Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology

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1 Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology Anno III numero 3 - luglio 2011 direttore scientifico: Carmelo Salpietro - direttore responsabile: Giuseppe Micali La component resolved diagnosis nelle allergie ad alimenti Natja Valenti, Giuseppina Campana, Gaia Cocurullo, Michele Miraglia del Giudice e Laura Perrone II Clinica Pediatrica, Dipartimento di Pediatria F. Fede Seconda Università di Napoli Introduzione L allergia alimentare è una patologia con riflessi importanti sulla salute pubblica, la cui incidenza sta aumentando sia in età pediatrica che tra gli adulti. Recenti meta-analisi di studi nei quali l allergia alimentare è stata dimostrata tramite test di scatenamento in doppio cieco controllato con placebo (DBPCFC) hanno evidenziato come la percentuale delle reazioni allergiche a latte, uova, pesce, arachide, si attesti su percentuali oscillanti tra l 1% e il 10, 8 %, quelle verso frutta e noci tra lo 0, 1 % e 1, 4% e quelle verso grano, soia e sesamo su percentuali inferiori all 1% (1). Una recente relazione del Center for Disease Control and Prevention ha evidenziato un incremento del 18 % delle allergie alimentari nei bambini nel decennio , con una stima globale dei soggetti interessati del 3, 9 % (2). Dunque dai dati riportati emerge come l allergia alimentare, che rappresenta la maggiore causa di anafilassi nei giovani, sia un fenomeno importante e in crescita. Nonostante il severo rischio di reazione allergiche ed a volte anche di morte, non esiste alcun trattamento specifico se non evitare l esposizione agli allergeni e curare i sintomi associati a severe reazioni. Inoltre la diagnosi di allergia alimentare può essere problematica anche perché spesso confusa con l intolleranza alimentare. Nella pratica clinica destano nuove preoccupazioni sia le varie differenze all interno della stessa diagnosi che la gestione delle allergie alimentari. A causa di queste problematiche, l Istituto Nazionale di Allergie e Malattie Infettive (NIAID), parte del National Institutes of Health, lavorando con più di 30 organizzazioni professionali, comitati a difesa dei pazienti, ha portato allo sviluppo di migliori pratiche cliniche per la diagnosi e la gestione delle allergie alimentari, costituendo delle linee giuda a cui si può far riferimento. Le linee guida sono basate su una valutazione completa ed obiettiva delle recente letteratura scientifica sull allergia alimentare, queste direttive sono state elaborate e progettate per allergologi e ricercatori clinici, professionisti nell area pediatrica, per medici di base, per dermatologi, per gastroenterologi, per specialisti in medicina d urgenza, per specialisti in terapia intensiva e rianimazione. Le linee guida si riferiscono a patologie definite come allergie alimentari, ed includono sia reazioni ad alimenti IgE mediate che non IgE mediate, ma non include la celiachia che rappresenta una reazione non IgE mediata a certi alimenti che contengono glutine (3, 4). In sintesi le linee guida hanno il compito di: 1) Fornire raccomandazioni concise per una vasta gamma di operatori sanitari su come diagnosticare le allergie alimentari, sulla gestione delle stesse, e su come trattare le reazioni acute ad alimenti. 2) Individuare le lacune nelle conoscenze scientifiche attuali le quali saranno poi affrontate attraverso ricerche future. 3) Individuare e fornire indicazioni su punti di controversia sulla gestione del paziente. Definizione di allergia alimentare e di allergeni alimentari Il termine allergia alimentare è usato per descrivere una reazione avversa determinata da un meccanismo immuno mediato, in un individuo suscettibile, in seguito all ingestione di uno specifico alimento (5). Da un punto di vista patogenico essa può essere divisa nelle forme IgE-mediata e non IgE-mediata, dove le prime rappresentano di gran lunga la principale causa delle reazioni avverse di tipo immediato, responsabili dei sintomi più gravi. La sensibilizzazione può avvenire primariamente nel tratto gastrointestinale in seguito all ingestione dell alimento incriminato (allergeni alimentari di classe I), oppure essere una sensibilizzazione secondaria legata all assunzione di cibi cross-reattivi con allergeni presenti in pollini, responsabili di una sensibilizzazione primaria attraverso le vie respiratorie (allergeni alimentari di classe II). La maggior parte degli allergeni di classe I sono stabili al calore e resistenti alla digestione proteolitica, mentre quelli di classe II sono facilmente degradabili. E stato suggerito, quindi, che i principali epitopi degli allergeni di classe I siano di tipo lineare, mentre quelli di classe II di tipo conformazionale (6). Per allergeni alimentari si intendono quei componenti specifici presenti nel cibo e negli alimenti (soprattutto proteine, ma a volte anche apteni chimici) che sono riconosciuti da cellule immunitarie specifiche, determinando reazioni allergiche con sintomi caratteristici (7). Alcuni allergeni (derivanti spesso da frutta e vegetali) determinano reazioni allergiche soprattutto se ingeriti crudi. Tuttavia alcuni cibi causano reazioni anche dopo cottura e dopo digestione. In alcuni casi gli allergeni, come è stato già detto, possono condividere somiglianza strutturale o di sequenza con altri allergeni, tra cui anche gli areo-allergeni, causato da fenomeni di crossreattività. Anche se molti alimenti e componenti alimentari sono stati riconosciuti come allergeni alimentari, le linee guida fanno riferimento solo a quei alimenti capaci di indurre reazioni allergiche ed immunitarie maggiori (8). Inoltre alimenti o componenti di tali che determinano eventi avversi ma non hanno un meccanismo immunologico alla base non sono considerati allergeni alimentari. Queste reazioni avverse non immunologiche vengono nominate come intolleranze alimentari. Ad esempio un soggetto può presentare allergia alle proteine del latte o intolleranza alla digestione del lattosio contenuto nel latte. Quindi le proteine del latte sono allergeni che innescano una reazione avversa immunologica, mentre l intolleranza al lattosio induce un richiamo di liquidi nel tratto intestinale interessato, determinando gonfiore addominale e diarrea, causata dalla sua non metabolizzazione. Le reazioni avverse agli alimenti possono essere suddivise in base al meccanismo alla base in : immunologiche o non immunologiche (figura 1). Le reazioni non immunologiche (intolleranze alimentari) possono includere disturbi metabolici (ad es.intolleranza al lattosio), farmacologici (ad es. nei confronti della caffeina), tossici, e o meccanismi ancora indefiniti. In alcune occasioni queste reazioni possono mimetizzare tipiche reazioni immunologiche, quindi occorre una giusta valutazione. Alla base di reazioni avverse ad alcuni additivi, coloranti e ad alcuni preservanti non è stato definito un meccanismo immunologico. I termini allergia e disturbi allergologici includono condizioni cliniche associate ad alterata reattività immunologica che può essere sia IgE mediata che non IgE mediata. Il termine ipersensibilità alimentare è utilizzato spesso per descrivere l allergia alimentare, ampiamente per descrivere reazioni agli alimenti incluso l intolleranza alimentare. Poiché alcuni individui possono sviluppare una sensibilizzazione immunologica (come evidenziato dalla presenza di IgE specifiche nei confronti di allergeni) ad allergeni alimentari senza presentare sintomi clinici in seguito all esposizione a tali alimenti, un allergia alimentare IgE mediata richiede sia la presenza di sensibilizzazione che lo sviluppo di specifici segni e sintomi quando esposti a determinati alimenti. Dunque la sensibilizzazione da sola non è sufficiente per definire una allergia alimentare. Una tappa cellulare importante nel processo di ipersensibilità immediata di tipo I è quella determinata dalle cellule Th2: esse ricevono il segnale dalle cellule presentanti l antigene (macrofagi e cellule dendritiche), dopo di che le Th2 si differenziano e producono varie citochine; quest ultime servono per attivare la produzione delle IgE da parte delle cellule B (fase di sensibilizzazione). A seconda del pattern citochinico presente e del modo in cui l antigene viene presentato, le cellule originarie indifferenziate T-helper null (Th 0) si trasformeranno in Th1 o Th2. Le cellule Th1 secernono principalmente IL-2, TNF-β, INF-γ e GM-CSF. Esse sono in grado di scatenare attraverso lì attivazione dei macrofagi un esteso processo infiammatorio che è a sua volta in grado di determinare la morte di patogeni intracellulari. Le cellule Th2 secernono soprattutto IL-4 e IL-5 (e anche IL-3, il-6, IL-7, IL-8, IL-10 e IL-14) e attivano le cellule B a produrre anticorpi. Entrambi i sottogruppi Th sono in grado di inibire l attivazione degli altri gruppi utilizzando le proprie citochine. Quindi INF-γ causa un inibizione delle cellule Th2, mentre IL-10 impedisce l attivazione dei macrofagi e determina una marcata immunosoppressione. D altra parte determinate citochine hanno un effetto stimolante sulla sottopopolazione da cui vengono prodotte. IL-2 agisce su Th1, IL-4 su Th2. Le cellule Th2 tramite l interazione tra il ligando CD40 e il CD40 presente sul lifocita B, determina il rilascio di IL-4, IL-13 e di recettori solubili di IL-4 (IL-4 R). IL-4 porta alla differenziazione delle cellule B in plasmacellule producenti IgG1 e IgE, mentre IL-13 induce la formazione di anticorpi IgG4 e IgE. All interno della sottopopolazione di cellule T CD4+, sono state distinte tre classi di cellule Tregs: Tregs secernenti TGF-β- (Th3) Tregs che producono IL-10 di tipo 1 (Tr1) e Tregs CD4 +, CD25 + naturali (n Tregs). Tr1 e Th3 funzionano attraverso le citochine immunosoppressive IL-10 e TGF-β, rispettivamente. ntregs hanno attività immunosoppressiva che è più probabile mediata da diretto contatto cellula cellula. In un soggetto con : 1) Predisposizione atopica 2) Carenza di IgA secretorie 3) Immaturità del sistema di difesa intestinale 4) Alterazione della barriera intestinale per azione di virus, tossine e FANS

2 5) Vasodilatazione da alcolici o lassativi ad azione irritante Può verificarsi un eccessivo assorbimento di molecole alimentari che saltano la pro cessazione epiteliale e promuovono la sensibilizzazione (9). Anche se l allergia alimentare è spesso causata da una reazione ad alimenti IgE mediata, viene considerato in letteratura rilevante le reazioni immunologiche ma non IgE mediate (incluse le enteropatie indotte da proteine presenti negli alimenti, esacerbazioni di eosinofilia per disordini gastrointestinali - esofagiti, enteriti, coliti e proctiti - e dermatiti allergiche da contatto indotto da alimenti). In queste condizioni la sensibilizzazione alle proteine alimentari non può essere dimostrata sulla base delle IgE. La diagnosi di allergia alimentare non IgE mediata si basa sull evidenza di segni e sintomi evidenziati dopo l esposizione a determinati alimenti, la risoluzione di tali evidenze cliniche evitando l alimento in questione, e molto spesso si può richiedere l esame istologico del tratto gastrointestinale interessato che metterà in evidenza l infiammazione eosinofila alla base del processo immunologico. Generalmente le linee guida utilizzano il termine tolleranza per indicare quella condizione in cui, un individuo, ha naturalmente un allergia alimentare cospicua poi ricevendo terapia adeguata non presenta più sintomi clinici in seguito all ingestione dell alimento. Questa tolleranza non è in grado di distinguere due possibili stati clinici. Un individuo può essere tollerante solo per un breve periodo, forse perché si è desensibilizzato nei confronti dell alimento. Diversamente alcuni individui possono diventare tolleranti per un periodo di tempo più lungo. Il meccanismo immunologico alla base di questi due stati può essere distinto. Le linee giuda utilizzano, dunque, il termine tolleranza solamente quando l individuo è immunologicamente e clinicamente tollerante all alimento. Tolleranza è attualmente una definizione clinica ma non immunologica poiché in quest ultimo caso non è stato completamente definita. Infine per tolleranza si intende che l individuo è privo di sintomi per settimane, mesi ed anni dopo la cessazione del trattamento e o dopo ingestione regolare dell alimento. Manifestazioni cliniche Le principali sindromi cliniche che possono verificarsi in caso di allergie alimentari sono: 1) Anafilassi indotta da alimenti: è una reazione sistemic, IgE mediata, a rapida insorgenza, potenzialmente fatale, in cui l individuo affetto presenta shock cardiocircolatorio, compromissione respiratoria con laringospasmo e bronco costrizione (10-11). 2) Disturbi gastrointestinali indotti da allergia alimentare: includono uno spettro di disordini derivanti da diverse risposte immunologiche ad antigeni presenti nel cibo. Anche se ci possono essere significative sovrapposizioni tra le varie condizioni, le principali sono: A) Ipersensibilita gastrointestnale immediata: fa riferimento ad allergie alimentare, IgE mediate, che possono interessare sia il tratto gastrointestinale superiore, i cui sintomi possono verificarsi entro pochi minuti, che il tratto gastrointestinale inferiore i cui sintomi possono essere sia immediati che ritardati di qualche ora (12-13). Reazioni viste comunemente nell anafilassi Tra i sintomi gastrointestinali il vomito è il principale. B) Esofagite eosinofila: questa condizione è caratterizzata da un infiammazione eosinofila localizzata all esofago (14-15). E frequentemente associata alla presenza di IgE specifiche, il cui ruolo non è stato ancora ben definito. Entrambi i meccanismi sia IgE mediata che non IgE mediata sembrano coinvolti, la non ingestione del alimento incriminato rappresenta spesso l unica risoluzione, visto che non spesso si può far affidamento al dosaggio delle IgE specifiche (RAST). In età pediatrica l esofagite è responsabile di disturbi alimentari, dell insorgenza di vomito, del reflusso gastrointestinale, di dolori addominali. Mentre negli adolescenti e negli adulti si presenta spesso con disfagia. C) Gastroenterite eosinofila: causata anche essa sia da un meccanismo IgE mediata che non IgE mediata (13). La gastroenterite eosinofila descrive una costellazione di sintomi che dipendono dal tratto intestinale interessato e dall infiltrazione eosinofila che può essere localizzata o estesa. D) Proctite o proctocolite proteina indotta: tipicamente presente in età pediatrica in pazienti apparentemente in buon salute sono visibili macchie o strisce di sangue misto a muco nelle feci (13). Generalmente le IgE specifiche sono assenti. La mancanza di sintomi sistemici, vomito, diarrea e di deficit di crescita aiuta a differenziare questo quadro clinico da altri come allergie alimentari con particolare interesse del tratto gastrointestinale che presentano questo patternes di sintomi. Poiché non ci son test laboratoristici diagnostici, molto spesso per alcuni alimenti (come il latte vaccino o la soia) il ruolo patogenico, può essere dedotto facendo attenzione a scorgere particolari sintomi dopo l esposizione. Molti neonati possono presentare questi sintomi anche durante l allattamento, difatti è necessario che anche la madre sospenda temporaneamente l ingestione del latte e derivati. E) Sindrome enterocolica proteina indotta: disordine non IgE mediata che si presenta in età pediatrica con vomito e diarrea abbastanza grave da determinare disidratazione e shock (13-16). Anche in questo caso i principali alimenti incriminati sono il latte vaccino e la soia, tuttavia alcuni studi includono anche il riso, e alcuni cereali come il grano. Una condizione simile è presente anche tra gli adulti, in questo caso un ruolo è svolto da crostacei, molluschi. F) Sindrome orale allergica (OAS) : condizione associata molto spesso all allergia ai pollini, è una forma allergica localizzata IgE mediata (confinata alle labbra, bocca e gola), determinata da frutta, pesce e vegetali. I sintomi includono prurito e formicolio alle labbra, al palato, alla gola, con o senza edema. 3) Reazioni cutanee Le manifestazioni cutanee sono le principali manifestazioni presenti nelle allergie alimentari che includono reazioni IgE mediate (come l orticaria, l angioedema, prurito, rossore), cellula mediata (come la dermatite da contatto, la dermatite erpetiforme), e reazioni sia cellula meditata che IgE mediata (come la dermatite atopica). Includono: A) Orticaria acuta: è una comune manifestazione dell allergia ad alimenti, che ha un meccanismo patologico IgE mediata. Anche se l allergia alimentare non è la principale causa dell orticaria acuta e raramente causa l orticaria cronica (17). Le lesioni compaiono rapidamente dopo l ingestione dell alimento incriminato ed appaiono polimorfiche, pomfi pruriginosi di forma rotonda o irregolare, con dimensioni che vanno da pochi millimetri a qualche centimetro. B) ANGIOEDEMA: spesso si accompagna all orticaria, è tipicamente IgE mediata. E caratterizzata dall assenza di prurito, da un gonfiore, ben definito, edematoso, che involve nei tessuti sottocutanei (al viso, alle mani, sulle natiche, sui genitali), negli organi addominali, o nelle vie aeree superiori (17). L angioedema laringeo è un emergenza medica che richiede una pronta valutazione. C) Dermatite atopica / eczema atopico: è una condizione che è connessa ad una complessa iterazione tra la disfunzione della barriera cutanea e fattori ambientali, irritanti, microbi ed allergeni (18). E stata riscontrata in questa patologia una mutazione della filaggrina, proteina della barriera cutanea, che può incrementare il rischio di una sensibilizzazione transcutanea ad allergeni (19-20). Il ruolo dell allergia alimentare nella patogenesi della dermatite atopica rimane controverso (21). Tuttavia nei pazienti sensibilizzati, soprattutto neonati e bambini, l allergia alimentare può indurre lesioni orticarioidi, eczema, rossore, prurito che possono aggravare la dermatite atopica (17). D) Dermatite allergica da contatto: è forma di eczema causato da una reazione cellula medita, da parte di apteni chimici presenti in alcuni alimenti, negli additivi, composti naturali come il mango (22). Le manifestazioni cliniche sono principalmente prurito, eritema, papule, vescicole, ed edema. E) Orticaria da contatto: può essere causata sia da un meccanismo immunologico (reazioni IgE mediata causata da proteine) che da un meccanismo non immunologico (causata da sostanze che rilasciano direttamente istamina). 4) Manifestazioni respiratorie Le manifestazioni respiratorie, IgE mediate, associate ad allergia alimentare si verificano di frequente durante reazioni allergiche sistemiche e sono un importante indicatore di grave anafilassi (23). Tuttavia l allergia alimentare causa raramente sintomi respiratori isolati come la rinite allergica e l asma. La sindrome di Heiner (malattia polmonare latte indotta in infanti) è una rara patologia, che si manifesta nei neonati e nei bambini più piccoli in seguito all ingestione di latte. E caratterizzata da sintomi respiratori cronici e ricorrenti, con maggior interesse alle basse vie respiratorie, associata a (24-25) : 1) infiltrati polmonari (confermati al RX) 2) sintomi dell apparato respiratorio superiore 3) emottisi 4) sintomi GI 5) scarso accrescimento 6) sideropenia Tale sindrome non è associata a un meccanismo IgE mediato ma dalla precipitazioni di anticorpi con le frazioni proteiche del latte. Spesso è presente eosinofilia periferica, carenza di ferro, e in alcuni casi alla biopsia polmonare si riscontrano depositi di immunoglobuline e di C3. L eliminazione del latte dalla dieta si associa a un marcato miglioramento nel arco di alcune settimane (25). L immunopatogenesi è poco chiara, ma si ipotizza che sia determinata da immunocompessi che determinano una vasculite alveolare. Nei casi più severi l emorragia alveolare determina emosiderosi polmonare (ph), che dovrebbe essere sospettata in presenza di anemia o di emottisi ed è confermato con la dimostrazione di macrofagi ferro-carichi (ILM) nel lavaggio bronco alveolare (BAL), nel lavaggio gastrico e nella biopsia polmonare. In questo disturbo non ci sono prove di un coinvolgimento di IgE specifiche per il latte. Si comprende, dunque come una accurata diagnosi delle allergie alimentari, e in particolare di quelle IgE mediate, è essenziale al fine di suggerire il comportamento dietetico atto a prevenire l insorgenza di reazioni allergiche, che in alcuni casi possono essere anche fatali. Oggi si ha la possibilità di avere a disposizione una serie di test in vivo o in vitro atti a valutare le IgE specifiche verso un possibile allergene alimentare. Essi, però, spesso difettano in sensibilità, e ciò in quanto gli estratti commerciali non sono tandardizzati e il loro contenuto, relativamente alle molecole allergeniche, può variare in base alle caratteristiche della fonte dell estratto, dei processi di estrazione, urificazione e conservazione; ma soprattutto difettano in specificità, in quanto spesso non in grado di distinguere tra presenza di reattività IgE associata a manifestazioni cliniche e quella non associata a manifestazioni cliniche. Per tale motivo il DBPCFC rimane ancora il gold standard nelle diagnostica delle allergie alimentari, il quale, comunque, oltre al rischio di provocare reazioni gravi, è indaginoso e necessita di strutture adeguate per l esecuzione. La possibilità di disporre di test quantitativi per le IgE specifiche ha senz altro rappresentato un passo in avanti, permettendo di stabilire livelli di predittività per vari allergeni, cioè livelli soglia sopra i quali si ha una probabilità di positività al DBPCFC del 95%, come dimostrato dagli studi di Sampson (33). Tale approccio, però, non è sempre facilmente realizzabile, dal momento che i livelli sono metodo dipendente e in letteratura sono riportati dati solo per pochi allergeni. Ogni centro, quindi dovrebbe farsi i propri valori, ma, se ciò è possibile per le allergie più comuni, è praticamente impossibile per quelle dovute ad allergeni più rari. I progressi nel campo della biologia molecolare, hanno permesso, a partire dalla fine degli anni 80, di identificare, clonare e produrre, sotto forma di proteine ricombinanti, una vasta gamma di molecole allergizzanti e fra queste quelle responsabili di molte allergie alimentari. L uso di allergeni ricombinanti (o nativi altamente purificati) al posto degli estratti allergenici rappresenta una notevole

3 conquista in allergologia, per diverse motivazioni. La prima è la possibilità di superare uno degli scogli più importanti legati all uso di estratti allergenici, ossia quello della standardizzazione, la seconda è che permette di identificare il profilo allergenico di ciascun paziente (Component Resolved Diagnosis). Ciò non rappresenta solo un affinamento diagnostico, ma ha notevoli ripercussioni sulla predittività del rischio clinico. Attualmente sono disponibili, sia sul sistema ImmunoCAP (Phadia Diagnostics, Uppsala, SW) che su microarray, numerose molecole responsabili di allergie alimentari. Prevalenza ed epidemiologia dell allergia alimentare La reale incidenza dell allergia alimentare è complessa da stabilire per diverse motivazioni. Anche se più di 170 prodotti alimentari sono stati segnalati per causare reazioni IgE mediate, tuttavia i principali studi sono focalizzati solo su alcuni principali allergeni alimentari. Nel tempo ci sono stati cambiamenti nell incidenza e nella prevalenza delle allergie alimentari, e molti studi hanno infatti suggerito un aumento reale dell incidenza negli ultimi 20 anni (26-27). Studi sull incidenza, sulla prevalenza, e sulla storia naturale dell allergia alimentare sono difficilmente comparabili a causa di incongruenze e carenze nel disegno dello studio e per variazioni nella definizione di allergia alimentare. Le linee guida si basano su studi che, in modo critico, analizzano le differenze diagnostiche. Studi provenienti dal Canada e dagli Stati Uniti, ma anche da altri paesi sono al centro di questa relazione. Revisioni sistematiche della prevalenza delle allergie alimentari Due meta-analisi sulla prevalenza dell allergia alimentare sono state recentemente pubblicate: lo studio di Rona et al. che include i dati provenienti da 51 pubblicazioni, prevede analisi separate per la prevalenza dell allergia alimentare per 5 alimenti, come il latte, uova, arachide, pesce e crostacei (28-29). Come illustrato nella tabella 1, i ricercatori hanno riscontrato una prevalenza globale, sia in età adulta che pediatrica, del % per qualsiasi di questi cinque prodotti alimentari. Tale valore scende al 3% quando i sintomi auto-riferiti vengono confrontati con un challenge in doppio cieco, controllato contro placebo (DBPCFC). Questi dati sottolineano il fatto che le allergie alimentari sono sovrastimate dai pazienti, e che sono necessarie misurazioni obiettive per stabilire una reale diagnosi di allergia alimentare. Per questi specifici alimenti i risultati mostrano una prevalenza alta per il latte vaccino (3% solo con sintomi, 0.6 % con sintomi e positività al prick test, e 0.9% con sintomi e studi placebo alimento controllato). La meta-analisi di Zuidmeer et al. (29), che include i dati provenienti da 33 pubblicazioni, valuta la prevalenza per questi seguenti prodotti alimentari: frutta, verdura, legumi, noci, grano, soia. I risultati, riassunti nella tabella 1.1, dimostrano che la prevalenza dell allergia per gli alimenti poc anzi nominati è generalmente più bassa rispetto a quelli della tabella 1. Ancora una volta la prevalenza dell allergia risultava più elevata nelle auto segnalazioni che nella valutazione obiettiva. Due ulteriori studi (1-32 da modificare) hanno fornito i dati sulla prevalenza negli Stati Uniti della allergia alimentare. I dati ottenuti dal National Health Interview Survey del 2007 e dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC) hanno rilevato che circa 3 milioni di bambini sotto i 18 anni (3, 9 %) hanno riportato un allergia alimentare nei 12 mesi precedenti. Inoltre, dal 2004 al 2006, si ha riscontrato un incremento da circa a dimissioni ospedaliere annue di bambini sotto i 18 anni con diagnosi di allergia alimentare. L allergia alimentare ha la più alta prevalenza nei primissimi anni di vita; affligge circa il 6% dei bambini in età inferiore ai tre anni. Questa tende a diminuire con l età, raggiungendo a 10 anni di età l incidenza che si riscontra negli adulti.nei bambini più piccoli gli alimenti che causano maggiormente l allergia alimentare, sono: 1) Il latte vaccino (2, 5%), 2) L uovo (1, 3%), 3) Le arachidi (0, 8%), 4) La soia (0, 8%), 5) Il pesce (0, 1%) e 6) I crostacei (0, 1 %) (30) Le forme dovute al latte, uova e soia nell 80% dei casi si risolvono con l età scolare. Al contrario le allergie agli arachidi, noccioline e pesce sono considerate permanenti; il 20% dei bambini con queste allergie ha una risoluzione in 5 anni, anche se recidive sono sempre possibili. Principali molecole responsabili di allergie alimentari IgE mediate Nomenclatura IUIS OMS per gli allergeni (International Union of Immunological Societes-Sottocomitato WHO). L organizzazione Mondiale della sanità ha messo a punto un documento nel 1995 (31) in cui viene indicata la nomenclatura degli allergeni. Gli allergeni sono denominati secondo il nome tassonomico dell organismo da cui derivano e riportano in sequenza: tre lettere di cui la prima, maiuscola, indicante il genere, una lettera minuscola che definisce la specie e un numero che definisce l ordine successivo di identificazione dell allergene. Ad esempio, nel caso degli allergeni dell arachide (Ara h 1) Ara indica il genere, h la specie, 1 il numero progressivo di isolamento. Tipi di allergeni e fenotipi Gli allergeni si distinguono in genuini e in panaallergeni. I primi sono proteine contenenti una ben definita sorgente allergenica e quella tassonomicamente strettamente correlata (ad esempio l Ole e 1, allergene del polline dell olivo, il Phl p 1 e Phl p 5 che rappresentano i markers dei pollini di graminacee (91), il Der p1, il Der p2, Der f1, Der f2, allergeni dell acaro della polvere, etc.). I panallergeni sono proteine che condividono fra loro una elevata similarità, anche se non sono perfettamente identiche fra loro. Essi sono presenti in differenti famiglie botaniche o zoologiche, tassonomicamente correlate e non (32). La distribuzione dei panallergeni è più ampia di quella degli allergeni genuini, il che spiega perché non sono sempre riconosciuti in maniera uniforme dalle IgE nell 100 % dei pazienti ad essi sensibilizzati. I gruppi più importanti di panallergeni sono riportati in tab 1. Reattività crociate Si verificano quando due o più allergeni condividono gli epitopi o, in qualche caso hanno epitopi molto simili e, pertanto si legano agli stessi anticorpi IgE. I pazienti sensibilizzati ad un allergene possono, quindi, reagire ad un altro molto simile, senza aver avuto una precedente esposizione e sensibilizzazione. Tali cross reazioni sono prevalentemente responsabili di sintomi gastrointestinali e della Sindrome Orale Allergica. Molecole associate ad allergie a cibi di origine vegetale 1) Omologhi di Bet v 1 La quasi totalità dei pazienti affetti da allergia ai pollini di betulla presenta una reattività verso Bet v 1, molecola appartenente alle Pathogenesis related protein (PR) -10. Omologhi di tale proteina si trovano in molti alimenti di origine vegetale che includono le Rosaceae (mela, Mal d 1; pesca, Pru p 1; ciliegia, Pru av 1; albicocca, Pru or 1; etc), le Apiaceae (edano, Api g 1; carota, Dau c 1; etc), la soia (Gly m 4), l arachide (Ara h 8), il kiwi (Act d 8), la nocciola (Cor a 1). Gli omologhi di Bet v 1 sono labili e facilmente distrutti dal calore e dalla digestione peptica (34) e per tale motivo i cibi che li contengono possono essere assunti se cotti o sotto forma di succo di frutta. In genere la sintomatologia legata a tale sensibilizzazione è limitata alla Sindrome Orale Allergica (SOA). 2) Profilina La profilina è una molecola di PM di circa 15 kda, presente in tutte le cellule eucariote e altamente cross reattiva. Pazienti sensibilizzati a tale molecola (Bet v 2, betulla; Phl p 12, logliarello; Ol e 2, olivo ; etc), presentano reattività cutanea verso praticamente tutti i pollini, nonché presenza di IgE verso un largo numero di alimenti vegetali quali le Apiaceae, Rosaceae, nocciola, pomodoro, agrumi, melone, anguria, banana, zucchine, etc (35). Le profiline sono anch esse facilmente disrtutte dai succhi gastrici, ma in genere sono più stabili al calore rispetto a Bet v 1. Per quanto riguarda il riscontro clinico la sensibilizzazione alla profillina si traduce nella SOA. 3) Lipid Transfer Proteins Le Lipid Transfer Proteins (LTP) sono piccole molecole di 9-10 kda, stabili al calore e alla digestione peptica, appartenenti alle PR-14 (36). Inizialmente sono state identificate come allergene nelle Rosaceae (pesca, Pru p 3; mela, Mal d 3; prugna, Pru d 3; albicocca, Pru or 3, etc) tuttavia molecole con alta omologia a quelle contenute nelle Rosaceae, sono state poi identificate anche in specie botaniche non correlate (nocciola, Cor a 8; castagna, Cas a 8; noce Jug r 3; pomodoro, Lyc e 3; grano, Tri a 14; mais, Zea m 4; uva, Vit v 1). Per la loro resistenza al calore e alla digestione peptica esse a differenza delle PR-10, possono associarsi a manifestazioni cliniche rilevanti e la via di sensibilizzazione primaria è quella intestinale. In Italia ed al Sud Europa l alimento attraverso cui avviene la sensibilizzazione è la pesca, anche se si possono manifestare reazioni sistemiche anche dopo ingestione di alimenti appartenenti a specie botaniche non strettamente correlate quali, noci, nocciole, castagna, mais, orzo, uva, arachidi, senape, pomodoro, riso. Asero e collaboratori hanno dimostrato che in questo caso il livello di Pru p 3 (LTP della pesca) è in genere elevato (37). 4) 2S Albumine Le 2S albumine sono piccole proteine globulari eterodimere di deposito costituite da due subunità legate da ponti disolfuro. Esse sono molto stabili e rappresentano uno degli allergeni maggiori della noce brasiliana (Ber e1), della noce (Jug r 1), dell anacardio (Ana o 3), della senape (Sin a 1), del sesamo (Ses i 1), del seme di girasole, nonché dell arachide (Ara h2, h6, h7) e della nocciola. La comparazione delle sequenze aminoacidiche delle 2S albumine hanno evidenziato identità del 48% tra Ber e 1 e Jug r 1, e dal 34% a oltre 52% tra Ber e 1 e 2S albumine di altre piante (38-39), tuttavia è ancora poco conosciuta la cross reattività clinica. Sono state, comunque, descritte cross-reattività tra sesamo e semi di papavero (40), tra semi di girasole e senape (41), tra noce e nocciola (42). Sono state descritte manifestazioni severe nei soggetti sensibilizzati. 5) Vicilin like e legumin like proteins (Cupine) Alla categoria Vicilin like appartengono gli allergeni maggiori dell arachde (Ara h 1), della nocciola (Cor a 11) della noce (Jug r 2), dell anacardio (Ana o 1), del sesamo (Ses i 3), della lenticchia (Len c 1), mentre a quelle delle Legumin-like appartengono alcuni allergeni dell arachide (Ara h 3), della nocciola (Cor a 9) dell anacardio (Ana o 2), della noce (JUG R 4). Tali proteine sono estremamente resistenti al calore e alla digestione peptica e nel caso dell Ara h 1 è stato dimostrato che le arachidi cotte al forno hanno un contenuto di tale molecola di 22 volte superiore a quella dell arachide non cotta (43). Pazienti affetti da sensibilizzazione a tali molecole possono manifestare reazioni molto gravi. Cross reattività cliniche sono state dimostrate tra arachide, lenticchia, piselli e lupino, mentre è infrequente le cross reattività tra arachidi e noci (44-45). 6) Thaumatin like proteins Le Thaumatin like proteins (TPL) sono molecole di 30kDa appartenenti alle PR-5. Sono state identificate come allergeni in molti tipi di frutta (pesca, Pru p 2; mela Mal d 2; kiwi, Act d 2; ciliegia, Prua v 2; uva, Vit v TLP). Non è ancora ben conosciuto il

4 ruolo clinico della sensibilizzazione a tali molecole, visto che sono rare le monosensibilizzazioni. Nonostante, si tratti di molecole resistenti all azione delle proteasi e al calore, i pazienti con taki sensibilizzazioni sembrano presentare solo SOA (37). Molecole associate ad allergie a cibi di origine animale 1) Proteine del latte bovino Il latte bovino contiene oltre 40 proteine, molte delle quali possono essere allergeniche. L 80% di esse è rappresentato dalla caseina (Bos d 8), mentre il restante 20 % è rappresentato dalle siero proteine, fra cui le principali sono la β-lattoglobulina (Bos d 5) (10%), la α -lattoalbumina (Bos d 4) (5%), le immunoglobuline (Bos d 7) (3%), la albumina serica bovina (BSA) (Bos d 6) (1%), la lattoferrina (presente in tracce). Caseina, β-lattoglobulina, e la α-lattoalbumina sono ritenuti gli allergeni maggiori del latte, anche se altre proteine presenti in quantità minori, quali immunoglobuline, lattoferrina e BSA rivestono un ruolo importante in quanto dal 35% al 50% dei soggetti con allergia al latte presentano una sensibilizzazione verso tali molecole e, in una percentuale di casi, sono le uniche molecole verso le quali è presente risposta IgE (46). La caseina (Bos d 8) comprende una famiglia di proteine, delle quali le più importanti sono alfa S1, alfa S3-, beta -, kappa -e gamma-caseina, le quali concorrono a formare le micelle di caseina, dove la parte più interna è idrofobica e quella esterna idrofilica. Le proteine della caseina sono degradate dalle digestione proteolitica, ma sono altamente resistenti al calore e quindi ai processi di pastorizzazione o di ebollizione e ciò è dovuto al fatto che i principali epitopi sono lineari e non conformazionali. Rappresenta uno dei maggiori allergeni del latte e dei suoi derivati, ed è anche un potenziale allergene nascosto in molti preparati visto che caseina e caseinati sono molto utilizzati nell industria alimentare come additivo in salse, zuppe, stufati, condimenti per insalate, glasse per prodotti da forno, etc. Esiste un alto tasso di cross reattività tra latte di mucca e latte di capra e pecora, in particolare delle α-caseine (47) che presentano omologie superiori all 85%. La α-lattoalbumina (Bos d 4) è una proteina di 14, 2 kda, monometrica, globulare e legante il calcio, la quale presenta due domini strutturali, alfa e beta. E la principale proteina presente nel latte materno e, oltre ad essere la principale fonte proteica per il lattante, è una subunità della lattosio-sintetasi e alcuni suoi prodotti di digestione sembrano rivestire importanza nella maturazione del sistema immunitario. Gli epitopi sono conformazionali, anche se in alcuni pazienti è stata riportata capacità legante le IgE dopo digestione con triptasi, suggerendo un possibile ruolo anche di epitopi lineari (48). La α lattoalbumina è scarsamente resistente al calore. La β lattoglobulina (Bos d 5) è una proteina di 18 kda che nel latte si trova sotto forma di dimero di 36 kda il quale interagisce con la caseina durante i processi di trattamento al calore. E una proteina relativamente resistente all idrolisi acida e alle proteasi intestinali, appartenete alla famiglia delle lipocaline alle quali appartengono altri allergeni animali, quali la proteina urinaria maggiore del topo (Mus m 1), l allergene principale del cavallo (Equ c 1) e uno degli allergeni della Blatella (Bla g 4) (49). Tale proteina non è presente nel latte della specie umana, ma può essere ancora presente nelle formule parzialmente idrolizzate. Studi relativi alla reattività IgE verso tale molecola hanno dimostrato come ci siano parecchi epitopi antigenici, almeno tre dei quali rappresentano gli epitopi immunodominanti. In genere essi sono di tipo lineare, rappresentati in alcuni casi da sequenze brevi e in altri da sequenze più lunghe (50). Il calore modifica l allergenicità della molecola in dipendenza dal grado di riscaldamento. In genere la pastorizzazione non è in grado di inibire l allergenicità. In alcuni casi è stata descritta la comparsa di nuovi siti allergenici dopo trattamento al calore dovuti o allo smascheramento di siti nascosti nella molecola nativa o alla presenza di nuovi epitopi legati alla reazione chimica con altre molecole presenti nell alimento (51). La capacità di legare le IgE, appare infine decisamente ridotta in alcuni derivati del latte acidificati, come lo yogurt (52). Una cross-reattività relativa a Bos d 5 è stata dimostrata tra il latte di renna e il latte bovino (53). La BSA (Bos d 6) è una proteina di 67 kda, labile al calore che rappresenta uno degli allergeni maggiori della carne di manzo e uno degli allergeni minori del latte vaccino. Esiste un alta cross-reattività tra BSA del latte vaccino e le albumine ovine, suine, caprine, e del cervo, mentre essa è decisamente più bassa con albumine del cavallo, coniglio e pollo. Anche albumine presenti nell epitelio del cane (Can f 3) e gatto (Fel d 2) possono cross reagire con BSA. E stato quindi suggerito che pazienti allergici al latte con sensibilizzazione a BSA è opportuno che evitino l assunzione di carni crude, nonché di tenere in casa cani e gatti (54). La lattoferrina (Bos d lattoferrina) è una glicoproteina legante il ferro di 76 kda, la quale ha un ampio spettro di azioni anti-infettive e anti-nfiammatorie e rappresenta una componente fondamentale delle difese mucosali; per questo è particolarmente concentrata nel colostro. E parzialmente termostabile e resistente alla digestione proteasica. 2) Proteine dell uovo Le molecole responsabile dell allergia all uovo si trovano localizzate nell albume, anche se sono stati descritti alcuni casi di reazioni a molecole presenti nel tuorlo. Il 55% del bianco d uovo è composto di ovalbumina, ma altre molecole quali la con albumina (ovotrasferrina) (12%), l ovomucoide (11%), l ovomucina (3.5%) e il lisozima (3.5%) sono presenti in quantità significative. La molecola più frequente causa di sensibilizzazione è rappresentata, secondo un studio condotto da Aabin e coll. (55), dalla con albumina (53%), seguita dall ovomucoide (38%), dalla ovalbumina (32%) e dal lisozima (15 %). Esiste comunque un cross reattività tra con albumina, ovomucoide e lisozima e tra ovalbumina e apovitellina I, una proteina del tuorlo. Tuttavia va comunque tenuto presente che alcuni studi possono essere inficiati dal fatto che alcune preparazioni commerciali di proteine allergeniche del bianco d uovo possono essere contaminate da tracce di altre proteine, a causa di una non ottimale purificazione. L ovomucoide (Gal d 1), uno degli allergeni maggiori è una proteine altamente glicosilata di 28 kda, i cui epitopi antigenici sono prevalentemente conformazionali. Tale molecola è resistente al calore (100 C per 1 ora), all urea e alle proteasi digestive e ciò è ancora più infondato visto che negli infanti la scarsa secrezione peptica e il ph più elevato rende scarsamente digeribile la molecola (l intevallo di ph ottimale per la digestione della molecola è tra 1, 5 e 2, 5) (56). Per questo l ovomucoide in soggetti sensibilizzati, può scatenare reazioni anche gravi sia ingerendo uovo cotto che crudo. La sensibilizzazione può avvenire sia per ingestione, che per inalazione o contatto cutaneo. Nei 2/3 dei casi in cui l allergia si presenta nella prima infanzia scompare con la crescita. Molti studi condotti per valutare il ruolo predittivo delle sensibilizzazioni alle varie molecole allergizzanti dell uovo hanno evidenziato come la persistenza di alti valori di IgE spacifiche verso l ovomucoide siano predittivi della persistenza dell allergia, anche se ciò non è vero in termini assoluti. Studi più recenti (57), utilizzanti la SPOT membrane technology o il peptide microarray, hanno evidenziato come i soggetti con persistenza dell allergia abbiano le IgE rivolte verso alcuni epitopi selettivi della molecola, ma tali metodologie non sono ancora disponibili nella pratica clinica. L ovoalbumina (Gal d 2) è una fosfoglicoproteina di 44 kda, la quale, sebbene sia termo-stabile, sembra perdere una buona parte della sua allergenicità, dopo trattamento al calore. Tale proteina è ben digerita dagli enzimi peptici a ph 1, 5-2, 5, ma molto meno a ph superiori, per cui si ritiene, analogamente a quanto avviene per l ovomucoide, che una ritardata maturazione delle funzioni gastriche possa essere una delle cause della persistenza della sintomatologia all allergia all uovo nell infanzia (56). L ovotrasferrina (Conalbumina Gal d 3) è una glicoproteina di kda che, oltre nell albume, si può trovare nel tuorlo e nel plasma, anche se tra le molecole derivanti dalle tre diverse fonti ci sono alcune differenze nella sequenza aminoacidica e nella glicosilazione. Solo una parziale cross-reattività esiste tra siero albumina di pollo e conalbumina. Il trattamento con calore diminuisce di molto l allergenicità della molecola (58). Il lisozima (Gal d 4) è una piccola molecola di 14 kda, la quale resiste al trattamento al calore a 80 C per due minuti, anche se può essere inattivata a temperature più basse a ph elevati. Esso rappresenta un allergene minore dell uovo, ma, dal momento che viene aggiunto come additivo in alcuni cibi (allergene nascosto) (59), può essere causa di reazioni avverse in soggetti sensibilizzati. Può essere causa di sensibilizzazione anche in addetti dell industria alimentare o farmaceutica dove vengono prodotte preaparazioni contenenti il lisozima (60). 3) Molecole responsabili dell allergia al pesce L allergene maggiore del pesce è la parvalbumina, una molecola legante il calcio di 12 kda, contenuta nei muscoli, presente in forma omologa in tutti i tipi di pesce. E una proteina termoresistente e gastroresistente. La parvalbumina della carpa (Cyp c 1) presenta il 70% degli epitopi della parvalbumina del merluzzo (Gad c1), del tonno e del salmone (Sal s 1). La parvalbumina della carpa è stata dimostrata reagire con IgE di oltre il 95% dei soggetti allergici al pesce (61), dimostrando come essa sia un ottimo marcatore di tale allergia. E stato dimostrato come la parvalbumina dei pesci e nello specifico del merluzzo (Gad c 1), condivida alcuni epitopi leganti IgE con quelli della rana e ciò spiega alcuni casi di ipersensibilizzazione contemporanea a pesci e rana. Studi RAST inibizione hanno dimostrato come, in questi casi, la sensibilizzazione primaria avvenga con la parvalbumina del pesce (62). 4) Molecole responsabili dell allergia ai crostacei L allergia a crostacei è una delle più comuni allergie alimentari negli adulti ed è spesso associata a reazioni severe. L allergene maggiore di tale allergia è la tropomiosina, una molecola di kda, altamente conservata, stabile al calore e alla digestione, la quale costituisce sino al 20% delle proteine totali della parte edibile del crostaceo. Oltre che essere un importante allergene dei crostacei, quali gamberetti (Pen a 1), aragosta (Pan s 1, Hom a 1), granchio (Cha f 1), la tropomiosina è un allergene anche di vari molluschi quali il calamaro (Tod p 1), la lumaca (Tur c 1), l ostrica (Cra g 1) e altri invertebrati, quali il Dermatophagoides pteronissinus (Der p 10), lo scarafaggio (Per a 7, Bla g 7). La tropomiosina, quindi, può essere considerata un panaallergene degli invertebrati, con alto grado di omologia e quindi di cross-reattività fra le varie specie (63). Le tropo miosine dei vertebrati, al contrario, sono molecole virtualmente prive di capacità allergenica. Se la tropomiosina sembra essere la causa della maggior parte delle reazioni allergiche ai crostacei, una quota di pazienti con reazioni allergiche dopo l ingestione di tali alimneti, non presentano IgE rivolte verso la tropomiosina. Di recente sono state individuate almeno altre due molecole allergeniche, una delle quali è l arginin-kinasi (Pen m 2) (64) e un altra è una proteina di 20 kda, identificata come la catena leggera della miosina e codificata come Lit v 3 (65). Quest ultima è stata dimostrata avere cross-reattività con molecole omologhe contenute nella Blatella germanica e negli acari (65-66). Esempi di algoritmi diagnostici utilizzanti la CRD Dopo aver descritto le caratteristiche delle principali molecole allergeniche responsabili delle reazioni avverse ad alimenti, ecco alcuni esempi del loro utilizzo nella pratica clinica, sia partendo (a) da un riscontro laboratoristico di positività ad un estratto, sia (b) da una specifica condizione clinica. a) Definizione del profilo allergologico, tramite utilizzo di molecole allergeniche, partendo da un riscontro laboratoristico di positivita all estratto allergenico 1) Positività all estratto di nocciola (f17) Tale positività può avere un diverso significato clinico in base alla molecola che ne è all origine. Utilizzando solo poche molecole quali una PR-10 (Bet v 1 o Cor a 1), una profilina (Bet v2 o Phl p 12) e una LTP (Cor a 8) è possibile definire con buona probabilità i fattori di rischio per il paziente. I soggetti che risulteranno positivi per PR-10 e/o profilina sono sensibilizzati primariamente a pollini, i quali assumendo la nocciola, o non avranno alcun sintomo o presenteranno una SOA, ma solo assumendo il frutto crudo non tostato. I pazienti con positività a profilina in genere hanno reazioni con una gamma più estesa di frutta e verdure. I soggetti, invece, in cui la positività alla nocciola è data da LTP (Cor a 8), sono in genere primariamente sensibilizzati alla nocciola e possono manifestare reazioni gravi in seguito ad assunzione di tale frutto, sia crudo che arrostito o tostato. Con il

5 sistema in mricroaarray Immuno-Sorbent Alllergen Chip (ISAC) è possibile dosare anche le IgE rivolte verso Cor a 9, legumina anch essa associata a reazioni potenzialmente gravi, anche con nocciole tostate. La negatività per tutte le molecole sopra riportate, invece, fa ipotizzare reattività per altre molecole non ancora disponibili in diagnostica, quali le oleosine o Cor a 11 (vicilin-like). 2) Positività all estratto di pesca (f95) o di altra frutta appartenente alle rosaceae Analogamente a quanto descritto per la nocciola è importante distinguere se si tratta di reazione crociata con pollini o una sensibilizzazione primaria legata a LTP (Pru p 3). Anche in tale caso, l utilizzo di sole tre molecole (Bet v 1, Bet v 2, Pru p 3) è in gradfo di definire il profilo allergologico del paziente. Coloro che risultano positivi a Pru p 3 possono accusare manifestazioni sistemiche, oltre alla SOA, anche con frutta cotta e succhi di frutta. Dal momento che tale allergene si trova nella parte del frutto vicino alla buccia, la frutta responsabile dei sintomi, teoricamente potrebbe essere assunta se ben sbucciata, ma ciò non ha valore assoluto. Oltre a reazioni con frutta della famiglia delle Rosaceae chi è sensibilizzato a LTP (Pru p 3) può accusare sintomi dopo assunzioni di vegetali appartenenti a famiglie diverse dalle Rosaceae, quali noce, mais, pomodoro, orzo (birra), riso ed altri ancora, in particolare se il livello delle IgE è elevato (36). 3) Positività all estratto di gambero (f24) Il quesito primario che ci si pone è se il paziente è primariamente sensibilizzato al gambero o se si tratta di cross-reattività legate alle sensibilizzazione primaria agli acari. La determinazione delle IgE specifiche per la tropomiosina (Pen a 1 o Der p 10) in associazione a Der p 1 e Der p 2 può dare risposta a tale quesito diagnostico. Soggetti con sola positività a Pen a 1/Der p 10 sono primariamente sensibilizzati ai crostacei e quindi possono avere reazioni gravi in seguito all assunzione di tali alimenti ma anche in seguito all assunzione di mitili, seppia o polpo. In caso di positività, oltre che di Pen a 1/Der p10, anche di Der p 1 e/o Der p2, con alta probabilità la sensibilizzazione primaria è agli acari, con sviluppo secondario di IgE anche verso la tropomiosina degli acari. Tali pazienti possono avere reazioni anche in seguito all assunzione di crostacei. In caso di positività di Der p 1 e/o Der p2 e negatività di Pen a 1 /Der p 10, la positività IgE per f24 è dovuta ad altre molecole cross-reagenti tra acari e gamberetto, ma in tal caso il significato clinico è incerto. 4) All estratto di arachide L arachide possiede molte molecole allergeniche, alcune delle quali responsabili di gravi reazioni allergiche, mentre altre sono attribuibili a cross-reattività con pollini quali Ara h8 (PR-10) e Ara h 5 (profilina, omologo di Bet v 2). Le molecole legate a sensibilizzazione primaria all arachide sono Ara h 1 (7S globulina, vicilin-like), Ara h2 (2S albumina, classe a cui appartengono anche ARA h 6 e Ara h 7), Ara h 3 (11 S globulina, legumin-like) Ara h 9 (LTP). Ara h1, h2, h3, h8, e h9, sono ora disponibili per la diagnostica. Tali molecole, con l aggiunta di una profilina (Bet v 2 o Phl p 12) sono in grado di offrire un completo profilo allergologico in sensibilizzati all arachide. Analogamente a quanto visto per la nocciola o pesca, sensibilizzazioni a profiline o PR-10 sono indice di cross-reattività con pollini, che al più si estrinsecano con una SOA, mentre sensibilizzazioni ad altri allergeni indicano sensibilizzazione primaria. Quasi tutti soggetti sono sensibilizzati ad Ara h 2 (principale marcatore di tale allergia), ma i soggetti con sensibilizzazioni anche ad Ara h 1 e Ara h3, sembrano essere quelli che presentano reazioni più gravi. Recentemente è stata riportata l importanza di Ara h 9 (LTP), in pazienti dell area mediterranea (67). b) Definizione del profilo allergologico partendo da una specifica condizione clinica 1) SOA legata all assunzione di frutta appartenente alla famiglia delle Rosaceae In questo caso il quesito clinico è quello di sapere se il paziente, oltre alla SOA, potrà sviluppare in futuro anche reazioni sistemiche dopo l assunzione di frutta. La determinazione della reattività IgE verso Bet v1, Bet v2 e Pru p 3, è in grado di rispondere esaurientemente a tale quesito. 2) Pazienti con reazioni avverse ai crostacei La determinazione di Pen a 1 è in grado di confermare la sensibilizzazione ai crostacei e quindi la potenziale pericolosità della reazione. Non tutti i soggetti con reazioni allergiche ai crostacei, però, presentano positività per tale allergene, per cui dal momento che ancora non si ha a disposizione a scopo diagnostico le altre molecole dimostrate responsabili di tale allergia (in particolare Lit v 3), è opportuno usare in associazione a Pen a 1, anche l estratto (f 24). 3) Pazienti con reazioni avverse in seguito ad assunzione di pesce Poiché l allergene responsabile delle reazioni avverse è la parvalbumina, la quale ha un alto grado di omologia fra i vari tipi di pesce, può essere sufficiente la determinazione delle IgE specifiche verso Cyp C 1 o verso Gad c 1 per la definizione diagnostica. 4) Pazienti con reazioni avverse al latte e uova Per la definizione del profilo allergologico in pazienti sensibilizzati al latte con il sistema ImmunoCAP sono oggi a disposizione la α-lattoalbumina (Bos d 4), la β-lattoglobulina (Bos d 5), la caseina (Bod d 8), mentre con i sistema microarray (ISAC) è possibile determinare anche le IgE rivolte verso la lattoferrina (Boslactoferrin) e l albumina serica bovina (Bos d 6). Per la definizione del profilo allergenico in sensibilizzati all uovo è possibile valutare la presenza delle IgE verso ovomucoide (Gal d 1), ovalbumina (Gal d 3) e ovotrasferrina (Gal d 3). Soggetti allergici al latte con sensibilizzazione alla caseina presentano reazioni anche con cibi cotti e i bambini con alti valori di IgE verso tale molecola hanno maggiori probabilità di persistenza di tale allergia. Pazienti con sensibilizzazione a Bos d 4 tollerano il latte se trattato al calore, come pure quelli sensibilizzati a Bos d 5; in quest ultimo caso il latte deve essere bollito, in quanto la pastorizzazione non è sufficiente. Soggetti allergici all uovo con sensibilizzazione all ovomucoide (Gal d 1) presentano reazioni anche con cibi cotti e i bambini con alti valori di IgE verso tale molecola hanno maggiore probabilità persistenza di tale allergia. 5) Pazienti con anafilassi esercizio indotta, cibo dipendente Tale particolare condizione clinica, in cui l anafilassi compare entro le 4 ore seguenti all ingestione di un cibo allergizzante, seguito da esercizio fisico, spesso è associata all assunzione di cereali. In questo caso l allergene in causa è l ώ-5 gliadina (Tri a 19), la cui determinazione, quindi risulta essere un test diagnostico altamente predittivo per forma di anafilassi. Non è ancora del tutto noto il meccanismo fisiopatologico di tale condizione clinica, ma sembra che l esercizio fisico sia in grado di attivare la transglutaminasi intestinale, facilitando la formazione di complessi delle IgE rivolte verso l ώ-5 gliadina (68). Tempi di reazione allergica indotta dal cibo Le reazioni allergiche ad un additivo alimentare o ad alimenti possono essere distinte in: -immediata, che si verifica in pochi minuti o alcune ore dopo l ingestione dell alimento verso cui il soggetto è sensibilizzato, e di solito è caratterizzato da un meccanismo IgE mediato; - ritardata che si verifica entro alcune ore o alcuni giorni e coinvolge meccanismi cellulari. Diagnosi differenziale delle allergie alimentari In una meta-analisi di 30 studi hanno valutato la prevalenza dell allergia alimentare, fino al 35% di individui, che presenta reazioni al cibo, crede di avere un allergia alimentare, ma in realtà è stato valutato una prevalenza molto più bassa, di circa 3, 5 %. Questa sovrastimazione delle allergie alimentari è dovuto all errata diagnosi. E importante valutare la storia clinica del paziente e bisogna escludere: 1) Reazioni acute allergiche, inizialmente attribuite ad un alimento, può essere innescato da altri allergeni (per esempio, farmaci, punture di insetti, etc.) 2) In bambini con dermatite atopica, eczema, erroneamente attribuite ad alimenti, a volte queste manifestazioni cliniche possono essere determinate da sostanze irritanti, umidità, variazioni della temperatura, infezioni batteriche della cute (ad esempio da Stafilococco Aureus). 3) Disturbi gastrointestinali cronici possono derivare da reflusso gastro-esofageo, intolleranza al lattosio, anomalie metaboliche, disordini anatomici, ed altre cause. 4) Effetti chimici ed effetti irritanti dei cibi possono mimare reazioni allergiche. Per esempio riniti possono verificarsi in seguito all ingestione di cibi caldi o piccanti, causate da risposte neurologiche alla temperatura e alla capsaicina (69). 5) In persone con la Sindrome Da Carcinoide alcuni cibi possono determinare una banda eritematosa sulla cute della guancia lungo la distribuzione del nervo auricolotemporale della terza branca del trigemino (70). 6) Intossicazione alimentare dovuta a tossine batteriche, come le tossine dell E.Coli, possono simulare una reazione allergica da alimenti. (71) 7) Dovrebbero essere considerati altri disturbi come parassitosi gastrointestinale, sindrome eosinofila gastro-esofagea, reflusso gastro-esofageo, eosinofilia sistemica o vasculiti. 8) Dovrebbero essere presi in considerazione disturbi comportamentali e mentali, che causerebbero avversione nei confronti del cibo, o la Sindrome di Munchausen. 9) Possono mimare sintomi allergici alcuni effetti farmacologici delle sostanze chimiche presenti negli alimenti (ad esempio la triptamina nei pomodori) o negli additivi alimentari. (72) Diagnosi di allergia alimentare Diagnosi di allergia alimentare IgE mediata 1) La storia clinica: sebbene sia raccomandato la raccolta della storia clinica del paziente per una giusta valutazione dell allergia alimentare e per considerare i potenziali cibi coinvolti, essa da sola non può essere considerata diagnostica. 2) Esame obiettivo: una attenta valutazione di segni e sintomi è rilevante ma tuttavia non diagnostica. Il medico dovrebbe porsi una serie di quesiti: a) Quali sono i sintomi rilevanti? b) Quale cibo determina tali sintomi? c) La quantità di cibo che ha causato la sintomatologia? d) Il cibo era cotto o crudo? e) Se i sintomi si sono verificati in seguito all esposizione a quel determinato alimento? f) Se sono coinvolti anche altri fattori, come l esercizio fisico, l alcool, o uso di aspirina o Fans? g) Se i sintomi ricompaiono o sono presenti in un momento diverso dall ingestione dell alimento? 3) Metodi per identificare l alimento causa dell allergia alimentare Quando si deve valutare un paziente con allergia alimentare i test diagnostici selezionati si basano sulla storia clinica del paziente. Difatti la storia clinica dovrebbe suggerire il possibile meccanismo allergologico coinvolto (ad esempio IgE mediata o non IgE mediata), che è utile per i test consecutivi da eseguire. I test di routine per allergia alimentare non comprendono grandi pannelli generali di allergeni alimentari. Inoltre test diagnostici per disturbi non di natura allergica possono essere utili per la diagnosi differenziale. Il prick test (anche detto test di puntura) è utile per contribuire all identificazione di alimenti che possono essere responsabili di reazioni allergiche IgE mediata. Servono per svelare eventuali allergie (ad alimenti o ad inalanti) e in particolare per dimostrare la presenza di IgE specifiche per l allergene testato. Tuttavia da solo non può essere diagnostico di allergia alimentare, infatti ha un basso valore predittivo positivo e una bassa specificità, ma una sensibilità alta e alto valore predittivo negativo. I reagenti e i metodi non sono standardizzati. Così l uso del prick test in ambito clinico può portare ad un eccesso di diagnosi. Tuttavia, in un paziente con diagnosi confermata di allergia alimentare, tale test è utile per identificare il tipo di allergene che determina l allergia alimentare. I risultati sono immediati. Un prick test positivo si ha quando la dimensione media del pomfo è pari o superiore a 3mm. La dimensione del pomfo viene valutata relativamente al controllo negativo (diluente) e al controllo positivo (istamina). Il prick testt da solo non è diagnostico per l allergia alimentare (73-74). In caso di diagnosi di OAS o nei rari casi in cui i test con estratti commerciali non si correlano cn la storia clinica può

6 essere utile l utilizzo di un altro test cutaneo: il prick by prick con alimenti freschi o naturali, soprattutto frutta e verdura. In questi casi il prick by prick risulta più sensibile (75-76). Test intradermici tale test non dovrebbe essere eseguito per far diagnosi di allergia alimentare. Inoltre espone il paziente a un rischio maggiore di reazioni avverse. Sebbene i test intradermici possono essere più sensibili dei prick test per la diagnosi di allergia alimentare IgE mediata non ci sono prove che sostengano tali affermazioni. 4) IgE sieriche totali (PRIST) La valutazione delle IgE sieriche totali si è rilevata poco utile ai fini della diagnosi di allergia alimentare (77). 5) IgE allergene-specifiche nel siero Le sige indicano con una predittività del 95% le molecole allergeniche causa di allergia alimentare con una superiorità diagnostica maggiore dei PRICK TEST, indicano la presenza di sensibilizzazione allergica. Tuttavia se utilizzati da soli non sono diagnostici. I test sul siero possono essere particolarmente utili quando i test cutanei non possono essere fatti (ad esempio quando il soggetto non ha sospeso la terapia anti-istaminica una settimana prima, o se il paziente presenta dermatiti estese o dermatografismi). I livelli delle sige originariamente erano dosati con il metodo radioimmunologico (RAST), ma oggi è stato sostituito dal più sensibile metodo immunoenzimatico (CAP-System). La presenza di sige riflette sensibilizzazione allergica e non necessariamente allergia clinica. Molti studi hanno valutato che maggiori sono i livelli di sige maggiore sarà la probabilità che il soggetto ingerendo quel determinato alimento avrà la reazione allergica. Tuttavia i valori predittivi variano da uno studio ad un altro ( ). Questa incongruenza può essere dovuta a molteplici fattori, come l età del paziente, disturbi clinici del paziente in fase di studio, la selezione dei pazienti. Livelli non rilevabili di sige spesso sono presenti in pazienti con allergia alimentare IgE mediata. Pertanto questi metodi non andrebbero utilizzati a tappeto ma come conferma, in caso si sospetti un allergia alimentare ad un determinato alimento o sia suggestiva la storia clinica del paziente. Atopy patch test (APT) Si è valutato che ATP non deve essere utilizzato come test di routine nell allergia alimentare, tuttavia può essere utile nella valutazione dell allergia alimentare nei pazienti con AD e EoE. In linea generale un patch test viene utilizzato per determinare la sensibilità allergica mediante l applicazione, su cute integra, si piccoli dischi imbevuti con l allergene. L ATP è un tipo specifico di patch test, che si differenzia dagli altri per il tipo di allergene testato. Infatti nell ATP vengono utilizzati allergeni alimentari che provocano reazioni di tipo IgE mediate, mentre gli altri PATCH TEST utilizzano antigeni che provocano reazioni mediate da cellule T. Tutti i PATCH vengono eseguiti nella stessa modalità (si applica il PACTH per 48 ore e in seguito, la lettura avviene a 72 ore dopo l applicazione) (82 83), ma non ci sono reagenti standard disponibili. La sensibilità e la specificità del test varia tra i vari studi e potrebbe essere influenzata dalla presenza di dermatite atopica (AD). Tuttavia due grandi studi hanno confermato che non vi è alcun valore clinico significativo dell utilizzo dell ATP per la diagnosi di allergia alimentare (84-85). L eliminazione dalla dieta dell alimento può essere utile nella diagnosi di allergia alimentare soprattutto in caso di disturbi misti sia IgE mediata che non IgE mediata, in caso di EoE nella Sindrome di Heiner, in caso di patologie croniche come eczema, orticaria, patologie gastrointestinali o in caso di una storia clinica suggestiva. In tali situazioni non esistono test di laboratorio altamente diagnostici e l utilizzo del test di provocazione orale putrebbe provocare una significativa morbidità. Tuttavia nessuno studio è stato utile per includere questo test di eliminazione nella diagnosi di allergia alimentare, anche perché in alcuni casi l eliminazione di particolari cibi potrebbe causare una grave malnutrizione soprattutto in età pediatrica, per questo è fondamentale una supervisione del medico. Tali diete consistono nell eliminazione per un dato periodo di tempo tutti gli alimenti sospetti e tutti quelli più comunemente responsabili di reazioni allergiche. La carne che provoca con minor frequenza reazioni allergiche è la carne di agnello, fra i cereali il riso, fra le verdure le patate, le carote e la lattuga, fra i frutti le pere, fra i grassi l olio di girasole. Se i sintomi migliorano si procede alla reintroduzione graduale degli altri alimenti uno alla volta. Se i test cutanei o di laboratorio risultano positivi ma i sintomi sono poco chiari, per evitare restrizioni alimentari inutili soprattutto di alimenti fondamentali, si procede all esecuzione di un ulteriore test che è il TEST DI PROVOCAZIONE ORALE, da svolgere in ambulatori attrezzati e con la supervisione del personale medico. Questa prova viene eseguita somministrando, partendo da dosi basse (86-87), ogni alimento sotto forma di gocce, capsule e pappine in modo da eliminare completamente la componente psicologica legata all assunzione di una porzione di cibo vera e propria e si osservano eventuali reazioni che si sviluppano in seguito all assunzione del alimento. In seguito viene aumentata la dose, valutando sempre la comparsa di eventuali sintomi allergici. Tale prova potrà essere condotta in singolo-cieco o in doppio cieco (DBPCFCs) per minimizzare pregiudizi sia del paziente che del medico. Prima di iniziare un test di provocazione orale è necessario che gli alimenti sospetti vengano eliminati dalla dieta dalle 2 alle 8 settimane a seconda del tipo di reazione allergica del paziente (88-89). Questo test è il gold standard per la diagnosi di allergia alimentare, infatti conferma l eventuale allergia ad un dato alimento, che quindi verrà eliminato dalla dieta o la dieta potrà essere limita ad una formula ipoallergenica, mentre per i neonati allattati al seno sarà utile eliminare l alimento dalla dieta della madre. Il Test di Provocazione viene anche utilizzato per valutare uno stato di tolleranza che il soggetto abbia eventualmente conseguito nel tempo, quando i test allergologici cutanei o di laboratorio evidenziano un attenuazione della risposta immunitaria o quando il paziente è minimamente o per nulla sintomatico. Utilizzando DBPCFC diversi studi hanno dimostrato che solo un terzo dei pazienti è realmente un soggetto allergico. Ciononostante, a causa del rischio di una grave reazione tale test dovrebbe essere evitato in soggetti con storia di anafilassi grave in seguito all ingestione di determinati alimenti soprattutto se si è verificata più volte. In caso di allergia alimentare post-prandiale esercizio indotta, il test dovrebbe essere svolto dopo l esercizio fisico (90). Diagnosi di allergia alimentare non IgE mediata La diagnosi di allergia alimentare non IgE mediata può essere molto impegnativa, infatti la sola anamnesi e il solo esame clinico non sono dirimenti. Alcuni diversi meccanismi mediati da cellule T (presenti nella malattia celiaca) possono riscontrarsi anche in queste forme. Vari strumenti diagnostici sono utilizzati in caso di allergia alimentare non IgE mediata tra cui DBPCFC, PATCH TEST, TEST INTRADERMICO, test per IgG specifiche per alimenti e la biopsia endoscopica. Esempi di reazioni avverse ad alimenti non IgE mediata: 1) Gastrite eosinofila 2) Enterocolite proteina indotta 3) Proctolite proteina indotta 4) Dermatite allergica da contatto 5) Dermatite da contatto sistemica 6) Sindrome di Heiner In queste condizioni, la sensibilizzazione alle proteine del cibo non può essere dimostrata sulla base di IgE ma la diagnosi è posta su segni e sintomi che si verificano in seguito all esposizione al cibo, la risoluzione di segni e sintomi con l esclusione dell alimento e, più spesso, l evidenza istologica di un processo immuno-mediato, come l infiammazione eosinofila del tratto gastrointestinale. Prevenzione e trattamento delle allergie alimentari L unico modo certo per evitare le reazioni allergiche è evitare gli alimenti che provocano reazioni allergiche. Tuttavia, nonostante tutte le precauzioni si potrebbe comunque entrare in contatto con l alimento causa di allergia. Per questo per reazioni di lieve intensità gli antistaminici potrebbero alleviare i sintomi, quali prurito o orticaria, però tali farmaci non sono in grado di curare reazioni più gravi. Per reazioni allergiche gravi si fa ricorso ad un iniezione di emergenza di epinefrina (adrenalina), soprattutto se il paziente ha con se un autoiniettore, prima di recarsi al più vicino Pronto Soccorso. I ricercatori stanno lavorando per mettere a punto terapie migliori in grado di ridurre i sintomi delle allergie alimentari e di prevenire le reazioni gravi, però non è stata ancora sperimentata alcuna terapia che possa prevenire o alleviare completamente i sintomi. Sfortunatamente i vaccini antiallergici (immunoterapia), utilizzata ad esempio per la rinite allergica si è dimostrata non efficace per curare le allergie alimentari. 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