Market-Driven Management, spazio competitivo ed economia d impresa globale



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Market-Driven Management, spazio competitivo ed economia d impresa globale Silvio M. Brondoni * Abstract Le imprese si confrontano oggi in condizioni di alta intensità competitiva, in mercati globali e soggetti ad instabilità politica, sociale e tecnologica. Nessuna impresa può pertanto confidare, come in passato, solo sulle proprie risorse, conoscenze e competenze.l economia d impresa globale impone organizzazioni articolate, diffuse e fortemente interconnesse (network). Queste strutture complesse privilegiano le capacità gestionali e le outsourcing relation con co-makers e partners esterni (competitive alliances). La cultura d impresa evolve pertanto in un cross cultural management, orientato a superare gli ambiti fisici di concorrenza (market-space management) e un appartenenza aziendale localistica. Nei mercati globali, la cultura d impresa di network consente di omologare le organizzazioni con una uniformità costruttiva, stimolata e controllata dal sistema delle reti di comunicazione (Internet; Intranet; Extranet) e presuppone valutazioni multilivello di performance, che prevedono la stima della sintonia strategica (chairman leadership) e della sintonia operativa (management leadership). Keywords: Market-Driven Management; Economia d impresa globale; Cross Cultural Management; Mercati globali; Global Network; Alleanze competitive; Outsourcing; Co-Makership; Chairman Leadership. 1. Globalizzazione ed economia d impresa Con la globalizzazione dei mercati cadono molte frontiere, i caratteri immateriali sopravanzano gli elementi tangibili 1, il tempo diviene una funzione critica dell esistenza e la mobilità (di persone, beni, conoscenze e idee) afferma nuovi sistemi di relazioni nell ambito di un economia d impresa globale 2. Nei mercati globali, le imprese si confrontano pertanto secondo logiche di market-space competition 3, cioè con confini di concorrenza in cui lo spazio non rappresenta un dato, ovvero un elemento noto e stabile del processo decisionale, ma piuttosto un fattore competitivo il cui profilo si configura e si modifica per effetto delle azioni/reazioni di imprese e governi. Le politiche aziendali basate su uno spazio competitivo allargato, cioè privo di vincoli e di condizionamenti tangibili ed amministrativi (market-space management), in sintesi, prevedono il superamento degli usuali limiti di controllo diretto e di prossimità che connotano la fisicità delle attività (invarianza dei beni prodotti, quantità realizzate con controlli diretti, numero finito di clienti e fornitori, localizzazione statica degli impianti di produzione, ecc.) ed affermano piuttosto contesti di operatività contraddistinti da: predominio di risorse immateriali; adattabilità competitiva; flessibilità gestionale 4. La globalizzazione, infatti, ha modificato radicalmente i tradizionali principi-base della produzione industriale (cioè un interazione coordinata di lavoratori, tecnologie e materiali, con una standardizzazione spinta in termini di sequenza temporale e spaziale), che in estrema sintesi fina a poco tempo fa si è sempre caratterizzata per: una produzione efficiente della maggior quantità possibile di beni standardizzati; strutture basate su una divisione rigida e pianificata dei compiti; presenza dei lavoratori sul luogo di produzione. Nei mercati globali, per contro, la leva strategica delle organizzazioni si sposta dalla caratterizzazione dei beni (differenziazione di offerta) alla qualificazione delle conoscenze possedute e gestite. I sistemi informativi (interni e tra imprese) diventano così un fattore critico per lo sviluppo aziendale; la * Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese, Università degli Studi di Milano- Bicocca Management (), n. 1, 2008, pp.19-31 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2008.1.02brondoni)

20 collaborazione tra aziende si realizza mediante la predisposizione di specifici canali e flussi informativi; ed infine, i processi organizzati secondo una logica sequenziale si trasformano in rapporti sviluppati all interno di network project-oriented, che arrivano fino all azienda virtuale. Nuove forme flessibili di organizzazione, quindi, che postulano la divisione delle strutture in termini di spazio, tempo e funzioni svolte 5. In termini di spazio, innanzi tutto, la realizzazione di definiti prodotti non è necessariamente ubicata stabilmente in un dato luogo; i processi produttivi, infatti, sono di norma ripartiti tra differenti aziende e non richiedono più una prossimità spaziale, poiché i flussi informativi che generano le produzioni consentono il trasferimento fisico dell output (anche parziale) ovunque nel mondo, direttamente da singole unità e senza vincoli temporali 6. In termini di tempo, inoltre, il market-space management incide sull efficienza temporale di produzione e della supply chain di definiti beni; network variamente articolati e localizzati sostituiscono produzioni e processi sequenziali, per cui il tempo di produzione/consegna configura il complesso delle esigenze realizzative e di logistica delle unità operative che compongono il network. Da ultimo, in termini di funzioni svolte, il market-space management tende a proporre una fondamentale modifica nei rapporti di relazione e di collaborazione con i clienti, i partner ed i co-makers, superando i limiti tipici della cooperazione di interfaccia e volgendosi invece a realizzare una più stretta e selettiva interazione tra team interaziendali. 1.1 Mercati globali e spazio competitivo d impresa Lo sviluppo aziendale basato sullo spazio competitivo allargato (marketspace management), proprio per la logica di crescita continua tipica della market-space competition, genera mega-organizzazioni, con un top management power sovra nazionale 7, che talvolta crea addirittura problemi etici internazionali nei rapporti con gli Stati-Nazione 8. I network globali che operano in spazi allargati di concorrenza (valorizzando e sfruttando gli intangible assets di patrimonio di marca, sistema informativo e cultura d impresa) vengono infatti a disporre di informazioni di mercato talmente estese e sofisticate che spesso si trovano a contendere ai governi il primato nella fissazione delle lineeguida di sviluppo locale. Le organizzazioni globali a rete palesano tuttavia proprio con riguardo al potere di mercato (che può condurre i network più forti verso posizioni di oligopolio globale) ed alla diffusione geografica (che deve essere sempre più estesa) rilevanti fattori critici di sviluppo nel perseguire una stabile supremazia locale, per la diffidenza e la sensibilità critica degli opinion makers (consumatori, azionisti, dipendenti, fornitori, media, ecc.), sempre più interconnessi, informati e delocalizzati rispetto alla produzione e al consumo dei beni. Le politiche aziendali di globalizzazione dei mercati provocano diffuse critiche (crescita economica concentrata nei paesi ad alta intensità di R&D; ricerca scientifica mirata ; scarsa attenzione alla trasparenza genetica, all ambiente, alla sicurezza alimentare e alle condizioni di marginalità sociale), che risultano molto partecipate perché anche le comunicazioni di massa del XXI secolo sono globalizzate (e soprattutto non sono più unidirezionali e lineari, dall emittente ai riceventi) 9. Management (), n. 1, 2008, pp.19-31 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2008.1.02brondoni

21 La globalizzazione, l economia d impresa globale e le politiche di market-space management non paiono tuttavia i paradigmi da porre in discussione per la crescita sociale e la diffusione del benessere 10. Per contro, le finalità d impresa di lungo periodo e le politiche di sviluppo globale delle imprese e delle corporation meritano un serio approfondimento 11. 1.2 Cluster, distretti e cultura di concorrenza La globalizzazione ha in effetti evidenziato le profonde differenze tra cluster e distretti, soprattutto in termini di Ricerca & Sviluppo (R&D) e di reattività competitiva (market-driven management). I distretti individuano agglomerazioni di imprese, in genere di piccole/medie dimensioni, ubicate in ambiti territoriali circoscritti e specializzate in una o più fasi di un processo produttivo I sistemi-territorio sono poco esposti alla concorrenza, difesi da confini naturali (fisici o amministrativi) o da fattori limitativi della crescita aziendale (ad esempio, reti di trasporto obsolete o sistemi informativi elementari). Nei distretti industriali affermatisi in Italia sin dagli anni 70, per la crisi della grande impresa il marketing, la finanza, la comunicazione sono molto ridotti, la cultura d impresa premia le tradizioni e la R&D tende ad essere autoreferenziale. Per contro, i cluster sono costituiti da concentrazioni geografiche di imprese capital intensive, associazioni e istituzioni che concorrono ad apportare e condividere specifiche conoscenze, accumulando rilevanti differenziali competitivi di localizzazione. Significativi esempi di cluster sono: The Silicon Valley (California, computer technology); The Napa Valley (California, produzione vino); Bangalore (India, software outsourcing); Dhahran Techno-Valley (Arabia Saudita, energia);. Silicon Wadi (Israele, telecomunicazioni wireless); Grenoble (France, Micro-Nano Technologies); Toulouse (France, aerospaziale); The Silicon Fen (Cambridge, UK, biotecnologie e computer technology); Hollywood (US, produzione film); Detroit (US, auto). I cluster sono quindi aggregazioni di organizzazioni high technologyoriented che consentono di sviluppare rapporti di filiera virtuali, in cui lo scambio e le sinergie delle conoscenze si integrano con le esperienze, valorizzando una cultura aziendale finalizzata al confronto competitivo e diretta a favorire una cooperative R&D. In sintesi, lo sviluppo a lungo termine delle imprese globali non può prescindere dal soddisfacimento di un nuovo benessere, da perseguire con: - l espansione dei confini di concorrenza (market-space competition) e l adozione di politiche aziendali fondate su una globalizzazione armonica delle produzioni e dei consumi (market-space management) 12, abbandonando così le performance basate su squilibri competitivi locali (che ad evidenza massimizzano il profitto se si sfruttano a brevissimo termine e se al contempo non si sostengono costi di sviluppo locale) 13 ; - la creazione di new industries (tutela sviluppi biologici; valorizzazione patrimoni nutrizionali di massa e selettivi; preservazione climatica; politica dell energia e del riciclaggio rifiuti), in coerenza con Management (), n. 1, 2008, pp.19-31 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2008.1.02brondoni

22 le nuove esigenze trasversali determinate da mercati con produzioni e consumi globali; - la focalizzazione dell economia d impresa su fattori-chiave non e- lementari (techno, comunicazione, intangible assets), il cui valore non si determina in rapporto al grado di sfruttamento, ma in relazione all intensità di condivisione di una definita risorsa anche con strutture esterne all organizzazione. 1.3 Market-Space Management e interdipendenze competitive La condivisione di risorse immateriali perseguita dalle politiche aziendali di market-space management di norma avviene tra differenti strutture appartenenti ad uno stesso network, ma può riguardare anche altre organizzazioni per effetto di alleanze e joint venture. In ogni caso, l economia d impresa può estendere le aree di attività nella dimensione immateriale e configurare così complesse relazioni sistemiche interaziendali (e i cui leganti sono costituiti da cultura d impresa, sistema informativo e patrimonio di marca), che determinano posizioni di concorrenza per acquisti, trasformazione, distribuzione e vendita dai confini molto labili e instabili, in quanto riferiti ad una matrice (potenzialmente molto mutevole) di beni e di imprese 14. Un esempio sintomatico di gestione delle risorse immateriali e di interdipendenze competitive a livello sistema di imprese, può individuarsi nella moderna parabola del pane, cioè un prodotto molto tradizionale e apparentemente lontano dalle logiche di market-space competition : Il pane fresco è oggi, a livello internazionale, un bene complesso e di non sempre a- gevole classificazione merceologica. Per i consumatori di tutto il mondo, il pane fresco è il pane fragrante, ancora caldo, che si acquista sotto casa. In molte nazioni, tuttavia, si tende a circoscriverne l ambito competitivo, per le esigenze delle aziende locali industriali ed artigiane impegnate nella produzione e distribuzione. In realtà, il pane fresco è di frequente un pane industriale surgelato, oppure precotto, od anche cotto (quindi con materie prime e fasi di lavorazione che partecipano al processo produttivo senza alcun vincolo di tempo e di spazio), soggetto a libera circolazione delle merci, trasportato dai siti di produzione ai punti di vendita, per essere proposto al consumatore con un brevissimo completamento di cottura, che consente di avere un pane appena uscito dal forno 24 ore al giorno. Quindi, con una dilatazione enorme dei confini di concorrenza in termini produzione, vendita e consumo 15. L impresa tende oggi a costituire un sistema vitale complesso 16, orientato alla concorrenza, con un orizzonte gestionale che sovrasta le tradizionali dimensioni di spazio e di tempo (cioè, riferite ad un ambiente finito, che pertanto consente di misurare, ad un dato istante t, performance e posizione competitiva e di conseguenza, l eventuale posizione dominante di una combinazione elementare impresa-bene-mercato). Management (), n. 1, 2008, pp.19-31 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2008.1.02brondoni

23 In realtà, le condizioni di market-space competition delineano confini di concorrenza sofisticati e a matrice internazionale, in cui lo spazio e il tempoconcorrono essi stessi a formare e ad alterare il contesto competitivo di riferimento, rendendo tra l altro molto difficoltosa la valutazione con gli usuali indicatori di performance e di posizione di eventuali condizioni di predominio di mercato. Lo spazio di concorrenza generato dalle condotte di market-space management risulta pertanto difficilmente delimitabile in settori di attività, ed è più propriamente riconducibile ai sistemi di risorse immateriali (Brand Equity, sistema informativo, cultura d impresa) che pro tempore contribuiscono a qualificare il profilo competitivo di definite imprese. 1.4 Le economie di scala globali nelle imprese a network Nei mercati aperti, senza la difesa di confini geografici e amministrativi, le imprese adottano condotte gestionali molto flessibili, caratterizzate da un assoluto predominio delle risorse intangibili e finalizzate a sfruttare economie di scala globali. Nelle economie globali di dimensione, la ricerca del costo minimo di produzione presuppone: 1. funzioni complesse di outsourcing; 2. una localizzazione dinamica degli impianti; 3. ed infine una commercializzazione su larga scala, per fronteggiare domande locali poco motivate agli acquisti, volatili nelle preferenze di scelta e non-fedeli nei riacquisti (ossia, le tipiche condizioni dell eccesso di offerta, oggi aggravate da crescenti spinte inflazionistiche e recessive). La concorrenza delle imprese globali sui mercati aperti ha modificato radicalmente i tradizionali caratteri della produzione industriale, costituiti da: strutture lunghe, con rigide divisioni dei compiti; lavoratori presenti nei luoghi di produzione; massive produzioni di beni uniformi; scorte di materie prime, semilavorati e prodotti finiti ammassate in prossimità dei siti di produzione e dei mercati di consumo. La market-space competition enfatizza invece le economie di scala globali, il cui valore non dipende dal grado di sfruttamento di fattori produttivi elementari, ma dalla intensità di condivisione di definite risorse in un sistema di networking, cioè dalla sofisticazione dei rapporti di collaborazione tra strutture interne, esterne e di co-makership. Ecco perché le imprese italiane e il made in Italy sono in crescente difficoltà nelle economie globali e con consumi saturi. In effetti, i distretti produttivi spesso si riducono a luoghi di produzione per conto terzi e anche il grande artigianato di design (tessile, arredo-casa, orafi ecc.) vede sparire le nicchie dorate (piccole produzioni con prezzi di vendita alti e giustificati dalla creatività) e le opportunità di un export facilitato dai rapporti di cambio tra le valute. La nuova concorrenza richiede infatti imprese a network con elevate capacità gestionali, in grado di dominare la comunicazione, la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti, il marketing, il controllo e la finanza. 1.5 Network globali e Cross Cultural Management Le imprese si confrontano oggi in condizioni di alta intensità competitiva, in mercati globali e soggetti ad instabilità politica, sociale e tecnologica. Management (), n. 1, 2008, pp.19-31 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2008.1.02brondoni

24 Nessuna impresa può pertanto confidare, come in passato, solo sulle proprie risorse, conoscenze e competenze. Lo sviluppo aziendale abbandona così il predominio della produzione realizzata nella grande fabbrica capitalistica degli anni 50 e 60, dove si garantiva parità di trattamento a lavoratori efficienti e inefficienti, secondo il rendimento medio delle categorie professionali. Un meccanismo semplice e coerente con un modello produttivo che si basava su 30/40 anni di lavoro nella medesima azienda, che si facesse bene o male. Dagli anni 80, tuttavia, l economia globale ha modificato profondamente imprese, produzioni e prodotti ed i lavoratori (in un crescente dinamismo localizzativo, commerciale e produttivo) si misurano con svariate forme di collaborazione, prive di garanzie di stabilità (contratti a termine; contratti di formazione; lavoro interinale; collaborazioni autonome continuative; ecc.). L economia d impresa globale impone organizzazioni articolate, diffuse e fortemente interconnesse (network). Queste strutture complesse privilegiano le capacità gestionali e le outsourcing relation con co-makers e partners esterni (competitive alliances). La cultura d impresa evolve pertanto in un cross cultural management, orientato a superare gli ambiti fisici di concorrenza (market-space management) e un appartenenza aziendale localistica. Nei mercati globali, la cultura d impresa di network consente infatti di omologare le organizzazioni con una uniformità costruttiva, stimolata e controllata dal sistema delle reti di comunicazione (Internet; Intranet; E- xtranet) e presuppone valutazioni multilivello di performance, che prevedono la stima della sintonia strategica (coerenza dei risultati e dei processi delle organizzazioni; relazioni di complementarietà; chairman leadership) e della sintonia operativa (relazioni di interdipendenza delle strutture; responsabilità condivise; management leadership). Nei mercati aperti si evidenzia pertanto la centralità dell orientamento competitivo al mercato (market-driven management) e del cross cultural management, cioè una gestione aziendale fortemente profit-focused su base locale e globale, che non si ripiega sull organizzazione (come postulano i mercati chiusi e a bassa competizione) ma per contro si valorizza con le opportunità offerte dai mercati aperti, cioè la variabilità della domanda e la instabilità generata dalla concorrenza. 2. Market-Driven Management e mercati globali Le grandi corporation, che da tempo operano in contesti dominati dalla globalizzazione dei mercati, esaltano il raggiungimento di vitali economie dei costi (di approvvigionamento, produzione, distribuzione, comunicazione, vendita). Gli enormi vantaggi economico-finanziari conseguibili dal perseguimento di crescenti economie dimensionali (supply-driven management) non prescindono tuttavia da condotte incentrate sul soddisfacimento della domanda e prioritariamente focalizzate sul confronto competitivo (market-driven management). In condizioni di concorrenza globale, l orientamento market-driven configura quindi una politica di sviluppo aziendale di lungo periodo, con vantaggi concorrenziali di costo valutabili in rapporto al soddisfacimento della domanda e soprattutto in relazione ad un migliore bench mark con la concorrenza. Management (), n. 1, 2008, pp.19-31 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2008.1.02brondoni

25 L orientamento market-driven, evidenzia inoltre, negli attuali mercati globali, il primato dei fattori immateriali di offerta (cioè, i cosiddetti product intangible assets, costituiti da servizi prevendita, design, assistenza postvendita, logistica, packaging, ecc.) che peraltro sono efficacemente valorizzabili solo con la gestione degli intangible assets di impresa (ossia, cultura aziendale, sistema informativo e patrimonio di marca). L economia degli immateriali di offerta e di impresa, in particolare, assume specifico rilievo nei mercati globali e in eccesso di offerta (cioè dove le produzioni sono superiori alla capacità di assorbimento della domanda ed i prodotti, sempre più sofisticati, sono resi rapidamente obsoleti dalla facile imitabilità). In numerosi mercati, in realtà, l eccesso di offerta diviene un fattore strutturale di sviluppo delle imprese, che pianificano in ottica competitiva la progressiva sovrabbondanza di beni (tra l altro producibili a costi decrescenti per il continuo sviluppo tecnologico); beni che sono anche proposti con una copiosa varietà di alternative, per soddisfare esigenze di consumo sempre più sofisticate e per motivare una domanda che presenta crescenti infedeltà di comportamento. In tali contesti, da un lato si enfatizza il ruolo delle aziende multimercato e multibusiness e dall altro si riduce la significatività concorrenziale del settore di attività: così, le tradizionali analisi basate sulla maturità/novità del settore lasciano il posto alle attività aziendali ad alta intensità di concorrenza 17. Nell odierno dominio di ipercompetizione globale dell eccesso di offerta, un business risulta ad alta redditività solo per le organizzazioni che plasmano l innovazione di offerta e creano bolle di consumo, arrivando rapidamente a soddisfarle ( time to market ) e abbandonandole tempestivamente ( time competition ), lasciando ai concorrenti-imitatori la parte residuale della bolla (in genere dispersiva e poco redditizia per l affollarsi di proposte alternative). Strategie di ipercompetizione che rompono le regole statiche del confronto oligopolistico one-to-one e propongono invece un modello di concorrenza sistemica, da sviluppare secondo una logica di market-driven management. La globalizzazione e l eccesso di offerta impongono alle imprese una nuova filosofia di gestione orientata al mercato, in cui predomina il customer value management, cioè la vendita a bolle di domanda (bubble demand, ossia ad aggregati instabili di clientela che si sostituiscono ai segmenti di domanda), con un confronto diretto e continuo con concorrenti. In tal senso, ad esempio, Toyota e Psa producono insieme localizzando il nuovo impianto nella Repubblica Ceca tre versioni dello stesso modello (Toyota Aygo, Citroën C1, Peugeot 107), per soddisfare bolle di domanda di city car' caratterizzate da prezzo contenuto-sicurezza-personalità. L orientamento competitivo al mercato si manifesta quindi dal basso, per forzare l incontro tra offerta e domanda, sviluppando flussi di scambio e di comunicazione (push/pull communication) 18. Nei mercati globali, inoltre, il market-driven management configura una strategia di mercato sofisticata, attuata da grandi corporation, che innanzi tutto è finalizzata a superare le misure di protezionismo locale poste in essere da Stati- Nazione che operano ancora con logiche di frammentazione dello spazio. Management (), n. 1, 2008, pp.19-31 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2008.1.02brondoni

26 Così, ad esempio, le politiche globali delle megacatene di distribuzione francesi e tedesche si confrontano oggi con le norme per la tutela dal made in China del settore tessileabbigliamento-calzature (contingentamenti all import; reciprocità di accesso sul mercato europeo/cinese; promozione del made in Italy; maggiori sanzioni contro la contraffazione dei marchi). In realtà le misure di difesa sono deboli, perché basate su una matrice di concorrenza elementare, come quelle adottate negli anni 60 per contrastare (invano) l invasione europea delle moto giapponesi. Anche allora la global vision dell industria giapponese e la cooperative promotion, sottovalutata all epoca dai competitor europei ed US, realizzata congiuntamente dalle corporation (Honda, Kawasaki, Suzuki, Yamaha) che partecipavano al GP del motomondiale travolse i grandi produttori (in Italia, tra gli altri, MV Agusta, Ducati, Guzzi, Laverda; in Gran Bretagna, Bsa, Triumph, Norton; in Francia Motobécane; in Spagna Derby), tutti blasonati ma con produzioni locali, protette e deboli. In mercati globali e in eccesso di offerta, con un alta sostitutività tra i prodotti, una filosofia di gestione market-driven richiede: una cultura d impresa motivata ai risultati; politiche di mercato attente all instabilità della concorrenza e alla variabilità della domanda; la riorganizzazione dell impresa su mercati, anziché su prodotti; la predisposizione di nuove metriche di valutazione dei fattori immateriali e materiali, per stimare la performance d impresa. 2.1 Mercati globali, eccesso di offerta e instabilità della domanda I mercati globali e in eccesso di offerta, che stimolano le imprese ad adottare una nuova filosofia di gestione orientata al mercato (marketdriven management), sono caratterizzati da: imprese che, in un confronto continuo con i concorrenti, generano aggregati instabili di clientela (bubble demand); confini di competizione evanescenti; un alta sostitutività tra i prodotti; ed infine performance aziendali condizionate dai tempi di ritorno degli investimenti, oltre che da i livelli di margine. Di conseguenza, nei mercati in eccesso di offerta si affermano imprese di produzione e di distribuzione con forti politiche market-driven, dove il marketing crea bolle sempre nuove di acquirenti, da sostenere con offerte molto volatili e con prodotti a forte identità. D altro canto, il primato del marketing, che ha segnato i mercati in equilibrio tra domanda ed offerta (fase che si è esaurita alla fine degli anni ottanta, quando è cessata la condizione di stabilità della domanda finale), è stato sostituito dal predominio della comunicazione e dei fattori immateriali di prodotto, per gestire situazioni di alta instabilità, con dominanza della concorrenza e dove le domande intermedie ed il global trade rivestono un ruolo centrale. La globalizzazione dei mercati determina in effetti una crescente sovracapacità produttiva e quindi esuberi di offerta mai sperimentati rispetto alle potenzialità di assorbimento della domanda. L eccesso di offerta diviene così un fattore strutturale di sviluppo, che impone alle imprese di confron- Management (), n. 1, 2008, pp.19-31 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2008.1.02brondoni

27 tarsi con: consumi contraddistinti da tassi di crescita irregolari; domande instabili; e soprattutto potenziali di consumo mutevoli. In eccesso di offerta, in particolare, i consumi non sono prevedibili con i tradizionali modelli statici d acquisto. Infatti, a differenza di quanto si verificava in passato, i consumi non si sviluppano in forma semplice e lineare, né nel tempo, né nello spazio. Ad esempio, con elementari intervalli temporali tra i consumi di aree leader e di aree ritardatarie (come si osservava per molti prodotti venduti in differenti aree geografiche dello stesso Paese, come nel nord e nel mezzogiorno d Italia). In tal senso sono emblematici i consumi oggi esplosivi, anche se con andamenti e crescite molto diversi dei prodotti della solitudine attiva (health care, musica e foto digitali, giardinaggio, extreme travel, TV-LCD, ecc.), che sono stimabili solo con logiche anticipative e di parallelismo (quindi con metodiche molto diverse dai modelli lineari ed aggregativi, ancora usati da Associazioni ed enti governativi con sempre minore successo per quantificare le tendenze dei consumi). 2.2 Eccesso di offerta non-fedeltà di acquisto e politica di marca La crescente crisi dei consumi pone in luce i profondi cambiamenti delle abitudini di acquisto (di famiglie e single), che fatto mai accaduto penalizzano molte grandi marche. Il minore reddito disponibile produce infatti nuovi comportamenti di spesa, che evidenziano: - il drastico aumento della infedeltà di marca (brand switching), con punte di propensione al cambiamento di marca del 60-70% (come nel caso di olio d oliva, pelati, confetture, ecc.); - l esplosione della non-fedeltà di acquisto (e conseguente ricerca di punti di vendita e prodotti più vantaggiosi, ad esempio sfruttando private label e promozioni delle catene distributive); - il rinvio di acquisti non essenziali; - la sostituzione di prodotti no-care (product switching), ad esempio lasciando il vino per la birra; - ed infine, riduzione delle quantità acquistate. L eccesso di offerta ed i mercati globali favoriscono la crisi dei consumi ed impongono nuove regole di competizione per i prodotti di marca. In effetti, la globalizzazione dei mercati e la connessa crescente sovracapacità produttiva determinano un offerta molto superiore alle capacità di assorbimento della domanda, che esalta le marche forti (cioè con un alto indice di rotazione di marca) ed al contempo mette fuori mercato le marche deboli (cioè con bassi indici di rotazione di marca e di classe di prodotto). In condizioni di eccesso di offerta, inoltre, la spirale di crisi dei consumi è amplificata da politiche di prezzo inadeguate. Nei mercati globali e ad alta competizione il calcolo dei prezzi richiede infatti una logica nuova, fondata sulla time-based competition (abbandonando i costi e la domanda, parametri classici dei manuali di marketing) e focalizzata su flussi continui di comunicazioni digitali, con continue verifiche dei risultati e rapidi aggiornamenti (market-space management). D altro canto, in eccesso di offerta sopravvivono solo produttori e distributori con forti politiche market-driven, dove la marca è un sistema di responsabilità nelle relazioni produttore-tradeconsumatore. Management (), n. 1, 2008, pp.19-31 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2008.1.02brondoni

28 2.3 Politica di marca, concorrenza globale e Market-Driven Management Qualche anno fa, quando la domanda primaria dei beni era in crescita, la marca era sufficiente a diffondere un prodotto e gli investimenti in pubblicità ne garantivano il successo sostenendone le vendite. La share of voice pubblicitaria era infatti correlata e tendenzialmente uguale alla market share e le marche leader con grandi budget erano inattaccabili. Oggi, la globalizzazione dei mercati e la sovracapacità produttiva esaltano le marche forti (ad alta penetrazione di mercato e ad elevata rotazione di vendita) e marginalizzano le marche deboli (con bassa penetrazione e rotazione). In tal senso, Chevrolet ha sostituito il brand Daewoo su tutta la gamma coreana, sovrapponendo il primato tecnologico della marca globale US alla popolarità di modelli che si erano affermati sui mercati per un formidabile rapporto qualità/prezzo. Nei mercati globali, il patrimonio di marca diviene una primaria risorsa immateriale, finalizzata a sostenere le vendite in contesti con domanda cedente, sviluppando appunto una gestione aziendale market-driven (come da tempo propongono le grandi corporation, quali Coca-Cola, Pepsi- Co, GE, Microsoft, Toyota, Ford, Gm, ecc.). Nella realtà italiana, spesso chiusa in una economia del castello di protezionismo e monopoli, le imprese di maggiori dimensioni sfuggono il mercato globale, l eccesso di offerta e la crisi dei consumi, e paiono prediligere gli investimenti in attività monopolistiche, prive di marca e con consumi stabili (energia, tlc, farmaceutico non innovativo, ecc.). Le imprese di minori dimensioni, invece, costrette a confrontarsi con il mercato globale, devono sostenere le performance vitali di concorrenza (quota di mercato, redditività, attrattività) potendo u- tilizzare solo marche nane, che devono competere senza il sostegno delle risorse del sistema paese e spesso addirittura frenate da carenze di strutture e infrastrutture. 2.4 Market-Driven Management, infedeltà di marca e fidelizzazione di acquisto Nei mercati globali e in eccesso di offerta, i consumatori selezionano gli acquisti e i punti di vendita, si determina un drastico aumento della infedeltà di marca (brand switching) e della non-fedeltà di acquisto (favorita soprattutto dalle private label e dalle promozioni), molte fasce di clientela abbandonano i prodotti più ricchi (product switching) e in complesso si riducono le quantità acquistate. I mercati globali spingono così le imprese ad adottare condotte competitive dure, basate sul market-driven management, che privilegiano la fidelizzazione dei consumi (più flessibile e meno costosa della fedeltà di acquisto) e le politiche di competitive pricing, dove il prezzo si fissa in base al paybak period. Management (), n. 1, 2008, pp.19-31 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2008.1.02brondoni

29 L attuale crisi dei consumi, senza freni ormai da un anno, ha modificato in profondità i comportamenti di spesa, riducendo gli acquisti di auto, prodotti alimentari, abbigliamento, libri e giocattoli. In effetti, la flessione dei consumi in Italia è molto vasta (si estende anche a motorini, carburanti, entertainment) e si prevede per i prossimi sei-otto mesi una fase di spesa ancora molto riflessiva. A ben vedere, tuttavia, alcuni importanti comparti di consumo vanno in controtendenza e così sono in crescita i servizi di TLC (abbonamenti a pay tv, canoni internet, ecc.); e soprattutto aumentano le vendite di tutti i prodotti con tecnologia negoziata in dollari, come detergenti chimici, telefoni cellulari, TV Color al plasma e LCD, PC, flash memories, fotocamere e videocamere digitali, ecc. In sintesi, crescono le vendite dei beni con mercati globali e il cui rapporto di cambio euro/dollaro è in fase cedente da molti mesi, quindi con prezzi di vendita sempre più bassi. Anche questo comparto di beni (molto sfruttato dalle grandi catene di distribuzione, con import globali) sta tuttavia raggiungendo il limite di saturazione delle vendite (sale threshold), che potrà essere valicato solo in presenza di nuovi e pesanti cedimenti del cambio euro/dollaro. In contesti caratterizzati dall infedeltà di marca, l eccesso di offerta premia produttori e distributori con forti politiche market-driven, dove il marketing crea continue bolle di acquirenti, con offerte volatili e ad alto valore promozionale. Bolle di domanda che, peraltro, presuppongono continue azioni di incentivazione, con flussi informativi di natura digitale e con contenuti conoscitivi che dal mercato entrano in azienda. In altri termini, inserendo la sales promotion in un Customer Relationship Management, basato su un sistema informativo che specifica i profili di persone e di organizzazioni acquirenti e stima dimensione e durata delle bolle di domanda, secondo una logica di customer satisfaction. In passato, infatti, la sales promotion ha rappresentato un importante strumento di marketing e di comunicazione commerciale, quando la nonprice competition incentrata sulla pubblicità (advertising) iniziò ad essere meno efficace, soprattutto nelle azioni speciali di vendita locale, di breve durata e a rapido incasso (dove appunto la pubblicità lenta e costosa è quasi i- nutile). La promozione delle vendite (dapprima al consumo e poi al trade) divenne così lo strumento-principe del below-the-line, cioè degli interventi eccezionali con importi recuperati sotto la linea del profitto aziendale (a differenza della pubblicità above-the-line con costi pianificati a budget). L efficacia della sales promotion si è però ridotta nei mercati globali ed in eccesso di offerta (segnati da una sovracapacità produttiva, da un trade selettivo e molto competitivo e da una domanda distratta, instabile e non fedele); il valore complessivo di offerta generato dalla promozione risulta infatti limitato quando è generico e predisposto per un mass target di destinatari, senza una precisa specificazione del profilo dei singoli potenziali beneficiari (come invece assicurano le piattaforme di CRM). Negli odierni mercati globali ad elevata intensità competitiva, in realtà, non poche imprese utilizzano ancora tecniche promozionali elementari per incre- Management (), n. 1, 2008, pp.19-31 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2008.1.02brondoni

30 mentare il fatturato in eccesso di offerta, come merce in conto vendita, formule soddisfatti o rimborsati, hard cut pricing, ecc. Questi metodi di promozione indifferenziata, tuttavia, di norma segnalano situazioni disperate, che si scontrano con imprese ad alta redditività e strutturate per profilare i comportamenti dei clienti (dal consumatore finale ai distributori, dai grossisti ai prescriber ed ai retailer), per conoscere e soddisfare le loro richieste, anzi anticiparle (prima e meglio dei concorrenti) con comunicazioni digitali e a due vie. Note 1 v. Silvio M. Brondoni, Ouverture de Market-Space Management, Symphonya. Emerging Issues in Management (), n. 1, 2002. 2 Cfr. Silvio M. Brondoni, Jean-Jacques Lambin, Ouverture de Brand Equity, Symphonya. Emerging Issues in Management, (), n. 1, 2000-2001. 3 In the marketplace, content, context and infrastructure can be disaggregated to create new ways of adding value, lowering costs, forging relationships with nontraditional partners and rethinking ownership issues. In the new arena of the market-space, content, context and infrastructure are easily separated. Information technology adds or alters content, changes the context of the interaction and enables the delivery of varied content and a variety of contexts over different infrastructures. v. Jeffrey F. Raiport, John J. Sviokla, Managing in the Marketspace, Harvard Business Review, November-December, 1994, p. 145. 4 Cfr. George S. Day, The Market-Driven Organization, The Free Press, New York, 1999; George S. Day, The Market-Driven Strategy, The Free Press, New York, 1990; Roger J. Best, Market-Based Management, Prentice Hall, Upper Sadle River, 2004; Webster Frederick E. jr., Market-Driven Management, John Wiley & Sons, New York, 2002; Jean-Jacques Lambin, Market-Driven Management, McGraw-Hill, London, 2000; Gaetano M. Golinelli, L approccio sistemico al governo d impresa, vol. 1, L impresa sistema vitale, Cedam, Padova, 2000. 5 Cfr. Willem Koot, Peter Leisink, Paul Verweel (ed.), Organizational Relationships in the Networking Age, Edward Elgar Publishing, Cheltenham, 2003. 6 Cfr. Maria Emilia Garbelli, Localizzazione produttiva e dinamiche competitive, Giappichelli, Torino, 2004. 7 v. Silvio M. Brondoni, Ouverture de Market-Space Management, Symphonya. Emerging Issues in Management (), cit. 8 Cfr. Elisa Arrigo, Luca Bisio, Market-Driven Management, Corporate Governance e Stati- Nazione, in Silvio M. Brondoni (ed.), Market-Driven Management e mercati globali, Giappichelli, Torino, 2007. 9 Cfr. Silvio M. Brondoni, Comunicazione, risorse invisibili e strategia competitiva d impresa, Sinergie, n. 43-44, 1997. 10 Cfr. Philippe De Woot, Le sfide della globalizzazione economica: imprese, concorrenza e società, Symphonya. Emerging Issues in Management (), n. 2, 2002. 11 Cfr. Silvio M. Brondoni, Network Culture, Performance and Corporate Responsibility, Symphonya. Emerging Issues in Management (), n. 1,2003. 12 Cfr. Jacques Lambin, Silvio M. Brondoni, Ouverture de Market-Driven Management, Symphonya.Emerging Issues in Management (), n. 1, 2000-2001. 13 Cfr. Cosetta Pepe, Grande distribuzione, globalizzazione e responsabilità aziendale, Symphonya.Emerging Issues in Management (), n. 1, 2003; Clara Caselli, Ethics and Corporate Responsibility in International Relations, Symphonya. Emerging Issues in Management (), n. 1, 2003; Daniela M. Salvioni, Corporate Governance e responsabilità d impresa, Symphonya. Emerging Issues in Manage- Management (), n. 1, 2008, pp.19-31 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2008.1.02brondoni

31 ment (), n. 1, 2003; Eric Lambin Managing a Sustanability Transition, Symphonya. Emerging Issues in Management (), n. 1, 2003; Paolo Ricotti, Corporate Responsibility, compatibilità e mercati, Symphonya. Emerging Issues in Management (), n. 1, 2003. 14 v. Silvio M. Brondoni, Market-Driven Management ed economia d impresa globale, in Silvio M. Brondoni (ed.), Market-Driven Management concorrenza e mercati globali, Giappichelli, Torino, 2007, p. 30. 15 v. Silvio M. Brondoni, Ouverture de Market-Space Management, Symphonya. Emerging Issues in Management (), cit. 16 Cfr. Gaetano M.Golinelli, L approccio sistemico al governo d impresa, cit. 17 v. Silvio M. Brondoni, Prefazione, in Silvio M. Brondoni (ed.) Market-Driven Management concorrenza e mercati globali, cit., pp. XI-XII. 18 Cfr. Margherita Corniani, Digital Marketing Communication, in Symphonya. Emerging Issues in Management (), n. 2, 2006. Management (), n. 1, 2008, pp.19-31 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2008.1.02brondoni