto applicando la formula ( 40) si ha che M ha equazione cartesiana (x 1) 2(y 1) = 0 x 2y + 1 = 0. Tenendo conto della condizione (46) si ha che possiamo considerare come vettore normale ad S un qualunque vettore normale ad R, in particolare possiamo prendere il vettore (2, 1). Ne segue, applicando ( 40), che l equazione cartesiana di S è 2(x 1) + (y 1) = 0 2x + y 3 = 0. sono non nulli, mentre la formula (46) ha sempre senso. Per esempio se consideriamo le rette x = 2 e 2x = 6, allora i loro vettori normali sono le coppie (1, 0) e (2, 0). Si ha (2, 0) = 2(1, 0) e quindi le due rette sono tra loro parallele (in particolare sono parallele all asse delle y ). Osserviamo, però, che non possiamo scrivere 2 1 =

151 4. Dati i punti A (1, 1), B (1, 2) e C (3, 4) verificare che sono vertici di un triangolo e determinare le equazioni delle rette che contengono le altezze. Soluzione Si ha B A (0, 1) e C A (2, 3) e non essendo collineari si ha che i tre punti sono i vertici di un triangolo. Per determinare l equazione della retta contenente l altezza relativa al lato AB basta determinare la retta passante per C (3, 4) e di vettore normale B A (0, 1), ossia 0(x 3) 1(y 4) = 0 2x + 3y 18 = 0 Per determinare l equazione della retta contenente l altezza relativa al lato AC si considera la retta di vettore normale C A (2, 3) e passante per B (1, 2) ossia 2(x 1) + 3(y 2) = 0 2x + 3y 8 = 0. Infine la retta contenente l altezza relativa al lato BC ha equazione 2(x 1) + 2(y 1) = 0 2x + 2y 4 = 0 Adesso studiamo più in generale la posizione reciproca di due rette. Per questo diamo la seguente Definizione Siano R ed S due rette e siano V R e V S due vettori direttori di R e S rispettivamente. Allora conveniamo di chiamare angolo tra R e S l angolo convesso Φ formato da V R e V S se Φ è acuto o retto, oppure il suo supplementare se Φ è ottuso. Quindi se Φ è l angolo tra R e S si ha cosφ = V R V S V R V S. 79 Esempio Osserviamo che se N R e N S sono due vettori normali ad R ed S rispettivamente, allora cosφ = NR NS N R N S. 151

152 Figura 21: Coefficiente angolare della retta 3x y 1 = 0 : m = 3 Date le rette 2x + 3y + 2 = 0 e 2x y + 2 = 0 determinarne l angolo Soluzione Si ha cosφ = (2,3) (2, 1) 13 5 = Φ = arcos Se consideriamo l equazione ( 40) di una retta R e supponiamo che b 0, allora possiamo riscriverla nella forma y y o = a b (x x o) Il numero m = a b prende il nome di coefficiente angolare. Il coefficiente angolare rappresenta la tangente trigonometrica dell angolo che la retta orientata R 80 forma con la direzione positiva dell asse delle x. Esempio Sia data la retta di equazione 2x + 3y 1 = 0. Allora 2 3 angolare. ne è il coefficiente 80 Una retta R si dice orientata se su di essa viene fissato un verso di percorrenza. 152

153 Figura 22: Retta per due punti Rappresentazione grafica di una retta Data una retta R d equazione cartesiana ax + by + c = 0, si ha il problema di rappresentarla graficamente rispetto al sistema di riferimento scelto. Per questo è sufficiente determinare due punti che le appartengono. In particolare, se la retta non è parallela all asse delle x oppure all asse delle y è sufficiente determinare le intersezioni con questi assi e quindi possiamo tracciare la retta che li congiunge Fascio di rette Siano date due rette R e S di equazioni a 1 x+b 1 y+c 1 = 0 e a 2 x+b 2 y+c 2 = 0 rispettivamente. Allora l equazione λ(a 1 x + b 1 y + c 1 ) + µ(a 2 x + b 2 y + c 2 ) = 0 (48) ottenuta al variare di λ e µ in Rl con (λ, µ) (0, 0) si dice equazione del fascio di rette determinato da R ed S. Se le due rette si intersecano in un punto P allora l equazione del fascio rappresenta, al variare dei parametri λ e µ con (λ, µ) (0, 0), tutte le rette che passano per P. Se invece le due rette sono parallele allora l equazione del fascio rappresenta la totalità delle rette parallele ad entrambe Dimostrazione Si osservi prima di tutto che,l espressione (48) rappresenta, per una qualunque coppia (λ, µ) (0, 0)), una equazione algebrica di primo grado nelle incognite x ed y e quindi le sue soluzioni sono punti di una retta. Supponiamo in un primo momento che le due rette R ed S si intersechino in un punto P (x o, y o). Allora le coordinate di P soddisfano sia l equazione di R che quella di S. 153

154 Supponiamo ora che le due rette R ed S siano tra loro parallele. Allora si ha a 2 = ta 1, b 2 = b 1 t. Ne segue che al variare di λ e µ in (48) si ha λa 1 + µa 2 = (λ + µt)a 1 e λb 1 + µb 2 = (λ + µt)b 1 e quindi una qualunque retta della forma (48) risulta parallela ad R e quindi anche ad S. Sia ora V una qualunque retta parallela a R (e quindi anche a S ). Sia Q (x 1, y 1 ) un punto di V. Poniamo µ 1 = (a 1 x 1 + b 1 y 1 + c 1 ) e λ 1 = a 2 x 1 + b 2 y 1 + c Allora la retta λ 1 (a 1 x + b 1 y c 1 ) + µ 1 (a 2 x + b 2 y + c 2 ) = 0 risulta essere parallela a R (e quindi anch a S ) e passa per Q. Pertanto coincide con V. Spesse volte, nei calcoli, conviene lavorare con un solo parametro. Per esempio, se consideriamo λ 0 allora, dividendo per λ, l equazione (48) si scrive nella forma a 1 x + b 1 y + c 1 + µ λ (a 2x + b 2 y + c 2 ) = 0. Questa si dice equazione ridotta del fascio. Osservazione: notiamo che l equazione ridotta del fascio descrive tutte le rette del fascio eccetto l equazione a 2 x + b 2 y + c 2 = 0 che non si ottiene per alcun valore del parametro k = µ λ L uso del fascio di rette è particolarmente utile quando dobbiamo determinare particolari rette che passano per il punto d intersezione di due rette date. In tal caso non è necessario determinarne il punto d intersezione. Vediamone alcuni esempi Ne segue che λ(a 1x o + b 1y o + c 1) + µ(a 2x o + b 2y o + c 2) = 0. Pertanto, comunque si consideri una coppia (λ, µ) (0, 0) l equazione (48) rappresenta una retta che passa per P o. Facciamo ora vedere che una qualunque retta che passa per P o può rappresentarsi nella forma (48). Sia V : a 3x + b 3y + c 3 = 0 una retta che passa per P o. Sia Q (x 1, y 1) P o (x o, y o). Possiamo supporre che le coordinate di Q non soddisfino l equazione di R. Se infatti le coordinate di Q soddisfacessero l equazione di R, allora la retta passante per P e Q coinciderebbe con R e l equazione di R si esprimerebbe nella forma (48) con λ = 1 e µ = 0. Poniamo quindi λ 1 = a 2 x 1 + b 2 y 1 + c 2 e µ 1 = (a 1 x 1 + b 1 y 1 + c 1 ). Allora λ 1 (a 1 x + b 1 y + c 1 ) + µ 1 (a 2 x + b 2 y + c 2 ) = 0 rappresenta l equazione della retta che passa sia per P che per Q ossia è l equazione della retta V. 82 Osserviamo che λ 1 e µ 1 non possono essere entrambi nulli. 154

155 Figura 23: Fascio di rette determinato dalle rette x 2y + 2 = 0 e y + 3x 3 = 0: λ(x 2y + 2) + µ(y + 3x 3) = 0 Esempi Determinare la retta che passa per il punto P (1, 2) e per il punto d intersezione delle rette di equazioni 2x + y 1 = 0 e 3x + y + 2 = 0 Soluzione. Notiamo che (1, 2) non è soluzione della prima equazione e quindi possiamo utilizzare l equazione ridotta del fascio: 2x + y 1 + k(3x + y + 2) = 0. (49) Sostituiamo le coordinate (1, 2) al posto di (x, y) nell equazione del fascio. Allora si ha k( ) = 0 k = 3 7 Adesso si sostituisce k = 3 7 5x + 4y 13 = 0. in (49) e si ottiene la retta cercata, ossia 2. Date le rette R ed S di equazioni x + y + 2 = 0 e x y + 3 = 0 e detto P il loro punto d intersezione, determinare sia la retta T che passa per P ed è parallela alla retta di equazione K : 2x + y + 3 = 0 sia la retta W che passa per P ed è perpendicolare ad K. Soluzione Consideriamo l equazione ridotta del fascio x + y k(x y + 3) = 0 (1 + k)x + (1 k)y k =

156 Se consideriamo le condizioni di parallelismo (46) si ha t = 2 3, k = 1 3. { 1 + k = 2t 1 k = t Per determinare l equazione di T si sostituisce 1 3 nell equazione del fascio e si ottiene 4x + 2y + 9 = 0. Per determinare W consideriamo le condizioni di perpendicolarità (47). Allora si ha 2(1 + k) + 1(1 k) = 0 k = 3. Quindi l equazione della retta perpendicolare a K è data da 2x + 4y 7 = 0. Osservazione: notiamo che per determinare sia la retta parallela che la retta perpendicolare a K non abbiamo avuto bisogno di ricorrere alla determinazione del punto P Distanza di un punto da una retta In questo paragrafo si determina la formula che esprime la distanza di un punto P da una retta R. 83 Sia R una retta d equazione ax + by + c = 0. Sia P (x o, y o ) un punto arbitrario di Rl 2. Sia T la proiezione ortogonale di P sul vettore N (a, b). Si ha quindi T = P N N N N. Sia M un punto arbitrario di R. Allora, detta Q la proiezione ortogonale di M su N, si ha che Q è dato da Q M N N N N. Ne segue che la distanza d del punto P da R è data da d = QT = T Q = P N N N N M N N N N = P N N N M N N N N = (x o, y o ) (a, b) M(a, b) a a 2 + b b 2 = (x o, y o ) (a, b) M (a, b). a 2 + b 2 Essendo M (x 1, y 1 ) soluzione dell equazione di R si ha ax 1 + by 1 + c = 0 ossia (a, b) (x 1, y 1 ) = c e quindi M (a, b) = c. Pertanto d = ax o + by o + c a 2 + b 2. Esempio Precisiamo che per distanza di un punto P da una retta R in lr 2 s intende la minima distanza tra P ed i punti di R. Essa corrisponde alla distanza tra P e il punto Q che è l intersezione tra R e la retta S che passa per P ed è perpendicolare ad R. 156

157 Figura 24: Distanza di un punto P (x o, y o ) dalla retta di equazione ax + by + c = 0: d = ax o+by o +c a 2 +b 2 Determiniamo la distanza del punto P (2, 4) dalla retta d equazione x 4y + 3 = 0. Si ha d = =

158 10.3 Esercizi 1. Dati la retta R d equazione 2x + y = 1 ed il punto P (1, 1), determinare sia la retta M perpendicolare ad R e passante per P che la retta S parallela a R e passante per P. Soluzione La coppia (2, 1) rappresenta un vettore A normale alla retta R. Per determinare la retta M perpendicolare ad R basta considerare un vettore perpendicolare ad A, ossia per esempio il vettore (1, 2) (i vettori (2, 1) e (1, 2) hanno prodotto scalare nullo). Quindi, tenendo conto dell equazione a(x x o ) + b(y y o ) = 0, (50) si ha (x 1) 2(y 1) = 0. x 2y + 1 = 0. Per quanto riguarda la retta S, possiamo prendere come vettore normale ad S un qualunque vettore normale ad R, per esempio la coppia (2, 1). Quindi applicando la formula (50) si ha 2(x 1) + (y 1) = 0 2x + y 3 = 0. { x = 2 + t 2. Date la retta R di equazioni parametriche e la retta y = 1 t S di equazione cartesiana x 2y = 1, determinare l angolo tra esse compreso. 3. Soluzione Per calcolare l angolo tra S ed R possiamo determinare due vettori direttori V R e V S ( oppure normali N R e N S ) delle due rette ed applicare la formula cosϕ = V R V S V R V S = N R N S N R N S. La retta R ha la coppia (1, 1) come vettore direttore mentre per determinare un vettore direttore della retta S dobbiamo individuare un vettore normale alla coppia (1, 2) ossia, per esempio, il vettore B (2, 1). Pertanto si ha cosϕ = (1, 1) (2, 1) 2 5 cosϕ = 1 10 ϕ = arcos

159 4. Data la retta R passante per P (1, 1) e parallela alla retta S d equazione cartesiana x + 2y = 1, determinare i punti di R che distano 1 da P. Soluzione Scriviamo adesso la retta R in forma parametrica e pensiamola passante per P (1, 1). Un vettore direttore di R è collineare con un vettore direttore di S e quindi possiamo considerare la coppia (2, 1) (che ha prodotto scalare { nullo con la coppia (1, 1)) come vettore direttore di R. Pertanto è una rappresentazione x = 1 + 2t y = 1 t parametrica di R. Un punto X di R che disti 1 da P deve soddisfare la condizione 1 = P X = ((1 + 2t) 1) 2 + ((1 t) 1) 2, ossia 1 = 1 4t 2 + t 2 5t 2 = 1 t = ± 5. Quindi i punti cercati hanno coordinate Q 1 ( , ) e Q 2 (1 2 5, ). 5. Date le seguenti rette in forma parametrica, determinarne le equazioni cartesiane. { x = 2 + 3t a) R : y = 1 + t { x = 0 b) S : y = 2 + 3t Soluzione a) Un vettore direttore è dato dalla coppia (3, 1). Quindi un vettore normale a R è dato dalla coppia (1, 3). Pertanto la rappresentazione cartesiana di R è data da (x 2) 3(y + 1) = 0 x 3y 5 = 0. b) Un vettore direttore di S è dato dalla coppia (0, 3) e quindi un vettore normale è rappresentato per esempio, dalla copia (1, 0). Pertanto l equazione cartesiana è data da x + 0(y 2) = 0 x = Data la retta R d equazione x+y 2 = 0 ed il punto P (1, 2), determinare i punti Q 1 e Q 2 di R affinché il triangolo di vertici P, Q 1, Q 2 sia isoscele di base Q 1 Q 2 ed area A =

160 Soluzione La distanza del punto P da R è data da d = Essendo l area A del triangolo uguale 1 2 si ha che, detta b la misura della base, b = 2A h = = 2. Ne segue che, detta l la misura del lato obliquo del triangolo, deve essere l = h 2 + ( b 2 )2 2 ossia l = = 3 2. Quindi i punti Q 1 e Q 2 distano 3 2 da P. Scriviamo una rappresentazione parametrica della retta R. R passa per il { punto (0, 2) ed ha la coppia (1, 1) come vettore direttore. Pertanto x = t è una rappresentazione parametrica di R. Imponiamo y = 2 t la condizione che un punto di R disti 3 2 da P. Allora si ha 3 2 = (t 1) 2 + (2 t 2) = 2t2 2t+1 4t 2 4t 1 = 0 t = 1 ± 2 2 Pertanto Q 1 ( , ) e Q 2 ( 1 2 2, ). 7. Dati i punti P (1, 2) e Q (2, 3) determinare l equazione cartesiana della retta R passante per P e Q. Determinarne inoltre una rappresentazione parametrica. Risposta x y + 1 = 0 (x, y) = (1, 2) + (1, 1)t 8. Data la retta R d equazione cartesiana 2x y = 3 determinarne un vettore direttore. Determinarne inoltre i vettori direttori di modulo 1 (detti versori). Risposta Un vettore direttore è dato da (1, 2) che ha modulo 5. Ne segue che i versori sono ( 1 2 5, 5 ) e ( 1 5, 2 5 ). 9. Verificare che i tre punti A (1, 0, 2), B (2, 1, 3) e C (1, 2, 3) sono i vertici di un triangolo (non banale) e determinarne l area, il perimetro ed il baricentro. Risposta (B A) (1, 1, 1) e (C A) (0, 2, 1) non sono collineari e quindi i punti dati sono vertici di un triangolo. Inoltre si ha che l area A = 14 2, il perimetro p = ed il baricentro M ( 4 3, 1 3, 8 3 ). 160

161 10. Determinare il volume del parallelepipedo che possiede i vettori A (1, 1, 0), B (0, 1, 1) e C (1, 0, 1) come lati adiacenti. Risposta V = Dati la retta R d equazione 2x + y = 1 ed il punto P (1, 1), determinare sia la retta M perpendicolare ad R e passante per P che la retta S parallela a R e passante per P. Risposta M : x + 2y 1 = 0 ; S : 2x + y 3 = Dati la retta R d equazione cartesiana x+y = 1 ed il punto P (1, 1), sia S la retta perpendicolare ad R e passante per P. Determinare l intersezione Q tra R ed S. Risposta Q ( 1 2, 1 2 ). 13. Data la retta R passante per P (1, 1) e parallela alla retta S d equazione cartesiana x+y = 1, determinare i punti di R che distano 1 da P. Risposta P 1 ( 2 2, 2 2 ), P 2 ( 2 2, 2 2 ). 14. Data la retta d equazione 2x + y = 1 determinarne una rappresentazione parametrica. Risposta (x, y) = (0, 1) + ( 1, 2)t. 15. Date le seguenti rette R ed S in forma parametrica e detto P il loro punto d intersezione, determinare una rappresentazione parametrica della retta T che passa per P ed è perpendicolare alla retta M d equazione x 3y + 3 = 0. Determinare inoltre una rappresentazione parametrica della retta per P e parallela ad M. { x = 2 + 3t R : y = 1 + t S : { x = 0 y = 2 + 3t 16. Dati i punti P (1, 2), Q (2, 2) ed R (3, 4) sia S il quarto punto del parallelogrammo di cui P Q e P R sono due lati adiacenti. Determinare le equazioni delle rette che contengono le diagonali e l angolo tra esse compreso. Risposta Le rette che contengono le diagonali hanno equazioni 2x 3y+4 = e 2x y 2 = 0 ed il loro angolo è dato da ϕ = arcos

162 17. Date le rette R : x + y = 1 e S : x + y = 0 determinare le bisettrici degli angoli formati dalle due rette. Soluzione Risolviamo l esercizio in due modi diversi. Iniziamo ricordando che, date due rette R ed S, la bisettrice dell angolo ϕ formato dalle due rette gode della proprietà che i suoi punti hanno uguale distanza dalle due rette. Osserviamo inoltre che le due rette sono tra loro perpendicolari ed è per questo che si richiede di determinarne le bisettrici e non la bisettrice. La distanza di un punto P da R è data da x+y 1 2 che abbiamo mentre la distanza di P da S è data da x+y 2 x + y 1 2 = x + y 2. Ne segue da cui ricaviamo x+y 1 = x+y 2x 1 = 0 e x+y 1 = x y 2y 1 = 0. Risolviamo ora l esercizio utilizzando le proprietà enunciate nel paragrafo (10.1.1). Osserviamo che A (1, 1) è un vettore direttore di R mentre B (1, 1) è un vettore direttore di S. Dobbiamo considerare la bisettrice V 1 tra i vettori A e B e la bisettrice V 2 tra i vettori A e B. Quindi, per (10.1.1) si ha, V 1 ( 1 2 (1, 1) (1, 1)) = ( 2 2, 0) e V 2 ( 1 2 (1, 1) ( 1, 1)) = (0, 2 2 ). Pertanto, poiché le due rette si incontrano nel punto P ( 1 2, 1 2 ), si ha che le due bisettrici hanno equazioni cartesiane x = 1 2 e y =

163 11 Coniche in forma canonica Nella prima parte del corso abbiamo studiato come si rappresentano le rette del piano, una volta che è stato fissato un sistema di riferimento cartesiano ortogonale (O, X, Y ). Abbiamo visto che si rappresentano con equazioni algebriche di primo grado nelle incognite x ed y, ossia le soluzioni di un equazione del tipo ax + by + c = 0 (con a oppure b non nullo) esprimono tutti e soli i punti di una retta in Rl 2. Adesso vogliamo studiare come si rappresentano le coniche nel piano. Pare che gli antichi greci iniziassero lo studio delle coniche nel tentativo di risolvere i famosi problemi della duplicazione del cubo, della trisezione dell angolo e della quadratura del cerchio ma una sistemazione organica si deve ad Apollonio di Perge nel III secolo a. C. Nella sua opera Konika tratta le iperboli, le parabole e le ellissi come intersezioni di una superficie conica indefinita a base circolare con un piano non passante per il vertice del cono. (Se il piano passa per il vertice si possono ottenere una coppia di rette incidenti e distinte, una retta contata due volte, oppure un punto). Per questo le figure considerate vengono dette coniche. Più precisamente l ellisse, la parabola e l iperbole sono chiamate coniche non degeneri mentre le altre sezioni sono dette coniche degeneri. Con l introduzione delle coordinate è possibile associare alle figure sopra descritte un equazione algebrica di secondo grado nelle incognite x ed y. La più generale equazione algebrica di secondo grado nelle incognite x ed y ha la forma ax 2 + by 2 + cxy + dx + ey + f = 0 (51) dove almeno uno dei coefficienti a, b, c è non nullo. Già Apollonio studiava l ellisse, l iperbole e la parabola come luoghi geometrici cioè insiemi di punti del piano che soddisfano assegnate condizioni. Utilizzeremo queste proprietà geometriche per associare a queste figure equazioni algebriche di secondo grado. Ci limiteremo a studiare la rappresentazione di una conica in forma canonica, ossia posta in una conveniente e buona posizione rispetto al sistema di riferimento fissato, in modo tale che l equazione associata assuma la forma più semplice possibile Figure simmetriche rispetto ad un punto o ad una retta Introduciamo adesso il concetto di figure simmetriche rispetto ad una retta e ad un punto. Definizione Siano P e Q due punti di Rl 2. Diciamo che P è il simmetrico di P rispetto a Q se, Q è il punto di mezzo del 163

164 Figura 25: Sezioni coniche Figura 26: Simmetria rispetto ad un punto segmento di estremi P e P. La legge che a un punto P associa il simmetrico P rispetto a Q si dice simmetria rispetto a Q e si indica con P = T Q (P ). Sia A un sottoinsieme di Rl 2. Si dice che A è simmetrico rispetto al punto Q se, detto P un punto qualunque di A si ha che P = T Q (P ) A dove T Q (P ) rappresenta la simmetria rispetto al punto Q, (cioè il simmetrico di P rispetto a Q appartiene ad A). 2. Siano P ed R rispettivamente, un punto ed una retta di Rl 2. Diciamo che P è il simmetrico di P rispetto ad R se R è l asse del segmento di estremi P e P. 84 La legge che ad ogni punto di Rl 2 associa il simmetrico rispetto ad una retta fissata R si dice simmetria rispetto ad R e la indichiamo con T R (P ). 84 Si dice asse del segmento di estremi P e P la retta passante per il punto di mezzo del segmento P P e perpendicolare alla retta congiungente P e P 164

165 Figura 27: Punti simmetrici rispetto ad una retta Si dice che A è simmetrico rispetto ad una retta R se, detto P un qualunque punto di A, si ha che il simmetrico P di P rispetto ad R appartiene a A. Se l insieme A consiste delle coppie (x, y) che sono soluzioni di una equazione f(x, y) = 0, è facile riconoscere se A è simmetrico rispetto all origine (0, 0). Infatti, in tal caso basta controllare che sostituendo x con x e y con y l equazione non cambia. Per esempio l insieme delle soluzioni dell equazione x 2 +2y 2 = 2 è simmetrico rispetto all origine (0, 0). Infatti ( x) 2 + ( y) 2 = x 2 + y 2 = 2 Per vedere se A è simmetrico rispetto all asse delle x basta controllare che sostituendo la y con y allora l equazione non cambia. Per esempio l insieme delle soluzioni dell equazione x+y 2 = 0 è simmetrico rispetto all asse delle x. Infatti x + ( y) 2 = x + y 2 = 0 Infine per vedere se A è simmetrico rispetto all asse delle y basta controllare che sostituendo x con x l equazione non cambia. Per esempio l insieme delle soluzioni dell equazione x 2 +y = 0 è simmetrico rispetto all asse delle y. Infatti ( x) 2 + y = x 2 + y = 0 165

166 Figura 28: Figura simmetrica rispetto ad una retta Nota: Nel seguito per luogo geometrico si intende il sottoinsieme di Rl 2 i cui elementi soddisfano una assegnata proprietà. Inoltre pensiamo di identificare Rl 2 con un piano P avente un sistema di riferimento cartesiano ortogonale (O, X, Y ), anche se non esplicitamente detto. Se P (x 1, y 1 ) e Q (x 2, y 2 ) sono due punti di Rl 2 conveniamo di indicare la loro distanza con P 2 P 1, ossia P 2 P 1 = 11.2 Le coniche non degeneri Circonferenza (x 2 x 1 ) 2 + (y 2 y 1 ) 2 Definizione 11.2 Sia C (x o, y o ) un punto di Rl 2 e sia r un numero reale positivo. Si chiama circonferenza di centro C e raggio r il luogo geometrico dei punti P di Rl 2 che hanno distanza r da C. (Ossia deve essere P C = r.) Si ha P C = r (x x o ) 2 + (y y o ) 2 = r (x x o ) 2 + (y y o ) 2 = r 2 x 2 + y 2 2x o x 2y o y + (x 2 o + y 2 o r 2 ) =

167 Posto α = 2x o, β = 2y o e γ = x 2 o + y 2 o r 2 si ha x 2 + y 2 + αx + βy + γ = 0. (52) Un equazione del tipo ( 52) rappresenta una circonferenza se e solo se α β2 4 γ > 0.85 Nota: osserviamo che nell equazione di una circonferenza non compare il termine xy 86. Pertanto ogniqualvolta siamo in presenza di un equazione algebrica di secondo grado in due incognite in cui il coefficiente del monomio xy è diverso da zero, allora possiamo essere certi che l insieme delle soluzioni non rappresenta una circonferenza. Esempi Scriviamo l equazione della circonferenza di centro C (1, 2) e raggio 2. Si ha (x 1) 2 + (y 2) 2 = 4 x 2 + y 2 2x 4y + 1 = L equazione x 2 +y 2 2x 3 = 0 rappresenta una circonferenza perché ( 2) 2 4 ( 3) > 0. Il suo centro è C (1, 0) ed il raggio è 4 = L equazione x 2 + y 2 2x + 3 = 0 non rappresenta una circonferenza perché ( 2)2 4 (3) = 2 < Circonferenza per tre punti non allineati Siano A (x 1, y 1 ), B (x 2, y 2 ) e C (x 3, y 3 ) tre punti non allineati. Proviamo che esiste esattamente una circonferenza C passante per A, B, C. Dimostrazione Si potrebbe pervenire al risultato usando i sistemi lineari, ma facciamo una dimostrazione di tipo geometrico. Sia M 1 il punto medio del segmento AB e sia R 1 la retta passante per M 1 e perpendicolare alla retta contenente AB (cioè l asse del segmento AB ). Analogamente sia R 2 l asse del 85 Infatti: x 2 + y 2 + αx + βy + γ = 0 x 2 + y 2 + α2 4 α2 4 + β2 4 β2 + αx + βy + γ = 0 4 (x + α 2 )2 + (y + β 2 )2 α2 4 β2 4 + γ = 0 (x + α 2 )2 + (y + β 2 )2 = α2 4 + β2 4 γ Questa è l equazione di una circonferenza di centro C ( α, β ) e raggio 2 2 α 2 r = + β2 γ Ciò vuol dire che il coefficiente di tale monomio è zero 167

168 Figura 29: Circonferenza d equazione (x 1) 2 + (y + 1) 2 = 1 segmento BC. Poiché i tre punti non sono allineati, le rette R 1 ed R 2 si intersecano in un punto O. La circonferenza di centro O e raggio A O passa per A, B, C. Chiaramente questa è l unica circonferenza con le proprietà richieste perché il centro deve trovarsi nell intersezione degli assi dei segmenti AB e BC che è unico. Esempi 11.4 Determiniamo l equazione della circonferenza che passa per i punti A (1, 0), B (2, 0) e C (0, 2). Soluzione Osserviamo prima di tutto che i tre punti non sono allineati. Il punto medio del segmento AB è M 1 ( 3 2, 0) e l asse R 1 è x = 3 2. Il punto medio del segmento BC è M 2 (1, 1) e l asse R 2 è dato da x y = 0. L intersezione tra R 1 ed R 2 è O ( 3 2, 3 2 ) e O A = Pertanto l equazione della circonferenza di raggio r = 10 4 e centro O ( 3 2, 3 2 ) è x 2 + y 2 3x 3y + 2 = 0. Nota: l equazione (52) rappresenta una circonferenza in posizione generica. Adesso analizziamo le altre coniche messe in posizioni particolari ri- 168

169 Figura 30: Circonferenza per tre punti non allineati spetto al sistema di riferimento, onde poterne ottenere una rappresentazione algebrica in una forma più semplice possibile, detta forma canonica. Osserviamo che una circonferenza è in forma canonica se il suo centro coincide con l origine, ossia se assume la forma x 2 + y 2 = r 2 dove r è il centro della circonferenza Ellisse Definizione 11.5 Si dice ellisse il luogo geometrico dei punti P del piano per i quali la somma delle distanze da due punti assegnati F 1 e F 2 (detti fuochi) è costante. Detta α questa costante deve essere α > F 1 F 2. Quindi si ha P F 1 + P F 2 = α (53) Volendo studiare le proprietà geometriche dell ellisse, poiché queste non dipendono dalla posizione dei punti F 1 e F 2 rispetto al sistema di riferimento, scegliamo F 1 ed F 2 simmetrici rispetto all origine sull asse delle x. In questo modo l equazione dell ellisse assume una forma estremamente semplice, detta canonica. Poniamo quindi F 1 ( c, 0) e F 2 (c, 0). Per comoditá sia α = 2a. Allora, svolgendo i calcoli che sono riportati a piè di pagina, si vede che l equazione 53 assume la forma x 2 a 2 + y2 b 2 = 1 (54) 169

170 Figura 31: Ellisse in forma canonica: (a sinistra) ellisse con l asse maggiore situato sull asse delle ascisse; (a destra) ellisse con l asse maggiore situato sull asse delle ordinate) 87 Notazioni: Il segmento di estremi i punti A 1 ( a, 0) e A 2 (a, 0) prende il nome di asse maggiore di vertici A 1 e A 2, mentre il segmento di estremi B 1 (0, b) e B 2 (0, b) si dice asse minore di vertici B 1 e B 2. Si osserva che l asse maggiore contiene i fuochi dell ellisse. Definizione Si definisce eccentricità dell ellisse il numero ε che è il quoziente tra la distanza dei fuochi e la misura dell asse maggiore. Se l ellisse è rappresentata nella forma canonica ( 54) allora ε = c a. 2. Se consideriamo l ellisse in forma canonica ( 54) allora le rette x = a ε e x = a ε prendono il nome di direttrici dell ellisse. 87 Osservazioni: Si ha (x c)2 + y 2 + (x + c) 2 + y 2 = 2a (x c) 2 + y 2 = 2a (x + c) 2 + y 2 (55) Elevando entrambi i membri al quadrato e semplificando si ha a (x + c) 2 + y 2 = a 2 + cx Elevando nuovamente al quadrato entrambi membri si ottiene (a 2 c 2 )x 2 + a 2 y 2 = a 2 (a 2 c 2 ) Considerando il fatto che a > c e posto b 2 = a 2 c 2 si ottiene x 2 a 2 + y2 b 2 = 1 Non è difficile verificare che l equazione ( 54) è equivalente all equazione ( 55), cioè ne ammette le stesse soluzioni. Tale equazione è simmetrica sia rispetto all asse delle x che delle y. Si prova che, tenuto conto delle simmetrie rispetto all asse delle x e delle y l ellisse assume la forma di un ovale. 170

171 Figura 32: Ellisse d equazione x2 2 + y2 = 1 1. L eccentricità di un ellisse è un numero minore strettamente di 1 ed è legata alle proprietà geometriche intrinseche dell ellisse e quindi non al modo in cui è rappresenta mediante un equazione. Nel caso in cui l ellisse si riduca ad una circonferenza, allora la sua eccentricità è zero. 2. Le rette che contengono rispettivamente l asse maggiore e l asse minore dell ellisse sono assi di simmetria dell ellisse. Questa è una proprietà geometrica intrinseca dell ellisse e non dipende dalla particolare equazione che la rappresenta. Pertanto un ellisse, indipendentemente dalla sua posizione rispetto ad un sistema di riferimento, possiede due assi di simmetria tra loro perpendicolari. Il punto d intersezione dei due assi è il centro di simmetria dell ellisse. Nel caso in cui l ellisse sia rappresentata in forma canonica si ha che il centro di simmetria coincide con l origine (0, 0). 3. Si considerino i fuochi sull asse delle y di coordinate F 1 (0, c) e F 2 (0, c) e l asse maggiore di misura α = 2a. Allora l ellisse assume la seguente forma canonica x 2 b 2 + y2 a 2 = 1, c2 = a 2 b 2 ossia l asse maggiore si trova sull asse delle y. In particolare, in questo caso il denominatore di y 2 è maggiore del denominatore di x 2. Esempio 11.7 Provare che l equazione 2x 2 + 4y 2 = 4 rappresenta un ellisse e determinarne i fuochi, i vertici, l eccentricità e le equazioni delle direttrici. 171

172 Soluzione Data l equazione 2x 2 +4y 2 = 4 dividiamo ambo i membri per 4. Allora si ha x2 2 +y2 = 1 che è l equazione di un ellisse in forma canonica. Poiché il denominatore di x 2 è maggiore del denominatore di y 2 si ha che l asse maggiore è situato sull asse delle x. In particolare si ha a 2 = 2 e b 2 = 1 ossia c 2 = 2 1 = 1 F 1 ( 1, 0) e F 2 (1, 0). Inoltre A 1 ( 2, 0) e A 2 ( 2, 0) sono le coordinate dei vertici sull asse maggiore. Si ha ε = 1 2. x = = 2 e analogamente, x = 2 sono le equazioni delle direttrici. 172

173 Iperbole Definizione 11.8 Si dice iperbole il luogo geometrico dei punti P del piano per i quali il valore assoluto della differenza delle distanze da due punti assegnati F 1 e F 2 (detti fuochi) è costante (si richiede che questa differenza sia un numero α con 0 < α < F 1 F 2 ). Quindi un punto P Rl 2 appartiene all iperbole se e solo se 88 P F 1 P F 2 = α (56) Per poter studiare meglio le proprietà geometriche dell iperbole, come del resto si è fatto per l ellisse, consideriamo i punti F 1 e F 2 simmetrici rispetto all origine e su uno degli assi coordinati (per esempio scegliamo l asse delle x). Allora si ha F 1 ( c, 0) e F 2 (c, 0). Posto α = 2a, l equazione ( 56) diventa (x c) 2 + y 2 (x + c) 2 + y 2 = 2a (57) Svolgendo i calcoli, che sono riportati a piè di pagina, si vede che l equazione 57 assume la forma 89 Osservazioni: x 2 a 2 y2 = 1. (58) b2 88 Si nota che se α = 0 allora si ha l asse del segmento F 1 F 2 mentre se α = F 1 F 2 allora si ottiene l insieme dei punti della retta congiungente F 1 e F 2 ed esterni a F 1 e F L equazione ( 57) è equivalente all unione delle soluzioni delle equazioni (x c)2 + y 2 (x + c) 2 + y 2 = 2a e (x c) 2 + y 2 (x + c) 2 + y 2 = 2a. Possiamo riscrivere le equazioni nella forma (x c)2 + y 2 = (x + c) 2 + y 2 ± 2a Se eleviamo i membri di queste equazioni al quadrato si ottiene (x c) 2 + y 2 = (x + c) 2 + y 2 + 4a 2 ± 4a (x + c) 2 + y 2 ±a (x + c) 2 + y 2 = xc + a 2 Eleviamo nuovamente ambo i membri al quadrato ed allora otteniamo (a 2 c 2 )x 2 + a 2 y 2 = a 2 (a 2 c 2 ) (c 2 a 2 )x 2 a 2 y 2 = a 2 (c 2 a 2 ). 173

174 Figura 33: Iperbole in forma canonica: (a sinistra) iperbole con l asse trasverso situato sull asse delle ascisse; (a destra) iperbole con l asse trasverso situato sull asse delle ordinate) 1. Quando l iperbole è in forma canonica, allora gli assi delle x e delle y diventano assi di simmetria. La proprietà di avere due assi di simmetria è una proprietà geometrica dell iperbole e non dipende dalla sua particolare posizione rispetto al sistema di riferimento. Il punto d intersezione degli assi di simmetria è il centro di simmetria dell iperbole. Nel caso dell iperbole in forma canonica, il centro di simmetria è l origine degli assi coordinati. 2. Se consideriamo i fuochi sull asse delle y con F 1 (0, c) e F 2 (0, c) e α = 2a allora l iperbole assume la seguente forma canonica x2 b 2 + y2 a 2 = 1 (60) con b 2 = c 2 a 2 e l iperbole assume la forma rappresentata dalla figura a destra nell immagine (33). Notazioni: Le intersezioni dell iperbole con l asse di simmetria contenente i fuochi prendono il nome di vertici e l asse di simmetria contenente i fuochi si dice asse trasverso. L asse di simmetria perpendicolare all asse trasverso si dice asse non trasverso. Definizione Si dice eccentricità dell iperbole il quoziente tra la distanza tra i fuochi e la distanza tra i vertici e si indica con ϵ. Posto c 2 a 2 = b 2 si ottiene x 2 a y2 = 1. (59) 2 b2 che è un equazione canonica associata all iperbole. L insieme delle soluzioni dell equazione ( 58) rappresenta una figura simmetrica sia rispetto all asse delle x che all asse delle y. Tenuto conto delle simmetrie dell equazione (58) si prova che l iperbole di equazione (58) è rappresentata dalla figura a sinistra nell immagine (33). 174

175 Figura 34: Iperbole d equazione x2 4 y2 2 = 1 Se l iperbole è rappresentata in forma canonica (58) allora ϵ = c a. Si osserva che l eccentricità di un iperbole è maggiore di Sia data l iperbole in forma canonica (58). Allora le rette di equazione x = a ε e x = a ε prendono il nome di direttrici. (Se l equazione canonica dell iperbole è (60) allora le direttrici sono le rette y = a ε e y = a ε ). Le rette di equazioni y = b a x e y = b ax si dicono asintoti dell iperbole. Se gli asintoti di un iperbole sono tra loro perpendicolari, allora l iperbole si dice equilatera. Nel caso della forma canonica, ciò accade se e solo se a = b. In tal caso l equazione diventa x2 y2 = 1. a 2 a 2 Esempi Consideriamo l equazione x 2 2y 2 = 4. Se dividiamo per 4. allora si ha x2 4 y2 2 = 1 che è l equazione canonica di un iperbole con i vertici sull asse delle x. Si ha che i vertici hanno coordinate A 1 ( 2, 0) e A 2 (2, 0). Poiché c 2 = = 6 si ha che i fuochi hanno coordinate F 1 ( 6, 0) e F 2 ( 6, 0). Inoltre ϵ = Sia data l equazione 3x 2 2y 2 = 6. Se dividiamo entrambi i membri per 6 otteniamo x2 2 + y2 3 = 1 che è l equazione di un iperbole con l asse trasverso coincidente con l asse delle y. I vertici sono A 1 (0, 3) e A 2 (0, 3). Poiché c 2 = = 5 si ha che l eccentrucità è : ε =

176 La parabola Definizione Si dice parabola il luogo geometrico dei punti del piano equidistanti da un punto fissato detto fuoco e da una retta assegnata detta direttrice. Per studiare la forma della parabola, procediamo in modo analogo a quanto fatto per l ellisse e per l iperbole, cioè scegliamo il fuoco e la direttrice in posizioni opportune, in modo tale che l equazione assuma una forma più semplice possibile. Sia dunque y = a l equazione della direttrice e F (0, a) le coordinate del fuoco. Allora un punto P (x, y) appartiene alla parabola se e solo se x 2 + (y a) 2 = y + a Svolgendo i calcoli si vede che l equazione assume la forma y = αx 2 (61) dove α = 1 4a. Elevando entrambi i membri al quadrato dell equazione si ha y = 1 4a x2. Posto α = 1 4a si ha y = αx 2 Questa equazione rappresenta una figura simmetrica rispetto all asse delle y. Quindi la parabola presenta un asse di simmetria. L intersezione della parabola con l asse di simmetria si dice vertice. In questo caso il vertice coincide col punto (0, 0). Tenuto conto della simmetria rispetto all asse delle y, si prova che la parabola assume la forma rappresentata nella figura in alto nell immagine (35). Se α < 0 la parabola ha la concavità rivolta verso il basso e la sua rappresentazione è data dall immagine in basso a sinistra nella figura (35). Se la direttrice ha equazione x = a ed il fuoco ha coordinate (a, 0) allora otteniamo l equazione x = αy 2. Nella figura (35) (in basso al centro ed a destra) sono rappresentati i casi in cui α > 0 oppure α < 0. Esempio Sia data la parabola P d equazione y = 2x 2 e siano P o un punto di P ed R la retta tangente al grafico della parabola nel punto P o. Provare che l angolo formato da R e la retta congiungente P o col fuoco di P è uguale all angolo 176

177 Figura 35: Parabola in forma canonica Figura 36: La parabola d equazione y = x 2 e la proprietà ottica nel punto (2, 4)) 177

178 Figura 37: La parabola come intersezione di un paraboloide con un piano formato da R e la retta passante per P o e parallela all asse della parabola. 90 Nota La proprietà che abbiamo verificato nell esercizio precedente per la parabola d equazione y = 2x 2 è vera, in generale, per ogni parabola. Essa ha una interpretazione fisica: ci dice che un raggio luminoso, posto nel fuoco della parabola, viene riflesso sulla parabola secondo una direzione parallela all asse della parabola. Questo è il motivo per cui i fari delle automobili hanno la forma di parte di una superficie detta paraboloide che ha le parabole come intersezioni con piani passanti per l asse di simmetria. 90 Soluzione Sia P o (x o, y o ) = (x o, 2x 2 o) un punto di P. Allora l equazione della retta R tangente alla parabola in P o è data da 2x o x 1 (y + y 2 o) = 0 4x o x (y + y o ) = 0. Essendo 2 = 1 si ha che il fuoco ha coordinate F (0, 1 ). Inoltre la retta tangente alla 4a 8 parabola in (x o, y o ) ha vettore direttore V (1, 4x o ). Si ha P o F (8x o, 16x 2 o 1). Consideriamo l angolo tra la retta tangente in P o ed il vettore P o F. Allora otteniamo (8x o, 16x 2 o 1)(1, 4x o ) cosα = = 64x 2 o + 156x 4 o xo x 2 o 4x o (1 + 16x 2 = o) (1 + 16x 2 o) 4x o = x 2 o x 2 o Determiniamo ora l angolo β tra la retta tangente R e la retta passante per P o e parallela all asse della parabola. Tale angolo coincide con quello formato da R e l asse delle y che ha come vettore direttore (0, 1). Quindi si ha Pertanto α = β. (1, 4xo)(0, 1) 4x o cosβ = = x 2 o x 2 o 178

179 11.3 Coniche degeneri L equazione a 2 x 2 + b 2 y 2 = 1 non ammette soluzioni reali e prende il nome di ellisse immaginaria. Le equazioni che abbiamo sopra considerato rappresentano tutte e sole le coniche non degeneri. Analizziamo adesso i rimanenti tipi di equazioni algebriche di secondo grado in forma canonica. I punti che ne sono soluzioni, prendono il nome di coniche degeneri. 1. Consideriamo un equazione del tipo a 2 x 2 b 2 y 2 = 0, a 2 b 2 0. Allora una tale equazione può essere riscritta nella forma (ax+by)(ax by) = 0 che rappresenta una coppia di rette incidenti nell origine. Per esempio, l equazione 4x 2 y 2 = 0 (2x y)(2x + y) = 0 rappresenta l insieme dei punti appartenenti alle rette y = 2x e y = 2x. 2. Sia data l equazione a 2 x 2 b 2 = 0, a 2 b 2 0. Questa può essere scritta nella forma (ax b)(ax+b) = 0 e rappresenta una coppia di rette parallele. Per esempio x 2 4 = 0 si scrive nella forma (x 2)(x + 2) = 0, e l insieme delle soluzioni consta dei punti appartenenti alle rette parallele x = 2 e x = Un equazione del tipo a 2 x 2 + b 2 y 2 = 0, a 2 b 2 0 ammette come unica soluzione l origine (0, 0). Per esempio 3x 2 + 4y 2 = 0 ammette solo la soluzione (0, 0). 4. Un equazione del tipo x 2 = 0 rappresenta due rette coincidenti. 5. Un equazione della forma non ammette soluzioni. a 2 x 2 + b 2 = 0, a 2 b 2 0 Per esempio l equazione 2x = 0 non ammette soluzioni. 179

180 Nota Le figure che abbiamo sin qui analizzato sono tutte e sole le figure che possono essere rappresentate da un equazione algebrica di secondo grado. Si perviene alla loro classificazione utilizzando il metodo del cambiamento del sistema di riferimento di cui ci interessiamo nel capitolo seguente. 180

181 12 Cambiamento di un sistema di riferimento cartesiano ortogonale 12.1 Cambiamento di un sistema di riferimento cartesiano ortogonale nel piano Il problema che ora vogliamo esaminare è il seguente. Si supponga che nel piano P sia fissato un sistema di riferimento cartesiano ortogonale (O, X, Y ) e siano (x, y) le coordinate di un punto P rispetto a (O, X, Y ). Se (O, X, Y ) è un altro sistema di riferimento cartesiano ortogonale di P e se (x, y ) sono le coordinate di P rispetto a (O, X, Y ) ci chiediamo quale legame intercorra tra le coordinate (x, y) e (x, y ). È chiaro che per risolvere un tale problema occorre conoscere gli elementi atti ad individuare le posizioni dei nuovi assi rispetto ai vecchi. Nota 12.1 Nel seguito quando affermeremo che in un sistema di riferimento cartesiano ortogonale è assegnata una unità di misura, intenderemo dire che sugli assi cartesiani è fissata la medesima unità di misura. Dati due sistemi di riferimento cartesiano ortogonali (O, X, Y ) e (O, X, Y ) supporremo che su entrambi sia fissata la medesima unità di misura. Definizione 12.2 Due sistemi di riferimento (O, X, Y ) e (O, X, Y ) si dicono direttamente congruenti se sono ugualmente orientati (cioè se sono entrambi orientati positivamente oppure sono entrambi negativamente orientati. Si dicono inversamente congruenti se non sono direttamente congruenti Traslazione degli assi nel piano Siano dati due sistemi di riferimento (O, X, Y ) e (O, X, Y ) direttamente congruenti. Supponiamo che il sistema (O, X, Y ) sia ottenuto da (O, X, Y ) mediante una traslazione degli assi, cioé spostando gli assi parallelamente a se stessi. Se l origine O ha coordinate (α, β) nel sistema (O, X, Y ), allora tra le coordinate (x, y) e (x, y ) di un punto P nel piano sussistono le seguenti relazioni: { x =α+x y =β+y e quindi { x = x α y = y β (62) Esempi

182 Figura 38: Sistemi di riferimento traslati 1. Supponiamo che P abbia coordinate (2, 3) rispetto al sistema (O, X, Y ) e che il sistema (O, X, Y ) sia il traslato di (O, X, Y ). Se O ha coordinate (1, 1) rispetto al sistema (O, X, Y ). Determinare le coordinate di P in (O, X, Y ). Soluzione Si ha x = x α = 1 e y = y β = Sia ax+by+c = 0 l equazione di una retta R nel sistema di riferimento (O, X, Y ). Se (O, X, Y ) è il traslato di (O, X, Y ) ed O (α, β) rispetto ad (O, X, Y ), allora ci chiediamo qual è l equazione di R rispetto a (O, X, Y ). Soluzione Da (62) si ha a(x + α) + b(y + β) + c = 0. Supponiamo ad esempio che R abbia equazione 2x + y = 2. Se (α, β) = (1, 2), allora l equazione di R diventa 2x + y = Supponiamo che (O, X, Y ) ed (O, X, Y ) siano due sistemi di riferimento cartesiani ortogonali direttamente congruenti e ottenuti l uno dall altro mediante traslazione degli assi con O (α, β) rispetto a (O, X, Y ). Se x2 + y2 = 1 è l equazione di una ellisse E rispetto a a 2 b 2 (O, X, Y ), allora l equazione di E rispetto ad (O, X, Y ) è data da (x +α) 2 + (y +β) 2 = 1. a 2 b 2 Se y = ax 2 è l equazione di una parabola P rispetto a (O, X, Y ) si ha che y + β = a(x + α) 2 è l equazione di P rispetto ad (O, X, Y ) Rotazione degli assi nel piano Siano adesso (O, X, Y ) e (O, X, Y ) due sistemi di riferimento cartesiani ortogonali aventi la stessa origine, cioè O = O ed entrambi positivamente orientati. Supponiamo che gli assi X, Y si possano immaginare ottenuti da X, Y imprimendo loro una rotazione intorno ad O di un angolo θ. Allora 182

183 Figura 39: Sistemi di riferimento ruotati si ha Esempi 12.4 { x = x cosθ y senθ y = y cosθ+x senθ 91 (65) 1. Supponiamo che P abbia coordinate (2, 3) rispetto al sistema di riferimento (O, X, Y ) orientato positivamente. Se O O e il sistema (O, X, Y ) è ottenuto da (O, X, Y ) mediante una rotazione intorno 91 Indichiamo con ρ la distanza di P da O. Sia α l angolo orientato che il vettore OP forma con l asse X ed α l angolo che il vettore OP forma con l asse X. Allora x = ρcosα, y = ρsenα e x = ρcosα, y = ρsenα. Ne segue che x = ρcosα = ρcos(α + θ) = ρ[cosα cosθ senα senθ] = ρcosα cosθ ρsenα senθ = x cosθ y senθ. Inoltre y = ρsenα = ρsen(α + θ) = ρ(senα cosθ + senθcosα ) = ρsenα cosθ + ρcosα senθ = y cosθ + x senθ. Pertanto si ha: { x = x cosθ y senθ y = y cosθ+x senθ Se esprimiamo la coppia (x, y ) in funzione della coppia (x, y) si ha : { x = xcosθ+ysenθ y = xsenθ+ycosθ (64) (65) 183

184 ad O dell angolo π 4 ( in senso antiorario), quali sono le coordinate di P rispetto al sistema (O, X, Y )? Sol. x = 2cos π 4 + 3sen π 4 = = 3 2 y = 2sen π 4 + 3cos π 4 = = Siano dati i sistemi di riferimento (O, X, Y ) e (O, X, Y ), con O O ed ugualmente orientati positivamente. Supponiamo che il primo sia ottenuto dal secondo mediante una rotazione intorno ad O di un angolo θ. Sia R una retta d equazione ax + by + c = 0 rispetto al sistema di riferimento (O, X, Y ). Allora l equazione di R rispetto a (O, X, Y ), tenuto conto delle formule (63) è data da (acosθ +bsenθ)x +(bcosθ asenθ)y +c = 0. Per esempio l equazione x y = 0, dopo una rotazione di π 4 diventa ( 2 2 x 2 2 y )+( 2 2 y x ) = 0 ossia x = Sotto le stesse condizioni dell esercizio precedente la parabola d equazione y = x 2 si trasforma in x 2 + y 2 2x y 2x 2y = Supponiamo che i sistemi di riferimento (O, X, Y ) e O, X, Y ) soddisfino le condizioni dell esercizio 1. Data la retta R d equazione y = 2x rispetto a (0, X, Y ) determinare l equazione di R rispetto al sistema di riferimento (O, X, Y ), ruotato intorno ad O di un angolo di π 4. Soluzione Utilizzando la formula (63) si ha x = y = 2 2 y x. Pertanto l equazione y = 2x diventa 2 2 x 2 2 y e cioè x 3y = 0. x y = 2(x 2 2 y 2 2 ) 12.4 Rototraslazione degli assi nel piano Supponiamo adesso che (O, X, Y ) ed (O, X, Y ) abbiano origini distinte, cioè O O e che siano entrambi positivamente orientati. Supponiamo inoltre che gli assi X, Y non siano necessariamente paralleli a X ed Y rispettivamente. Si introducono degli assi ausiliari (O, X, Y ) con O = O e X, Y paralleli rispettivamente ad X e Y ed ugualmente orientati. Supponiamo che O (α, β) rispetto a (O, X, Y ). Se P è un punto generico, 184

185 le coordinate di P rispetto a (O, X, Y ) e (O, X.Y ) sono legate dalle equazioni: x = x α, y = y β. D altra parte si passa dal sistema (O, X, Y ) al sistema (O, X, Y ) mediante una rotazione intorno ad O di un angolo θ. Quindi Ne segue che: { x = x cosθ+y senθ y = x senθ+y cosθ (66) { x = (x α)cosθ+(y β)senθ y = (x α)senθ+(y β)cosθ (67) Le relazioni (67) rappresentano le formule di passaggio dal vecchio sistema al nuovo. Risolvendo rispetto ad x e y si ha: { x = x cosθ y senθ+α y = x senθ+y cosθ+β (68) la formula (67) ci dice che le coordinate di un punto P rispetto al sistema di riferimento (O, X, Y ), conoscendo quelle rispetto al sistema di riferimento (O, X, Y ), sono ottenute prima operando una traslazione e successivamente una rotazione. Viceversa la formula (68) ci dice che le coordinate di un punto P rispetto al sistema (O, X, Y ), conoscendo quelle rispetto ad (O, X, Y ), sono ottenute prima operando una rotazione e successivamente una traslazione. Esempi Supponiamo che l origine O abbia coordinate (1, 1) rispetto a (O, X, Y ) e che l asse X formi un angolo di π 3 rispetto all asse X. Sia data l ellisse E d equazione x 2 +2y 2 = 1 rispetto a (O, X, Y ). Allora l equazione di E rispetto a (O, X, Y ), tenuto conto di (68), è data da 7 4 x y x y + ( )x + (2 3)y + 2 = Se la retta R ha equazione y = 3x 2 rispetto al sistema (O, X, Y ), determinare l equazione di R rispetto al sistema di riferimento (O, X, Y ) sapendo che X forma un angolo di 60 o rispetto ad X e che O (2, 3) rispetto a (O, X, Y ). 185

186 Figura 40: Rototraslazione Figura 41: Sistemi di riferimento inversamente congruenti 12.5 Sistemi di riferimento inversamente congruenti nel piano Supponiamo che (O, X, Y, ) ed (O, X, Y ) siano due sistemi di riferimento cartesiani ortogonali con la stessa unità di misura ma inversamente congruenti. Supponiamo che l asse X ( e quindi l asse Y ) sia parallelo all asse X ( all asse Y ) e che l origine O abbia coordinate (α, β) rispetto a (O, X, Y ). Allora le coordinate di un punto P rispetto ai due sistemi sono legate tra loro dalle seguenti relazioni: oppure { x = x + α y = y + β { y = y + β x = x + α se x e x sono ugualmente orientati (69) se y e y sono ugualmente orientati (70) 186

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